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CATECHISMO DEI GIOVANI
Venite e vedrete

Catechismo dei Giovani

Venite e vedrete
Condotto dallo Spirito

5. I segni del Regno Il battesimo di Gesù e la tentazione nel deserto

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I racconti del battesimo presso il fiume Giordano e della tentazione nel deserto aprono il cammino pubblico di Gesù e ci offrono la chiave giusta per comprenderlo. Sono episodi rivelatori, che ci lasciano intravedere l’identità di Gesù, la direzione del suo cammino e la logica profonda che lo ha guidato.
Proprio perché rivelatori del cammino di Gesù, questi episodi sono al tempo stesso rivelatori del cammino del discepolo. Il battesimo di Gesù e le sue tentazioni nel deserto sono come uno specchio in cui il discepolo di ogni tempo deve guardarsi, se vuole mantenere nella giusta direzione il proprio cammino.
Solidale con i peccatori
"In quei giorni Gesù venne da Nazareth di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni" (Mc 1,9): all’evangelista Marco basta questa breve annotazione biografica per evocare la piena umanità del Messia e le sue umili origini. Nessuno si aspettava un Messia proveniente da uno sconosciuto paese della Galilea. E nessuno si aspettava un Messia che si sottoponesse a un battesimo di penitenza, partecipando al movimento di conversione del suo popolo.
Eppure, è proprio in questo figlio di Galilea che si fa presente Dio stesso, con la sua azione salvifica e definitiva; ed è nel suo atteggiamento di profonda solidarietà con il popolo peccatore che l’azione di Dio rivela il tratto inconfondibile della misericordia.
"Uscendo dall’acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba" (Mc 1,10): il dono dello Spirito significa che, con la presenza di Gesù, inizia la storia del mondo nuovo, rinnovato e purificato dallo Spirito di Dio. E l’aprirsi dei cieli è la risposta a un ’invocazione del libro di Isaia, che sembra esprimere tutta l’attesa degli uomini: "Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti" (Is 63,19). Il profeta chiede a Dio di riaprire il cielo, di manifestarsi e discendere in mezzo al popolo, così da attuare un nuovo esodo e ricondurre il popolo verso la libertà.
Questo è il significato della venuta di Gesù: dopo un lungo periodo di silenzio da parte di Dio e da parte del suo Spirito, ora con lui, il Cristo, inizia il tempo atteso, il tempo della salvezza, nel quale Dio di nuovo si dona agli uomini e torna a parlare.
Il Figlio amato e sofferente
"Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto" (Mc 1,11): queste parole della voce celeste – che richiamano il Sal 2,7 e Is 42,1 – affermano che Gesù è il Figlio amato e al tempo stesso indicano il cammino che egli è chiamato a percorrere. Il passo di Isaia parla del servo amato da Dio, a cui è affidata la missione di portare la volontà divina alle nazioni pagane e di proclamare che il Signore è l’unico Dio.
Figlio amato e tuttavia perseguitato e non sottratto alla sofferenza. La sua fedeltà è nei confronti di Dio, fino alla morte di croce, e nei confronti del popolo, con il quale è solidale al punto di caricarsi sulle proprie spalle i suoi peccati. È in questo senso che Gesù è proclamato Figlio amato: la filiazione divina non lo sottrarrà alla sofferenza, bensì lo impegnerà in una missione salvifica a vantaggio di tutti, da compiere nella solidarietà più radicale.
Di questa filiazione, che si esprime nella solidarietà, il battesimo al Giordano è già un segno chiaro. Venendo al Giordano, confuso tra la folla dei peccatori, Gesù mostra di non volersi estraniare dalla condizione degli uomini peccatori, bensì di volersi far carico dei loro peccati. Egli non ha peccati per cui chiedere perdono e per i quali fare penitenza. Ma i peccati degli altri sono sulle sue spalle. Chiedendo il battesimo, Gesù indica la logica che guiderà tutta la sua esistenza e che troverà il punto di massima espressività nella sua Pasqua: una vita e una morte per gli altri.
Nel battesimo di Gesù ogni cristiano può leggere il proprio battesimo: la filiazione divina, il dono dello Spirito Santo, una missione da compiere, una vita da spendere nel dono di sé.
CCC nn. 522-523CCC 535-540CCC 550CdA nn. 179-185CdG1 p.189
Tentazioni
di Gesù
e della comunità
Dopo il battesimo, ecco la tentazione: i due episodi sono strettamente congiunti. Il battesimo inaugura una vita sottoposta alla prova.
Più che un episodio chiuso e circoscritto, la tentazione di Gesù nel deserto appare come l’indicazione di una costante che ha accompagnato tutta la sua vita. Marco si accontenta di darne una breve notizia; Matteo e Luca la raccontano invece per esteso, trasformandola in una catechesi e in un avvertimento (Mc 1,12-13Mt 4,1-11Lc 4,1-13). Diversi indizi mostrano che l’episodio è raccontato per la comunità, per avvertirla che quella sarà la tentazione che essa stessa, come già il Cristo, continuamente incontrerà.
Satana cerca di distogliere Gesù dall’obbedienza alla parola di Dio, ma non lo fa attaccando direttamente il suo compito messianico. Anzi, moltiplicare i pani, gettarsi dal pinnacolo del tempio e dominare il mondo vengono suggeriti, appunto, come una strada convincente per affermare la propria messianicità.
Le tentazioni di Gesù rinnovano quelle di Israele: la tentazione di far coincidere la salvezza messianica con un progetto terrestre; la tentazione del messianismo miracoloso, spettacolare – Israele ha spesso preteso interventi di Dio chiari e risolutori –; infine, la tentazione del messianismo politico, nella linea del dominio anziché del servizio.
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Per due volte (Mt 4,36) satana si rivolge a Gesù dicendogli: "Se sei Figlio di Dio...". Per Gesù essere Figlio si esprime nell’obbedienza radicale e nella dedizione totale al Padre. Per satana, invece, essere Figlio significa poter disporre della potenza divina a piacimento e per la propria gloria. Più tardi Gesù moltiplicherà i pani, ma non per sé. Sarà glorioso, ma attraverso la via della croce. Compirà segni, ma non per mettere Dio alla prova.
La pericolosità della tentazione sta nel fatto che satana non parla a nome proprio, non oppone alla parola di Dio la propria saggezza, ma si sforza di partire dalle Scritture e pretende di presentarsi con il sostegno della stessa parola di Dio.
Un’esistenza
nella prova
I Vangeli sanno molto bene che la tentazione di satana nel deserto ha trovato altri portavoce. Per esempio, gli avversari, che, "per metterlo alla prova", chiedono a Gesù "un segno dal cielo" (Mc 8,11), cioè una convincente affermazione di potenza. Oppure la folla, che lo circonda e pretende di strumentalizzarlo, piegandolo alle proprie attese (Gv 6,14-15). O anche, e soprattutto, gli stessi discepoli: Gesù, "voltatosi e guardando i discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: "Lungi da me, satana! Perché non ragioni secondo Dio, ma secondo gli uomini"" (Mc 8,33).
Pietro, volendo distogliere Gesù dalla via della croce – ancora una volta non si tratta di distogliere Cristo dal suo compito messianico, bensì di indicargli una via più facile per svolgerlo! – ripropone esattamente la tentazione di satana nel deserto. Una tentazione definita "satanica", ma che poi, in realtà, non è altro che un "ragionare da uomini". Ciò che viene da satana e colpisce al cuore la via di Gesù può apparire ragionevole, al punto che il discepolo se ne fa portavoce senza accorgersene, se non addirittura pensando di servire il Signore.
Come per Gesù, anche per il cristiano il battesimo non è l’inizio di una vita al riparo, ma l’inizio di un’esistenza sottoposta alla prova. E come per Gesù, anche per il discepolo la filiazione divina si esprime nella solidarietà e nell’obbedienza.

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