CATECHISMO DEGLI ADULTI
Pazienza cristiana
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Il cristiano guarda realisticamente alla malattia e alla morte come a un male; anzi vede in queste tragiche realtà un’alienazione, carica di tutta la violenza del Maligno e capace di portare alla chiusura in se stessi, alla ribellione e alla disperazione. Non considera però il dolore una pura perdita, non tenta fughe illusorie, né si limita a subirlo fatalisticamente. Messo alle strette dalla sofferenza, continua a credere nella vita e nel suo valore. «Non è affatto un dolore la tempesta dei mali presenti per coloro che ripongono la loro fiducia nei beni futuri. Per questo non ci turbano le avversità, né ci piegano»
San Cipriano di Cartagine, A Demetriano, 18. La pazienza è una lotta piena di fiducia. Da una parte il cristiano mette in opera tutte le risorse per eliminare la malattia, per liberare se stesso e gli altri. Dall’altra trova nella sofferenza un’occasione privilegiata di crescere in umanità e di realizzarsi a un livello più alto. Se non gli è possibile guarire, cerca di vivere ugualmente; non si limita a sopravvivere. Affronta la situazione con coraggio, dignità e serenità; mantiene la speranza, il gusto dell’amicizia e delle cose belle; confida nella misteriosa fecondità del suo atteggiamento.
Sperimentando nella malattia la propria impotenza, l’uomo di fede riconosce di essere radicalmente bisognoso di salvezza. Si accetta come creatura povera e limitata. Si affida totalmente a Dio. Imita Gesù Cristo e lo sente personalmente vicino. Abbracciando la croce, sa di abbracciare il Crocifisso. Unito a lui, diventa segno efficace della sua presenza e strumento di salvezza per gli altri
Giovanni Paolo II, Salvifici doloris, 19. | CdA, 130-132 CONFRONTAVAI CdA 373-374 CONFRONTAVAI CdA 855-856 CONFRONTAVAI |
CATECHISMO DEGLI ADULTI
855 - 856
La verifica dell’esperienza
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I poveri, i malati, i perseguitati possono essere felici. Con il dono di se stessi nell’amore partecipano alla vita e alla gioia di Dio, che riscatta qualsiasi situazione. L’annuncio di Gesù trova una sorprendente verifica nell’esperienza concreta dei suoi discepoli. Così si esprime Paolo con i cristiani di Corinto: «Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione» (2Cor 1,3-4); «Afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma facciamo ricchi molti; gente che non ha nulla e invece possediamo tutto!» (2Cor 6,10); «Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione» (2Cor 7,4); «Mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte» (2Cor 12,10). Anche nella comunità ecclesiale Paolo vede coesistere tribolazione e gioia, povertà e generosità
La storia della Chiesa abbonda di analoghe testimonianze. Ricordiamo la “perfetta letizia” di San Francesco, che del resto è già un tema biblico
San Francesco d’Assisi, Della vera e perfetta letizia. Santa Teresa di Lisieux, Manoscritti autobiografici, Lettera 190. | CdA, 1021-1022 CONFRONTAVAI |
Esperienza pasquale
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Questa gioia, che può coesistere anche con la sofferenza, è partecipazione del cristiano alla Pasqua di Cristo: «Come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione» (2Cor 1,5); «Abbiamo questo tesoro in vasi di creta... portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo» (2Cor 4,710). Viene così sperimentata nella propria esistenza la conformazione a Cristo morto e risorto, operata dal battesimo e dall’eucaristia.
La via cristiana alla felicità si delinea con particolare nitidezza nella redazione delle beatitudini secondo Matteo, più precisamente nella prima parte di ognuna di esse.
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