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CATECHISMO DEGLI ADULTI

CATECHISMO DEGLI ADULTI
INDICE TEMATICO
Z



Catechismo degli Adulti

Pasqua 229 , 636 , 228-231 , 261-263 , 261-263 , 399 , 432 , 607-608 , 637-642 , 650 , 180 , 671 , 688-690 , 797-798 , 818 , 822 , 856

[229]  Innanzitutto testimonia una certezza: il regno di Dio verrà comunque, il raduno di Israele proseguirà.
La cena pasquale ebraica, memoriale della liberazione dall’Egitto e rendimento di grazie per le meraviglie compiute da Dio in occasione dell’esodo, aveva sempre più accentuato, con il passare dei secoli, il carattere di attesa della liberazione definitiva e della venuta del regno di Dio.
Da parte sua, Gesù ha già celebrato più volte la festa del Regno con pubblici conviti; l’ha già presentata in una parabola come un banchetto, che rischia di fallire per il rifiuto degli invitati, ma poi ottiene uno splendido successo. Ora, di fronte alla incombente minaccia di morte, egli celebra il banchetto, nella ferma fiducia che il Regno sta venendo, nonostante l’apparente fallimento: «Da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio» (Lc 22,18). I Dodici sederanno ancora a mensa con lui; le dodici tribù si raccoglieranno nell’unità intorno a lui: neppure la morte potrà impedirgli di offrire commensalità e comunione ai suoi amici. Dio infatti «non è un Dio dei morti ma dei viventi!» (Mc 12,27) e non abbandona i giusti nella morte.
Memoriale
[636]  Nell’Antico Testamento i simboli, i riti e le feste, pur mantenendo un riferimento alle vicende della natura e ai momenti della vita sociale, diventano segni dell’alleanza, memoria e attualizzazione delle opere mirabili compiute da Dio nella storia a favore del suo popolo. In particolare la Pasqua ebraica, immolazione di un agnello da consumare in una cena rituale, ricorda l’esodo dall’Egitto e vi fa in qualche modo partecipare i presenti al rito, perché Dio viene ancora a fare per i figli quello che un tempo aveva fatto per i padri. «Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete come un rito perenne» (Es 12,14). Il memoriale comunica la grazia dell’evento ricordato.
CCC, 1093-1094CCC 1150CCC 1363
Festa del Regno che viene
[228]  Al sopraggiungere della pasqua ebraica, Gesù si mette a mensa con i Dodici
nota
Cf. Mc 14,17.
, che rappresentano l’Israele degli ultimi tempi, e durante il banchetto manifesta il suo atteggiamento davanti alla morte imminente.
CdA, 198
CONFRONTAVAI
CdA 685
CONFRONTAVAI
[229]  Innanzitutto testimonia una certezza: il regno di Dio verrà comunque, il raduno di Israele proseguirà.
La cena pasquale ebraica, memoriale della liberazione dall’Egitto e rendimento di grazie per le meraviglie compiute da Dio in occasione dell’esodo, aveva sempre più accentuato, con il passare dei secoli, il carattere di attesa della liberazione definitiva e della venuta del regno di Dio.
Da parte sua, Gesù ha già celebrato più volte la festa del Regno con pubblici conviti; l’ha già presentata in una parabola come un banchetto, che rischia di fallire per il rifiuto degli invitati, ma poi ottiene uno splendido successo. Ora, di fronte alla incombente minaccia di morte, egli celebra il banchetto, nella ferma fiducia che il Regno sta venendo, nonostante l’apparente fallimento: «Da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio» (Lc 22,18). I Dodici sederanno ancora a mensa con lui; le dodici tribù si raccoglieranno nell’unità intorno a lui: neppure la morte potrà impedirgli di offrire commensalità e comunione ai suoi amici. Dio infatti «non è un Dio dei morti ma dei viventi!» (Mc 12,27) e non abbandona i giusti nella morte.
Dono di se stesso
[230] Gesto di speranza è dunque l’ultima cena. Ma ancor più è gesto di autodonazione per la salvezza dell’umanità.
Mentre mangiavano, Gesù «preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi”» (Lc 22,19-20).
[231]  Durante la cena Gesù ha voluto anche lavare i piedi dei suoi discepoli
nota
Cf. Gv 13,1-15.
, e ha detto «Io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27): un gesto e una parola che sintetizzano il senso della sua vita e della sua morte, come servizio a Dio a favore dell’umanità; un appello ai credenti perché seguano il suo esempio e diano testimonianza ogni giorno all’amore senza limiti con cui Dio ha amato il mondo. La cena viene ad essi consegnata come “memoriale”, ricordo e attualizzazione, nel rito, della sua dedizione: «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,19). Dall’eucaristia, sacramento del suo sacrificio, riceveranno forza per fare di se stessi un dono al Padre e ai fratelli.
CdA, 691-693
CONFRONTAVAI
CdA 697
CONFRONTAVAI
La luce di Pasqua
[261] La liturgia della veglia pasquale comincia con un rito suggestivo. La gente in chiesa attende al buio e in profondo silenzio; dal portale entra la fiamma del grande cero pasquale, simbolo del Cristo risorto; da quella fiamma si propagano tante fiammelle, man mano che i presenti accendono le loro candele; poi si accendono tutte le lampade; e in mezzo all’assemblea si leva il canto gioioso della risurrezione.
La fede cristiana è luce accesa e alimentata dalla Pasqua di Cristo. «Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture» (1Cor 15,3-4): questo è il vangelo che la Chiesa riceve, trasmette e mantiene fedelmente. Ci rendiamo conto che si tratta di un annuncio sconvolgente, che cambia la vita?
Oggi molti sono affascinati da Gesù di Nàzaret, uomo libero, fedele a Dio e a se stesso fino alla morte, uomo per gli altri, profeta di un mondo più giusto e fraterno; ma non ammettono la sua risurrezione. Se così fosse, egli non sarebbe il Salvatore, ma soltanto un martire in più; la speranza umana resterebbe una povera speranza e la morte continuerebbe a dominare inesorabile
nota
Cf. 1Cor 15,19.
. Senza la risurrezione, il Crocifisso non ci salva; e la Chiesa non ha più nulla da dire: «Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede» (1Cor 15,14).
D’altra parte il Risorto, senza la croce e la concretezza storica di Gesù, sarebbe soltanto un mito facilmente manipolabile, una sterile proiezione delle nostre aspirazioni.
Il regno di Dio in Cristo risorto
[262] Con il Crocifisso risuscitato riparte la causa del regno di Dio. Ciò che in modo così promettente era iniziato durante la vita pubblica e poi sembrava annullato dalla morte in croce, ora viene ripreso con nuova e potente efficacia.
Dio non finisce di stupire per il suo amore: restituisce agli uomini come Salvatore il proprio Figlio, che essi hanno rifiutato e ucciso
nota
Cf. At 5,30-31.
. Mediante il Crocifisso risorto, egli si fa definitivamente vicino ai peccatori, ai poveri, ai malati, ai falliti della storia, ai morti inghiottiti dalla terra. Non c’è solitudine umana che non vada a raggiungere.
Il regno di Dio ormai è esplicitamente impersonato in Gesù, «costituito Signore e Cristo» (At 2,36). Dio esercita la sua sovranità per mezzo di lui e «non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,12). Il vangelo del Regno, che Gesù predicava, diventa il «vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio» (Mc 1,1); nasce la fede cristiana come fede in Gesù Signore e in Dio che lo ha risuscitato dai morti.
CdA, 208
CONFRONTAVAI
CdA 211
CONFRONTAVAI
CdA 422
CONFRONTAVAI
CdA 424
CONFRONTAVAI
[263] La fede cristiana ha la sua origine e il suo nucleo centrale nel mistero pasquale: «Cristo morì per i nostri peccati... ed è risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture» ( 1Cor 15,3-4 ), cioè secondo il disegno salvifico di Dio.
La luce di Pasqua
[261] La liturgia della veglia pasquale comincia con un rito suggestivo. La gente in chiesa attende al buio e in profondo silenzio; dal portale entra la fiamma del grande cero pasquale, simbolo del Cristo risorto; da quella fiamma si propagano tante fiammelle, man mano che i presenti accendono le loro candele; poi si accendono tutte le lampade; e in mezzo all’assemblea si leva il canto gioioso della risurrezione.
La fede cristiana è luce accesa e alimentata dalla Pasqua di Cristo. «Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture» (1Cor 15,3-4): questo è il vangelo che la Chiesa riceve, trasmette e mantiene fedelmente. Ci rendiamo conto che si tratta di un annuncio sconvolgente, che cambia la vita?
Oggi molti sono affascinati da Gesù di Nàzaret, uomo libero, fedele a Dio e a se stesso fino alla morte, uomo per gli altri, profeta di un mondo più giusto e fraterno; ma non ammettono la sua risurrezione. Se così fosse, egli non sarebbe il Salvatore, ma soltanto un martire in più; la speranza umana resterebbe una povera speranza e la morte continuerebbe a dominare inesorabile
nota
Cf. 1Cor 15,19.
. Senza la risurrezione, il Crocifisso non ci salva; e la Chiesa non ha più nulla da dire: «Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede» (1Cor 15,14).
D’altra parte il Risorto, senza la croce e la concretezza storica di Gesù, sarebbe soltanto un mito facilmente manipolabile, una sterile proiezione delle nostre aspirazioni.
Il regno di Dio in Cristo risorto
[262] Con il Crocifisso risuscitato riparte la causa del regno di Dio. Ciò che in modo così promettente era iniziato durante la vita pubblica e poi sembrava annullato dalla morte in croce, ora viene ripreso con nuova e potente efficacia.
Dio non finisce di stupire per il suo amore: restituisce agli uomini come Salvatore il proprio Figlio, che essi hanno rifiutato e ucciso
nota
Cf. At 5,30-31.
. Mediante il Crocifisso risorto, egli si fa definitivamente vicino ai peccatori, ai poveri, ai malati, ai falliti della storia, ai morti inghiottiti dalla terra. Non c’è solitudine umana che non vada a raggiungere.
Il regno di Dio ormai è esplicitamente impersonato in Gesù, «costituito Signore e Cristo» (At 2,36). Dio esercita la sua sovranità per mezzo di lui e «non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,12). Il vangelo del Regno, che Gesù predicava, diventa il «vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio» (Mc 1,1); nasce la fede cristiana come fede in Gesù Signore e in Dio che lo ha risuscitato dai morti.
CdA, 208
CONFRONTAVAI
CdA 211
CONFRONTAVAI
CdA 422
CONFRONTAVAI
CdA 424
CONFRONTAVAI
[263] La fede cristiana ha la sua origine e il suo nucleo centrale nel mistero pasquale: «Cristo morì per i nostri peccati... ed è risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture» ( 1Cor 15,3-4 ), cioè secondo il disegno salvifico di Dio.
La vittoria della Pasqua
[399]  Nessun uomo potrebbe da solo, con le sue forze, uscire dal regno del peccato e della morte. Il Signore Gesù, crocifisso e risorto, ci comunica la potenza del suo Spirito e spezza le catene che ci tengono prigionieri. Ci rigenera a nuova vita, come figli di Dio. Certo, anche dopo la rigenerazione, rimangono l’inclinazione interiore disordinata e l’influsso esteriore negativo, ma questi non sono più irresistibili. Si deve ancora combattere, ma si può vincere. Così anche la sofferenza e la morte rimangono, ma cambiano senso e diventano occasione di crescita spirituale. La vita divina elimina il peccato e trasfigura le sue conseguenze. Ci introduce nella condizione pasquale, superiore alla stessa condizione paradisiaca originale, in quanto ci dà la possibilità di giungere a una perfezione più alta: «Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia» (Rm 5,20).
Rilettura della storia
[432]  Negli Atti degli Apostoli i discorsi, attribuiti a Pietro, a Paolo e ad altri personaggi, occupano un terzo del libro: si può intuire quanto sia importante la loro funzione. In essi risuona la voce profetica della Chiesa nascente, che animata dallo Spirito Santo interpreta la storia nella prospettiva della Pasqua di Cristo. Le vicende di Israele, gli avvenimenti della vita di Gesù, i primi passi della comunità cristiana vengono collegati in una visione coerente, di grande respiro, e proiettati verso il futuro; si delinea così il ruolo della Chiesa nella storia della salvezza, la sua posizione rispetto a Israele.
CCC, 59-64CCC 839-840
[607] Mistero è il disegno salvifico di Dio che si rivela e si attua nella storia. Mistero pasquale è l’evento della passione, morte, risurrezione e glorificazione di Gesù Cristo, centro del disegno salvifico di Dio e della storia. Questo evento venne preparato e prefigurato nell’Antico Testamento; ora, compiuto una volta per sempre, rimane in eterno e viene ripresentato attraverso segni visibili nel tempo della Chiesa. La Chiesa lo annuncia con la parola e lo celebra con la liturgia, perché i credenti siano conformati a Cristo ed egli si incarni ancora nella loro esistenza. Così la memoria narrata e quella rituale diventano memoria vissuta.
[608] Nella Chiesa, attraverso mediazioni umane, il Signore crocifisso e risorto viene a incontrare gli uomini, in maniera conforme alla loro condizione storica. Parla e chiama alla fede con la predicazione. Esercita il suo sacerdozio nel sacrificio eucaristico, nei sacramenti e in tutte le celebrazioni liturgiche, comunicando il suo Spirito.
Per quanto sta in lui, egli offre efficacemente la verità salvifica e la grazia santificante, per essere accolto e seguito in modo autentico dai fedeli. Per questo la predicazione della Chiesa, a livello di massima autorità e di impegno definitivo, è infallibile, e la liturgia nei sette sacramenti è di per se stessa comunicazione di grazia.
In questa sezione tratteremo della presenza del Signore Gesù nella proclamazione della Parola (capitolo 14); quindi nella liturgia globalmente considerata (capitolo 15) e nei singoli sacramenti, prima in quelli dell’iniziazione cristiana, battesimo, cresima ed eucaristia (capitolo 16), poi in quelli della guarigione spirituale, penitenza e unzione dei malati (capitolo 17), infine in quelli finalizzati allo sviluppo della vita comunitaria, ordine e matrimonio (capitolo 18).
Celebrazione del mistero pasquale
[637]  Gesù Cristo porta a compimento gli eventi e i riti dell’antica alleanza. Nella sua persona Dio stesso si rivela, si comunica e ci salva. La sua predicazione, la sua azione, l’offerta della sua vita sono eventi concreti e irripetibili; una storia, non un rito liturgico. Tuttavia, nel modo più sublime, realizzano il fine di tutti i riti, che è quello di introdurre nella comunione con Dio. Gli antichi sacrifici, basati sull’offerta della vittima in sostituzione della vita dell’offerente, sono superati dal dono totale di lui stesso. Questo atto è così perfetto che basta da solo a salvare tutti gli uomini: «Siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre» (Eb 10,10). Però l’offerta di Cristo sulla croce non esclude l’offerta dei credenti, anzi la esige e la rende possibile. Sostenuti da lui, potranno anch’essi offrire la propria vita al Padre nell’obbedienza quotidiana alla sua volontà
nota
Cf. Rm 12,1-2.
.
CCC, 1151-1152CCC 1364CdA, 688-690
CONFRONTAVAI
[638]  Il cristianesimo non comporta l’abolizione delle celebrazioni rituali, 15-306.pngma un profondo cambiamento di significato.
Secondo il Nuovo Testamento, Gesù stesso istituisce il rito eucaristico, come memoriale dell’unico e perfetto sacrificio della croce: «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,191Cor 11,24). Non si tratta né di una semplice evocazione mentale, né di una ripetizione, né di un’aggiunta, ma di una ripresentazione efficace mediante un’azione simbolica, quella della cena.
L’atto di donazione, con cui Gesù è morto, rimane nel Signore risorto come perenne intercessione presso il Padre
nota
Cf. Eb 7,25.
, come «redenzione eterna» (Eb 9,12) in virtù dello «Spirito eterno» (Eb 9,14). L’evento pasquale è l’unico avvenimento che non passa. È il centro dell’economia salvifica. In esso trovano compimento e rimangono in qualche modo attuali anche gli altri avvenimenti della vita di Cristo e le figure dell’Antico Testamento. In esso virtualmente sono contenute la santificazione e la gloria futura dell’umanità redenta. Ebbene, questo evento viene ripresentato nell’eucaristia e dispiega in vari modi la sua efficacia anche negli altri sacramenti e in tutta la liturgia
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 7; 61; Id., Lumen gentium, 7.
. I riti rimangono nel tempo della Chiesa come celebrazione del mistero pasquale, perché i credenti possano inserirsi in esso mediante la fede e attingere la vita nuova.
Prospettiva storico-salvifica
[639] Nei primi secoli i Padri della Chiesa, nelle loro catechesi “mistagogiche” di spiegazione dei riti sacramentali, prendono avvio dalla descrizione del rito, risalgono alle figure dell’Antico Testamento, mettono in evidenza il compimento una volta per sempre della salvezza in Cristo morto e risorto, tornano a illustrare il sacramento come attualizzazione simbolica del mistero pasquale, concludono esortando ad accogliere il dono di Dio e a viverlo nell’esistenza quotidiana come anticipo della vita eterna. Ci offrono così, in modo suggestivo, una visione sintetica della storia e, all’interno di essa, individuano lucidamente la funzione essenziale della liturgia cristiana, come azione efficace del Signore Gesù nella sua donazione pasquale mediante parole e gesti simbolici, come memoria, presenza e attesa della salvezza.
[640]  Anche il significato dei singoli sacramenti emerge solo nell’ambito della storia della salvezza. I gesti non sono particolarmente 15-307.pngoriginali. Il cristianesimo non li ha inventati, ma li ha ereditati dall’ebraismo. Anzi, derivano in definitiva dalla vita ordinaria. In conformità allo stile del regno di Dio, sono caratterizzati da semplicità e umiltà. Vediamo povere cose: un po’ d’acqua, un pezzo di pane, un sorso di vino, una goccia d’olio. Osserviamo gesti comuni: lavare, mangiare e bere, ungere. Ma questi gesti, completati dalle parole e inseriti nella storia della salvezza, acquistano un grandioso significato. Per esempio, nel battesimo il gesto di immergere nell’acqua - o almeno aspergere con essa -, collegato con il diluvio, con il passaggio del Mar Rosso e soprattutto con la morte e risurrezione del Signore, diventa inserimento in Cristo e nella Chiesa, liberazione dal peccato e rinascita alla vita nuova
nota
Cf. Rm 6,3-6.
. I gesti danno concretezza alle parole; le parole precisano il senso dei gesti: con un linguaggio di origine medievale i primi sono stati chiamati “materia” e le seconde “forma” dei sacramenti. I riti, costituiti da gesti e parole, sono inseparabilmente azioni simboliche di Cristo e della Chiesa, segni efficaci della grazia.
[641]  «Non vi è altro mistero di Dio, se non Cristo»
nota
Sant’Agostino, Lettere, 187, 11, 34.
. Il Signore, crocifisso e risorto, è il sacramento primordiale, in cui il Padre si è fatto definitivamente vicino, per donarci lo Spirito Santo e la vita eterna. La Chiesa è il sacramento permanente della sua presenza salvifica nel mondo. I sette sacramenti sono la massima attuazione della sacramentalità della Chiesa, il compimento delle figure dell’Antico Testamento, il vertice di una sacramentalità generale diffusa nella storia e nel mondo.
[642] «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,191Cor 11,24): nella liturgia della Chiesa viene attualizzato mediante azioni simboliche il mistero pasquale, fulcro di tutta la storia della salvezza, perché i credenti siano inseriti in esso e vengano santificati.
[650]  I singoli sacramenti rendono presente l’unico mistero pasquale in forme simboliche diverse: il battesimo, ad esempio, lo fa in forma 15-310.pngdi lavacro; l’eucaristia in forma di convito. Di conseguenza esprimono significati diversi e comunicano la vita nuova secondo aspetti diversi, in relazione ad alcune situazioni esistenziali tipiche di chi li riceve. Il battesimo dà la grazia come rigenerazione e passaggio dalla morte alla vita; la confermazione come crescita e forza di testimonianza; l’eucaristia come comunione e dono di sé; la penitenza come riconciliazione; l’unzione degli infermi come purificazione e conforto; l’ordine come servizio pastorale in nome di Cristo; il matrimonio come alleanza coniugale. Nei singoli sacramenti la grazia assume modalità diverse, come la luce si rifrange nei vari colori dell’arcobaleno. Si parla perciò di “grazia sacramentale”.
[180] Gesù è il Figlio amato del Padre; ma l’intimità divina, invece di separarlo, lo congiunge ai peccatori: Dio è vicino a chi si riconosce povero e bisognoso di essere salvato. Il Padre si compiace del suo Figlio e gli affida la missione di salvezza; gli comunica la potenza dello Spirito per attuarla.
Morti e risorti con Cristo
[671]  Il significato del battesimo va ben oltre il simbolismo naturale del lavare con acqua, che indica una purificazione; lo si può cogliere 16-319.pngsolo alla luce della storia della salvezza.
Molti eventi nell’Antico Testamento prefigurano questo sacramento. Sulle acque della creazione aleggia lo Spirito di Dio, per suscitare la vita in tutte le sue forme
nota
Cf. Gen 1,2.
. Dalle acque del diluvio, come da un battesimo cosmico, esce un’umanità nuova. Attraversate le acque del mar Rosso, gli Israeliti si lasciano dietro le spalle la schiavitù e diventano il popolo di Dio, portatore dell’alleanza. Sfiniti dalla sete nel deserto, riprendono vita bevendo l’acqua scaturita miracolosamente dalla roccia
nota
Cf. Es 17,1-7.
. Bagnandosi sette volte nel fiume Giordano, Nàaman viene guarito dalla lebbra e recupera la freschezza di un bambino. Immersi da Giovanni Battista nelle acque del Giordano, i peccatori manifestano la loro volontà di conversione e ottengono la promessa di essere salvati nel giorno imminente del giudizio
nota
Cf. Lc 3,1-18.
.
Memoria e presenza
[688] La liturgia eucaristica ripresenta, nel contesto di una preghiera di lode e di ringraziamento e nella forma di un convito sacrificale, il sacrificio pasquale di Cristo, perché diventi il nostro sacrificio e ci coinvolga nel suo dinamismo di carità.
Secondo l’uso degli ebrei, che a tavola lodavano e ringraziavano Dio per i doni della vita, del nutrimento e dell’alleanza, anche Gesù nell’ultima cena pronuncia sul pane e sul vino una sua preghiera di benedizione e di ringraziamento per l’opera della salvezza che si va compiendo. Quindi dà il pane a mangiare e il vino a bere, come sacramento del suo corpo donato e del suo sangue versato per la riconciliazione universale: «Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”» (1Cor 11,23-25). Quando era stata conclusa l’alleanza del monte Sinai, il sangue delle vittime, sparso sull’altare e sul popolo, indicava plasticamente, secondo la mentalità dell’uomo antico, un rapporto di consanguineità e di parentela tra Dio e Israele. Gesù, con la sua morte e risurrezione, pone tra il Padre e l’umanità intera il suo corpo e il suo sangue, cioè la sua persona e la sua vita, per la nuova ed eterna alleanza.
Alla luce dell’esperienza di Pasqua e di Pentecoste, nello stupore e nella gioia per le opere mirabili della creazione, della redenzione e della santificazione, la Chiesa riprende la preghiera di lode e di ringraziamento di Gesù al Padre e la prolunga nei secoli: «È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre Santo...»
nota
Messale Romano, Prefazio comune II.
.
Nello stesso tempo, obbediente al comando: «Fate questo in memoria di me», la Chiesa ripete il gesto e le parole del Signore sul pane e sul vino, invocando lo Spirito consacratore: «Manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo, perché diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, che ci ha comandato di celebrare questi misteri... Egli prese il pane... Allo stesso modo prese il calice...»
nota
Messale Romano, Preghiera eucaristica III.
.
CdA, 636-638
CONFRONTAVAI
[689]  Nella forma di un convito sacrificale la Chiesa rivive l’evento totale della Pasqua; fa memoria della morte e risurrezione del Signore
nota
Cf. 1Cor 11,26.
, una memoria che non è semplice ricordo, ma ripresentazione reale dell’evento stesso nel rito. Il Crocifisso risorto si fa presente come Agnello immolato e vivente
nota
Cf. Ap 5,6.
. Il pane è realmente il suo corpo donato; il vino è realmente il suo sangue versato. La sua parola con la potenza dello Spirito compie davvero quello che annuncia. Il pane e il vino non sono più cibo e bevanda usuali; sono diventati, per una conversione singolare e mirabile, che la Chiesa chiama transustanziazione
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. XIII, Decr. Sul sacramento dell’eucaristia, 4 - DS 1642.
, il corpo e il sangue del Signore, la sua nuova presenza, «vera, reale e sostanziale»
nota
Cf.Ivi, 1 - DS 1636.
, dinamica e personale, nell’atto di donare se stesso e non solo nella sua efficacia santificante come negli altri sacramenti.
Il santo sacrificio
[690]  A motivo di questa memoria che si fa presenza, la Chiesa non 16-329.png esita a considerare l’eucaristia vero sacrificio, senza timore di compromettere l’unicità del sacrificio della croce: «Celebrando il memoriale del tuo Figlio, morto per la nostra salvezza, gloriosamente risorto e asceso al cielo, nell’attesa della sua venuta, ti offriamo, o Padre, in rendimento di grazie questo sacrificio vivo e santo»
nota
Messale Romano, Preghiera eucaristica III.
. Anzi, fin dal I secolo è abituale vedere nelle celebrazioni eucaristiche l’attuazione del sacrificio preannunciato dal profeta Malachìa
nota
Cf. Ml 1,11.
: «Ogni domenica, giorno del Signore, riuniti spezzate il pane e rendete grazie, dopo che avete confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro... Così infatti ha detto il Signore: In ogni luogo e in ogni tempo, è offerto al mio nome un sacrificio puro»
nota
Didachè, 14, 1, 3.
.
16-330.png L’eucaristia non compromette l’unicità della croce, perché non è una ripetizione né un’aggiunta, ma la ripresentazione, qui e ora, sotto i segni sacramentali, di quello stesso atto di donazione con cui Gesù è morto ed è stato glorificato
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. XIII, Dottr. Sul sacrificio della messa, 1 - DS 1740.
. «Anche noi oggi offriamo quel sacrificio, quello offerto una volta, quello inesauribile... Noi non compiamo un altro sacrificio... bensì sempre lo stesso; meglio, noi facciamo il memoriale di quel sacrificio»
nota
San Giovanni Crisostomo, Omelie sulla Lettera agli Ebrei, 17, 3.
.
Il sacrificio pasquale fu compiuto «una volta per sempre» (Eb 10,10); ma rimane sempre attuale presso il Padre come «redenzione eterna» (Eb 9,12). Cristo nello Spirito offre al Padre se stesso, la Chiesa e tutta la creazione. Esprime visibilmente questa offerta nel rito liturgico, che è innanzitutto un suo gesto simbolico. La Chiesa, animata dal medesimo Spirito, si associa a Cristo nello stesso rito e offre al Padre lui e se stessa con lui
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 11.
.
«Cristo nostra Pasqua si è immolato. Egli continua a offrirsi per noi e intercede come nostro avvocato: sacrificato sulla croce più non muore e con i segni della passione vive immortale»
nota
Messale Romano, Prefazio pasquale III.
. «Sacerdote vero ed eterno, egli istituì il rito del sacrificio perenne;... si offrì vittima di salvezza, e comandò a noi di perpetuare l’offerta in sua memoria»
nota
Messale Romano, Prefazio della SS. Eucaristia I.
. Perciò «noi crediamo che la Messa... è il sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari»
nota
Paolo VI, Credo del Popolo di Dio, 24.
.
[797] La Chiesa è il segno e il germe del regno di Dio che cresce nella storia. Il mistero universale della salvezza, concepito nell’eterno disegno del Padre, prefigurato nell’Antico Testamento e attuato una volta per sempre in Cristo morto e risorto, dalla Chiesa viene annunciato con la predicazione della Parola e ripresentato nei sacramenti, perché possa plasmare l’esistenza personale dei credenti e orientare ogni cosa verso la meta definitiva oltre la storia.
La Pasqua di Gesù rivela che il senso della vita e della storia è andare al Padre, entrare nella sua gloria, vivere in comunione perfetta con lui. Il Figlio, mandato dal Padre, torna a lui con tutti quelli che lo seguono. «Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre» (Gv 16,28). «Io vado a prepararvi un posto;... ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io» (Gv 14,2-3).
[798] In questo grande esodo pasquale sono coinvolti tutti gli uomini, anche se limitato è il numero di quelli che se ne rendono conto. In modi diversi tutti ricevono i benefici della redenzione e sono chiamati a entrare nella festa eterna. Ma i cristiani sono chiamati a inserirsi consapevolmente nel disegno di Dio, a vivere fin d’ora come uomini nuovi, santi e santificatori. Uniti a Cristo nella Chiesa con uno speciale dono dello Spirito, sono costituiti figli di Dio, per offrire al Padre il «culto spirituale» (Rm 12,1) e testimoniare il suo amore davanti a tutti gli uomini, in modo da cooperare alla loro salvezza. Uomini tra gli uomini, si muovono dentro le realtà terrene della famiglia, del lavoro, della vita culturale, sociale e politica; cercano, trovano, sbagliano, soffrono, si rallegrano come tutti i loro compagni di viaggio. Nello stesso tempo e attraverso le medesime realtà sviluppano un dialogo con le Persone divine nella fede, nella speranza e nella carità.
In questa sezione presentiamo la personalità del cristiano nelle sue dimensioni fondamentali: la vocazione a partecipare alla vita divina (capitolo 21); la libertà cristiana e l’etica evangelica della carità (capitolo 22); il valore e la formazione della coscienza (capitolo 23); il cammino dal peccato alla perfezione della vita spirituale (capitolo 24).
Configurati a Cristo
[818]  I mezzi ordinari e certi, con cui il Signore ci assimila a sé, sono la Parola e i sacramenti, soprattutto il battesimo e l’eucaristia. «Il battesimo configura radicalmente il fedele a Cristo nel mistero pasquale della morte e risurrezione, lo riveste di Cristo... La partecipazione poi all’eucaristia, sacramento della nuova alleanza, è vertice dell’assimilazione a Cristo, fonte di vita eterna, principio e forza del dono totale di sé»
nota
Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, 21.
. Ascoltando la Parola e ricevendo i sacramenti con fede, il cristiano viene trasfigurato a immagine di Cristo; diventa sua irradiazione e riflesso speculare, come egli è l’immagine perfetta del Padre e lo manifesta nel mondo.
CdA, 607-608
CONFRONTAVAI
Come figli amati
[822]  La Pasqua di Gesù è stata un passaggio «da questo mondo al Padre» (Gv 13,1); tutta la sua vita terrena è stata un anelito verso il Padre, nella lode, nella gratitudine, nell’obbedienza filiale. In questo continuo esodo si è espresso lo slancio eterno, con cui il Figlio da sempre è rivolto verso il Padre
nota
Cf. Gv 1,1-218.
. I suoi seguaci ricevono lo Spirito per poter partecipare alla sua vita filiale. Sono consapevoli di essere amati come è amato il Figlio unigenito
nota
Cf. Gv 17,23.
e di essere rigenerati a sua immagine in virtù dello Spirito.
Esperienza pasquale
[856]  Questa gioia, che può coesistere anche con la sofferenza, è partecipazione del cristiano alla Pasqua di Cristo: «Come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione» (2Cor 1,5); «Abbiamo questo tesoro in vasi di creta... portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo» (2Cor 4,710). Viene così sperimentata nella propria esistenza la conformazione a Cristo morto e risorto, operata dal battesimo e dall’eucaristia.
La via cristiana alla felicità si delinea con particolare nitidezza nella redazione delle beatitudini secondo Matteo, più precisamente nella prima parte di ognuna di esse.