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CATECHISMO DEGLI ADULTI

Catechismo degli Adulti

Aperta ai popoli e alle culture
[450]  Alla sua prima uscita, nel giorno di Pentecoste, la Chiesa proclama «le grandi opere di Dio» (At 2,11) in molte lingue e riunisce nell’unica fede persone di varia provenienza
nota
Cf. At 2,5-11.
. Mentre gli orgogliosi abitanti di Babele fallirono nel loro progetto totalitario di costruire una sola civiltà con una sola lingua
nota
Cf. Gen 11,1-9.
, ora i seguaci di Gesù, che umilmente accolgono lo Spirito di Dio, riescono ad edificare la comunione fraterna nel rispetto della libertà e nella varietà delle culture.
[451]  Lo Spirito scardina le chiusure del particolarismo e apre orizzonti sempre più vasti. Approfitta della persecuzione, scatenata a 11-224.pngGerusalemme contro i cristiani di cultura greca, per seminare il vangelo tra i samaritani
nota
Cf. At 8,1-825.
, emarginati e disprezzati dagli ebrei come eretici. Guidando i passi di Pietro alla casa del centurione romano Cornelio a Cesarea, rimuove le preclusioni che vietano la convivenza tra ebrei e pagani; persuade l’apostolo a battezzare quella famiglia, senza prima farla passare attraverso la circoncisione e l’osservanza della legge mosaica
nota
Cf. At 10,1-48.
. Dà rapido incremento alla comunità di Antiòchia, composta da ebrei e pagani convertiti, base di partenza per la penetrazione nel mondo greco-romano. In mezzo ad essa, in un clima di preghiera, sceglie Saulo e Barnaba come primi protagonisti della grande avventura missionaria, sospingendoli sulle vie dell’Asia Minore, per aprire ai pagani «la porta della fede» (At 14,27) e far sorgere al loro passaggio varie comunità locali.
[452]  Una grave controversia si apre però nella Chiesa: per essere salvi, basta credere nel Signore e ricevere il battesimo nel suo nome oppure è necessario accettare anche la circoncisione e le osservanze giudaiche? È una questione decisiva per il futuro del cristianesimo. Per discuterla, si riunisce a Gerusalemme l’assemblea degli apostoli e degli anziani e, con l’illuminazione dello Spirito Santo, arriva alla giusta soluzione: non occorre né circoncisione né legge mosaica; tutti, ebrei e greci, senza alcuna differenza, vengono salvati soltanto per grazia, purché si convertano. Tuttavia, per favorire la convivenza tra le due componenti della Chiesa, l’assemblea chiede che si osservino, per il momento, alcune norme di “purità legale”, che proibiscono di contrarre unioni irregolari e di mangiare carne offerta agli idoli, sangue e animali uccisi mediante soffocamento
nota
Cf. At 15,1-35.
.
[453]  Crollano le barriere; la via è aperta per la missione in Grecia e «fino agli estremi confini della terra» (At 1,8). L’unica fede potrà radicarsi in culture diverse, «poiché in Cristo Gesù non è la circoncisione che conta o la non circoncisione, ma la fede che opera per mezzo della carità» (Gal 5,6). La Chiesa loderà il Signore con le lingue di tutti i popoli
nota
Cf. Ap 5,97,9.
e potrà accogliere i doni di una multiforme creatività, spirituale, culturale e sociale: «Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te... Verranno a te i beni dei popoli» (Is 60,4-5). Il genio e la natura di ciascun popolo potranno esprimersi nelle formulazioni diverse dell’unica fede, nei riti liturgici, nelle scelte pastorali, negli ordinamenti disciplinari, nelle forme di spiritualità, nelle creazioni artistiche, dando luogo a uno scambio incessante, per un arricchimento reciproco
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Ad gentes, 22.
.
Una e cattolica
[454]  La Chiesa è una e universale. Tutti i cristiani, per quanto diversi tra loro, diventano «uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28) in virtù dello Spirito Santo. Questa moltitudine unificata è immagine visibile della Santa Trinità
nota
Cf. Gv 17,21.
e costituisce una potente forza di pace tra le nazioni della terra e un segno efficace del disegno divino di riconciliare tutte le cose in Cristo
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 1; 13.
.
L’universalità, o cattolicità, della Chiesa assume figura storica nella comunione visibile delle comunità cristiane esistenti e nella tensione missionaria a crearne di nuove, accogliendo in Cristo «tutta l’umanità e i suoi beni»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 13.
.
Le comunità sono nate come Chiese sorelle, con una fitta rete di rapporti reciproci. Hanno riconosciuto la presidenza della Chiesa di Roma, custode della comunione e garante della verità
nota
Cf. Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai Romani, Prologo.
. Attraverso i secoli continuano a mantenere tra loro legami concreti: comune dottrina della fede, condivisione dell’eucaristia e dei sacramenti, carità scambievole, ordinata disciplina. Il primato del papa e il collegio dei vescovi uniti con lui sono segno e strumento privilegiato dell’unità di tutta la Chiesa
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 8.
. Ma ogni singola comunità, anzi ogni singolo fedele, ha una responsabilità universale e deve «aprirsi all’universalità della Chiesa, evitando ogni forma di particolarismo, esclusivismo o sentimento di autosufficienza»
nota
Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 85.
.
CCC, 830-831CdA, 406
CONFRONTAVAI
Universale e particolare
[455]  La Chiesa ha anche una dimensione particolare, ugualmente necessaria. Nel Nuovo Testamento la parola Chiesa serve per indicare sia la comunità dei credenti diffusa su tutta la terra, sia la comunità locale che risiede in una città, sia l’assemblea riunita materialmente in un luogo. Uso davvero singolare, perché al tutto e alle sue parti si danno normalmente nomi diversi.
È ovvio che Chiesa universale e Chiesa particolare sono rispettivamente il tutto e la parte sul piano sociologico esteriore. Non lo sono però interiormente, a livello profondo e misterioso. Qui c’è un’unica assemblea universale, perennemente riunita in quel tempio «non fatto da mani d’uomo» (Mc 14,58) che è il corpo glorioso di Cristo risorto. Tutti i cristiani, ovunque si trovino, sono uniti a Cristo e tra loro, in virtù dello Spirito Santo, «uno e identico»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 7.
in tutti; malgrado le distanze di spazio e di tempo, si trovano sempre insieme e comunicano misteriosamente tra loro. Allora la «Chiesa di Dio che è in Corinto» (1Cor 1,2) è in realtà tutta la Chiesa, che si fa presente nella comunità di Corinto e si rende visibile attraverso di essa, come in un’immagine. E si comprende come sia giustificato l’uso molteplice della parola “Chiesa”, trattandosi di diverse manifestazioni di un’unica realtà. Con un volto sempre nuovo è l’unica “assemblea” di Cristo che entra nella storia, prima a Gerusalemme poi ad Antiòchia, a Corinto, a Roma e ovunque.
In ogni Chiesa particolare «è veramente presente e opera la Chiesa di Cristo, una santa cattolica e apostolica»
nota
Concilio Vaticano II, Christus Dominus, 11; cf.. Id., Lumen gentium, 26.
. Le Chiese particolari «sono formate a immagine della Chiesa universale: in esse e a partire da esse esiste l’una e unica Chiesa cattolica»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 23.
. Né la Chiesa particolare è un “frammento” di quella universale; né la Chiesa universale è una “somma” di Chiese particolari; ma «la Chiesa universale esiste e si manifesta nelle Chiese particolari»
nota
Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 25.
.
CCC, 832-835
La diocesi
[456]  Chiesa particolare in senso pieno è la diocesi, descritta dal concilio Vaticano II come «una porzione del popolo di Dio affidata alle cure pastorali di un vescovo coadiuvato dal presbiterio, in modo che... costituisca una Chiesa particolare, nella quale è veramente presente e opera la Chiesa di Cristo, una santa cattolica e apostolica»
nota
Concilio Vaticano II, Christus Dominus, 11.
.
Il mistero della Chiesa si manifesta e si fa presente in varie figure concrete: la parrocchia, l’assemblea liturgica, la comunità religiosa, la famiglia cristiana, «dove sono due o tre riuniti» (Mt 18,20) nel nome di Gesù. Ma propriamente solo la diocesi viene chiamata Chiesa particolare, perché solo essa è presenza e immagine adeguata della Chiesa universale, in quanto ne possiede tutti gli elementi costitutivi visibili: la parola della divina rivelazione, l’eucaristia, gli altri sacramenti e il vescovo, che è segno e presenza in senso pieno di Cristo pastore, successore degli apostoli e membro del collegio episcopale. Inoltre con la varietà dei carismi essa esprime pienamente la vita e la missione del popolo di Dio, inviato ad accogliere, purificare e santificare la popolazione di un territorio con tutte le dimensioni della sua umanità.
CCC, 833
[457]  La diocesi non si riduce a una cornice giuridica e amministrativa, ma è vera comunità di credenti e deve esprimere la comunione anche a livello pastorale operativo. È necessario che «si favoriscano le varie forme di apostolato, e... se ne assicuri il coordinamento e l’intima unità sotto la guida del vescovo: di modo che tutte le iniziative e attività - di carattere catechistico, missionario, caritativo, sociale, familiare, scolastico e ogni altro lavoro mirante a fini pastorali - siano ricondotte a un’azione concorde, dalla quale sia resa ancor più palese l’unità della diocesi»
nota
Concilio Vaticano II, Christus Dominus, 17.
.
La diocesi è dunque il fondamentale soggetto pastorale e missionario. Ad essa devono fare riferimento tutti i fedeli e le loro molteplici aggregazioni, quali le parrocchie, le comunità religiose, le associazioni, i movimenti, le piccole comunità, i gruppi. Concretamente il vescovo, con la cooperazione del presbiterio e con l’opportuna consultazione di altre componenti ecclesiali, stabilisce alcuni obiettivi, linee e impegni comuni, evitando però l’uniformità che tutto appiattisce, lasciando spazio alla creatività e originalità dei vari soggetti. Da parte loro, le aggregazioni di fedeli devono guardarsi dalla tentazione dell’autosufficienza e, pur attuando esperienze proprie di formazione e di apostolato, devono rimanere aperte al dialogo rispettoso e cordiale, lasciando spazio per momenti di incontro e di collaborazione con altre realtà ecclesiali. La carità esige sia che si valorizzino i carismi particolari sia che si costruisca una unità pastorale concreta a livello diocesano.
La parrocchia
[458]  All’interno della diocesi ha grande importanza la parrocchia, comunità stabile di credenti idonea a celebrare l’eucaristia, guidata da ministri ordinati in qualità di collaboratori del vescovo. È l’espressione «più immediata e visibile»
nota
Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 26.
della comunione ecclesiale. Anch’essa rappresenta «in certo modo la Chiesa visibile stabilita su tutta la terra»
nota
Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 42.
. «È la Chiesa posta in mezzo alle case degli uomini... Vive ed opera profondamente inserita nella società umana e intimamente solidale con le sue aspirazioni e i suoi drammi»
nota
Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 27.
. È chiamata a promuovere rapporti umani e fraterni, ad essere «la casa aperta a tutti e al servizio di tutti o, come amava dire il papa Giovanni XXIII, la fontana del villaggio, alla quale tutti ricorrono per la loro sete»
nota
Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 27.
. Spetta «ad essa iniziare a raccogliere il popolo nella normale espressione della vita liturgica; ad essa conservare e ravvivare la fede della gente di oggi; ad essa fornirle la scuola della dottrina salvatrice di Cristo; ad essa praticare nel sentimento e nell’opera l’umile carità delle opere buone e fraterne»
nota
Paolo VI, Discorso al clero romano, 24 giugno 1963.
. Perché non si riduca a una struttura di servizi religiosi, occorre sviluppare un clima fraterno di comunicazione e corresponsabilità intorno al parroco, rappresentante del vescovo e «vincolo gerarchico con tutta la Chiesa particolare»
nota
Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 26.
. Occorre valorizzare i carismi personali e le esperienze associative, promuovendo i ministeri, sollecitando l’interessamento e la partecipazione da parte di tutti.
La parrocchia, in vista di una maggiore efficacia operativa, «può essere collegata con altre del medesimo territorio anche in forma istituzionale»
nota
Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 26.
. Al suo interno può essere articolata in piccole comunità ecclesiali di base, che «s’incontrano per la preghiera, la lettura della Scrittura, la catechesi, la condivisione dei problemi umani ed ecclesiali in vista di un impegno comune»
nota
Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 51.
. Esse risultano particolarmente preziose per la formazione delle persone e la valorizzazione dei loro doni, per l’esperienza concreta di fraternità e di appartenenza alla Chiesa, per l’evangelizzazione e la promozione umana.
La Chiesa è popolo e famiglia: vuole raccogliere in armonia tutte le voci, senza sminuire la loro originalità.
CCC, 2179
[459] La Chiesa è una e universale, in quanto è chiamata ad essere immagine della Trinità divina e segno efficace di riconciliazione di tutte le cose in Cristo. Il mistero, uno e universale, della Chiesa è presente e si manifesta in ogni Chiesa particolare e nella comunione visibile di tutte le Chiese intorno a quella di Roma. Chiesa particolare in senso pieno è la diocesi, immagine completa della Chiesa universale con tutti gli elementi visibili costitutivi.

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