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CONFRONTA I TESTI DEI CATECHISMI

CATECHISMO CHIESA CATTOLICA

  2402 All’inizio, Dio ha affidato la terra e le sue risorse alla gestione comune dell’umanità, affinché se ne prendesse cura, la dominasse con il suo lavoro e ne godesse i frutti.
nota
(282) Cf .
I beni della creazione sono destinati a tutto il genere umano. Tuttavia la terra è suddivisa tra gli uomini, perché sia garantita la sicurezza della loro vita, esposta alla precarietà e minacciata dalla violenza. L’appropriazione dei beni è legittima al fine di garantire la libertà e la dignità delle persone, di aiutare ciascuno a soddisfare i propri bisogni fondamentali e i bisogni di coloro di cui ha la responsabilità. Tale appropriazione deve consentire che si manifesti una naturale solidarietà tra gli uomini.
  2403 Il diritto alla proprietà privata, acquisita o ricevuta in giusto modo, non elimina l’originaria donazione della terra all’insieme dell’umanità. La destinazione universale dei beni rimane primaria, anche se la promozione del bene comune esige il rispetto della proprietà privata, del diritto ad essa e del suo esercizio.
CdA 880-891
CONFRONTAVAI
CdA 1124-1127
CONFRONTAVAI
Gen 1,26-29CdA 880-891
CONFRONTAVAI
CdA 1124-1127
CONFRONTAVAI
CATECHISMO DEGLI ADULTI
1124 - 1127

Economia di comunione
[1124] I beni di questo mondo possono rendere il cuore insensibile a Dio e al prossimo, ma possono anche diventare strumento di comunione.
L’Antico Testamento riconosce il diritto alla proprietà privata e comanda di non rubare, non desiderare i beni del prossimo
nota
Cf. Es 20,1517.
e non spostare i confini in maniera fraudolenta
nota
Cf. Dt 19,14.
. Nello stesso tempo stabilisce precisi oneri sociali a carico della proprietà: la spigolatura, le decime, l’anno sabbatico, l’anno giubilare
nota
Cf. Lv 25,8-17.
, il dovere dell’elemosina
nota
Cf. Dt 15,7-11.
. I beni che il Creatore ha affidato al genere umano, non possono essere posseduti egoisticamente, ma devono essere condivisi e tornare a vantaggio di tutti.
Gesù urge con forza questa esigenza: «Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma» (Lc 12,33). Chi si converte, come il pubblicano Zaccheo, dona almeno una parte consistente dei suoi beni
nota
Cf. Lc 19,1-10.
.
L’apostolo Paolo esorta i cristiani a lavorare alacremente, per non essere di peso agli altri
nota
Cf. 1Ts 4,12.
e per aiutare «chi si trova in necessità» (Ef 4,28). Raccomanda di donare liberamente, per convinzione interiore, con generosità e con gioia: «Chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà. Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia» (2Cor 9,6-7).
La circolazione dei beni materiali contribuisce all’edificazione della comunità: «È con i nostri patrimoni che diventiamo fratelli»
nota
Tertulliano, Apologetico, 39, 10.
. Nello stesso tempo la persona si realizza nella sua più intima vocazione e sperimenta che donare è bello; anzi: «Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!» (At 20,35).
Funzione sociale della proprietà e del lavoro
[1125]  Il magistero recente della Chiesa conferma la legittimità della proprietà privata, considerandola «come un prolungamento della libertà umana»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 71.
, indispensabile all’autonomia della persona e della famiglia. Contemporaneamente ribadisce però l’universale destinazione dei beni. Ciò significa che la proprietà ha un’intrinseca funzione sociale e deve essere gestita in modo da tornare a vantaggio di tutti
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 69; Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 43.
.
Il superfluo economico deve essere messo a disposizione del prossimo, con la donazione o con altro impiego socialmente utile. Quanto ai beni produttivi, è lecito possederli solo se vengono usati come strumenti a servizio del lavoro
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 14.
.
[1126]  Il lavoro stesso, di cui la proprietà è frutto e strumento, non è un fatto individuale isolato, ma sociale, anzi un processo storico comune, del quale tutti siamo eredi e protagonisti. Basti pensare per quante mani passa un oggetto qualunque, ad esempio un libro, durante il suo processo di formazione, che ingloba vari elementi, come il testo, la carta, la stampa, la distribuzione. Tutti partecipiamo, con ruoli e funzioni diverse, a un’immensa comunità di lavoro, nella quale si producono e si scambiano beni di ogni genere. «Oggi più che mai lavorare è un lavorare con gli altri e un lavorare per gli altri»
nota
Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 31.
. Ne consegue che ognuno è chiamato a svolgere il suo compito «così da prestare un conveniente servizio alla società»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 34.
, al di là della propria famiglia. Ciò comporta che si agisca con competenza professionale, dedizione personale, premura per umanizzare il luogo di lavoro, impegno per armonizzare gli interessi particolari con quelli generali, iniziativa culturale e politica perché la dignità della persona sia posta al centro del sistema produttivo.
[1127] Una spiritualità della vita economica si caratterizza per questi valori: sobrietà, disponibilità a condividere i beni, serietà e competenza nel lavoro, solidarietà sociale, sensibilità politica, attenzione alle esigenze della propria famiglia, redenzione delle situazioni di fallimento o di ingiustizia mediante il significato della croce.