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CATECHISMO DEI GIOVANI
Venite e vedrete

Catechismo dei Giovani

Venite e vedrete
Per camminare nella fede


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Le domande della vita
Ciascuno di noi agisce impegnandotutta la propria personae la propria libertà. Le azioni umane comportano scelte che permettono di costruire o di distruggere la persona e la storia.
È importante avere questa consapevolezza, in un contesto storico in cui molti condizionamenti sminuiscono la responsabilità e la capacità di impegnarsi da protagonisti.
La vita cristiana è apertura a Cristo che dona alle persone la possibilità di agire in piena libertà, da figli di Dio e da fratelli di tutti gli uomini.
Confrontarsi con il dono grande della vita divina e della libertà cristiana permette di orientare la propria esistenza verso una piena realizzazione
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• Hai sperimentato o sperimenti il disorientamento di fronte alle scelte che sei chiamato a fare? Che cosa fai di solito? Come ti comporti nelle situazioni concrete?
• Che valore attribuisci alla fede, alla speranza e alla carità? Come le colleghi tra loro e nella tua vita?
• La santità è la possibilità di un’umanità pienamente riuscita: vedi la realizzazione di questa possibilità nei cristiani che vivono intorno a te?
• Come ti senti personalmente interpellato da questa prospettiva?
• Di fronte alla realtà problematica di oggi hai punti di riferimento che ti aiutano nel discernimento? Quali sono e come li utilizzi?
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L’ascolto della Parola
"Voi fratelli siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri...
Le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé".
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La voce della Chiesa
"È mio grande desiderio, fratelli carissimi, proporvi quelle perle preziose che sono le beatitudini del santo Vangelo. [...]
Beati i poveri in spirito, perché è ad essi che appartiene il regno dei cieli. Un esordio straordinario fratelli, per una dottrina celeste! Il Signore non incomincia dalla paura, ma dalla beatitudine, senza suscitare terrore, ma piuttosto desiderio. [...]
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Non disse semplicemente beati i poveri, senza distinzione, ma precisò: i poveri in spirito. Infatti non ogni povertà è lieta, poiché spesso è dovuta alla forza delle circostanze, a volte è il risultato di comportamenti depravati. [...]
Beata è la povertà spirituale, cioè di quegli uomini che per Dio si rendono poveri nello spirito e nella volontà, rinunciando ai beni del mondo e cedendo spontaneamente le proprie sostanze.
Diamo pure quello che abbiamo: offriamo la povertà in spirito per ricevere, secondo la promessa, la ricchezza del regno celeste; offriamo la mitezza, per possedere la terra e il paradiso; piangiamo i peccati, i nostri come quelli altrui, per essere consolati dalla bontà del Signore; sentiamoci assetati e affamati di giustizia, se vogliamo esserne più abbondantemente saziati; accordiamo misericordia, per ottenere la misericordia vera; viviamo da operatori di pace, per essere chiamati figli di Dio; offriamo un cuore puro e un corpo casto, per poter vedere Dio con limpida coscienza; non temiamo le persecuzioni a causa della giustizia, se aspiriamo a diventare eredi del regno dei cieli.
Se i mercanti si compiacciono dei guadagni terreni ed effimeri, quanto più dobbiamo compiacerci ed esultare tutti noi che abbiamo trovato le perle del Signore, così preziose che nessun valore di questo
mondo può sostenere il paragone con esse. [...]
Per meritarci di acquistarle, ottenerle, possederle, dobbiamo chiedere aiuto e grazia e forza direttamente al Signore. A lui sia gloria nei secoli dei secoli. Amen".
(San Cromazio di Aquileia, Discorso 41, Sulle otto beatitudini)
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Il dialogo della preghiera
"Vieni, o Santo Spirito,
illumina con la luce della verità
il nostro cammino. [...]
Donaci di confessare, con fede ardente,
Gesù Cristo, Signore e Redentore,
morto e risorto per noi,
Colui che sempre viene.
Egli è il Vangelo della carità di Dio per l’uomo,
della comunione fraterna e dell’amore senza confini.
Egli è il germoglio nuovo, fiorito nei solchi della storia:
da lui solo può maturare il vero rinnovamento
della Chiesa e della società.
Vieni, o Santo Spirito, e rinnova la faccia della terra!
Vieni, o Santo Spirito,
infiammaci con il fuoco del tuo amore,
perché con umiltà e coraggio
sappiamo discernere il bene e il male
presenti tra i figli della Chiesa e nell’intera società.
Fa’ che ascoltiamo le tue parole
con la docilità dei discepoli,
pronti come Maria, la Madre dell’ascolto,
a metterle in pratica e a farle fruttificare
in una vita di santità personale, familiare e sociale.
Apri il nostro cuore a Cristo
che sta alla porta e bussa
e rendici dimora vivente di Dio.
Vieni, o Santo Spirito,
e rinnova la faccia della terra! [...)".
(Giovanni Paolo II, Preghiera per il III Convegno ecclesiale, 1995)
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L’incontro con i testimoni
Teresa di Lisieux
Teresa Martin nasce in Francia, ad Alençon (Normandia) nel 1873. I genitori Luigi e Zelia – dei quali la Chiesa è prossima a riconoscere la santità – creano un ambiente familiare di grande laboriosità e di forte sensibilità di fede, che porterà tutte e cinque le figlie a consacrarsi al Signore nella vita religiosa. Teresa è la più giovane ed ottiene di poter raggiungere le sorelle nel Carmelo della città a soli 15 anni.
In nove anni compie un cammino di intensità spirituale straordinaria. È un itinerario di fede ispirato a semplicità e a concretezza, senza esperienze mistiche straordinarie. Si abbandona all’amore di Cristo, scoprendo che "la santità consiste in una disposizione del cuore che rende umili e piccoli nelle mani di Dio, coscienti della nostra debolezza e fiduciosi fino all’audacia nella sua paterna bontà".
Il suo slancio apostolico trova risposta nelle pagine della Scrittura, che le svelano la centralità dell’amore nell’esperienza cristiana. In questo amore scopre la sua personale vocazione nella Chiesa e lo declina nella quotidianità della vita del monastero, tra gioie ed afflizioni, nella "piccola via dell’infanzia spirituale".
Muore giovanissima, a soli 24 anni, il 30 settembre 1897, lasciando preziose testimonianze del suo itinerario di comunione con Dio.
"Siccome le mie immense aspirazioni erano per me un martirio, mi rivolsi alle lettere di san Paolo, per trovarvi finalmente una risposta. Gli occhi mi caddero per caso sui capitoli 12 e 13 della prima lettera dei Corinzi, e lessi nel primo che tutti non possono essere al tempo stesso apostoli, profeti e dottori e che la Chiesa si compone di varie membra e che l’occhio non può essere contemporaneamente la mano. Una risposta certo chiara, ma non tale da appagare i miei desideri e di darmi la pace. Continuai nella lettura [...]. Trovai così una frase che mi diede sollievo: "Aspirate ai carismi più grandi. E io vi mostrerò una via migliore di tutte" (1Cor 12, 31). L’apostolo infatti dichiara che anche i carismi migliori sono un nulla senza la carità [...]. Avevo trovato finalmente la pace. Considerando il corpo mistico della Chiesa, non mi ritrovavo in nessuna delle membra che san Paolo aveva descritto, o meglio, volevo vedermi in tutte. La carità mi offrì il cardine della mia vocazione. Compresi che tutta la Chiesa ha un corpo composto di varie membra [...]. Compresi che la Chiesa ha un cuore, un cuore bruciato dall’amore [...]. Compresi e conobbi che l’amore abbraccia in sé tutte le vocazioni, che l’amore è tutto, che si estende a tutti i tempi e a tutti i luoghi, in una parola, che l’amore è eterno. Allora con somma gioia ed estasi dell’animo gridai: o Gesù, mio amore, ho trovato finalmente la mia vocazione. La mia vocazione è l’amore. Sì, ho trovato il mio posto nella Chiesa, e questo posto me lo dai tu, o mio Dio. Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’amore ed in tal modo sarò tutto e il mio desiderio si tradurrà in realtà".
(Santa Teresa di Lisieux, Manoscritti autobiografici, B3v)
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La professione della fede
"Maestro che cosa devo fare?"
"Vi do un comandamento nuovo:
che vi amiate gli uni gli altri;
come io vi ho amati,
così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli,
se avrete amore gli uni per gli altri"
"La vera libertà è nell’uomo segno altissimo
dell’immagine divina... Perciò la dignità dell’uomo richiede che egli agisca secondo scelte consapevoli e libere... Ma l’uomo ottiene tale dignità quando, liberandosi da ogni schiavitù di passioni, tende al suo fine con scelta libera del bene"
( Gaudium et spes , 17).
• Tutta la vita di chi crede in Dio, Padre di Gesù Cristo, è trasformata dalla fede, resa dinamica dalla speranza e orientata alla carità: "Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!"
• "La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria. Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge, che trova il suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo"
(Gaudium et spes, 16).
• Le virtù sono una disposizione abituale e ferma a compiere il bene. La persona virtuosa tende sempre verso il bene, lo ricerca e lo sceglie in azioni concrete e, in questo modo, vive l’esperienza della libertà.

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