CATECHISMO DEGLI ADULTI
Ambiguità dell’esistenza
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Di ambiguità analoga a quella della storia universale sono cariche anche le storie personali, che in essa si incontrano, si
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È stato detto: la morte non conta, perché, quando ci siamo noi, lei non c’è ancora e, quando c’è lei, non ci siamo più noi. Questo, al più, potrebbe essere vero per gli animali. L’uomo, invece, sa di morire. La morte è «la sua cupa compagna di viaggio»
![]() F. Nietzsche, La gaia scienza, 4, 278. | CdA, 1186 CONFRONTAVAI |
CATECHISMO DEGLI ADULTI
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Apparente fallimento
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Ma ha un senso la morte, o meglio l’uomo che muore? All’apparenza sembrerebbe di no. L’uomo è tutto un desiderio di vivere e con tutto se stesso rifiuta la morte, ma essa si avvicina inesorabile. La caducità ci appartiene per natura. In un certo senso si comincia a morire quando si comincia a vivere, e si finisce di morire quando si finisce di vivere: le cellule dell’organismo si invecchiano, si perdono e non tutte vengono reintegrate; le esperienze personali si consumano in fretta. «L’uomo, nato di donna, breve di giorni e sazio di inquietudine, come un fiore spunta e avvizzisce, fugge come l’ombra e mai si ferma» (Gb 14,1-2). Prima o poi, improvvisa o preceduta da intensa sofferenza, arriva la morte. La persona sembra svanire nel nulla. Il desiderio insopprimibile di vivere sembra votato al fallimento. Di qui senso di smarrimento e di impotenza, angoscia. «Sono prigioniero senza scampo; si consumano i miei occhi nel patire» (Sal 88,9-10).
| CdA, 13-15 CONFRONTAVAI |