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CATECHISMO DEGLI ADULTI

CATECHISMO DEGLI ADULTI
INDICE TEMATICO
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Catechismo degli Adulti

Religione 18-25 , 41-42 , 576 , 586 , 587-590 , 591-596 , 597-605
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Universalità del fatto religioso
[18]  Da sempre gli uomini si interrogano circa la loro origine e il loro futuro, la vita e la morte, il bene e il male, la felicità e il dolore, il mistero profondo della realtà
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 1.
.
A queste grandi domande cercano di trovare una risposta nelle religioni. Tutto il loro cammino storico si alimenta di senso religioso. Ne sono permeati costumi e tradizioni, famiglia e società, arte, musica e letteratura. Un antico scrittore greco osservava: «Se tu andassi in giro per il mondo, potresti trovare città prive di mura, che ignorano la scrittura, non hanno re, case e ricchezze, non fanno uso di monete, non conoscono teatri e palestre; ma nessuno vide né vedrà mai una città senza templi e senza divinità»
nota
Plutarco, Contro Colote, 31.
. E un poeta moderno confessa a nome dell’umanità: «Io giro intorno a Dio... sono millenni che giro intorno a Dio»
nota
R. M. Rilke, Il libro d’ore, Il libro della vita monastica.
.
Perché gli uomini sono spontaneamente religiosi e arrivano a riconoscere, oltre le cose visibili, una potenza arcana, a volte anzi una divinità suprema benevola
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2.
? Un fenomeno così universale non può essere casuale: deve radicarsi profondamente nell’esperienza della realtà.
Esperienza del mistero
[19] L’uomo nasce e si sviluppa nel contesto della natura e della società. Non possiede la vita da solo: la riceve. Neppure le cose e le persone, che formano il suo ambiente vitale, sono autosufficienti: iniziano, mutano, muoiono, si condizionano reciprocamente. Da dove viene allora una così inesauribile abbondanza di energia e di bellezza? Perché sorgono realtà nuove e imprevedibili e accadono eventi straordinari, che riempiono di meraviglia? È spontaneo intuire che, oltre e dentro i fenomeni della natura e della storia, ci sia una misteriosa presenza, una potenza invisibile, da cui essi in qualche modo dipendono. È ragionevole postulare, oltre la realtà profana soggetta alla caducità e alla morte, una sfera del divino, che possieda la vita in pienezza e sia in grado di dare risposta all’umano bisogno di protezione e di sopravvivenza.
Questa potenza nascosta può essere variamente rappresentata: come energia e ordine impersonale, come una moltitudine di dèi e di spiriti, come un Essere supremo. L’uomo può nutrire il desiderio di catturarla o almeno di influenzarla per i propri scopi, ed è l’atteggiamento magico; oppure può sottomettersi e abbandonarsi fiduciosamente ad essa, attendendo come un dono la liberazione dal male e la pienezza della vita, ed è l’atteggiamento religioso. Quest’ultimo giunge coerentemente ad affermare un Dio unico o almeno un Dio supremo, buono e giusto, senza concorrenti, capace di sottomettere tutte le forze buone e cattive, visibili e invisibili, così da assicurare unità e armonia all’universo, proteggere adeguatamente la vita umana e darle un senso anche oltre la morte. Davanti a lui l’uomo prova stupore, riverenza, bisogno di purificazione; a lui chiede protezione.
CdA, 30
CONFRONTAVAI
Il senso religioso
[20] Il senso religioso è l’apertura al Mistero che sostiene il mondo e l’esistenza umana. Viene vissuto all’interno di una comunità, mediante l’accettazione di una dottrina, il culto pubblico e l’osservanza di norme morali. Del Mistero, intravisto solo indirettamente, si parla con il linguaggio dei simboli e delle analogie. Con i riti si evoca la sua presenza e se ne riceve l’energia, che conserva e accresce la vita. Con il giusto comportamento si partecipa all’ordine sapiente del mondo, da esso stabilito.
Varietà di religioni
[21] Grande è la varietà e la ricchezza di dottrine, simboli, riti, preghiere, usi, istituzioni, immagini, oggetti e luoghi sacri. Distanti tra loro sono le spiritualità dell’impegno nel mondo e della fuga da esso, della realizzazione e dell’annullamento di sé, dell’interiorità e del legalismo, della responsabilità e del fatalismo. Nette risaltano le differenze tra le concezioni animiste, politeiste, panteiste, monoteiste.
Se è piuttosto facile riconoscere che esiste una potenza originaria, è invece difficile parlarne correttamente e addirittura impossibile comprendere adeguatamente la sua traboccante pienezza di perfezione. Inoltre, essa viene conosciuta a partire da esperienze di qualità più o meno elevata e da ambienti naturali e sociali diversi. È logico che nelle culture primitive i cacciatori si siano rivolti allo Spirito della foresta, gli agricoltori alla Gran Madre terrestre, i pastori al Dio del cielo. È comprensibile che nelle culture evolute si sia sviluppata una rigogliosa e intricata vegetazione di concezioni raffinate e complesse, con inesauribili variazioni.
[22] Delle religioni oggi esistenti si può dare questa classificazione: religioni primitive; religioni orientali, cioè parsismo, induismo, buddhismo, taoismo, confucianesimo e scintoismo; religioni monoteistiche, cioè ebraismo, cristianesimo e islamismo.
CdA, 586-605
CONFRONTAVAI
L’ateismo
[23]  Oggi, per la verità, accanto all’esperienza religiosa, è diffuso anche l’ateismo o negazione di Dio. Assume anch’esso varie forme: l’ateismo scientista, che esclude la possibilità di oltrepassare l’esperienza sensibile e spiega la religione come fenomeno psichico, sociale, culturale; l’ateismo umanista, che rivendica l’autonomia assoluta dell’uomo e considera la religione come un’alienazione; l’ateismo pratico, o indifferenza, che ritiene Dio irrilevante per la vita personale e sociale; l’ateismo tragico, che rifiuta l’esistenza di Dio a motivo del male presente nel mondo
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 7; 19.
.
L’ateismo è una sventura per il nostro tempo, ma non sembra mettere in pericolo la diffusione generalizzata della religione; anzi, si parla oggi da più parti di un “ritorno del sacro”. Sebbene si manifesti in forme a volte ambigue, emotive e sincretiste, esso indica che la religiosità è ancora viva e operante.
CCC, 28CCC 2123-2128CdA, 803
CONFRONTAVAI
La ricerca guidata da Dio
[24] A motivo del senso religioso che la pervade, la storia dei popoli procede come un immenso pellegrinaggio verso il santuario di un possibile incontro con Dio. Secondo l’insegnamento della Chiesa, la ricerca millenaria, che prende corpo nelle religioni, è segno non solo della trascendenza dell’uomo sul mondo visibile, ma anche della vicinanza di Dio stesso.
Per la sua stessa costituzione la persona umana è aperta a Dio. Inoltre, fin dall’inizio della storia, è chiamata per grazia alla comunione di vita con lui in Cristo. «Questo intimo e vitale legame»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 19.
può essere dimenticato e addirittura rifiutato per vari motivi, come ignoranza, indifferenza, pregiudizi, scandali, sensi di colpa. Però, nel profondo del cuore, rimane sempre e continua ad esercitare il suo benefico influsso sulle vicende dei singoli e delle società. Dio non cessa di attirare a sé le persone e conduce il cammino dei popoli: «Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17,26-28).
Il comune senso religioso non è soltanto conoscenza razionale attraverso la creazione, ma anche impulso di vita, che coinvolge tutto l’uomo ed è alimentato dalla grazia di Dio, il quale «volendo aprire la via della salvezza celeste, fin dal principio manifestò se stesso ai progenitori... ed ebbe costante cura del genere umano, per dare la vita eterna a tutti coloro che cercano la salvezza con la perseveranza nella pratica del bene»
nota
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 3.
. Pertanto le religioni, pur segnate in varia misura da errori dottrinali e pratici, «non raramente riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini»
nota
Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2.
. I loro innumerevoli seguaci sono aiutati dallo Spirito Santo a viverne i valori autentici, in preparazione a un incontro più perfetto. Le molte strade vanno verso una sola direzione: gli uomini le percorrono «come a tentoni», ma non abbandonati a se stessi.
CCC, 27-30CdA, 42
CONFRONTAVAI
CdA 353
CONFRONTAVAI
CdA 401
CONFRONTAVAI
CdA 575
CONFRONTAVAI
CdA 582
CONFRONTAVAI
CdA 585
CONFRONTAVAI
CdA 800-804
CONFRONTAVAI
[25] Il senso religioso è l’apertura piena di fiducia dell’uomo al mistero divino, fondamento originario e meta ultima di tutta la realtà. Si esprime nell’adesione a una dottrina, a una pratica di culto e a una legge morale
all’interno di una comunità.
L’esperienza religiosa si attua concretamente, presso tutti i popoli della terra, in numerose religioni, che presentano convergenze e divergenze di grande rilievo.
Lo Spirito Santo veglia sul cammino religioso dell’umanità, per purificarlo dall’errore e dal male e per orientarlo verso la pienezza della verità e del bene.
Religiosità diffusa
[41] Il fenomeno religioso, oggi come in passato, appare ovunque ben radicato. Anche nel nostro paese, malgrado la secolarizzazione, persiste una religiosità diffusa. Non è detto però che si tratti sempre di fede propriamente cristiana: spesso prevale la devozione interessata; alcune verità centrali del messaggio cristiano vengono negate o messe in dubbio; risulta carente la conoscenza della Bibbia, debole l’appartenenza ecclesiale, incrinata la coerenza tra la pratica religiosa e il vissuto quotidiano.
Perché la religiosità è più agevole e più diffusa della fede? Da dove proviene la sua sorprendente vitalità?
Una illuminazione comune
[42] La religiosità è un primo orientamento verso il mistero. Nella misura in cui non è inquinata da errori e deviazioni, suppone la iniziale comunicazione che Dio fa a tutti gli uomini mediante la creazione e la sua continua, benevola vicinanza.
Da sempre gli uomini cercano Dio con la loro sete di vita, di verità, di sicurezza e di felicità. Da sempre Dio li illumina, li assiste e li sostiene in questa ricerca; li attrae segretamente a sé per le molte strade delle religioni e delle culture. La sua provvidenza salvifica si estende a tutta la storia umana
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 3.
. La sua grazia guida il cammino delle persone e dei popoli; anche tra i pagani suscita dei giusti come il centurione Cornelio
nota
Cf. At 10,1-3.
. Fin dalle origini Dio «ebbe costante cura del genere umano, per dare la vita eterna a tutti coloro che cercano la salvezza con la perseveranza nella pratica del bene»
nota
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 3.
.
Frutto di questa illuminazione da parte di Dio sono gli elementi di verità e di bontà presenti nella religiosità umana. In essa, di solito, prevale un atteggiamento di dipendenza creaturale, una consapevolezza di precarietà e un desiderio di protezione. La fede cristiana, invece, si colloca a un livello più elevato. Assume i valori positivi della religiosità umana, ma ha una sua specificità. È la risposta, altamente impegnativa, a una più perfetta comunicazione di Dio, alla quale viene riservato il nome di rivelazione in senso proprio.
CdA, 24
CONFRONTAVAI
CdA 401
CONFRONTAVAI
CdA 575
CONFRONTAVAI
Il cristianesimo compimento delle religioni
[576]  Verso Cristo e la sua Chiesa convergono le religioni del 13-278.png mondo, frutto di una ricerca millenaria, che procede «a tentoni» (At 17,27), ma è sostenuta da Dio stesso. Non sono vie di salvezza indipendenti, perché l’unica via è Cristo mediante la Chiesa; ma predispongono ad accogliere la pienezza di Cristo. Insieme a errori e deviazioni, contengono preziose verità, come germi del Verbo divino pronti a ulteriori sviluppi. Le stesse forme di umanesimo non credente presentano valori, che sono «come un dono concesso da colui che illumina ogni uomo, perché abbia finalmente la vita»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 16.
. L’incontro esplicito con il Signore Gesù nella comunità cristiana libera questi elementi positivi dalle incrostazioni dell’errore e del peccato e li porta a piena maturazione: «Ogni germe di bene che si trova nel cuore e nella mente degli uomini o nei riti e nelle culture proprie dei popoli» viene «purificato, elevato e portato a compimento»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 17; cf. Id., Ad gentes, 9.
dal cristianesimo. In colui che non è «venuto per abolire, ma per dare compimento» (Mt 5,17), tutti possono trovare «la pienezza della vita religiosa»
nota
Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2.
e morale. Valori, costumi e tradizioni, compatibili col vangelo, vengono accolti in una nuova sintesi culturale e vitale, acquistano un più alto significato
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 24.
.
CCC, 842-845
Principali interlocutori
[586]  Meritano particolare attenzione le religioni universali extrabibliche, induismo, buddhismo e islam, per i loro valori spirituali e per la sempre più consistente presenza nel mondo cristiano, anche in Italia, a causa di migrazioni, viaggi e qualche conversione. È importante individuarne almeno i caratteri generali, sulla scia del concilio Vaticano II
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2-3.
, pur nella consapevolezza che si tratta di realtà complesse, per le quali occorrerebbero ulteriori approfondimenti.
Induismo
[587] L’induismo è la tradizione religiosa dell’India, antica di quattromila anni e in continua evoluzione. Più precisamente si tratta di un complesso di religioni e di filosofie, di mitologie e di regole, diverse e a volte perfino contraddittorie. Vi si trovano comunque alcuni elementi, condivisi generalmente o quasi.
[588] C’è una rivelazione divina originaria, contenuta nei libri sacri. Esistono molte divinità preposte ad ogni aspetto della vita e del mondo. Al di sopra di esse vi è una Realtà ultima, concepita come mistero trascendente e impersonale, inconoscibile e ineffabile, oppure come Dio unico, personale, benevolo. La divinità suprema si manifesta con le sue discese, o teofanie, in figure concrete, che possono essere dèi, uomini straordinari, immagini sacre.
Il mondo fenomenico si sviluppa in un divenire ciclico ed eterno. La sua realtà è inconsistente, anzi è apparenza, illusione, sofferenza. L’uomo è costituito da un’anima, che esiste da sempre e trasmigra da un corpo all’altro. Il ciclo delle rinascite segue la legge della fruttificazione degli atti. Consapevoli o inconsapevoli che siano, essi producono i loro frutti, buoni o cattivi. Di conseguenza si è destinati a rinascere come esseri superiori o inferiori, come ricchi o poveri, come sani o malati, come membri di una casta o di un’altra, o come fuori casta. Comunque, in qualsiasi condizione, tutto è effimero, tutto è dolore. La sofferenza è una necessità cosmica.
[589]  C’è però una possibilità di salvezza. L’anima può liberarsi dal ciclo delle rinascite, uscire dal mondo dell’apparenza, raggiungere l’unità con la Realtà ultima divina, trovando così la beatitudine definitiva. Questa aspirazione sostiene i seguaci dell’induismo nel loro cammino: «Cercano la liberazione dalle angosce della nostra condizione sia attraverso forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza»
nota
Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2.
.
Le vie principali per giungere alla liberazione sono tre. La prima è la via dell’azione disinteressata: comporta che si osservino fedelmente, con distacco da motivi egoistici, facendone un’offerta a Dio, i riti religiosi e i doveri morali generali, come la non violenza, la veracità, la castità, il rispetto della proprietà altrui, la generosità, la pazienza, nonché i doveri particolari del proprio stato, conformando così tutta la propria esistenza all’ordine divino e universale. La seconda è la via della conoscenza: passando attraverso l’impegno morale e ascetico, la concentrazione interiore e l’esperienza mistica superiore, conduce il saggio a trovare il vero Sé e in esso anche la Realtà ultima, ad acquisire la consapevolezza dell’unità del soggetto profondo con la divinità. La terza è la via della devozione: è adatta per ogni genere di persone e consiste nella confidenza e nell’amore, rivolti a Dio, benevolo e misericordioso, che salva per grazia chiunque si abbandona totalmente a lui e lo ama appassionatamente.
[590] Da un punto di vista cristiano, riconosciamo in questa tradizione religiosa importanti valori, ma anche limiti e pericoli. La concezione di Dio come Mistero trascendente e ineffabile o come Essere personale è senz’altro elevata; ma non esclude che si finisca per cadere da una parte nel monismo panteista e dall’altra, soprattutto a livello popolare, nel politeismo idolatrico. Ammirevole è il primato conferito alla vita spirituale, specialmente se lo confrontiamo con il materialismo e il secolarismo occidentale; purtroppo però comporta un deprezzamento del mondo, della storia e della società, ridotti ad apparenza illusoria e considerati insignificanti, anzi di ostacolo, in rapporto alla salvezza. Di conseguenza favorisce una diffusa rassegnazione alle disuguaglianze sociali, assegnate dal destino. Nobile è l’etica e appassionata la ricerca della salvezza definitiva; tuttavia vi si riscontra un carattere marcatamente individualista, che esclude ogni solidarietà e mediazione salvifica, ogni idea di redenzione e di comunione dei santi; non a caso anche il culto è un fatto essenzialmente privato. Generoso è lo spirito di tolleranza verso le altre religioni; ma si confonde con il relativismo e il sincretismo: le religioni, secondo la mentalità induista, sono tutte vere e tutte imperfette; Cristo stesso può essere accettato come una discesa della divinità, rifiutando però la pretesa che egli sia unico e assoluto.
Malgrado le ombre non siano di poco conto, il discernimento cristiano si rallegra di intravedere raggi intensi di quella luce «che illumina ogni uomo» (Gv 1,9). Soprattutto sulla via della devozione arrivano a maturazione esperienze gioiose di amore personale verso Dio, simili a quelle dei santi cristiani, come testimonia questa splendida preghiera del poeta Tukaram (secolo XVII): «Tu tieni la mia mano e mi guidi con fermezza, sempre e dovunque presente al mio fianco. Mentre io vado e mi appoggio a Te, tu porti il mio carico pesante... Io riconosco in ogni uomo un amico, in ogni incontro un congiunto. Come un bimbo felice, vado giocando nel tuo caro mondo, o Dio».
Buddhismo
[591] Il buddhismo è nato nell’ambito dell’induismo; ma si è posto fuori di esso, per averne rifiutato i libri sacri e la dottrina del Soggetto permanente, del Sé che si identifica con la Realtà ultima. Ha un fondatore storico, il principe indiano Siddharta Gautama (563-483 a.C. circa), che, dopo varie vicende, ha raggiunto attraverso la meditazione il “risveglio” alla verità essenziale dell’esistenza, trovando la soluzione al problema del dolore e diventando un Buddha, cioè un “risvegliato”.
[592] La dottrina più antica e più vicina al pensiero del fondatore afferma anzitutto che l’esistenza umana e ogni altra realtà, tutto è dolore, precarietà, insoddisfazione, vuoto. L’origine del dolore è la “sete” di vivere e di godere, il desiderio avido e appassionato, che condanna l’uomo al ciclo delle rinascite. Per liberarsi dal dolore e uscire dal vano divenire, occorre sopprimere il desiderio e annullare il proprio io illusorio. Si esce così dal mondo dei fenomeni e, come una goccia si perde nel mare, si entra nell’aldilà ineffabile, nel Vuoto che è pienezza, nell’Assenza che è pace definitiva, nel nirvana.
[593]  La via che conduce all’estinzione del desiderio e quindi alla cessazione del dolore è costituita da otto sentieri, che riguardano la saggezza, la condotta etica, l’esercizio psicofisico della meditazione. La saggezza, cioè “la comprensione giusta, il pensiero giusto”, consiste in una presa di coscienza esperienziale intorno alla verità del dolore, del desiderio e della loro soppressione. La condotta etica, cioè “la parola giusta, l’azione giusta, i mezzi di esistenza giusti”, esige la rinuncia a tutto ciò che non favorisce la liberazione e che può recare pregiudizio agli altri, come la menzogna, la maldicenza, l’ingiuria, l’omicidio, l’amore illecito, il furto, la cupidigia; viceversa comporta la pratica delle virtù, come la sopportazione delle sofferenze, la non violenza, la benevolenza amichevole, la compassione, il sereno equilibrio e il controllo di sé. La meditazione, cioè “lo sforzo giusto, l’attenzione giusta, la concentrazione giusta”, è una disciplina che impegna il corpo e la mente; fissa l’attenzione intensa e prolungata su ogni fenomeno che emerge nella coscienza, qui e ora, dimenticando però il proprio io, finché non raggiunga la visione intuitiva della precarietà e del vuoto di ogni cosa e non spenga ogni desiderio. Si legge nel Canone buddhista: «Felice la solitudine di colui che si rallegra avendo appreso la Buona legge ed avendo acquistato la visione! Felice la libertà dalla sofferenza nel mondo e il ritegno dal danneggiare le creature! Felice la libertà dalle passioni di questo mondo ed il superamento dei desideri! Che ci si sciolga dalla vanità dell’”ego”, questa è la suprema felicità»
nota
Udâna, 2, 1.
.
[594] L’ideale buddhista è incarnato dai monaci. Essi fuggono il mondo, per mettersi in una condizione più idonea al cammino di liberazione; assumono la povertà e la castità, per spegnere il desiderio rispettivamente di possedere e di esistere; praticano assiduamente la meditazione, per dissolvere il proprio io illusorio e giungere all’illuminazione suprema.
[595] Non sembra propriamente corretto classificare il buddhismo antico come una filosofia, in quanto si presenta come una via di liberazione definitiva. Però si tratta di una liberazione che è conquista dell’uomo e non grazia di Dio. «Fate voi stessi la vostra salvezza», avrebbe raccomandato il Buddha morente ai suoi discepoli. In concreto la possibilità di raggiungere il nirvana sembra riservata solo ai monaci; la moltitudine dei laici sembra destinata a una ulteriore reincarnazione, più o meno elevata secondo il grado di purificazione raggiunto.
Non sorprende che successivamente il buddhismo, per quanto riguarda la maggioranza dei suoi aderenti, si sia evoluto in senso più chiaramente religioso. La liberazione, secondo questa versione, può essere ottenuta da tutti, anche dai laici, con la fiducia nella benevolenza del Buddha supremo, che è Dio stesso, e dei bodhisattva, saggi illuminati che, mossi da compassione, aiutano gli uomini a raggiungere la salvezza.
[596] Posto di fronte al buddhismo, il cristiano, pur provando ammirazione per una spiritualità così nobile e raffinata, è preso anche da gravi perplessità. È certo doveroso annullare ogni desiderio egoistico; ma è possibile annullare il desiderio di vivere come tale? Non è più bello attuarlo nella comunione? La mèta definitiva non va pensata come pienezza della persona anziché come dissoluzione di essa? È vero che l’uomo e il mondo sono sottomessi alla caducità e alla sofferenza; ma è ragionevole ridurli a un flusso di impressioni e di fenomeni senza valore? Non sono piuttosto da considerare creazione di Dio, incamminati verso un compimento ultimo? Se un certo distacco dal mondo è necessario per sviluppare valori importanti, come la preghiera, la contemplazione, l’armonia con la natura, non occorre forse anche un serio impegno nel mondo per realizzare il progresso civile? Infine, un’etica nobile ed esigente come quella buddhista dispone senz’altro alla salvezza; ma basta a conquistarla? Non è più confortante pensare che questa sia donata per grazia e sia offerta a tutti, anche a chi non cammina per la retta via? Secondo la fede cristiana, non è l’uomo che raggiunge con le sue sole forze la perfezione ultima, fuggendo magari dal mondo e da se stesso; ma è Dio che viene a noi, assume l’uomo e il mondo e li porta a compimento.
Islam
[597] L’islam è la più recente delle religioni universali. Ne è fondatore Maometto (570-632 d.C.), nella cui attività si distinguono due periodi: il primo, a La Mecca, è incentrato sulla predicazione del monoteismo e dell’imminente giudizio di Dio contro i politeisti e i ricchi che opprimono i poveri; il secondo, a Medina, è dedicato all’organizzazione giuridica della nuova comunità islamica e alla guerra santa. Maometto si presenta come “il Sigillo dei profeti”, che porta a compimento la rivelazione, già affidata ad Abramo, a Mosè, a Davide, a Gesù. Il libro sacro, il Corano, è la parola di Dio, da lui dettata letteralmente. Autorità profetica hanno anche i detti e gli atti di Maometto, che costituiscono la tradizione.
[598] L’islam è una religione semplice nella dottrina, nei riti e nei valori etici; minuziosa nelle regole giuridiche.
Esiste un solo Dio, personale, incomprensibile, onnipotente, clemente e misericordioso, che ha creato gli angeli, gli uomini e tutte le cose. Da lui vengono il bene e la sventura. Egli risusciterà i morti e nel giudizio finale premierà i buoni con il paradiso e condannerà i malvagi all’inferno. Così lo invoca più volte al giorno ogni fedele, con la prima “sura” del libro sacro: «Nel Nome di Dio, Misericordioso e Compassionevole. Lode a Dio, Signore dei mondi, il Misericordioso e il Compassionevole, Padrone del giorno del giudizio. Te noi serviamo, te invochiamo in aiuto. Guidaci sulla retta via, la via di coloro sui quali hai effuso la tua grazia, non di quelli coi quali sei adirato, né di quelli che vagano nell’errore»
nota
Corano, 1.
.
[599] Il giusto atteggiamento dell’uomo davanti a Dio è la sottomissione, che implica obbedienza e abbandono fiducioso. La parola araba “islam” significa appunto “sottomissione”. Questa si esprime concretamente nella professione di fede e nelle pratiche religiose. La fede viene sintetizzata nella formula: “Non c’è Dio se non Allah e Maometto è il suo Profeta”. Le pratiche religiose sono la preghiera, l’elemosina, il digiuno, il pellegrinaggio. La preghiera rituale è regolata da norme precise: si deve compiere cinque volte al giorno al momento fissato, in stato di purità legale, eseguendo con esattezza i gesti prescritti; in forma comunitaria si deve celebrare il venerdì alla moschea, con la partecipazione almeno degli uomini. L’elemosina è una tassa obbligatoria a vantaggio dei poveri, alla quale è possibile aggiungere anche prestazioni volontarie. Il digiuno consiste nel rinunciare al cibo, al tabacco, ai profumi, ai rapporti sessuali dalla luce dell’alba al buio della sera tutti i giorni durante il mese di ramadan. Il pellegrinaggio a La Mecca va compiuto, almeno una volta nella vita, da ogni musulmano adulto e sano. Dovere dei credenti è infine la “guerra santa”, o meglio lo sforzo per affermare i diritti di Dio in tutti gli ambiti della vita: comporta innanzitutto il combattimento spirituale per conformare se stessi alla volontà divina, quindi lo sforzo missionario per estendere l’islam, arrivando, se necessario, anche alla conquista armata.
[600] I musulmani, al di là delle differenze nazionali, appartengono tutti a una sola comunità di fede e di solidarietà fraterna, regolata dalla legge religiosa, sia nella sfera spirituale che in quella temporale.
[601]  A parte l’ebraismo, nessun’altra religione ha tanti elementi comuni con il cristianesimo come l’islam
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 3.
. Tuttavia il dialogo non è facile. Pesa ancora la memoria del passato: dieci secoli di violenta contrapposizione hanno visto da parte degli arabi e dei turchi i ripetuti tentativi di invadere l’Europa e da parte dell’occidente le crociate medievali e la moderna colonizzazione forzata. Oggi la civiltà occidentale, secolarizzata, individualista e consumista, penetra nel mondo islamico e lo corrode dal di dentro, suscitando la reazione dell’integralismo musulmano, che coinvolge nella stessa avversione anche il cristianesimo. Del resto la difficoltà del dialogo non nasce solo da situazioni storiche contingenti.
[602] L’islam attinge vari motivi polemici nello stesso Corano. Accusa ebraismo e cristianesimo di aver corrotto le Sacre Scritture. Rifiuta le verità cristiane fondamentali: la Trinità, l’incarnazione e la redenzione. Esalta Gesù, ma solo come uomo santo e grande profeta.
[603] Comune alle due religioni è la giusta preoccupazione che la fede non sia separata dalla vita e che ogni attività sia sottomessa alla volontà di Dio. Ma ciò non giustifica una legislazione minuziosa, che pretenda regolare le cose una volta per sempre: ne rimarrebbero facilmente soffocate le esigenze concrete dell’amore e del servizio all’uomo; ci si esporrebbe all’incompatibilità con nuove situazioni impreviste. Tantomeno comporta la confusione tra lo spirituale e il temporale, con la conseguente giustificazione dello stato teocratico islamico, così diverso dal moderno stato democratico.
Riconosciamo che i musulmani tradizionalmente hanno praticato una certa tolleranza nei confronti di cristiani ed ebrei, conferendo loro uno speciale statuto di ospiti protetti. Ma oggi la dignità della persona umana e il riconoscimento dei suoi diritti esigono la piena cittadinanza per le minoranze, la libertà di coscienza per tutti, la parità sociale dell’uomo e della donna, offuscata tra l’altro dalla poligamia.
Condividiamo la valutazione positiva della vita terrena, della prosperità economica, della giustizia sociale, del progresso culturale. Ma non possiamo vedere nel successo temporale il segno sicuro della benedizione di Dio. Rimarrebbe senza significato l’esperienza umana fondamentale della sofferenza.
[604] Sono innegabili nella tradizione islamica gli alti valori morali e religiosi che alimentano la vita spirituale di milioni e milioni di uomini. Non manca però in campo etico qualche concessione di troppo alla debolezza umana. Soprattutto il rapporto con Dio è inteso come sottomissione e non come amore. Fanno eccezione i mistici; ma essi si trovano ai margini dell’ortodossia ufficiale.
Malgrado le profonde divergenze, cristianesimo e islam si incontrano nella fede in un solo Dio, onnipotente e misericordioso. Il grido: «Dio è grande!», che ha così profonda risonanza nei musulmani, affascina anche i cristiani. Animati da questa fede, gli uni e gli altri possono camminare insieme verso un’attuazione più piena della libertà, della fraternità, della convivenza pacifica.
[605] In tutte e tre le religioni universali extrabibliche, induismo, buddhismo e islam, si sviluppano esperienze che superano le dottrine ufficiali e vanno in direzione dell’unione amorosa con Dio, sia presso i mistici che presso la gente devota. Ci rallegriamo di riconoscere in ciò un’importante affinità con il cristianesimo, un segno della presenza di Cristo stesso e della sua grazia.