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CONFRONTA I TESTI DEI CATECHISMI

CATECHISMO CHIESA CATTOLICA

  1752 Di fronte all’oggetto, l’intenzione si pone dalla parte del soggetto che agisce. Per il fatto che sta alla sorgente volontaria dell’azione e la determina attraverso il fine, l’intenzione è un elemento essenziale per la qualificazione morale dell’azione. Il fine è il termine primo dell’intenzione e designa lo scopo perseguito nell’azione. L’intenzione è un movimento della volontà verso il fine; riguarda il termine dell’agire. È l’orientamento al bene che ci si aspetta dall’azione intrapresa. Non si limita ad indirizzare le nostre singole azioni, ma può ordinare molteplici azioni verso un medesimo scopo; può orientare l’intera vita verso il fine ultimo. Per esempio, un servizio reso ha come scopo di aiutare il prossimo, ma, al tempo stesso, può essere ispirato dall’amore di Dio come fine ultimo di tutte le nostre azioni. Una medesima azione può anche essere ispirata da diverse intenzioni; così, per esempio, si può rendere un servizio per procurarsi un favore o per trarne motivo di vanto.
CdA 835-836
CONFRONTAVAI
CdA 892-896
CONFRONTAVAI
CATECHISMO DEGLI ADULTI
835 - 836

L’intenzione fondamentale
[835]  La vita spirituale si sviluppa come un organismo unitario e 21-411.png complesso. Alla radice c’è la grazia santificante, alla quale si accompagnano, come dotazioni stabili, le virtù teologali. La decisione del cristiano di attuare la propria vita nella fede, speranza e carità, costituisce l’intenzione fondamentale, che dà la sua impronta e il suo orientamento ai vari atteggiamenti e alle singole azioni.
Un’intenzione fondamentale può essere positiva o negativa e si esprime in comportamenti corrispondenti: «Ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi» (Mt 7,17). Dalla fede, speranza e carità deriva l’osservanza di tutti i comandamenti della legge di Dio; viceversa dal cuore malvagio, cioè dall’egoismo, escono tutti i comportamenti malvagi
nota
Cf. Mc 7,21-23.
.
L’intenzione fondamentale ci identifica come giusti o come peccatori. È l’orientamento profondo verso il fine ultimo, Dio o un idolo, intorno al quale si costruisce un progetto globale di vita. Non si tratta di una decisione accanto alle altre, ma di un atteggiamento personale implicito, che si attua e si manifesta mediante le decisioni particolari. Non è sperimentabile direttamente in se stessa; se ne può avere solo una conoscenza indiretta e indiziaria, attraverso i comportamenti concreti in ogni ambito dell’esperienza. Coincide praticamente con la vita di grazia o con la situazione di peccato mortale, di cui il soggetto può avere solo una certezza prudenziale
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. VI, Decr. Sulla giustificazione, 9 - DS 1534.
.
CCC, 1752-1753
[836]  Se è vero che l’atteggiamento profondo si esprime attraverso le azioni, è anche vero che compiendo singole azioni la persona 21-412.pngplasma se stessa, decide che cosa vuole essere, sviluppa virtù o vizi e, quando le scelte sono importanti e pienamente responsabili, come un atto impegnativo di carità o un peccato mortale, forma in sé un’intenzione fondamentale, la rafforza o la cambia, realizzando una conversione o una perversione. Nel bene e nel male sono decisivi gli atti umani, in cui l’intenzione fondamentale si forma e si esprime. Sono i singoli atti che costruiscono la fisionomia spirituale della persona; non viceversa
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, 70; 71.
. Perciò l’intenzione fondamentale non è rilevante per stabilire la moralità oggettiva dei singoli atti; può tuttavia essere utile tenerla presente per valutare l’imputabilità soggettiva
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Reconciliatio et paenitentia, 223.
. Infatti, per essere gravemente responsabile nel bene o nel male, un atto deve essere capace di generare un’opzione fondamentale positiva o negativa. Da qui la necessità di essere cauti nel giudicare la piena responsabilità. Si possono valutare più facilmente i singoli comportamenti nella loro moralità oggettiva che non il cuore delle persone.