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CATECHISMO DEGLI ADULTI

CATECHISMO DEGLI ADULTI
INDICE TEMATICO
Z



Catechismo degli Adulti


Una vita più bella
[143]  Chi si converte, si apre alla comunione: ritrova l’armonia con Dio, con se stesso, con gli altri e con le cose; riscopre un bene originario, che in fondo da sempre attendeva. Zaccheo, capo degli esattori delle tasse a Gèrico, non aveva fatto altro che accumulare ricchezze, sfruttando la gente e procurandosi esecrazione da parte di tutti. Quando Gesù gli si mostra amico e va a cena da lui, comincia a vedere la vita con occhi nuovi: «Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto» (Lc 19,8). Zaccheo deve rinunciare, almeno in parte, alle sue ricchezze; ma non si tratta di una perdita. Solo adesso, per la prima volta, è veramente contento, perché si sente rinascere come figlio di Dio e come fratello tra i fratelli
nota
Cf. Lc 19,1-10.
.
La bellezza e il fascino del regno di Dio consentono di compiere con gioia le rinunce e le fatiche più ardue. Il bracciante agricolo che è andato a lavorare a giornata e zappando ha scoperto un tesoro, corre a vendere tutti i suoi averi per acquistare il campo e quindi impadronirsi del tesoro; il mercante, che ha trovato una perla di grande valore, vende tutto quello che possiede per poterla comprare. Il discepolo, che ha preso su di sé il «giogo» di Gesù, lo porta agevolmente, come un «carico leggero» (Mt 11,29-30).
Le rinunce, che Gesù chiede, sono in realtà una liberazione per crescere, per essere di più. Il sacrificio è via alla vera libertà, nella comunione con Dio e con gli altri. Chi riconosce Dio come Padre e fa la sua volontà, sperimenta subito il suo regno e riceve energie per una più alta moralità, per una storia diversa, personale e comunitaria, che ha come meta la vita eterna.
CdA, 948
CONFRONTAVAI
Convivenza fraterna
[161] Se Gesù di Nàzaret dona e nello stesso tempo esige il distacco dalle ricchezze, dall’ambizione, dagli affetti disordinati, dai pregiudizi culturali e religiosi, lo fa in nome di una libertà che si attua nella comunione con i fratelli e con Dio.
Quelli che si convertono al regno di Dio e obbediscono alla sua 4-91.pngvolontà, costituiscono una famiglia più salda che non la parentela fondata sui legami di sangue
nota
Cf. Mc 3,35.
. Quanti tra loro sono chiamati a lasciare il lavoro, la casa e la condizione ordinaria di vita, non finiscono per rimanere soli, ma trovano una famiglia più grande, la comunità dei discepoli. Questa è la promessa di Gesù: «Non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna» (Mc 10,29-30).
Neppure tra i seguaci di Gesù mancano egoismi e tensioni, ma la legge che regola i rapporti è quella della carità. Chi decide di seguirlo, sa che deve impegnarsi seriamente per una forma di vita, che prevede servizio scambievole, correzione fraterna, perdono, riconciliazione, attenzione ai più deboli.
CdA, 850
CONFRONTAVAI
Premura per tutti
[162]  Questo atteggiamento deve valere verso tutti, anche verso gli estranei: lo insegna con mirabile efficacia la parabola del samaritano.
Un uomo viene aggredito dai briganti e lasciato mezzo morto lungo la strada. Lo vedono due passanti della sua stessa religione e nazionalità, ma tirano via senza curarsi di lui. Giunge un samaritano, uno straniero, per di più considerato eretico: si ferma, si avvicina, carica il ferito sulla cavalcatura, lo porta alla locanda, lo fa curare a proprie spese.
È necessario farsi carico di ogni uomo che incontriamo, al di là di qualsiasi differenza razziale, sociale e religiosa. È sbagliato chiedersi chi sia prossimo a noi; siamo noi che dobbiamo farci prossimi di chiunque, anche di chi è estraneo, perfino dei nostri nemici. Il modello è l’amore stesso di Dio: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro» (Lc 6,36).
Amare concretamente
[163]  Che cosa voglia dire amare, Gesù lo esemplifica nelle parole del giudizio finale: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,35-36); e lo riassume formulando in termini positivi la cosiddetta “regola d’oro”: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti» (Mt 7,12).
Amare, dunque, significa fare concretamente il bene, con premura e creatività. La misura è Gesù stesso: «Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34).
CdA, 871
CONFRONTAVAI
[164] I discepoli di Gesù vivono in comunione tra loro come fratelli e sono attivamente solidali con tutti, come il samaritano della parabola evangelica.
Comunione con Cristo e con i fratelli
[691]  La comunione eucaristica ha un carattere tutt’altro che intimistico e sentimentale. Far comunione con il Signore crocifisso e risorto significa donarsi con lui al Padre e ai fratelli: «A noi, che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo, perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito. Egli faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito»
nota
Messale Romano, Preghiera eucaristica III.
.
Il Signore Gesù viene a vivere in noi e ci assimila a sé: «La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me» (Gv 6,55-57). La vita che egli comunica è la sua carità verso il Padre e verso tutti gli uomini.
[692]  Unendoci a sé, Gesù Cristo ci unisce anche tra noi: lo esprime bene 16-331.pngil segno del pane e del vino, condivisi in un convito fraterno. I molti diventano un solo corpo in virtù dell’unico pane
nota
Cf. 1Cor 10,17.
: «Mistero di amore! Simbolo di unità! Vincolo di carità!»
nota
Sant’Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni, 26, 13.
. Come i chicchi di grano si fondono in un solo pane e gli acini d’uva in un solo vino, così noi diventiamo uno in Cristo
nota
Cf. Didachè, 9, 4.
. L’eucaristia presuppone, rafforza e manifesta l’unità della Chiesa
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. XIII, Decr. Sul sacramento dell’eucaristia, Proemio - DS 1635.; Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 3.
. Esige l’unità della fede e impegna a superare le divisioni contrarie alla carità
nota
Cf. 1Cor 11,18.
.
[693]  In sintonia con la carità universale di Cristo, la Preghiera eucaristica si fa intercessione per il mondo e per la Chiesa universale e particolare, per i presenti e per gli assenti, per i vivi e per i defunti: «Per questo sacrificio di riconciliazione dona, Padre, pace e salvezza al mondo intero. Conferma nella fede e nell’amore la tua Chiesa pellegrina sulla terra: il tuo servo e nostro papa, il nostro vescovo, il collegio episcopale, tutto il clero e il popolo che tu hai redento. Ascolta la preghiera di questa famiglia, che hai convocato alla tua presenza. Ricongiungi a te, Padre misericordioso, tutti i tuoi figli ovunque dispersi. Accogli nel tuo regno i nostri fratelli defunti e tutti i giusti che, in pace con te, hanno lasciato questo mondo»
nota
Messale Romano, Preghiera eucaristica III.
. Farsi uno con Cristo vuol dire aprire il cuore alle dimensioni dell’umanità intera.
[694]  Gli atteggiamenti espressi dalla Preghiera eucaristica animano anche i successivi riti di comunione: la preghiera del Padre nostro, il segno della pace, la frazione del pane, la comunione sacramentale. Verso quest’ultima tende tutta la celebrazione. Perciò la Chiesa raccomanda vivamente di ricevere la comunione eucaristica ogni volta che si partecipa alla santa Messa
nota
Cf. Messale Romano, Principi e norme, 56.
, accostandosi anche al calice, quando il rito lo prevede
nota
Cf. Messale Romano, Principi e norme, 241-252.
.
[695]  D’altra parte si comprende come senza le dovute disposizioni la comunione sacramentale sarebbe inautentica. Già san Paolo esortava i cristiani: «Ciascuno, pertanto, esamini se stesso... perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1Cor 11,28-29). Chi è consapevole di aver commesso peccato mortale, prima di accostarsi alla comunione eucaristica, deve pentirsi e tornare in grazia di Dio. Più precisamente deve recarsi dal sacerdote e ricevere l’assoluzione; non può limitarsi a fare il proposito di confessarsi al più presto, a meno che in una particolare situazione non sopravvengano motivi gravi.
Desta preoccupazione la disinvoltura, con cui alcune persone, che non si confessano da lungo tempo, vanno a fare la comunione, soprattutto in occasione di feste solenni, di matrimoni e di funerali.
Sono doverosi anche alcuni segni esteriori di rispetto: osservare la legge del digiuno eucaristico, che obbliga a non prendere cibi e bevande, eccetto l’acqua, durante l’ora che precede la comunione; rispondere: «Amen» alle parole del ministro; presentare le mani pulite per ricevere il pane eucaristico; essere attenti ad eventuali frammenti, in modo da metterli in bocca e non lasciarli cadere.
[694]  Gli atteggiamenti espressi dalla Preghiera eucaristica animano anche i successivi riti di comunione: la preghiera del Padre nostro, il segno della pace, la frazione del pane, la comunione sacramentale. Verso quest’ultima tende tutta la celebrazione. Perciò la Chiesa raccomanda vivamente di ricevere la comunione eucaristica ogni volta che si partecipa alla santa Messa
nota
Cf. Messale Romano, Principi e norme, 56.
, accostandosi anche al calice, quando il rito lo prevede
nota
Cf. Messale Romano, Principi e norme, 241-252.
.
[695]  D’altra parte si comprende come senza le dovute disposizioni la comunione sacramentale sarebbe inautentica. Già san Paolo esortava i cristiani: «Ciascuno, pertanto, esamini se stesso... perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1Cor 11,28-29). Chi è consapevole di aver commesso peccato mortale, prima di accostarsi alla comunione eucaristica, deve pentirsi e tornare in grazia di Dio. Più precisamente deve recarsi dal sacerdote e ricevere l’assoluzione; non può limitarsi a fare il proposito di confessarsi al più presto, a meno che in una particolare situazione non sopravvengano motivi gravi.
Desta preoccupazione la disinvoltura, con cui alcune persone, che non si confessano da lungo tempo, vanno a fare la comunione, soprattutto in occasione di feste solenni, di matrimoni e di funerali.
Sono doverosi anche alcuni segni esteriori di rispetto: osservare la legge del digiuno eucaristico, che obbliga a non prendere cibi e bevande, eccetto l’acqua, durante l’ora che precede la comunione; rispondere: «Amen» alle parole del ministro; presentare le mani pulite per ricevere il pane eucaristico; essere attenti ad eventuali frammenti, in modo da metterli in bocca e non lasciarli cadere.
[739] La Chiesa è segno efficace della salvezza, non solo perché l’annuncia e la celebra, ma anche perché la vive.
Mediante la Parola e i sacramenti, il Signore comunica ai credenti la vita di comunione con Dio, frutto della sua Pasqua. Il dono viene accolto nella fede e tradotto in atteggiamenti, opere e rapporti animati dalla carità. Gli uomini, non più chiusi nella solitudine e ripiegati su se stessi, diventano famiglia di Dio.
L’eterna comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo viene vissuta in una comunione di fratelli, penetra nella storia e si manifesta nel segno concreto e visibile della comunità cristiana e della sua testimonianza, nonostante tutti i limiti culturali e morali della condizione umana.
[740] La Chiesa non è solo uno strumento per preparare il regno di Dio; è già il Regno stesso presente in mistero, il primo germoglio che va lentamente crescendo e aspira al compimento perfetto. È la città luminosa sul monte, in cui il Signore ha posto la sua dimora, per attirare a sé tutte le genti.
Chi però osserva solo dal di fuori le sue vicende storiche, i suoi ordinamenti e i suoi riti, rischia di lasciarsi sfuggire la realtà intima, che dà significato a tutto. Conoscono davvero la Chiesa solo quelli che partecipano alla sua vita di fede, speranza e carità. Il loro cuore è pervaso di commozione nella certezza di appartenere a un popolo che, animato dallo Spirito Santo e conformato sempre più a Cristo, è in cammino verso il Padre. Si sentono coinvolti in una intensa comunicazione di beni spirituali e materiali dentro la famiglia di Dio, famiglia immensa che abbraccia anche i santi del cielo e i defunti del purgatorio. Anelano alla perfezione definitiva, che contemplano pienamente realizzata nella Vergine Maria, la prima dei redenti, la più sublime attuazione della Chiesa, la presenza materna che l’accompagna nel suo cammino storico.
In questa sezione consideriamo la Chiesa come comunione di carità, che congiunge gli uomini a Dio e tra di loro (capitolo 19); al centro di essa vediamo la Madre del Signore nella singolarità della sua santità e della sua missione (capitolo 20).
[741] La comunità cristiana è un segno, che nello stesso tempo rivela e nasconde. Siamo invitati a oltrepassare l’esperienza superficiale e a fissare lo sguardo della fede sulle meraviglie attuate da Dio per amore dei suoi figli.
Singolare appartenenza
[742] La Chiesa è riunita intorno a Cristo. Si tratta di un legame soltanto morale o di una realtà più profonda?
Il popolo di Dio porta con sé nella storia un mistero di comunione. Una voce potente ferma Paolo sulla via di Damasco: «”Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”. Rispose: “Chi sei, o Signore?”. E la voce: “Io sono Gesù, che tu perseguiti!”» (At 9,4-5). Le persecuzioni contro i cristiani feriscono personalmente Cristo stesso, perché la Chiesa è misteriosamente unita a lui, è suo corpo.
Il Signore morto e risorto attrae a sé tutti coloro che non si chiudono nel rifiuto: «Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32). Così potente è la sua carità, che i credenti vengono assunti in lui e lui viene a vivere in essi: «Rimanete in me e io in voi... Io sono la vite, voi i tralci» (Gv 15,4-5).
Il suo corpo individuale, cioè la sua concreta umanità personale, 19-367.pngconsegnato alla morte e glorificato presso Dio, può accogliere in sé la moltitudine, per la quale si è offerto in sacrificio. Questa unità ha inizio con il battesimo e si perfeziona con l’eucaristia ed è così intima, che Paolo arriva a dire ai cristiani: «Voi siete corpo di Cristo» (1Cor 12,27); «Tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). Più tardi, esprimendo la stessa verità con un linguaggio in parte diverso, le lettere paoline della prigionia presenteranno Cristo come capo, cioè principio vitale e direttivo, e la Chiesa come corpo, prolungamento vivo di lui, sociale e visibile.
Questa visione di fede è rimasta nella Tradizione fino ai nostri giorni. Secondo la dottrina del concilio Vaticano II, «la santa Chiesa, che è comunità di fede, speranza e carità, è stata voluta da Cristo unico mediatore come un organismo visibile sulla terra; egli lo sostenta incessantemente e se ne serve per espandere su tutti la verità e la grazia. Ma la società gerarchicamente organizzata da una parte e il corpo mistico dall’altra, l’aggregazione visibile e la comunità spirituale, la Chiesa della terra e la Chiesa ormai in possesso dei beni celesti, non si devono considerare come due realtà; esse costituiscono al contrario un’unica realtà complessa, fatta di un duplice elemento, umano e divino»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 8.
. La comunità storica, concretamente identificabile, è segno di una misteriosa partecipazione alla comunione d’amore delle Persone divine.
Lo Spirito dell’unità
[743]  Il vincolo, con cui il Signore incorpora a sé i credenti, è lo Spirito Santo. Ecco a riguardo tre formule assai incisive. La prima è di san Paolo: siamo stati immersi in «un solo Spirito» per essere inseriti in «un solo corpo» (1Cor 12,13). La seconda è di sant’Ireneo: «Come dalla farina non si può fare, senz’acqua, un solo pane, così noi, che siamo molti, non potevamo diventare uno in Cristo Gesù, senza l’acqua che viene dal cielo»
nota
Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 17, 2.
. La terza è del concilio Vaticano II: «Comunicando il suo Spirito», il Figlio di Dio «costituisce i suoi fratelli misticamente suo corpo»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 7.
.
Il corpo ecclesiale di Cristo è dunque animato dallo Spirito Santo: «unico e identico nel capo e nelle membra, egli dà a tutto il corpo vita, unità e moto»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 7.
, un po’ come fa l’anima nel corpo umano individuale. Quando ci comportiamo da veri seguaci di Cristo, lo Spirito ama, prega e opera insieme a noi. Egli è il “paraclito”, l’amico accanto a noi, o meglio dentro di noi, perché «inabita nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 4.
.
CdA, 338
CONFRONTAVAI
Uniti e distinti
[744]  Uniti intimamente a Cristo mediante lo Spirito, i fedeli non rischiano di perdere la loro personalità, libertà e originalità, perché lo Spirito, mentre unisce, crea anche la varietà dei doni, delle vocazioni, dei servizi. Cristo e la Chiesa si appartengono reciprocamente ma rimangono distinti, come lo sposo e la sposa diventano “una sola carne” ma sono uno di fronte all’altro. L’immagine nuziale integra opportunamente quella del corpo.
Nel Nuovo Testamento vi sono anche altre immagini per evocare il mistero della Chiesa nel suo rapporto con Cristo e con le altre persone divine: ovile
nota
Cf. Gv 10,1-10.
, gregge, vigna scelta, tralci della vite
nota
Cf. Gv 15,1-8.
, campo di Dio
nota
Cf. 1Cor 3,9.
, ulivo
nota
Cf. 2Cor 3,1-3.
, lettera di Cristo, tempio e casa di Dio, città santa
nota
Cf. Ap 21,1-2.
. A volte viene sottolineata di più l’unità, altre volte la distinzione, ma ambedue sono essenziali. La comunione è unità dei distinti, attuata dallo Spirito Santo.
Già l’amicizia umana è capace di creare una certa unità. Gli amici si incontrano, stanno volentieri insieme, si confidano i segreti più intimi; anzi si trasferiscono in qualche modo uno nell’altro, si identificano affettivamente, fino a diventare “un’anima in due corpi”. In questa prospettiva, ma a ben diversa profondità, possiamo collocare le parole di Gesù ai suoi discepoli: «Vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15); «Io sono nel Padre e voi in me e io in voi» (Gv 14,20). Lo Spirito, che unisce il Figlio al Padre, in modo simile unisce i discepoli al Figlio per ricondurli al Padre.
CCC, 753-757CdA, 499-502
CONFRONTAVAI
[745] «La Chiesa intera appare come un popolo radunato dall’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo»
nota
Concilio Vaticano II , Lumen gentium , 4. Cf. San Cipriano di Cartagine , La preghiera del Signore , 23.
.
Comunione di beni spirituali e materiali
[746]  La comunione di carità con Cristo e con il Padre nello Spirito si prolunga in una comunione fraterna di uomini e si manifesta nella storia. «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21). È impossibile essere amici di Dio se non si è amici tra credenti. Anzi è impossibile aderire a Cristo senza avvicinarsi a tutti gli uomini, specie ai sofferenti
nota
Cf. Mt 25,40.
, perché egli ha voluto farsi uno con tutti nella sua appassionata carità. Chi vive in Cristo ama il prossimo con un amore gratuito, fedele, misericordioso e pratico, simile al suo.
[747]  La Chiesa, nella sua più intima verità, è comunione con Dio, vissuta dentro una comunione tra persone umane; comunione di fede amante e operosa, che riceve la carità di Dio e la prolunga nella carità fraterna in modo visibile e tangibile, mettendo in circolazione beni spirituali, culturali e materiali. Tutto ciò che siamo o facciamo entra in questa comunione: il lavoro delle madri e dei padri di famiglia, la predicazione dei pastori, la preghiera dei monaci, lo studio dei teologi, la creazione degli artisti, la ricerca degli scienziati, l’attenzione degli educatori, la premura dei medici, il servizio dei volontari, la saggezza dei politici... Tutti possono donare e ricevere; tutti sono preziosi, anche gli emarginati, i malati, gli anziani; anzi «molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi» (Mc 10,31). Lutero, sebbene contestasse le indulgenze, non mise mai in discussione il mistero della comunione dei santi, anzi ne traeva grande conforto: «Il mio peso, altri lo portano, la loro forza è la mia. La fede della Chiesa viene in soccorso alla mia angoscia, la castità altrui mi sorregge nelle tentazioni della mia lascivia, gli altrui digiuni tornano a mio vantaggio, un altro si prende cura di me nella preghiera... Chi dunque potrà disperare nei peccati? Chi non gioirà nelle pene, dal momento che egli non porta più i suoi peccati né le sue pene, o se li porta non li porta da solo, aiutato com’è da così numerosi santi figli di Dio e soprattutto dallo stesso Cristo. Tanto grande è la comunione dei santi e la Chiesa di Cristo!»
nota
M. Lutero, Libretto consolatorio per gli affaticati e gli oppressi, 6.
.
Esperienza della comunione dei santi
[748] La comunione rimane nascosta nella profondità di Dio e si incarna nelle vicende della storia; è dono che viene dallo Spirito e compito che è realizzato dai credenti nei limiti e nella precarietà della condizione umana. Si chiama opportunamente “comunione dei santi”, perché vi partecipano in pienezza le persone sante, che vivono nella grazia di Dio. Ma rimangono in essa anche i peccatori, in quanto sono amati da Dio e dai fratelli. La carità porta il peso dei peccati e mantiene aperta la possibilità di conversione.
[749] La Chiesa non si regge sull’equilibrio delle forze e sul compromesso tra interessi contrastanti, ma sul reciproco dono di sé, a somiglianza delle Persone divine. Una comunità diventa figura storica della Trinità e risplende di bellezza nella misura in cui la carità tra i cristiani viene sperimentata concretamente.
La spiritualità di comunione è particolarmente attuale oggi, nell’anonimato della società di massa. Anonimato vuol dire povertà di rapporti umani, superficialità di incontri occasionali o strumentali, solitudine in mezzo a una folla in continuo movimento. Quando i cristiani diventano «un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32), rivelano il volto di Dio e attirano gli uomini a lui.
Il dono dell’unità viene dato a tutti; ad alcuni poi è affidato come carisma particolarmente intenso e fecondo. Il luogo ordinario di questa esperienza è la parrocchia.
Germi di comunione fuori della Chiesa
[750]  Semi di comunione germogliano anche fuori della Chiesa. Tutti gli uomini sono creati a immagine di Dio e portano con sé la segreta nostalgia della vita divina. Quando si amano con amore sincero e definitivo, si accostano, anche senza saperlo, al mistero della comunione trinitaria. «Chi teme[Dio]e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto» (At 10,35).
La Chiesa si rallegra, quando vede fiorire i beni della concordia; è attenta a scrutare ulteriori possibilità di crescita; offre volentieri la sua cooperazione. Confida nello Spirito, che agisce ovunque, liberamente, come «il vento», che «soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va» (Gv 3,8).
CCC, 843
[751] La comunione con Dio si esprime nella carità fraterna dei credenti, che condividono beni spirituali, culturali e materiali.
La festa iniziata
[752]  La comunione germoglia nel tempo e tende alla pienezza definitiva, tra le resistenze dell’umana debolezza. Sarà perfetta solo 19-370.png nell’eternità; allora «saremo simili» a Dio e «lo vedremo così come egli è» (1Gv 3,2).
Il Signore ha già concluso irrevocabilmente il patto di nozze con la Chiesa, ma ancora non l’ha introdotta nella sua casa: l’ha posta in una situazione analoga a quella delle spose ebree nel tempo più o meno lungo che intercorreva tra il contratto e la festa nuziale. Intanto la circonda di premure, perché diventi più bella e possa comparire davanti a lui al momento giusto «tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Ef 5,27).
La Chiesa, da parte sua, anela alla gioia ineffabile della perfetta comunione. Celebra nella festa il senso ritrovato della vita e della storia. E, mentre loda e ringrazia l’Amore creatore e salvatore, sente di ricevere nuove energie per il suo difficile cammino. «Alleluia. Ha preso possesso del suo regno il Signore, il nostro Dio, l’Onnipotente. Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché son giunte le nozze dell’Agnello; la sua sposa è pronta, le hanno dato una veste di lino puro splendente» (Ap 19,6-8). Questo canto di lode risuona nell’immensa assemblea celeste; ma ad esso si associa anche l’assemblea dei credenti sulla terra.
CCC, 1042-1045
Chiesa in cammino, nella purificazione e nella gloria
[753] Nella preghiera eucaristica si fa menzione del papa e del vescovo, dei presenti e degli assenti, dei santi e dei defunti. In molte chiese, popolate di immagini sacre, arcane presenze sembrano aggiungersi all’assemblea dei fedeli. La comunione di carità in Cristo supera ogni barriera, anche quella della morte.
«Alcuni tra i suoi discepoli sono ancora in cammino sulla terra, altri hanno lasciato questa vita e sono sottoposti a purificazione, altri infine godono la gloria del cielo contemplando chiaramente Dio stesso uno e trino così come egli è; tutti però, in gradi e modi diversi, comunichiamo nella stessa carità verso Dio e verso il prossimo e cantiamo al nostro Dio lo stesso inno di gloria. Infatti coloro che sono di Cristo e ne possiedono lo Spirito, formano insieme una sola Chiesa e in lui sono congiunti gli uni agli altri. L’unione quindi di quelli che sono ancora in cammino con i fratelli che sono morti nella pace di Cristo non viene interrotta, ma, come crede da sempre la Chiesa, viene invece consolidata dalla comunicazione nei beni spirituali»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 49.
.
La Chiesa, nella triplice condizione di cammino storico, di purificazione ultraterrena e di gloria celeste, è una sola grande famiglia, con un’intensa comunicazione di beni.
Noi pellegrini sulla terra veneriamo i santi del cielo, invochiamo la loro intercessione, imitiamo il loro esempio. Aiutiamo i defunti bisognosi di purificazione con la preghiera di suffragio e con il nostro impegno di conversione e di carità.
Da parte loro i giusti, morti in pace con Cristo, sono diventati più vicini a Dio e quindi anche a noi; operano nella storia con maggiore efficacia di quando erano sulla terra, a somiglianza del Signore Gesù che ha dispiegato la sua potenza salvifica soprattutto dopo la sua morte e risurrezione. La loro carità è più perfetta di prima e li spinge a partecipare intensamente alla fatica dei vivi e a intercedere per loro presso Dio.
CdA, 973
CONFRONTAVAI
Un’immensa assemblea
[754]  L’odierna cultura dell’effimero sembra non aver memoria per i padri che ci hanno preceduto, né premura per le generazioni che verranno. La fede della Chiesa ci mette invece in comunione con tutti e con tutto. Noi pellegrini nel tempo ci ritroviamo insieme con gli angeli, i santi e i defunti in un’immensa assemblea, in una festa cosmica. «Voi vi siete accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, al Mediatore della nuova alleanza» (Eb 12,22-24).
Soprattutto, la Chiesa si sente in comunione con la Vergine Maria, la sua prima e più perfetta realizzazione, che, assunta alla gloria celeste in anima e corpo, la precede alle nozze eterne e nello stesso tempo l’accompagna con materna premura durante il suo cammino storico. «In te si rallegra, o piena di grazia, ogni creatura»
nota
Liturgia bizantina, Inno “In te si rallegra”.
, canta un inno della liturgia bizantina, trascritto in un’icona luminosissima, nella quale Maria siede in trono con il Figlio sulle ginocchia, in mezzo alla celeste Gerusalemme e a una vegetazione paradisiaca, mentre intorno si accostano angeli, santi del cielo e credenti della terra di ogni condizione. Maria, la Chiesa e il mondo riconciliato sono chiamati ad essere «la dimora di Dio con gli uomini» (Ap 21,3).
CCC, 972CCC 1044
[755] «Noi crediamo alla comunione di tutti i fedeli in Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la loro purificazione e dei beati del cielo; tutti insieme formano una sola Chiesa»
nota
Paolo VI , Credo del popolo di Dio , 30.
.
[756] Nell’assemblea immensa di quanti vivono in comunione con Cristo ha una posizione del tutto singolare la Vergine Maria, madre del Signore e primizia della Chiesa, modello perfetto di vita cristiana e sostegno sicuro a chi è in cammino verso la patria celeste.
Persona storica
[757] Maria non è un mito, ma una donna vera, con una storia personale, anche se dal Nuovo Testamento possiamo ricavare solo alcuni tratti della sua personalità e non propriamente una biografia.
Abita a Nàzaret, città della Galilea di nessun rilievo
nota
Cf. Gv 1,46.
. Appartiene a un ambiente popolare; va sposa a Giuseppe il carpentiere, inserendosi in un clan di ascendenza davidica. Partecipa attivamente ai fatti della vita: fa visita a una parente anziana, va in pellegrinaggio a Gerusalemme, interviene a una festa di nozze. Sa ascoltare e riflettere; ma anche parlare e prendere decisioni coraggiose. Contempla piena di stupore le meraviglie di Dio e attende da lui giustizia per gli oppressi, secondo la spiritualità dei poveri di JHWH. Cerca di comprendere i suoi progetti, pronta a mettersi a disposizione come umile «serva del Signore» (Lc 1,38): è questo l’unico titolo che si attribuisce. Fatica a capire suo figlio Gesù; lo segue con materna premura e con fede eroica; condivide con lui la povertà di Betlemme, l’esilio in Egitto, la quiete nascosta di Nàzaret, lo strazio del Calvario. Infine, a Gerusalemme, è nel nucleo iniziale della comunità cristiana, in preghiera per invocare la venuta dello Spirito di Pentecoste: «Erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui» (At 1,14). Con questa informazione, terminano le notizie che abbiamo su di lei.
CCC, 484
Attuazione esemplare della Chiesa
[758]  Tutto ciò, apparentemente, non è molto. Osserviamo però che 20-377.pngMaria è presente nei momenti decisivi: Natale, Pasqua e Pentecoste; sono i momenti che segnano rispettivamente l’inizio, il compimento e la comunicazione della salvezza. Mentre suo Figlio è l’immagine personale di Dio salvatore, lei è il modello dell’umanità salvata: una di noi, ma redenta e associata a lui in modo del tutto singolare. In lei la Chiesa trova la sua prima e più perfetta realizzazione «nell’ordine della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 63.
. Non per niente il Vangelo di Luca la presenta come la nuova Gerusalemme; il Vangelo di Giovanni la indica come la donna simbolo di Israele; l’Apocalisse la include insieme al popolo di Dio nella figura della donna vestita di sole, che genera il Messia ed è assalita dal drago nel deserto
nota
Cf. Ap 12,1-17.
.
Maria è al centro della Chiesa come in una perenne Pentecoste: «Non si può parlare di Chiesa, se non vi è presente Maria, la Madre del Signore, con i fratelli di lui»
nota
San Cromazio di Aquileia, Discorsi, 30, 1.
. In lei si concentrano i doni di Dio: la presenza dello Spirito, la bellezza interiore della santità, la fede verginale, la carità materna, l’alleanza sponsale, la gloria celeste, la cooperazione alla missione salvifica di Cristo. In lei il mistero della Chiesa risplende di luce purissima. Maria impersona la Chiesa: non è un mito, è invece un modello concreto.
È dentro la Chiesa, ma incomparabilmente più vicina a Cristo degli altri credenti. Ripercorrendo il cammino della sua esistenza, alla luce di questa posizione caratteristica, si comprendono meglio le sue singolari prerogative, che in definitiva si fondano sul mistero della divina maternità.
[759] «In Maria primogenita della redenzione fai risplendere l’immagine vivente
della tua Chiesa: concedi al popolo cristiano di tenere sempre fisso in lei il suo sguardo, per camminare sulle orme del Signore»
nota
Messe della Beata Vergine Maria, 27: Maria Vergine immagine e madre della Chiesa (III), Colletta.
.
Elezione gratuita
[760]  L’angelo dell’annunciazione, rivolge a Maria un invito alla gioia: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,28). Una parafrasi vicina al senso originale di questo saluto potrebbe essere: «Esulta, tu che sei ricolmata dall’amore gratuito di Dio; il Signore è con te, come salvatore sempre fedele all’alleanza».
A fondamento di tutto c’è l’amore gratuito del Padre, la sua grazia, che dona la salvezza «con ogni benedizione spirituale» (Ef 1,3) in Cristo, prima preparandola nell’eternità, poi attuandola nel tempo, infine portandola all’ultimo compimento. Tutti siamo pensati, amati, creati, redenti e glorificati come figli adottivi in comunione con il Figlio unigenito. Il primo atto della grazia del Padre, rivolta a noi in considerazione di Cristo, è l’elezione, la liberissima scelta del suo amore: «In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi» (Ef 1,4-5).
Maria è «piena di grazia», amata e benedetta da Dio insieme a tutti i membri della famiglia umana, ma in modo assolutamente singolare, in quanto è predestinata ad essere la Madre del suo Figlio. «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!» (Lc 1,42), è il saluto di Elisabetta. Dall’eternità nel disegno del Padre è associata all’evento dell’incarnazione redentrice come Madre di Dio fatto uomo.
Umile gratitudine
[761]  Alla meravigliosa liberalità della grazia deve rispondere la lode e la gratitudine delle creature
nota
Cf. Ef 1,61214.
. «Ringrazio continuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù» (1Cor 1,4), dichiara l’apostolo Paolo ai cristiani di Corinto. Anche Maria accoglie la salvezza come dono; è la prima nella schiera dei poveri, la prima a vivere consapevolmente la totale dipendenza da Dio: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva» (Lc 1,46-48). È piena di grazia, ma vuota di sé. Si sente un nulla, sul quale l’Onnipotente ha voluto posare lo sguardo: Dio solo è Dio, «Santo è il suo nome» (Lc 1,49).
[762] «Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d'eterno consiglio»
nota
Dante Alighieri , Paradiso, XXXIII, 1-3.
.
La sposa “tutta bella”
[763] Dio attua il suo disegno nella storia, realizzando l’opera della salvezza. Maria, eletta per essere Madre di Dio, è redenta insieme a tutti gli uomini, ma in modo singolare: è preservata dal peccato.
Il popolo d’Israele, invischiato con tutta l’umanità nell’amara esperienza del male, da secoli portava con sé una divina promessa: «Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore» (Os 2,21-22); «Gioisci, esulta, figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te» (Zc 2,14); «Gioisci, figlia di Sion, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!... Re d’Israele è il Signore in mezzo a te... Non temere!» (Sof 3,14-16).
La promessa si compie in Maria, come fanno intendere le allusioni ai testi profetici nelle parole dell’angelo Gabriele: Gioisci, «il Signore è con te... Non temere...» (Lc 1,2830). In lei si realizza la vocazione d’Israele a diventare la sposa fedele, «tutta bella», non offuscata da «nessuna macchia» (Ct 4,7); in lei appare il primo germoglio della Chiesa, «tutta gloriosa, senza macchia... santa e immacolata» (Ef 5,27), che risplenderà nelle nozze eterne.
L’amore di Dio è creatore. Proprio perché ricolmata di grazia e amata in modo singolare, Maria è realmente tutta santa e tutta bella. Come l’apostolo Paolo, anzi a maggior ragione di lui, può dire: «Per grazia di Dio sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana» (1Cor 15,10).
Preservata dal peccato originale
[764]  Nella tradizione della Chiesa, il comune senso della fede ha sempre riconosciuto in Maria una incomparabile innocenza e santità. A poco a poco è arrivato ad acquisire anche la certezza della sua esenzione dal peccato originale. Finalmente nel 1854 il papa Pio IX ha definito solennemente: «La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio Onnipotente e in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale»
nota
Pio IX, Infallibilis Deus - DS 2803.
. Ai nostri giorni il concilio Vaticano II, oltre l’esenzione dal peccato originale, ha sottolineato che Maria fin dall’inizio è stata adornata «degli splendori di una singolarissima santità»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 56.
.
Maria è figlia di Adamo e nostra sorella, congiunta «con tutti gli uomini bisognosi di essere salvati»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 53.
. Anche lei è redenta da Cristo, ma «redenta in modo ancor più sublime»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 53.
. Non viene tirata fuori dal fango come noi; è preservata dal cadervi. In lei rifulge maggiormente il primato della grazia di Dio: tutti «sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù» (Rm 3,24).
CdA, 389-399
CONFRONTAVAI
Più santa attraverso le prove
[765]  Tuttavia, come una melodia può risuonare solo nell’orecchio e nel cuore di chi ascolta, così la grazia ha bisogno della nostra libera corrispondenza nella concretezza e nella storicità dell’esistenza; esige di essere accolta nella fede che agisce mediante la carità
nota
Cf. Gal 5,6.
. Maria ha avuto il suo personalissimo cammino di fede e di carità: «Ha percorso il suo pellegrinaggio di fede e ha serbato fedelmente la sua unione col Figlio fino ai piedi della croce»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 58.
. È cresciuta anche lei nella santità. Libera dal peccato originale e gratificata di doni eccezionali, ha progredito con passo spedito. Non ha conosciuto ritardi e deviazioni come noi; non ha commesso peccati personali. A ragione il popolo cristiano la venera come la “tutta santa”.
CCC, 964
[766] «Tu hai preservato la Vergine Maria da ogni macchia di peccato originale, perché, piena di grazia, diventasse degna Madre del tuo Figlio. In lei hai segnato l’inizio della Chiesa, sposa di Cristo senza macchia e senza ruga, splendente di bellezza»
nota
Messale Romano , Prefazio della solennità dell’Immacolata.
.
Fede e verginità
[767]  «Per questa grazia siete salvi mediante la fede» (Ef 2,8). La grazia suscita la fede; l’iniziativa dello Sposo provoca la risposta della Sposa. La fede è dedizione sponsale della Chiesa a Cristo. Quando viene mantenuta integra e senza incrinature, costituisce la verginità del cuore
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 64.
. Per questo san Paolo dice ai cristiani di volerli presentare a Cristo «sposo» come una «vergine casta» (2Cor 11,2) e sant’Agostino ricorda che «tutti devono essere vergini secondo la fede, sia donne che uomini»
nota
Sant’Agostino, Discorsi, 213, 7.
. Alcuni credenti però sono chiamati anche ad esprimere la verginità del cuore in quel segno concreto che è l’integrità del corpo.
La fede e la dedizione verginale del popolo di Dio si realizzano in modo unico in Maria, la «sempre Vergine»
nota
Concilio di Costantinopoli II, Condanne contro i “tre Capitoli”, 2 - DS 422.
.
CdA, 1075-1077
CONFRONTAVAI
[768]  Vergine nel cuore e nel corpo, prima, durante e dopo la nascita di 20-380.pngGesù, «lo ha concepito senza seme dallo Spirito Santo; lo ha partorito senza corruzione, rimanendo integra anche dopo il parto la sua verginità»
nota
Sinodo del Laterano, Canoni, 3 - DS 503.
. Questa dottrina, che la Chiesa professa, è garantita dall’assistenza dello Spirito di verità. Per quanto riguarda il concepimento verginale di Gesù, è esplicitamente attestato anche nei Vangeli di Matteo e di Luca.
La verginità prima del parto significa innanzitutto che Gesù è Figlio di Dio e dono gratuito del Padre celeste per la nostra salvezza; ma esprime anche la fede, che lo accoglie con stupore e umile gratitudine, rinunciando a confidare nell’uomo e nel suo orgoglioso potere. La verginità nel parto indica che il dolore, toccato in sorte ad Eva come conseguenza del peccato
nota
Cf. Gen 3,16.
, viene trasfigurato nella gioiosa esperienza del Salvatore, che libera da ogni forma di corruzione. La verginità dopo il parto è segno che Maria si è offerta totalmente alla persona e all’opera del Figlio, rinunciando ad avere altri figli secondo la carne. Pur essendo unita a Giuseppe da un vero legame coniugale, non ha avuto con lui relazioni sessuali; ma insieme a lui si è consacrata al Signore.
Giuseppe sposo di Maria
[769]  Maria e Giuseppe hanno onorato la verginità e il matrimonio: la loro convivenza è stata comunione e amicizia profonda, aiuto reciproco a vivere totalmente per Dio. «Unita a Giuseppe, uomo giusto, da un vincolo di amore sponsale e verginale[Maria]ti celebra con i cantici, ti adora nel silenzio, ti loda con il lavoro delle mani, ti glorifica con tutta la vita»
nota
Messe della Beata Vergine Maria, 8: Santa Maria di Nàzaret, Prefazio.
.
I “fratelli” di Gesù, più volte ricordati nel Nuovo Testamento, sono tali in senso largo: cugini, parenti. Due di essi, Giacomo e Joses, sono espressamente indicati come figli di un’altra donna, anch’essa di nome Maria.
Giuseppe è uomo «giusto» (Mt 1,19) e pieno di fede; accetta di diventare padre legale del Messia, per renderlo erede delle promesse fatte a David. Anche se non genitore, è veramente padre per la carità e l’autorità con cui lo custodisce e lo educa, quale strumento e rappresentante del Padre celeste. «Se tutta la santa Chiesa è debitrice alla vergine Madre, perché fu stimata degna di ricevere Cristo per mezzo di lei, così in verità dopo di lei deve a Giuseppe una speciale riconoscenza e riverenza»
nota
San Bernardino da Siena, Discorsi, 7, 27.
.
CCC, 437CCC 488CCC 532-534
[770] Dio onnipotente ed eterno, «per opera dello Spirito Santo,[Maria]ha concepito il tuo unico Figlio e, sempre intatta nella sua gloria verginale, ha irradiato sul mondo la luce eterna, Gesù Cristo nostro Signore»
nota
Messale Romano , Prefazio della Beata Vergine Maria I.
.
Maternità della Chiesa
[771]  La divina maternità è il fondamento della posizione eminente e singolare di Maria nel mistero della salvezza. Sembrerebbe una proprietà talmente esclusiva da non ammettere alcuna analogia. Invece anche nella sua maternità Maria è figura, cioè modello e attuazione perfetta, della Chiesa, vergine e madre
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 63-64.
.
Questa dottrina si appoggia a una tradizione, che prende avvio dalle parole di Gesù stesso: «Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,21). L’interpretazione che ne danno gli antichi Padri è molto realistica: la Chiesa genera Cristo nei cristiani e i cristiani come membra di Cristo; anzi «ogni anima che crede, concepisce e genera il Verbo di Dio»
nota
Sant’Ambrogio, Commento al Vangelo di Luca, 2, 2.
.
Ai nostri giorni il concilio Vaticano II insegna che la Chiesa è vergine e madre in modo simile, anche se nello stesso tempo diverso, a quello di Maria: essa infatti, in virtù dello Spirito Santo, mediante la predicazione, i sacramenti e la testimonianza di carità, genera e fa crescere i credenti come figli di Dio e, poiché questi partecipano alla vita dell’Unigenito, genera e fa crescere anche la presenza di Cristo in loro
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 64-65.
.
Maria madre per la sua fede
[772]  D’altra parte la maternità di Maria non è soltanto una generazione biologica, ma una relazione di grazia, vissuta nella fede e nella carità. Più che per aver portato il Figlio in grembo e averlo allattato al seno, Maria è beata per aver creduto alla parola del Signore. «Ha concepito Cristo prima nel cuore che nel grembo», dice sant’Agostino
nota
Sant’Agostino, Discorsi, 215, 4.
; e il concilio Vaticano II gli fa eco: «In fede e obbedienza ha generato sulla terra il Figlio stesso del Padre»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 63.
.
Dio non si è servito di Maria «in modo puramente passivo»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 56.
; ha sollecitato il suo libero consenso, che è venuto prontamente: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38). Con questa risposta di fede umile e coraggiosa, Maria si incamminava verso un futuro misterioso e si metteva subito in una situazione drammatica rispetto a Giuseppe, alla famiglia e all’ambiente. Nello stesso tempo entrava in una relazione di comunione del tutto singolare con un Figlio, che è l’«Emmanuele», «Dio con noi» (Mt 1,23).
Maternità divina
[773]  Fin dalle origini la dignità della divina maternità ha attirato l’attenzione e lo stupore della Chiesa. L’evangelista Luca onora Maria come la Madre del Signore, tenda della divina presenza, arca della nuova alleanza. I cristiani cominciano presto a invocarla come Madre di Dio. Lo attesta già una bella preghiera del III secolo: «Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta»
nota
Liturgia delle ore, Compieta, Antifone della Beata Vergine Maria.
. Più tardi, nel 431, il concilio di Efeso definisce che Maria è Madre di Dio
nota
Cf. Concilio di Efeso, Seconda lettera di Cirillo a Nestorio - DS 251.
. Ovviamente con ciò non intende affermare che Maria è stata principio della divinità, cosa evidentemente assurda; ma che ha generato nella sua umanità il Figlio eterno, che è vero Dio e veramente è diventato uomo.
Per ogni donna la maternità comporta un legame personale permanente con il figlio. La maternità di Maria integra questa dimensione umana ordinaria in una comunione con Dio senza pari. Il Padre celeste le comunica lo Spirito di infinita tenerezza, con cui egli si compiace del Figlio generandolo nell’eternità; la fa partecipare alla propria fecondità perché il Figlio nasca anche nella storia, come uomo e come primogenito di molti fratelli. Madre di Dio è «il nome proprio dell’unione con Dio, concessa a Maria Vergine», «che realizza nel modo più eminente la predestinazione soprannaturale... elargita a ogni uomo»
nota
Giovanni Paolo II, Mulieris dignitatem, 4.
. Maria vive questa grazia singolarissima con atteggiamento di accoglienza grata, amante e adorante, in modo simile a tutti i credenti, ma con una radicalità e pienezza inaudita. Questo è il suo modo di ricevere la Parola e di partecipare alla vita divina. Allo stesso tempo è il modo più sublime di attuare la femminilità, come accoglienza e donazione di vita.
CdA, 309-310
CONFRONTAVAI
CdA 312
CONFRONTAVAI
[774] «Vergine Madre di Dio, colui che il mondo non può contenere facendosi uomo si chiuse nel tuo grembo»
nota
Messe della Beata Vergine Maria , 4: Santa Maria madre di Dio, Antifona d’ingresso.
.
Cammino di fede e di carità
[775] Il Cristo è l’unico maestro e l’unico redentore; da lui riceviamo la grazia di essere suoi discepoli e cooperatori, partecipi della sua vita e della sua missione, santi e santificatori.
Maria è la più perfetta seguace di Cristo
nota
Cf. Paolo VI, Marialis cultus, 35.
e la prima collaboratrice all’opera della salvezza. Il suo personale cammino di fede, come emerge dai racconti evangelici, è anche il dilatarsi della sua carità verso tutti gli uomini, con un inserimento sempre più consapevole nel mistero della redenzione
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 61.
.
Annuncio
[776]  Nell’annunciazione
nota
Cf. Lc 1,26-38.
, Maria ascolta con fede la parola di Dio e si consegna come docile strumento nelle sue mani; accoglie il Messia e si mette a disposizione della sua opera. Il suo consenso apre al Signore la via per la sua venuta personale nel mondo e inaugura la pienezza dei tempi
nota
Cf. Gal 4,4.
.
CCC, 490
Visitazione
[777]  Dopo questo evento decisivo, Maria non si ripiega su se stessa, ma va a far visita a Elisabetta, sua parente
nota
Cf. Lc 1,39-56.
. La prima evangelizzata diventa la prima evangelizzatrice: proclama le meraviglie del Signore, con la presenza gioiosa e santificante, il cantico di lode e il servizio.
Nascita di Gesù
[778]  Gesù nasce a Betlemme in condizioni di indigenza e di emarginazione, e Maria lo presenta ai pastori come Messia per i poveri, povero egli stesso
nota
Cf. Lc 2,1-20.
. Dopo quaranta giorni lo offre a Dio nel Tempio e con lui offre la propria obbedienza, mentre la voce di Simeone le indica che «la sua maternità sarà oscura e dolorosa»
nota
Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater, 16. Cf. Lc 2,22-38.
. Vengono i Magi, primizia dei popoli pagani, ad adorare il Messia; ma Erode scatena la prima persecuzione e bisogna fuggire in Egitto
nota
Cf. Mt 2,1-18.
.
CCC, 525-530
I tre giorni dello smarrimento
[779]  A dodici anni Gesù partecipa al pellegrinaggio a Gerusalemme per 20-384.pngla festa di Pasqua e compie un misterioso gesto profetico
nota
Cf. Lc 2,41-50.
. Al momento di ripartire, senza che i suoi se ne accorgano, rimane nel tempio. Lo ritrovano dopo tre giorni di angosciosa ricerca. Maria gli ricorda, in modo discreto, il diritto dei genitori: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2,48). La risposta è enigmatica: Gesù appartiene a un altro Padre e deve abitare con lui. Ma torna a Nàzaret, obbediente e sottomesso. Al compiersi dei suoi giorni terreni, un’altra Pasqua, svelerà il senso di questo abitare con il Padre. Maria e Giuseppe al momento non comprendono, ma riflettono in silenzio. Intanto passano i lunghi anni della vita nascosta: lavoro quotidiano, intimo contatto col Mistero, fatica di credere
nota
Cf. Lc 2,51.
.
CCC, 534
Le nozze di Cana
[780]  Comincia la vita pubblica di Gesù. A Cana di Galilea, Maria presenta al Figlio l’umana indigenza: «Non hanno più vino»; poi invita i servi a compiere la sua volontà: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,35). Così coopera all’«inizio» dei segni e contribuisce a suscitare la fede dei primi seguaci: «Gesù... manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui» (Gv 2,11). Viene indicata come la «donna», figura del popolo di Dio nell’ora in cui si celebra la nuova alleanza nuziale con il Signore, che riceverà il sigillo definitivo nella Pasqua di morte e risurrezione.
Le ardue esigenze del Regno
[781]  Gesù procede nel suo ministero e rivela gradualmente le esigenze del regno di Dio. Maria è chiamata a superare la sua umanissima premura materna per il Figlio. Quando si reca da lui insieme ai parenti, che vogliono moderarne lo zelo e invitarlo a una maggiore precauzione, deve ascoltare la risposta decisa: «Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre» (Mc 3,35). Fedele discepola, comprende sempre meglio cosa significa essere la serva del Signore dietro al Messia-Servo, incamminato verso la croce.
Presso la croce di Gesù
[782]  Sul Calvario Maria è accanto alla croce
nota
Cf. Gv 19,25.
: «Fu presente in dolorosa compassione col suo unigenito Figlio, associandosi con 20-383.pnganimo materno al suo sacrificio e unendo il suo amorevole consenso all’immolazione della vittima che lei stessa aveva generata»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 58.
. Il Figlio viene condannato e schernito, percosso e schiacciato come un verme, abbandonato dai discepoli. In un certo senso appare abbandonato anche dal Padre. Le grandiose promesse sembrano smentite: dov’è il trono di David? dov’è il regno che non avrà fine? Per Maria è una prova terribile, più dura di quella di Abramo al sacrificio di Isacco, ma rimane in piedi. La sua fede è incrollabile, senza riserve. Non vede via di uscita; ma sa che tutto è possibile a Dio e le sue vie sono inaccessibili. Adesso il “sì” dell’annunciazione diventa esplicito consenso al sacrificio del Figlio e partecipazione al suo amore redentore verso tutti gli uomini.
CCC, 964
Madre dei redenti
[783]  «Il nodo della disobbedienza di Eva ha avuto la sua soluzione con l’obbedienza di Maria; ciò che la vergine Eva legò con la sua incredulità, la vergine Maria sciolse con la sua fede»
nota
Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 22, 4.
. Gesù crocifisso vede in Maria la «donna», figura della Chiesa, nuova Gerusalemme e nuova Eva; la costituisce madre spirituale di tutti gli uomini, particolarmente dei credenti, impersonati dal discepolo amato: «Vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre!”» (Gv 19,26-27).
La maternità divina verso Cristo si dilata nella maternità universale. In virtù dello Spirito Santo, Maria diventa «per noi madre nell’ordine della grazia»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 61.
, per cooperare alla rigenerazione e alla formazione dei figli di Dio
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 63.
.
CCC, 494
[784] Fedele discepola del Verbo fatto uomo, Maria cercò costantemente il volere di Dio e lo compì con amore
nota
Cf. Messe della Beata Vergine Maria , 10: Santa Maria discepola del Signore, Prefazio.
.
Nel mistero di Pentecoste
[785]  La maternità universale di Maria interviene in modo discreto e silenzioso già all’esordio della Chiesa. Al centro del nucleo iniziale, esiguo ma proteso ad abbracciare tutte le genti, Maria invoca e accoglie il dono dello Spirito di Pentecoste. L’evangelista Luca racconta l’evento con alcuni richiami all’annunciazione e alla visitazione, quasi suggerendo una certa continuità tra la Vergine Maria e la Chiesa: come allora Maria, così ora la Chiesa riceve la potenza dello Spirito, che scende dall’alto sopra di lei, poi va ad annunziare le grandi opere di Dio.
La Vergine Madre Maria si prolunga nella vergine madre Chiesa: «Con la sua nuova maternità nello Spirito, abbraccia tutti e ciascuno nella Chiesa, abbraccia anche tutti e ciascuno mediante la Chiesa»
nota
Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater, 47.
. Non si pone solo come modello, ma coopera personalmente a rigenerare i figli di Dio.
CdA, 416-419
CONFRONTAVAI
Mediazione materna
[786]  «La maternità di Maria nell’ordine della grazia perdura ininterrotta, a partire dal consenso prestato fedelmente 20-386.pngnell’annunciazione e mantenuto senza esitazioni ai piedi della croce, fino al coronamento eterno di tutti gli eletti»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 62.
. Divenuta più vicina a Dio con l’assunzione alla gloria celeste, è più vicina anche a noi. Non più soggetta ai limiti della condizione terrestre, accompagna il cammino di tutti e di ciascuno con la sua intercessione presso Dio e con la sua azione piena di carità: «Noi crediamo che la Madre santissima di Dio, nuova Eva, Madre della Chiesa, continua in cielo il suo ufficio materno riguardo alle membra di Cristo, cooperando alla nascita e allo sviluppo della vita divina nelle anime dei redenti»
nota
Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 15.
.
La mediazione materna di Maria si colloca dentro la mediazione di tutta la Chiesa, al centro di essa. Se nel mistero della comunione dei santi tutti i fedeli intercedono gli uni per gli altri e si aiutano gli uni gli altri, non sorprende che Maria faccia la stessa cosa, con una efficacia del tutto singolare. Se Dio compie meraviglie per amore dei suoi amici e con la loro cooperazione, non sorprende che operi coinvolgendo soprattutto la Madre di suo Figlio.
[787]  La mediazione di Maria non reca pregiudizio a Cristo, unico mediatore tra Dio e gli uomini, perché dipende da lui come ogni altra cooperazione umana: «La funzione materna di Maria verso gli uomini non oscura né in alcun modo sminuisce l’unica mediazione di Cristo, ma ne mostra piuttosto l’efficacia... E nemmeno impedisce il contatto immediato dei credenti con Cristo, ma anzi lo favorisce»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 60.
. Maria non si interpone come intermediaria tra noi e il Signore, quasi fosse più vicina e misericordiosa di lui; piuttosto è un dono e un riflesso della sua bontà, un segno della sua vicinanza.
[788] Signore, Padre santo, «nel mistero della tua benevolenza hai voluto che Maria, madre e socia del Redentore, continuasse nella Chiesa la sua missione materna: di intercessione e di perdono, di protezione e di grazia, di riconciliazione e di pace»
nota
Messe della Beata Vergine Maria , 30: Maria Vergine madre e mediatrice di grazia, Prefazio.
.
Primizia della Chiesa gloriosa
[789]  Maria accompagna la Chiesa nel suo cammino e la precede alla meta. Assunta in cielo in anima e corpo, vive nella completa e 20-387.pngdefinitiva perfezione della comunione con Dio e costituisce la primizia della Chiesa gloriosa, che si compirà alla risurrezione universale dei morti, ponendosi davanti a noi come modello concreto della speranza cristiana.
La verità dell’assunzione di Maria è emersa lentamente lungo i secoli, con crescente chiarezza, nel comune senso della fede del popolo cristiano, in oriente e in occidente. Infine è stata solennemente definita da Pio XII nel 1950: «L’immacolata Madre di Dio e sempre vergine Maria, finito il corso della sua vita terrena, è stata assunta, in corpo e anima, alla gloria celeste»
nota
Pio XII, Munificentissimus Deus - DS 3903.
.
È la Pasqua di Maria, frutto della Pasqua di Gesù. È il compimento di un’unione senza pari con il Signore della vita, il coronamento dei doni di grazia e di santità a partire dall’immacolata concezione, il premio alla sua obbedienza di fede e al suo servizio di carità.
CdA, 276
CONFRONTAVAI
Segno di sicura speranza
[790]  Per noi, che avanziamo a fatica in mezzo alle prove del tempo presente, la gloriosa Vergine risplende come stella del mattino che annuncia il giorno, come stella del mare che indica il porto ai naviganti: «Brilla quaggiù come segno di sicura speranza e di consolazione per il popolo di Dio che è in cammino, fino a quando arriverà il giorno del Signore»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 68.
.
[791] «Maria è assunta in cielo: esultano le schiere degli angeli. Alleluia»
nota
Lezionario per le celebrazioni dei santi , Assunzione della Beata Vergine Maria, Canto al Vangelo (Messa del giorno.
.
Motivazioni e diffusione
[792]  Maria ha una posizione del tutto singolare nel mistero di Cristo e della Chiesa: è Madre del Figlio di Dio, cooperatrice del Salvatore, tutta santa, modello e madre della Chiesa, vicina con la sua intercessione e con la sua azione alle necessità di tutti gli uomini. Perciò giustamente viene venerata con un culto superiore a quello degli angeli e dei santi
nota
Cf. Paolo VI, Marialis cultus, 56.
. I santi stessi gareggiano nella lode verso di lei: «O Maria, mare pacifico, Maria donatrice di pace, Maria terra fruttifera. Tu, Maria, sei quella pianta novella della quale abbiamo il fiore odorifero del Verbo Unigenito figliuolo di Dio, perché in te, terra fruttifera, fu seminato questo Verbo. Tu sei la terra e sei la pianta. O Maria, carro di fuoco, tu portasti il fuoco nascosto e velato sotto la cenere della tua umanità»
nota
Santa Caterina da Siena, OrazioneXI.
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CdA, 970-971
CONFRONTAVAI
[793]  «Tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,48). Duemila anni di storia lo dimostrano: liturgia e devozione popolare, canti e immagini mirabili, rosario e “angelus Domini”, pellegrinaggi e santuari, comunità ecclesiali, congregazioni religiose e correnti di spiritualità, peccatori e santi alimentano su tutta la terra la lode perenne di Maria.
L’entusiasmo delle folle si accende facilmente in occasione di presunte apparizioni. La loro autenticità non può essere negata pregiudizialmente, perché Maria accompagna il nostro cammino storico con premura materna e può comunicare con noi, adattandosi alla nostra condizione terrena. Occorre però un prudente discernimento sotto la guida della competente autorità ecclesiale, perché illusioni e inganni sono frequenti e dannosi. In ogni caso non ci si deve attendere un messaggio nuovo rispetto al vangelo, ma solo un richiamo ad esso, in vista di una più seria conversione.
La vera devozione
[794]  Il concilio Vaticano II insegna che la vera devozione non ha niente 20-389.pnga che fare con la curiosità, la vana credulità, il miracolismo, il superficiale sentimentalismo e il formalismo delle pratiche esteriori; ma consiste piuttosto nel riconoscere la singolare dignità di Maria, nel rivolgersi a lei con fiducia e amore filiale, nell’imitare le sue virtù, per seguire Cristo insieme con lei
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 67.
.
Secondo sant’Agostino, «onorare e non imitare altro non è che bugiarda adulazione»
nota
Sant’Agostino, Discorsi, 325, 1.
. Maria vuole essere modello, non solo rifugio. Non è una madre protettiva e possessiva, che blocca i figli nell’infantilismo; ma una madre che fa crescere verso la maturità e spinge ad affrontare il rischio. Accogliere lei tra le cose proprie
nota
Cf. Gv 19,27.
, come il discepolo che Gesù amava, significa soprattutto assimilare i suoi atteggiamenti: fede coraggiosa, libertà e dono di sé, responsabilità e presenza nella storia, là dove si attua il disegno di Dio. Affidarsi o consacrarsi a lei significa vivere il proprio battesimo in sua compagnia, con coerenza e radicalità evangelica.
Nella venerazione della santa Vergine deve avere il primo posto il culto liturgico e le altre forme di devozione devono ispirarsi ad esso, in modo che Maria appaia sempre unita a Cristo nei suoi misteri e coinvolta nel movimento di adorazione, che egli nello Spirito Santo fa salire al Padre
nota
Cf. Paolo VI, Marialis cultus, 23; 25-27.
. Maria rimane «la serva del Signore» (Lc 1,38) e la sua gloria in cielo è ancora «la gloria di servire»
nota
Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater, 41.
. Il suo cantico è sempre lo stesso: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore» (Lc 1,46); e sempre lo stesso è il suo invito: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5).
[795] «La pietà della Chiesa verso la santa Vergine è elemento intrinseco del culto cristiano»
nota
Paolo VI , Marialis cultus , 56.
.
Il culto mariano, «pur essendo del tutto singolare, è però essenzialmente diverso da quel culto di adorazione che viene tributato al Verbo incarnato insieme al Padre e allo Spirito Santo»
nota
Concilio Vaticano II , Lumen gentium, 66.
.
Singolare appartenenza
[742] La Chiesa è riunita intorno a Cristo. Si tratta di un legame soltanto morale o di una realtà più profonda?
Il popolo di Dio porta con sé nella storia un mistero di comunione. Una voce potente ferma Paolo sulla via di Damasco: «”Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”. Rispose: “Chi sei, o Signore?”. E la voce: “Io sono Gesù, che tu perseguiti!”» (At 9,4-5). Le persecuzioni contro i cristiani feriscono personalmente Cristo stesso, perché la Chiesa è misteriosamente unita a lui, è suo corpo.
Il Signore morto e risorto attrae a sé tutti coloro che non si chiudono nel rifiuto: «Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32). Così potente è la sua carità, che i credenti vengono assunti in lui e lui viene a vivere in essi: «Rimanete in me e io in voi... Io sono la vite, voi i tralci» (Gv 15,4-5).
Il suo corpo individuale, cioè la sua concreta umanità personale, 19-367.pngconsegnato alla morte e glorificato presso Dio, può accogliere in sé la moltitudine, per la quale si è offerto in sacrificio. Questa unità ha inizio con il battesimo e si perfeziona con l’eucaristia ed è così intima, che Paolo arriva a dire ai cristiani: «Voi siete corpo di Cristo» (1Cor 12,27); «Tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). Più tardi, esprimendo la stessa verità con un linguaggio in parte diverso, le lettere paoline della prigionia presenteranno Cristo come capo, cioè principio vitale e direttivo, e la Chiesa come corpo, prolungamento vivo di lui, sociale e visibile.
Questa visione di fede è rimasta nella Tradizione fino ai nostri giorni. Secondo la dottrina del concilio Vaticano II, «la santa Chiesa, che è comunità di fede, speranza e carità, è stata voluta da Cristo unico mediatore come un organismo visibile sulla terra; egli lo sostenta incessantemente e se ne serve per espandere su tutti la verità e la grazia. Ma la società gerarchicamente organizzata da una parte e il corpo mistico dall’altra, l’aggregazione visibile e la comunità spirituale, la Chiesa della terra e la Chiesa ormai in possesso dei beni celesti, non si devono considerare come due realtà; esse costituiscono al contrario un’unica realtà complessa, fatta di un duplice elemento, umano e divino»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 8.
. La comunità storica, concretamente identificabile, è segno di una misteriosa partecipazione alla comunione d’amore delle Persone divine.
Lo Spirito dell’unità
[743]  Il vincolo, con cui il Signore incorpora a sé i credenti, è lo Spirito Santo. Ecco a riguardo tre formule assai incisive. La prima è di san Paolo: siamo stati immersi in «un solo Spirito» per essere inseriti in «un solo corpo» (1Cor 12,13). La seconda è di sant’Ireneo: «Come dalla farina non si può fare, senz’acqua, un solo pane, così noi, che siamo molti, non potevamo diventare uno in Cristo Gesù, senza l’acqua che viene dal cielo»
nota
Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 17, 2.
. La terza è del concilio Vaticano II: «Comunicando il suo Spirito», il Figlio di Dio «costituisce i suoi fratelli misticamente suo corpo»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 7.
.
Il corpo ecclesiale di Cristo è dunque animato dallo Spirito Santo: «unico e identico nel capo e nelle membra, egli dà a tutto il corpo vita, unità e moto»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 7.
, un po’ come fa l’anima nel corpo umano individuale. Quando ci comportiamo da veri seguaci di Cristo, lo Spirito ama, prega e opera insieme a noi. Egli è il “paraclito”, l’amico accanto a noi, o meglio dentro di noi, perché «inabita nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 4.
.
CdA, 338
CONFRONTAVAI
Uniti e distinti
[744]  Uniti intimamente a Cristo mediante lo Spirito, i fedeli non rischiano di perdere la loro personalità, libertà e originalità, perché lo Spirito, mentre unisce, crea anche la varietà dei doni, delle vocazioni, dei servizi. Cristo e la Chiesa si appartengono reciprocamente ma rimangono distinti, come lo sposo e la sposa diventano “una sola carne” ma sono uno di fronte all’altro. L’immagine nuziale integra opportunamente quella del corpo.
Nel Nuovo Testamento vi sono anche altre immagini per evocare il mistero della Chiesa nel suo rapporto con Cristo e con le altre persone divine: ovile
nota
Cf. Gv 10,1-10.
, gregge, vigna scelta, tralci della vite
nota
Cf. Gv 15,1-8.
, campo di Dio
nota
Cf. 1Cor 3,9.
, ulivo
nota
Cf. 2Cor 3,1-3.
, lettera di Cristo, tempio e casa di Dio, città santa
nota
Cf. Ap 21,1-2.
. A volte viene sottolineata di più l’unità, altre volte la distinzione, ma ambedue sono essenziali. La comunione è unità dei distinti, attuata dallo Spirito Santo.
Già l’amicizia umana è capace di creare una certa unità. Gli amici si incontrano, stanno volentieri insieme, si confidano i segreti più intimi; anzi si trasferiscono in qualche modo uno nell’altro, si identificano affettivamente, fino a diventare “un’anima in due corpi”. In questa prospettiva, ma a ben diversa profondità, possiamo collocare le parole di Gesù ai suoi discepoli: «Vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15); «Io sono nel Padre e voi in me e io in voi» (Gv 14,20). Lo Spirito, che unisce il Figlio al Padre, in modo simile unisce i discepoli al Figlio per ricondurli al Padre.
CCC, 753-757CdA, 499-502
CONFRONTAVAI
[745] «La Chiesa intera appare come un popolo radunato dall’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo»
nota
Concilio Vaticano II , Lumen gentium , 4. Cf. San Cipriano di Cartagine , La preghiera del Signore , 23.
.
Comunione di beni spirituali e materiali
[746]  La comunione di carità con Cristo e con il Padre nello Spirito si prolunga in una comunione fraterna di uomini e si manifesta nella storia. «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21). È impossibile essere amici di Dio se non si è amici tra credenti. Anzi è impossibile aderire a Cristo senza avvicinarsi a tutti gli uomini, specie ai sofferenti
nota
Cf. Mt 25,40.
, perché egli ha voluto farsi uno con tutti nella sua appassionata carità. Chi vive in Cristo ama il prossimo con un amore gratuito, fedele, misericordioso e pratico, simile al suo.
[747]  La Chiesa, nella sua più intima verità, è comunione con Dio, vissuta dentro una comunione tra persone umane; comunione di fede amante e operosa, che riceve la carità di Dio e la prolunga nella carità fraterna in modo visibile e tangibile, mettendo in circolazione beni spirituali, culturali e materiali. Tutto ciò che siamo o facciamo entra in questa comunione: il lavoro delle madri e dei padri di famiglia, la predicazione dei pastori, la preghiera dei monaci, lo studio dei teologi, la creazione degli artisti, la ricerca degli scienziati, l’attenzione degli educatori, la premura dei medici, il servizio dei volontari, la saggezza dei politici... Tutti possono donare e ricevere; tutti sono preziosi, anche gli emarginati, i malati, gli anziani; anzi «molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi» (Mc 10,31). Lutero, sebbene contestasse le indulgenze, non mise mai in discussione il mistero della comunione dei santi, anzi ne traeva grande conforto: «Il mio peso, altri lo portano, la loro forza è la mia. La fede della Chiesa viene in soccorso alla mia angoscia, la castità altrui mi sorregge nelle tentazioni della mia lascivia, gli altrui digiuni tornano a mio vantaggio, un altro si prende cura di me nella preghiera... Chi dunque potrà disperare nei peccati? Chi non gioirà nelle pene, dal momento che egli non porta più i suoi peccati né le sue pene, o se li porta non li porta da solo, aiutato com’è da così numerosi santi figli di Dio e soprattutto dallo stesso Cristo. Tanto grande è la comunione dei santi e la Chiesa di Cristo!»
nota
M. Lutero, Libretto consolatorio per gli affaticati e gli oppressi, 6.
.
Comunione di beni spirituali e materiali
[746]  La comunione di carità con Cristo e con il Padre nello Spirito si prolunga in una comunione fraterna di uomini e si manifesta nella storia. «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21). È impossibile essere amici di Dio se non si è amici tra credenti. Anzi è impossibile aderire a Cristo senza avvicinarsi a tutti gli uomini, specie ai sofferenti
nota
Cf. Mt 25,40.
, perché egli ha voluto farsi uno con tutti nella sua appassionata carità. Chi vive in Cristo ama il prossimo con un amore gratuito, fedele, misericordioso e pratico, simile al suo.
[747]  La Chiesa, nella sua più intima verità, è comunione con Dio, vissuta dentro una comunione tra persone umane; comunione di fede amante e operosa, che riceve la carità di Dio e la prolunga nella carità fraterna in modo visibile e tangibile, mettendo in circolazione beni spirituali, culturali e materiali. Tutto ciò che siamo o facciamo entra in questa comunione: il lavoro delle madri e dei padri di famiglia, la predicazione dei pastori, la preghiera dei monaci, lo studio dei teologi, la creazione degli artisti, la ricerca degli scienziati, l’attenzione degli educatori, la premura dei medici, il servizio dei volontari, la saggezza dei politici... Tutti possono donare e ricevere; tutti sono preziosi, anche gli emarginati, i malati, gli anziani; anzi «molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi» (Mc 10,31). Lutero, sebbene contestasse le indulgenze, non mise mai in discussione il mistero della comunione dei santi, anzi ne traeva grande conforto: «Il mio peso, altri lo portano, la loro forza è la mia. La fede della Chiesa viene in soccorso alla mia angoscia, la castità altrui mi sorregge nelle tentazioni della mia lascivia, gli altrui digiuni tornano a mio vantaggio, un altro si prende cura di me nella preghiera... Chi dunque potrà disperare nei peccati? Chi non gioirà nelle pene, dal momento che egli non porta più i suoi peccati né le sue pene, o se li porta non li porta da solo, aiutato com’è da così numerosi santi figli di Dio e soprattutto dallo stesso Cristo. Tanto grande è la comunione dei santi e la Chiesa di Cristo!»
nota
M. Lutero, Libretto consolatorio per gli affaticati e gli oppressi, 6.
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Esperienza della comunione dei santi
[748] La comunione rimane nascosta nella profondità di Dio e si incarna nelle vicende della storia; è dono che viene dallo Spirito e compito che è realizzato dai credenti nei limiti e nella precarietà della condizione umana. Si chiama opportunamente “comunione dei santi”, perché vi partecipano in pienezza le persone sante, che vivono nella grazia di Dio. Ma rimangono in essa anche i peccatori, in quanto sono amati da Dio e dai fratelli. La carità porta il peso dei peccati e mantiene aperta la possibilità di conversione.
[749] La Chiesa non si regge sull’equilibrio delle forze e sul compromesso tra interessi contrastanti, ma sul reciproco dono di sé, a somiglianza delle Persone divine. Una comunità diventa figura storica della Trinità e risplende di bellezza nella misura in cui la carità tra i cristiani viene sperimentata concretamente.
La spiritualità di comunione è particolarmente attuale oggi, nell’anonimato della società di massa. Anonimato vuol dire povertà di rapporti umani, superficialità di incontri occasionali o strumentali, solitudine in mezzo a una folla in continuo movimento. Quando i cristiani diventano «un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32), rivelano il volto di Dio e attirano gli uomini a lui.
Il dono dell’unità viene dato a tutti; ad alcuni poi è affidato come carisma particolarmente intenso e fecondo. Il luogo ordinario di questa esperienza è la parrocchia.
Germi di comunione fuori della Chiesa
[750]  Semi di comunione germogliano anche fuori della Chiesa. Tutti gli uomini sono creati a immagine di Dio e portano con sé la segreta nostalgia della vita divina. Quando si amano con amore sincero e definitivo, si accostano, anche senza saperlo, al mistero della comunione trinitaria. «Chi teme[Dio]e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto» (At 10,35).
La Chiesa si rallegra, quando vede fiorire i beni della concordia; è attenta a scrutare ulteriori possibilità di crescita; offre volentieri la sua cooperazione. Confida nello Spirito, che agisce ovunque, liberamente, come «il vento», che «soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va» (Gv 3,8).
CCC, 843
La festa iniziata
[752]  La comunione germoglia nel tempo e tende alla pienezza definitiva, tra le resistenze dell’umana debolezza. Sarà perfetta solo 19-370.png nell’eternità; allora «saremo simili» a Dio e «lo vedremo così come egli è» (1Gv 3,2).
Il Signore ha già concluso irrevocabilmente il patto di nozze con la Chiesa, ma ancora non l’ha introdotta nella sua casa: l’ha posta in una situazione analoga a quella delle spose ebree nel tempo più o meno lungo che intercorreva tra il contratto e la festa nuziale. Intanto la circonda di premure, perché diventi più bella e possa comparire davanti a lui al momento giusto «tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Ef 5,27).
La Chiesa, da parte sua, anela alla gioia ineffabile della perfetta comunione. Celebra nella festa il senso ritrovato della vita e della storia. E, mentre loda e ringrazia l’Amore creatore e salvatore, sente di ricevere nuove energie per il suo difficile cammino. «Alleluia. Ha preso possesso del suo regno il Signore, il nostro Dio, l’Onnipotente. Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché son giunte le nozze dell’Agnello; la sua sposa è pronta, le hanno dato una veste di lino puro splendente» (Ap 19,6-8). Questo canto di lode risuona nell’immensa assemblea celeste; ma ad esso si associa anche l’assemblea dei credenti sulla terra.
CCC, 1042-1045
Chiesa in cammino, nella purificazione e nella gloria
[753] Nella preghiera eucaristica si fa menzione del papa e del vescovo, dei presenti e degli assenti, dei santi e dei defunti. In molte chiese, popolate di immagini sacre, arcane presenze sembrano aggiungersi all’assemblea dei fedeli. La comunione di carità in Cristo supera ogni barriera, anche quella della morte.
«Alcuni tra i suoi discepoli sono ancora in cammino sulla terra, altri hanno lasciato questa vita e sono sottoposti a purificazione, altri infine godono la gloria del cielo contemplando chiaramente Dio stesso uno e trino così come egli è; tutti però, in gradi e modi diversi, comunichiamo nella stessa carità verso Dio e verso il prossimo e cantiamo al nostro Dio lo stesso inno di gloria. Infatti coloro che sono di Cristo e ne possiedono lo Spirito, formano insieme una sola Chiesa e in lui sono congiunti gli uni agli altri. L’unione quindi di quelli che sono ancora in cammino con i fratelli che sono morti nella pace di Cristo non viene interrotta, ma, come crede da sempre la Chiesa, viene invece consolidata dalla comunicazione nei beni spirituali»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 49.
.
La Chiesa, nella triplice condizione di cammino storico, di purificazione ultraterrena e di gloria celeste, è una sola grande famiglia, con un’intensa comunicazione di beni.
Noi pellegrini sulla terra veneriamo i santi del cielo, invochiamo la loro intercessione, imitiamo il loro esempio. Aiutiamo i defunti bisognosi di purificazione con la preghiera di suffragio e con il nostro impegno di conversione e di carità.
Da parte loro i giusti, morti in pace con Cristo, sono diventati più vicini a Dio e quindi anche a noi; operano nella storia con maggiore efficacia di quando erano sulla terra, a somiglianza del Signore Gesù che ha dispiegato la sua potenza salvifica soprattutto dopo la sua morte e risurrezione. La loro carità è più perfetta di prima e li spinge a partecipare intensamente alla fatica dei vivi e a intercedere per loro presso Dio.
CdA, 973
CONFRONTAVAI
Un’immensa assemblea
[754]  L’odierna cultura dell’effimero sembra non aver memoria per i padri che ci hanno preceduto, né premura per le generazioni che verranno. La fede della Chiesa ci mette invece in comunione con tutti e con tutto. Noi pellegrini nel tempo ci ritroviamo insieme con gli angeli, i santi e i defunti in un’immensa assemblea, in una festa cosmica. «Voi vi siete accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, al Mediatore della nuova alleanza» (Eb 12,22-24).
Soprattutto, la Chiesa si sente in comunione con la Vergine Maria, la sua prima e più perfetta realizzazione, che, assunta alla gloria celeste in anima e corpo, la precede alle nozze eterne e nello stesso tempo l’accompagna con materna premura durante il suo cammino storico. «In te si rallegra, o piena di grazia, ogni creatura»
nota
Liturgia bizantina, Inno “In te si rallegra”.
, canta un inno della liturgia bizantina, trascritto in un’icona luminosissima, nella quale Maria siede in trono con il Figlio sulle ginocchia, in mezzo alla celeste Gerusalemme e a una vegetazione paradisiaca, mentre intorno si accostano angeli, santi del cielo e credenti della terra di ogni condizione. Maria, la Chiesa e il mondo riconciliato sono chiamati ad essere «la dimora di Dio con gli uomini» (Ap 21,3).
CCC, 972CCC 1044
[755] «Noi crediamo alla comunione di tutti i fedeli in Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la loro purificazione e dei beati del cielo; tutti insieme formano una sola Chiesa»
nota
Paolo VI , Credo del popolo di Dio , 30.
.
Vocazioni particolari e vocazione comune
[800] Molti ritengono che la vita sia un’avventura solitaria, un farsi da sé, contando unicamente sulle proprie risorse. Secondo la fede cristiana, la vita è dialogo, risposta a una vocazione, dono che diventa compito.
Il concetto di vocazione è tipico della rivelazione biblica. Dio, soggetto trascendente e personale, entra liberamente, come una novità inaspettata, nell’esistenza delle persone. Ad alcuni, come Abramo, Mosè, Amos, Isaia, Geremia, Ezechiele, rivolge direttamente la sua parola. Ad altri, come Aronne e David, fa pervenire la sua chiamata attraverso mediazioni umane. Nell’Antico Testamento, dirette o mediate, le vocazioni particolari si collocano nell’ambito della comune vocazione degli israeliti ad essere il popolo dell’alleanza
nota
Cf. Dt 7,6.
. La vocazione comporta sempre un disegno di amore da parte di Dio, una missione da compiere e una forma di vita corrispondente. Attende una risposta libera e fiduciosa di obbedienza da parte dell’uomo.
Ancora maggiore è il rilievo che la vocazione ha nel Nuovo Testamento. Sono chiamati i Dodici, Paolo, i cristiani tutti; alcuni purtroppo rimangono sordi. Le vocazioni a particolari servizi e forme di vita stanno dentro la comune chiamata alla fede, alla santità, alla missione, alla gloria celeste.
CdA, 508-509
CONFRONTAVAI
L’antica alleanza
[805] Chiamati a prendere parte alla vita di Dio, dobbiamo renderci consapevoli di che cosa comporti propriamente questa partecipazione.
Nelle diverse religioni il rapporto con Dio a volte assume la forma 21-403.pngdella distanza e della quasi estraneità; altre volte la forma della identificazione e dell’assorbimento totale. Nella Bibbia è inteso come alleanza e comunione, cioè come unità nell’alterità.
La forma arcaica da cui si parte è quella di un patto di vassallaggio. Con questa figura, presa dall’esperienza sociale e giuridica, si vuole indicare una speciale reciproca appartenenza tra Dio e Israele. Dio fa dono di una sua particolare presenza e promette benedizione, prosperità, pace: «Camminerò in mezzo a voi, sarò vostro Dio e voi sarete il mio popolo» (Lv 26,12). Israele da parte sua si obbliga a rispondere con la fede e il culto esclusivo, con l’obbedienza alla legge: «Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!» (Es 19,8). Il patto, stabilito mediante Mosè, viene rinnovato nei momenti cruciali con Giosuè, David, Giosìa, Esdra e Neemìa.
CCC, 62-64CCC 2060
La nuova alleanza
[806]  Gesù Cristo attua la nuova alleanza, che è unione sponsale con la Chiesa
nota
Cf. Ef 5,22-32.
, reciproco dono di sé e comunione di vita in virtù dello Spirito Santo. I credenti vi partecipano mediante i sacramenti, specialmente il battesimo e l’eucaristia: in loro, come in un tempio, viene ad abitare Dio.
CCC, 610-611CCC 1965
Il tempio vivo
[807]  Nelle religioni il tempio è uno spazio terrestre, coperto dal tetto o spalancato al cielo, riservato alla divinità; un luogo santo, dove Dio si fa presente in modo speciale e gli uomini vanno ad onorarlo con gesti e parole rituali, diversi da quelli ordinari. I primi cristiani, esclusi dal tempio di Gerusalemme e senza templi propri, non esitano a dichiarare che il tempio della definitiva presenza di Dio è il corpo risorto di Cristo e con lui la Chiesa e ognuno dei suoi membri personalmente. Sono consapevoli che non solo i riti religiosi, ma tutti gli impegni della vita quotidiana si svolgono al cospetto dell’Altissimo come «sacrificio vivente, santo e gradito a Dio» (Rm 12,1).
CCC, 797-798
Abitati dalla Trinità
[808]  Questa nuova presenza interiore, che i teologi chiamano “inabitazione”, viene attribuita innanzitutto allo Spirito Santo. Ma con lui vengono ad abitare nell’uomo anche il Figlio e il Padre: «Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). Il Padre è nel Figlio e il Figlio è nei discepoli, mediante lo Spirito, perché diventino una sola cosa e siano perfetti nell’unità.
Entriamo così in una dimensione misteriosa e sublime, la comunione trinitaria
nota
Cf. 1Gv 1,3.
. Elevati dallo Spirito Santo e assimilati a Dio nell’essere e nell’agire, partecipiamo alla sua conoscenza e al suo amore; ci apriamo alle divine persone con una esperienza ancora oscura, ma già protesa alla visione beatifica. La loro presenza, quando nei mistici diventa luminosa e trasparente, si manifesta come una realtà meravigliosa e inebriante, che nessuna parola può descrivere. Che cosa sarà allora l’ultimo compimento di questa alleanza nuziale dell’Agnello con la Chiesa, sua sposa?
Siamo chiamati a entrare in relazione non solo con le persone e le cose di questo mondo, ma anche e soprattutto con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, già adesso e poi nell’eternità. Sta qui la nostra più alta dignità
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 19.
e il valore inaudito del nostro faticoso cammino.
CCC, 260CdA, 348
CONFRONTAVAI
CdA 744
CONFRONTAVAI
[809] La nostra sublime vocazione è vivere in comunione di amore con Dio Padre e Figlio e Spirito Santo, prima nell’oscurità della fede e poi nello splendore della visione.
Le divine persone si comunicano a noi interiormente e stabiliscono in noi una nuova meravigliosa presenza.
Comunione consapevole
[965] In ogni religione la preghiera è il gesto centrale. Gesù stesso pregava a lungo, interrompendo la sua attività. Da che cosa nasce questa necessità vitale? Perché non basta dedicarsi con onestà e generosità agli impegni familiari e professionali e alle opere buone?
La vita non è solo efficienza e lavoro; è anche contemplazione, amicizia, gioco, festa. Nella preghiera l’uomo vive consapevolmente la dipendenza da Dio e l’amore per lui; ringrazia e loda per i doni ricevuti; chiede e si dispone ad accogliere quelli sperati. Più precisamente il cristiano attua consapevolmente la comunione filiale con Dio in Cristo, esprimendo l’atteggiamento fondamentale di fede, speranza e carità con modulazioni diverse secondo le situazioni, gioiose o tristi, individuali o comunitarie.
CCC, 2559-2565
Da persona a persona
[966]  La preghiera è il rapporto con Dio divenuto pienamente 25-469.png consapevole; per questo non manca mai in ogni autentica vita religiosa. Alcune tradizioni la intendono come colloquio con Dio, altre come rientro solitario in se stessi.
Per i cristiani, nella storia della salvezza Dio si rivela non come potenza anonima, ma come soggetto personale, che parla, ascolta, è sempre vicino. Pregare, allora, significa dialogare con lui da persona a persona, dargli del tu, mettersi davanti a lui faccia a faccia, cuore a cuore.
Comunione con Gesù e vita eterna
[1192]  Gesù, nella parabola del ricco cattivo e del povero Lazzaro come anche nella promessa al ladrone pentito, mostra di condividere la stessa concezione. La novità è il ruolo decisivo che riveste la sua persona. La comunione con lui è più forte della morte, si prolunga per l’eternità: «Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia» (Gv 6,48-50); «In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte» (Gv 8,51). Chi crede nel Figlio di Dio, già adesso possiede la vita eterna e nell’ultimo giorno riceverà la salvezza completa con la risurrezione
nota
Cf. Gv 6,4047.
.
CCC, 1020
[1193]  La Chiesa dei primi tempi vive questa gioiosa certezza. Stefano, mentre viene ucciso, esclama: «Signore Gesù, accogli il mio spirito» (At 7,59). Paolo è ancora più esplicito: sia che viviamo, sia che moriamo, apparteniamo al Signore e viviamo insieme a lui; sulla terra ci troviamo in esilio, perché non possiamo vederlo
nota
Cf. 2Cor 5,6-8.
; per noi è molto meglio morire, per «abitare presso il Signore» (2Cor 5,8). La comunione con il Risorto, e attraverso di lui con il Padre, vince ogni ostacolo
nota
Cf. Rm 8,35-39.
. Perfino i giusti delle passate generazioni vengono da lui raggiunti, portati alla perfezione e introdotti nel santuario celeste.
CdA, 242
CONFRONTAVAI
CdA 753
CONFRONTAVAI
Perdita definitiva della comunione con Dio
[1220]  In che cosa consiste questa pena? La Bibbia per lo più si esprime con immagini: Geenna di fuoco
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Cf. Mt 18,9.
, fornace ardente
nota
Cf. Mt 13,42.
, stagno di fuoco, tenebre, verme che non muore
nota
Cf. Mc 9,48.
, pianto e stridore di denti
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Cf. Mt 24,51.
, morte seconda. La terribile serietà di questo linguaggio va interpretata, non sminuita. La Chiesa crede che la pena eterna del peccatore consiste nell’essere privato della visione di Dio e che tale pena si ripercuote in tutto il suo essere.
[1221]  Non si tratta di annientamento per sempre. Lo escludono i testi biblici sopra riportati, che indicano una sofferenza eterna e altri che affermano la risurrezione degli empi. Lo esclude la fede nella sopravvivenza personale, definita dal concilio Lateranense V
nota
Cf. Concilio Lateranense V, Apostolici regiminis - DS 1440.
. Del resto neppure il diavolo è annientato, ma tormentato «giorno e notte per i secoli dei secoli» (Ap 20,10) insieme con i suoi angeli. Quando la Sacra Scrittura parla di perdizione, rovina, distruzione, corruzione, morte seconda, si riferisce a un fallimento della persona, a una vita completamente falsata.
[1222]  Piuttosto la pena va intesa come esclusione dalla comunione con Dio e con Cristo: «Allontanatevi da me voi tutti operatori d’iniquità!» (Lc 13,27). «Costoro saranno castigati con una rovina eterna, lontano dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza» (2Ts 1,9). L’esclusione però non è subita passivamente: con tutto se stesso, a somiglianza degli angeli ribelli, il peccatore rifiuta l’amore di Dio: «Ogni peccatore accende da sé la fiamma del proprio fuoco. Non che sia immerso in un fuoco acceso da altri ed esistente prima di lui. L’alimento e la materia di questo fuoco sono i nostri peccati»
nota
Origene, I principi, 2, 10, 4.
. L’inferno è il peccato diventato definitivo e manifestato in tutte le sue conseguenze, la completa incapacità di amare, l’egoismo totale. La pena è eterna, perché il peccato è eterno.
Il dannato soffre, ma si ostina nel suo orgoglio e non vuole essere perdonato. Il suo tormento è collera e disperazione, «stridore di denti» (Lc 13,28), lacerazione straziante tra la tendenza al bene infinito e l’opposizione ad esso.
L’amore di Dio, respinto, diventa fuoco che divora e (Cf. Dt 4,24Is 10,17) consuma; lo sguardo di Cristo brucia come fiamma. Dio ama il peccatore, ma ovviamente non si compiace di lui: la sua riprovazione pesa terribilmente.
Comunione immediata con Dio
[1227]  Per inaudita condiscendenza del suo amore, Dio che abita «una luce inaccessibile» (1Tm 6,16) si china sull’uomo e lo innalza fino all’immediatezza della sua presenza. Prima ci viene incontro nella storia con l’incarnazione del Figlio e l’effusione dello Spirito, ci rende suoi figli e ci dispone a entrare nella sua intimità; poi, dopo la morte, perfeziona in noi la vita di grazia e apre il nostro spirito, perché possiamo vederlo e amarlo direttamente come è in se stesso. «Noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è» (1Gv 3,2).
Il cielo cresce nel seno della terra. Un bambino nel grembo materno è già dotato di intelligenza e volontà, ma deve crescere, perché possa effettivamente intendere e volere. Così noi nella vita terrena siamo già assimilati a Dio, orientati e uniti a lui mediante la grazia santificante, la fede, la speranza e la carità, ma occorre un ulteriore sviluppo perché possiamo incontrarlo in modo manifesto: «Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto» (1Cor 13,12).
Il magistero della Chiesa precisa che Dio si offrirà a noi direttamente senza il tramite di alcuna creatura e ci introdurrà nel segreto della vita trinitaria. I beati «vedono chiaramente Dio, uno e trino, come egli è, più o meno perfettamente a seconda dei loro meriti»
nota
Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Greci “Laetentur caeli” - DS 1305.
.
La comunione immediata di conoscenza e di amore coronerà la vicinanza inaugurata nella storia. Saremo associati pienamente a Cristo risorto dallo Spirito Santo e accolti con lui presso il Padre: «Per mezzo di lui possiamo presentarci... al Padre in un solo Spirito» (Ef 2,18). Si realizzerà per intero la preghiera del Signore Gesù: «Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità» (Gv 17,23). Non è pensabile per l’uomo un destino più alto della visione beatifica: partecipare alla comunione trinitaria; conoscere, amare, essere felici come Dio conosce, ama, è felice.
CdA, 313
CONFRONTAVAI
CdA 348
CONFRONTAVAI
CdA 808
CONFRONTAVAI