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CATECHISMO DEGLI ADULTI

CATECHISMO DEGLI ADULTI
INDICE TEMATICO
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Catechismo degli Adulti

Papa 531-534 , 58 , 60 , 620-621 , 526-530 , 531-532 , 533

Il carisma di Pietro
[531]  Il collegio dei vescovi succede a quello degli apostoli; il vescovo di Roma succede a Pietro. Da lui eredita il compito di confermare i fratelli nella fede, il carisma della “roccia”, che dà coesione e stabilità a tutta la Chiesa: «Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22,31-32).
Durante la vita pubblica, Gesù ha dato a Simone il nuovo nome di Pietro
nota
Cf. Gv 1,42.
e gli ha promesso uno speciale ruolo di guida con la triplice metafora della pietra, delle chiavi e del legare e sciogliere. Dopo la risurrezione, lo costituisce suo primo testimone: «apparve a Cefa e quindi ai Dodici» (1Cor 15,5)
nota
Cf. Lc 24,34.
. Lo fa pastore di tutto il gregge: «Pasci i miei agnelli... Pasci le mie pecorelle» (Gv 21,15-16).
CCC, 551-553CdA, 204
CONFRONTAVAI
Il vescovo di Roma successore di Pietro
[532]  Pietro, nella prima comunità di Gerusalemme, è sempre in prima fila come protagonista, nel prendere la parola a nome di tutti gli apostoli, nel compiere le guarigioni miracolose, nel punire gli indegni, nel confermare le conversioni, nell’ammettere i pagani, nell’affermare la libertà cristiana di fronte alla legge mosaica.
Pietro e Paolo, «le più grandi e le più giuste colonne», portano a compimento la loro testimonianza a Roma, dove versano il sangue per Cristo «insieme a una grande moltitudine di eletti»
nota
San Clemente di Roma, Lettera ai Corinzi, 5, 1-2; 6, 1.
. Per questo la Chiesa di Roma «presiede alla carità»
nota
Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai Romani, Prologo.
, e con essa, «per la sua più alta autorità apostolica, deve accordarsi ogni Chiesa, cioè i fedeli di qualsiasi parte», perché attraverso la successione dei suoi vescovi «la tradizione, che è nella Chiesa a partire dagli apostoli, e la predicazione della verità è giunta fino a noi»
nota
Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 3, 2.
. «Dalla discesa del Verbo incarnato verso di noi, tutte le Chiese cristiane sparse in ogni luogo hanno ritenuto e ritengono la grande Chiesa che è qui[a Roma]come unica base e fondamento, perché, secondo la promessa del Salvatore, le porte degli inferi non hanno mai prevalso su di essa»
nota
San Massimo il Confessore, Opuscoli teologici e polemici, Lettera scritta da Roma.
.
CCC, 194CCC 834
Visibile principio di unità
[533]  Il vescovo di Roma, erede della testimonianza di Pietro, «è il perpetuo e visibile principio e il fondamento dell’unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 23.
. Impersona l’unità del collegio episcopale; manifesta e promuove quella della Chiesa.
[534] Il papa eredita il compito che Gesù ha assegnato a Pietro: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,18-19).
Perenne attualità
[58]  Gli apostoli lasciano in eredità alle successive generazioni cristiane la loro testimonianza, viva e scritta, come un sacro deposito da custodire fedelmente e rivivere in situazioni sempre nuove. 2-42.pngLa Tradizione apostolica originaria, comprendente la Sacra Scrittura, si prolunga nella Tradizione ecclesiale posteriore, con il sostegno perenne dello «Spirito di verità» (Gv 14,17) promesso da Gesù.
La rivelazione non può essere accresciuta. Viene però comunicata, esplicitata, attualizzata. La luce della divina rivelazione si propaga attraverso la dottrina, il culto e la prassi della Chiesa, servendosi di vari canali concreti: insegnamento del papa e dei vescovi, predicazione e catechesi, liturgia e arte, comportamento esemplare dei cristiani, soprattutto dei santi.
Nella fede della Chiesa, proclamata, celebrata e vissuta, si esprime in opere e parole la rivelazione di Dio in Cristo, senza aggiunte e senza sottrazioni, ma sempre viva ed operante. Da una generazione all’altra viene trasmessa e ricevuta l’esperienza degli apostoli, che per primi incontrarono il Signore. Solo rivivendo questa esperienza originaria si diventa cristiani
nota
Cf. 1Gv 1,1-3.
. Solo sul fondamento posto dagli apostoli una volta per sempre si può edificare. Per aderire al Signore e partecipare alla sua vita, è necessario ricordare ciò che egli ha operato e insegnato, custodire fedelmente la sua memoria, conformare ad essa i propri atteggiamenti.
CdA, 612-613
CONFRONTAVAI
Ruolo del Magistero nella Tradizione
[60]  Sia nella Sacra Scrittura sia nella Chiesa risuonano molte voci. Non è sempre facile discernere il genuino messaggio rivelato. A servizio di esso, il Signore ha posto il magistero del papa e dei vescovi. Con l’autorità di Cristo e la grazia speciale dello Spirito, in atteggiamento di umile ascolto e di incondizionata fedeltà, essi hanno il compito di «interpretare autenticamente la parola di Dio scritta o trasmessa»
nota
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 10.
.
CdA, 561
CONFRONTAVAI
CdA 563
CONFRONTAVAI
CdA 618-621
CONFRONTAVAI
Il Magistero
[620]  Il collegio dei vescovi, presieduto dal papa, ha l’ufficio di garantire 14-295.pngla tradizione autentica della fede e di guidare il popolo dei credenti; per questo ha ricevuto in modo speciale «il carisma sicuro della verità»
nota
Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 4, 26, 2.
e non può sbagliare quando è unanime nell’insegnare la verità rivelata, sia che si trovi disperso su tutta la terra, sia che si trovi solennemente riunito in concilio ecumenico
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 25.
.
Il papa per volontà di Cristo deve confermare i fratelli ed essere “roccia” di sostegno per la Chiesa; perciò è infallibile anche da solo, quando come maestro universale della fede definisce la dottrina da credere.
CCC, 888-892CdA, 60
CONFRONTAVAI
[621]  Accanto all’insegnamento definitivo e infallibile, vi è un 14-296.pnginsegnamento ordinario non definitivo del papa e dei vescovi in materia di fede e di agire morale, che ha lo scopo di guidare il popolo di Dio verso una profonda comprensione e una coerente prassi cristiana. Anche questo insegnamento ordinario non definitivo gode di una particolare assistenza divina. Esige un assenso interiore, non però un’adesione totale di fede come il precedente.
Sacra Scrittura, Tradizione, magistero dei vescovi e del papa sono congiunti insieme «sotto l’azione del medesimo Spirito Santo»
nota
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 10.
. Il Magistero è l’interprete autentico posto a servizio della Scrittura e della Tradizione: piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone la verità di Dio contenuta in esse
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 10.
.
Un ministero collegiale
[526] Il ministero apostolico ha un carattere personale, in quanto ognuno dei ministri è chiamato da Cristo e, costituito suo rappresentante, agisce con responsabilità propria. Ma ha anche un carattere collegiale, in quanto i vescovi formano il collegio episcopale intorno al papa e, in modo analogo, i presbìteri formano il presbiterio diocesano sotto l’autorità del vescovo.
[527]  Ogni vescovo in quanto tale è membro del collegio episcopale. «L’episcopato è uno e indiviso»
nota
San Cipriano di Cartagine, L’unità della Chiesa cattolica, 5.
; «come non vi è che un’unica Chiesa... così non vi è che un unico episcopato rappresentato da una molteplicità di vescovi uniti tra loro»
nota
San Cipriano di Cartagine, Lettere, 66, 8, 3.
. Poiché i vescovi, per il dono dello Spirito, governano come rappresentanti di Cristo, in definitiva c’è un solo Pastore in molti pastori: «Cristo è lui solo che pasce il gregge, ma lo fa impersonandosi nei singoli pastori» e «tutti i pastori si identificano con la persona di uno solo, sono una cosa sola»
nota
Sant’Agostino, Discorsi, 46, 29-30.
. All’interno della comunione in Cristo di tutti i fedeli, vi è una speciale comunione dei pastori.
Il collegio è formato dai vescovi insieme al papa e ha «piena e suprema potestà su tutta la Chiesa... In quanto composto da molti, sta ad esprimere la varietà e l’universalità del popolo di Dio; in quanto raccolto sotto un solo capo, sta ad esprimere l’unità del gregge di Cristo»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 22.
. Così viene promossa la comunione pluriforme, dinamica e tesa alla mondialità; viene garantita una maggiore ricchezza nell’insegnamento.
Le manifestazioni della collegialità
[528]  La natura collegiale dell’episcopato si manifesta concretamente nei vincoli visibili di fede, di carità, di disciplina e di corresponsabilità pastorale, in alcune istituzioni come i patriarcati o le conferenze episcopali, in alcuni avvenimenti come la concelebrazione dell’ordinazione, i sinodi e soprattutto i concili ecumenici
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 22; 23.
.
Nei concili ecumenici il collegio dei vescovi «esercita in modo solenne la potestà sulla Chiesa universale»
nota
Codice di Diritto Canonico, 387, 1.
.
La responsabilità locale e universale del vescovo
[529]  Il singolo vescovo «viene costituito membro del corpo episcopale in forza della consacrazione sacramentale e mediante la comunione gerarchica con il capo e i membri del collegio»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 22.
. Anche quando non compie atti formalmente collegiali, si trova nel collegio e ne fa risuonare la voce nella sua Chiesa particolare, se è in armonia con il papa e gli altri vescovi. Pur essendo maestro della fede e capo della sua comunità, ha il dovere di accordarsi con i suoi fratelli nell’episcopato, tenendosi lontano dall’individualismo. Pur esercitando il governo pastorale soltanto nella propria diocesi, è tenuto ad avere sollecitudine per tutte le Chiese. La sua responsabilità è insieme locale e universale, come la Chiesa stessa.
CCC, 1560
[530] I vescovi formano un collegio che ha come capo visibile il papa e sono corresponsabili di tutta la Chiesa.
Il carisma di Pietro
[531]  Il collegio dei vescovi succede a quello degli apostoli; il vescovo di Roma succede a Pietro. Da lui eredita il compito di confermare i fratelli nella fede, il carisma della “roccia”, che dà coesione e stabilità a tutta la Chiesa: «Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22,31-32).
Durante la vita pubblica, Gesù ha dato a Simone il nuovo nome di Pietro
nota
Cf. Gv 1,42.
e gli ha promesso uno speciale ruolo di guida con la triplice metafora della pietra, delle chiavi e del legare e sciogliere. Dopo la risurrezione, lo costituisce suo primo testimone: «apparve a Cefa e quindi ai Dodici» (1Cor 15,5)
nota
Cf. Lc 24,34.
. Lo fa pastore di tutto il gregge: «Pasci i miei agnelli... Pasci le mie pecorelle» (Gv 21,15-16).
CCC, 551-553CdA, 204
CONFRONTAVAI
Il vescovo di Roma successore di Pietro
[532]  Pietro, nella prima comunità di Gerusalemme, è sempre in prima fila come protagonista, nel prendere la parola a nome di tutti gli apostoli, nel compiere le guarigioni miracolose, nel punire gli indegni, nel confermare le conversioni, nell’ammettere i pagani, nell’affermare la libertà cristiana di fronte alla legge mosaica.
Pietro e Paolo, «le più grandi e le più giuste colonne», portano a compimento la loro testimonianza a Roma, dove versano il sangue per Cristo «insieme a una grande moltitudine di eletti»
nota
San Clemente di Roma, Lettera ai Corinzi, 5, 1-2; 6, 1.
. Per questo la Chiesa di Roma «presiede alla carità»
nota
Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai Romani, Prologo.
, e con essa, «per la sua più alta autorità apostolica, deve accordarsi ogni Chiesa, cioè i fedeli di qualsiasi parte», perché attraverso la successione dei suoi vescovi «la tradizione, che è nella Chiesa a partire dagli apostoli, e la predicazione della verità è giunta fino a noi»
nota
Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 3, 2.
. «Dalla discesa del Verbo incarnato verso di noi, tutte le Chiese cristiane sparse in ogni luogo hanno ritenuto e ritengono la grande Chiesa che è qui[a Roma]come unica base e fondamento, perché, secondo la promessa del Salvatore, le porte degli inferi non hanno mai prevalso su di essa»
nota
San Massimo il Confessore, Opuscoli teologici e polemici, Lettera scritta da Roma.
.
CCC, 194CCC 834
Visibile principio di unità
[533]  Il vescovo di Roma, erede della testimonianza di Pietro, «è il perpetuo e visibile principio e il fondamento dell’unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 23.
. Impersona l’unità del collegio episcopale; manifesta e promuove quella della Chiesa.