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CONFRONTA I TESTI DEI CATECHISMI

CATECHISMO CHIESA CATTOLICA

  1752 Di fronte all’oggetto, l’intenzione si pone dalla parte del soggetto che agisce. Per il fatto che sta alla sorgente volontaria dell’azione e la determina attraverso il fine, l’intenzione è un elemento essenziale per la qualificazione morale dell’azione. Il fine è il termine primo dell’intenzione e designa lo scopo perseguito nell’azione. L’intenzione è un movimento della volontà verso il fine; riguarda il termine dell’agire. È l’orientamento al bene che ci si aspetta dall’azione intrapresa. Non si limita ad indirizzare le nostre singole azioni, ma può ordinare molteplici azioni verso un medesimo scopo; può orientare l’intera vita verso il fine ultimo. Per esempio, un servizio reso ha come scopo di aiutare il prossimo, ma, al tempo stesso, può essere ispirato dall’amore di Dio come fine ultimo di tutte le nostre azioni. Una medesima azione può anche essere ispirata da diverse intenzioni; così, per esempio, si può rendere un servizio per procurarsi un favore o per trarne motivo di vanto.
CdA 835-836
CONFRONTAVAI
CdA 892-896
CONFRONTAVAI
CATECHISMO DEGLI ADULTI
892 - 896

Contenuto
[892]  I precetti morali, in quanto riflettono il dinamismo stesso della vita proteso alla perfezione, esprimono un «ordine morale oggettivo»
nota
Concilio Vaticano II, Dignitatis humanae, 7.
, necessario sia per darsi un progetto di esistenza personale significativo sia per dare fondamento alla convivenza pacifica della società. Sono determinanti per la valutazione morale delle singole azioni. La moralità di un atto umano dipende innanzitutto dal suo contenuto, «ordinabile o meno a Dio» e alla «perfezione della persona»
nota
Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, 78.
. Non si deve fare il male morale perché ne venga il bene
nota
Cf. Rm 3,8.
.
Intenzione
[893]  L’intenzione soggettiva che si aggiunge all’azione non può 22-432.pngriscattare un atto in se stesso disordinato: «Quanto agli atti che sono per se stessi dei peccati... chi oserebbe affermare che, compiendoli per buoni motivi, non sarebbero peccati?»
nota
Sant’Agostino,Contro la menzogna, 8, 18.
. L’eventuale intenzione soggettiva buona può al più attenuare la colpevolezza personale. Viceversa l’intenzione è di grande importanza quando si tratta di qualificare ulteriormente un atto che in se stesso è buono o indifferente; in tal caso i comportamenti esteriori acquistano significato dall’atteggiamento interiore, dal cuore.
Circostanze
[894] Analogamente le circostanze che accompagnano un atto e le conseguenze prevedibili che derivano da esso non possono renderlo onesto se è in se stesso disordinato. Possono però modificare la responsabilità personale, rendere disordinato un atto di per sé buono, aggravare ulteriormente un atto già in sé disordinato.
Il disordine intrinseco
[895]  Esistono atti intrinsecamente disordinati per il loro contenuto, indipendentemente dalle intenzioni e dalle conseguenze
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, 80.
. Alcune azioni, come la bestemmia, l’apostasia, l’uccisione diretta di un innocente, i disordini sessuali, la falsa testimonianza, sono disordinate a prescindere dai danni o dai vantaggi che ne potrebbero derivare e dalle eventuali buone finalità di chi le compie.
[896] La moralità di un atto umano dipende innanzitutto dal suo contenuto oggettivo, poi dall’intenzione soggettiva, dalle circostanze e dalle conseguenze.