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CATECHISMO DEGLI ADULTI

CATECHISMO DEGLI ADULTI
INDICE TEMATICO
Z



Catechismo degli Adulti


[860]  «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia» (Mt 5,6), quanti seriamente e appassionatamente desiderano attuare nella propria vita la nuova giustizia evangelica
nota
Cf. Mt 5,20.
. Non si adagiano nella verità che possiedono, nella virtù che praticano. Cercano di crescere, per essere perfetti a somiglianza del Padre celeste
nota
Cf. Mt 5,48.
. In questo modo seguono Gesù che ha compiuto «ogni giustizia» (Mt 3,15).
[864]  «Beati i perseguitati per causa della giustizia» (Mt 5,10). Si tratta di chi subisce insulti, discriminazioni e violenze a motivo della nuova giustizia evangelica, e quindi a motivo della sua identità cristiana: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia» (Mt 5,11). L’amore appassionato per Cristo e il fascino del suo vangelo danno il coraggio, e anche la gioia, di affrontare le prove, quotidiane o eccezionali che siano, nella consapevolezza di seguire più da vicino il Maestro, ingiustamente perseguitato.
Illusoria autosufficienza
[134] L’attenzione preferenziale agli ultimi non significa esclusione degli altri. Gesù frequenta anche i “ricchi” e i “giusti”, coloro che nella società sono in vista per il benessere materiale o per la devota osservanza della Legge. Verso di loro però usa generalmente un linguaggio severo, perché li vede soddisfatti di sé, chiusi verso Dio e senza misericordia per il prossimo.
CCC, 2544-2547
Il processo
[233]  Giuda consegna Gesù alle autorità del tempio e accompagna al monte degli Ulivi, nell’orto del Getsemani, le guardie e i servi, mandati ad arrestarlo
nota
Cf. Mc 14,1043.
.
Dopo l’arresto, nella notte stessa, viene avviato il processo con una istruttoria informale nella casa del sommo sacerdote. Intanto le guardie e i servi scherniscono Gesù come profeta da strapazzo: dopo averlo bendato, lo maltrattano con sputi, schiaffi e percosse. Al mattino seguente si riunisce il sinedrio e lo condanna a morte, quale falso profeta che sovverte la legge e il tempio, e come bestemmiatore che usurpa prerogative divine. Ma la sentenza non può essere eseguita senza l’approvazione dell’autorità romana; allora il sinedrio lo consegna in catene al governatore Ponzio Pilato
nota
Cf. Mc 15,1.
, con la falsa accusa di essere un agitatore politico e un pretendente Messia in senso nazionalistico.
[234]  Pilato odia gli ebrei e li tratta con arroganza. Svolge un supplemento di indagine e capisce subito che Gesù è politicamente innocuo per l’impero di Roma ed è rifiutato solo per motivi religiosi.
Per liberarsi del fastidio, saputo che Gesù proviene dalla Galilea, lo manda da Erode, che ha il governo di quella regione, presente anche lui a Gerusalemme per la Pasqua. Erode lo prende per un fatuo sognatore e insieme alla corte lo schernisce come re da burla, facendogli indossare una lussuosa veste regale; e così mascherato lo rinvia al governatore
nota
Cf. Lc 23,6-11.
.
I capi ebraici, decisi a spuntarla, coinvolgono la folla e fanno leva sul servilismo di Pilato verso l’imperatore e sulle sue ambizioni di carriera. Per non avere noie con le autorità di Roma, Pilato finisce per cedere e consegna Gesù alla morte
nota
Cf. Mc 15,15.
. La motivazione ufficiale, secondo la scritta da fissare sopra la croce, è: «Il re dei giudei» (Mc 15,26), cioè un ribelle politico.
La morte in croce
[235]  Secondo la prassi, Gesù viene crudelmente flagellato; quindi ancora schernito atrocemente dai soldati con la coronazione di spine. Viene condotto in un luogo appena fuori le mura della città, chiamato Gòlgota, e lì crocifisso. Muore di una morte dolorosa e umiliante, riservata ai criminali più pericolosi, messi al bando dalla società e considerati maledetti da Dio
nota
Cf. Dt 21,23.
. Il suo cadavere non finisce nella fossa comune, solo perché alcuni amici, dopo averne coraggiosamente fatto richiesta al governatore, lo seppelliscono con onore in una tomba nuova
nota
Cf. Gv 19,41.
.
[236] Gesù viene ingiustamente condannato a morte dal sinedrio, come falso profeta e bestemmiatore, e da Ponzio Pilato, come ribelle politico; viene flagellato, coronato di spine e crocifisso; muore nel dolore e nell’umiliazione, come uno scomunicato e un maledetto da Dio.
Le virtù umane
[833] La carità si incarna nell’etica: unifica, sostiene ed elèva le virtù umane, energie operative buone che abilitano a compiere il bene sotto vari aspetti specifici. Quattro di esse si chiamano “virtù cardinali”, perché fanno da sostegno e riferimento a numerose altre. Sono la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza. Tra le molte virtù, che si collegano a queste, si possono ricordare: semplicità, onestà, sincerità, lealtà, fedeltà, cortesia, rispetto, generosità, riconoscenza, amicizia, coraggio, audacia, equilibrio, umiltà, castità, povertà, obbedienza.
Le buone qualità particolari danno concretezza alla perfezione cristiana. Danno alla carità un corpo e un volto.
L’intenzione fondamentale
[835]  La vita spirituale si sviluppa come un organismo unitario e 21-411.png complesso. Alla radice c’è la grazia santificante, alla quale si accompagnano, come dotazioni stabili, le virtù teologali. La decisione del cristiano di attuare la propria vita nella fede, speranza e carità, costituisce l’intenzione fondamentale, che dà la sua impronta e il suo orientamento ai vari atteggiamenti e alle singole azioni.
Un’intenzione fondamentale può essere positiva o negativa e si esprime in comportamenti corrispondenti: «Ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi» (Mt 7,17). Dalla fede, speranza e carità deriva l’osservanza di tutti i comandamenti della legge di Dio; viceversa dal cuore malvagio, cioè dall’egoismo, escono tutti i comportamenti malvagi
nota
Cf. Mc 7,21-23.
.
L’intenzione fondamentale ci identifica come giusti o come peccatori. È l’orientamento profondo verso il fine ultimo, Dio o un idolo, intorno al quale si costruisce un progetto globale di vita. Non si tratta di una decisione accanto alle altre, ma di un atteggiamento personale implicito, che si attua e si manifesta mediante le decisioni particolari. Non è sperimentabile direttamente in se stessa; se ne può avere solo una conoscenza indiretta e indiziaria, attraverso i comportamenti concreti in ogni ambito dell’esperienza. Coincide praticamente con la vita di grazia o con la situazione di peccato mortale, di cui il soggetto può avere solo una certezza prudenziale
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. VI, Decr. Sulla giustificazione, 9 - DS 1534.
.
CCC, 1752-1753
No alla violenza
[1025]  Il cristiano non ricorre mai alla violenza, a meno che non vi sia costretto per necessità di legittima difesa. Non la considera una via praticabile per sradicare il male e costruire la giustizia. Non se ne serve neppure per reagire a una violenza subita: perdona le offese, anzi ama i nemici così come sono, accetta di convivere con loro, esponendosi ad ulteriori rischi, sperando nella loro conversione. Resiste con forza al male, ma in modo diverso, cercando di vincere il male con il bene
nota
Cf. Rm 12,21.
.
la vita non è tolta
[1194]  Nel corso dei secoli, la Chiesa, con l’invocazione dei santi e il suffragio per i defunti, ha mostrato di credere che i morti vivono ancora e «la vita non è tolta, ma trasformata»
nota
Messale Romano, Prefazio dei defunti I.
. Il magistero della Chiesa ha definito, con Benedetto XII nel 1336, la retribuzione immediata dopo la morte
nota
Cf. Benedetto XII, Benedictus Deus - DS 1000-1002.
e, con il concilio Lateranense V nel 1513, la sopravvivenza di ogni singolo uomo
nota
Cf. Concilio Lateranense V, Costituzione “Apostolici regiminis” - DS 1440.
.
Il giudizio definitivo
[1199]  Il giudizio opera già in questo mondo, ma va verso un momento supremo: «Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male» (2Cor 5,10). È il giudizio definitivo, che per le singole persone avviene al termine della vita terrena (“giudizio particolare”) e per il genere umano, nel suo insieme, al termine della storia (“giudizio universale”).
CdA, 1215-1216
CONFRONTAVAI
La retribuzione personale al termine della vita
[1200]  La sopravvivenza dei defunti non è indifferenziata, ma felice per i giusti, triste per i malvagi. Lo indicano la parabola del ricco e del 32-580.pngpovero Lazzaro, le dichiarazioni dell’apostolo Paolo, la promessa di Gesù al ladrone pentito: «Oggi sarai con me nel paradiso» (Lc 23,43). Il magistero della Chiesa da parte sua insegna che subito dopo la morte i peccatori non convertiti “scendono all’inferno” e i giusti “salgono in cielo”, a meno che non abbiano ancora bisogno di purificazione
nota
Cf. Benedetto XII, Benedictus Deus - DS 1000-1002.; Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Greci “Laetentur caeli” - DS 1305-1306.; Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 48.
: retribuzione immediata dunque nell’incontro con Cristo giudice. Davanti a lui, finito il tempo della prova, si manifesta e si fissa per sempre l’atteggiamento di ciascuno nei confronti di Dio: o con lui o contro di lui. Cadono le maschere; viene alla luce, con il bene e il male compiuto, anche la più profonda identità di ogni persona.
Giudizio di Dio e autogiudizio
[1201]  Solo nella comunione con Cristo la vita è autentica; su di lui si misura ciò che vale e ciò che non vale. Le cose terrene, cercate in modo disordinato e con tanta fatica, riveleranno la loro inconsistenza, come pula o fumo portati dal vento, come traccia lasciata da una nave sul mare o da una freccia nell’aria
nota
Cf. Sap 5,4-14.
. I peccatori «mangeranno il frutto della loro condotta e si sazieranno dei risultati delle loro decisioni» (Pr 1,31). «L’empio è preda delle sue iniquità, è catturato con le funi del suo peccato» (Pr 5,22). «Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna» (Gal 6,7-8). L’egoismo genera morte; la carità fa vivere. Il Signore, mentre causa direttamente la perfezione e la gioia di quelli che si salvano, causa solo indirettamente la rovina di quelli che si perdono, in quanto essi, rifiutando il suo amore, rifiutano la verità e la pienezza della vita.
CdA, 246
CONFRONTAVAI
CdA 257
CONFRONTAVAI
CdA 354-355
CONFRONTAVAI
CdA 802
CONFRONTAVAI
CdA 928
CONFRONTAVAI
Distinzione non separazione
[1086] La cultura moderna ha il merito di aver affermato la consistenza propria della vita civile rispetto a quella religiosa. Spesso però è arrivata a considerare la fede un affare privato, irrilevante in ambito sociale e politico.
Il cristiano accetta la distinzione delle realtà terrene da quelle eterne e spirituali, ma non la separazione. Sa che ogni dimensione della realtà ha leggi proprie ed esige un metodo ed una competenza specifici, ma ritiene che tutto debba essere finalizzato a obiettivi coerenti con la dignità e la vocazione dell’uomo, rivelate pienamente solo dalla parola di Dio. Egli da una parte individua nel peccato la radice profonda dei mali della società, dall’altra si rende conto che la conversione a Dio implica anche serietà di impegno per una società autenticamente umana.
CCC, 2820
Incidenza sociale del peccato
[1087]  Secondo la Bibbia, il peccato porta disordine, oppressione e violenza nella famiglia, nella città, nella nazione
nota
Cf. Am 8,4-7.
e nei rapporti tra i popoli
nota
Cf. Es 1,8-22.
; corrompe la convivenza fra gli uomini e rende mostruoso il potere politico. Secondo il magistero della Chiesa, i peccati personali moltiplicandosi si fossilizzano in strutture sociali di peccato; queste a loro volta condizionano fortemente le persone e le inclinano a nuovi peccati
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 36.
.
CCC, 408CCC 1869CCC 1887
Regno di Dio e riforma della società
[1088] Dio vuole innanzitutto cambiare il cuore dell’uomo, ma, a partire dal cuore, vuole rinnovare anche la società.
È il liberatore degli oppressi: protegge i poveri, gli stranieri, gli orfani, le vedove; vuole giustizia e solidarietà. Chiede ai credenti di non separare la pratica religiosa dall’impegno sociale. «Io detesto, respingo le vostre feste e non gradisco le vostre riunioni... Lontano da me il frastuono dei tuoi canti: il suono delle tue arpe non posso sentirlo! Piuttosto scorra come acqua il diritto e la giustizia come un torrente perenne» (Am 5,2123-24). «Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo?» (Is 58,6-7).
Il Messia sarà mandato a portare una nuova esperienza di Dio, ma con essa anche il disarmo, la giustizia per i poveri, la prosperità e la pace.
CCC, 1886-1889CCC 2820CdA, 129
CONFRONTAVAI
[1089]  Di fatto Gesù di Nàzaret, mentre rivela la paternità di Dio, promuove una giustizia più perfetta, che implica fedeltà, sincerità, amore preferenziale per i poveri, riconciliazione con i nemici
nota
Cf. Mt 5,20-48.
; immette nella convivenza umana lo spirito delle beatitudini, che rende umili, miti, misericordiosi e operatori di pace
nota
Cf. Mt 5,3-10.
. La comunione con lui costruisce una nuova solidarietà tra gli uomini, abolisce le discriminazioni della società: «Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28)
Il regno di Dio, pur non essendo di questo mondo, opera in questo mondo. La salvezza messianica si compie nell’eternità, ma comincia nella storia e si manifesta restituendo autenticità e bellezza a ogni dimensione della vita, quella sociale compresa. La Chiesa fin dalle origini è consapevole di aver ricevuto un messaggio che ha rilevanza anche per la società.
CdA, 130
CONFRONTAVAI
CdA 133
CONFRONTAVAI
CdA 155
CONFRONTAVAI
CdA 856-864
CONFRONTAVAI
La dottrina sociale della Chiesa
[1090]  «Per la Chiesa insegnare e diffondere la dottrina sociale appartiene alla sua missione evangelizzatrice e fa parte essenziale del messaggio cristiano, perché tale dottrina ne propone le dirette conseguenze nella vita della società ed inquadra il lavoro quotidiano e le lotte per la giustizia nella testimonianza a Cristo salvatore»
nota
Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 5.
. La Chiesa non è mossa da ambizione di prestigio o di potere, ma unicamente dalla «cura e responsabilità per l’uomo»
nota
Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 53.
, per ogni uomo concreto, amato e redento da Cristo. E dal mistero di Cristo trae la luce per illuminare la vera identità dell’uomo e orientare il suo cammino storico. «La dottrina sociale della Chiesa trova la sua sorgente nella Sacra Scrittura, a cominciare dal libro della Genesi e, in particolare, nel Vangelo e negli scritti apostolici. Essa appartenne fin dall’inizio all’insegnamento della Chiesa stessa, alla sua concezione dell’uomo e della vita sociale e, specialmente, alla morale sociale elaborata secondo le necessità delle varie epoche. Questo patrimonio tradizionale è poi stato ereditato e sviluppato dall’insegnamento dei pontefici sulla moderna “questione sociale”»
nota
Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 3.
.
CCC, 2419-2425
[1091] In epoca moderna, guidata dalla sollecitudine per l’evangelizzazione, l’attenzione della Chiesa si è allargata progressivamente a orizzonti sempre più vasti, a fenomeni sempre più complessi. Importanti documenti si sono succeduti con ritmo via via più serrato, in sincronia con i rapidi cambiamenti della società: “Rerum novarum” di Leone XIII (1891); “Quadragesimo anno” di Pio XI (1931); Messaggio radiofonico di Pio XII (1941); “Mater et magistra” (1961) e “Pacem in terris” (1963) di Giovanni XXIII; “Gaudium et spes” (1965) del concilio Vaticano II; “Populorum progressio” (1967) e “Octogesima adveniens” (1971) di Paolo VI; “Laborem exercens” (1981), “Sollicitudo rei socialis” (1987) e “Centesimus annus” (1991) di Giovanni Paolo II.
Le conferenze episcopali e i singoli vescovi hanno contribuito notevolmente all’elaborazione della dottrina sociale della Chiesa. Un apporto rilevante è venuto dagli stessi fedeli laici, particolarmente competenti in campo economico, sociale e politico.
[1092]  Il nucleo centrale della dottrina sociale della Chiesa è costituito da alcune verità di antropologia e di etica cristiana, che corrispondono all’immagine rivelata dell’uomo e alla «sua vocazione terrena e insieme trascendente»
nota
Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 41.
. Sono principî di valore permanente, fonte inesauribile di ispirazione per costruire una società ordinata. Alla luce di essi il magistero della Chiesa interpreta le situazioni storiche contemporanee in continua evoluzione, denuncia i mali e le ingiustizie, avanza proposte operative per stimolare la ricerca e l’azione dei cristiani laici e di tutti gli uomini di buona volontà
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 3; 41.
. Come si vede, la dottrina sociale non è né un generico appello alla fratellanza, né un progetto globale risolutivo alla maniera delle ideologie
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 43.
, ma un segnale che indica la giusta direzione di un cammino sempre aperto di riforma.
L’impegno sociale e politico dei fedeli laici
[1093]  Educare le coscienze è il compito fondamentale della Chiesa. Di questo compito l’insegnamento della dottrina sociale è parte integrante. Spetta poi ai cristiani, singoli o associati, particolarmente ai fedeli laici, inserirsi intimamente nel tessuto della società civile e «inscrivere la legge divina nella vita della città terrena»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 43.
. Essi operano non a nome della Chiesa, ma con responsabilità propria, nella complessità delle situazioni concrete, sapendo che la fede stessa li obbliga ad assumersi compiti temporali e ad attuarli con coerenza evangelica
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 43.
. Alimentano il loro impegno con la formazione spirituale e culturale e con la preghiera. La carità li muove ad agire secondo una logica di servizio, con la maggior competenza possibile, con attenzione costante alle persone, specialmente a quelle che non contano, agli ultimi. Li fa disponibili al dialogo e alla collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà. La speranza li rende tenaci nell’azione, pazienti nella sofferenza, modesti nel successo, aperti a ogni nuova possibilità di bene. Così ciascuno per la sua parte concorre, «con l’energia ricevuta da Dio» (1Pt 4,11), a edificare la città dell’uomo, come concorre a edificare la Chiesa.
È doloroso per la Chiesa dover constatare la divaricazione fra la prassi religiosa e l’azione sociale e politica dei credenti. È preoccupante per un paese dover attraversare una crisi di legalità, diffusa nella classe dirigente e nei comportamenti dei cittadini: concussione, corruzione amministrativa, voto di scambio, evasione fiscale, danneggiamento di strutture pubbliche, assenteismo dal lavoro... Solo da un’assidua opera educativa ci si può attendere una solida coerenza dei credenti e un sano costume di tutti i cittadini.
Servendo l’uomo e la società con la forza della carità e alla luce del vangelo e della dottrina sociale della Chiesa, i cristiani manifestano che Cristo salvatore è presente nella storia e dona un anticipo della salvezza.
CCC, 898-899CCC 909CCC 912
[1094] Il regno di Dio si compie nell’eternità, ma opera già nella storia. La missione evangelizzatrice della Chiesa comprende anche l’insegnamento della sua dottrina sociale.
L’impegno evangelicamente coerente dei fedeli laici nella vita sociale e civile è parte integrante della testimonianza a Cristo salvatore.
Regno di Dio e riforma della società
[1088] Dio vuole innanzitutto cambiare il cuore dell’uomo, ma, a partire dal cuore, vuole rinnovare anche la società.
È il liberatore degli oppressi: protegge i poveri, gli stranieri, gli orfani, le vedove; vuole giustizia e solidarietà. Chiede ai credenti di non separare la pratica religiosa dall’impegno sociale. «Io detesto, respingo le vostre feste e non gradisco le vostre riunioni... Lontano da me il frastuono dei tuoi canti: il suono delle tue arpe non posso sentirlo! Piuttosto scorra come acqua il diritto e la giustizia come un torrente perenne» (Am 5,2123-24). «Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo?» (Is 58,6-7).
Il Messia sarà mandato a portare una nuova esperienza di Dio, ma con essa anche il disarmo, la giustizia per i poveri, la prosperità e la pace.
CCC, 1886-1889CCC 2820CdA, 129
CONFRONTAVAI
[1089]  Di fatto Gesù di Nàzaret, mentre rivela la paternità di Dio, promuove una giustizia più perfetta, che implica fedeltà, sincerità, amore preferenziale per i poveri, riconciliazione con i nemici
nota
Cf. Mt 5,20-48.
; immette nella convivenza umana lo spirito delle beatitudini, che rende umili, miti, misericordiosi e operatori di pace
nota
Cf. Mt 5,3-10.
. La comunione con lui costruisce una nuova solidarietà tra gli uomini, abolisce le discriminazioni della società: «Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28)
Il regno di Dio, pur non essendo di questo mondo, opera in questo mondo. La salvezza messianica si compie nell’eternità, ma comincia nella storia e si manifesta restituendo autenticità e bellezza a ogni dimensione della vita, quella sociale compresa. La Chiesa fin dalle origini è consapevole di aver ricevuto un messaggio che ha rilevanza anche per la società.
CdA, 130
CONFRONTAVAI
CdA 133
CONFRONTAVAI
CdA 155
CONFRONTAVAI
CdA 856-864
CONFRONTAVAI
Individualismo e collettivismo
[1095]  Quando si allontana dalla fede in Dio, la cultura elabora un’immagine riduttiva dell’uomo, che oscilla tra individualismo e 28-523.pngcollettivismo. La prima posizione svaluta la società, come se fosse «qualcosa di esterno all’uomo»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 25.
, un frutto del caso o di un patto tra individui. La seconda degrada l’uomo a un numero, a un elemento del sistema. Spesso l’una va a combinarsi con l’altra, enfatizzando simultaneamente l’individuo isolato e lo stato burocratico centralizzato, ignorando invece la famiglia e le comunità particolari intermedie. L’una e l’altra influenzano scelte sociali, economiche e politiche, che prescindono dalla dignità e responsabilità della persona e conducono a risultati disastrosi
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 13; 17; 24-25.
. «L’uomo può organizzare la terra senza Dio, ma senza Dio non può alla fine che organizzarla contro l’uomo»
nota
Paolo VI, Populorum progressio, 42.
.
La dignità della persona e i suoi diritti fondamentali
[1096]  Da parte sua, la dottrina della Chiesa «risana ed eleva la dignità della persona umana» e «consolida la compagine della società umana»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 40.
. Sostenere la dignità di ogni persona è «il compito centrale e unificante del servizio che la Chiesa e, in essa, i fedeli laici sono chiamati a rendere alla famiglia degli uomini»
nota
Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 37.
. L’uomo, immagine di Dio, suo interlocutore e cooperatore, cosciente e libero, chiamato ad essere suo figlio e a vivere in comunione con lui, è «centro e vertice di tutto quanto esiste sulla terra»
nota
Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 37.
, «principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 25.
. «Il rispetto della persona umana... si pone come criterio basilare, quasi pilastro fondamentale, per la strutturazione della società stessa, essendo la società finalizzata interamente alla persona»
nota
Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 39.
.
CCC, 1929-1933
[1097]  Rispettare la dignità della persona significa in pratica 28-524.png riconoscere, difendere e promuovere alcuni diritti universali, inviolabili, inalienabili: diritto all’esistenza, all’integrità fisica e a un tenore di vita dignitoso; diritto di cercare liberamente la verità, manifestare il proprio pensiero, partecipare al patrimonio culturale; diritto alla libertà di religione; diritto di seguire la propria vocazione, formarsi una famiglia, educare i figli; diritto al lavoro, alla libera iniziativa economica, a una giusta retribuzione; diritto di riunione e di associazione, di emigrazione e di immigrazione, di partecipazione politica e di certezza giuridica
nota
Cf. Giovanni XXIII, Pacem in terris, 5-15.
. Questi diritti hanno bisogno di essere ulteriormente precisati nei loro contenuti concreti, secondo le condizioni storiche, economiche e culturali; tuttavia indicano sufficientemente un criterio di giudizio e una linea di impegno. Una società è giusta e, al di là delle procedure formali, sostanzialmente democratica, quando li garantisce a tutti i cittadini, senza alcuna discriminazione di sesso, razza, lingua e religione. Si tratta di beni originari che derivano dalla natura e da Dio, non dal consenso della maggioranza.
Dimensione sociale costitutiva
[1098]  La persona è soggetto singolare ed irripetibile, ma è fatta per comunicare, «chiamata dall’intimo di sé alla comunione con gli altri e alla donazione agli altri»
nota
Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 40.
. Dio, creando l’uomo, non l’ha creato solitario: «L’uomo per la sua intima natura è un essere sociale, e senza i rapporti con gli altri non può vivere né esplicare le sue doti»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 12.
. Perciò la società è sostegno e perfezione della persona.
Da questa dimensione sociale, «nativa e strutturale»
nota
Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 40.
, derivano prima le comunità basate sui rapporti interpersonali diretti, come la famiglia, la parentela, il vicinato, e poi le formazioni sociali più ampie, basate sui rapporti mediati da strutture e legami oggettivi di tipo culturale, religioso, politico, economico, come ad esempio il sindacato, la città, la nazione. Col procedere della storia si moltiplicano i rapporti, si intensifica lo scambio dei beni, cresce l’interdipendenza su tutta la terra, quasi a dar corpo alla vocazione del genere umano a diventare una sola famiglia.
CCC, 1936
Pluralismo e solidarietà
[1099]  Purtroppo non mancano tensioni e lacerazioni. Una certa conflittualità sociale è inevitabile, perché esistono interessi oggettivamente concorrenti. Essa svolge un ruolo addirittura positivo, quando si configura come «lotta per la giustizia sociale»
nota
Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 14.
e privilegia la trattativa e il ragionevole compromesso. Non ha senso invece esaltare la lotta distruttiva, la contraddizione e la guerra come «fattori di progresso e di avanzamento della storia»
nota
Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 18.
. Gli interessi convergenti sono più rilevanti ancora di quelli concorrenti; anzi gli uomini di per sé sono un bene gli uni per gli altri.
Una convivenza degna dell’uomo non può fondarsi sui rapporti di forza, ma sulla verità, la giustizia, l’amore e la libertà
nota
Cf. Giovanni XXIII, Pacem in terris, 18.
. Tutti devono sentirsi responsabili di tutti
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 38.
. Ognuno deve guardare al prossimo come a un altro se stesso. «La legge fondamentale dell’umana perfezione, e perciò anche della trasformazione del mondo, è il nuovo comandamento della carità»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 38.
. La carità impegna a fare il possibile per edificare una convivenza solidale e pluralista, che consenta alle persone e ai popoli di svilupparsi liberamente, ciascuno con la propria identità e originalità.
CCC, 1934-1942
Principio di sussidiarietà
[1100]  L’autentica solidarietà rifugge sia dall’individualismo che dal collettivismo; valorizza la famiglia e le comunità particolari, in cui le persone sono coinvolte più da vicino. Si articola a vari livelli secondo il principio di sussidiarietà. «Come è illecito togliere ai singoli ciò che essi possono compiere con le forze e l’iniziativa propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto affidare a una maggiore e più alta società quello che può essere fatto dalle minori e inferiori comunità»
nota
Pio XI, Quadragesimo anno, 72
. Anzi le società superiori devono sostenere, integrare e coordinare quelle inferiori, che sono espressione più diretta della persona e le consentono una partecipazione più creativa.
[1101] La persona è il fondamento e il fine della società; la società è il sostegno e il perfezionamento della persona.
È necessario promuovere la dignità e i diritti della persona e costruire una società solidale e pluralistica, dove la famiglia e le comunità particolari siano valorizzate dalle comunità più ampie secondo il principio di sussidiarietà.
Servizio per il bene comune
[1102] Molti diffidano della politica, preferiscono starsene fuori. Altri vi entrano per affermare interessi personali o di parte. Altri, infine, ne fanno una specie di messianismo, in grado di liberare l’uomo da tutti i suoi mali.
La Chiesa ha un’alta stima per la genuina azione politica; la dice «degna di lode e di considerazione»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 75.
, l’addita come «forma esigente di carità»
nota
Paolo VI, Octogesima adveniens, 46.
. Riconosce che la necessità di una comunità politica e di una pubblica autorità è inscritta nella natura sociale dell’uomo e quindi deriva dalla volontà di Dio. D’altra parte essa indica i limiti della politica e vigila perché non diventi invadente o addirittura totalitaria. Questa sua posizione è in continuità con quanto al riguardo insegna la Bibbia.
[1103]  Nella cultura dell’antico oriente, il re veniva adorato come un dio, una manifestazione della divinità suprema. Secondo la Bibbia, invece, i governanti sono soltanto servitori di Dio per il bene del popolo, sottoposti anch’essi alla legge morale e al giudizio esigente del Signore. Così essa si esprime: «Ascoltate, o re, e cercate di 28-526.pngcomprendere; imparate, governanti di tutta la terra... La vostra sovranità proviene dal Signore; la vostra potenza dall’Altissimo, il quale esaminerà le vostre opere e scruterà i vostri propositi; poiché, pur essendo ministri del suo regno, non avete governato rettamente, né avete osservato la legge, né vi siete comportati secondo il volere di Dio» (Sap 6,13-4). «Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio» (Mc 12,17). «Non c’è autorità se non da Dio... Essa è al servizio di Dio per il tuo bene. Ma se fai il male, allora temi, perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi opera il male. Perciò è necessario stare sottomessi, non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza» (Rm 13,14-5). Occorre pregare «per tutti quelli sta stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità» (1Tm 2,2).
Lo stato assume un volto demoniaco quando, dimentico del suo ruolo sussidiario di servizio, diventa totalitario e prende il posto di Dio: «Vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo... Il drago le diede la sua forza, il suo trono e la sua potestà grande» (Ap 13,1-2). In situazioni del genere ai cristiani si impone il dovere della resistenza.
CdA, 149
CONFRONTAVAI
[1104] Secondo la dottrina della Chiesa, l’autentica azione politica è servizio per il bene comune, con trasparenza e competenza.
Il bene comune di una popolazione consiste «nell’insieme di quelle condizioni di vita sociale, con le quali gli uomini, la famiglia e le associazioni possono ottenere il conseguimento più pieno e più spedito della loro perfezione»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 74.
. Comprende i diritti fondamentali della persona, i valori morali e culturali che sono oggetto di generale consenso, le strutture e le leggi della convivenza, la prosperità e la sicurezza. La sua figura storica complessiva è mutevole e va ridisegnata continuamente, secondo le esigenze della libertà e della solidarietà
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 78.
. È in funzione di esso che esiste la comunità politica; ad esso tutti devono contribuire con impegno perseverante e deciso.
La partecipazione dei cittadini
[1105]  I cittadini sono nello stesso tempo destinatari e protagonisti della politica
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 42.
. Sono obbligati in coscienza a osservare le leggi giuste e a pagare le tasse. Hanno il diritto-dovere di approvare l’ordinamento politico, di eleggere i governanti e di controllare il loro operato. Inseriti nelle comunità intermedie e nelle associazioni, partecipano alla gestione di numerosi servizi, specie nei settori dell’educazione, della cultura, della sanità e dell’assistenza.
L’autorità pubblica
[1106]  Se tutti devono cooperare all’attuazione del bene comune, alcuni però hanno la funzione di coordinare e dirigere ad esso le molteplici energie: sono i detentori della pubblica autorità
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 74
.
La legittimità di un governo si misura dalla capacità di rispettare e sostenere i diritti delle persone e dei soggetti sociali intermedi. Il potere deve essere esercitato per il popolo e con il popolo: l’autorità è «vicaria della moltitudine»
nota
San Tommaso d’Aquino,Somma Teologica, I-II, q. 90, a. 3.
. Ovviamente la possibilità di partecipazione è diversa secondo le condizioni culturali e le situazioni storiche.
D’altra parte è necessario un governo della società che non si limiti a mediare gli interessi particolari, ma sappia inquadrare il pluralismo entro regole precise e guidarlo verso obiettivi storici concreti.
Quanto all’esercizio dell’autorità, governano rettamente coloro che «non guardano in sé il potere del grado, ma l’uguaglianza di condizione e non godono nel fare da superiori, ma nel fare del bene agli altri»
nota
San Gregorio Magno, Commento al libro di Giobbe, 21, 15, 22.
.
Coerenza e unità dei cristiani in politica
[1107]  Ai fedeli laici, occupati nella gestione della cosa pubblica, la Chiesa ricorda il dovere della coerenza con la visione cristiana della vita. A volte la necessità di tutelare efficacemente qualche valore fondamentale comporta anche la loro unità organizzata. Ma l’unità politica di programma e di partito, a differenza della coerenza, non è per i cattolici un’esigenza assoluta e costante. Sulla base di prospettive culturali ed esperienze operative diverse, possono legittimamente arrivare a scelte diverse, pur condividendo la stessa fede, il riferimento alla dottrina della Chiesa e la sincera dedizione al bene comune. In ogni caso dai cristiani ci si aspetta che siano esemplari per rigore morale, attenzione alla gente, spirito di servizio, professionalità. È legittimo avere diverse visioni del bene comune, ma non è mai lecito subordinarlo all’interesse proprio o di partito
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 75.
.
CCC, 2442
[1108] «La comunità politica e l’autorità pubblica hanno il loro fondamento nella natura umana e perciò appartengono all’ordine stabilito da Dio»
nota
Concilio Vaticano II , Gaudium et spes , 74.
.
Tutti i cittadini devono prendere parte in qualche modo all’attività politica, intesa come servizio al bene comune. La pubblica autorità ha il compito di guidare e coordinare, nel rispetto dei diritti delle persone e delle comunità intermedie.
La comunità dei popoli
[1109] La Chiesa con la sua stessa esistenza testimonia l’universalità del divino disegno di salvezza ed è fattore di unità per tutto il genere umano. Essa guarda dunque con grande attenzione al progressivo intensificarsi delle relazioni tra i popoli, cercando di orientarlo nella giusta direzione.
Oggi i confini degli stati sono attraversati da un flusso continuo di uomini, informazioni, capitali, merci, armi. L’interdipendenza cresce in ampiezza e spessore. Se si vogliono evitare meccanismi perversi, che avrebbero «conseguenze funeste per i più deboli»
nota
Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 17.
, anzi per tutti, è necessario attivare una nuova solidarietà morale, culturale, politica ed economica. «Il bene comune... oggi diventa sempre più universale, investendo diritti e doveri che riguardano l’intero genere umano»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 26.
. La pretesa dei singoli stati sovrani di porsi come vertice della società organizzata sta diventando anacronistica. Si va verso forme di collaborazione sistematica, si moltiplicano le istituzioni internazionali, si auspicano forme di governo sopranazionale con larga autonomia delle entità nazionali.
La comunità dei popoli, come quella delle persone, va costruita non sui rapporti di forza, ma sui valori di verità, giustizia, amore, libertà
nota
Cf. Giovanni XXIII, Pacem in terris, 47-67.
. Anche a livello di relazioni tra i popoli, la carità esige che un’attenzione preferenziale sia riservata ai più deboli.
CCC, 1911
La cooperazione per lo sviluppo
[1110]  I paesi del sottosviluppo interpellano quelli del benessere, come il povero Lazzaro alla porta del ricco. All’origine dei mali non c’è alcuna fatalità, ma una serie di cause concomitanti, alle quali è possibile rimediare: colonialismo, sfrenata concorrenza 28-529.pngcommerciale, imprevidenza dei governi locali, conflittualità prolungata e soprattutto arretratezza culturale. La soluzione è di natura innanzitutto etica e si chiama solidarietà.
Il primo e decisivo contributo è il sostegno a programmi di educazione e di sviluppo culturale, perché «lo sviluppo di un popolo non deriva primariamente né dal denaro, né dagli aiuti materiali, né dalle strutture tecniche, bensì dalla formazione delle coscienze, dalla maturazione delle mentalità e dei costumi. È l’uomo il protagonista dello sviluppo, non il denaro o la tecnica»
nota
Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 58.
.
Accanto all’opera formativa occorrono altre forme di aiuto: sostegno ai regimi rispettosi dei diritti umani; forniture di tecnologie semplici, di servizi primari, di incentivi all’agricoltura; riforma del commercio internazionale e del sistema monetario e finanziario mondiale.
È già un fatto positivo che cresca la consapevolezza della interdipendenza degli uomini e delle nazioni. Ma bisogna assumere impegni precisi secondo le proprie possibilità, modificando, per quanto è necessario, anche il proprio stile di vita. Cooperare allo sviluppo dei popoli «è un imperativo per tutti e per ciascuno degli uomini e delle donne, per le società e le nazioni»
nota
Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 32.
.
CCC, 1908
[1111] La crescente interdipendenza tra i popoli esige una forte solidarietà morale, culturale, economica e un’organizzazione politica della società internazionale.