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CATECHISMO DEGLI ADULTI

Catechismo degli Adulti

No alla violenza
[1025]  Il cristiano non ricorre mai alla violenza, a meno che non vi sia costretto per necessità di legittima difesa. Non la considera una via praticabile per sradicare il male e costruire la giustizia. Non se ne serve neppure per reagire a una violenza subita: perdona le offese, anzi ama i nemici così come sono, accetta di convivere con loro, esponendosi ad ulteriori rischi, sperando nella loro conversione. Resiste con forza al male, ma in modo diverso, cercando di vincere il male con il bene
nota
Cf. Rm 12,21.
.
Rispetto della vita innocente
[1026]  Non si può attenuare il comandamento di Dio: «Non uccidere» (Es 20,13). Chi non rispetta la vita di tutti, rinnega la 26-490.pngpropria dignità di uomo. Per nessuna ragione può essere giustificata la soppressione diretta di un innocente. La persona umana è un valore assoluto, al quale si deve dare testimonianza a qualsiasi costo. Il soldato che in tempo di guerra si rifiuta di sparare per rappresaglia sui civili inermi, preferendo morire con loro piuttosto che uccidere, non salva nessuna vita, anzi ne perde una in più, la propria; ma intuiamo che compie il suo dovere.
Tuttavia, in caso di necessità, per tutelare un bene di estrema importanza, può essere tollerata l’uccisione indiretta. È lecito, per salvare una madre, asportare l’utero malato di tumore, anche se ciò comporta la morte del bambino. Tollerare la morte non è la stessa cosa che uccidere.
CCC, 1737
Legittima difesa
[1027] Diversa, rispetto a quella dell’innocente, è la posizione dell’ingiusto aggressore.
Il precetto evangelico di porgere l’altra guancia non può essere interpretato come remissività verso qualsiasi attentato alla convivenza umana. Superando l’antica legge del taglione, Gesù vieta la ritorsione violenta: fa riferimento a casi concreti, allora assai frequenti, e chiede di rinunciare a vendicarsi di oltraggi, estorsioni, soprusi, seccature, cercando piuttosto di conquistare con generosa magnanimità il cuore dell’avversario
nota
Cf. Mt 5,38-42.
. Propriamente il precetto della non violenza proibisce la vendetta per il male subìto; non riguarda la legittima difesa, rivolta a impedire che il male venga commesso.
Secondo l’insegnamento tradizionale della Chiesa, la difesa da un ingiusto aggressore è lecita, a volte perfino doverosa, purché sia proporzionata ai beni minacciati e alla gravità del pericolo; anzi, in caso di rischio imminente per la vita propria o di altre persone innocenti e in assenza di una diversa via di uscita, può arrivare anche all’uccisione dell’ingiusto aggressore.
Pena di morte
[1028]  Con riferimento a qualche testo biblico
nota
Cf. Rm 13,4.
, di solito è stato riconosciuto all’autorità pubblica il diritto di comminare la pena di morte ai delinquenti, identificati come responsabili di gravissimi delitti dopo un regolare processo. Oggi l’accresciuta consapevolezza riguardo alla dignità di ogni uomo, ancorché criminale, induce ad abolire questa pena. L’unica ragione che si potrebbe addurre per giustificarla, cioè l’assenza di concrete alternative per la legittima difesa della società, viene di fatto a mancare in uno stato moderno organizzato.
Tantomeno questa pena può essere utilizzata lecitamente come deterrente contro l’espandersi della criminalità. Anzi, il carcere stesso deve essere umanizzato e deve mirare alla rieducazione, e, ove possibile, al reinserimento nella società.
Questa sensibilità per la dignità e il valore della persona umana esprime in maniera più adeguata la visione biblica dell’uomo e della misericordia di Dio verso il peccatore: «Come è vero ch’io vivo - oracolo del Signore Dio - io non godo della morte dell’empio, ma che l’empio desista dalla sua condotta e viva» (Ez 33,11).
Aborto
[1029]  Non può certo essere considerato un ingiusto aggressore l’individuo 26-491.pngumano appena formato nel grembo materno, così da poterne giustificare la soppressione diretta con l’aborto. «La vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; l’aborto e l’infanticidio sono delitti abominevoli»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 51.
. La pena della scomunica sottolinea la gravità e il pericolo di una facile diffusione dell’aborto.
L’ovulo fecondato ha immediatamente una sua autonomia biologica, in quanto possiede un programma genetico scritto nel DNA dei cromosomi, in base al quale realizzerà il successivo sviluppo fisico e psichico. Dipende dalla madre per il nutrimento e la protezione, ma non è parte del suo corpo, né una sua proprietà. Non hanno solido fondamento i tentativi di datare l’ominizzazione dopo le prime due settimane, in cui l’embrione può dividersi per dare origine ai gemelli, o più tardi ancora, dopo la formazione della corteccia cerebrale. L’unica cosa sicura è la perfetta continuità biologica dal concepimento alla nascita, dalla nascita alla morte.
Basta questo per esigere il rispetto della vita appena concepita: nessuno può permettersi di uccidere un individuo, anche solo nel dubbio che si tratti di un uomo. La tradizione cristiana, malgrado le diverse opinioni teologiche circa il momento della creazione dell’anima, ha sempre condannato senza esitazione l’aborto.
26-492.png Inconsistenti appaiono le teorie, secondo cui il feto non sarebbe ancora uomo, perché non è cosciente o non è ancora inserito nella società. Neppure un bambino appena nato è pienamente cosciente; un cerebroleso non lo diventa mai; un addormentato cessa di esserlo temporaneamente. Quanto alla società, non ha certo il potere di stabilire chi è uomo e chi non lo è.
Eventuali motivi di equilibrio psichico della madre o di equilibrio familiare e sociale passano in secondo ordine rispetto al dovere di rispettare la vita e devono trovare soluzioni compatibili con esso. L’aborto non è un diritto per nessuno. La legge civile non può rendere onesto quello che non lo è. Anziché autorizzare in determinati casi l’interruzione volontaria della gravidanza, dovrebbe piuttosto riconoscere il diritto dei piccoli indifesi a una speciale cura e protezione, prima e dopo la nascita.
La comunità cristiana rifiuta con fermezza l’aborto e ogni connivenza con la mentalità abortista, ma sa pure di dover essere segno della misericordia di Dio, che non esclude nessuno. Deve esserlo anche mediante una concreta accoglienza sia delle madri in difficoltà sia di quanti fossero caduti in tale peccato, magari per pressioni psicologiche o sociali, per smarrimento o debolezza.
Manipolazioni genetiche
[1030] Il rispetto dovuto alla persona umana consente gli interventi sull’embrione umano solo a scopo terapeutico. Non tollera la manipolazione genetica delle cellule germinali, che aprirebbe la strada a uno sconvolgimento della specie. Esige massima prudenza anche nel modificare il patrimonio genetico delle specie animali e vegetali, per non turbare in modo irreparabile gli ecosistemi assai complessi.
CCC, 2292-2295
Trapianti
[1031]  La dignità dell’uomo postula che sia salvaguardata la sua integrità 26-493.pngfisica. Tuttavia è lecito amputare una parte per la salute di tutto l’organismo o donare un organo a chi ne abbia necessità, purché non si tratti di trapiantare un organo singolo e vitale come il cuore, nel qual caso il prelievo deve avvenire solo dopo accertata la morte del donatore. La donazione di organi è una nuova via che si apre per la solidarietà e la carità; occorre però combattere ogni tentazione di vergognoso commercio. È necessario a questo riguardo educare le coscienze e promuovere un’adeguata legislazione.
CCC, 2296
Suicidio
[1032] È da considerare un grave disordine il suicidio, che implica il rifiuto del dono di Dio e del compito da lui affidato. Molto spesso però ai suicidi manca la piena responsabilità, a causa dell’angoscia opprimente e del crollo delle energie psichiche. Per questo oggi si concedono spesso anche le esequie religiose.
Eutanasia
[1033] Disordine delittuoso è anche l’eutanasia vera e propria, che consiste nella soppressione indolore, direttamente voluta, di una vita giudicata non più degna di essere vissuta, di solito a motivo di qualche malattia dolorosa e inguaribile. Un eventuale sentimento soggettivo di pietà in colui che la compie non potrebbe cambiarne la qualità morale negativa.
Terapia del dolore
[1034] Non vanno però confuse con l’eutanasia le cure terminali che mirano ad alleviare il dolore, anche se indirettamente possono a volte abbreviare la vita. Esse sono lecite per motivi proporzionati. Non bisogna comunque dimenticare che l’aiuto migliore per i morenti rimane l’accompagnamento personale, pieno di carità e di speranza. Un volto e una mano amica non possono essere surrogati dalle apparecchiature sofisticate.
Accanimento terapeutico
[1035] Neppure la rinuncia al cosiddetto “accanimento terapeutico” va confusa con l’eutanasia. Le cure enormemente costose e senza consistenti vantaggi per il paziente vengono omesse lecitamente e perfino doverosamente. Il malato ha diritto a morire con dignità.
[1036] «Se possibile, per quanto questo dipende da voi, vivete in pace con tutti... Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male» (Rm 12,1821).

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