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CONFRONTA I TESTI DEI CATECHISMI

CATECHISMO DEGLI ADULTI

Celebrazione del mistero pasquale
[637]  Gesù Cristo porta a compimento gli eventi e i riti dell’antica alleanza. Nella sua persona Dio stesso si rivela, si comunica e ci salva. La sua predicazione, la sua azione, l’offerta della sua vita sono eventi concreti e irripetibili; una storia, non un rito liturgico. Tuttavia, nel modo più sublime, realizzano il fine di tutti i riti, che è quello di introdurre nella comunione con Dio. Gli antichi sacrifici, basati sull’offerta della vittima in sostituzione della vita dell’offerente, sono superati dal dono totale di lui stesso. Questo atto è così perfetto che basta da solo a salvare tutti gli uomini: «Siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre» (Eb 10,10). Però l’offerta di Cristo sulla croce non esclude l’offerta dei credenti, anzi la esige e la rende possibile. Sostenuti da lui, potranno anch’essi offrire la propria vita al Padre nell’obbedienza quotidiana alla sua volontà
nota
Cf. Rm 12,1-2.
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CCC, 1151-1152CCC 1364CdA, 688-690
CONFRONTAVAI
CATECHISMO DEGLI ADULTI
688 - 690

Memoria e presenza
[688] La liturgia eucaristica ripresenta, nel contesto di una preghiera di lode e di ringraziamento e nella forma di un convito sacrificale, il sacrificio pasquale di Cristo, perché diventi il nostro sacrificio e ci coinvolga nel suo dinamismo di carità.
Secondo l’uso degli ebrei, che a tavola lodavano e ringraziavano Dio per i doni della vita, del nutrimento e dell’alleanza, anche Gesù nell’ultima cena pronuncia sul pane e sul vino una sua preghiera di benedizione e di ringraziamento per l’opera della salvezza che si va compiendo. Quindi dà il pane a mangiare e il vino a bere, come sacramento del suo corpo donato e del suo sangue versato per la riconciliazione universale: «Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”» (1Cor 11,23-25). Quando era stata conclusa l’alleanza del monte Sinai, il sangue delle vittime, sparso sull’altare e sul popolo, indicava plasticamente, secondo la mentalità dell’uomo antico, un rapporto di consanguineità e di parentela tra Dio e Israele. Gesù, con la sua morte e risurrezione, pone tra il Padre e l’umanità intera il suo corpo e il suo sangue, cioè la sua persona e la sua vita, per la nuova ed eterna alleanza.
Alla luce dell’esperienza di Pasqua e di Pentecoste, nello stupore e nella gioia per le opere mirabili della creazione, della redenzione e della santificazione, la Chiesa riprende la preghiera di lode e di ringraziamento di Gesù al Padre e la prolunga nei secoli: «È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre Santo...»
nota
Messale Romano, Prefazio comune II.
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Nello stesso tempo, obbediente al comando: «Fate questo in memoria di me», la Chiesa ripete il gesto e le parole del Signore sul pane e sul vino, invocando lo Spirito consacratore: «Manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo, perché diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, che ci ha comandato di celebrare questi misteri... Egli prese il pane... Allo stesso modo prese il calice...»
nota
Messale Romano, Preghiera eucaristica III.
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CdA, 636-638
CONFRONTAVAI
[689]  Nella forma di un convito sacrificale la Chiesa rivive l’evento totale della Pasqua; fa memoria della morte e risurrezione del Signore
nota
Cf. 1Cor 11,26.
, una memoria che non è semplice ricordo, ma ripresentazione reale dell’evento stesso nel rito. Il Crocifisso risorto si fa presente come Agnello immolato e vivente
nota
Cf. Ap 5,6.
. Il pane è realmente il suo corpo donato; il vino è realmente il suo sangue versato. La sua parola con la potenza dello Spirito compie davvero quello che annuncia. Il pane e il vino non sono più cibo e bevanda usuali; sono diventati, per una conversione singolare e mirabile, che la Chiesa chiama transustanziazione
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. XIII, Decr. Sul sacramento dell’eucaristia, 4 - DS 1642.
, il corpo e il sangue del Signore, la sua nuova presenza, «vera, reale e sostanziale»
nota
Cf.Ivi, 1 - DS 1636.
, dinamica e personale, nell’atto di donare se stesso e non solo nella sua efficacia santificante come negli altri sacramenti.
Il santo sacrificio
[690]  A motivo di questa memoria che si fa presenza, la Chiesa non 16-329.png esita a considerare l’eucaristia vero sacrificio, senza timore di compromettere l’unicità del sacrificio della croce: «Celebrando il memoriale del tuo Figlio, morto per la nostra salvezza, gloriosamente risorto e asceso al cielo, nell’attesa della sua venuta, ti offriamo, o Padre, in rendimento di grazie questo sacrificio vivo e santo»
nota
Messale Romano, Preghiera eucaristica III.
. Anzi, fin dal I secolo è abituale vedere nelle celebrazioni eucaristiche l’attuazione del sacrificio preannunciato dal profeta Malachìa
nota
Cf. Ml 1,11.
: «Ogni domenica, giorno del Signore, riuniti spezzate il pane e rendete grazie, dopo che avete confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro... Così infatti ha detto il Signore: In ogni luogo e in ogni tempo, è offerto al mio nome un sacrificio puro»
nota
Didachè, 14, 1, 3.
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16-330.png L’eucaristia non compromette l’unicità della croce, perché non è una ripetizione né un’aggiunta, ma la ripresentazione, qui e ora, sotto i segni sacramentali, di quello stesso atto di donazione con cui Gesù è morto ed è stato glorificato
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. XIII, Dottr. Sul sacrificio della messa, 1 - DS 1740.
. «Anche noi oggi offriamo quel sacrificio, quello offerto una volta, quello inesauribile... Noi non compiamo un altro sacrificio... bensì sempre lo stesso; meglio, noi facciamo il memoriale di quel sacrificio»
nota
San Giovanni Crisostomo, Omelie sulla Lettera agli Ebrei, 17, 3.
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Il sacrificio pasquale fu compiuto «una volta per sempre» (Eb 10,10); ma rimane sempre attuale presso il Padre come «redenzione eterna» (Eb 9,12). Cristo nello Spirito offre al Padre se stesso, la Chiesa e tutta la creazione. Esprime visibilmente questa offerta nel rito liturgico, che è innanzitutto un suo gesto simbolico. La Chiesa, animata dal medesimo Spirito, si associa a Cristo nello stesso rito e offre al Padre lui e se stessa con lui
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 11.
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«Cristo nostra Pasqua si è immolato. Egli continua a offrirsi per noi e intercede come nostro avvocato: sacrificato sulla croce più non muore e con i segni della passione vive immortale»
nota
Messale Romano, Prefazio pasquale III.
. «Sacerdote vero ed eterno, egli istituì il rito del sacrificio perenne;... si offrì vittima di salvezza, e comandò a noi di perpetuare l’offerta in sua memoria»
nota
Messale Romano, Prefazio della SS. Eucaristia I.
. Perciò «noi crediamo che la Messa... è il sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari»
nota
Paolo VI, Credo del Popolo di Dio, 24.
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