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CONFRONTA I TESTI DEI CATECHISMI

CATECHISMO CHIESA CATTOLICA

  1809 La temperanza è la virtù morale che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell’uso dei beni creati. Essa assicura il dominio della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell’onestà. La persona temperante orienta al bene i propri appetiti sensibili, conserva una sana discrezione, e non segue il proprio istinto e la propria forza assecondando i desideri del proprio cuore.
nota
(83) Cf .
La temperanza è spesso lodata nell’Antico Testamento: « Non seguire le passioni; poni un freno ai tuoi desideri » (). Nel Nuovo Testamento è chiamata « moderazione » o « sobrietà ». Noi dobbiamo « vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo » ().
« Vivere bene altro non è che amare Dio con tutto il proprio cuore, con tutta la propria anima, e con tutto il proprio agire. Gli si dà (con la temperanza) un amore totale che nessuna sventura può far vacillare (e questo mette in evidenza la fortezza), un amore che obbedisce a lui solo (e questa è la giustizia), che vigila al fine di discernere ogni cosa, nel timore di lasciarsi sorprendere dall’astuzia e dalla menzogna (e questa è la prudenza) ».
nota
(84) Sant’Agostino, De moribus Ecclesiae catholicae, 1, 25, 46: CSEL 90, 51 (PL 32, 1330-1331).
Le virtù e la grazia
CdA 827-837
CONFRONTAVAI
CdA 945
CONFRONTAVAI
Sir 5,237,27-31Sir 18,30Tt 2,12
CATECHISMO DEGLI ADULTI
827 - 837

La grazia santificante
[827]  Chiamato al dialogo con le persone divine, l’uomo viene abilitato a questo rapporto mediante una trasformazione di tutta la sua personalità: anima, intelligenza, volontà, affettività, corporeità. Viene purificato, santificato e rigenerato; diventa «nuova creatura» (Gal 6,15), un «uomo nuovo» (Ef 4,24).
CCC, 1266
[828]  Riceviamo innanzitutto un nuovo modo di essere, per cui 21-409.pngdiventiamo «partecipi della natura divina» (2Pt 1,4), siamo «chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!» (1Gv 3,1). Questa radicale elevazione alla vita divina si chiama tradizionalmente “grazia santificante”
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. VI, Decr. Sulla giustificazione, 7; Can. 11 - DS 1529-1530; 1561.
. Così la parola “grazia”, già impiegata per indicare l’amore gratuito e misericordioso di Dio, il dono dello Spirito Santo, le sue mozioni sull’agire umano, acquista un quarto significato teologico: la vita divina diventata nostra, la bellezza spirituale che ci è data per essere degni di stare al cospetto di Dio, in una relazione senza paragone più perfetta e intima di quella creaturale.
CdA, 341
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CdA 354-355
CONFRONTAVAI
CdA 743
CONFRONTAVAI
CdA 812
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Le virtù teologali
[829] Al nuovo modo di essere consegue un nuovo modo di agire. La vita filiale si esprime attraverso il dinamismo delle “virtù teologali”: fede, speranza e carità; energie che rendono capaci di comunicare personalmente con Dio e di unire a lui.
[830]  La fede ci fa partecipare alla luce della conoscenza divina
nota
Cf. San Tommaso d’Aquino,Somma Teologica, I-II, q. 110, a. 4.
; ci apre ad accogliere l’amore di Dio e il suo disegno di salvezza, rivelato nella Pasqua di Cristo. Consapevoli della nostra povertà, ma persuasi di essere amati, ci affidiamo senza riserve, pronti a ubbidire e a rischiare. Dando ferma adesione alla verità rivelata, riceviamo nuove prospettive sulla realtà, nuovi criteri di giudizio e motivi di azione.
La fede «opera per mezzo della carità» (Gal 5,6); altrimenti è come morta. Tuttavia rimane importante anche nei peccatori, perché li prepara alla giustificazione
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. VI, Decr. Sulla giustificazione, Can. 28 - DS 1578.
. Alcuni peccati, come l’incredulità, l’apostasia e l’eresia la contraddicono direttamente e giungono a distruggerla.
CdA, 86-93
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[831]  La speranza applica le prospettive della fede all’esistenza personale del credente: «In essa infatti noi abbiamo come un’àncora della nostra vita, sicura e salda» (Eb 6,19). È il desiderio fiducioso e arduo, fondato sull’Amore onnipotente e misericordioso e sulla sua fedeltà alle promesse, di giungere alla vita eterna nell’esperienza immediata di Dio e nella gloriosa risurrezione, ricevendo durante il cammino tutti gli aiuti necessari. Si tiene ugualmente lontana dalla presunzione come dall’abbattimento. Lotta coraggiosamente contro il male e coltiva ogni germe di bene. Sa che per la misericordia di Dio anche una vita sciupata, come quella del ladrone pentito, può essere rigenerata in un istante: san Giuseppe Cafasso, il prete che assisteva i condannati a morte, era persuaso che perfino un assassino poteva entrare subito in paradiso se accettava umilmente la sua pena.
CdA, 1170-1183
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[832]  La carità, riflesso in noi dello Spirito Santo, ci fa partecipare alla forza e alla bellezza dell’amore con cui Cristo ha amato il Padre e i fratelli nel suo sacrificio pasquale. Suppone e porta a compimento la fede e la speranza: amiamo perché siamo stati amati e abbiamo creduto all’amore, come i bambini nei confronti dei genitori. La carità è la nostra amicizia con Dio, per cui lo amiamo sopra ogni cosa a motivo della sua bontà infinita e siamo pronti a fare la sua volontà e ad amare gli altri come egli li ama
nota
Cf. San Tommaso d’Aquino,Somma Teologica, II-II, q. 23, a. 2.
. Essa segue una sua dinamica: nasce come compiacenza per la bellezza e la bontà di Dio intraviste nelle sue opere meravigliose e soprattutto nel suo Figlio Gesù; si sviluppa come dedizione alla causa del suo regno e come desiderio di incontrarlo faccia a faccia; si compirà nella visione beatifica come gaudio, in cui tutto il nostro essere troverà riposo
nota
Cf. San Tommaso d’Aquino,Somma Teologica, I-II, q. 26, a. 2; II-II, q. 28, a. 4.
.
CdA, 840-842
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CdA 868
CONFRONTAVAI
CdA 898-899
CONFRONTAVAI
CdA 951
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Le virtù umane
[833] La carità si incarna nell’etica: unifica, sostiene ed elèva le virtù umane, energie operative buone che abilitano a compiere il bene sotto vari aspetti specifici. Quattro di esse si chiamano “virtù cardinali”, perché fanno da sostegno e riferimento a numerose altre. Sono la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza. Tra le molte virtù, che si collegano a queste, si possono ricordare: semplicità, onestà, sincerità, lealtà, fedeltà, cortesia, rispetto, generosità, riconoscenza, amicizia, coraggio, audacia, equilibrio, umiltà, castità, povertà, obbedienza.
Le buone qualità particolari danno concretezza alla perfezione cristiana. Danno alla carità un corpo e un volto.
I sette doni
[834]  Per facilitare l’esercizio e la crescita delle virtù teologali e umane, riceviamo i sette doni dello Spirito Santo che, sulla base di un testo 21-410.pngprofetico
nota
Cf. Is 11,2-3.
, vengono tradizionalmente così individuati: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timor di Dio. Al di là del numero e delle precisazioni, si tratta di doni abbondanti per la santificazione personale. Mentre i carismi riguardano direttamente l’utilità del prossimo e perciò sono variamente distribuiti, questi doni, che si possono chiamare mistici, riguardano lo sviluppo della vita cristiana e perciò sono concessi a tutti, anche se con accentuazioni diverse. Sono attitudini che rendono docili allo Spirito Santo anche nelle azioni più ordinarie; dispongono a lasciarsi muovere da lui come vele spiegate al vento. Rendono le virtù facili, stabili e attraenti; le portano a maturazione, come «frutto dello Spirito» (Gal 5,22), frutti saporosi per chi li possiede e poi anche per il prossimo.
L’intenzione fondamentale
[835]  La vita spirituale si sviluppa come un organismo unitario e 21-411.png complesso. Alla radice c’è la grazia santificante, alla quale si accompagnano, come dotazioni stabili, le virtù teologali. La decisione del cristiano di attuare la propria vita nella fede, speranza e carità, costituisce l’intenzione fondamentale, che dà la sua impronta e il suo orientamento ai vari atteggiamenti e alle singole azioni.
Un’intenzione fondamentale può essere positiva o negativa e si esprime in comportamenti corrispondenti: «Ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi» (Mt 7,17). Dalla fede, speranza e carità deriva l’osservanza di tutti i comandamenti della legge di Dio; viceversa dal cuore malvagio, cioè dall’egoismo, escono tutti i comportamenti malvagi
nota
Cf. Mc 7,21-23.
.
L’intenzione fondamentale ci identifica come giusti o come peccatori. È l’orientamento profondo verso il fine ultimo, Dio o un idolo, intorno al quale si costruisce un progetto globale di vita. Non si tratta di una decisione accanto alle altre, ma di un atteggiamento personale implicito, che si attua e si manifesta mediante le decisioni particolari. Non è sperimentabile direttamente in se stessa; se ne può avere solo una conoscenza indiretta e indiziaria, attraverso i comportamenti concreti in ogni ambito dell’esperienza. Coincide praticamente con la vita di grazia o con la situazione di peccato mortale, di cui il soggetto può avere solo una certezza prudenziale
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. VI, Decr. Sulla giustificazione, 9 - DS 1534.
.
CCC, 1752-1753
[836]  Se è vero che l’atteggiamento profondo si esprime attraverso le azioni, è anche vero che compiendo singole azioni la persona 21-412.pngplasma se stessa, decide che cosa vuole essere, sviluppa virtù o vizi e, quando le scelte sono importanti e pienamente responsabili, come un atto impegnativo di carità o un peccato mortale, forma in sé un’intenzione fondamentale, la rafforza o la cambia, realizzando una conversione o una perversione. Nel bene e nel male sono decisivi gli atti umani, in cui l’intenzione fondamentale si forma e si esprime. Sono i singoli atti che costruiscono la fisionomia spirituale della persona; non viceversa
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, 70; 71.
. Perciò l’intenzione fondamentale non è rilevante per stabilire la moralità oggettiva dei singoli atti; può tuttavia essere utile tenerla presente per valutare l’imputabilità soggettiva
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Reconciliatio et paenitentia, 223.
. Infatti, per essere gravemente responsabile nel bene o nel male, un atto deve essere capace di generare un’opzione fondamentale positiva o negativa. Da qui la necessità di essere cauti nel giudicare la piena responsabilità. Si possono valutare più facilmente i singoli comportamenti nella loro moralità oggettiva che non il cuore delle persone.
[837] Per poter vivere in comunione con Dio Padre e Figlio e Spirito Santo, l’uomo viene elevato alla vita di grazia e riceve mirabili energie spirituali, come le virtù teologali: fede, speranza e carità.