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CATECHISMO DEI GIOVANI
Io ho scelto voi

Catechismo dei Giovani

Io ho scelto voi
Per fare uguaglianza

CdA 1124-1127 (29. Un lavoro degno dell’uomo: 3. Fratelli mediante i beni materiali e il lavoro)
IN PARTICOLARE:
destinazione universale dei beni:CdA 887 (22. Libertà cristiana e legge evangelica:4. Il messaggio delle “dieci parole”): Settimo comandamento
la proprietà:CdA 887 (22. Libertà cristiana e legge evangelica:4. Il messaggio delle “dieci parole”): Settimo comandamento; CdA 1124-1127 (29. Un lavoro degno dell’uomo:3. Fratelli mediante i beni materiali e il lavoro)
l’esperienza della comunità delle origini:CdA 429-431 (11. Lo Spirito del Signore e la comunità dei credenti: 3. La comunità cristiana)
l’opera verso i poveri:CdA 147 (4. Dono di libertà e di comunione:2. Liberi dagli interessi e dalle paure): Liberi dalla schiavitù della ricchezza; CdA 569-570 (13. La missione della Chiesa:2. Rivelare e comunicare l’amore di Dio): La via della testimonianza; CdA 1121-1122 (29. Un lavoro degno dell’uomo:2. Produrre e possedere senza cupidigia): La “disumana ricchezza” nella Bibbia
Octogesima adveniens CdA 1102-110828. L’impegno sociale e politico L’azione politicaCdA 1109-111128. L’impegno sociale e politico Solidarietà internazionale

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Un problema di particolare importanza, nello sforzo di edificare la solidarietà, è quello dell’uso e della destinazione dei beni. Anche in questo campo l’esperienza delle prime comunità cristiane ci fornisce un orientamento di notevole attualità. La Chiesa di Gerusalemme, soprattutto in seguito ad una pesante carestia, versava in una situazione di povertà e di necessità. La comunità cristiana di Corinto lancia per prima l’idea di una raccolta a favore dei fratelli poveri di Gerusalemme. Proprio scrivendo ai Corinzi, l’apostolo Paolo informa che anche le Chiese della Macedonia hanno voluto partecipare con generosità a questo progetto, nonostante si trovino anch’esse in stato di tribolazione e di necessità (2 Corinzi 8,1-15).
Nell’andare incontro ai fratelli più poveri con una concreta disponibilità di beni, l’apostolo vede un’espressione visibile della benevolenza di Cristo. In quest’opera generosa i credenti mettono alla prova la sincerità del loro amore. Sono quindi esortati a dare con grandezza d’animo e con gioia (2 Corinzi 9,6-7). La misura del loro donare sia secondo le loro possibilità e il fine sia quello di creare uguaglianza: «Qui non si tratta infatti di mettere in ristrettezza voi per sollevare gli altri, ma di fare uguaglianza» (2 Corinzi 8,13). Questo gesto, poi, costruirà un nuovo rapporto di unità tra due mondi culturalmente lontani, quello greco e quello giudaico, e manifesterà i segni e i frutti della giustizia che Dio vuole tra gli uomini.
Questa singolare iniziativa delle prime comunità cristiane e le motivazioni con cui Paolo l’appoggia mostrano la concezione del possesso e dell’uso dei beni che il cristiano deve avere. La proprietà non è un diritto assoluto di cui si possa disporre arbitrariamente e quindi egoisticamente. Le necessità in cui versano tanti fratelli diventano per il cristiano uno stimolo a dare con generosità, a creare nuovi legami di solidarietà, a tentare le strade, difficili ma feconde, di crescita nell’uguaglianza. La terra è un dono che Dio ha fatto all’intera umanità. Le sue risorse non possono essere privilegio di pochi e la loro utilizzazione deve tener conto delle generazioni future. L’attenzione al povero e la preoccupazione per il degrado ambientale sono due volti della medesima solidarietà.
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Il bisogno del fratello, di oggi e di domani, è il primo criterio che determina la misura del dono. Ciò vale soprattutto quando mancano o sono carenti le forme istituzionali di assistenza e di aiuto nei confronti di singole persone o categorie, che, nell’odierna società di massa, rischiano di essere dimenticate nei loro bisogni materiali e spirituali. Dovrà quindi esserci posto per iniziative spontanee e volontarie verso gli indigenti che ci circondano, cercando soprattutto di raggiungere quelle forme nuove di povertà che vanno emergendo e che si manifestano spesso in rapporto al lavoro, alla casa, alla sanità e alla solitudine.
Dobbiamo però essere consapevoli che le strade che conducono alla giustizia passano anche attraverso forme più complesse di solidarietà. È difficile promuovere il bene di tutti e di ciascuno se non si giunge ad operare nelle istituzioni e negli ordinamenti della società. L’impegno nella vita sociale e specificamente nell’ambito politico fa parte del dovere di ogni cristiano che vuole essere fedele al comando del Signore di essere il servo di tutti. Si tratta di un servizio non facile, che richiede preparazione e competenza e che subisce forti tentazioni nell’esercizio del potere. Per questo occorre fin d’ora coltivare lo spirito di sincerità e di equità, la responsabilità e la dedizione al bene comune, la capacità di dialogo e la saggezza.
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SERVIRE IL BENE COMUNE
Il Papa Paolo VI, in un documento del 1971, ha così sintetizzato alcuni fondamentali aspetti del significato che l’azione politica assume nella prospettiva di fede cristiana.
«Prendere sul serio la politica nei suoi diversi livelli – locale, regionale, nazionale e mondiale – significa affermare il dovere dell’uomo, di ogni uomo, di riconoscere la realtà concreta e il valore della libertà di scelta che gli è offerta per cercare di realizzare insieme il bene della città, della nazione, dell’umanità. La politica è una maniera esigente – ma non è la sola – di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri... Pur riconoscendo l’autonomia della realtà politica, i cristiani, sollecitati ad entrare in questo campo di azione, si sforzeranno di raggiungere una coerenza tra le loro opzioni e il Vangelo e di dare, pur in mezzo ad un legittimo pluralismo, una testimonianza personale e collettiva della serietà della loro fede mediante un servizio efficiente e disinteressato agli uomini». (Octogesima adveniens, 46)

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