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CATECHISMO DEGLI ADULTI

Catechismo degli Adulti

Religiosità diffusa
[41] Il fenomeno religioso, oggi come in passato, appare ovunque ben radicato. Anche nel nostro paese, malgrado la secolarizzazione, persiste una religiosità diffusa. Non è detto però che si tratti sempre di fede propriamente cristiana: spesso prevale la devozione interessata; alcune verità centrali del messaggio cristiano vengono negate o messe in dubbio; risulta carente la conoscenza della Bibbia, debole l’appartenenza ecclesiale, incrinata la coerenza tra la pratica religiosa e il vissuto quotidiano.
Perché la religiosità è più agevole e più diffusa della fede? Da dove proviene la sua sorprendente vitalità?
Una illuminazione comune
[42] La religiosità è un primo orientamento verso il mistero. Nella misura in cui non è inquinata da errori e deviazioni, suppone la iniziale comunicazione che Dio fa a tutti gli uomini mediante la creazione e la sua continua, benevola vicinanza.
Da sempre gli uomini cercano Dio con la loro sete di vita, di verità, di sicurezza e di felicità. Da sempre Dio li illumina, li assiste e li sostiene in questa ricerca; li attrae segretamente a sé per le molte strade delle religioni e delle culture. La sua provvidenza salvifica si estende a tutta la storia umana
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 3.
. La sua grazia guida il cammino delle persone e dei popoli; anche tra i pagani suscita dei giusti come il centurione Cornelio
nota
Cf. At 10,1-3.
. Fin dalle origini Dio «ebbe costante cura del genere umano, per dare la vita eterna a tutti coloro che cercano la salvezza con la perseveranza nella pratica del bene»
nota
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 3.
.
Frutto di questa illuminazione da parte di Dio sono gli elementi di verità e di bontà presenti nella religiosità umana. In essa, di solito, prevale un atteggiamento di dipendenza creaturale, una consapevolezza di precarietà e un desiderio di protezione. La fede cristiana, invece, si colloca a un livello più elevato. Assume i valori positivi della religiosità umana, ma ha una sua specificità. È la risposta, altamente impegnativa, a una più perfetta comunicazione di Dio, alla quale viene riservato il nome di rivelazione in senso proprio.
CdA, 24
CONFRONTAVAI
CdA 401
CONFRONTAVAI
CdA 575
CONFRONTAVAI
Rivelazione
[43]  La rivelazione è una speciale iniziativa divina. In un ambito storico particolare, Dio liberamente esce dal silenzio
nota
Cf. Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai cristiani di Magnesia, 8, 2.
e apre un dialogo esplicito e diretto. Si pone di fronte all’uomo come interlocutore personale; gli va incontro, gli rivolge la parola, lo chiama apertamente a sé e gli manifesta progressivamente il suo progetto di salvezza, incentrato su Gesù Cristo.
Autotestimonianza e autodonazione
[44]  Non si conosce una persona come fosse un oggetto, osservando e calcolando. Nel suo nucleo più intimo, può essere conosciuta 2-37.pngsolo se si esprime liberamente, se comunica agli altri i suoi sentimenti e le sue intenzioni, i suoi pensieri e le sue decisioni, in un dialogo fatto di parole e di azioni, cioè in una storia concreta. Mentre i segreti della natura vengono raggiunti dall’esterno con l’osservazione scientifica, il segreto proprio di un soggetto cosciente e libero si apre dall’interno, per la via dell’autotestimonianza.
Qualcosa di simile avviene nella rivelazione che Dio fa di se stesso e del suo disegno di amore verso l’uomo. Nella sua intima vita personale Dio non può essere conosciuto per via di intuizione o riflessione umana, ma solo per sua libera iniziativa. Perciò, «per il suo immenso amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé»; pur rimanendo invisibile, parla e si dona attraverso «eventi e parole intimamente connessi tra loro»
nota
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 2.
e complementari, cioè attraverso una storia.
Eventi e parole
[45]  Gli eventi contengono la realtà significata dalle parole. Confermano e verificano le parole. Riguardano un popolo o singole persone all’interno di esso. Sono pubblici o privati, miracolosi o ordinari. Si compiono «una volta per sempre» (Eb 9,12), cioè in un tempo preciso e irripetibile, ma con valore perenne e universale. Sono nuovi e imprevedibili, ma si inseriscono nella continuità storica, secondo un progetto unitario e in vista di una meta definitiva.
Il significato e la connessione profonda degli avvenimenti vengono 2-38.pngindicati da Dio ai suoi messaggeri attraverso una comunicazione interiore, chiara e indubitabile, che poi si traduce in parole pronunciate e infine scritte. Le parole interpretano gli eventi come opera di Dio e a volte li provocano efficacemente. Chiamano, promettono e comandano, perché gli eventi si compiano; li raccontano e li spiegano, perché accadano di nuovo.
Attraverso gli eventi e le parole si svolge la trama di una concreta storia terrena, in cui Dio stesso liberamente porta avanti il suo dialogo con gli uomini per dare loro speranza e futuro. Progressivamente egli si fa conoscere e si dona, fino a comunicare pienamente se stesso in Gesù Cristo; rende gli uomini capaci di rispondergli, di accogliere la sua presenza e di partecipare alla sua vita.
CdA, 103
CONFRONTAVAI
CdA 176
CONFRONTAVAI
CdA 608
CONFRONTAVAI
Sviluppo della rivelazione
[46] Le vicende hanno come centro una piccola regione, posta quasi a cerniera fra l’Asia, l’Africa e l’Europa, una regione che nell’antichità ha avuto diversi nomi: terra di Canaan, terra d’Israele, Palestina. È un ambiente umile, in conformità allo stile di Dio, ma in una posizione ideale per la diffusione del suo messaggio.
In questa storia si distinguono due fasi: il tempo della preparazione, l’Antico Testamento, e quello del compimento, il Nuovo Testamento.
L’Antico Testamento
[47]  Gli eventi prendono avvio con alcuni pastori nomadi, in cui successivamente il popolo di Israele riconoscerà i propri antenati: Abramo, Isacco e Giacobbe. Il primo di loro viene presentato come grande amico di Dio e padre dei credenti. Dio lo chiama fuori della sua terra di origine e lo benedice con una promessa di portata universale: «Renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare... Saranno benedette per la tua discendenza tutte le nazioni della terra» (Gen 22,1718).
[48]  A questi antichi patriarchi si ricollegano alcune tribù, che in Egitto finiscono per trovarsi in una condizione intollerabile di schiavitù e fuggono verso il Sinai. Le guida Mosè, un uomo straordinario, al quale nella solitudine del deserto Dio ha rivelato il suo nome misterioso: JHWH
nota
Scriviamo così il nome di Dio rivelato a Mosè. Il tetragramma sacro andrebbe letto “Jahvèh”, ma la tradizione ebraica considera questo nome impronunziabile e suggerisce di dire in suo luogo “Adonài”, cioè “Signore”, o di pronunziare un altro titolo divino. Per rispetto ai nostri fratelli ebrei, questo catechismo invita a fare altrettanto e in ogni caso riduce all’indispensabile l’uso del tetragramma sacro.
, «Io sono colui che sono!» (Es 3,14). Ora, nel deserto, con il dono dell’alleanza e della legge, Dio plasma un popolo, Israele, come sua proprietà, segno della sua presenza davanti alle nazioni: «Voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa» (Es 19,5-6).
Al cammino nel deserto fa seguito l’insediamento nella terra di Canaan, l’epoca di Giosuè e dei Giudici, segnata dai contatti e dai conflitti con le popolazioni del luogo. Il popolo nomade si trasforma lentamente in un popolo residenziale di agricoltori. Sorprendentemente, non assume la religione politeista del paese, incentrata sulle energie della natura e della fecondità; ne respinge, sia pure con fatica, la tentazione seducente e conserva il culto del suo unico Dio, JHWH.
[49] Intorno al 1000 a.C. la federazione delle tribù diventa un regno organizzato. Però, contrariamente a ciò che accade presso le nazioni circostanti, il re non viene divinizzato; rimane sottoposto a giudizio e contestazione. Dio guida il popolo soprattutto attraverso i profeti, da lui chiamati e fortificati con una speciale manifestazione della sua presenza; lo conduce avanti per strade non facili verso esperienze inedite.
[50]  Duri di cuore, inclini all’idolatria, all’ingiustizia e alla corruzione, 2-39.pnggli israeliti entrano nei giochi delle potenze politiche e militari del tempo: assiri, egiziani, babilonesi. Finiscono per ricadere nella schiavitù e vengono condotti in esilio, lungo «i fiumi di Babilonia» (Sal 137,1). Per opera dei profeti, animati dallo Spirito di Dio, la sventura diventa purificazione. La religione dei vinti non scompare, come di solito accade; matura al contrario come un monoteismo più consapevole e con più elevate esigenze etiche. La speranza nel futuro non solo non si spegne, ma diventa attesa di un intervento definitivo di Dio, capace di produrre un rinnovamento totale. Perduta l’indipendenza politica, si accentua la consapevolezza di essere soprattutto una comunità religiosa. Con il ritorno dall’esilio, all’epoca dell’impero persiano, il popolo di Dio ritrova in Gerusalemme il proprio centro religioso, ma non la capitale di un regno, prospero e duraturo. Si sviluppa, invece, il fenomeno della “diaspora”, la dispersione di comunità israelite in mezzo alle nazioni pagane. Intanto Dio continua ad educare il suo popolo con l’insegnamento dei saggi; lo prepara ad accogliere il Messia; mantiene desta la speranza.
[51]  Il lungo cammino di Israele è una vera storia umana, con persone e 2-40.pngistituzioni, vicende private e pubbliche, episodi di bontà e di iniquità, di grandezza e di miseria. È anche una storia sorprendente per più aspetti: il monoteismo appassionato ed eticamente esigente, la personalità originale dei profeti, l’attesa del Messia salvatore. Caratteristica, soprattutto, è la consapevolezza di essere il popolo dell’alleanza: nella sua vicenda secolare, Israele sa di aver fatto l’esperienza della fedeltà di Dio, malgrado la propria infedeltà
nota
Cf. Os 2,4-25.
.
Il Nuovo Testamento
[52]  La rivelazione storica di Dio fin dall’inizio era orientata verso una meta. Giunge a compimento in Gesù di Nàzaret: «Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1-2). «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge» (Gal 4,4).
Gesù visse in Palestina al tempo degli imperatori romani Augusto e Tiberio. «Passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui... Lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse... a testimoni prescelti» (At 10,38-41). Gesù, «appartenente alla stirpe di David, figlio di Maria, realmente nacque, mangiò e bevve. Realmente fu perseguitato sotto Ponzio Pilato; realmente fu crocifisso e morì alla presenza del cielo, della terra e degli inferi. Realmente risuscitò dai morti»
nota
Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai cristiani di Tralle, 9, 1-2.
.
In lui Dio comunica personalmente se stesso
nota
Cf. Gv 14,9.
; manifesta il suo disegno di salvezza verso tutto il genere umano
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 2.
; ci induce a riconoscere che «Dio è amore» (1Gv 4,16). Gesù di Nàzaret è la Parola eterna di Dio fatta carne
nota
Cf. Gv 1,14.
, la sua rivelazione storica perfetta e insuperabile.
Pienezza definitiva
[53] In Gesù Cristo Dio ha portato a compimento la sua rivelazione. Ha detto e dato se stesso; ha comunicato quanto aveva da comunicare. Nulla si può aggiungere come ulteriore perfezione, fino al giorno in cui la condizione umana sarà trasfigurata oltre la storia e il Signore si manifesterà nella sua venuta gloriosa.
Presunte rivelazioni posteriori, che volessero portare aggiunte, correzioni o miglioramenti, sono incompatibili con il cristianesimo. Sono possibili invece rivelazioni che richiamino l’attenzione su aspetti particolari del vangelo e aiutino a viverli in una certa epoca, ravvivando la fede e l’impegno di conversione. Occorre comunque un prudente discernimento, perché accanto alle rivelazioni autentiche pullulano ancora più numerosi gli inganni e le illusioni.
CCC, 66-67CdA, 470CdA 597CdA 793
[54] La rivelazione è la comunicazione, in una storia particolare di avvenimenti e parole, che Dio fa di se stesso e del suo progetto di salvezza a favore di tutti gli uomini, per renderli suoi figli, uniti a Cristo mediante lo Spirito.

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