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CATECHISMO DEI GIOVANI
Venite e vedrete

Catechismo dei Giovani

Venite e vedrete
Il Regno è in mezzo a voi

3. La buona notizia Il Regno è per i poveriCdA 196-1995. I segni del Regno La festa dei peccatori riconciliati

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Gesù non soltanto ha annunciato il Regno con la sua predicazione, con le sue parole e con i suoi miracoli, ma anche e soprattutto con i suoi comportamenti, le sue scelte, le sue relazioni; in una parola, con la sua vita.
Chi ha frequentato Gesù? Chi ha privilegiato? Come si è posto di fronte alle persone che ha incontrato? Rispondere a queste domande è importante, perché i comportamenti di Gesù sono il riflesso del regno di Dio.
Dalla parte dei poveri
Luca racconta che Gesù, giunto al suo paese ed entrato nella sinagoga, lesse un passo del libro del profeta Isaia (Is 61,1-2), dichiarando di essere venuto per i prigionieri, i ciechi, gli oppressi, i poveri, i peccatori (Lc 4,16-30). È un episodio importante e programmatico: da una parte, mostra il Messia che annuncia l’oggi di Dio e offre il suo amore ai poveri e ai peccatori, e dall’altra mostra che gli uomini ne provano spesso irritazione. Difatti, dopo un’iniziale meraviglia, gli abitanti di Nazareth gli opposero un netto rifiuto: "Lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio".
A molti, un Dio che abolisce le differenze non piace. Preferiscono un Dio che divide: da una parte i giusti e dall’altra i peccatori, da una parte i ricchi e dall’altra i poveri, da una parte i vicini e dall’altra i lontani. Gesù, invece, ha frequentato gli esclusi di ogni genere – gente del popolo, malati, stranieri e peccatori – e a loro ha annunciato il Regno. In un certo senso li ha privilegiati, non certo per assecondare l’ingiustizia e giustificare il peccato, ma per chiamare alla conversione del cuore e delle opere. Gesù sa che Dio non fa differenza di persone, non segue le valutazioni e le emarginazioni che gli uomini costruiscono, magari anche in suo nome. Al contrario: Dio è dalla parte dei poveri e degli esclusi, per difenderli. Ecco perché Gesù privilegia costoro, per rivelare il vero volto di Dio e del suo regno (Lc 5,29-32).
Gesù ha certamente frequentato anche uomini ricchi, gente che possedeva cultura e autorità, e anche a costoro ha annunciato il Regno. Ha accettato l’invito a pranzo di Simone il fariseo (Lc 7,36) e di un altro capo dei farisei (Lc 14,1); ha guardato con simpatia l’uomo ricco che gli chiedeva cosa doveva fare per ottenere la vita (Mc 10,21); è entrato nella casa di Zaccheo "capo dei pubblicani e ricco" (Lc 19,1). Gesù ha dunque accolto anche i ricchi, ma sempre per aprire loro il cuore e le mani. Li ha incontrati in quanto uomini e come tali amati da Dio e invitati al Regno. In nessun modo ha considerato la loro posizione un luogo privilegiato per l’annuncio del Regno. Non ha mai preso in considerazione né la loro potenza né la loro forza di influenza. Gesù non ha mai considerato il denaro, coloro che lo possiedono e le molte cose che con il denaro si possono fare, come una via favorevole all’instaurazione del Regno.
L’accoglienza dei bambini
Il racconto di Gesù che accoglie i bambini, mentre i discepoli vorrebbero impedirglielo, è collocato dai tre Vangeli sinottici nel viaggio verso Gerusalemme. Gesù è risolutamente incamminato verso la croce. E proprio qui, in questo contesto solenne e impegnativo, Gesù si ferma e accoglie i bambini (Mt 19,13-15Mc 10,36-16Lc 18,15-17).
Non mancano testi dell’epoca che affermano che i bambini sono una benedizione di Dio (Sal 127,3). Tuttavia nel mondo antico, in generale e anche in Palestina, i bambini non avevano alcun peso nella società; erano praticamente senza diritti. Potevano solo ricevere ed essere accolti, così come, nella società di allora, accadeva per i poveri, gli stranieri, i peccatori. Nei suoi discorsi Gesù presenta i bambini come la figura di tutti coloro che non contano, ma che Dio privilegia. In netta antitesi con la mentalità del tempo, Gesù afferma che "a chi è come loro appartiene il regno di Dio" (Mc 10,14).
Con questo atteggiamento verso i bambini, Gesù non si oppone soltanto alla mentalità del tempo, ma anche a quella dei suoi discepoli. L’episodio, come abbiamo accennato, mostra il conflitto tra Gesù e coloro che lo attorniano: "I discepoli li sgridavano. Gesù, al vedere questo, s’indignò" (Mc 10,13-14). Con grande meraviglia dei discepoli, Gesù si ferma e accoglie i bambini, perde tempo con loro. Egli non ha cose più importanti da fare né persone più importanti da incontrare.
Anche in un’altra occasione Gesù parla ai suoi discepoli dei bambini, invitando ad accoglierli: "Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato" (Mc 9,37). Come Gesù, lungo la via della croce, ha accolto i bambini, così devono fare i discepoli. Accogliere i bambini fa parte dell’annuncio del Regno.
CCC nn. 543-545CCC 588-589CCC 1439CCC 1443CCC 2443CdA nn. 127-135CdA 196-199CdG1 pp. 59-60CdG1 126-133
Nessuno
è escluso
L’evangelista Matteo così descrive le folle che accorrevano a Gesù: "La sua fama si sparse per tutta la Siria e così condussero a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guariva. E grandi folle cominciarono a seguirlo" (Mt 4,24-25).
Per capire il senso di ciò che Gesù fa, può bastare un solo esempio: "Allora venne a lui un lebbroso, lo supplicava in ginocchio e gli diceva: "Se vuoi, puoi guarirmi!". Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: "Lo voglio, guarisci!". Subito la lebbra scomparve ed egli guarì" (Mc 1,40-42). Per comprendere la novità di questo gesto di Gesù si può leggere un passo del libro del Levitico: "Il lebbroso colpito dalla lebbra porterà vesti strappate e il capo scoperto, si coprirà la barba e andrà gridando: Immondo! Immondo! Sarà immondo finché avrà la piaga; è immondo, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento" (Lv 13,45-46). Il lebbroso è dunque un impuro, colpito da Dio, ed è causa di impurità: egli è un intoccabile e deve vivere al bando della società.
È su questo sfondo che il gesto di Gesù acquista un significato preciso: Gesù tocca un intoccabile. Avrebbe potuto guarire il lebbroso senza toccarlo; invece, di proposito, lo tocca. Gesù non tiene conto delle barriere del puro e dell’impuro; le supera. Per lui non esistono uomini da accogliere e uomini da evitare, uomini con diritti e uomini senza diritti: tutti sono amati da Dio, e il gesto di Gesù vuole essere il segno di questo amore divino che non fa differenze.
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Una
considerazione
nuova
della donna
Al tempo di Gesù la condizione della donna era fortemente inferiore a quella dell’uomo, sia sul piano sociale sia su quello religioso. Possiamo chiederci: come si comporta Gesù nei confronti delle donne? che cosa pensa di loro?
Nel suo ministero itinerante Gesù ha incontrato diverse figure di donne: una donna malata di emorragie (Mc 5,25-34), una donna straniera (Mc 7,24-30), una vedova povera e generosa (Mc 12,41-44), una vedova che accompagnava l’unico figlio alla sepoltura (Lc 7,11-17), una peccatrice nota in tutta la città (Lc 7,36-50), le due sorelle Marta e Maria (Lc 10,36-42), una donna samaritana (Gv 4,4-30), un’adultera (Gv 8,1-11).
Per intravedere la novità del modo con cui Gesù considera la donna, possono bastarci pochi esempi. Quando la donna pubblicamente conosciuta come una peccatrice cosparge i suoi piedi di profumo versando lacrime, Gesù intuisce che il fariseo che lo ospita non sa capire. Gesù sa che è una peccatrice, ma questo non gli impedisce di comprendere che il gesto della donna esprime amore. Libero da pregiudizi e condizionamenti culturali, Gesù vede quella donna nella sua verità: peccatrice sì, ma anche capace di molto amore (Lc 7,36-50).
Un giorno una donna che soffriva di perdite di sangue si nasconde tra la folla, tocca senza farsi vedere il mantello di Gesù e viene guarita dal suo male. La donna ha cercato di toccare Gesù di nascosto. Questo perché la legge dichiarava impura una donna che aveva perdite di sangue e impuro diventava tutto ciò che lei toccava (Lc 15,25-28): ecco perché la donna tocca la veste di Gesù di nascosto, approfittando della calca della folla; ed ecco perché si sente tanto colpevole, paurosa e tremante, quando si vede scoperta. Ma è per lo stesso motivo che Gesù dà pubblicità al suo gesto: vuol dichiarare di fronte a tutti che non si sente impuro perché una donna lo ha toccato e che egli interpreta diversamente le categorie del puro e dell’impuro. Gesù vede la donna nella sua malattia e nella sua fede, non attraverso lo schema culturale delle leggi di purità (Mc 5,25-34).
Al pozzo di Sicar Gesù si intrattiene con una donna che avrebbe dovuto evitare, perché samaritana e perché peccatrice; conversa invece con lei del regno di Dio, come se parlasse con un discepolo. il comportamento accogliente di Gesù suscita una doppia meraviglia: quella della donna, del tutto sorpresa di fronte a quel giudeo così diverso dagli altri, e quella dei discepoli, stupiti che il loro maestro si intrattenga con una donna. Sentendosi accolta, la donna si apre all’ascolto e alla fine dimentica ciò che prima le interessava: venuta a prendere l’acqua, dimentica la brocca. Ha trovato di meglio (Gv 4,1-42).
Un giorno gli scribi portano davanti a Gesù una donna sorpresa in adulterio. All’insistenza degli scribi, che vogliono da Gesù un giudizio chiaro sul suo comportamento, egli risponde ponendo il problema in termini inattesi. Coinvolge nel giudizio gli stessi accusatori: "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei". Gesù riconosce che quella donna è una peccatrice e le dice: "D’ora in poi non peccare più"; ma nel contempo, diversamente dagli altri, egli riconosce due cose: che l’adulterio di una donna non è diverso dall’adulterio di un uomo e che il perdono è disponibile anche per lei, come per gli altri (Gv 8,1-11).
In tutti i casi in cui si è trovato di fronte una donna, Gesù ha infranto un divieto, rotto uno schema. Il suo modo di vedere la donna è del tutto libero dai molti pregiudizi religiosi e culturali che impedivano di vedere la donna quale realmente è, nel bene e nel male, nella dignità e nei limiti di ogni persona umana. Gli occhi di Gesù sono privi di filtri. Riconosce il peccato e ordina di non commetterlo più, che si tratti di un uomo o di una donna. E allo stesso modo concede il perdono.
Venuto
a chiamare
i peccatori
Soprattutto nell’accoglienza dei peccatori, i più emarginati nella società del tempo, Gesù lascia trasparire la novità del regno di Dio. Gesù ha dato una sorprendente definizione di se stesso: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori" (Mc 2,17). Si noti la contrapposizione: Gesù agisce diversamente da come ci si aspetterebbe. L’accoglienza dei peccatori rappresenta uno dei tratti fondamentali che oppongono il vangelo al mondo. Proprio su questo punto Gesù ha messo in gioco la sua credibilità, disposto a suscitare e ad affrontare qualsiasi opposizione. La stessa croce – una morte "per i peccatori" – non sarebbe comprensibile senza la precedente accoglienza dei peccatori. Sorprendono le modalità di questa accoglienza. I Vangeli ricordano che Gesù sedeva a mensa e mangiava con i peccatori (Mc 2,15-17), accettandone l’ospitalità (Lc 19,7). Doveva trattarsi di una prassi abituale se lo accusarono di essere "un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori" (Lc 7,34). Accettando di sedere a mensa con i peccatori, Gesù supera d’un balzo le leggi della purità, che sono sempre all’origine delle divisioni di casta. Gesù, in altre parole, toglie la separazione: non offre solo perdono, ma prossimità. Per questo, non solo perdona i peccati, ma siede a mensa coi peccatori. E non solo ha guarito il lebbroso, ma gli si è avvicinato.
Dicendo: "Sono venuto a chiamare i peccatori", Gesù mostra che la sua accoglienza è attiva; un tratto questo illustrato molto vivacemente dalla parabola del pastore che va in cerca della pecora perduta (Lc 15,4-7). Il significato del verbo "chiamare", inoltre, non si esaurisce nel semplice invito al ravvedimento, ma, nell’uso evangelico, esprime l’invito a partecipare attivamente alla missione. Gesù, dunque, non soltanto accoglie i peccatori né soltanto li cerca, ma li invita a condividere la sua responsabilità nell’annuncio del Regno. Siamo di fronte a un’accoglienza veramente totale.
Questa solidarietà di Gesù nei confronti dei peccatori trova la sua sorgente in una precisa esperienza di Dio, come appare dalle tre parabole della misericordia (Lc 15). Per giustificarsi di fronte a chi si scandalizza di lui, Gesù parla di come la misericordia di Dio sia capace di accogliere. L’accoglienza di Gesù verso i peccatori è la trascrizione storica e visibile di come Dio stesso accoglie; non soltanto un gesto di salvezza in favore dei peccatori, ma, ancor prima e più profondamente, un gesto di rivelazione. L’accoglienza di Gesù è lo specchio del volto di Dio. Gesù sa che "ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione" (Lc 15,7). Dio gioisce per la conversione del peccatore e vuole che la sua gioia sia condivisa. Il contrasto fra Gesù e i suoi avversari non è soltanto morale, non riguarda semplicemente la legge, ma investe la concezione di Dio.
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