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CATECHISMO DEGLI ADULTI

CATECHISMO DEGLI ADULTI
INDICE TEMATICO
Z



Catechismo degli Adulti

Parola 44-45 , 322 , 610 , 635 , 640 , 958 , 972 , 991-994 , 1145-1151 , 609-632 , 43 , 48 , 44-45 , 297-300 , 571 , 609-613 , 615-624 , 625-627 , 628-629 , 630-631 , 913 , 941 , 66-67 , 70

Autotestimonianza e autodonazione
[44]  Non si conosce una persona come fosse un oggetto, osservando e calcolando. Nel suo nucleo più intimo, può essere conosciuta 2-37.pngsolo se si esprime liberamente, se comunica agli altri i suoi sentimenti e le sue intenzioni, i suoi pensieri e le sue decisioni, in un dialogo fatto di parole e di azioni, cioè in una storia concreta. Mentre i segreti della natura vengono raggiunti dall’esterno con l’osservazione scientifica, il segreto proprio di un soggetto cosciente e libero si apre dall’interno, per la via dell’autotestimonianza.
Qualcosa di simile avviene nella rivelazione che Dio fa di se stesso e del suo disegno di amore verso l’uomo. Nella sua intima vita personale Dio non può essere conosciuto per via di intuizione o riflessione umana, ma solo per sua libera iniziativa. Perciò, «per il suo immenso amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé»; pur rimanendo invisibile, parla e si dona attraverso «eventi e parole intimamente connessi tra loro»
nota
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 2.
e complementari, cioè attraverso una storia.
Eventi e parole
[45]  Gli eventi contengono la realtà significata dalle parole. Confermano e verificano le parole. Riguardano un popolo o singole persone all’interno di esso. Sono pubblici o privati, miracolosi o ordinari. Si compiono «una volta per sempre» (Eb 9,12), cioè in un tempo preciso e irripetibile, ma con valore perenne e universale. Sono nuovi e imprevedibili, ma si inseriscono nella continuità storica, secondo un progetto unitario e in vista di una meta definitiva.
Il significato e la connessione profonda degli avvenimenti vengono 2-38.pngindicati da Dio ai suoi messaggeri attraverso una comunicazione interiore, chiara e indubitabile, che poi si traduce in parole pronunciate e infine scritte. Le parole interpretano gli eventi come opera di Dio e a volte li provocano efficacemente. Chiamano, promettono e comandano, perché gli eventi si compiano; li raccontano e li spiegano, perché accadano di nuovo.
Attraverso gli eventi e le parole si svolge la trama di una concreta storia terrena, in cui Dio stesso liberamente porta avanti il suo dialogo con gli uomini per dare loro speranza e futuro. Progressivamente egli si fa conoscere e si dona, fino a comunicare pienamente se stesso in Gesù Cristo; rende gli uomini capaci di rispondergli, di accogliere la sua presenza e di partecipare alla sua vita.
CdA, 103
CONFRONTAVAI
CdA 176
CONFRONTAVAI
CdA 608
CONFRONTAVAI
Parola e silenzio
[322]  L’amore inaudito di Dio per noi trova il suo fondamento nel mistero di amore che Dio è in se stesso. Davanti a questo mistero il discorso umano è un povero balbettare e volentieri cede il posto al silenzio e all’adorazione. I mistici, che nella contemplazione hanno una conoscenza di Dio senza concetti, molto più perfetta di quella ordinaria, non riescono ad esporla come vorrebbero; lasciano intuire qualcosa delle meraviglie intraviste più con la loro personale trasformazione che non mediante i tentativi di raccontare: «Non si trova parola che suoni adeguata; nessun pensiero può mai giungervi, nessuna mente allargarsi fin là, tanto supera il tutto; come è vero che Dio non può esser spiegato mai»
nota
Beata Angela da Foligno, Il libro, Memoriale, 9, 361-363.
. Ogni parola rimane al di sotto della realtà, anche se indica la giusta direzione. Ci avviciniamo dunque, osando appena sollevare lo sguardo, come Mosè davanti al roveto ardente
nota
Cf. Es 3,2-5.
.
Parola viva ed efficace
[610] Oggi la parola è inflazionata nel chiasso della pubblicità e della propaganda, nel vuoto di tanti discorsi e scritti; perciò la sua reputazione è in ribasso. Si sente dire: «Contano i fatti e non le parole». Ma è veramente così? La parola non è solo informazione: è comunicazione e azione. Provoca gioia e dolore, amicizia e ostilità, reazioni e iniziative. La sua forza costruisce e distrugge, unisce e divide; fa andare avanti la storia non meno dei fatti economici e tecnici.
A maggior ragione è attiva e feconda la parola di Dio che crea, libera, santifica, giudica e sconvolge. «La mia parola non è forse come il fuoco e come un martello che spacca la roccia?» (Ger 23,29). «Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare,... così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata» (Is 55,10-11). «La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio» (Eb 4,12).
CCC, 65
Linguaggio simbolico
[635]  L’uomo, essere spirituale e corporeo, percepisce ed esprime le realtà 15-305.pngspirituali mediante segni materiali o simboli. La sua vita quotidiana è intessuta di azioni simboliche: sorrisi, lacrime, strette di mano, baci, abbracci. Basta pensare ai rapporti tra amici, fidanzati, sposi, genitori e figli. Le parole da sole sarebbero del tutto inadeguate, specialmente nei momenti intensi di amore, di gioia e di dolore. I gesti rafforzano le parole; danno corpo alle intuizioni, ai valori e ai sentimenti; toccano il cuore e plasmano la personalità.
Il linguaggio simbolico è un modo di essere e di comunicare. Coinvolge tutta la persona: intelligenza, volontà, affettività e corporeità. Non solo rappresenta le realtà spirituali invisibili, ma le contiene e le comunica effettivamente.
L’esperienza religiosa si serve del linguaggio simbolico come mediazione dell’incontro con la divinità. Il mondo è come un grande simbolo della grandezza di Dio e della sua vicinanza. La luce, il fuoco, l’aria, l’acqua, l’avvicendarsi delle stagioni, i frutti della terra, ogni realtà visibile rimanda al di là di se stessa, verso il Mistero. I gesti della vita sociale si caricano spontaneamente di senso religioso. Partecipare a un convito non è solo prendere cibo, ma è un modo di interpretare la realtà, un modo di essere con le cose, con gli altri e in definitiva con Dio. La relazione con Dio viene vissuta con più intensità nei passaggi critici della vita - nascita, crescita, matrimonio, morte - o negli avvenimenti storici in cui si riconoscono importanti valori e motivi di speranza.
Tutte le religioni fanno largo uso di gesti simbolici, organizzandoli in sistemi più o meno complessi, cioè in riti. I simboli presentano analogie e convergenze sorprendenti; ma i significati sono per lo più molto diversi da una religione all’altra.
CCC, 1145-1149
[640]  Anche il significato dei singoli sacramenti emerge solo nell’ambito della storia della salvezza. I gesti non sono particolarmente 15-307.pngoriginali. Il cristianesimo non li ha inventati, ma li ha ereditati dall’ebraismo. Anzi, derivano in definitiva dalla vita ordinaria. In conformità allo stile del regno di Dio, sono caratterizzati da semplicità e umiltà. Vediamo povere cose: un po’ d’acqua, un pezzo di pane, un sorso di vino, una goccia d’olio. Osserviamo gesti comuni: lavare, mangiare e bere, ungere. Ma questi gesti, completati dalle parole e inseriti nella storia della salvezza, acquistano un grandioso significato. Per esempio, nel battesimo il gesto di immergere nell’acqua - o almeno aspergere con essa -, collegato con il diluvio, con il passaggio del Mar Rosso e soprattutto con la morte e risurrezione del Signore, diventa inserimento in Cristo e nella Chiesa, liberazione dal peccato e rinascita alla vita nuova
nota
Cf. Rm 6,3-6.
. I gesti danno concretezza alle parole; le parole precisano il senso dei gesti: con un linguaggio di origine medievale i primi sono stati chiamati “materia” e le seconde “forma” dei sacramenti. I riti, costituiti da gesti e parole, sono inseparabilmente azioni simboliche di Cristo e della Chiesa, segni efficaci della grazia.
[958] Nell’Antico Testamento Dio si fa interlocutore personale del suo popolo mediante una storia di eventi e parole; crea un legame speciale di alleanza. La preghiera è ascolto della sua parola e risposta ad essa; è dialogo in cui, al di là della dipendenza creaturale, viene vissuto consapevolmente il rapporto di alleanza.
Abramo vive l’intimità con Dio come ascolto attento, obbedienza, abbandono fiducioso nelle prove e intercessione audace per i peccatori. Mosè, confidente e cooperatore di Dio, presenta le sue difficoltà, ma obbedisce; intercede con perseveranza per il popolo. I profeti hanno un’esperienza diretta di Dio, che li sostiene in mezzo alle tribolazioni. Cercano appassionatamente il suo volto; lavorano e lottano per la sua causa. Chiamano Israele a una preghiera che non sia solo un insieme di cerimonie esteriori, ma conversione del cuore e osservanza dei comandamenti.
CdA, 44
CONFRONTAVAI
Si prega anche con il corpo
[972]  La preghiera cristiana è un dialogo a più voci, che ha l’ultimo riferimento in Dio Padre. A questo dialogo il credente non partecipa solo con la mente, ma con tutta la persona: intelligenza, volontà, affettività, corporeità. La preghiera nasce dal cuore, ma coinvolge anche il corpo. Gesù stesso prega a voce alta e con i gesti. L’adesione interiore a Dio si esprime e si sviluppa nel linguaggio del corpo, valorizzando numerosi simboli vocali, gestuali, ambientali.
Le parole spontanee, le formule, i testi sacri hanno evidentemente un grande rilievo. Entrano nella stessa orazione mentale. Perfino nella contemplazione una parola ripetuta serve a tenere desto l’amore.
La musica e il canto fanno vibrare intensamente le segrete profondità del cuore. Per questo in connessione con la liturgia si è formato un patrimonio immenso e meraviglioso di creazioni musicali.
I gesti sono simboli di atteggiamenti spirituali. Variano da una cultura all’altra, anzi da un’assemblea all’altra. I più comuni sono: le posizioni del corpo in piedi, seduto, in ginocchio, prostrato a terra; il movimento delle mani, il cammino processionale, la danza. Devono essere fatti con dignità, espressività e devozione.
Infine svolgono una funzione simbolica i luoghi, gli edifici sacri, l’arredamento, le immagini.
CCC, 1146-1148CCC 1156-1158CCC 2702
Le forme della preghiera vocale
[991] La preghiera vocale è quella in cui l’adesione del cuore viene espressa simbolicamente all’esterno mediante parole, gesti e riti. Si distingue in preghiera liturgica, comunitaria e privata.
[992] La preghiera liturgica è compiuta, seguendo formule e riti ufficiali, da un ministro o da un’assemblea che rappresenta legittimamente e manifesta la Chiesa universale. Comprende la Messa, la celebrazione dei sacramenti, la liturgia delle ore, le benedizioni. È la preghiera di più alto valore, perché attualizza e comunica l’azione salvifica di Dio nel mondo mediante Cristo nello Spirito.
[993] La preghiera comunitaria non ufficiale si attua in forme e pratiche molto varie: adorazione eucaristica, via crucis, rosario, celebrazioni della Parola, processioni... Le prime tre pratiche possono essere compiute anche individualmente in privato.
Un’attenzione particolare merita il rosario. Unisce la recitazione del “Padre nostro”, delle “Ave Maria” e del “Gloria” alla meditazione degli eventi salvifici. «Se il rosario non è preghiera contemplativa, è un corpo senz’anima, un cadavere»
nota
Paolo VI, Marialis cultus, 47.
. Mentre rivolgiamo a Maria la lode con il saluto “Ave Maria” e l’invocazione con la formula “Santa Maria”, insieme con lei siamo rivolti a Gesù, motivo della lode e fondamento dell’invocazione, riviviamo con lei i misteri salvifici del suo Figlio e li meditiamo nel nostro cuore
nota
Cf. Lc 2,1951.
. Nello stesso tempo possiamo insieme con lei chiedere l’intervento del Signore per una necessità particolare. Così questa preghiera vive di una triplice attenzione: a Maria, a Cristo, alle attuali necessità degli uomini.
[994]  La preghiera privata non ha bisogno di formule prestabilite come quella liturgica e comunitaria. Può esprimersi con spontaneità, con il vantaggio di una maggiore aderenza alla situazione personale. Se impiega formule fisse, deve calarle nel vissuto concreto. Questa attualizzazione è facile, perché i testi sono sempre di intonazione generale.
Dinamismo della comunicazione
[1145]  Oltre lo scambio dei beni materiali e dei servizi utili, che 30-550.png costituisce l’ambito del lavoro e dell’economia, gli uomini attuano lo scambio linguistico-simbolico, con cui si comunicano beni spirituali, cioè conoscenze, valori, affetti, capacità operative, e si danno un patrimonio culturale comune. Le due dinamiche di scambio si compenetrano tra loro e attraversano tutte le formazioni sociali, dalla famiglia alla comunità internazionale. Inserite attivamente in questo processo, le persone sviluppano la loro identità, in base a quello che vedono, odono, dicono e condividono.
Oggi la comunicazione si infittisce, si estende e si fa sempre più rapida. Siamo immersi in un universo di parole e di immagini. Le nuove tecnologie consentono di accumulare, elaborare, diffondere e utilizzare con facilità un’enorme quantità di dati, riducendo in larga misura la fatica intellettuale e fisica. Eppure rimane la difficoltà di intendersi e di convivere; forse cresce la solitudine. Perché questa situazione paradossale? Come può essere risanata?
Uso strumentale della comunicazione
[1146]  Si tratta di una malattia che ha radici antiche, anche se oggi si manifesta in forme inedite e complesse. Secondo il racconto biblico della torre di Babele, gli uomini, mossi da desiderio di potere, perseguono l’unità politica, economica, culturale e religiosa: un’unità monolitica, contraria alla volontà di Dio e alla dignità dell’uomo, che esigono invece il rispetto dell’originalità e della diversità delle persone e dei popoli. Il progetto fallisce nella confusione e nella discordia. La comunicazione non riesce quando è finalizzata al dominio, anziché alla comunione
nota
Cf. Gen 11,1-9.
.
A una conclusione analoga ci porta l’esortazione della Lettera di Giacomo nel Nuovo Testamento. Secondo questo testo, l’ambizione egoistica si infiltra come un veleno perfino nella comunicazione religiosa e provoca disordine, contesa, amarezza. Si parla di Dio in modo aggressivo; si pretende di lodarlo, offendendo il prossimo. Assurda contraddizione, come volere «far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara» (Gc 3,11).
L’inautenticità sembra dunque derivare da un uso strumentale dell’informazione. Si comunica non per incontrare gli altri, ma per prevalere su di loro, per conquistarli. Ciò induce diffidenza e bisogno di difesa. Di qui le tensioni nei rapporti interpersonali e sociali, le ambiguità, le divisioni. Numerosi disordini, più o meno gravi, sfigurano la comunicazione umana: incapacità di ascoltare e di parlare, diffusione di errori e falsi valori, menzogna, inganno, calunnia, maldicenza, violazione del segreto.
La comunicazione risanata
[1147]  Il Cristo redentore viene a guarire l’uomo anche in questa sua dimensione fondamentale. La grazia di Pentecoste risana la confusione di Babele. Il fuoco dello Spirito scende in figura di lingue, simbolo della comunicazione umana: «Apparvero loro lingue come di fuoco» (At 2,3). I discepoli parlano e sono compresi in lingue diverse; comunicano «la verità nella carità» (Ef 4,15), nel rispetto delle persone e delle culture. Non è la volontà di potenza dell’uomo, ma il dono di Dio a edificare la genuina unità, che mantiene, anzi valorizza il pluralismo.
I cristiani sono consapevoli di appartenere l’uno all’altro, come membra dello stesso corpo; perciò sono portati dalla carità a evitare i peccati che avvelenano la vita sociale: ingiuria, maldicenza, menzogna. Non impongono neppure la verità, ma la propongono, rispettando pienamente la libertà di coscienza
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Dignitatis humanae, 2; 3.
: «La sapienza che viene dall’alto è anzitutto pura; poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti» (Gc 3,17). Nei rapporti con i non cristiani devono essere sempre pronti a rispondere a chiunque domandi ragione della loro speranza, ma «con dolcezza e rispetto» (1Pt 3,15).
Devono anzi essere disponibili ad accogliere i valori culturali degli altri, nella misura in cui sono autentici, a farsi “tutto a tutti per salvare ad ogni costo qualcuno” (1Cor 9,22).
Reciprocità della comunicazione
[1148]  Ogni persona è un mistero da rispettare. Deve essere accostata con 30-552.pnggradualità, umiltà e pazienza, in modo da ispirare fiducia. Il dialogo deve essere benevolo e attento a ciò che l’altro sta vivendo, in modo da incoraggiarlo a rispondere attivamente, per crescere insieme nella verità e nel bene. La comunicazione è dono e accoglienza; si può dire riuscita solo quando è reciproca. Anche in questo Gesù è modello esemplare. All’annuncio aperto del regno di Dio, che sta venendo mediante la sua persona e la sua prassi, egli aggiunge il dialogo, in cui fa appello alla razionalità delle persone, a quello che già credono, per aiutarli a crescere nella verità. Le stesse parabole, così caratteristiche del suo insegnamento, si presentano come un racconto e un’argomentazione nello stesso tempo, per far leva sull’esperienza degli interlocutori e sgombrare il campo dai pregiudizi.
Veracità
[1149]  La veracità cristiana è contemporaneamente fedeltà alla dignità dell’uomo e alla verità. Il significato originario dell’ottavo comandamento si limita a proibire la falsa testimonianza contro il prossimo in tribunale
nota
Cf. Es 20,16.
; ma altri testi biblici estendono il divieto a qualsiasi frode che possa recar danno; anzi arrivano a riprovare la menzogna in genere, in quanto corrode l’affidabilità delle relazioni umane: «Sia il vostro parlare sì, sì; no, no» (Mt 5,37); «Il vostro “sì” sia sì, e il vostro “no” no» (Gc 5,12).
La veracità è anche fedeltà a se stessi, alla propria identità. Ognuno è chiamato a cercare, accogliere e praticare la verità. La libertà è per la verità, resistendo alla eventuale pressione contraria degli istinti e dell’ambiente sociale. Quando si tratta di testimoniare valori decisivi, come la fede in Dio, la coerenza deve essere mantenuta fino al martirio.
CdA, 888
CONFRONTAVAI
Il cristianesimo religione della comunicazione
[1150] La comunicazione, intesa in termini generali, si riferisce a molti ambiti di esperienza personale e sociale. Nell’ottica cristiana si può estendere fino a diventare una chiave di lettura per tutta la realtà.
Gesù Cristo è il Verbo incarnato, l’autocomunicazione personale di Dio, umile e splendida allo stesso tempo. Tutta la sua esistenza è una parola di amore, che Dio rivolge agli uomini. Non solo il suo insegnamento orale, ma anche i gesti e gli avvenimenti, specialmente la morte e la risurrezione, sono parole rivolte a noi.
Dal principio alla fine la storia della salvezza è comunicazione: «Dio che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1-2). La Chiesa è parola vissuta e trasmessa, tradizione vivente. Il mondo creato esiste in virtù della parola di Dio
nota
Cf. Gv 1,3.
; è un discorso che Dio sta facendo, una rete di relazioni, dove ogni cosa rimanda a qualcos’altro. Dio stesso, uno in tre persone, è nella sua intimità comunicazione perfetta ed eterna.
L’uomo fatto a immagine di Dio nasce e si sviluppa dentro un’incessante comunicazione, che costituisce la società e la storia. Per lui vivere è comunicare: con la parola e con il silenzio, con i gesti e con i modi di vestire, perfino con l’indifferenza e con il rifiuto. Quando commette il peccato, comunica ancora, sebbene in modo disordinato e inautentico. Quando invece dialoga con Dio e con gli altri nella verità e nell’amore, attua una comunicazione che lo fa crescere come persona.
L’interpretazione globale della realtà come comunicazione è molto significativa nella nostra epoca, caratterizzata dallo sviluppo dei mezzi di comunicazione sociale e dalla rivoluzione informatica. Lo sarà ancor più in un futuro non lontano, intessuto di relazioni sempre più frequenti, rapide, estese.
[1151] La comunicazione è un processo con cui le persone e le comunità si scambiano i beni spirituali. È autentica se rispetta la verità e promuove la dignità dell’uomo.
609] Non si vive di solo pane. I credenti vivono della parola di Dio, consegnata una volta per sempre nella Sacra Scrittura e attualizzata incessantemente dallo Spirito di verità mediante la Tradizione viva della Chiesa. Dall’ascolto assiduo, attento e devoto di essa prendono forza e orientamento l’annuncio, la preghiera e l’impegno cristiano.
Parola viva ed efficace
[610] Oggi la parola è inflazionata nel chiasso della pubblicità e della propaganda, nel vuoto di tanti discorsi e scritti; perciò la sua reputazione è in ribasso. Si sente dire: «Contano i fatti e non le parole». Ma è veramente così? La parola non è solo informazione: è comunicazione e azione. Provoca gioia e dolore, amicizia e ostilità, reazioni e iniziative. La sua forza costruisce e distrugge, unisce e divide; fa andare avanti la storia non meno dei fatti economici e tecnici.
A maggior ragione è attiva e feconda la parola di Dio che crea, libera, santifica, giudica e sconvolge. «La mia parola non è forse come il fuoco e come un martello che spacca la roccia?» (Ger 23,29). «Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare,... così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata» (Is 55,10-11). «La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio» (Eb 4,12).
CCC, 65
[611]  La parola di Dio è Dio stesso che si rivela e si dona nella storia degli uomini, fino a comunicarsi personalmente in Gesù di Nàzaret. Gesù è la Parola eterna e creatrice di Dio fatta carne
nota
Cf. Gv 1,1-18.
e dice parole che «sono spirito e vita» (Gv 6,63): risana i malati, apre gli occhi ai ciechi, risuscita i morti, converte i peccatori, chiama i discepoli, promette e dona lo Spirito Santo.
Secondo gli Atti degli apostoli, la Parola, colma di Spirito Santo, porta avanti il cammino della Chiesa: cresce, si rafforza e si diffonde. I protagonisti umani sono i suoi servitori
nota
Cf. At 6,2-4.
e si affidano ad essa «che ha il potere di edificare e di concedere l’eredità con tutti i santificati» (At 20,32). I servitori possono essere fermati e messi in catene, ma la Parola «non è incatenata» (2Tm 2,9) e corre.
Questa Parola non è solo una notizia riguardante la salvezza, ma è parte integrante dell’avvenimento stesso della salvezza; non solo ha per contenuto Cristo morto e risorto, ma prima ancora è Cristo stesso, che parla attraverso i suoi inviati: «Mossi da Dio, sotto il suo sguardo, noi parliamo in Cristo» (2Cor 2,17). I discepoli continuano a predicare e a insegnare in suo nome e con la sua presenza
nota
Cf. Mt 28,20.
.
Rivelazione attualizzata
[612]  Il cristianesimo non è la religione di un libro, per quanto sacro possa essere, ma la religione «della Parola incarnata e vivente»
nota
San Bernardo di Chiaravalle, Lodi alla Beata Vergine Maria che riceve l’annunzio, 4, 11.
.
Nella Chiesa «Dio parla al suo popolo e Cristo annunzia ancora il vangelo»
nota
Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 33.
. Lo fa attualizzando incessantemente la rivelazione compiuta «una volta per sempre» e consegnata alla Sacra Scrittura e alla Tradizione della fede
nota
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 7.
. Quando nella Chiesa sotto la guida dei pastori si legge e si interpreta correttamente la Sacra Scrittura, il Cristo risorto rivolge ancora la sua parola agli uomini, una parola viva, come risuscitata dal libro, carica della forza dello Spirito Santo
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 7.
. Non insegna solo una dottrina, ma realizza un incontro e un evento di grazia: suscita la fede; rigenera chi ascolta
nota
Cf. 1Pt 1,23.
e lo fa passare «dalla morte alla vita» (Gv 5,24); raduna il popolo di Dio e lo conduce per le sue vie
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 4.
.
CCC, 79CCC 108CCC 1084CdA, 58
CONFRONTAVAI
[613]  Attraverso la Parola e i sacramenti, debitamente accolti, il Signore conforma a sé i credenti e viene a vivere in loro, prolungando in qualche modo la sua incarnazione. Con la Parola fa risplendere davanti al loro sguardo la propria immagine e li attrae a sé. Con i sacramenti ristruttura la loro esistenza secondo la medesima immagine e li unisce a sé. La sua verità e la sua grazia sono ugualmente necessarie per edificare la vita cristiana.
CdA, 607-608
CONFRONTAVAI
[614] La parola di Dio è viva ed efficace: convoca la Chiesa, genera i cristiani. La Parola proclamata nella Chiesa non solo ha come contenuto centrale il Signore crocifisso e risorto, ma è il Signore stesso che parla e fa risorgere a nuova vita.
La Sacra Scrittura norma della fede
[615]  Molti, anche praticanti, si considerano cattolici, ma a modo 14-294.pngproprio. Non si curano seriamente della parola di Dio. Ignorano la Sacra Scrittura, oppure ne danno un’interpretazione individuale o di gruppo, senza tener conto dell’interpretazione autentica del magistero ecclesiale. Invece, chiamato a vivere la fede, il cristiano ha bisogno di leggere il libro sacro e di leggerlo in accordo con la Chiesa.
Infallibilità della Chiesa
[616]  La fede della Chiesa riconosce nella Scrittura la propria norma e ad essa si sente vincolata; tuttavia, come a suo tempo ne ha fissato il canone, l’elenco dei libri sacri, così in ogni epoca si sente autorizzata a interpretarla, perché sa di essere animata dal medesimo Spirito Santo, che ne è l’autore
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 12.
. Gesù si è impegnato ad accompagnare «fino alla fine del mondo» (Mt 28,20) gli annunciatori del vangelo, da lui stesso inviati, tanto che «chi non crederà sarà condannato» (Mc 16,16); ha assicurato per sempre l’assistenza dello Spirito Paraclito, per condurre i discepoli «alla verità tutta intera» (Gv 16,13) e sostenere la loro testimonianza di fede. Perciò la Chiesa, fin dalle origini, è convinta di possedere questa presenza del Signore risorto e del suo Spirito, che fa di lei la «colonna» e il «sostegno della verità» (1Tm 3,15) e consente ai suoi pastori di guidare i fratelli «all’unità della fede e della conoscenza» (Ef 4,13) e di custodire inalterato il «deposito» (2Tm 1,14) della dottrina cristiana. Di fatto, pur avendo commesso errori in altri campi, mai si è contraddetta nella dottrina della fede, in mezzo a tanti sconvolgimenti storici.
[617] La verità è un dono che la Chiesa riceve dal Signore; non è motivo di vanto, ma di umile gratitudine e grave responsabilità. Gesù Cristo non si è limitato a parlare una volta per sempre nel lontano passato, ma riprende la stessa parola e l’attualizza incessantemente con la luce del suo Spirito, attraverso mediazioni umane. Non abbandona il suo messaggio alle fragili risorse della ricerca umana, ma garantisce e offre lui stesso, infallibilmente, la verità salvifica, come attraverso i sacramenti offre la grazia santificante, indipendentemente dalla dignità morale del ministro. Senza questa garanzia i credenti rischierebbero di smarrire l’oggettività e l’integrità della rivelazione; finirebbero per ridurre Dio alla misura della loro esperienza e per credere più a se stessi che a lui. È possibile essere cristiani solo ricevendo in dono la verità e la grazia che sono tra loro complementari.
Il comune senso della fede
[618]  «Dove è la Chiesa, lì è anche lo Spirito di Dio, e dove è lo Spirito di Dio è la Chiesa ed ogni grazia. E lo Spirito è la verità»
nota
Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 24, 1.
. Nella continuità della tradizione vivente, tutto il popolo di Dio - papa, vescovi, sacerdoti e laici - fa esperienza spirituale della Parola e, quando è concorde nel ritenere una verità come rivelata, «non può sbagliarsi nel credere»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 12.
, a motivo del comune senso della fede che gli è dato per grazia.
Il compito dei teologi
[619] All’interno del popolo di Dio e al suo servizio i teologi hanno la funzione di ricercare un’intelligenza sempre più profonda della rivelazione, in accordo col magistero dei pastori e in armonia con le istanze della ragione e con le acquisizioni delle varie discipline scientifiche.
Il Magistero
[620]  Il collegio dei vescovi, presieduto dal papa, ha l’ufficio di garantire 14-295.pngla tradizione autentica della fede e di guidare il popolo dei credenti; per questo ha ricevuto in modo speciale «il carisma sicuro della verità»
nota
Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 4, 26, 2.
e non può sbagliare quando è unanime nell’insegnare la verità rivelata, sia che si trovi disperso su tutta la terra, sia che si trovi solennemente riunito in concilio ecumenico
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 25.
.
Il papa per volontà di Cristo deve confermare i fratelli ed essere “roccia” di sostegno per la Chiesa; perciò è infallibile anche da solo, quando come maestro universale della fede definisce la dottrina da credere.
CCC, 888-892CdA, 60
CONFRONTAVAI
[621]  Accanto all’insegnamento definitivo e infallibile, vi è un 14-296.pnginsegnamento ordinario non definitivo del papa e dei vescovi in materia di fede e di agire morale, che ha lo scopo di guidare il popolo di Dio verso una profonda comprensione e una coerente prassi cristiana. Anche questo insegnamento ordinario non definitivo gode di una particolare assistenza divina. Esige un assenso interiore, non però un’adesione totale di fede come il precedente.
Sacra Scrittura, Tradizione, magistero dei vescovi e del papa sono congiunti insieme «sotto l’azione del medesimo Spirito Santo»
nota
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 10.
. Il Magistero è l’interprete autentico posto a servizio della Scrittura e della Tradizione: piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone la verità di Dio contenuta in esse
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 10.
.
Le formule dogmatiche
[622]  Nel procedere della storia, davanti a situazioni e a problemi sempre nuovi, la Chiesa deve ripensare e riformulare continuamente la sua dottrina, proprio per rimanere fedele al messaggio originario, sperimentarne la fecondità, comprenderne altri aspetti. A quest’opera incessante di ricerca e di interpretazione contribuiscono il magistero dei pastori, lo studio dei teologi e la fede di tutti. In alcuni momenti si avverte la necessità, o almeno l’opportunità di nuove formule di fede, per riassumere il nucleo centrale del messaggio di salvezza o per precisarne qualche aspetto. Si fissano così i dogmi della Chiesa, non come aggiunte indebite alla parola di Dio, ma come interpretazioni ufficiali e infallibili di essa, punti sicuri di riferimento per poter proseguire il cammino verso una comprensione sempre più ricca del mistero vivo e inesauribile, senza deviazioni, tentennamenti e ricadute all’indietro. I dogmi sono offerta efficace di verità, come i sacramenti sono offerta efficace di grazia. È vero che l’atto di fede «non si ferma all’enunciato, ma raggiunge la realtà»
nota
San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, II-II, q. 1, a. 2 ad 2.
. Tuttavia è il linguaggio che indica la realtà e orienta la fede nella giusta direzione.
CdA, 306
CONFRONTAVAI
[623]  Le formule, vere e garantite dall’infallibilità, sono indispensabili, perché vi sia «una sola fede» (Ef 4,5) e un’autentica comunità di credenti e di testimoni. L’unità del pensiero e il comune linguaggio sono a servizio della comunicazione e condivisione della fede.
Per il carisma della verità, che le viene dal Signore risorto e dal suo Spirito, «ricevuto il messaggio della fede, la Chiesa, benché sparsa in tutto il mondo, lo conserva fedelmente come se abitasse una sola casa; vi crede concordemente come se avesse una sola anima e un solo cuore; e con armonia perfetta lo predica, lo insegna e lo trasmette come se avesse una sola bocca»
nota
Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 1, 10, 1-2.
.
[624] In quanto segno efficace della salvezza, la Chiesa riceve dal Signore Gesù la luce dello Spirito Santo, che la conduce «alla verità tutta intera» (Gv 16,13), perché tutti i fedeli, guidati dal magistero dei pastori, possano giungere «all’unità della fede e della conoscenza», senza essere «portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini», e possano aderire sempre più a Cristo, «vivendo secondo la verità nella carità» (Ef 4,13-15).
Discepoli e testimoni della Parola
[625] La fede è una vittoria difficile, sempre rimessa in questione. La speranza spesso è contraddetta dall’esperienza. La carità può perdere facilmente il suo fervore. Dove attingere energia per la vita cristiana? Su quale fondamento edificare la comunità?
Il cristiano e la Chiesa nascono e crescono in virtù della parola di Dio e dei sacramenti. La Chiesa proclama e ascolta la Parola: vive di essa. La proclamazione assume forme diverse. Un primo annuncio del vangelo, incentrato sulla persona di Gesù Cristo e sul mistero pasquale, viene portato, in vista della conversione, a coloro che ancora non l’hanno conosciuto o sono rimasti indifferenti o increduli. Una catechesi più completa e sistematica viene proposta a quanti si mettono in cammino verso una fede più matura. Una liturgia della Parola costituisce la prima parte della santa Messa, centro di tutta l’esperienza cristiana. Anzi ogni celebrazione di sacramenti, di benedizioni, di liturgia delle ore riceve la sua impronta dalla parola di Dio, contenuta nella Sacra Scrittura: «Da essa vengono tratte le letture da spiegare nell’omelia e i salmi da cantare; del suo afflato e del suo spirito sono permeate le preci, le orazioni e gli inni liturgici e da essa prendono significato le azioni e i segni»
nota
Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 24.
.
CCC, 1349
[626]  Attraverso testi redatti in tempi lontani, Dio ci rivolge adesso la sua parola. Ci ricorda le meraviglie compiute nell’Antico e nel Nuovo Testamento, perché vuole ancora agire nella stessa direzione. Ci ripropone la memoria di Cristo, per ricreare in noi i suoi atteggiamenti e prolungare, in certo modo, la sua incarnazione in virtù dello Spirito
nota
Cf. Ef 3,17.
.
La Parola scuote il nostro torpore, risponde alle nostre domande, allarga i nostri orizzonti, ci offre i criteri per interpretare e valutare i fatti e le situazioni. D’altra parte viene compresa sempre in modo nuovo. È come uno specchio, in cui ciascuno può scorgere la propria immagine e la propria storia
nota
Cf. Gc 1,23-25.
. «La Scrittura cresce con chi la legge»
nota
San Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele, 1, 7, 8. Cf. Origene, I principî, 4, 2, 4; Smaragdo, Diadema dei monaci, 3.
.
[627]  Il credente, docile all’ascolto, viene assimilato a Cristo nel pensare e nell’agire. Può dire con l’apostolo Paolo: «Per me il vivere è Cristo» (Fil 1,21). Diventa egli stesso un’eco della Parola, una «lettera di Cristo... scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente», che può essere «conosciuta e letta da tutti gli uomini» (2Cor 3,2-3). «Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» (Lc 11,28).
La proclamazione liturgica
[628]  Particolare efficacia ha la Parola proclamata nel contesto della celebrazione dei sacramenti. La salvezza, preparata mediante le figure dell’Antico Testamento e attuata una volta per sempre in Gesù Cristo nel Nuovo Testamento, viene ripresentata nei riti sacramentali, per essere poi accolta e vissuta nell’esistenza quotidiana: «Quelle cose che crediamo siano avvenute storicamente, devono ora attualizzarsi in noi misticamente»
nota
San Gregorio Magno, Commento al Libro di Giobbe, 35, 15, 35.
. La Parola conduce al sacramento; ne fa emergere il significato; ne prepara la ricezione fruttuosa, alimentando le convenienti disposizioni.
CCC, 103
[629]  Soprattutto nella santa Messa la mensa della parola prepara quella del corpo di Cristo. «Nutrita spiritualmente all’una e all’altra mensa, la Chiesa da una parte si arricchisce nella dottrina e dall’altra si rafforza nella santità»
nota
Messale Romano, Ordinamento delle letture della Messa, 10.
. Vengono proclamate tre letture nei giorni festivi secondo un ciclo triennale e due nei giorni feriali secondo un ciclo biennale. Segue l’omelia, che svolge una funzione attualizzante, come l’intervento di Gesù nella sinagoga di Nàzaret, dopo la lettura del testo di Isaia: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi» (Lc 4,21). Non dovrebbero mancare riferimenti a situazioni concrete, a esperienze e testimonianze di vita cristiana, per guidare i fedeli ad «esprimere nella vita ciò che hanno ricevuto nella fede»
nota
Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 10.
. «La predica è efficace, ha una sua eloquenza, quando parlano le opere»
nota
Sant’Antonio di Padova, Discorsi per la Pentecoste, 1, 5.
.
Lectio divina
[630] Altro ambito privilegiato per l’ascolto orante della Parola è quello costituito dalla pratica della “lectio divina”.
Già nella Sacra Scrittura è insistente l’invito a recitare e meditare assiduamente la parola di Dio, per poterla vivere: «Non si allontani dalla tua bocca il libro di questa legge, ma mèditalo giorno e notte, perché tu cerchi di agire secondo quanto vi è scritto» (Gs 1,8); «La bocca del giusto proclama la sapienza, e la sua lingua esprime la giustizia; la legge del suo Dio è nel suo cuore, i suoi passi non vacilleranno» (Sal 37,30-31).
Presso i Padri della Chiesa la lettura orante della Bibbia è raccomandata come via privilegiata per stabilire un contatto vivo con Dio: «Impara a conoscere il cuore di Dio nelle parole di Dio»
nota
San Gregorio Magno, Registro delle lettere, 5, 46.
. I monaci si accostano al libro sacro, cercando «non tanto la scienza, quanto il gusto delle realtà divine»
nota
Arnolfo di Bohéries, Lo specchio dei monaci, 1.
. Individuano i principali momenti in cui si articola questa preghiera. «La lettura è l’applicazione dello spirito alle Sacre Scritture; la meditazione è l’investigazione accurata di una verità nascosta con l’aiuto della ragione; l’orazione è la tensione devota del cuore verso Dio per allontanare il male e ottenere il bene; la contemplazione è l’elevazione dell’anima a Dio, anima che è avvinta dal gusto delle gioie eterne. La lettura ricerca la dolcezza ineffabile della vita beata; la meditazione la trova; l’orazione la chiede; la contemplazione la gusta... La lettura porta il nutrimento alla bocca, la meditazione lo mastica e lo trita; l’orazione lo assapora e la contemplazione è questo sapore medesimo che riempie di gioia e rifocilla»
nota
Guigo II il Certosino, Sul modo di fare orazione, 1, 1; 2, 2.
.
CCC, 1177CCC 2708
[631] Oggi la pratica della “lectio divina” si va diffondendo tra i fedeli, con qualche integrazione rispetto al modello classico. Si possono indicare cinque momenti, che corrispondono al dinamismo stesso della fede.
La lettura offre il cibo della Parola. Va fatta con attenzione, pacatezza, senza sorvolare ciò che sembra secondario, interpretando correttamente il senso oggettivo storico. Occorre leggere e rileggere, rilevando ciò che appare più significativo, lasciandosi mettere in questione.
La meditazione rumina la parola, la custodisce nel cuore come Maria
nota
Cf. Lc 2,1951.
. Ciò che è stato letto viene confrontato con passi biblici paralleli, con i misteri della fede, con la vita personale, con gli avvenimenti e le situazioni della storia di oggi. Si risvegliano sentimenti di pace, di gioia, di generosità e di coraggio. Si cerca di discernere la concreta volontà del Signore e si prende un impegno preciso.
L’orazione esprime i sentimenti e i desideri santi che nascono nel 14-299.pngcuore. La parola di Dio entrata in noi si fa parola nostra rivolta a Dio. Si possono ripetere in dialogo con lui formule ricavate dal testo letto o espressioni spontanee di lode, di gratitudine, di rimorso, di supplica, di intercessione.
La contemplazione rivolge a Dio l’attenzione amorosa e adorante, in profondo silenzio, senza parole. Per qualche istante può ottenere un’intuizione vivida della sua presenza.
La comunicazione condivide con altri fratelli la risonanza interiore che la Parola, letta, meditata, pregata e contemplata, ha avuto nel proprio cuore. Può avvenire all’interno di una sobria celebrazione comunitaria, in cui si proclama ancora la stessa Parola, acclamandola eventualmente con il canto.
Questo ultimo momento della preghiera vera e propria si prolunga nella missione, testimoniando con le azioni della vita quotidiana la Parola che ha preso carne nel credente. Accogliendo in sé l’amore di Dio per tutti, ci si dona generosamente agli altri.
Il metodo, così articolato e completo, mette in particolare evidenza come la parola di Dio comunichi la vita di Dio. I metodi nella preghiera possono essere molti, come del resto nella catechesi e nello studio. Ma l’incontro assiduo con la Parola è necessario a tutti per ricevere, mantenere e sviluppare la vita cristiana.
[632] La parola di Dio genera il cristiano e convoca la Chiesa.
«Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona» (2Tm 3,16-17).
Rivelazione
[43]  La rivelazione è una speciale iniziativa divina. In un ambito storico particolare, Dio liberamente esce dal silenzio
nota
Cf. Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai cristiani di Magnesia, 8, 2.
e apre un dialogo esplicito e diretto. Si pone di fronte all’uomo come interlocutore personale; gli va incontro, gli rivolge la parola, lo chiama apertamente a sé e gli manifesta progressivamente il suo progetto di salvezza, incentrato su Gesù Cristo.
[48]  A questi antichi patriarchi si ricollegano alcune tribù, che in Egitto finiscono per trovarsi in una condizione intollerabile di schiavitù e fuggono verso il Sinai. Le guida Mosè, un uomo straordinario, al quale nella solitudine del deserto Dio ha rivelato il suo nome misterioso: JHWH
nota
Scriviamo così il nome di Dio rivelato a Mosè. Il tetragramma sacro andrebbe letto “Jahvèh”, ma la tradizione ebraica considera questo nome impronunziabile e suggerisce di dire in suo luogo “Adonài”, cioè “Signore”, o di pronunziare un altro titolo divino. Per rispetto ai nostri fratelli ebrei, questo catechismo invita a fare altrettanto e in ogni caso riduce all’indispensabile l’uso del tetragramma sacro.
, «Io sono colui che sono!» (Es 3,14). Ora, nel deserto, con il dono dell’alleanza e della legge, Dio plasma un popolo, Israele, come sua proprietà, segno della sua presenza davanti alle nazioni: «Voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa» (Es 19,5-6).
Al cammino nel deserto fa seguito l’insediamento nella terra di Canaan, l’epoca di Giosuè e dei Giudici, segnata dai contatti e dai conflitti con le popolazioni del luogo. Il popolo nomade si trasforma lentamente in un popolo residenziale di agricoltori. Sorprendentemente, non assume la religione politeista del paese, incentrata sulle energie della natura e della fecondità; ne respinge, sia pure con fatica, la tentazione seducente e conserva il culto del suo unico Dio, JHWH.
Autotestimonianza e autodonazione
[44]  Non si conosce una persona come fosse un oggetto, osservando e calcolando. Nel suo nucleo più intimo, può essere conosciuta 2-37.pngsolo se si esprime liberamente, se comunica agli altri i suoi sentimenti e le sue intenzioni, i suoi pensieri e le sue decisioni, in un dialogo fatto di parole e di azioni, cioè in una storia concreta. Mentre i segreti della natura vengono raggiunti dall’esterno con l’osservazione scientifica, il segreto proprio di un soggetto cosciente e libero si apre dall’interno, per la via dell’autotestimonianza.
Qualcosa di simile avviene nella rivelazione che Dio fa di se stesso e del suo disegno di amore verso l’uomo. Nella sua intima vita personale Dio non può essere conosciuto per via di intuizione o riflessione umana, ma solo per sua libera iniziativa. Perciò, «per il suo immenso amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé»; pur rimanendo invisibile, parla e si dona attraverso «eventi e parole intimamente connessi tra loro»
nota
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 2.
e complementari, cioè attraverso una storia.
Eventi e parole
[45]  Gli eventi contengono la realtà significata dalle parole. Confermano e verificano le parole. Riguardano un popolo o singole persone all’interno di esso. Sono pubblici o privati, miracolosi o ordinari. Si compiono «una volta per sempre» (Eb 9,12), cioè in un tempo preciso e irripetibile, ma con valore perenne e universale. Sono nuovi e imprevedibili, ma si inseriscono nella continuità storica, secondo un progetto unitario e in vista di una meta definitiva.
Il significato e la connessione profonda degli avvenimenti vengono 2-38.pngindicati da Dio ai suoi messaggeri attraverso una comunicazione interiore, chiara e indubitabile, che poi si traduce in parole pronunciate e infine scritte. Le parole interpretano gli eventi come opera di Dio e a volte li provocano efficacemente. Chiamano, promettono e comandano, perché gli eventi si compiano; li raccontano e li spiegano, perché accadano di nuovo.
Attraverso gli eventi e le parole si svolge la trama di una concreta storia terrena, in cui Dio stesso liberamente porta avanti il suo dialogo con gli uomini per dare loro speranza e futuro. Progressivamente egli si fa conoscere e si dona, fino a comunicare pienamente se stesso in Gesù Cristo; rende gli uomini capaci di rispondergli, di accogliere la sua presenza e di partecipare alla sua vita.
CdA, 103
CONFRONTAVAI
CdA 176
CONFRONTAVAI
CdA 608
CONFRONTAVAI
La Parola e la Sapienza
[297] Con riferimento alla cultura giudeo-ellenistica, largamente imbevuta di tradizione biblica sulla parola di Dio e sulla divina sapienza, il Vangelo di Giovanni presenta Gesù in modo originale come “il Verbo (la Parola)”.
Inesauribile efficacia, secondo l’Antico Testamento, possiede la parola di Dio, che conduce la storia degli uomini, crea e governa l’universo
nota
Cf. Sal 33,69.
. A sua volta la divina sapienza abita dall’eternità accanto a Dio
nota
Cf. Pr 8,22-31.
ed è artefice di tutte le cose: «È un riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell’attività di Dio e un’immagine della sua bontà. Sebbene unica, essa può tutto; pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova» (Sap 7,26-27).
La persona del Verbo
[298]  Il Vangelo di Giovanni va oltre queste personificazioni e addita una persona precisa. Il Verbo eterno del Padre, creatore del mondo e guida della storia, vicino a Dio e Dio lui stesso, non è un’astrazione evanescente, ma si è fatto uomo mortale, in un luogo e in un tempo determinati; si identifica con la persona di Gesù di Nàzaret: «In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio... E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria» (Gv 1,114).
Il Verbo invisibile apparve dunque visibilmente nella nostra carne; colui che è generato prima dei secoli cominciò ad esistere anche nel tempo, per reintegrare l’universo nel disegno del Padre e ricondurre a lui l’umanità dispersa
nota
Cf. Messale Romano, Prefazio di Natale III.
.
[299] Il nostro pensiero, per poter raggiungere gli altri, diventa suono di una voce. Il Verbo di Dio, per esprimersi e donarsi agli uomini, si è fatto vero e fragile uomo, con una storia umanissima di libertà e di finitudine.
Senza lasciare il cielo, dove da sempre e per sempre vive rivolto al Padre
nota
Cf. Gv 1,118.
, è disceso sulla terra per essere Dio con noi, nostro amico e fratello. Ha condiviso in tutto eccetto il peccato, la nostra condizione umana
nota
Cf. Eb 2,17.
, fino alla quotidianità più dimessa. Ha provato fame e sete, lavoro, stanchezza e sonno; ha conosciuto gioia e pianto, compassione e paura, amicizia e sdegno, sorpresa e meraviglia, tristezza e solitudine, tentazione spirituale e tortura fisica. È cresciuto «in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52); ha imparato l’obbedienza attraverso quello che ha sofferto
nota
Cf. Eb 5,8.
. Con la morte e la risurrezione ha portato a compimento la sua crescita di uomo.
[300] Il Verbo eterno, immagine perfetta del Padre, si è fatto carne, fragile uomo, solidale con gli uomini deboli e mortali.
La via dell’annuncio
[571]  La presenza operosa non basta. La testimonianza cristiana include la professione pubblica della fede
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium,11.
. L’evangelizzazione ha al suo centro l’annunzio esplicito che Dio ci dona la salvezza in 13-276.pngGesù Cristo, crocifisso e risorto. «La fede dipende dalla predicazione» (Rm 10,17); la Chiesa è generata dalla Parola. Anche i fedeli laici, devono saper annunciare Cristo agli altri credenti e ai non credenti
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 6.
.
L’annuncio deve essere coraggioso e franco, ma anche umile: la verità, che abbiamo ricevuto in dono, non è un vanto per noi; è una responsabilità. L’amore per gli interlocutori esige che si rispetti la loro libertà e si tenga conto della loro situazione esistenziale, sociale e culturale, del loro linguaggio, delle loro aspirazioni, dei loro valori etici e religiosi.
Intercessione, testimonianza e annuncio sono le vie della missione, per le quali devono incamminarsi i singoli cristiani, le famiglie e le comunità. Un radicale cambiamento di mentalità e una profonda revisione pastorale occorrono oggi per dare slancio alla missione universale.
609] Non si vive di solo pane. I credenti vivono della parola di Dio, consegnata una volta per sempre nella Sacra Scrittura e attualizzata incessantemente dallo Spirito di verità mediante la Tradizione viva della Chiesa. Dall’ascolto assiduo, attento e devoto di essa prendono forza e orientamento l’annuncio, la preghiera e l’impegno cristiano.
Parola viva ed efficace
[610] Oggi la parola è inflazionata nel chiasso della pubblicità e della propaganda, nel vuoto di tanti discorsi e scritti; perciò la sua reputazione è in ribasso. Si sente dire: «Contano i fatti e non le parole». Ma è veramente così? La parola non è solo informazione: è comunicazione e azione. Provoca gioia e dolore, amicizia e ostilità, reazioni e iniziative. La sua forza costruisce e distrugge, unisce e divide; fa andare avanti la storia non meno dei fatti economici e tecnici.
A maggior ragione è attiva e feconda la parola di Dio che crea, libera, santifica, giudica e sconvolge. «La mia parola non è forse come il fuoco e come un martello che spacca la roccia?» (Ger 23,29). «Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare,... così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata» (Is 55,10-11). «La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio» (Eb 4,12).
CCC, 65
[611]  La parola di Dio è Dio stesso che si rivela e si dona nella storia degli uomini, fino a comunicarsi personalmente in Gesù di Nàzaret. Gesù è la Parola eterna e creatrice di Dio fatta carne
nota
Cf. Gv 1,1-18.
e dice parole che «sono spirito e vita» (Gv 6,63): risana i malati, apre gli occhi ai ciechi, risuscita i morti, converte i peccatori, chiama i discepoli, promette e dona lo Spirito Santo.
Secondo gli Atti degli apostoli, la Parola, colma di Spirito Santo, porta avanti il cammino della Chiesa: cresce, si rafforza e si diffonde. I protagonisti umani sono i suoi servitori
nota
Cf. At 6,2-4.
e si affidano ad essa «che ha il potere di edificare e di concedere l’eredità con tutti i santificati» (At 20,32). I servitori possono essere fermati e messi in catene, ma la Parola «non è incatenata» (2Tm 2,9) e corre.
Questa Parola non è solo una notizia riguardante la salvezza, ma è parte integrante dell’avvenimento stesso della salvezza; non solo ha per contenuto Cristo morto e risorto, ma prima ancora è Cristo stesso, che parla attraverso i suoi inviati: «Mossi da Dio, sotto il suo sguardo, noi parliamo in Cristo» (2Cor 2,17). I discepoli continuano a predicare e a insegnare in suo nome e con la sua presenza
nota
Cf. Mt 28,20.
.
Rivelazione attualizzata
[612]  Il cristianesimo non è la religione di un libro, per quanto sacro possa essere, ma la religione «della Parola incarnata e vivente»
nota
San Bernardo di Chiaravalle, Lodi alla Beata Vergine Maria che riceve l’annunzio, 4, 11.
.
Nella Chiesa «Dio parla al suo popolo e Cristo annunzia ancora il vangelo»
nota
Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 33.
. Lo fa attualizzando incessantemente la rivelazione compiuta «una volta per sempre» e consegnata alla Sacra Scrittura e alla Tradizione della fede
nota
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 7.
. Quando nella Chiesa sotto la guida dei pastori si legge e si interpreta correttamente la Sacra Scrittura, il Cristo risorto rivolge ancora la sua parola agli uomini, una parola viva, come risuscitata dal libro, carica della forza dello Spirito Santo
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 7.
. Non insegna solo una dottrina, ma realizza un incontro e un evento di grazia: suscita la fede; rigenera chi ascolta
nota
Cf. 1Pt 1,23.
e lo fa passare «dalla morte alla vita» (Gv 5,24); raduna il popolo di Dio e lo conduce per le sue vie
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 4.
.
CCC, 79CCC 108CCC 1084CdA, 58
CONFRONTAVAI
[613]  Attraverso la Parola e i sacramenti, debitamente accolti, il Signore conforma a sé i credenti e viene a vivere in loro, prolungando in qualche modo la sua incarnazione. Con la Parola fa risplendere davanti al loro sguardo la propria immagine e li attrae a sé. Con i sacramenti ristruttura la loro esistenza secondo la medesima immagine e li unisce a sé. La sua verità e la sua grazia sono ugualmente necessarie per edificare la vita cristiana.
CdA, 607-608
CONFRONTAVAI
La Sacra Scrittura norma della fede
[615]  Molti, anche praticanti, si considerano cattolici, ma a modo 14-294.pngproprio. Non si curano seriamente della parola di Dio. Ignorano la Sacra Scrittura, oppure ne danno un’interpretazione individuale o di gruppo, senza tener conto dell’interpretazione autentica del magistero ecclesiale. Invece, chiamato a vivere la fede, il cristiano ha bisogno di leggere il libro sacro e di leggerlo in accordo con la Chiesa.
Infallibilità della Chiesa
[616]  La fede della Chiesa riconosce nella Scrittura la propria norma e ad essa si sente vincolata; tuttavia, come a suo tempo ne ha fissato il canone, l’elenco dei libri sacri, così in ogni epoca si sente autorizzata a interpretarla, perché sa di essere animata dal medesimo Spirito Santo, che ne è l’autore
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 12.
. Gesù si è impegnato ad accompagnare «fino alla fine del mondo» (Mt 28,20) gli annunciatori del vangelo, da lui stesso inviati, tanto che «chi non crederà sarà condannato» (Mc 16,16); ha assicurato per sempre l’assistenza dello Spirito Paraclito, per condurre i discepoli «alla verità tutta intera» (Gv 16,13) e sostenere la loro testimonianza di fede. Perciò la Chiesa, fin dalle origini, è convinta di possedere questa presenza del Signore risorto e del suo Spirito, che fa di lei la «colonna» e il «sostegno della verità» (1Tm 3,15) e consente ai suoi pastori di guidare i fratelli «all’unità della fede e della conoscenza» (Ef 4,13) e di custodire inalterato il «deposito» (2Tm 1,14) della dottrina cristiana. Di fatto, pur avendo commesso errori in altri campi, mai si è contraddetta nella dottrina della fede, in mezzo a tanti sconvolgimenti storici.
[617] La verità è un dono che la Chiesa riceve dal Signore; non è motivo di vanto, ma di umile gratitudine e grave responsabilità. Gesù Cristo non si è limitato a parlare una volta per sempre nel lontano passato, ma riprende la stessa parola e l’attualizza incessantemente con la luce del suo Spirito, attraverso mediazioni umane. Non abbandona il suo messaggio alle fragili risorse della ricerca umana, ma garantisce e offre lui stesso, infallibilmente, la verità salvifica, come attraverso i sacramenti offre la grazia santificante, indipendentemente dalla dignità morale del ministro. Senza questa garanzia i credenti rischierebbero di smarrire l’oggettività e l’integrità della rivelazione; finirebbero per ridurre Dio alla misura della loro esperienza e per credere più a se stessi che a lui. È possibile essere cristiani solo ricevendo in dono la verità e la grazia che sono tra loro complementari.
Il comune senso della fede
[618]  «Dove è la Chiesa, lì è anche lo Spirito di Dio, e dove è lo Spirito di Dio è la Chiesa ed ogni grazia. E lo Spirito è la verità»
nota
Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 24, 1.
. Nella continuità della tradizione vivente, tutto il popolo di Dio - papa, vescovi, sacerdoti e laici - fa esperienza spirituale della Parola e, quando è concorde nel ritenere una verità come rivelata, «non può sbagliarsi nel credere»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 12.
, a motivo del comune senso della fede che gli è dato per grazia.
Il compito dei teologi
[619] All’interno del popolo di Dio e al suo servizio i teologi hanno la funzione di ricercare un’intelligenza sempre più profonda della rivelazione, in accordo col magistero dei pastori e in armonia con le istanze della ragione e con le acquisizioni delle varie discipline scientifiche.
Il Magistero
[620]  Il collegio dei vescovi, presieduto dal papa, ha l’ufficio di garantire 14-295.pngla tradizione autentica della fede e di guidare il popolo dei credenti; per questo ha ricevuto in modo speciale «il carisma sicuro della verità»
nota
Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 4, 26, 2.
e non può sbagliare quando è unanime nell’insegnare la verità rivelata, sia che si trovi disperso su tutta la terra, sia che si trovi solennemente riunito in concilio ecumenico
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 25.
.
Il papa per volontà di Cristo deve confermare i fratelli ed essere “roccia” di sostegno per la Chiesa; perciò è infallibile anche da solo, quando come maestro universale della fede definisce la dottrina da credere.
CCC, 888-892CdA, 60
CONFRONTAVAI
[621]  Accanto all’insegnamento definitivo e infallibile, vi è un 14-296.pnginsegnamento ordinario non definitivo del papa e dei vescovi in materia di fede e di agire morale, che ha lo scopo di guidare il popolo di Dio verso una profonda comprensione e una coerente prassi cristiana. Anche questo insegnamento ordinario non definitivo gode di una particolare assistenza divina. Esige un assenso interiore, non però un’adesione totale di fede come il precedente.
Sacra Scrittura, Tradizione, magistero dei vescovi e del papa sono congiunti insieme «sotto l’azione del medesimo Spirito Santo»
nota
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 10.
. Il Magistero è l’interprete autentico posto a servizio della Scrittura e della Tradizione: piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone la verità di Dio contenuta in esse
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 10.
.
Le formule dogmatiche
[622]  Nel procedere della storia, davanti a situazioni e a problemi sempre nuovi, la Chiesa deve ripensare e riformulare continuamente la sua dottrina, proprio per rimanere fedele al messaggio originario, sperimentarne la fecondità, comprenderne altri aspetti. A quest’opera incessante di ricerca e di interpretazione contribuiscono il magistero dei pastori, lo studio dei teologi e la fede di tutti. In alcuni momenti si avverte la necessità, o almeno l’opportunità di nuove formule di fede, per riassumere il nucleo centrale del messaggio di salvezza o per precisarne qualche aspetto. Si fissano così i dogmi della Chiesa, non come aggiunte indebite alla parola di Dio, ma come interpretazioni ufficiali e infallibili di essa, punti sicuri di riferimento per poter proseguire il cammino verso una comprensione sempre più ricca del mistero vivo e inesauribile, senza deviazioni, tentennamenti e ricadute all’indietro. I dogmi sono offerta efficace di verità, come i sacramenti sono offerta efficace di grazia. È vero che l’atto di fede «non si ferma all’enunciato, ma raggiunge la realtà»
nota
San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, II-II, q. 1, a. 2 ad 2.
. Tuttavia è il linguaggio che indica la realtà e orienta la fede nella giusta direzione.
CdA, 306
CONFRONTAVAI
[623]  Le formule, vere e garantite dall’infallibilità, sono indispensabili, perché vi sia «una sola fede» (Ef 4,5) e un’autentica comunità di credenti e di testimoni. L’unità del pensiero e il comune linguaggio sono a servizio della comunicazione e condivisione della fede.
Per il carisma della verità, che le viene dal Signore risorto e dal suo Spirito, «ricevuto il messaggio della fede, la Chiesa, benché sparsa in tutto il mondo, lo conserva fedelmente come se abitasse una sola casa; vi crede concordemente come se avesse una sola anima e un solo cuore; e con armonia perfetta lo predica, lo insegna e lo trasmette come se avesse una sola bocca»
nota
Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 1, 10, 1-2.
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[624] In quanto segno efficace della salvezza, la Chiesa riceve dal Signore Gesù la luce dello Spirito Santo, che la conduce «alla verità tutta intera» (Gv 16,13), perché tutti i fedeli, guidati dal magistero dei pastori, possano giungere «all’unità della fede e della conoscenza», senza essere «portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini», e possano aderire sempre più a Cristo, «vivendo secondo la verità nella carità» (Ef 4,13-15).
Discepoli e testimoni della Parola
[625] La fede è una vittoria difficile, sempre rimessa in questione. La speranza spesso è contraddetta dall’esperienza. La carità può perdere facilmente il suo fervore. Dove attingere energia per la vita cristiana? Su quale fondamento edificare la comunità?
Il cristiano e la Chiesa nascono e crescono in virtù della parola di Dio e dei sacramenti. La Chiesa proclama e ascolta la Parola: vive di essa. La proclamazione assume forme diverse. Un primo annuncio del vangelo, incentrato sulla persona di Gesù Cristo e sul mistero pasquale, viene portato, in vista della conversione, a coloro che ancora non l’hanno conosciuto o sono rimasti indifferenti o increduli. Una catechesi più completa e sistematica viene proposta a quanti si mettono in cammino verso una fede più matura. Una liturgia della Parola costituisce la prima parte della santa Messa, centro di tutta l’esperienza cristiana. Anzi ogni celebrazione di sacramenti, di benedizioni, di liturgia delle ore riceve la sua impronta dalla parola di Dio, contenuta nella Sacra Scrittura: «Da essa vengono tratte le letture da spiegare nell’omelia e i salmi da cantare; del suo afflato e del suo spirito sono permeate le preci, le orazioni e gli inni liturgici e da essa prendono significato le azioni e i segni»
nota
Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 24.
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CCC, 1349
[626]  Attraverso testi redatti in tempi lontani, Dio ci rivolge adesso la sua parola. Ci ricorda le meraviglie compiute nell’Antico e nel Nuovo Testamento, perché vuole ancora agire nella stessa direzione. Ci ripropone la memoria di Cristo, per ricreare in noi i suoi atteggiamenti e prolungare, in certo modo, la sua incarnazione in virtù dello Spirito
nota
Cf. Ef 3,17.
.
La Parola scuote il nostro torpore, risponde alle nostre domande, allarga i nostri orizzonti, ci offre i criteri per interpretare e valutare i fatti e le situazioni. D’altra parte viene compresa sempre in modo nuovo. È come uno specchio, in cui ciascuno può scorgere la propria immagine e la propria storia
nota
Cf. Gc 1,23-25.
. «La Scrittura cresce con chi la legge»
nota
San Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele, 1, 7, 8. Cf. Origene, I principî, 4, 2, 4; Smaragdo, Diadema dei monaci, 3.
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[627]  Il credente, docile all’ascolto, viene assimilato a Cristo nel pensare e nell’agire. Può dire con l’apostolo Paolo: «Per me il vivere è Cristo» (Fil 1,21). Diventa egli stesso un’eco della Parola, una «lettera di Cristo... scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente», che può essere «conosciuta e letta da tutti gli uomini» (2Cor 3,2-3). «Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» (Lc 11,28).
La proclamazione liturgica
[628]  Particolare efficacia ha la Parola proclamata nel contesto della celebrazione dei sacramenti. La salvezza, preparata mediante le figure dell’Antico Testamento e attuata una volta per sempre in Gesù Cristo nel Nuovo Testamento, viene ripresentata nei riti sacramentali, per essere poi accolta e vissuta nell’esistenza quotidiana: «Quelle cose che crediamo siano avvenute storicamente, devono ora attualizzarsi in noi misticamente»
nota
San Gregorio Magno, Commento al Libro di Giobbe, 35, 15, 35.
. La Parola conduce al sacramento; ne fa emergere il significato; ne prepara la ricezione fruttuosa, alimentando le convenienti disposizioni.
CCC, 103
[629]  Soprattutto nella santa Messa la mensa della parola prepara quella del corpo di Cristo. «Nutrita spiritualmente all’una e all’altra mensa, la Chiesa da una parte si arricchisce nella dottrina e dall’altra si rafforza nella santità»
nota
Messale Romano, Ordinamento delle letture della Messa, 10.
. Vengono proclamate tre letture nei giorni festivi secondo un ciclo triennale e due nei giorni feriali secondo un ciclo biennale. Segue l’omelia, che svolge una funzione attualizzante, come l’intervento di Gesù nella sinagoga di Nàzaret, dopo la lettura del testo di Isaia: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi» (Lc 4,21). Non dovrebbero mancare riferimenti a situazioni concrete, a esperienze e testimonianze di vita cristiana, per guidare i fedeli ad «esprimere nella vita ciò che hanno ricevuto nella fede»
nota
Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 10.
. «La predica è efficace, ha una sua eloquenza, quando parlano le opere»
nota
Sant’Antonio di Padova, Discorsi per la Pentecoste, 1, 5.
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Lectio divina
[630] Altro ambito privilegiato per l’ascolto orante della Parola è quello costituito dalla pratica della “lectio divina”.
Già nella Sacra Scrittura è insistente l’invito a recitare e meditare assiduamente la parola di Dio, per poterla vivere: «Non si allontani dalla tua bocca il libro di questa legge, ma mèditalo giorno e notte, perché tu cerchi di agire secondo quanto vi è scritto» (Gs 1,8); «La bocca del giusto proclama la sapienza, e la sua lingua esprime la giustizia; la legge del suo Dio è nel suo cuore, i suoi passi non vacilleranno» (Sal 37,30-31).
Presso i Padri della Chiesa la lettura orante della Bibbia è raccomandata come via privilegiata per stabilire un contatto vivo con Dio: «Impara a conoscere il cuore di Dio nelle parole di Dio»
nota
San Gregorio Magno, Registro delle lettere, 5, 46.
. I monaci si accostano al libro sacro, cercando «non tanto la scienza, quanto il gusto delle realtà divine»
nota
Arnolfo di Bohéries, Lo specchio dei monaci, 1.
. Individuano i principali momenti in cui si articola questa preghiera. «La lettura è l’applicazione dello spirito alle Sacre Scritture; la meditazione è l’investigazione accurata di una verità nascosta con l’aiuto della ragione; l’orazione è la tensione devota del cuore verso Dio per allontanare il male e ottenere il bene; la contemplazione è l’elevazione dell’anima a Dio, anima che è avvinta dal gusto delle gioie eterne. La lettura ricerca la dolcezza ineffabile della vita beata; la meditazione la trova; l’orazione la chiede; la contemplazione la gusta... La lettura porta il nutrimento alla bocca, la meditazione lo mastica e lo trita; l’orazione lo assapora e la contemplazione è questo sapore medesimo che riempie di gioia e rifocilla»
nota
Guigo II il Certosino, Sul modo di fare orazione, 1, 1; 2, 2.
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CCC, 1177CCC 2708
[631] Oggi la pratica della “lectio divina” si va diffondendo tra i fedeli, con qualche integrazione rispetto al modello classico. Si possono indicare cinque momenti, che corrispondono al dinamismo stesso della fede.
La lettura offre il cibo della Parola. Va fatta con attenzione, pacatezza, senza sorvolare ciò che sembra secondario, interpretando correttamente il senso oggettivo storico. Occorre leggere e rileggere, rilevando ciò che appare più significativo, lasciandosi mettere in questione.
La meditazione rumina la parola, la custodisce nel cuore come Maria
nota
Cf. Lc 2,1951.
. Ciò che è stato letto viene confrontato con passi biblici paralleli, con i misteri della fede, con la vita personale, con gli avvenimenti e le situazioni della storia di oggi. Si risvegliano sentimenti di pace, di gioia, di generosità e di coraggio. Si cerca di discernere la concreta volontà del Signore e si prende un impegno preciso.
L’orazione esprime i sentimenti e i desideri santi che nascono nel 14-299.pngcuore. La parola di Dio entrata in noi si fa parola nostra rivolta a Dio. Si possono ripetere in dialogo con lui formule ricavate dal testo letto o espressioni spontanee di lode, di gratitudine, di rimorso, di supplica, di intercessione.
La contemplazione rivolge a Dio l’attenzione amorosa e adorante, in profondo silenzio, senza parole. Per qualche istante può ottenere un’intuizione vivida della sua presenza.
La comunicazione condivide con altri fratelli la risonanza interiore che la Parola, letta, meditata, pregata e contemplata, ha avuto nel proprio cuore. Può avvenire all’interno di una sobria celebrazione comunitaria, in cui si proclama ancora la stessa Parola, acclamandola eventualmente con il canto.
Questo ultimo momento della preghiera vera e propria si prolunga nella missione, testimoniando con le azioni della vita quotidiana la Parola che ha preso carne nel credente. Accogliendo in sé l’amore di Dio per tutti, ci si dona generosamente agli altri.
Il metodo, così articolato e completo, mette in particolare evidenza come la parola di Dio comunichi la vita di Dio. I metodi nella preghiera possono essere molti, come del resto nella catechesi e nello studio. Ma l’incontro assiduo con la Parola è necessario a tutti per ricevere, mantenere e sviluppare la vita cristiana.
[913]  L’itinerario di formazione della coscienza retta si compone di molti elementi: ravvivare spesso la totale disponibilità alla verità e al bene; essere pronti a lasciarsi mettere in discussione; liberarsi da orgoglio, egoismo e affetti disordinati, pregiudizi e cattive abitudini; alimentare con la preghiera un atteggiamento di disponibilità allo Spirito Santo, che sostiene il nostro cammino spirituale con i suoi doni; coltivare la familiarità con la parola di Dio
nota
Cf. 2Tm 3,16.
; aderire al magistero del papa e dei vescovi; partecipare a una concreta esperienza ecclesiale; acquisire una sufficiente conoscenza dell’etica cristiana; informarsi accuratamente sui casi concreti e valutarli secondo criteri di fede, di carità, di conformità alla propria vocazione; consultarsi nelle scelte più importanti o più difficili con persone sagge e prudenti. Segno di rettitudine può essere la consolazione spirituale, risonanza vitale positiva della comunione con Dio. Ma la grazia non si misura con il sentimento. Anche la desolazione può venire da Dio.
[941]  La vita spirituale si nutre della parola di Dio. Il contatto con essa deve essere assiduo. Le modalità possono essere varie: proclamazione liturgica e omelia, catechesi, studio personale, meditazione e lettura spirituale. Chi ne ha la possibilità è bene che almeno qualche volta faccia l’esperienza estremamente fruttuosa di un ascolto prolungato e intenso nei ritiri e negli esercizi spirituali.
CdA, 625-631
CONFRONTAVAI
Ispirazione
[66]  Le Sacre Scritture non solo sono documento, ma anche parte integrante di una storia animata dallo Spirito di Dio. Da sempre la fede della Chiesa le considera ispirate. Sebbene siano state composte da autori umani, in un arco di tempo di circa mille anni, e rechino l’impronta di diverse personalità, esperienze, epoche e culture, esse hanno allo stesso tempo per autore Dio, in quanto egli è stato attivamente presente con il suo Spirito in tutto il processo di formazione di questi scritti, per comunicare attraverso gli autori umani il suo messaggio di salvezza: «Mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio» (2Pt 1,21); perciò «tutta la Scrittura è ispirata da Dio» (2Tm 3,16). Non solo contiene la parola di Dio, ma è essa stessa parola di Dio
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 24.
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Verità
[67]  Essendo parola di Dio, i libri della Bibbia ci comunicano la Verità che è Dio stesso. In quanto opera di autori umani, si esprimono però secondo modalità letterarie tipiche delle epoche storiche in cui furono composti e sono condizionati dalle conoscenze storiche e scientifiche di quei tempi. Dio non si rivela per rispondere ad interrogativi di storia o di scienza: la verità che comunica nella sua rivelazione ed assicura nella Sacra Scrittura è la verità che egli ci dona «per la nostra salvezza»
nota
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 11.
. Lette nella prospettiva della salvezza, le pagine della Bibbia sono realmente la verità della nostra vita; in questo senso in esse non c’è alcun errore.
[70] La ricerca letteraria e storica è solo il primo passo. La Bibbia è soprattutto parola di Dio. In quanto tale, va letta con criteri di fede, cioè tenendo presente l’unità globale del progetto divino che si attua nella storia, il punto di vista definitivo rivelato in Cristo, l’interpretazione della Chiesa garantita dallo Spirito Santo secondo le promesse di Gesù.