CATECHISMO CHIESA CATTOLICA
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Del resto, quando si considera il futuro, il popolo di Dio dell’Antica Alleanza e il nuovo popolo di Dio tendono a fini analoghi: l’attesa della venuta (o del ritorno) del Messia. Ma tale attesa è, da una parte, rivolta al ritorno del Messia, morto e risorto, riconosciuto come Signore e Figlio di Dio, dall’altra è rivolta alla venuta del Messia, i cui tratti rimangono velati, alla fine dei tempi: si ha un’attesa accompagnata dall’ignoranza o dal misconoscimento di Gesù Cristo.
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Le relazioni della Chiesa con i musulmani. « Il disegno della salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in primo luogo i musulmani, i quali, professando di tenere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso, che giudicherà gli uomini nel giorno finale ».
(332) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 16: AAS 57 (1965) 20; cf Id., Dich. Nostra aetate, 3: AAS 58 (1966) 741-742. | CdA 432-435 CONFRONTAVAI CdA 439-449 CONFRONTAVAI CdA 581-606 CONFRONTAVAI |
CATECHISMO DEGLI ADULTI
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Una lunga separazione
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Secondo gli Atti degli apostoli, Gesù risorto, attraverso i suoi discepoli, fa un ultimo tentativo di radunare intorno a sé l’intero Israele, per attirare poi anche i pagani.Alla gente di Gerusalemme, sbalordita per la guarigione dello storpio, Pietro dice: «Dio, dopo aver risuscitato il suo servo, l’ha mandato prima di tutto a voi per portarvi la benedizione e perché ciascuno si converta dalle sue iniquità» (At 3,26).
Il tentativo all’inizio sembra riuscire con la crescita prodigiosa della comunità cristiana di Gerusalemme. Ma il successo non dura a lungo. Si diffonde un clima di ostilità. Le conversioni degli ebrei diminuiscono; si moltiplicano invece quelle dei pagani. Ad Antiòchia di Pisidia, Paolo e Barnaba così si rivolgono ai propri connazionali: «Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai pagani» (At 13,46).
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Davanti alla predicazione di Gesù e degli apostoli, Israele si divide: quelli che credono, entrano nella nuova alleanza e costituiscono il nucleo iniziale della Chiesa; gli altri formano l’«Israele secondo la carne» (1Cor 10,18). Progressivamente la frattura si allarga. Dapprima i seguaci di Gesù, chiamati «nazorei» (At 24,5), vengono considerati una nuova setta dentro il giudaismo. Poi appaiono all’opinione pubblica come una setta mista di ebrei e greci, e ad Antiòchia, per la prima volta, sono chiamati «cristiani» (At 11,26). Ben presto, già al tempo di Nerone, vengono senz’altro identificati come una nuova religione, diversa dall’ebraismo e presa subito di mira con una sanguinosa persecuzione. Verso la fine del I secolo e l’inizio del II si accentua nei loro confronti l’aggressività degli ambienti giudaici, con accuse presso le autorità romane e violenze
Cf. San Giustino, Prima apologia, 31, 5; 36, 3. D’altra parte nei secoli successivi, soprattutto durante il medioevo, si sviluppa nel mondo cristiano una mentalità ostile agli ebrei, considerati ingiustamente deicidi e maledetti da Dio, disprezzati e temuti per la loro diversità sociale, fatti oggetto di molti pregiudizi. Infine, alimentato da apporti culturali estranei al cristianesimo, spunta il moderno antisemitismo razzista.
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Il concilio Vaticano II ha riprovato severamente pregiudizi, ingiustizie e violenze del passato, cercando di avviare un nuovo rapporto tra cristiani ed ebrei: «Questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto dagli studi biblici e teologici e da un fraterno dialogo. E se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo, tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione non può essere imputato né indistintamente a tutti gli ebrei allora viventi né agli ebrei del nostro tempo. E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, come se ciò scaturisse dalla Sacra Scrittura... La Chiesa, che condanna tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli ebrei e spinta non da motivi politici ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli ebrei in ogni tempo e da chiunque»
Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 4. Tutti i peccatori, di tutti i tempi e di tutti i popoli, sono causa della morte di Gesù. La responsabilità storica della sua morte coinvolge solo una parte delle autorità ebraiche e degli abitanti di Gerusalemme di quel tempo; soprattutto vi hanno un ruolo decisivo anche le autorità romane. Immotivata è l’accusa di deicidio, proprio perché la condanna di Gesù partiva dal mancato riconoscimento della sua divinità.
Nessun testo della Scrittura giustifica poi l’affermazione che Dio abbia maledetto il popolo ebraico; al contrario, i doni e l’elezione di Israele sono irrevocabili: «Dio non ha ripudiato il suo popolo, che egli ha scelto fin da principio» (Rm 11,2).
La Chiesa condanna tutte le forme di persecuzione degli ebrei nella storia, fino allo sterminio programmato di cui sono stati vittime nel XX secolo. Il rifiuto di ogni discriminazione e il riconoscimento delle responsabilità, anche dei cristiani, sono il presupposto per impedire il diffondersi dell’antisemitismo e per aprirsi ad una reciproca comprensione.
| CCC, 595-598 |
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Gli ebrei in gran parte non hanno accettato il vangelo; ma il ruolo di Israele permane nella storia della salvezza. Secondo l’immagine usata da Paolo, sono rami tagliati dall’olivo; ma rimangono della sua stessa natura, partecipano ancora della sua santità: «Sono amati, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili» (Rm 11,28-29).
L’antica alleanza «non è mai stata revocata»
Giovanni Paolo II, Discorso ai rappresentanti della comunità ebraica a Magonza, 17 novembre 1980. Giovanni Paolo II, Discorso ai rappresentanti della comunità ebraica dell’Alsazia a Strasburgo, 9 ottobre 1988. |
Segno della fedeltà di Dio
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Gli ebrei rimangono depositari e testimoni delle promesse di Dio
| CCC, 674 |