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CATECHISMO DEGLI ADULTI

CATECHISMO DEGLI ADULTI
INDICE TEMATICO
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Catechismo degli Adulti

Corpo 336-367 , 1017-1019 , 742 , 885 , 1031 , 947 , 972 , 996 , 269 , 1213-1214
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Lo Spirito rivelato nella storia
[336]  Significativamente si fa menzione dello Spirito in apertura e in chiusura della Bibbia: tutta la storia, dalla creazione al compimento ultimo, si svolge sotto il potente “soffio” di Dio. Lo Spirito è l’onnipotenza dell’amore con cui Dio attua il suo progetto nel mondo: produce le cose, dà la vita, suscita i profeti, giustifica i peccatori, fa risorgere i morti
nota
Cf. Ez 37,1-14.
. Come mai allora rimane in ombra nella coscienza di molti cristiani? Qual è la sua identità personale e il suo rapporto con noi?
[337]  Gesù è il Cristo, il consacrato con l’unzione di Spirito Santo: lo riceve dal Padre e lo dona agli uomini. La missione dell’uno è inseparabile da quella dell’altro. Vera missione è quella pubblica di Gesù; missione diversa, ma non meno vera, è quella interiore dello Spirito Santo: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna... E... ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!» (Gal 4,46).
[338]  Il suo compito è quello di introdurci nella comunione con Dio. Per mezzo di lui l’amore di Dio viene riversato nei nostri cuori e il Padre e il Figlio prendono dimora in noi. Per mezzo di lui noi diventiamo fratelli di Cristo, a lui uniti come suo corpo, partecipi del suo rapporto filiale verso il Padre, capaci di condividere la sua carità verso tutti, coeredi della sua gloria. Il dono dello Spirito compendia la realtà della nuova alleanza e della salvezza.
CdA, 743
CONFRONTAVAI
CdA 810-814
CONFRONTAVAI
[339]  Nel testo sopra citato della Lettera ai Galati, il parallelismo 9-172.png tra la missione del Figlio e dello Spirito, indica che questi, sebbene indissolubilmente unito con il Padre e il Figlio, non è solo energia divina, ma soggetto personale distinto; così in altri testi, dove si dice che agisce liberamente, desidera, intercede, si rattrista; così nelle formule in cui è posto come terzo accanto al Padre e al Figlio; così soprattutto nei discorsi dell’ultima cena dove appare come l’altro “paraclito”, amico e difensore, dopo Gesù, inviato dal Padre e da Gesù stesso. Il suo manifestarsi come persona divina è collegato alla nuova abbondante effusione nel mistero della Pentecoste, compimento della Pasqua.
[340]  Secondo la fede della Chiesa, lo Spirito Santo è Dio insieme al Padre e al Figlio e procede «dal Padre e dal Figlio non come da due principî, ma come da uno solo»
nota
Concilio di Lione II, Costituzione “Fideli ac devota”, 1: La somma Trinità e la fede cattolica - DS 850. Cf. Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Greci “Laetentur caeli” - DS 1300-1301; Id., Bolla di unione dei Copti “Cantate Domino” - DS 1331.
, nel senso che il Padre è la sorgente principale e il Figlio è quella derivata. Per questo diciamo anche, in accordo con i cristiani d’oriente, che lo Spirito procede «dal Padre attraverso il Figlio»
nota
Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Greci “Laetentur caeli” - DS 1301; Concilio Vaticano II, Ad gentes, 2.
. D’altra parte, proprio perché procede dal Padre in quanto tale, procede anche dal Figlio e suppone la sua generazione.
Il dono
[341]  Lo Spirito Santo «è Persona-amore; è Persona-dono»
nota
Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 10.
; è amore donato dal Padre e accolto dal Figlio, dinamismo infinito e bellezza dell’essere insieme, per cui il Donatore e il Recettore sono uno nell’altro: «È il soffio del Padre, mentre dice il Verbo»
nota
San Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 1, 8, 12.
. Il Padre genera il Figlio attirandolo a sé nello Spirito; il Figlio è attivamente rivolto al Padre nello Spirito.
In questo «Amore-dono»
nota
Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 10.
increato, trovano il loro supremo motivo i doni fatti da Dio alle creature: la vita, la santificazione, la gloria. Da lui proviene la novità inesauribile; da lui la tensione verso la perfezione e l’unità.
Lo Spirito è la forza dell’amore, il movimento per condurre ogni cosa al suo pieno compimento in Dio
nota
Cf. Sant’Agostino, Confessioni, 13, 7, 8.
. L’infinita energia dell’Amore viene dal Padre e a lui risale, attraverso il Figlio, attirando a lui tutte le creature, perché vivano pienamente.
[342]  Lo Spirito «soffia dove vuole» (Gv 3,8); è misterioso e 9-173.pnginafferrabile, come i suoi simboli biblici: vento, acqua, fuoco, nube, unzione. Arriva ovunque, come presenza attiva del Padre e del Figlio che fa vivere e santifica. Ma è soprattutto la Chiesa il luogo dove «fiorisce lo Spirito»
nota
Sant’Ippolito di Roma, La tradizione apostolica, 35.
.
«Senza lo Spirito Santo, Dio è lontano, il Cristo resta nel passato, il vangelo è lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità una dominazione, la missione una propaganda, il culto un’evocazione, l’agire cristiano una morale da schiavi. Ma in lui... il cosmo è sollevato e geme nel parto del Regno; l’uomo lotta contro la carne; Gesù Cristo Signore risorto è presente; il vangelo è potenza di vita; la Chiesa è segno di comunione trinitaria; l’autorità è servizio liberatore; la missione è una Pentecoste; la liturgia è memoriale e anticipazione; l’agire umano è deificato»
nota
IV Assemblea mondiale delle Chiese (Uppsala 1968), Discorso di Ignatios Hazim metropolita di Lattaquié (Laodicea) del patriarcato ortodosso greco di Antiochia.
.
[343] Lo Spirito è la terza persona della Santissima Trinità, l’Amore-dono che procede dal Padre e dal Figlio. Viene comunicato a noi per unirci a Cristo e renderci figli di Dio.
Un linguaggio difficile
[344] Secondo un’opinione abbastanza diffusa, il mistero della Trinità sarebbe una dottrina astrusa e lontana dalla vita. In realtà, invece, è una luce che dà significato e bellezza a tutto, sebbene in se stessa non possa essere fissata, perché troppo intensa.
In Cristo e nella sua Chiesa Dio ha dato se stesso, come egli è, 9-175.pngPadre e Figlio e Spirito Santo. La fede cristiana fin dalle origini professa il monoteismo trinitario, escludendo da una parte il politeismo e dall’altra il monoteismo rigido; ma, per trovare un’espressione linguistica accurata e precisa, ha impiegato molti secoli; anzi, si può dire che la ricerca continua ancora, perché l’intelligenza del mistero, per quanto inadeguata e debolissima, risulta sempre ardua da formulare.
Le formule trinitarie, proposte con autorità dal magistero 9-175a.pngecclesiastico, mettono in evidenza sia l’uguaglianza e l’opera comune delle persone divine sia l’ordine reciproco e dinamico tra di loro. Una delle più complete e analitiche è quella del concilio di Firenze, nell’anno 1442, che riportiamo quasi integralmente: «Un solo, vero Dio, onnipotente, immutabile e eterno, Padre, Figlio e Spirito Santo; uno nell’essenza, trino nelle persone, Padre non generato, Figlio generato dal Padre, Spirito Santo procedente dal Padre e dal Figlio... Queste tre persone sono un solo Dio e non tre dèi, poiché dei tre una sola è la sostanza, una l’essenza, una la natura, una la divinità, una l’immensità, una l’eternità, e tutto è uno, dove non si opponga la relazione. Per questa unità il Padre è tutto nel Figlio, tutto nello Spirito Santo; il Figlio è tutto nel Padre, tutto nello Spirito Santo; lo Spirito Santo è tutto nel Padre, tutto nel Figlio... Tutto quello che il Padre è o ha, non lo ha da un altro, ma da se stesso, ed è principio senza principio. Tutto ciò che il Figlio è o ha, lo ha dal Padre, ed è principio da principio. Tutto ciò che lo Spirito Santo è o ha, lo ha dal Padre e dal Figlio insieme. Ma il Padre e il Figlio non sono due principî dello Spirito Santo, ma un solo principio, come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo non sono tre principî della creazione, ma un solo principio»
nota
Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Copti “Cantate Domino” - DS 1330-1331.
.
Perfetta comunione di carità
[345] Sarebbe ingenuità e presunzione cercare una chiarezza completa. Tuttavia un barlume di luce può venire attraverso la debole, ma preziosa analogia dell’amore umano, che comporta sempre distinzione e comunione di persone, in quanto è trasferire se stesso nell’altro, riporre in lui le ragioni del vivere, la propria vita più vera.
«Se vedi la carità, tu vedi la Trinità»
nota
Sant’Agostino, La Trinità, 8, 8, 12.
. La carità divina in quanto donazione infinita senza riserve è il Padre; in quanto accoglienza attiva è il Figlio; in quanto perfetta unità di colui che dona e di colui che accoglie è lo Spirito Santo. «Ecco sono tre: l’Amante, l’Amato e l’Amore»
nota
Sant’Agostino, La Trinità, 8, 10, 14.
.
[346] Nessuna delle tre persone supera le altre nella eternità, nella perfezione o nel potere. Tuttavia il Padre è il primo perché dona e non riceve; il Figlio è secondo perché riceve dal Padre; lo Spirito Santo è terzo perché procede dal Padre attraverso il Figlio. Vivono uno per l’altro, con l’altro e nell’altro in perfetta unità e reciprocità dinamica. Ciascuno è se stesso in quanto è tutto rivolto agli altri e si compenetra con essi, in uno slancio inesauribile di vita che esce eternamente dal Padre e al Padre eternamente si volge.
[347]  L’unità di Dio rimane fuori discussione: il Padre è l’unico 9-176.pngprincipio di tutta la vita divina; le tre persone insieme sono l’unico principio di tutta la realtà creata. «Un solo Dio e Padre, dal quale sono tutte le cose; e un solo Signore Gesù Cristo, per mezzo del quale sono tutte le cose; e un solo Spirito Santo, nel quale sono tutte le cose», proclama il II concilio di Costantinopoli nell’anno 553
nota
Concilio di Costantinopoli II, Condanne contro i “tre Capitoli”, 1 - DS 421.
. Essendo tre correlati tra loro, non si addizionano, se non nel nostro povero modo di parlare; ma ciascuno contiene gli altri ed è l’unico Dio e l’unico Creatore, «a somiglianza di tre soli, ciascuno contenuto nell’altro, in modo che ci sia una sola luce a motivo dell’intima compenetrazione»
nota
San Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 1, 8, 14.
. L’unità è Trinità, è comunione.
Partecipi della vita trinitaria
[348] Per noi uomini la Trinità è l’origine, il sostegno, la direzione e la meta del nostro cammino. Siamo creati a sua immagine e chiamati a partecipare alla sua vita di amore.
Siamo soggetti singoli e irripetibili; ma ci apparteniamo gli uni gli altri. Tendiamo ad affermare la nostra identità personale, la nostra libertà e originalità; non però nell’isolamento. Per essere noi stessi e sentirci vivi, abbiamo bisogno che altre persone ci accettino e riconoscano il nostro valore; abbiamo bisogno di comunicare con loro e di condividere le cose, gli atteggiamenti, perfino i segreti più intimi. Ciò si può realizzare solo nella reciprocità dell’amore, non certo in altri rapporti umani caratterizzati dalla violenza, dal dominio, dal possesso.
Secondo un detto di Gesù, non riferito dai Vangeli canonici, ma 9-177.pngattribuito a lui dall’antica tradizione cristiana, il regno di Dio viene «quando due diventano uno»
nota
Clemente d’Alessandria, Stromati, 3, 13.
. Come il Padre è donazione e il Figlio è accoglienza nell’unità dello Spirito Santo, così noi viviamo davvero e cresciamo nella misura in cui impariamo a donare noi stessi e ad accogliere gli altri, in uno scambio incessante per attuare la comunione nel rispetto delle persone e della loro libertà e originalità. «Il Signore Gesù, quando prega il Padre, perché “tutti siano uno... come anche noi siamo uno” (Gv 17,21-22), mettendoci davanti orizzonti impervi alla ragione umana, ci suggerisce una certa similitudine tra l’unione delle persone divine e l’unione dei figli di Dio nella verità e nella carità. Questa similitudine manifesta che l’uomo, il quale in terra è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa, non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 24.
.
CdA, 808
CONFRONTAVAI
[349] Un discorso analogo va fatto per tutte le realtà sociali, dalle piccole comunità ai popoli: anch’esse possono svilupparsi solo nella comunicazione reciproca, libera e rispettosa. L’impegno cristiano nella storia mira a realizzare la più grande libertà nella più grande solidarietà, evitando da una parte la solitudine dell’individualismo e dall’altra l’oppressione del collettivismo. Esso riserva un’attenzione privilegiata alla famiglia, riflesso della comunione trinitaria, esperienza primaria della reciprocità, in cui la persona vive e cresce.
La Chiesa, da parte sua, deve porsi come immagine viva e concreta della Trinità, edificandosi come un solo corpo con molte membra, nella comunicazione incessante dei fedeli e delle loro varie aggregazioni.
La Trinità è il mistero di Dio; ma è anche il segreto più profondo della vita dell’uomo.
[350] Padre, Figlio e Spirito Santo: tre persone un solo Dio. Donazione, Accoglienza, Dono: una perfetta comunione di amore.
Noi, creati a immagine di Dio, ci realizziamo solo nella reciprocità dell’amore, donando e accogliendo, facendo unità.
[351] Cristo rivela e attua il mirabile disegno di Dio; è il mediatore della creazione e della salvezza, il centro del mondo angelico e umano, il Signore della storia, attraversata dal mistero del peccato, ma redenta e condotta a una meta di gloria.
Elezione e predestinazione
[352]  Nel Signore morto e risorto gli apostoli e la Chiesa dei primi tempi, illuminati dallo Spirito Santo, hanno intravisto non solo il mistero della vita personale di Dio, ma anche il suo progetto globale sull’uomo e sul mondo. In questa rivelazione è la risposta a domande fondamentali: qual è il senso della storia? ha una direzione e una meta? che cosa possiamo sperare?
[353]  La storia obbedisce a un disegno di amore
nota
Cf. Ef 1,9.
, «nascosto da secoli nella mente di Dio,... attuato in Cristo Gesù» (Ef 3,911), 10-182.png«rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito» (Ef 3,5).
Dio ha voluto condividere con altri la sua vita. Ha creato gli uomini, per introdurli nella comunione trinitaria: «In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà» (Ef 1,4-6). Ha deciso di associare dei fratelli al Figlio unigenito, mediante la sua incarnazione e il dono dello Spirito Santo. Li ha «predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29).
Cristo è il primo eletto. Noi siamo progettati in modo da poter realizzare la nostra identità in dipendenza da lui. È questa la nostra vocazione costitutiva, che può essere rifiutata, non annullata. Da parte sua Dio vuole che tutti si salvino
nota
Cf. 1Tm 1,14.
. La predestinazione è alla salvezza e non alla perdizione.
A gloria della sua grazia
[354] CCC, 293-294 CdA, 812CdA 828
Da sempre il Padre genera il Figlio e lo attrae a sé nello Spirito; il Figlio è rivolto al Padre nello stesso Spirito. Dio non soffre di solitudine; è pienamente se stesso nella comunione trinitaria dell’amore: nulla può accrescere la sua perfezione e beatitudine. All’origine del mondo creato c’è solo la “grazia”, cioè l’amore sovranamente libero e gratuito del Padre
nota
Cf. Ef 1,69.
. Egli non ricava da noi alcuna utilità: «Dio non creò Adamo, perché aveva bisogno dell’uomo, ma per avere qualcuno in cui riporre i suoi benefici»
nota
Sant’Ireneo di Lione,Contro le eresie, 4, 14, 1.
. Il suo amore è del tutto disinteressato. Gli sta a cuore unicamente la nostra riuscita e la nostra felicità. Ci ama senza misura, fino a donare il Figlio e lo Spirito, e quindi se stesso.
[355]  Che senso ha allora l’affermazione di fede, secondo cui Dio ha creato il mondo per la sua gloria
nota
Cf. Concilio Vaticano I,Dei Filius, Canoni I, 5 - DS 3025.
? La gloria di Dio è la rivelazione della sua grazia, del suo amore gratuito; la sua gioia è unicamente quella del donare: «Non per aumentare la sua beatitudine né per acquistare perfezione, ma per manifestarla attraverso i beni che concede alle sue creature, questo solo vero Dio, con la più libera delle decisioni, ha creato dal nulla le creature spirituali e quelle corporee, insieme fin dall’inizio dei tempi»
nota
Concilio Vaticano I,Dei Filius, I, - DS 3002.
.
Attuazione del disegno
[356]  La suprema glorificazione del Padre, cioè la più alta manifestazione della sua bontà e della sua sapienza, è Gesù Cristo, il Figlio unigenito, fatto uomo, crocifisso e risorto. Per mezzo di lui il Padre conferisce ad ogni cosa la perfezione e il senso definitivo. Fin dall’inizio guarda a lui come modello e meta di ogni sua opera. Anzi, in quanto Verbo, lo ha già con sé come autore dell’intera creazione: «Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui» (Col 1,16-17).
Il disegno eterno del Padre, «di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra» (Ef 1,10), viene rivelato e attuato nella storia secondo un ordine sapiente di eventi, che costituiscono “l’economia del mistero”
nota
Cf. Ef 3,9..
o della salvezza: creazione, caduta, incarnazione redentrice, santificazione, glorificazione
nota
Cf. Rm 8,30.
. Quando esso sarà completamente realizzato, allora anche noi saremo pienamente noi stessi e Dio sarà «tutto in tutti» (1Cor 15,28), perché «l’uomo vivente è la gloria di Dio e la vita dell’uomo è la manifestazione di Dio»
nota
Sant’Ireneo di Lione,Contro le eresie, 4, 20, 7.
.
[357] Dio ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, il suo benevolo disegno di riunire sotto un solo capo, Cristo, tutti gli esseri del cielo e della terra.
Dal Dio della storia al Dio della creazione
[358]  L’attuazione dell’eterno disegno del Padre, incentrato nel suo 10-184.pngFiglio Gesù Cristo, passa anzitutto attraverso la creazione. Ma proprio a riguardo di essa numerosi sono gli interrogativi che ci si pongono.
La moderna immagine scientifica del mondo non corrisponde più a quella dell’ambiente in cui fu scritta la Bibbia. Ed ecco allora per noi domande inevitabili: il progresso scientifico contraddice forse la fede biblica? l’evoluzione è forse incompatibile con la creazione? qual è il senso della dottrina sulla creazione? intende descrivere come il mondo è iniziato e si è sviluppato, oppure vuole affermare soltanto la totale dipendenza da Dio?
La fede biblica in Dio creatore è nata come esplicitazione della fede in Dio salvatore. Israele, nell’esodo dall’Egitto e in tutta la sua storia, ha sperimentato come Dio tenga nelle sue mani le persone, i popoli e gli avvenimenti. Di lui ci si può fidare assolutamente. È onnipotente e può sempre mantenere le promesse. È il Signore incontrastato della storia e dell’universo. È il Signore, perché è il creatore e tutto dipende da lui.
Israele ha anche sperimentato come Dio sia imprevedibile, pronto a capovolgere le sorti dei potenti e degli oppressi, ad aprire nuove strade quando tutto sembra bloccato, sovranamente libero nel suo agire storico. Ciò presuppone che sia ugualmente libero nella sua azione creatrice: «Egli parla e tutto è fatto, comanda e tutto esiste» (Sal 33,9).
Il mondo esiste perché Dio lo vuole. Dio è il Signore incondizionato di tutta la realtà. Questo propriamente interessa la fede religiosa. Questo in definitiva è il messaggio che la Bibbia intende dare, anche quando narra diffusamente l’opera divina.
I racconti della creazione
[359]  I due racconti biblici della creazione fanno parte della cosiddetta 10-185.png“storia primitiva”, comprendente anche il peccato delle origini, la diffusione del male e le promesse di salvezza
nota
Cf. Gen 1,1-11.
. Si tratta di una introduzione alla successiva storia dei patriarchi e di Israele. Non tramanda, secondo l’interpretazione ormai comunemente accettata, avvenimenti singoli, accaduti una sola volta e narrati sulla base di precisi ricordi e testimonianze. Con una sequenza di scene simboliche, di personaggi e fatti emblematici, presenta in forma narrativa una riflessione sapienziale sulla condizione umana e sulla dinamica costante della storia. Per quanto riguarda la creazione, il redattore finale non ha esitato a giustapporre due rappresentazioni, nate in diversi ambienti culturali e assai diverse tra loro.
Il primo racconto, più recente, procede solenne, come un inno, intessuto di ripetizioni e parallelismi; segue lo schema dei sette giorni, non per indicare sette epoche, ma per insegnare che l’uomo è chiamato a continuare l’opera di Dio con il lavoro e a riposare e far festa con lui, come suo collaboratore e amico; presenta il mondo come un’armonia mirabile, che in virtù dello Spirito e della parola di Dio sorge dalle acque e dalle tenebre, simbolo del caos e del nulla.
Il secondo racconto è il più antico; unisce vivacità e colore descrittivo alla fine penetrazione psicologica; utilizza un altro modello di pensiero simbolico; qui il mondo fiorisce in mezzo al deserto del nulla come un’oasi, irrigata dai fiumi e rigogliosa di vita, come un giardino affidato alle cure dell’uomo; questi non compare più al termine, ma al centro della successione.
Il redattore non avverte alcuna contraddizione tra i due racconti, perché, sia pure con diverse rappresentazioni, essi danno un insegnamento convergente. A lui non interessano le modalità e la successione dei fenomeni, ma la totale dipendenza da Dio, la fondamentale bontà delle creature, la preminente dignità della creatura umana, il valore del lavoro e del riposo, della sessualità e del matrimonio.
Creazione continua
[360]  Nella Bibbia la creazione è presentata come l’inizio della storia della salvezza, la prima delle mirabili opere di Dio; ma anche come la sua attività continua, il fondamento perenne di ogni cosa. L’universo dipende sempre da Dio, sia per iniziare sia per continuare ad esistere e per svilupparsi verso nuove e più alte forme di vita. Il soffio dello Spirito avvolge e penetra le creature, le sostiene e le fa germogliare come vento di primavera: «Tutti da te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno. Tu lo provvedi, essi lo raccolgono, tu apri la mano, si saziano di beni. Se nascondi il tuo volto, vengono meno, togli loro il respiro, muoiono e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra» (Sal 104,27-30). La creazione non è il gesto compiuto da Dio in un tempo remoto, ma il dono di ogni giorno: «In lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17,28).
Creazione dal nulla
[361]  Dio crea dal nulla: «Contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti» (2Mac 7,28). Dio crea dal nulla l’universo spirituale e materiale
nota
Cf. Concilio Lateranense IV, Costituzione 1 “De fide catholica” - DS 800; Concilio Vaticano I, Dei Filius, Canoni I, 5 - DS 3025.
, cioè comunica liberamente a tutte le creature tutto il loro essere.
La fede nella creazione, così intesa, genera una speranza incrollabile: «Il nostro aiuto è nel nome del Signore che ha fatto cielo e terra» (Sal 124,8). Se Dio può creare dal nulla, a lui tutto è possibile. Può convertire i peccatori, compresi i più induriti, e rigenerarli a una nuova vita spirituale. Può perfino risuscitare dalla tomba, egli che «dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che ancora non esistono» (Rm 4,17). Non è senza ragione che nella veglia pasquale, in cui celebriamo la risurrezione di Cristo e la nostra rinascita, si proclami anche il racconto della creazione.
Discorso religioso e discorso scientifico
[362] Dipendenza continua e totale da Dio: ecco il contenuto della fede. Restano fuori dalla sua prospettiva le modalità fenomeniche del divenire cosmico. Viceversa la scienza indaga proprio queste modalità. Ne consegue che non ha senso contrapporre discorso religioso e discorso scientifico; e neppure tentare di armonizzarli, quasi si trovassero ambedue sullo stesso piano.
Il mediatore della creazione
[363]  Se il Padre è l’origine prima e il fine ultimo di tutte le cose, Gesù Cristo è il mediatore universale della creazione, non meno che della salvezza. Un motivo in più per alimentare la nostra fiducia e liberarci da ogni soggezione nei confronti di forze minacciose e oppressive: «In realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo sia sulla terra,... per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui» (1Cor 8,5-6).
Come gli antichi ebrei a partire dall’esperienza dell’esodo hanno approfondito la conoscenza di Dio salvatore, fino a riconoscerlo creatore del cielo e della terra, così i cristiani, a partire dall’esperienza della Pasqua penetrano nel mistero del Cristo salvatore fino a comprendere che tutto viene creato per mezzo di lui e trova in lui consistenza e significato. In Gesù di Nàzaret incontrano il Verbo, espressione perfetta ed eterna del Padre, autore con lui della creazione, che riflette la sua perfezione in tutte le cose e illumina tutti i popoli: «In principio era il Verbo... tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini» (Gv 1,13-4).
Le creature vengono all’esistenza e si sviluppano, in quanto il Padre le chiama dal nulla e le attrae a sé mediante il Figlio con la potenza dello Spirito. Il Verbo e lo Spirito Santo sono, per così dire, «le mani»
nota
Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 4, 7, 4.
del Padre e «non c’è nulla che non abbia origine e compimento mediante il Verbo e nello Spirito»
nota
Sant’Atanasio di Alessandria, Lettera a Serapione, 1, 31.
. Noi esistiamo e ci muoviamo verso la perfezione come eco della Parola eterna e riflesso della sua bellezza, come dono elargito a motivo del primo Dono.
[364] Dio può salvarci, perché è il creatore libero e onnipotente: la creazione è presupposto e inizio della storia della salvezza.
Le creature spirituali e materiali dipendono da Dio in tutto il loro essere: per iniziare, per continuare ad esistere e per svilupparsi.
La ragione potrebbe conoscere la verità della creazione. Facilmente però rimane offuscata e ha bisogno di una luce e di una conferma superiore. «Per fede noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sì che da cose non visibili ha preso origine quello che si vede» (Eb 11,3).
Scienza e teologia devono essere consapevoli dei loro limiti: la scienza non riguarda il fondamento primo e il senso ultimo; la fede non riguarda le modalità evolutive.
Un mondo buono ma incompiuto
[365] Se il mondo dipende interamente da Dio, non dovrebbe essere perfetto? Come mai insieme ad aspetti di meravigliosa bellezza presenta aspetti di disordine e di male? È governato da Dio o da un destino cieco? Il male può ricevere un senso?
Dio ha creato «il cielo e la terra» (Gen 1,1), cioè l’universo, tutto ciò che esiste fuori di lui. Il mondo creato è buono e bello, nelle singole creature e ancor più nella loro interdipendenza e nell’ordine complessivo: «Quanto sono grandi, Signore, le tue opere! Tutto hai fatto con saggezza» (Sal 104,24). Il solo fatto che una cosa o una persona esista è segno che è amata: «Tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure creata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non vuoi?» (Sap 11,24-25). Dio non dimentica neppure l’erba del campo e i piccoli uccelli del cielo
nota
Cf. Mt 6,26-30.
. Disprezzare il mondo, quasi fosse intrinsecamente inconsistente e senza valore, non è un atteggiamento cristiano.
Le creature ricevono il dono di esistere e quello di agire. Dio fa sì che le cose si facciano, interagiscano tra loro e cooperino con lui. Crea un mondo buono e bello, ma incompiuto, perché possa muoversi attivamente verso la perfezione definitiva: un mondo complesso, dinamico, misterioso. La parte più elevata di esso è costituita da soggetti personali, gli uomini e gli angeli, in grado di tendere al fine liberamente e di interpretare e governare le altre creature.
La persona umana
[366]  «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Gen 1,27). Unico tra le creature visibili, l’uomo è fatto a immagine di Dio, capace di dialogare con lui, di conoscerlo e di amarlo. Soggetto consapevole di sé, libero e aperto all’infinito, si conosce, si interroga, si possiede, si dona. Soggetto corporeo e sessuato, riceve e trasmette la vita in un tessuto di relazioni, nell’unità del genere umano
nota
Cf. At 17,26.
. Non viene alla luce come una realtà ben definita e compiuta, ma come un progetto da portare a compimento, con la sua stessa libera cooperazione: «Da principio [Dio] creò l’uomo e lo lasciò in balìa del suo proprio volere» (Sir 15,14); «Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza» (Dt 30,19).
CdA, 801
CONFRONTAVAI
Origine dell’uomo
[367]  L’uomo è tratto dalla terra e partecipa del mondo materiale; ma riceve direttamente da Dio il soffio della vita spirituale
nota
Cf. Gen 2,7.
. L’evoluzione da sola non basta a dare origine al genere umano; la causalità biologica dei genitori non spiega da sola la nascita di un bambino, persona cosciente e libera, del tutto singolare. Occorre in ambedue i casi uno speciale concorso di Dio creatore
nota
Cf.San Leone IX,Congratulamurvehementer - DS685; Pio XII,Humani generis - DS3896.
.
Unità di anima e di corpo
[1017]  La coscienza cristiana avverte lucidamente questi doveri, perché ha un’alta considerazione del corpo, elemento costitutivo della persona umana, «destinato alla risurrezione nell’ultimo giorno»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 14.
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Secondo la concezione biblica, l’uomo è «spirito, anima e corpo» (1Ts 5,23), cioè un soggetto partecipe di energia divina, vivo e pieno di desideri, inserito nel mondo e sottomesso alla caducità. La nostra tradizione culturale preferisce invece parlare di anima e di corpo. Ma quel che conta è affermare l’unità dell’uomo, unico soggetto che vive a vari livelli, posto tra cielo e terra, uditore di Dio e interprete delle cose materiali
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 14.
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CCC, 362-368CdA, 366-367
CONFRONTAVAI
[1018] Il corpo umano è senz’altro un oggetto cosmico tra innumerevoli altri, un punto effimero nell’immensità dell’universo. Ma non si può ridurre a una particella di materia. Già dal punto di vista biologico appare meravigliosamente complesso. Inoltre, fatto ancor più significativo, è integrato nell’esperienza soggettiva della persona.
Io non solo osservo il mio corpo dall’esterno, ma lo vivo consapevolmente dall’interno: nell’agire, nel soffrire, nel toccare, in tutte le mie sensazioni. Io sono il mio corpo. Mediante il corpo ricevo influssi esterni, modifico le cose, comunico con gli altri, esprimo e realizzo me stesso. Una contrazione muscolare diventa nella coscienza un grido di dolore; realtà biologiche come il nascere e il morire, il mangiare e il bere, la sessualità e la malattia si caricano simbolicamente di significati esistenziali. Viceversa, un atteggiamento spirituale diventa gesto concreto: l’amicizia si fa sorriso, sguardo, abbraccio; la fede si fa testimonianza di parole e di opere.
Il corpo è linguaggio; è il dinamico inserirsi del soggetto nel mondo, per incontrare gli altri e rivolgersi a Dio. Partecipa alla dignità della persona ed è chiamato alla gloria eterna. Il rispetto dovuto alla persona si estende dunque anche al suo corpo. «Glorificate Dio nel vostro corpo!» (1Cor 6,20).
[1019] La persona umana, immagine vivente di Dio, ha valore per se stessa: va rispettata e amata incondizionatamente.
Il corpo è espressione della persona e partecipa del rispetto ad essa dovuto.
Singolare appartenenza
[742] La Chiesa è riunita intorno a Cristo. Si tratta di un legame soltanto morale o di una realtà più profonda?
Il popolo di Dio porta con sé nella storia un mistero di comunione. Una voce potente ferma Paolo sulla via di Damasco: «”Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”. Rispose: “Chi sei, o Signore?”. E la voce: “Io sono Gesù, che tu perseguiti!”» (At 9,4-5). Le persecuzioni contro i cristiani feriscono personalmente Cristo stesso, perché la Chiesa è misteriosamente unita a lui, è suo corpo.
Il Signore morto e risorto attrae a sé tutti coloro che non si chiudono nel rifiuto: «Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32). Così potente è la sua carità, che i credenti vengono assunti in lui e lui viene a vivere in essi: «Rimanete in me e io in voi... Io sono la vite, voi i tralci» (Gv 15,4-5).
Il suo corpo individuale, cioè la sua concreta umanità personale, 19-367.pngconsegnato alla morte e glorificato presso Dio, può accogliere in sé la moltitudine, per la quale si è offerto in sacrificio. Questa unità ha inizio con il battesimo e si perfeziona con l’eucaristia ed è così intima, che Paolo arriva a dire ai cristiani: «Voi siete corpo di Cristo» (1Cor 12,27); «Tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). Più tardi, esprimendo la stessa verità con un linguaggio in parte diverso, le lettere paoline della prigionia presenteranno Cristo come capo, cioè principio vitale e direttivo, e la Chiesa come corpo, prolungamento vivo di lui, sociale e visibile.
Questa visione di fede è rimasta nella Tradizione fino ai nostri giorni. Secondo la dottrina del concilio Vaticano II, «la santa Chiesa, che è comunità di fede, speranza e carità, è stata voluta da Cristo unico mediatore come un organismo visibile sulla terra; egli lo sostenta incessantemente e se ne serve per espandere su tutti la verità e la grazia. Ma la società gerarchicamente organizzata da una parte e il corpo mistico dall’altra, l’aggregazione visibile e la comunità spirituale, la Chiesa della terra e la Chiesa ormai in possesso dei beni celesti, non si devono considerare come due realtà; esse costituiscono al contrario un’unica realtà complessa, fatta di un duplice elemento, umano e divino»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 8.
. La comunità storica, concretamente identificabile, è segno di una misteriosa partecipazione alla comunione d’amore delle Persone divine.
Quinto comandamento
[885]  Il quinto comandamento “Non uccidere” prescrive con forza il rispetto della vita, che è sacra e viene da Dio: solo Dio è il Signore della vita, dal suo inizio al suo termine. Il comandamento vieta le azioni contrarie alla vita, alla salute e all’integrità, propria e altrui. Proibisce dunque il suicidio, l’omicidio, l’aborto, l’eutanasia, ogni forma di violenza che non sia per legittima difesa. Comanda di promuovere la pace e di evitare la guerra.
CCC, 2258-2317CdA, 1015-1040
CONFRONTAVAI
Trapianti
[1031]  La dignità dell’uomo postula che sia salvaguardata la sua integrità 26-493.pngfisica. Tuttavia è lecito amputare una parte per la salute di tutto l’organismo o donare un organo a chi ne abbia necessità, purché non si tratti di trapiantare un organo singolo e vitale come il cuore, nel qual caso il prelievo deve avvenire solo dopo accertata la morte del donatore. La donazione di organi è una nuova via che si apre per la solidarietà e la carità; occorre però combattere ogni tentazione di vergognoso commercio. È necessario a questo riguardo educare le coscienze e promuovere un’adeguata legislazione.
CCC, 2296
[947] La disciplina dei sentimenti si integra con la disciplina del corpo. In concreto, quest’ultima comprende i seguenti elementi: sobrietà nel cibo, nell’abbigliamento, nelle comodità, nei consumi superficiali e banali; controllo degli sguardi e delle conversazioni; rinuncia agli interessi inutili e pericolosi; dominio dell’istinto sessuale.
Si prega anche con il corpo
[972]  La preghiera cristiana è un dialogo a più voci, che ha l’ultimo riferimento in Dio Padre. A questo dialogo il credente non partecipa solo con la mente, ma con tutta la persona: intelligenza, volontà, affettività, corporeità. La preghiera nasce dal cuore, ma coinvolge anche il corpo. Gesù stesso prega a voce alta e con i gesti. L’adesione interiore a Dio si esprime e si sviluppa nel linguaggio del corpo, valorizzando numerosi simboli vocali, gestuali, ambientali.
Le parole spontanee, le formule, i testi sacri hanno evidentemente un grande rilievo. Entrano nella stessa orazione mentale. Perfino nella contemplazione una parola ripetuta serve a tenere desto l’amore.
La musica e il canto fanno vibrare intensamente le segrete profondità del cuore. Per questo in connessione con la liturgia si è formato un patrimonio immenso e meraviglioso di creazioni musicali.
I gesti sono simboli di atteggiamenti spirituali. Variano da una cultura all’altra, anzi da un’assemblea all’altra. I più comuni sono: le posizioni del corpo in piedi, seduto, in ginocchio, prostrato a terra; il movimento delle mani, il cammino processionale, la danza. Devono essere fatti con dignità, espressività e devozione.
Infine svolgono una funzione simbolica i luoghi, gli edifici sacri, l’arredamento, le immagini.
CCC, 1146-1148CCC 1156-1158CCC 2702
Meditazione
[996]  La meditazione consiste nel riflettere su qualche verità della fede, per crederla con più convinzione, amarla come un valore attraente e concreto, praticarla con l’aiuto dello Spirito Santo. Si tratta di una «conoscenza amorosa»
nota
San Giovanni della Croce,Salita del monte Carmelo, 2, 14, 2.
. Implica riflessione, amore e proposito pratico. Il suo valore sta «non nel molto pensare, ma nel molto amare»
nota
Santa Teresa d’Avila, Castello interiore, 4, 1, 7; Id.,Fondazioni, 5, 2.
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I metodi possono essere quanto mai diversi. Si può meditare recitando adagio il “Padre nostro”, ripetendo lentamente una frase biblica, guardando con devozione un’immagine sacra. Di solito ci si aiuta con la lettura di un passo biblico, di un testo liturgico o di un libro di spiritualità. Eccone una esemplificazione per una durata di almeno mezz’ora: mettersi alla presenza di Dio, coinvolgendo anche il corpo in posizione adatta; invocare lo Spirito Santo maestro interiore della preghiera; leggere un testo breve; considerare il contenuto, il suo valore, le sue motivazioni; rivedere alla sua luce la propria vita, le carenze, gli ostacoli e le possibilità; dialogare con il Signore, esprimendo affetti e propositi; condensare l’impegno preso o il senso centrale dell’esercizio svolto in una giaculatoria o comunque in una formula breve, da ricordare e vivere durante il giorno.
Avvenimento diverso
[269]  La risurrezione di Gesù può essere considerata un fatto storico? È 7-141.pngquesta una domanda importante per la fede. La risurrezione di Gesù si riflette nella storia con dei segni: il sepolcro vuoto, le apparizioni del Risorto, la conversione e la testimonianza dei discepoli, i miracoli e altre manifestazioni dello Spirito. Tuttavia si tratta di un avvenimento non osservabile direttamente come i normali fatti storici: un avvenimento reale senza dubbio, ma di ordine diverso. I Vangeli narrano le sue manifestazioni, ma non lo raccontano in se stesso, perché non può essere raccontato. Le sue modalità rimangono ignote.
Con la risurrezione, Gesù non è tornato alla vita mortale di prima, come Lazzaro, la figlia di Giàiro o il figlio della vedova di Nain; è entrato in una dimensione superiore, ha raggiunto in Dio la condizione perfetta e definitiva di esistenza. Non è tornato indietro, ma è andato avanti e adesso non muore più. Il nostro linguaggio non può descriverlo come veramente è: i risorti sono «come angeli nei cieli» (Mc 12,25) e il loro corpo è un «corpo spirituale» (1Cor 15,44), trasfigurato secondo lo Spirito, vero ma diverso da quello terrestre, come la pianta è diversa dal seme.
CdA, 1213
CONFRONTAVAI
Quale corpo?
[1213]  Sempre il cuore dei credenti rimane proteso verso l’ultima perfezione. Non arriva però a raffigurarla nei suoi lineamenti. Il Nuovo Testamento, pur mettendo la risurrezione al centro della fede, non la descrive mai nelle sue modalità concrete. Alla richiesta esplicita: «Come risuscitano i morti? Con quale corpo?» (1Cor 15,35), l’apostolo Paolo risponde che risuscitano con un corpo identico a quello attuale e nello stesso tempo diverso. Muore il chicco di grano e rinasce come pianticella. Il corpo umano, che ora è debole, corruttibile e gravato di limiti, risorgerà incorruttibile, trasfigurato dalla forza dello Spirito Santo a immagine del Cristo glorioso. La trasformazione sarà profonda, perché «ciò che è corruttibile non può ereditare l’incorruttibilità» (1Cor 15,50); tuttavia sarà proprio questo nostro corpo a rivestire l’immortalità
nota
Cf. 1Cor 15,54.
. A motivo dell’identico soggetto personale, esso rimarrà quello di prima, nonostante il profondo cambiamento, come durante la vita terrena rimaneva se stesso nel variare della statura e nella continua sostituzione delle singole cellule.
CdA, 269-270
CONFRONTAVAI
[1214]  Sebbene non si possa immaginare la condizione del corpo glorificato, tuttavia dobbiamo ritenere che essa comporti ancora un legame con il mondo materiale, anzi la perfezione definitiva del rapporto con il mondo. L’uomo e il mondo si appartengono reciprocamente; perciò la creazione sarà «liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21).