CATECHISMO DEGLI ADULTI
Dono di Dio
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La fede è un dono o una scelta? Quando Paolo venne a portare il vangelo in Europa, nella città di Filippi «c’era ad ascoltare anche una donna di nome Lidia... e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo» (At 16,14). Non basta l’annuncio esteriore a suscitare la fede; occorre anche una illuminazione interiore.
Già l’Antico Testamento aveva chiara consapevolezza che la fede è frutto di una iniziativa di Dio: «Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti... Riconoscete dunque che il Signore vostro Dio è Dio, il Dio fedele» (Dt 7,79). Gesù stesso ha dichiarato pubblicamente: «Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato» (Gv 6,44). La fede è dono dello Spirito Santo, che la previene, la suscita, la sostiene, l’aiuta a crescere. È lui che illumina l’intelligenza, attrae la volontà, rivolge il cuore a Dio, facendo accettare con gioia e comprendere sempre meglio la rivelazione storica di Cristo, senza aggiungere ad essa nulla di estraneo
| CdA, 811-813 CONFRONTAVAI |
CATECHISMO DEGLI ADULTI
811 - 813
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Gli effetti sono sorprendenti. Lo Spirito fa riconoscere Gesù come Signore
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Cooperare con la grazia
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Lo Spirito rende giusto l’uomo peccatore; anima e sostiene interiormente l’uomo nuovo. Accompagna il nostro cammino di santificazione dal principio alla fine: prepara la nostra giustificazione, la realizza, la mantiene, la perfeziona fino alla gloria celeste. Agisce nell’intimo con le sue mozioni, tradizionalmente dette “grazie attuali”: illumina l’intelligenza, attrae le tendenze spontanee, opera il bene insieme con noi, dà gioia e pace. I nostri buoni comportamenti sono i suoi frutti
| CCC, 2000-2005 |
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Tuttavia siamo liberi e responsabili: ciascuno riceverà «la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male» (2Cor 5,10). La priorità dunque appartiene alla grazia; siamo noi però che crediamo, amiamo e operiamo in una personale vicenda storica. Lo Spirito sostiene il cammino, ma è l’uomo che cammina. La nostra libertà non è meno autentica per il fatto che ci è donata: «Siamo opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo» (Ef 2,10).
Noi cooperiamo con la grazia e ci disponiamo ad accoglierla ancora fino al compimento ultimo della vita eterna. Rimane però esclusa ogni possibilità di vanto. Si acquistano meriti davanti a Dio accogliendo i suoi doni, in modo da essere preparati a riceverne altri. I nostri meriti sono suoi doni e la ricompensa della vita eterna è il dono supremo
Cf. Concilio di Trento, Sess. VI, Decr. Sulla giustificazione, 16; Can. 24; 26; 32 - DS 1548; 1574; 1576; 1582. |