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CATECHISMO DEGLI ADULTI

CATECHISMO DEGLI ADULTI
INDICE TEMATICO
Z



Catechismo degli Adulti

Conversione 123 , 141-144 , 142 , 143-147 , 170 , 148-153 , 154-160 , 161-164 , 165-171 , 705 , 925-952 , 930 , 932-933 , 812 , 930 , 934-935
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[123] Il regno di Dio non si impone in modo clamoroso e spettacolare, come la gente immagina che debba succedere. Non viene in un istante. Non risolve magicamente tutti i problemi. Si propone piuttosto alla nostra cooperazione. Per sperimentarlo, bisogna accoglierlo attivamente, bisogna convertirsi. E, comunque, si tratta sempre di una esperienza germinale, destinata a compiersi perfettamente solo nell’eternità.
La nostra cooperazione
[141] In Gesù, Dio Padre inaugura la sua nuova presenza nella storia e offre a noi la possibilità di entrare in un rapporto di comunione con lui. Il suo regno non ha un carattere spettacolare; ama nascondersi nella semplicità delle cose ordinarie. E tuttavia possiamo farne l’esperienza subito, se lo accogliamo liberamente e attivamente.
Per avere un raccolto soddisfacente, non basta che il seminatore getti il seme con abbondanza; occorre che il terreno sia buono. Il Regno è interamente dono, ma ha bisogno della nostra cooperazione: la esige e la provoca nello stesso tempo. Dio non solo rispetta, ma suscita la libertà; non salva l’uomo dall’esterno, come fosse un oggetto, ma lo rigenera interiormente, e poi attraverso di lui rinnova la società e il mondo. La lieta notizia del regno di Dio che viene implica un appello: «Convertitevi e credete al vangelo» (Mc 1,15). La nuova prossimità di Dio mediante Gesù rende possibile una radicale conversione.
CdA, 813
CONFRONTAVAI
Un nuovo modo di pensare e di agire
[142]  Convertirsi significa assumere un diverso modo di pensare e di 4-82.pngagire, mettendo Dio e la sua volontà al primo posto, pronti all’occorrenza a rinunciare a qualsiasi altra cosa, per quanto importante e cara possa essere
nota
Cf. Mt 6,33.
. Significa liberarsi dagli idoli che ci siamo creati e che legano il cuore: benessere, prestigio sociale, affetti disordinati, pregiudizi culturali e religiosi.
La decisione deve essere netta, senza riserve: «Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te... E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te» (Mt 5,2930). Tuttavia Gesù conosce la fragilità umana e sa essere paziente. Lo rivela narrando di un padrone, il quale aveva nel campo un magnifico albero, che da tre anni però non gli dava frutti; ordinò al contadino di tagliarlo; ma questi gli rispose: «Padrone, lascialo ancora quest’anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai» (Lc 13,8-9).
Una vita più bella
[143]  Chi si converte, si apre alla comunione: ritrova l’armonia con Dio, con se stesso, con gli altri e con le cose; riscopre un bene originario, che in fondo da sempre attendeva. Zaccheo, capo degli esattori delle tasse a Gèrico, non aveva fatto altro che accumulare ricchezze, sfruttando la gente e procurandosi esecrazione da parte di tutti. Quando Gesù gli si mostra amico e va a cena da lui, comincia a vedere la vita con occhi nuovi: «Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto» (Lc 19,8). Zaccheo deve rinunciare, almeno in parte, alle sue ricchezze; ma non si tratta di una perdita. Solo adesso, per la prima volta, è veramente contento, perché si sente rinascere come figlio di Dio e come fratello tra i fratelli
nota
Cf. Lc 19,1-10.
.
La bellezza e il fascino del regno di Dio consentono di compiere con gioia le rinunce e le fatiche più ardue. Il bracciante agricolo che è andato a lavorare a giornata e zappando ha scoperto un tesoro, corre a vendere tutti i suoi averi per acquistare il campo e quindi impadronirsi del tesoro; il mercante, che ha trovato una perla di grande valore, vende tutto quello che possiede per poterla comprare. Il discepolo, che ha preso su di sé il «giogo» di Gesù, lo porta agevolmente, come un «carico leggero» (Mt 11,29-30).
Le rinunce, che Gesù chiede, sono in realtà una liberazione per crescere, per essere di più. Il sacrificio è via alla vera libertà, nella comunione con Dio e con gli altri. Chi riconosce Dio come Padre e fa la sua volontà, sperimenta subito il suo regno e riceve energie per una più alta moralità, per una storia diversa, personale e comunitaria, che ha come meta la vita eterna.
CdA, 948
CONFRONTAVAI
[144] Il regno di Dio viene come dono, ma chiede la nostra libera cooperazione; la buona notizia diventa per noi realtà vissuta, se accogliamo l’appello di Gesù: «Convertitevi e credete al vangelo» ( Mc 1,15 ).
Convertirsi significa assumere un nuovo modo di pensare e di agire; comporta anche rinunce, ma dischiude una vita più vera e più bella, di comunione con Dio e con gli altri.
Un nuovo modo di pensare e di agire
[142]  Convertirsi significa assumere un diverso modo di pensare e di 4-82.pngagire, mettendo Dio e la sua volontà al primo posto, pronti all’occorrenza a rinunciare a qualsiasi altra cosa, per quanto importante e cara possa essere
nota
Cf. Mt 6,33.
. Significa liberarsi dagli idoli che ci siamo creati e che legano il cuore: benessere, prestigio sociale, affetti disordinati, pregiudizi culturali e religiosi.
La decisione deve essere netta, senza riserve: «Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te... E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te» (Mt 5,2930). Tuttavia Gesù conosce la fragilità umana e sa essere paziente. Lo rivela narrando di un padrone, il quale aveva nel campo un magnifico albero, che da tre anni però non gli dava frutti; ordinò al contadino di tagliarlo; ma questi gli rispose: «Padrone, lascialo ancora quest’anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai» (Lc 13,8-9).
Una vita più bella
[143]  Chi si converte, si apre alla comunione: ritrova l’armonia con Dio, con se stesso, con gli altri e con le cose; riscopre un bene originario, che in fondo da sempre attendeva. Zaccheo, capo degli esattori delle tasse a Gèrico, non aveva fatto altro che accumulare ricchezze, sfruttando la gente e procurandosi esecrazione da parte di tutti. Quando Gesù gli si mostra amico e va a cena da lui, comincia a vedere la vita con occhi nuovi: «Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto» (Lc 19,8). Zaccheo deve rinunciare, almeno in parte, alle sue ricchezze; ma non si tratta di una perdita. Solo adesso, per la prima volta, è veramente contento, perché si sente rinascere come figlio di Dio e come fratello tra i fratelli
nota
Cf. Lc 19,1-10.
.
La bellezza e il fascino del regno di Dio consentono di compiere con gioia le rinunce e le fatiche più ardue. Il bracciante agricolo che è andato a lavorare a giornata e zappando ha scoperto un tesoro, corre a vendere tutti i suoi averi per acquistare il campo e quindi impadronirsi del tesoro; il mercante, che ha trovato una perla di grande valore, vende tutto quello che possiede per poterla comprare. Il discepolo, che ha preso su di sé il «giogo» di Gesù, lo porta agevolmente, come un «carico leggero» (Mt 11,29-30).
Le rinunce, che Gesù chiede, sono in realtà una liberazione per crescere, per essere di più. Il sacrificio è via alla vera libertà, nella comunione con Dio e con gli altri. Chi riconosce Dio come Padre e fa la sua volontà, sperimenta subito il suo regno e riceve energie per una più alta moralità, per una storia diversa, personale e comunitaria, che ha come meta la vita eterna.
CdA, 948
CONFRONTAVAI
[144] Il regno di Dio viene come dono, ma chiede la nostra libera cooperazione; la buona notizia diventa per noi realtà vissuta, se accogliamo l’appello di Gesù: «Convertitevi e credete al vangelo» ( Mc 1,15 ).
Convertirsi significa assumere un nuovo modo di pensare e di agire; comporta anche rinunce, ma dischiude una vita più vera e più bella, di comunione con Dio e con gli altri.
Liberi dalla schiavitù della ricchezza
[145] La vicinanza di Dio dà il coraggio delle scelte radicali. Innanzitutto libera dalla bramosia di possedere.
Gesù non è un asceta alla maniera di Giovanni Battista: «mangia e beve» (Mt 11,19), vive in mezzo alla gente, ha simpatia per il mondo. Però vive per il Padre, ancorato al suo amore, disponibile alla sua volontà. Per testimoniare la fiducia assoluta in lui e dedicarsi totalmente al suo regno, assume una vita povera e itinerante: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (Lc 9,58). Vuole che anche i discepoli vadano a portare la lieta notizia alleggeriti da ogni zavorra: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche per ciascuno» (Lc 9,3). Ammonisce la gente a non lasciarsi suggestionare dalla ricchezza: «Nessuno può servire a due padroni...: non potete servire a Dio e al denaro» (Mt 6,24).
[146]  La ricchezza diventa padrona, quando uno ripone in essa la misura del proprio valore e la sicurezza della vita: «Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni» (Lc 12,15).
Si tratta di un pericolo molto concreto. Il giovane ricco non riesce a liberarsi dei suoi averi; volta le spalle a Gesù e se ne va triste. Il ricco della parabola è senza cuore verso Lazzaro, il mendicante affamato e coperto di piaghe; e i suoi cinque fratelli continuano a gozzovigliare spensierati, al punto che nemmeno un morto risuscitato potrebbe scuoterli. Le folle, che seguono Gesù, si aspettano da Dio facile abbondanza di beni materiali e, invece di accogliere nella fede lui e la sua volontà, lo strumentalizzano ai propri desideri e interessi
nota
Cf. Gv 6,26.
.
CdA, 134
CONFRONTAVAI
CdA 1121
CONFRONTAVAI
[147]  La preoccupazione del benessere va ridimensionata. Ci sono valori 4-85.pngpiù importanti e decisivi che non il cibo e il vestito: «Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,26-33). Occorre certo seminare e mietere, filare e tessere, progettare e lavorare, ma senza ansia per il domani
nota
Cf. Mt 6,19-21.
. Bisogna possedere senza essere posseduti, senza preferire il benessere alla solidarietà.
Il vangelo comanda di distribuire e mettere in circolazione i propri beni: «Fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma» (Lc 12,33). Condanna il possesso egoistico, che non tiene conto delle necessità altrui. Non chiede però di vivere nella miseria. Valore assoluto è la fraternità, non la povertà materiale. Lo conferma l’esperienza della prima Chiesa a Gerusalemme, dove i credenti avevano «un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32), mettevano le loro cose in comune e così «nessuno tra loro era bisognoso» (At 4,34).
CdA, 1122
CONFRONTAVAI
[170] Non è affatto semplice per l’uomo sentirsi intimamente amato da Dio. La superficialità, il disordine morale, i pregiudizi dell’ambiente, l’esperienza del male gli induriscono il cuore e gli accecano lo sguardo. Ma, se nella fede si apre alla vicinanza del Padre, l’uomo diventa un altro, con una diversa capacità di valutare, di agire, di soffrire e di amare. Sente di poter vivere il distacco dai beni materiali, la riconciliazione con i nemici, la fraternità con tutti. La conversione che il regno di Dio dona ed esige, coinvolge tutta l’esperienza e rivoluziona tutti i rapporti.
Liberi dalla sete del potere
[148] Oltre che dalla ricchezza, la vicinanza di Dio libera anche dalla tentazione di dominare sugli altri.
Gesù è venuto non per essere servito, ma per servire
nota
Cf. Mc 10,45.
; e di fatto, a differenza dei maestri religiosi del suo tempo che di solito si lasciano accudire dagli allievi nelle necessità quotidiane, si comporta come un servitore: «Io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27). I discepoli dovranno seguire il suo esempio e servirsi l’un l’altro, comportandosi tra loro come fratelli di pari dignità e riconoscendo sopra di sé l’unico Padre
nota
Cf. Mt 23,8-9.
.
L’autorità, nella comunità cristiana, dovrà essere esercitata come un servizio, e non come un dominio oppressivo alla maniera dei re delle nazioni, che sfruttano la gente e si fanno chiamare benefattori: «Chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti» (Mc 10,44).
CCC, 2235-2236
[149]  Il regno di Dio non ha niente a che fare con uno stato teocratico: non impone il diritto e la giustizia con la forza; non si difende con le armi; non fa concorrenza ai regni di questo mondo
nota
Cf. Gv 18,36.
. Tuttavia non rimane indifferente neppure nei loro confronti: li giudica e ne denuncia le pretese totalitarie. Si deve dare «a Cesare ciò che è di Cesare», rispettando le autorità e osservando le leggi, perché hanno il compito di assicurare la pacifica convivenza e il progresso dei cittadini. Prima ancora però bisogna dare «a Dio ciò che è di Dio» (Mc 12,17), mettendo la sua volontà e la dignità dell’uomo al di sopra delle istituzioni, rimuovendo ogni soggezione falsamente religiosa verso il potere politico.
CdA, 1103
CONFRONTAVAI
Liberi negli affetti
[150]  La liberazione dal possesso egoistico e dall’ambizione non è 4-86.png sufficiente. Il regno di Dio trasforma anche gli affetti familiari e li apre a valori più alti ed universali.
Gesù, con la sua sottomissione a Maria e a Giuseppe
nota
Cf. Lc 2,51.
, riconosce il valore della famiglia come luogo dei rapporti umani fondamentali, ordinati alla crescita delle persone; eppure non esita a dichiarare che la sua famiglia più vera è quella formata dai discepoli che compiono la volontà del Padre
nota
Cf. Mc 3,35.
. Insegna la fedeltà irrevocabile all’amore coniugale, contro ogni tentazione di adulterio e di divorzio; ma ad alcuni chiede di lasciare famiglia e lavoro, senza indugiare oltre.
CdA, 1075-1077
CONFRONTAVAI
Liberi dall’angoscia
[151] Infine, il regno di Dio libera dalla paura di essere messi al bando dalla società e perfino dal timore di perdere la vita.
Gesù, quando sente dire che Erode Antipa vuole ucciderlo, come ha già fatto con Giovanni Battista, non cambia strada: «Andate a dire a quella volpe: Ecco, io scaccio i demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno avrò finito. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io vada per la mia strada» (Lc 13,32-33).
I discepoli sono chiamati a dar prova dello stesso coraggio. Non temano di essere anticonformisti e diversi dagli altri, di essere insultati e perseguitati
nota
Cf. Mt 5,11.
; non si lascino sedurre dalla strada larga, dove cammina la maggioranza, o dai falsi maestri, che spacciano dottrine alla moda
nota
Cf. Mt 7,13-20.
. Rinuncino all’idolatria del proprio io; mettano da parte le paure e gli interessi immediati, diano la loro vita e prendano la croce, come il condannato che esce dal tribunale e si avvia al luogo del supplizio, in mezzo alla folla che lo schernisce e lo maledice: «Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà» (Mc 8,34-35)
nota
Cf. Lc 9,23-24.
.
CdA, 847-848
CONFRONTAVAI
[152]  Chi ha Dio come Padre non può sentirsi mai solo: «Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete, voi valete più di molti passeri» (Lc 12,6-7). La sofferenza, anche quella umanamente più inquietante e difficile da accettare, acquista un alto valore e una misteriosa fecondità. Gesù lo afferma con due immagini delicate e suggestive: il chicco di grano cade in terra e muore, ma rinasce moltiplicato
nota
Cf. Gv 12,24.
; la donna al momento del parto geme e grida, ma poi dimentica completamente il dolore per la gioia di avere un bambino
nota
Cf. Gv 16,21.
.
Chi aderisce a Cristo con fede viva e salda, non è più ossessionato dall’ansia di trovare sicurezze e piaceri, per sentirsi vivo; è disponibile al servizio degli altri; sperimenta personalmente che il Figlio di Dio è venuto a liberare «quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita» (Eb 2,15).
[153] Accogliere il regno di Dio libera dal possesso egoistico, dal dominio sugli altri, dagli affetti disordinati e dalle paure.
[154] Il regno di Dio è il regno della libertà o della legge? Gesù abolisce o irrigidisce le prescrizioni dell’Antico Testamento? In che senso perfeziona la Legge e la porta a compimento? Sono domande importanti per capire Gesù e la sua opera.
Gesù perfeziona la Legge
[155]  La posizione di Gesù è molto originale e non può essere affatto qualificata come permissivismo; anzi, per certi aspetti, è assai più esigente di qualsiasi altra: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento» (Mt 5,17). Per accogliere il regno di Dio occorre una giustizia superiore a quella degli scribi e dei farisei
nota
Cf. Mt 5,20.
.
Ben sei volte nel discorso della montagna ritorna la formula «Ma io vi dico», per radicalizzare le prescrizioni della legge antica d’Israele e rivelare le esigenze di perfezione contenute nella volontà di Dio: «Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere... Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio» (Mt 5,2122); «Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore» (Mt 5,27); «Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto di ripudio; ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio» (Mt 5,31-32); «Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare...; ma io vi dico: non giurate affatto... Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no» (Mt 5,333437); «Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra» (Mt 5,38-39); «Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti» (Mt 5,43-45).
Gesù condanna non solo l’omicidio e l’adulterio, ma anche l’atteggiamento interiore che sta alla loro radice; dichiara che il divorzio è fuori del progetto di Dio e ristabilisce l’indissolubilità del matrimonio; comanda la limpida veracità nel parlare e l’amore attivo verso i nemici, cercando di vincere il male con il bene. Tanto esigente, forte e autorevole è il suo insegnamento, da lasciare la gente sbalordita
nota
Cf. Mt 7,28-29.
. Però, chi accoglie nella fede la paternità di Dio, rivelata da Gesù, non si trova davanti un ideale irrealizzabile, ma il dono di una nuova grandiosa possibilità: «Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48).
Cda, 897-900
CONFRONTAVAI
[156]  Del resto, la sua severità non ha niente a che fare con il legalismo. Se è vero che egli non abolisce la legge antica, è anche vero che non si preoccupa di ripeterla con esattezza e chiaramente la modifica in qualche punto. Vuole piuttosto perfezionarla.
Nelle sei antitesi del discorso della montagna, illustrate con riferimenti concreti alla vita quotidiana, offre alcune indicazioni esemplificative di questo perfezionamento. Il disegno della nuova giustizia, così tratteggiato, ha il volto della carità, che evita il male e fa il bene verso tutti, compresi i nemici. Urgenti per lui sono soltanto le implicazioni necessarie dell’amore; e la Legge va portata a perfezione risalendo al suo significato originario, al principio ispiratore che è l’amore stesso.
Gesù riprende e concentra tutta la Legge nei due comandamenti dell’amore di Dio e del prossimo, tra loro intimamente congiunti: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti» (Mt 22,37-40). Le norme particolari sono più o meno importanti secondo che più o meno si avvicinano al cuore della Legge. «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell’anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!» (Mt 23,23-24).
Su alcune cose Gesù è estremamente severo, su altre è sorprendentemente libero, condiscendente. Ma non c’è in lui nessuna incoerenza: la volontà di Dio è il bene vero e concreto, non un sistema intangibile di regole astratte; le norme cessano di avere valore, quando non favoriscono più la crescita autentica dell’uomo. Colui che inasprisce la condanna dell’adulterio è lo stesso che rifiuta la pena di morte, prevista dalla legge, per la donna adultera; colui che, come un pio giudeo osservante, frequenta la sinagoga ogni sabato è lo stesso che non esita a trasgredire il riposo del sabato, senza tener conto delle sottili distinzioni casistiche, quando si tratta di curare e guarire i malati: «È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?» (Mc 3,4). Il criterio che segue è questo: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!» (Mc 2,27)
nota
Cf. Dt 5,12-15.
.
Cda, 878
CONFRONTAVAI
Critico verso il formalismo religioso
[157]  Nella stessa direzione vanno le “trasgressioni” della purità legale.
Gesù prova compassione per il dolore e l’umiliazione che pesano sui lebbrosi; non solo li guarisce, ma, passando sopra alla prescrizione che li relega in uno stato di isolamento e di maledizione, si avvicina e li prende per mano, li conforta e li rimette in piedi
nota
Cf. Mc 1,40-45.
: li ristabilisce nella loro dignità davanti a Dio e alla comunità.
Contesta le esteriorità religiose, come le abluzioni prima dei pasti e la distinzione tra cibi puri e impuri
nota
Cf. Mc 7,1-23.
, o alcune forme di digiuno
nota
Cf. Mt 6,16-18.
. Niente è profano, se non le azioni cattive che provengono dal cuore malvagio: «Ciò che esce dall’uomo, questo sì contamina l’uomo» (Mc 7,20). Viceversa, tutto diventa adorazione di Dio «in spirito e verità» (Gv 4,23), se è compiuto in obbedienza alla sua volontà.
CdA, 878
CONFRONTAVAI
[158]  In questa prospettiva Gesù ridimensiona lo stesso culto incentrato sul tempio di Gerusalemme
nota
Cf. Gv 4,21.
, simbolo dell’unità e dell’identità di Israele. Più volte all’anno, in occasione delle grandi 4-90.pngfeste, sale in pellegrinaggio alla città santa, con esemplare devozione. Eppure dice parole e compie gesti, che inequivocabilmente relativizzano il ruolo del tempio. Dichiara più necessario riconciliarsi con il fratello che non portare offerte sacrificali all’altare
nota
Cf. Mt 5,23-24.
, rispettare i genitori che non consacrare doni votivi
nota
Cf. Mt 15,3-6.
. Si ritiene esente dal dovere di pagare la tassa annuale al tempio. Considera se stesso più grande del tempio
nota
Cf. Mt 12,6.
e si rende protagonista di un’azione simbolica, la cacciata dei venditori, con cui intende significare non tanto la purificazione, quanto il superamento del culto tradizionale. Infine preannuncia la distruzione dell’edificio stesso: «Non rimarrà qui pietra su pietra» (Mc 13,2).
È facile capire perché a Gerusalemme tra i sacerdoti e i notabili della setta dei sadducei ci si metta in allarme e si cerchi di farlo morire
nota
Cf. Lc 19,47.
. La loro ostilità va ad aggiungersi a quella di una parte dei farisei, che lo incalza già dai primi giorni della predicazione in Galilea. Ai loro occhi Gesù di Nàzaret appare un falso profeta, perché non restaura, ma sovverte la religione tradizionale.
[159]  La novità di Gesù è profonda. Lo riconosce lui stesso: «Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio... Né si mette vino nuovo in otri vecchi... Ma si versa vino nuovo in otri nuovi» (Mt 9,16-17). Tuttavia Gesù si trova in continuità con l’ispirazione fondamentale dei profeti e opera una liberazione che non ha niente a che fare con il permissivismo: egli responsabilizza al massimo nella concretezza e creatività dell’amore, per la totale fedeltà alla volontà di Dio e al bene dell’uomo.
[160] Gesù non abolisce la Legge, ma la perfeziona, riconducendola alle esigenze della carità, supremo principio ispiratore.
Subordina all’autentico bene dell’uomo le regole della convivenza civile e contesta il formalismo religioso.
Convivenza fraterna
[161] Se Gesù di Nàzaret dona e nello stesso tempo esige il distacco dalle ricchezze, dall’ambizione, dagli affetti disordinati, dai pregiudizi culturali e religiosi, lo fa in nome di una libertà che si attua nella comunione con i fratelli e con Dio.
Quelli che si convertono al regno di Dio e obbediscono alla sua 4-91.pngvolontà, costituiscono una famiglia più salda che non la parentela fondata sui legami di sangue
nota
Cf. Mc 3,35.
. Quanti tra loro sono chiamati a lasciare il lavoro, la casa e la condizione ordinaria di vita, non finiscono per rimanere soli, ma trovano una famiglia più grande, la comunità dei discepoli. Questa è la promessa di Gesù: «Non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna» (Mc 10,29-30).
Neppure tra i seguaci di Gesù mancano egoismi e tensioni, ma la legge che regola i rapporti è quella della carità. Chi decide di seguirlo, sa che deve impegnarsi seriamente per una forma di vita, che prevede servizio scambievole, correzione fraterna, perdono, riconciliazione, attenzione ai più deboli.
CdA, 850
CONFRONTAVAI
Premura per tutti
[162]  Questo atteggiamento deve valere verso tutti, anche verso gli estranei: lo insegna con mirabile efficacia la parabola del samaritano.
Un uomo viene aggredito dai briganti e lasciato mezzo morto lungo la strada. Lo vedono due passanti della sua stessa religione e nazionalità, ma tirano via senza curarsi di lui. Giunge un samaritano, uno straniero, per di più considerato eretico: si ferma, si avvicina, carica il ferito sulla cavalcatura, lo porta alla locanda, lo fa curare a proprie spese.
È necessario farsi carico di ogni uomo che incontriamo, al di là di qualsiasi differenza razziale, sociale e religiosa. È sbagliato chiedersi chi sia prossimo a noi; siamo noi che dobbiamo farci prossimi di chiunque, anche di chi è estraneo, perfino dei nostri nemici. Il modello è l’amore stesso di Dio: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro» (Lc 6,36).
Amare concretamente
[163]  Che cosa voglia dire amare, Gesù lo esemplifica nelle parole del giudizio finale: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,35-36); e lo riassume formulando in termini positivi la cosiddetta “regola d’oro”: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti» (Mt 7,12).
Amare, dunque, significa fare concretamente il bene, con premura e creatività. La misura è Gesù stesso: «Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34).
CdA, 871
CONFRONTAVAI
[164] I discepoli di Gesù vivono in comunione tra loro come fratelli e sono attivamente solidali con tutti, come il samaritano della parabola evangelica.
Nuova rivelazione del Padre
[165]  L’esperienza di libertà e fraternità, che Gesù propone a quanti lo seguono, suppone un comune atteggiamento filiale verso Dio. Chi, per seguire Gesù, ha lasciato la propria famiglia, non ha più un padre terreno che provveda alle necessità quotidiane; ha trovato però un altro Padre, quello stesso di Gesù: «E non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo» (Mt 23,9). Egli è pieno di premura per i suoi figli
nota
Cf. Mt 6,31-33.
. A lui possono abbandonarsi con totale fiducia e obbedienza, rese possibili dalla nuova rivelazione della sua paternità e vicinanza.
[166]  Gesù si rivolge a Dio nella sua lingua, l’aramaico, chiamandolo abitualmente «Abbà» (Mc 14,36), che significa “papà”. “Abbà” è parola infantile, una delle primissime parole che il bambino impara a pronunciare: «Non appena egli sente il sapore della culla (cioè quando è divezzato), dice “abbà”, “immà” (papà, mamma)», si legge nella tradizione ebraica.
nota
Talmud babilonese, Berakhot, 40a.
Anche divenuti adulti, i figli continuano a usare questa parola con atteggiamento di confidenza e di rispetto, in un clima affettuosamente familiare. Chiamare Dio familiarmente “papà”, come fa Gesù, appare cosa insolita e audace.
CdA, 293-294
CONFRONTAVAI
CdA 960
CONFRONTAVAI
[167]  Israele aveva sperimentato la premurosa bontà di Dio nei suoi 4-92.pngconfronti e l’aveva paragonata a quella di un padre per il proprio figlio: «Quando Israele era giovinetto, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio... Ad Èfraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano... Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare» (Os 11,13-4).
Tuttavia, l’Antico Testamento accentuava l’infinita trascendenza di Dio, l’Unico, l’Eterno, il Santo, il Creatore del cielo e della terra: «Colui che ha fatto le Pleiadi e Orione, cambia il buio in chiarore del mattino e stende sul giorno l’oscurità della notte... Signore è il suo nome» (Am 5,8). Anzi i contemporanei di Gesù evitano il più possibile di pronunciare il nome di Dio e cercano di sostituirlo con modi di parlare che lo evocano senza nominarlo.
[168]  Ma Gesù ha una esperienza unica di Dio; lo conosce ed è da lui conosciuto in una intimità reciproca 4-93.pngassoluta; a lui si rivolge con commossa gratitudine e totale sottomissione, come il primo degli umili e dei poveri che sanno di ricevere tutto in dono. Ma proprio perché riceve la pienezza della vita di Dio, può parlare a lui con tono familiare e può parlare di lui con autorità: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11,25-27).
Paternità universale
[169]  Gesù sa di essere Figlio in senso unico; non si confonde mai con gli uomini nel suo rapporto verso Dio. Parlando con i discepoli, distingue accuratamente il «Padre mio» (Mt 7,21) da il «Padre vostro» (Mt 7,11), perché Dio non è per lui Padre allo stesso modo che per i discepoli.
Eppure il regno di Dio, che in Gesù si manifesta, è la vicinanza misericordiosa e la paternità di Dio nei confronti di tutti gli uomini. Dio vuole essere “Abbà” anche nei nostri confronti; vuole che ci avviciniamo a lui con lo stesso atteggiamento filiale, la stessa libertà audace e fiducia sicura di Gesù. Lo comprenderà bene l’apostolo Paolo: «Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre!”» (Rm 8,15).
Gesù da parte sua cerca in tutti i modi di risvegliare il sentimento vivo della paternità e della tenerezza di Dio. Gli uomini devono convincersi che sono amati dall’eternità e chiamati per nome; che non sono nati per caso, e non sono mai soli nella vita e nella morte. Possono non amare Dio, ma non possono impedire a lui di amarli per primo. Il figlio prodigo, nel suo folle capriccio, può volgere le spalle e fuggire di casa, per andare a sperperare i beni ricevuti; ma il Padre misericordioso aspetta con ansia il suo ritorno; gli corre incontro, lo abbraccia commosso e fa grande festa.
CdA, 823-825
CONFRONTAVAI
[170] Non è affatto semplice per l’uomo sentirsi intimamente amato da Dio. La superficialità, il disordine morale, i pregiudizi dell’ambiente, l’esperienza del male gli induriscono il cuore e gli accecano lo sguardo. Ma, se nella fede si apre alla vicinanza del Padre, l’uomo diventa un altro, con una diversa capacità di valutare, di agire, di soffrire e di amare. Sente di poter vivere il distacco dai beni materiali, la riconciliazione con i nemici, la fraternità con tutti. La conversione che il regno di Dio dona ed esige, coinvolge tutta l’esperienza e rivoluziona tutti i rapporti.
[171] Gesù vive un’intimità del tutto singolare con Dio e lo chiama familiarmente «Abbà» (Mc 14,36).
Egli rende partecipi i credenti del suo rapporto filiale con il Padre, pieno di gratitudine, fiducia, sottomissione e gioia.
Elementi costitutivi
[705] Il sacramento che esprime e attua la conversione del cristiano viene designato con tre nomi, che derivano dai suoi elementi costitutivi: penitenza, confessione, riconciliazione.
Occorre anzitutto la penitenza o cambiamento del cuore. Il peccatore, mosso dallo Spirito Santo, riscopre il volto santo e misericordioso del Padre, esamina se stesso, prende coscienza dei propri peccati; ne prova dolore; li detesta; propone di non commetterli più; si impegna a cambiare radicalmente la propria vita, a riordinarla secondo il vangelo
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. XIV, Decr. Sul sacramento della penitenza, 4 - DS 1676.
.
[925] Sostenuto dallo Spirito Santo, il cristiano entra nel difficile cammino che conduce dal peccato alla santità. Confidando nella misericordia di Dio, rivelata in Gesù Cristo, si riconosce peccatore, si converte, cerca di crescere verso la perfezione della carità mediante la preghiera e i sacramenti, la purificazione e il dominio delle proprie tendenze, il servizio degli altri e l’esercizio delle virtù.
Riconoscersi peccatori
[926] Chiamati a camminare secondo lo Spirito, seguendo Cristo, per andare al Padre, dobbiamo uscire e allontanarci sempre più dalla schiavitù del peccato e progredire nella libertà dei figli di Dio.
Innanzitutto dobbiamo riconoscerci peccatori. «Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se riconosciamo i nostri peccati, egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa» (1Gv 1,8-9). Siamo tutti peccatori, di fatto o potenzialmente. Riconoscersi peccatori è già un dono di Dio, un atto possibile solo alla luce della fede, una difficile vittoria sulla tendenza all’autogiustificazione.
Tra la nostra gente il senso della colpa morale è ancora assai diffuso; ma riguarda solo alcuni peccati, come la violenza, la calunnia, la bestemmia. La mentalità razionalista e secolarizzata tende a ridurre molti disordini morali a deviazioni dalle convenzioni sociali, a errori da guardare con indulgenza, a debolezze da comprendere. Irride volentieri a quelli che considera tabù ereditati dal passato. Esalta la trasgressione come affermazione di libertà.
CdA, 706
CONFRONTAVAI
Elenco dei peccati
[927]  La fede ci fa riconoscere molte forme di peccato che sfigurano l’uomo, immagine di Dio. Nella Bibbia troviamo vari elenchi di peccati, piuttosto dettagliati.
A voler raccogliere in un quadro le principali indicazioni, si ottiene 24-453.pnguna lista impressionante, peraltro ancora esemplificativa e non esaustiva: incredulità, idolatria, stregoneria, bestemmia, spergiuro, apostasia, oltraggio ai genitori, infanticidio, omicidio, odio, dissolutezza, omosessualità, orgia, fornicazione, adulterio, furto, avarizia, traffico di persone, tradimento, inganno, calunnia, turpiloquio, cuore spietato, orgoglio insensato. Questi peccati sono considerati gravi, incompatibili con la vita di comunione con Dio.
Purtroppo il triste elenco si allunga con altre esperienze negative della nostra epoca: genocidio, terrorismo, traffico delle armi, aborto, eutanasia, tortura, carcerazione arbitraria, deportazione, razzismo, sfruttamento dei paesi poveri, condizioni indegne di vita e di lavoro, violenza sui minori, mercato delle donne, commercio pornografico, traffico di droga, corruzione politica e amministrativa, speculazione finanziaria, evasione fiscale, speculazione edilizia, inquinamento ambientale
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 27.
.
Il peccato mortale
[928]  La fede ci rivela la malizia profonda del peccato. Esso è infedeltà all’alleanza, rifiuto dell’amore di Dio, ingratitudine, idolatria. Gli uomini non accolgono la propria esistenza come un dono, non rendono grazie al loro Creatore e Padre
nota
Cf. Rm 1,21.
. A Dio preferiscono un valore parziale assolutizzato, una qualche figura del potere, dell’avere, del sapere, del piacere. Fanno a meno di lui, come fossero autosufficienti. E dire che ogni energia viene da lui, anche quella che occorre per ribellarsi!
«Hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate, che non tengono l’acqua» (Ger 2,13). Il danno ricade sui peccatori: «Forse costoro offendono me - oracolo del Signore - o non piuttosto se stessi?» (Ger 7,19). Perdendo la comunione con Dio, l’uomo si mette in contraddizione con la propria tendenza originaria al bene, subisce la ribellione delle passioni e l’oscuramento della coscienza, deforma il modo di rapportarsi agli altri e alle cose, produce conflittualità sociale e strutture di peccato, che a loro volta opprimono le persone e ostacolano il loro sviluppo. Se lo stato di separazione da Dio non viene ritrattato con la conversione, conduce alla perdizione eterna.
Devastando l’uomo, il peccato ferisce anche Dio: «Dio viene offeso da noi in quanto operiamo contro il nostro proprio bene»
nota
San Tommaso d’Aquino, Somma contro i gentili, III, 122.
. Intangibile nella sua infinita perfezione, si è reso vulnerabile legandosi a noi con l’alleanza, con amore appassionato. Il peccato è contro di lui, perché è contro l’uomo.
Il peccato veniale
[929] Essenzialmente diverso è il peccato “veniale”, che non comporta un rifiuto di Dio, ma solo un’incoerenza nel cammino verso di lui. È un atto di disobbedienza alla sua volontà in qualche contenuto di minore importanza, o in qualche contenuto importante ma senza piena avvertenza e deliberato consenso. Sebbene non paragonabile al precedente, possiede una sua triste serietà: sciupa energie preziose, ostacola la crescita personale e il progresso sociale, mette in pericolo di cadere nel peccato mortale.
Conversione fondamentale
[930] Mentre smaschera il peccato, la fede ci fa conoscere la misericordia di Dio; mentre abbatte l’orgoglio e la presunzione, ci solleva dallo scoraggiamento e dalla disperazione.
Dio ama i peccatori, prima ancora che si convertano. Li va a cercare, come il pastore cerca la pecora smarrita
nota
Cf. Lc 15,4-7.
. Li converte e li rende giusti. Da soli non riuscirebbero mai a liberarsi dal peccato
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. VI, Decr. Sulla giustificazione, Can. 3; 10 - DS 1553; 1560.
: prigionieri di un egoismo tenace e di una logica tutta terrestre, immersi in un contesto sociale corrotto, non potrebbero mai rovesciare il proprio centro di interesse e i propri criteri di valutazione; morti alla vita di comunione con Dio, non potrebbero mai risuscitare se stessi. Ma lo Spirito Santo li raggiunge con la sua forza e li guida sulla via del ritorno: cooperando con la sua grazia, essi prendono coscienza dei loro peccati, ne provano rimorso, si aprono alla fiducia, al desiderio di riconciliarsi con Dio
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. VI, Decr. Sulla giustificazione, Can. 4; 9 - DS 1554; 1559.
. Finalmente viene il momento in cui rinnegano il peccato, assumono un progetto di vita conforme al vangelo ed entrano in un atteggiamento filiale verso Dio e fraterno verso il prossimo. È la conversione fondamentale, la giustificazione. Per i cristiani avviene solo in connessione con il sacramento della riconciliazione: o nella celebrazione di esso o prima della celebrazione mediante il dolore perfetto, che include il proposito di confessarsi al più presto
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. VI, Decr. Sulla giustificazione, Can. 24; 26 - DS 1574; 1576.
. Come Pietro, «anche tu, se vuoi meritare il perdono, cancella le tue colpe con le lacrime: in quel momento Cristo ti guarda. Se incappi in qualche colpa, egli testimone presente di tutta la tua vita segreta, ti guarda per ricordarti l’errore e spingerti a confessarlo»
nota
Sant’Ambrogio, Commento al Vangelo di Luca, 10, 89.
.
CCC, 1427-1429
[931] La luce della fede ci fa riconoscere la gravità del peccato, che è rifiuto dell’amore di Dio e rovina dell’uomo; nello stesso tempo ci manifesta la misericordia di Dio, che rende possibile la nostra conversione e santificazione.
Conversione continua
[932]  Una volta convertiti dobbiamo convertirci ancora. «La conversione si esprime fin dall’inizio con una fede totale e radicale, che non pone né limiti né remore al dono di Dio. Al tempo stesso, però, essa determina un processo dinamico e permanente che dura per tutta l’esistenza, esigendo un passaggio continuo dalla “vita secondo la carne” alla “vita secondo lo Spirito”»
nota
Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 46.
. In questo spirito la Chiesa ogni anno propone a tutti la Quaresima quale segno liturgico della conversione.
Dobbiamo renderci conto della precarietà della vita nuova in noi, sempre bisognosa di uno speciale aiuto di Dio
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. VI, Decr. Sulla giustificazione, Can. 22 - DS1572.
. Questa umile consapevolezza costituisce il fondamento permanente del nostro cammino: «Il primo passo è l’umiltà; il secondo passo è ancora l’umiltà; il terzo ancora l’umiltà; e per quanto tu chieda, io darò sempre la stessa risposta: l’umiltà»
nota
Sant’Agostino, Lettere, 118, 22.
.
Dobbiamo ritenerci ancora lontani dalla meta e progredire verso di essa. «Fratelli, state lieti, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda» (2Cor 13,11). La carità vuole crescere. Chi rinuncia deliberatamente a progredire, non ha la carità; è ancora schiavo del peccato. Il progresso poi consiste nel cercare di evitare ogni peccato mortale e ogni peccato veniale deliberato, e nel fare il bene con motivazioni sempre più pure.
[933] Se da un lato dobbiamo impegnarci seriamente nel cammino della perfezione, dall’altro occorre essere pazienti. Ordinariamente il cammino procede faticoso e lento; conosce crisi, ritardi, ricadute. Una certa distanza tra l’ideale e la prassi rimarrà sempre. Riconoscere lucidamente la propria debolezza serve per rimanere umili, per essere miti con gli altri, per confidare in Dio, che ci ama così come siamo.
Direzione spirituale
[934] Il cammino, a parte vocazioni molto particolari, non deve essere solitario. I fratelli sono poveri come noi, ma sono cooperatori di Dio per la nostra santificazione. È importante l’inserimento in un gruppo di formazione, in una esperienza concreta di Chiesa. È prezioso, e almeno in alcuni momenti necessario, un consigliere o direttore spirituale. Si tratta di un educatore che, servendosi prevalentemente del dialogo, aiuta a discernere la volontà di Dio e a compierla. Viene scelto liberamente e mantenuto stabilmente, perché possa conoscere bene, consigliare con chiarezza, istruire, stimolare, verificare, correggere con gradualità. È preferibile che sia un sacerdote, anzi il confessore; ma può essere anche un’altra persona, purché abbia le qualità necessarie: pietà, zelo, umiltà, equilibrio, scienza, esperienza, bontà, disinteresse, riservatezza. Al consigliere spirituale si deve aprire il cuore con sincerità e fiducia. Le sue direttive vanno seguite con docilità.
[935] Infine, il cammino spirituale per non rimanere velleitario, deve darsi un’appropriata disciplina. Contro la pigrizia e le eventuali crisi di scoraggiamento occorre seguire un programma personale di vita, realistico, commisurato alle proprie possibilità, flessibile, ma con alcuni punti fermi. Ognuno deve camminare con il suo passo, ma con perseveranza.
[936] « Nelle corse allo stadio tutti corrono... per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile» (1Cor 9,24-25).
[937]  Ogni cristiano ha un suo proprio cammino spirituale, ma alcune linee generali sono comuni a tutti. Secondo il concilio Vaticano II, la via che conduce alla perfezione della carità, cioè alla santità, comprende esperienze di preghiera, di purificazione e dominio di sé, di esercizio delle virtù e servizio del prossimo
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 42.
.
Necessità della preghiera
[938] La preghiera ha una incidenza senza pari nello sviluppo della vita cristiana.
«Senza la luce di Dio nessun uomo si salva. Essa fa muovere all’uomo i primi passi; essa lo conduce al vertice della perfezione. 24-456.pngPerciò se vuoi cominciare a possedere questa luce di Dio, prega; se sei già impegnato alla salita della perfezione e vuoi che questa luce in te aumenti, prega; se sei giunto al vertice della perfezione e vuoi ancora luce per poterti in essa mantenere, prega; se vuoi la fede, prega; se vuoi la speranza, prega; se vuoi la carità, prega; se vuoi la povertà, prega; se vuoi l’obbedienza, la castità, l’umiltà, la mansuetudine, la fortezza, prega. Qualunque virtù desideri, prega»
nota
Beata Angela da Foligno, Il libro, Istruzioni, 3, 138-147.
. La preghiera è necessaria per salvarsi; a maggior ragione lo è per giungere alla perfezione. È il primo mezzo, efficacissimo e accessibile a tutti. Ci ottiene la grazia di Dio e ci dispone ad accoglierla. Alimenta in noi una mentalità di fede e ci aiuta a discernere la volontà di Dio. A lungo andare trasforma la nostra personalità e innalza la stessa vita ordinaria a dialogo con Dio, facendone una risposta consapevole di amore. Occorre organizzare il proprio tempo con un programma che preveda momenti di preghiera nel giorno, nella settimana, nel mese e nell’anno, tenendo conto degli impegni familiari, professionali e sociali.
CCC, 2650-2660CCC 2697-2719CdA, 955-1013
CONFRONTAVAI
Consigli per la preghiera
[939]  Non serve a niente pregare a lungo, ripetendo e accumulando formule vuote
nota
Cf. Mt 6,7.
. La preghiera privata vocale ha senso se è finalizzata a suscitare fervore. Proprio perché mira a destare il fervore del sentimento e della volontà, ha grande importanza quella riflessione affettiva che si chiama meditazione. Essa dispone a ricevere più fruttuosamente i sacramenti, libera dalla superficialità, provoca una conversione seria. Sant’Alfonso Maria de’ Liguori afferma che la meditazione è incompatibile con il peccato: o si lascia presto l’orazione mentale o si lascia presto il peccato
nota
Cf. Sant’Alfonso Maria de’ Liguori,Pratica del confessore, 122.
.
[940] Tra le forme di preghiera privata, accanto alla meditazione è da raccomandare la pratica quotidiana dell’esame di coscienza, utilissima per una progressiva purificazione del cuore. Si verificano i propri atti e atteggiamenti, buoni e cattivi; si concentra l’attenzione su una disposizione particolare, rinnovando ogni volta il pentimento sincero, il proposito fermo, l’impegno di vigilanza riguardo alle tentazioni e alle occasioni pericolose.
[941]  La vita spirituale si nutre della parola di Dio. Il contatto con essa deve essere assiduo. Le modalità possono essere varie: proclamazione liturgica e omelia, catechesi, studio personale, meditazione e lettura spirituale. Chi ne ha la possibilità è bene che almeno qualche volta faccia l’esperienza estremamente fruttuosa di un ascolto prolungato e intenso nei ritiri e negli esercizi spirituali.
CdA, 625-631
CONFRONTAVAI
[942] L’esistenza cristiana è plasmata dai sacramenti, soprattutto dall’eucaristia, che ci conforma a Cristo nella sua dedizione pasquale e ci comunica la sua carità e la sua gioia. Di qui l’urgenza di partecipare regolarmente e con fervore alla Messa festiva e l’utilità, quando è possibile, di farlo nei giorni feriali. Anche il sacramento della riconciliazione ha un’importanza decisiva, non solo per attuare la conversione dal peccato mortale alla vita di grazia, ma anche per sostenere la conversione permanente. È opportuno riceverlo con regolarità periodica, senza cadere nell’abitudine, rinnovando ogni volta una sincera contrizione e un fermo proposito. È bene che sia accompagnato da un minimo di direzione spirituale da parte del confessore.
CdA, 691
CONFRONTAVAI
CdA 709
CONFRONTAVAI
[943] Oltre la partecipazione frequente ai sacramenti è da consigliare la liturgia delle ore, specialmente la preghiera delle lodi al mattino e quella dei vespri alla sera. Non è riservata al clero o ai religiosi: oggi molti laici ne riscoprono la bellezza e la fecondità.
CdA, 959
CONFRONTAVAI
Disciplina interiore
[944]  Dalla preghiera riceve energia l’impegno assiduo di purificazione, 24-457.png dimensione essenziale del cammino spirituale. Nel nostro cuore si scontrano il desiderio del bene e le inclinazioni disordinate, lo Spirito di Dio e l’egoismo: «La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste» (Gal 5,17). Anche dopo la remissione dei peccati rimangono l’oscurità dell’intelligenza, la debolezza della volontà, le inclinazioni ribelli alla ragione. Occorre un lungo e faticoso esercizio per acquistare equilibrio interiore e autentica libertà. In un certo senso, liberi non si nasce, si diventa.
CCC, 1762-1775CdA, 710
CONFRONTAVAI
[945] La purificazione della mente consiste nel coltivare una conoscenza oggettiva e una riflessione rigorosa, nel maturare salde convinzioni e idee guida capaci di risvegliare l’amore a Dio, nel rafforzare la volontà compiendo il bene anche con sacrificio.
CCC, 1430CCC 1809
[946]  Lucida consapevolezza e ferma volontà sono necessarie per controllare l’affettività e orientarla al bene. I sentimenti sono 24-459.pngrisonanze attive della coscienza ai rapporti vitali con se stessi, con gli altri, con la natura e con Dio. Si riducono in definitiva a una reazione positiva di simpatia nella triplice modalità dell’amore, del desiderio e della gioia, e a una reazione negativa di avversione nelle modalità dell’odio, del timore e della tristezza o della collera. Sono energie immense, non da soffocare, ma da finalizzare secondo la retta ragione, assumendole nelle varie virtù, in modo da poter compiere il bene spontaneamente. Così disciplinati, i sentimenti ci rendono agevoli le corrette relazioni interpersonali, ci consentono di valutare e decidere con saggezza, di rimanere sereni nelle contrarietà. A proposito di contrarietà, il cristiano è chiamato a spingersi molto lontano: accettare le sofferenze che capitano, anche quelle ingiuste; non tanto umiliarsi, quanto lasciarsi umiliare; guarire dai vari rancori e riconciliarsi con tutti e con tutto.
[947] La disciplina dei sentimenti si integra con la disciplina del corpo. In concreto, quest’ultima comprende i seguenti elementi: sobrietà nel cibo, nell’abbigliamento, nelle comodità, nei consumi superficiali e banali; controllo degli sguardi e delle conversazioni; rinuncia agli interessi inutili e pericolosi; dominio dell’istinto sessuale.
Esercizio delle virtù
[948] Questo lavoro complesso e paziente di purificazione va verso una progressiva unificazione e dilatazione interiore. Non si tratta di fare il vuoto o di annullare se stessi, alla maniera delle tradizioni ascetiche orientali, ma di acquistare il dominio di sé, per essere veramente liberi di donarsi a Dio e ai fratelli, per conformarsi sempre più a Cristo crocifisso e risorto.
CCC, 1811CCC 1828CCC 2015
[949] La formazione spirituale procede per la triplice via della preghiera, del dominio di sé, dell’esercizio pratico delle virtù.
Crescente spontaneità
[950]  «Non che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione; solo mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch’io sono stato conquistato da Gesù Cristo» (Fil 3,12).
Il progresso della vita spirituale è dono di Dio, a cui il cristiano è chiamato a cooperare. Accogliendo i primi doni, ci disponiamo a riceverne di più grandi: è questo il concetto di merito.
Più ci avviciniamo a Dio e più camminiamo speditamente
nota
Cf. San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, II-II, q. 24, a. 4.
: compiere il bene diventa sempre più connaturale e spontaneo. La pratica della carità e di tutte le virtù è sempre più sostenuta dai doni dello Spirito Santo, come una nave che avanza a vele spiegate, sospinta più dalla forza del vento che dalle braccia dei rematori.
Carità perfetta
[951] Si giunge così alla perfetta unione sponsale con Dio nella carità: unione non intimistica, ma aperta all’amore di tutte le creature, nella semplicità della vita quotidiana. Le modalità di attuazione sono estremamente varie.
In alcuni cristiani prevalgono i doni operativi dello Spirito Santo: la dedizione a Dio si esprime soprattutto mediante l’attività in campo ecclesiale, familiare, professionale, sociale, culturale, politico, con totale disinteresse, fino al sacrificio più arduo.
[952] «Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22).
Conversione fondamentale
[930] Mentre smaschera il peccato, la fede ci fa conoscere la misericordia di Dio; mentre abbatte l’orgoglio e la presunzione, ci solleva dallo scoraggiamento e dalla disperazione.
Dio ama i peccatori, prima ancora che si convertano. Li va a cercare, come il pastore cerca la pecora smarrita
nota
Cf. Lc 15,4-7.
. Li converte e li rende giusti. Da soli non riuscirebbero mai a liberarsi dal peccato
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. VI, Decr. Sulla giustificazione, Can. 3; 10 - DS 1553; 1560.
: prigionieri di un egoismo tenace e di una logica tutta terrestre, immersi in un contesto sociale corrotto, non potrebbero mai rovesciare il proprio centro di interesse e i propri criteri di valutazione; morti alla vita di comunione con Dio, non potrebbero mai risuscitare se stessi. Ma lo Spirito Santo li raggiunge con la sua forza e li guida sulla via del ritorno: cooperando con la sua grazia, essi prendono coscienza dei loro peccati, ne provano rimorso, si aprono alla fiducia, al desiderio di riconciliarsi con Dio
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. VI, Decr. Sulla giustificazione, Can. 4; 9 - DS 1554; 1559.
. Finalmente viene il momento in cui rinnegano il peccato, assumono un progetto di vita conforme al vangelo ed entrano in un atteggiamento filiale verso Dio e fraterno verso il prossimo. È la conversione fondamentale, la giustificazione. Per i cristiani avviene solo in connessione con il sacramento della riconciliazione: o nella celebrazione di esso o prima della celebrazione mediante il dolore perfetto, che include il proposito di confessarsi al più presto
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. VI, Decr. Sulla giustificazione, Can. 24; 26 - DS 1574; 1576.
. Come Pietro, «anche tu, se vuoi meritare il perdono, cancella le tue colpe con le lacrime: in quel momento Cristo ti guarda. Se incappi in qualche colpa, egli testimone presente di tutta la tua vita segreta, ti guarda per ricordarti l’errore e spingerti a confessarlo»
nota
Sant’Ambrogio, Commento al Vangelo di Luca, 10, 89.
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CCC, 1427-1429
Conversione continua
[932]  Una volta convertiti dobbiamo convertirci ancora. «La conversione si esprime fin dall’inizio con una fede totale e radicale, che non pone né limiti né remore al dono di Dio. Al tempo stesso, però, essa determina un processo dinamico e permanente che dura per tutta l’esistenza, esigendo un passaggio continuo dalla “vita secondo la carne” alla “vita secondo lo Spirito”»
nota
Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 46.
. In questo spirito la Chiesa ogni anno propone a tutti la Quaresima quale segno liturgico della conversione.
Dobbiamo renderci conto della precarietà della vita nuova in noi, sempre bisognosa di uno speciale aiuto di Dio
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. VI, Decr. Sulla giustificazione, Can. 22 - DS1572.
. Questa umile consapevolezza costituisce il fondamento permanente del nostro cammino: «Il primo passo è l’umiltà; il secondo passo è ancora l’umiltà; il terzo ancora l’umiltà; e per quanto tu chieda, io darò sempre la stessa risposta: l’umiltà»
nota
Sant’Agostino, Lettere, 118, 22.
.
Dobbiamo ritenerci ancora lontani dalla meta e progredire verso di essa. «Fratelli, state lieti, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda» (2Cor 13,11). La carità vuole crescere. Chi rinuncia deliberatamente a progredire, non ha la carità; è ancora schiavo del peccato. Il progresso poi consiste nel cercare di evitare ogni peccato mortale e ogni peccato veniale deliberato, e nel fare il bene con motivazioni sempre più pure.
[933] Se da un lato dobbiamo impegnarci seriamente nel cammino della perfezione, dall’altro occorre essere pazienti. Ordinariamente il cammino procede faticoso e lento; conosce crisi, ritardi, ricadute. Una certa distanza tra l’ideale e la prassi rimarrà sempre. Riconoscere lucidamente la propria debolezza serve per rimanere umili, per essere miti con gli altri, per confidare in Dio, che ci ama così come siamo.
Cooperare con la grazia
[812]  Lo Spirito rende giusto l’uomo peccatore; anima e sostiene interiormente l’uomo nuovo. Accompagna il nostro cammino di santificazione dal principio alla fine: prepara la nostra giustificazione, la realizza, la mantiene, la perfeziona fino alla gloria celeste. Agisce nell’intimo con le sue mozioni, tradizionalmente dette “grazie attuali”: illumina l’intelligenza, attrae le tendenze spontanee, opera il bene insieme con noi, dà gioia e pace. I nostri buoni comportamenti sono i suoi frutti
nota
Cf. Gal 5,22.
. Il nostro agire virtuoso non è solo nostro; «è Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo i suoi benevoli disegni» (Fil 2,13).
CCC, 2000-2005
Conversione fondamentale
[930] Mentre smaschera il peccato, la fede ci fa conoscere la misericordia di Dio; mentre abbatte l’orgoglio e la presunzione, ci solleva dallo scoraggiamento e dalla disperazione.
Dio ama i peccatori, prima ancora che si convertano. Li va a cercare, come il pastore cerca la pecora smarrita
nota
Cf. Lc 15,4-7.
. Li converte e li rende giusti. Da soli non riuscirebbero mai a liberarsi dal peccato
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. VI, Decr. Sulla giustificazione, Can. 3; 10 - DS 1553; 1560.
: prigionieri di un egoismo tenace e di una logica tutta terrestre, immersi in un contesto sociale corrotto, non potrebbero mai rovesciare il proprio centro di interesse e i propri criteri di valutazione; morti alla vita di comunione con Dio, non potrebbero mai risuscitare se stessi. Ma lo Spirito Santo li raggiunge con la sua forza e li guida sulla via del ritorno: cooperando con la sua grazia, essi prendono coscienza dei loro peccati, ne provano rimorso, si aprono alla fiducia, al desiderio di riconciliarsi con Dio
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. VI, Decr. Sulla giustificazione, Can. 4; 9 - DS 1554; 1559.
. Finalmente viene il momento in cui rinnegano il peccato, assumono un progetto di vita conforme al vangelo ed entrano in un atteggiamento filiale verso Dio e fraterno verso il prossimo. È la conversione fondamentale, la giustificazione. Per i cristiani avviene solo in connessione con il sacramento della riconciliazione: o nella celebrazione di esso o prima della celebrazione mediante il dolore perfetto, che include il proposito di confessarsi al più presto
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. VI, Decr. Sulla giustificazione, Can. 24; 26 - DS 1574; 1576.
. Come Pietro, «anche tu, se vuoi meritare il perdono, cancella le tue colpe con le lacrime: in quel momento Cristo ti guarda. Se incappi in qualche colpa, egli testimone presente di tutta la tua vita segreta, ti guarda per ricordarti l’errore e spingerti a confessarlo»
nota
Sant’Ambrogio, Commento al Vangelo di Luca, 10, 89.
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CCC, 1427-1429
Direzione spirituale
[934] Il cammino, a parte vocazioni molto particolari, non deve essere solitario. I fratelli sono poveri come noi, ma sono cooperatori di Dio per la nostra santificazione. È importante l’inserimento in un gruppo di formazione, in una esperienza concreta di Chiesa. È prezioso, e almeno in alcuni momenti necessario, un consigliere o direttore spirituale. Si tratta di un educatore che, servendosi prevalentemente del dialogo, aiuta a discernere la volontà di Dio e a compierla. Viene scelto liberamente e mantenuto stabilmente, perché possa conoscere bene, consigliare con chiarezza, istruire, stimolare, verificare, correggere con gradualità. È preferibile che sia un sacerdote, anzi il confessore; ma può essere anche un’altra persona, purché abbia le qualità necessarie: pietà, zelo, umiltà, equilibrio, scienza, esperienza, bontà, disinteresse, riservatezza. Al consigliere spirituale si deve aprire il cuore con sincerità e fiducia. Le sue direttive vanno seguite con docilità.
[935] Infine, il cammino spirituale per non rimanere velleitario, deve darsi un’appropriata disciplina. Contro la pigrizia e le eventuali crisi di scoraggiamento occorre seguire un programma personale di vita, realistico, commisurato alle proprie possibilità, flessibile, ma con alcuni punti fermi. Ognuno deve camminare con il suo passo, ma con perseveranza.