Catechismo degli Adulti
2. La via paradossale della gioia
[852] Il cristianesimo è la religione dell’amore, in cui il dovere è integrato e oltrepassato. Per questo è anche la religione della gioia. Non a caso la figura letteraria della “beatitudine” è piuttosto frequente nella Bibbia. Come mai allora molti credenti non mostrano di essere particolarmente felici? Qual è la via cristiana alla felicità?
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Beatitudini nell’Antico Testamento
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Secondo le beatitudini dell’Antico Testamento, la felicità si trova nella fede in Dio, nel devoto rispetto verso di lui, nell’obbedienza alla sua legge: «Beata la nazione il cui Dio è il Signore, il popolo che si è scelto come erede» (Sal 33,12); «Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe, chi spera nel Signore suo Dio, creatore del cielo e della terra, del mare e di quanto contiene. Egli è fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati» (Sal 146,5-7); «Beato l’uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie» (Sal 128,1); «Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli stolti; ma si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte» (Sal 1,1-2).
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Beatitudini evangeliche
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Nel Nuovo Testamento si incontrano le beatitudini della fede, della scoperta di Gesù, della vigilanza operosa
Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, 16. | CdA, 127-133 CONFRONTAVAI |
La verifica dell’esperienza
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I poveri, i malati, i perseguitati possono essere felici. Con il dono di se stessi nell’amore partecipano alla vita e alla gioia di Dio, che riscatta qualsiasi situazione. L’annuncio di Gesù trova una sorprendente verifica nell’esperienza concreta dei suoi discepoli. Così si esprime Paolo con i cristiani di Corinto: «Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione» (2Cor 1,3-4); «Afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma facciamo ricchi molti; gente che non ha nulla e invece possediamo tutto!» (2Cor 6,10); «Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione» (2Cor 7,4); «Mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte» (2Cor 12,10). Anche nella comunità ecclesiale Paolo vede coesistere tribolazione e gioia, povertà e generosità
La storia della Chiesa abbonda di analoghe testimonianze. Ricordiamo la “perfetta letizia” di San Francesco, che del resto è già un tema biblico
San Francesco d’Assisi, Della vera e perfetta letizia. Santa Teresa di Lisieux, Manoscritti autobiografici, Lettera 190. | CdA, 1021-1022 CONFRONTAVAI |
Esperienza pasquale
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Questa gioia, che può coesistere anche con la sofferenza, è partecipazione del cristiano alla Pasqua di Cristo: «Come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione» (2Cor 1,5); «Abbiamo questo tesoro in vasi di creta... portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo» (2Cor 4,710). Viene così sperimentata nella propria esistenza la conformazione a Cristo morto e risorto, operata dal battesimo e dall’eucaristia.
La via cristiana alla felicità si delinea con particolare nitidezza nella redazione delle beatitudini secondo Matteo, più precisamente nella prima parte di ognuna di esse.
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Un commento alle beatitudini
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«Beati i poveri in spirito» (Mt 5,3), cioè gli umili di cuore. I Padri della Chiesa di solito interpretano la povertà in spirito come umiltà: «Aggiunse “in spirito”, perché si intendesse l’umiltà, non la penuria»
San Girolamo, Commento al Vangelo di Matteo, 1, 5. San Basilio di Cesarea, Commento ai Salmi, 33, 7, 11. | |
[858]
«Beati gli afflitti» (Mt 5,4). Sono quelli che si addolorano per il male che è nel mondo, come Gesù piange su Gerusalemme
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«Beati i miti» (Mt 5,5). Beati coloro che sono umili, pazienti e miti. Chi è umile davanti a Dio è mite, rispettoso e condiscendente con il prossimo. Non avanza pretese eccessive. È comprensivo, affabile, umano, non violento. Rinuncia a primeggiare sugli altri. A volte è capace perfino di rinunciare alla difesa dei propri diritti e alla propria giustificazione di fronte a ingiuste accuse. Segue Gesù «mite e umile di cuore» (Mt 11,29) e come lui conquista il mondo con la forza della sua umanità e carità.
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«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia» (Mt 5,6), quanti seriamente e appassionatamente desiderano attuare nella propria vita la nuova giustizia evangelica
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«Beati i misericordiosi» (Mt 5,7), coloro che sanno perdonare
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«Beati i puri di cuore» (Mt 5,8). Sono le persone rette di cuore. Consapevoli del profondo disordine che si radica nel cuore dell’uomo
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«Beati gli operatori di pace» (Mt 5,9), coloro che per amore progettano e costruiscono rapporti giusti. Si impegnano a creare una convivenza armoniosa, in cui sia rispettata la dignità di ogni persona e l’originalità di ogni gruppo sociale. Promuovono per tutti il benessere materiale e spirituale, temporale ed eterno. Partecipano così alla missione di Gesù, che porta agli uomini la pienezza della vita, la vera pace.
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«Beati i perseguitati per causa della giustizia» (Mt 5,10). Si tratta di chi subisce insulti, discriminazioni e violenze a motivo della nuova giustizia evangelica, e quindi a motivo della sua identità cristiana: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia» (Mt 5,11). L’amore appassionato per Cristo e il fascino del suo vangelo danno il coraggio, e anche la gioia, di affrontare le prove, quotidiane o eccezionali che siano, nella consapevolezza di seguire più da vicino il Maestro, ingiustamente perseguitato.
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Gesù nostra via
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Gli atteggiamenti indicati dalle beatitudini tracciano la via cristiana alla felicità; in definitiva si riassumono nell’affidarsi totalmente all’amore di Dio e nel riamare Dio e gli altri fino al dono totale di sé. Su questa via Gesù si pone davanti a noi come modello vivo e personale, con una forza di persuasione e una ricchezza di valori che trascende qualsiasi norma etica. Egli incarna la legge e la supera nell’amore. È la «via nuova e vivente» (Eb 10,20), «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). Chi lo segue «non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12).
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