INDICE
ARTICOLO 6: IL SACRAMENTO DELL'ORDINE
- IL SACRAMENTO DELL'ORDINE
- I. PERCHÉ IL NOME DI SACRAMENTO DELL'ORDINE?
- II. IL SACRAMENTO DELL'ORDINE NELL'ECONOMIA DELLA SALVEZZA
- III. I TRE GRADI DEL SACRAMENTO DELL'ORDINE
- IV. LA CELEBRAZIONE DI QUESTO SACRAMENTO
- V. CHI PUÒ CONFERIRE QUESTO SACRAMENTO?
- VI. CHI PUÒ RICEVERE QUESTO SACRAMENTO?
- VII. GLI EFFETTI DEL SACRAMENTO DELL'ORDINE
- IN SINTESI
CATECHISMO CHIESA CATTOLICA
« Un ministro superbo va messo assieme al diavolo; ma non per questo viene contaminato il dono di Cristo, che attraverso di lui continua a fluire nella sua purezza e per mezzo di lui arriva limpido a fecondare la terra. [...] La virtù spirituale del sacramento è infatti come la luce: giunge pura a coloro che devono essere illuminati e, anche se deve passare attraverso esseri immondi, non viene contaminata ».
(219)
Sant’Agostino,
In Iohannis evangelium tractatus
, 5, 15: CCL 36, 50 (PL 35, 1422).
La grazia dello Spirito Santo
| CdA 719-728 CONFRONTAVAI |
CATECHISMO DEGLI ADULTI
719 - 728
Fondamento biblico
[719]
Il ministero apostolico dei pastori viene esercitato nei tre diversi gradi dei vescovi, dei presbìteri e dei diaconi. L’inserimento in questa gerarchia avviene non con una semplice investitura giuridica, ma con il sacramento dell’ordine
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 28.
Il rito, semplice e solenne, è costituito dal gesto di imposizione delle mani e dalla preghiera di ordinazione. Ha le sue radici nella tradizione ebraica: Mosè impose le mani a Giosuè, per farlo capo del popolo al suo posto
Per questo dono, Cristo è presente nei suoi inviati e continua a incontrare gli uomini, a istruirli, santificarli e guidarli: «Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato» (Gv 13,20), dice il Signore. La missione dei discepoli prolunga quella che Cristo ha ricevuto dal Padre
| CdA, 511-518 CONFRONTAVAI |
Il carattere sacramentale
[720]
La dottrina della Chiesa precisa che attraverso l’ordinazione, conferita dal vescovo, viene trasmesso lo Spirito Santo ed impresso il carattere; perciò chi è diventato sacerdote non può ritornare laico
Cf. Concilio di Trento, Sess. XXIII, Dottr. Sul sacramento dell’ordine, Can. 4 - DS 1774. Cf. Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 2. Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 10. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 21. Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 28.
Secondo le preghiere consacratorie del rito di ordinazione, il vescovo è prefigurato da Mosè e Aronne e in genere dai capi e sacerdoti del popolo di Israele, a cominciare da Abramo, e soprattutto dagli apostoli; i presbìteri dai settanta saggi intorno a Mosè, dai figli di Aronne e dai collaboratori degli apostoli; i diaconi dai leviti dell’Antico Testamento e dai sette incaricati dell’assistenza nella prima comunità cristiana.
| CdA, 521-524 CONFRONTAVAI |
La carità pastorale
[721]
A prescindere dalla loro santità personale, i ministri ordinati rimangono rappresentanti di Cristo e agiscono validamente in suo nome a favore dei credenti, in virtù del carattere, segno della fedeltà di Dio alla sua Chiesa. Tuttavia lo Spirito Santo, ricevuto nel sacramento, mira a coinvolgere tutta la loro personalità, perché Cristo pastore e sposo della Chiesa si manifesti in essi nel modo più vivo e completo. In vario grado vale per tutti i ministri ordinati quello che Giovanni Paolo II afferma del sacerdote: «È chiamato ad essere immagine viva di Gesù Cristo sposo della Chiesa», «a rivivere l’amore di Cristo sposo nei riguardi della Chiesa sposa», e perciò ad «amare la gente con cuore nuovo, grande e puro, con autentico distacco da sé, con dedizione piena, continua e fedele»
Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 22.
Il Signore comunica ai suoi ministri la carità pastorale
Cf. Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 14. |
Il celibato
[722] Per essere immagine viva di Cristo sposo della Chiesa, è molto conveniente, seppure non indispensabile, che un pastore si consacri nel celibato. Di fatto la Chiesa lo esige per i vescovi, che hanno la pienezza dell’ordine e, in occidente, anche per i presbìteri. La rinuncia al matrimonio e alla famiglia consente di seguire Cristo più da vicino, apre a un amore disinteressato e universale, rende liberi per il servizio. Ovviamente la castità del celibato esige di essere vissuta in un contesto globale di radicalità evangelica, che comprende anche l’obbedienza e la povertà nel loro significato essenziale: rinuncia al successo individuale e al possesso egoistico per l’edificazione del regno di Dio.
| CdA, 520 CONFRONTAVAI CdA 1075-1078 CONFRONTAVAI |
Fraternità sacerdotale
[723]
In virtù del sacramento i presbìteri entrano in uno speciale rapporto di comunione con il vescovo e tra loro: «sono intimamente uniti tra loro dalla fraternità sacramentale; ma in modo speciale essi formano un unico presbiterio nella diocesi al cui servizio sono ascritti sotto il proprio vescovo»
Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 8. Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 17. Cf. Concilio Vaticano II, Christus Dominus, 11. Cf. Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 17. | CdA, 523 CONFRONTAVAI |
Il problema dell’ordinazione delle donne
[727] Perché la Chiesa cattolica, come pure la Chiesa ortodossa, nega la possibilità dell’ordinazione delle donne al ministero pastorale?
La questione deve essere vista secondo criteri radicati nel mistero della salvezza e non in base a considerazioni di tipo sociologico o alla sensibilità culturale del nostro tempo. La Chiesa non può disporre dei sacramenti a suo piacimento. La comprensione del disegno di Dio, fondata sui documenti della rivelazione e della tradizione ecclesiale, non le consente di ammettere le donne all’episcopato e al presbiterato
Cf. Giovanni Paolo II, Ordinatio sacerdotalis, 4. È vero che il Signore Gesù ha riconosciuto la pari dignità della donna nel matrimonio e, contro le consuetudini e la mentalità del suo ambiente, ha valorizzato le donne, accettandone la presenza nel gruppo itinerante dei discepoli e costituendole testimoni della sua risurrezione. Ma è anche vero che non le ha inserite tra gli apostoli, inviati come suoi rappresentanti ufficiali.
Gli apostoli, a loro volta, hanno incoraggiato e onorato la presenza delle donne nell’opera di evangelizzazione, ma non le hanno mai scelte come responsabili della guida pastorale, neppure in ambienti culturali più aperti di quello palestinese al ruolo sociale della donna.
La storia della Chiesa ha visto numerose figure di donne in posizioni di grande rilievo, dotate di carismi straordinari e capaci di orientare in modo decisivo il cammino del popolo di Dio, ma non le ha mai viste nel ruolo di vescovo e di presbitero.
La pari dignità di uomini e donne nella Chiesa è fuori discussione, essendo stata proclamata con forza dall’apostolo Paolo: «Non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). È possibile e auspicabile, soprattutto oggi, che le donne siano chiamate a svolgere nella Chiesa compiti importanti e delicati, nei quali possano far fruttificare le loro grandi energie spirituali e umane. A loro si possono senz’altro affidare molte attività svolte finora dai sacerdoti.
Ma il sacerdote non è semplicemente un funzionario, che fa dei servizi. È prima di tutto una figura chiamata a rappresentare con tutta la sua persona e la sua esistenza Cristo, sposo della Chiesa. È comprensibile allora che i sacerdoti siano scelti solo tra gli uomini.
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