INDICE
ARTICOLO 3: IL SACRAMENTO DELL'EUCARISTIA
- IL SACRAMENTO DELL'EUCARISTIA
- I. L'EUCARISTIA – FONTE E CULMINE DELLA VITA ECCLESIALE
- II. COME VIENE CHIAMATO QUESTO SACRAMENTO?
- III. L'EUCARISTIA NELL'ECONOMIA DELLA SALVEZZA
- IV. LA CELEBRAZIONE LITURGICA DELL'EUCARISTIA
- V. IL SACRIFICIO SACRAMENTALE: AZIONE DI GRAZIE, MEMORIALE, PRESENZA
- VI. IL BANCHETTO PASQUALE
- VII. L'EUCARISTIA – « PEGNO DELLA GLORIA FUTURA »
- IN SINTESI
CATECHISMO CHIESA CATTOLICA
1322 La santa Eucaristia completa l’iniziazione cristiana. Coloro che sono stati elevati alla dignità del sacerdozio regale per mezzo del Battesimo e sono stati conformati più profondamente a Cristo mediante la Confermazione, attraverso l’Eucaristia partecipano con tutta la comunità allo stesso sacrificio del Signore.
| CdA 684-699 CONFRONTAVAI |
CATECHISMO DEGLI ADULTI
684 - 699
Origine e sviluppo storico
[685]
Il convito eucaristico è prefigurato nei banchetti di Gesù con i peccatori e gli amici durante la vita pubblica, è istituito nell’ultima cena con i Dodici, è confermato nella gioia degli incontri a mensa dopo la risurrezione. Dalla Chiesa delle origini è celebrato come cena del Signore risorto
Presto il rito acquista una dinamica molto precisa, con una proclamazione della Parola e una liturgia eucaristica strettamente connesse tra loro. Gesù stesso nell’incontro con i discepoli di Emmaus prima spiega le Scritture, poi si mette a tavola e, pronunciando la benedizione, prende il pane, lo spezza e lo distribuisce
San Giustino, Prima apologia, 67, 3-5. | CdA, 228-231 CONFRONTAVAI |
Struttura della Messa
[687]
La celebrazione si articola in due parti: liturgia della Parola e liturgia eucaristica. Sono due modalità eminenti della presenza di Cristo, mensa della parola di Dio e mensa del corpo di Cristo da cui i fedeli ricevono alimento per la loro vita cristiana
Cf. Messale Romano, Principi e norme, 8. Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 56.
Come gli amici ravvivano la loro amicizia con la conversazione e con il mettersi a tavola insieme, così Dio rinnova l’alleanza con il suo popolo rivolgendogli la parola e ammettendolo a un convito sacrificale
L’inserimento dell’uomo e del suo mondo nel dono di sé che il Cristo fa al Padre viene suggerito già dal primo rito della liturgia eucaristica: la presentazione del pane e del vino «frutto della terra e del lavoro dell’uomo»
Messale Romano, Rito della Messa con il popolo, Liturgia eucaristica. | CdA, 612 CONFRONTAVAI CdA 628-629 CONFRONTAVAI |
Memoria e presenza
[688] La liturgia eucaristica ripresenta, nel contesto di una preghiera di lode e di ringraziamento e nella forma di un convito sacrificale, il sacrificio pasquale di Cristo, perché diventi il nostro sacrificio e ci coinvolga nel suo dinamismo di carità.
Secondo l’uso degli ebrei, che a tavola lodavano e ringraziavano Dio per i doni della vita, del nutrimento e dell’alleanza, anche Gesù nell’ultima cena pronuncia sul pane e sul vino una sua preghiera di benedizione e di ringraziamento per l’opera della salvezza che si va compiendo. Quindi dà il pane a mangiare e il vino a bere, come sacramento del suo corpo donato e del suo sangue versato per la riconciliazione universale: «Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”» (1Cor 11,23-25). Quando era stata conclusa l’alleanza del monte Sinai, il sangue delle vittime, sparso sull’altare e sul popolo, indicava plasticamente, secondo la mentalità dell’uomo antico, un rapporto di consanguineità e di parentela tra Dio e Israele. Gesù, con la sua morte e risurrezione, pone tra il Padre e l’umanità intera il suo corpo e il suo sangue, cioè la sua persona e la sua vita, per la nuova ed eterna alleanza.
Alla luce dell’esperienza di Pasqua e di Pentecoste, nello stupore e nella gioia per le opere mirabili della creazione, della redenzione e della santificazione, la Chiesa riprende la preghiera di lode e di ringraziamento di Gesù al Padre e la prolunga nei secoli: «È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre Santo...»
Messale Romano, Prefazio comune II.
Nello stesso tempo, obbediente al comando: «Fate questo in memoria di me», la Chiesa ripete il gesto e le parole del Signore sul pane e sul vino, invocando lo Spirito consacratore: «Manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo, perché diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, che ci ha comandato di celebrare questi misteri... Egli prese il pane... Allo stesso modo prese il calice...»
Messale Romano, Preghiera eucaristica III. | CdA, 636-638 CONFRONTAVAI |
Il santo sacrificio
[690]
A motivo di questa memoria che si fa presenza, la Chiesa non esita a considerare l’eucaristia vero sacrificio, senza timore di compromettere l’unicità del sacrificio della croce: «Celebrando il memoriale del tuo Figlio, morto per la nostra salvezza, gloriosamente risorto e asceso al cielo, nell’attesa della sua venuta, ti offriamo, o Padre, in rendimento di grazie questo sacrificio vivo e santo»
Messale Romano, Preghiera eucaristica III. Didachè, 14, 1, 3.
L’eucaristia non compromette l’unicità della croce, perché non è una ripetizione né un’aggiunta, ma la ripresentazione, qui e ora, sotto i segni sacramentali, di quello stesso atto di donazione con cui Gesù è morto ed è stato glorificato
Cf. Concilio di Trento, Sess. XIII, Dottr. Sul sacrificio della messa, 1 - DS 1740. San Giovanni Crisostomo, Omelie sulla Lettera agli Ebrei, 17, 3.
Il sacrificio pasquale fu compiuto «una volta per sempre» (Eb 10,10); ma rimane sempre attuale presso il Padre come «redenzione eterna» (Eb 9,12). Cristo nello Spirito offre al Padre se stesso, la Chiesa e tutta la creazione. Esprime visibilmente questa offerta nel rito liturgico, che è innanzitutto un suo gesto simbolico. La Chiesa, animata dal medesimo Spirito, si associa a Cristo nello stesso rito e offre al Padre lui e se stessa con lui
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 11.
«Cristo nostra Pasqua si è immolato. Egli continua a offrirsi per noi e intercede come nostro avvocato: sacrificato sulla croce più non muore e con i segni della passione vive immortale»
Messale Romano, Prefazio pasquale III. Messale Romano, Prefazio della SS. Eucaristia I. Paolo VI, Credo del Popolo di Dio, 24. |
Comunione con Cristo e con i fratelli
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La comunione eucaristica ha un carattere tutt’altro che intimistico e sentimentale. Far comunione con il Signore crocifisso e risorto significa donarsi con lui al Padre e ai fratelli: «A noi, che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo, perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito. Egli faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito»
Messale Romano, Preghiera eucaristica III.
Il Signore Gesù viene a vivere in noi e ci assimila a sé: «La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me» (Gv 6,55-57). La vita che egli comunica è la sua carità verso il Padre e verso tutti gli uomini.
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[695]
D’altra parte si comprende come senza le dovute disposizioni la comunione sacramentale sarebbe inautentica. Già san Paolo esortava i cristiani: «Ciascuno, pertanto, esamini se stesso... perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1Cor 11,28-29). Chi è consapevole di aver commesso peccato mortale, prima di accostarsi alla comunione eucaristica, deve pentirsi e tornare in grazia di Dio. Più precisamente deve recarsi dal sacerdote e ricevere l’assoluzione; non può limitarsi a fare il proposito di confessarsi al più presto, a meno che in una particolare situazione non sopravvengano motivi gravi.
Desta preoccupazione la disinvoltura, con cui alcune persone, che non si confessano da lungo tempo, vanno a fare la comunione, soprattutto in occasione di feste solenni, di matrimoni e di funerali.
Sono doverosi anche alcuni segni esteriori di rispetto: osservare la legge del digiuno eucaristico, che obbliga a non prendere cibi e bevande, eccetto l’acqua, durante l’ora che precede la comunione; rispondere: «Amen» alle parole del ministro; presentare le mani pulite per ricevere il pane eucaristico; essere attenti ad eventuali frammenti, in modo da metterli in bocca e non lasciarli cadere.
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Pegno della gloria futura
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Far comunione con colui che è passato da questo mondo al Padre significa ricevere un anticipo della vita eterna. Cristo conforma a sé la nostra personalità, preparando la completa trasformazione della gloriosa risurrezione: «Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti... Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,48-4954). Il convito pasquale prelude al «banchetto delle nozze dell’Agnello» (Ap 19,9) e accende il desiderio del suo ritorno: «Marana tha: vieni, o Signore!» (1Cor 16,22). «Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga» (1Cor 11,26). Si rafforza la speranza. Si fa più intensa l’unione con l’assemblea celeste, «con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con i tuoi santi apostoli, i gloriosi martiri e tutti i santi, nostri intercessori presso di te»
Messale Romano, Preghiera eucaristica III. Rito della comunione fuori della Messa e culto eucaristico, 28 (Antifona. |