Educat
CATECHISMO DEGLI ADULTI

Catechismo degli Adulti

Fondamento biblico
[719]  Il ministero apostolico dei pastori viene esercitato nei tre 18-350.png diversi gradi dei vescovi, dei presbìteri e dei diaconi. L’inserimento in questa gerarchia avviene non con una semplice investitura giuridica, ma con il sacramento dell’ordine
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 28.
.
Il rito, semplice e solenne, è costituito dal gesto di imposizione delle mani e dalla preghiera di ordinazione. Ha le sue radici nella tradizione ebraica: Mosè impose le mani a Giosuè, per farlo capo del popolo al suo posto; e all’epoca delle origini cristiane si imponevano le mani ai “rabbì” e ai capi delle comunità giudaiche della Palestina e della diaspora, per affidare l’incarico di trasmettere la legge mosaica e di guidare il popolo. Introdotto nella Chiesa, questo gesto viene a significare la trasmissione dell’ufficio di pastore con un dono particolare dello Spirito Santo, un carisma stabile, come fuoco che rimane sempre acceso e bisogna ravvivare: «Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza» (2Tm 1,6-7).
Per questo dono, Cristo è presente nei suoi inviati e continua a incontrare gli uomini, a istruirli, santificarli e guidarli: «Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato» (Gv 13,20), dice il Signore. La missione dei discepoli prolunga quella che Cristo ha ricevuto dal Padre e comporta anch’essa la presenza di colui che invia in chi è inviato
nota
Cf. Lc 10,16.
, non una semplice delega di autorità. Non un intermediario per sostituire un assente, ma un segno visibile del Signore presente, per facilitare l’incontro diretto con lui.
CdA, 511-518
CONFRONTAVAI
Il carattere sacramentale
[720]  La dottrina della Chiesa precisa che attraverso l’ordinazione, conferita dal vescovo, viene trasmesso lo Spirito Santo ed impresso il carattere; perciò chi è diventato sacerdote non può ritornare laico
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. XXIII, Dottr. Sul sacramento dell’ordine, Can. 4 - DS 1774.
. Il carattere proprio di questo sacramento configura a Cristo capo della Chiesa, in modo da poter agire in suo nome nell’insegnare, nel santificare, nel governare
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 2.
. Per questo il sacerdozio ministeriale differisce essenzialmente, non solo di grado, da quello comune dei fedeli; è al servizio di esso, lo genera e lo nutre con la Parola e con i sacramenti
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 10.
, specialmente con l’eucaristia. Viceversa differiscono di grado tra loro i tre ordini gerarchici. «Con la consacrazione episcopale viene conferita la pienezza del sacramento dell’ordine», cioè «la totalità del sacro ministero»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 21.
. I presbìteri sono consacrati come collaboratori qualificati del vescovo nella guida della comunità cristiana; il legame che li unisce a lui è sacramentale e non semplicemente giuridico
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 28.
. I diaconi sono ordinati come collaboratori del vescovo per animare il servizio della Parola, dell’eucaristia e della carità in armonia con i presbìteri; non presiedono la celebrazione del sacrificio eucaristico e perciò non sono mai chiamati sacerdoti.
Secondo le preghiere consacratorie del rito di ordinazione, il vescovo è prefigurato da Mosè e Aronne e in genere dai capi e sacerdoti del popolo di Israele, a cominciare da Abramo, e soprattutto dagli apostoli; i presbìteri dai settanta saggi intorno a Mosè, dai figli di Aronne e dai collaboratori degli apostoli; i diaconi dai leviti dell’Antico Testamento e dai sette incaricati dell’assistenza nella prima comunità cristiana
nota
Cf. Lv 8Nm 8,5-2611,16-1724-26Mt 10,1-4Lc 10,117At 6,1-6. Cf. Rito dell’ordinazione del vescovo, dei presbìteri e dei diaconi, 52; 146; 230.
.
CdA, 521-524
CONFRONTAVAI
La carità pastorale
[721]  A prescindere dalla loro santità personale, i ministri ordinati rimangono rappresentanti di Cristo e agiscono validamente in suo nome a favore dei credenti, in virtù del carattere, segno della fedeltà di Dio alla sua Chiesa. Tuttavia lo Spirito Santo, ricevuto nel sacramento, mira a coinvolgere tutta la loro personalità, perché Cristo pastore e sposo della Chiesa si manifesti in essi nel modo più vivo e completo. In vario grado vale per tutti i ministri ordinati quello che Giovanni Paolo II afferma del sacerdote: «È chiamato ad essere immagine viva di Gesù Cristo sposo della Chiesa», «a rivivere l’amore di Cristo sposo nei riguardi della Chiesa sposa», e perciò ad «amare la gente con cuore nuovo, grande e puro, con autentico distacco da sé, con dedizione piena, continua e fedele»
nota
Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 22.
.
Il Signore comunica ai suoi ministri la carità pastorale
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 14.
, perché si uniscano a lui, morto e risorto, nel donarsi a vantaggio del gregge loro affidato, come l’apostolo Paolo: «Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio... Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza» (Col 1,24-2529).
Il celibato
[722] Per essere immagine viva di Cristo sposo della Chiesa, è molto conveniente, seppure non indispensabile, che un pastore si consacri nel celibato. Di fatto la Chiesa lo esige per i vescovi, che hanno la pienezza dell’ordine e, in occidente, anche per i presbìteri. La rinuncia al matrimonio e alla famiglia consente di seguire Cristo più da vicino, apre a un amore disinteressato e universale, rende liberi per il servizio. Ovviamente la castità del celibato esige di essere vissuta in un contesto globale di radicalità evangelica, che comprende anche l’obbedienza e la povertà nel loro significato essenziale: rinuncia al successo individuale e al possesso egoistico per l’edificazione del regno di Dio.
CdA, 520
CONFRONTAVAI
CdA 1075-1078
CONFRONTAVAI
Fraternità sacerdotale
[723]  In virtù del sacramento i presbìteri entrano in uno speciale rapporto 18-352.png di comunione con il vescovo e tra loro: «sono intimamente uniti tra loro dalla fraternità sacramentale; ma in modo speciale essi formano un unico presbiterio nella diocesi al cui servizio sono ascritti sotto il proprio vescovo»
nota
Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 8.
. «Il ministero ordinato ha una radicale forma comunitaria e può essere assolto solo come un’opera collettiva»
nota
Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 17.
. Al presbiterio, sotto la guida del vescovo, è affidata la Chiesa particolare diocesana, figura e presenza del mistero universale della Chiesa
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Christus Dominus, 11.
. Ne sono membri i sacerdoti diocesani e religiosi, uniti da vincoli sacramentali
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 17.
. Tutti i presbìteri formano una sola famiglia sacerdotale. Attraverso il sacramento Dio li costituisce fratelli e li affida gli uni agli altri.
CdA, 523
CONFRONTAVAI
Fraternità e collaborazione
[724] Primo dono che i presbìteri devono fare alla Chiesa e al mondo non è l’attivismo, ma la testimonianza di una fraternità concretamente vissuta.
Occorre innanzitutto far crescere un clima di carità nei rapporti 18-353.pnginterpersonali. Mentre gli amici si scelgono sulla base di affinità e simpatie, i fratelli si accettano così come sono. Gli atteggiamenti da coltivare sono l’attenzione continua, l’ascolto, il servizio, il perdono, la condivisione di esperienze spirituali e umane, la solidarietà economica. Con gradualità e flessibilità può essere proposta la vita comune, o almeno l’incontro frequente con varie finalità e forme.
La fraternità sacerdotale va vissuta anche come corresponsabilità e collaborazione pastorale, non solo occasionale, ma sistematica. Essendo corresponsabili con il vescovo di tutta la diocesi, i presbìteri devono evitare l’isolamento e il protagonismo individuale. L’odierna complessità della vita sociale ed ecclesiale esige una collaborazione organica a livello interparrocchiale e diocesano. Senza di essa sarebbe difficile curare la formazione dei fedeli laici, seguire le loro aggregazioni, promuoverne l’inserimento nella pastorale, impostare seriamente l’apostolato degli ambienti, come la cultura, la comunicazione sociale, la sanità, il lavoro, l’emarginazione, l’immigrazione.
Formazione permanente
[725]  La fraternità sacerdotale è anche aiuto validissimo alla formazione permanente del presbitero, esigenza e sviluppo del sacramento ricevuto. La vocazione al sacerdozio prosegue con una vocazione nel sacerdozio
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 70.
. Il Signore chiama a concretizzare la decisione fondamentale presa, mediante scelte particolari coerenti. Vuole che i suoi rappresentanti siano pazienti costruttori di comunione, missionari appassionati, contemplativi nel ministero. Annota un santo e sapiente pastore: «Niente è così necessario a tutti i ministri della Chiesa quanto la meditazione che precede, accompagna e segue tutte le nostre azioni»
nota
San Carlo Borromeo, Secondodiscorso all’XI Sinodo (1584.
. Per ravvivare il dono ricevuto, occorre un impegno assiduo di formazione spirituale, teologica, pastorale, culturale. L’iniziativa personale di ognuno deve integrarsi con il sostegno del presbiterio diocesano e del vescovo.
Pastorale vocazionale
[726]  La fraternità sacerdotale e la formazione permanente del clero hanno un benefico influsso sulla pastorale delle vocazioni al sacro ministero. La testimonianza significativa di chi è già presbitero ne è il presupposto. Essa peraltro deve svilupparsi in una varietà di esperienze. Prima di tutto è necessaria la preghiera assidua dei singoli e della comunità cristiana, perché le vocazioni sono dono di Dio. La preghiera diventa più efficace se accompagnata dall’offerta della sofferenza e della fatica quotidiana
nota
Cf. Giovanni Paolo II,Pastores dabo vobis, 38.
. Bisogna presentare e spiegare la vita sacerdotale come forma splendida di sequela di Cristo e di vita cristiana
nota
Cf. Giovanni Paolo II,Pastores dabo vobis, 39.
; educare i ragazzi e i giovani alla preghiera personale, al silenzio, alla meditazione e all’ascolto di Dio
nota
Cf. Giovanni Paolo II,Pastores dabo vobis, 38.
; formarli al servizio gratuito, mediante forme di volontariato, motivate evangelicamente
nota
Cf. Giovanni Paolo II,Pastores dabo vobis, 40.
; proporre esplicitamente la vocazione al sacerdozio a chi ha i doni di natura e di grazia corrispondenti; aiutare nel discernimento e nella maturazione con un adeguato accompagnamento, specialmente con la direzione spirituale; eventualmente avviare al seminario, comunità ecclesiale educativa per la formazione specifica al sacerdozio ministeriale.
Il problema dell’ordinazione delle donne
[727] Perché la Chiesa cattolica, come pure la Chiesa ortodossa, nega la possibilità dell’ordinazione delle donne al ministero pastorale?
La questione deve essere vista secondo criteri radicati nel mistero della salvezza e non in base a considerazioni di tipo sociologico o alla sensibilità culturale del nostro tempo. La Chiesa non può disporre dei sacramenti a suo piacimento. La comprensione del disegno di Dio, fondata sui documenti della rivelazione e della tradizione ecclesiale, non le consente di ammettere le donne all’episcopato e al presbiterato
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Ordinatio sacerdotalis, 4.
.
È vero che il Signore Gesù ha riconosciuto la pari dignità della donna nel matrimonio e, contro le consuetudini e la mentalità del suo ambiente, ha valorizzato le donne, accettandone la presenza nel gruppo itinerante dei discepoli e costituendole testimoni della sua risurrezione. Ma è anche vero che non le ha inserite tra gli apostoli, inviati come suoi rappresentanti ufficiali.
Gli apostoli, a loro volta, hanno incoraggiato e onorato la presenza delle donne nell’opera di evangelizzazione, ma non le hanno mai scelte come responsabili della guida pastorale, neppure in ambienti culturali più aperti di quello palestinese al ruolo sociale della donna.
La storia della Chiesa ha visto numerose figure di donne in posizioni di grande rilievo, dotate di carismi straordinari e capaci di orientare in modo decisivo il cammino del popolo di Dio, ma non le ha mai viste nel ruolo di vescovo e di presbitero.
La pari dignità di uomini e donne nella Chiesa è fuori discussione, essendo stata proclamata con forza dall’apostolo Paolo: «Non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). È possibile e auspicabile, soprattutto oggi, che le donne siano chiamate a svolgere nella Chiesa compiti importanti e delicati, nei quali possano far fruttificare le loro grandi energie spirituali e umane. A loro si possono senz’altro affidare molte attività svolte finora dai sacerdoti.
Ma il sacerdote non è semplicemente un funzionario, che fa dei servizi. È prima di tutto una figura chiamata a rappresentare con tutta la sua persona e la sua esistenza Cristo, sposo della Chiesa. È comprensibile allora che i sacerdoti siano scelti solo tra gli uomini.
Una donna, la Vergine Maria, è la più alta attuazione della Chiesa e rappresenta tutti i credenti, donne e uomini, nella loro posizione di salvati che accolgono la salvezza come dono dal Signore Gesù. Maria impersona tutta la Chiesa nella sua identità più vera di sposa davanti a Cristo suo sposo, in atteggiamento di libera accoglienza e gioiosa gratitudine verso la grazia onnipotente dell’unico Salvatore. È regina degli apostoli senza essere un apostolo.
CdA, 758
[728] Come dal battesimo ha origine il sacerdozio comune di tutti i fedeli, così dal sacramento dell’ordine ha origine il sacerdozio ministeriale dei vescovi e dei presbìteri, che in nome di Cristo insegnano il vangelo, presiedono la liturgia, guidano la comunità. Dallo stesso sacramento i diaconi ricevono la consacrazione per il servizio, come collaboratori qualificati del vescovo e dei presbìteri.

Catechismo degli Adulti
indice dei contenuti