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CATECHISMO DEGLI ADULTI

Catechismo degli Adulti

2. Formazione della coscienza

Esercizio complesso
[912]  «Bada che la luce che è in te non sia tenebra» (Lc 11,35). La coscienza non è la norma suprema, ma la norma prossima; non è propriamente la parola stessa di Dio, ma la 23-444.pngsua eco in noi. Perciò non è infallibile. Può sbagliare nell’identificare i valori e ancor più nel discernere i singoli atti. Non basta dire: «Io seguo la mia coscienza». Prima di tutto bisogna cercare la verità. Per conoscere la verità sul bene morale, occorrono un cuore retto e un giudizio prudente. Vi è coinvolta la personalità intera: intelligenza, volontà, sentimento, esperienza, sapere e fede.
«Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,2). La coscienza deve essere educata e purificata. L’appello di Dio viene riconosciuto solo da chi sa ascoltare.
Se uno non vive quello che crede, finisce per credere quello che vive. «La coscienza diventa quasi cieca in seguito all’abitudine al peccato»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 16.
. I valori appaiono deformati e sproporzionati, come un dito che, avvicinato all’occhio, appare enorme e quasi non lascia vedere altro. Occorre uno sguardo di fede limpido, aperto alla verità e all’obbedienza.
[913]  L’itinerario di formazione della coscienza retta si compone di molti elementi: ravvivare spesso la totale disponibilità alla verità e al bene; essere pronti a lasciarsi mettere in discussione; liberarsi da orgoglio, egoismo e affetti disordinati, pregiudizi e cattive abitudini; alimentare con la preghiera un atteggiamento di disponibilità allo Spirito Santo, che sostiene il nostro cammino spirituale con i suoi doni; coltivare la familiarità con la parola di Dio
nota
Cf. 2Tm 3,16.
; aderire al magistero del papa e dei vescovi; partecipare a una concreta esperienza ecclesiale; acquisire una sufficiente conoscenza dell’etica cristiana; informarsi accuratamente sui casi concreti e valutarli secondo criteri di fede, di carità, di conformità alla propria vocazione; consultarsi nelle scelte più importanti o più difficili con persone sagge e prudenti. Segno di rettitudine può essere la consolazione spirituale, risonanza vitale positiva della comunione con Dio. Ma la grazia non si misura con il sentimento. Anche la desolazione può venire da Dio.
La coscienza retta e certa
[914]  La coscienza impegnata seriamente nella ricerca del vero bene arriva ordinariamente a formulare un giudizio prudente sulla bontà o meno di una scelta. Si ha allora la coscienza retta e certa, alla quale si deve sempre obbedire, anche se obiettivamente fosse erronea e confondesse il bene con il male: «Nulla è immondo in se stesso; ma, se uno ritiene qualcosa come immondo, per lui è immondo» (Rm 14,14). Dio vuole che noi facciamo il bene così come lo conosciamo. La coscienza erronea in buona fede conserva tutta la sua dignità perché, pur sbagliando nell’identificare il bene concreto, si mantiene fedele alla volontà fondamentale di Dio, che comanda di fare il bene e di evitare il male. Ciò non toglie comunque che il male resti male e che l’errore possa causare danni.
CCC, 1790-1794
[915]  Quando invece la coscienza rimane dubbia, bisogna rinviare la decisione, altrimenti ci si rende disponibili a compiere il male. Se un cacciatore spara al bersaglio nell’incertezza che si tratti di un animale o di un uomo, diventa colpevole di omicidio, anche se effettivamente colpisce solo un animale. Tutto quello che non viene da una convinzione interiore in spirito di fede è peccato
nota
Cf. Rm 14,23.
.
Non si richiede tuttavia una certezza assoluta, impossibile da raggiungere nella prassi, ma solo una certezza prudente, che escluda il timore ragionevole di sbagliare. Anzi, anche quando non si riesce a risolvere il dubbio, si può almeno raggiungere una certezza pratica indiretta, ricorrendo a regole generali di prudenza come queste: finché non si prova il contrario si presume il buon diritto del possessore, dell’accusato, del superiore, di ciò che è tradizionale e ordinario, di ciò che è favorevole; una legge dubbia non obbliga, perché non è in grado di indicare il valore morale.
[916] A volte si verifica la situazione di coscienza perplessa, quando uno erroneamente pensa di essere tenuto a due obblighi incompatibili tra loro e di peccare qualunque cosa faccia. In tal caso, se la decisione non può essere rimandata, si deve scegliere ciò che sembra il male minore.
[917] Siamo responsabili davanti alla nostra coscienza, perché è il portavoce di Dio, ma siamo anche responsabili della nostra coscienza, perché deve essere educata.

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