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CATECHISMO DEGLI ADULTI

CATECHISMO DEGLI ADULTI
INDICE TEMATICO
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Catechismo degli Adulti

Comunicazione 1145-1146 , 1147-1148 , 1149 , 1150 , 1162

Dinamismo della comunicazione
[1145]  Oltre lo scambio dei beni materiali e dei servizi utili, che 30-550.png costituisce l’ambito del lavoro e dell’economia, gli uomini attuano lo scambio linguistico-simbolico, con cui si comunicano beni spirituali, cioè conoscenze, valori, affetti, capacità operative, e si danno un patrimonio culturale comune. Le due dinamiche di scambio si compenetrano tra loro e attraversano tutte le formazioni sociali, dalla famiglia alla comunità internazionale. Inserite attivamente in questo processo, le persone sviluppano la loro identità, in base a quello che vedono, odono, dicono e condividono.
Oggi la comunicazione si infittisce, si estende e si fa sempre più rapida. Siamo immersi in un universo di parole e di immagini. Le nuove tecnologie consentono di accumulare, elaborare, diffondere e utilizzare con facilità un’enorme quantità di dati, riducendo in larga misura la fatica intellettuale e fisica. Eppure rimane la difficoltà di intendersi e di convivere; forse cresce la solitudine. Perché questa situazione paradossale? Come può essere risanata?
Uso strumentale della comunicazione
[1146]  Si tratta di una malattia che ha radici antiche, anche se oggi si manifesta in forme inedite e complesse. Secondo il racconto biblico della torre di Babele, gli uomini, mossi da desiderio di potere, perseguono l’unità politica, economica, culturale e religiosa: un’unità monolitica, contraria alla volontà di Dio e alla dignità dell’uomo, che esigono invece il rispetto dell’originalità e della diversità delle persone e dei popoli. Il progetto fallisce nella confusione e nella discordia. La comunicazione non riesce quando è finalizzata al dominio, anziché alla comunione
nota
Cf. Gen 11,1-9.
.
A una conclusione analoga ci porta l’esortazione della Lettera di Giacomo nel Nuovo Testamento. Secondo questo testo, l’ambizione egoistica si infiltra come un veleno perfino nella comunicazione religiosa e provoca disordine, contesa, amarezza. Si parla di Dio in modo aggressivo; si pretende di lodarlo, offendendo il prossimo. Assurda contraddizione, come volere «far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara» (Gc 3,11).
L’inautenticità sembra dunque derivare da un uso strumentale dell’informazione. Si comunica non per incontrare gli altri, ma per prevalere su di loro, per conquistarli. Ciò induce diffidenza e bisogno di difesa. Di qui le tensioni nei rapporti interpersonali e sociali, le ambiguità, le divisioni. Numerosi disordini, più o meno gravi, sfigurano la comunicazione umana: incapacità di ascoltare e di parlare, diffusione di errori e falsi valori, menzogna, inganno, calunnia, maldicenza, violazione del segreto.
La comunicazione risanata
[1147]  Il Cristo redentore viene a guarire l’uomo anche in questa sua dimensione fondamentale. La grazia di Pentecoste risana la confusione di Babele. Il fuoco dello Spirito scende in figura di lingue, simbolo della comunicazione umana: «Apparvero loro lingue come di fuoco» (At 2,3). I discepoli parlano e sono compresi in lingue diverse; comunicano «la verità nella carità» (Ef 4,15), nel rispetto delle persone e delle culture. Non è la volontà di potenza dell’uomo, ma il dono di Dio a edificare la genuina unità, che mantiene, anzi valorizza il pluralismo.
I cristiani sono consapevoli di appartenere l’uno all’altro, come membra dello stesso corpo; perciò sono portati dalla carità a evitare i peccati che avvelenano la vita sociale: ingiuria, maldicenza, menzogna. Non impongono neppure la verità, ma la propongono, rispettando pienamente la libertà di coscienza
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Dignitatis humanae, 2; 3.
: «La sapienza che viene dall’alto è anzitutto pura; poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti» (Gc 3,17). Nei rapporti con i non cristiani devono essere sempre pronti a rispondere a chiunque domandi ragione della loro speranza, ma «con dolcezza e rispetto» (1Pt 3,15).
Devono anzi essere disponibili ad accogliere i valori culturali degli altri, nella misura in cui sono autentici, a farsi “tutto a tutti per salvare ad ogni costo qualcuno” (1Cor 9,22).
Reciprocità della comunicazione
[1148]  Ogni persona è un mistero da rispettare. Deve essere accostata con 30-552.pnggradualità, umiltà e pazienza, in modo da ispirare fiducia. Il dialogo deve essere benevolo e attento a ciò che l’altro sta vivendo, in modo da incoraggiarlo a rispondere attivamente, per crescere insieme nella verità e nel bene. La comunicazione è dono e accoglienza; si può dire riuscita solo quando è reciproca. Anche in questo Gesù è modello esemplare. All’annuncio aperto del regno di Dio, che sta venendo mediante la sua persona e la sua prassi, egli aggiunge il dialogo, in cui fa appello alla razionalità delle persone, a quello che già credono, per aiutarli a crescere nella verità. Le stesse parabole, così caratteristiche del suo insegnamento, si presentano come un racconto e un’argomentazione nello stesso tempo, per far leva sull’esperienza degli interlocutori e sgombrare il campo dai pregiudizi.
Veracità
[1149]  La veracità cristiana è contemporaneamente fedeltà alla dignità dell’uomo e alla verità. Il significato originario dell’ottavo comandamento si limita a proibire la falsa testimonianza contro il prossimo in tribunale
nota
Cf. Es 20,16.
; ma altri testi biblici estendono il divieto a qualsiasi frode che possa recar danno; anzi arrivano a riprovare la menzogna in genere, in quanto corrode l’affidabilità delle relazioni umane: «Sia il vostro parlare sì, sì; no, no» (Mt 5,37); «Il vostro “sì” sia sì, e il vostro “no” no» (Gc 5,12).
La veracità è anche fedeltà a se stessi, alla propria identità. Ognuno è chiamato a cercare, accogliere e praticare la verità. La libertà è per la verità, resistendo alla eventuale pressione contraria degli istinti e dell’ambiente sociale. Quando si tratta di testimoniare valori decisivi, come la fede in Dio, la coerenza deve essere mantenuta fino al martirio.
CdA, 888
CONFRONTAVAI
Il cristianesimo religione della comunicazione
[1150] La comunicazione, intesa in termini generali, si riferisce a molti ambiti di esperienza personale e sociale. Nell’ottica cristiana si può estendere fino a diventare una chiave di lettura per tutta la realtà.
Gesù Cristo è il Verbo incarnato, l’autocomunicazione personale di Dio, umile e splendida allo stesso tempo. Tutta la sua esistenza è una parola di amore, che Dio rivolge agli uomini. Non solo il suo insegnamento orale, ma anche i gesti e gli avvenimenti, specialmente la morte e la risurrezione, sono parole rivolte a noi.
Dal principio alla fine la storia della salvezza è comunicazione: «Dio che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1-2). La Chiesa è parola vissuta e trasmessa, tradizione vivente. Il mondo creato esiste in virtù della parola di Dio
nota
Cf. Gv 1,3.
; è un discorso che Dio sta facendo, una rete di relazioni, dove ogni cosa rimanda a qualcos’altro. Dio stesso, uno in tre persone, è nella sua intimità comunicazione perfetta ed eterna.
L’uomo fatto a immagine di Dio nasce e si sviluppa dentro un’incessante comunicazione, che costituisce la società e la storia. Per lui vivere è comunicare: con la parola e con il silenzio, con i gesti e con i modi di vestire, perfino con l’indifferenza e con il rifiuto. Quando commette il peccato, comunica ancora, sebbene in modo disordinato e inautentico. Quando invece dialoga con Dio e con gli altri nella verità e nell’amore, attua una comunicazione che lo fa crescere come persona.
L’interpretazione globale della realtà come comunicazione è molto significativa nella nostra epoca, caratterizzata dallo sviluppo dei mezzi di comunicazione sociale e dalla rivoluzione informatica. Lo sarà ancor più in un futuro non lontano, intessuto di relazioni sempre più frequenti, rapide, estese.
negli strumenti della comunicazione sociale
[1162] Per quanto riguarda le comunicazioni sociali, i cristiani e le comunità ecclesiali devono innanzitutto essere consapevoli del loro potere, in bene e in male. Stampa, cinema, radio, televisione e altri mezzi audiovisivi ormai non sono più semplici strumenti, ma un ambiente nel quale siamo immersi. Tecnicamente sempre più perfetti, mettono a disposizione una prodigiosa quantità di informazioni, avvicinano persone e popoli quasi fossero un unico villaggio, attivano una continua e rapida trasformazione culturale. Danno ai comunicatori l’immenso potere di condizionare milioni e milioni di recettori e di formare quel fenomeno complesso che è l’opinione pubblica, capace, a prescindere dalla sua fondatezza, di influire pesantemente sulle opinioni individuali.
In tale contesto si insinua facilmente la tentazione di conquistare il consenso della gente e di manipolarlo secondo i propri obiettivi. Anziché far maturare convinzioni razionalmente motivate, si fa leva sugli istinti e sulle emozioni per imporre opinioni e comportamenti. Notizie, persone e modelli di vita si riducono a prodotti da vendere e strumenti di potere. Va in primo piano ciò che eccita e impressiona, non ciò che ha valore. L’informazione indulge all’effimero, al sensazionale, allo scandalistico. Pubblicità e propaganda invadono e ingombrano con le loro ambigue suggestioni gli spazi della vita.
La coerenza cristiana esige che i comunicatori esercitino la loro professione secondo una logica di servizio alla gente e al suo diritto alla verità. Hanno il dovere di non tacere e non deformare i fatti e di evidenziare il punto di vista in base al quale esprimono le loro valutazioni, necessariamente parziali. Non devono rinunciare, per amore del quieto vivere, a esercitare una funzione critica, secondo la loro coscienza. D’altra parte i recettori dovrebbero assumere un atteggiamento vigile di discernimento, pronti anche a far sentire la loro voce attraverso i canali opportuni.
Al potere politico spetta il compito di sostenere la libertà effettiva dei cittadini e dei gruppi sociali in campo culturale. Esso deve tutelare il pluralismo dell’informazione, perché l’opinione pubblica possa formarsi liberamente e documentarsi. Occorre evitare che ristrette oligarchie si spartiscano le agenzie di produzione e di distribuzione; semmai bisogna privilegiare i soggetti sociali senza scopo di lucro.
La comunità cristiana trova nei mezzi di comunicazione uno strumento prezioso per l’evangelizzazione, per la comunicazione intraecclesiale, per la giusta risonanza da dare alle esperienze umanamente positive. Il giornalismo cattolico è chiamato a mettere la sua competenza professionale soprattutto a servizio dei testimoni e dei fatti significativi della vita. La “buona notizia” passa attraverso la diffusione della conoscenza del bene e attraverso la formazione di coscienze libere e responsabili.