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CONFRONTA I TESTI DEI CATECHISMI

CATECHISMO DEGLI ADULTI

La verifica dell’esperienza
[855]  I poveri, i malati, i perseguitati possono essere felici. Con il dono di se stessi nell’amore partecipano alla vita e alla gioia di Dio, che riscatta qualsiasi situazione. L’annuncio di Gesù trova una sorprendente verifica nell’esperienza concreta dei suoi discepoli. Così si esprime Paolo con i cristiani di Corinto: «Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione» (2Cor 1,3-4); «Afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma facciamo ricchi molti; gente che non ha nulla e invece possediamo tutto!» (2Cor 6,10); «Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione» (2Cor 7,4); «Mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte» (2Cor 12,10). Anche nella comunità ecclesiale Paolo vede coesistere tribolazione e gioia, povertà e generosità
nota
Cf. 2Cor 8,2.
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La storia della Chiesa abbonda di analoghe testimonianze. Ricordiamo la “perfetta letizia” di San Francesco, che del resto è già un tema biblico
nota
Cf. Gc 1,2.
: «Se io avrò avuto pazienza e non mi sarò conturbato, io ti dico che qui è la vera letizia»
nota
San Francesco d’Assisi, Della vera e perfetta letizia.
. San Filippo Neri, il santo della gioia, amava ripetere: «Un servo di Dio dovrebbe sempre stare allegro». E Santa Teresa di Gesù Bambino arriva a dire: «La nostra gioia cercata e gustata nella sofferenza è una dolcissima realtà»
nota
Santa Teresa di Lisieux, Manoscritti autobiografici, Lettera 190.
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CdA, 1021-1022
CONFRONTAVAI
CATECHISMO DEGLI ADULTI
1021 - 1022

Pazienza cristiana
[1021]  Il cristiano guarda realisticamente alla malattia e alla morte 26-488.png come a un male; anzi vede in queste tragiche realtà un’alienazione, carica di tutta la violenza del Maligno e capace di portare alla chiusura in se stessi, alla ribellione e alla disperazione. Non considera però il dolore una pura perdita, non tenta fughe illusorie, né si limita a subirlo fatalisticamente. Messo alle strette dalla sofferenza, continua a credere nella vita e nel suo valore. «Non è affatto un dolore la tempesta dei mali presenti per coloro che ripongono la loro fiducia nei beni futuri. Per questo non ci turbano le avversità, né ci piegano»
nota
San Cipriano di Cartagine, A Demetriano, 18.
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La pazienza è una lotta piena di fiducia. Da una parte il cristiano mette in opera tutte le risorse per eliminare la malattia, per liberare se stesso e gli altri. Dall’altra trova nella sofferenza un’occasione privilegiata di crescere in umanità e di realizzarsi a un livello più alto. Se non gli è possibile guarire, cerca di vivere ugualmente; non si limita a sopravvivere. Affronta la situazione con coraggio, dignità e serenità; mantiene la speranza, il gusto dell’amicizia e delle cose belle; confida nella misteriosa fecondità del suo atteggiamento.
Sperimentando nella malattia la propria impotenza, l’uomo di fede riconosce di essere radicalmente bisognoso di salvezza. Si accetta come creatura povera e limitata. Si affida totalmente a Dio. Imita Gesù Cristo e lo sente personalmente vicino. Abbracciando la croce, sa di abbracciare il Crocifisso. Unito a lui, diventa segno efficace della sua presenza e strumento di salvezza per gli altri
nota
Cf. Col 1,24.
: «Ogni uomo, nella sua sofferenza, può diventare partecipe della sofferenza redentiva di Cristo»
nota
Giovanni Paolo II, Salvifici doloris, 19.
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CdA, 130-132
CONFRONTAVAI
CdA 373-374
CONFRONTAVAI
CdA 855-856
CONFRONTAVAI
Alcune attenzioni
[1022]  La sofferenza costituisce una sfida a crescere nella fede e nell’amore; ne è la verifica più sicura: «L’amore vero e puro si dimostra fra mille pene... Chi vuol l’amore, cerchi il patire»
nota
Santa Veronica Giuliani, Diario, 26.12.1694.
. Una volta scoperta questa grande possibilità, si può essere perfino «afflitti, ma sempre lieti» (2Cor 6,10). Così il male è vinto dall’interno, sperimentandolo. Nell’apparente fallimento ci realizziamo più che mai. Occorre però assumere consapevolmente la propria situazione. Per questo in linea di principio è bene che un malato conosca la dura verità della sua malattia. Magari la prudenza consiglierà di manifestarla gradualmente e allusivamente, cercando di prevenire il più possibile il pericolo di scoraggiamento e di depressione.