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CATECHISMO DEGLI ADULTI

Catechismo degli Adulti

2. Dare senso alla sofferenza

Rifiuto della sofferenza
[1020] Fa parte della mentalità di chi è cresciuto nella civiltà del benessere rivendicare il diritto alla felicità, a un’elevata qualità della vita. Non si deve più soffrire. Se capita una malattia, ci deve essere una soluzione; la scienza deve trovarla. Si fa eccessivo consumo di farmaci; si ricorre con ossessiva frequenza agli esami clinici. Basta una qualsiasi contrarietà a rendere nervosi e tristi. Timore ed ansia fanno diradare le relazioni sociali intorno al malato grave e alla sua famiglia. Si arriva a dichiarare che accettare la sofferenza è immorale. Non si è capaci di dare un senso a questa esperienza umana fondamentale. Ma quale senso può avere la sofferenza?
Pazienza cristiana
[1021]  Il cristiano guarda realisticamente alla malattia e alla morte 26-488.png come a un male; anzi vede in queste tragiche realtà un’alienazione, carica di tutta la violenza del Maligno e capace di portare alla chiusura in se stessi, alla ribellione e alla disperazione. Non considera però il dolore una pura perdita, non tenta fughe illusorie, né si limita a subirlo fatalisticamente. Messo alle strette dalla sofferenza, continua a credere nella vita e nel suo valore. «Non è affatto un dolore la tempesta dei mali presenti per coloro che ripongono la loro fiducia nei beni futuri. Per questo non ci turbano le avversità, né ci piegano»
nota
San Cipriano di Cartagine, A Demetriano, 18.
.
La pazienza è una lotta piena di fiducia. Da una parte il cristiano mette in opera tutte le risorse per eliminare la malattia, per liberare se stesso e gli altri. Dall’altra trova nella sofferenza un’occasione privilegiata di crescere in umanità e di realizzarsi a un livello più alto. Se non gli è possibile guarire, cerca di vivere ugualmente; non si limita a sopravvivere. Affronta la situazione con coraggio, dignità e serenità; mantiene la speranza, il gusto dell’amicizia e delle cose belle; confida nella misteriosa fecondità del suo atteggiamento.
Sperimentando nella malattia la propria impotenza, l’uomo di fede riconosce di essere radicalmente bisognoso di salvezza. Si accetta come creatura povera e limitata. Si affida totalmente a Dio. Imita Gesù Cristo e lo sente personalmente vicino. Abbracciando la croce, sa di abbracciare il Crocifisso. Unito a lui, diventa segno efficace della sua presenza e strumento di salvezza per gli altri
nota
Cf. Col 1,24.
: «Ogni uomo, nella sua sofferenza, può diventare partecipe della sofferenza redentiva di Cristo»
nota
Giovanni Paolo II, Salvifici doloris, 19.
.
CdA, 130-132
CONFRONTAVAI
CdA 373-374
CONFRONTAVAI
CdA 855-856
CONFRONTAVAI
Alcune attenzioni
[1022]  La sofferenza costituisce una sfida a crescere nella fede e nell’amore; ne è la verifica più sicura: «L’amore vero e puro si dimostra fra mille pene... Chi vuol l’amore, cerchi il patire»
nota
Santa Veronica Giuliani, Diario, 26.12.1694.
. Una volta scoperta questa grande possibilità, si può essere perfino «afflitti, ma sempre lieti» (2Cor 6,10). Così il male è vinto dall’interno, sperimentandolo. Nell’apparente fallimento ci realizziamo più che mai. Occorre però assumere consapevolmente la propria situazione. Per questo in linea di principio è bene che un malato conosca la dura verità della sua malattia. Magari la prudenza consiglierà di manifestarla gradualmente e allusivamente, cercando di prevenire il più possibile il pericolo di scoraggiamento e di depressione.
[1023] Nella prospettiva di un rispetto incondizionato per la persona e di una valorizzazione della stessa sofferenza si collocano alcune particolari attenzioni. I disabili devono essere accolti e inseriti il più possibile nel vivo delle relazioni familiari, ecclesiali e sociali. Gli anziani vanno apprezzati per la loro esperienza e aiutati con un’adeguata assistenza e con iniziative capaci di suscitare il loro interesse. Meritano grande considerazione le professioni degli operatori sanitari, compiute in spirito di servizio, l’impegno per umanizzare le istituzioni, la generosa attività del volontariato, ogni presenza amica accanto a chi soffre.
[1024] Il cristiano apprezza e ama la vita propria e degli altri, anche quando è sfigurata dalla sofferenza e appare assurda. Anzi, nella povertà e nella debolezza riconosce una speciale presenza di Cristo e una possibilità preziosa di crescita e di fecondità spirituale.

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