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CATECHISMO DEGLI ADULTI

Catechismo degli Adulti

Istituzione divina
[511] Del ministero apostolico partecipano quei credenti che vengono scelti perché siano rappresentanti di Cristo pastore e in suo nome sostengano la vita di fede e di carità di tutti i fedeli attraverso la predicazione della Parola, la celebrazione dei sacramenti, la guida della comunità, nella continuità della tradizione apostolica. La funzione ecclesiale, che viene loro affidata, è tale da polarizzare tutta la loro esistenza e determinare il loro modo di essere cristiani, il loro genere di vita.
CCC, 551CCC 858-860CCC 877
[512]  Già durante il ministero pubblico di Gesù, i Dodici sono stati associati alla sua missione e inviati ad annunciare il regno di Dio e a porre in atto i segni della sua venuta, condividendo lo stesso stile di vita del Maestro
nota
Cf. Mt 10,5-10.
. Si trattava di un preludio della missione definitiva e universale, che avrebbero ricevuto in seguito con il potere di “legare e sciogliere”
nota
Cf. Mt 18,18.
. Di fatto ricevono dal Signore risorto il grande mandato missionario: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,18-20). Ma come potranno svolgere la loro opera dovunque e sempre, se non attraverso dei collaboratori e dei successori?
CdA, 201-204
CONFRONTAVAI
[513]  Nella Chiesa delle origini gli apostoli occupano il primo posto tra 12-249.pngtutti i carismi. Sono i testimoni ufficiali del Risorto; i suoi ambasciatori, inviati con la forza dello Spirito Santo e accreditati con i miracoli; i dispensatori dei doni di Dio; i ministri della riconciliazione.
Formano un collegio, presieduto da Pietro, e guidano insieme il cammino iniziale della prima comunità di Gerusalemme. Cresce però in fretta il numero dei credenti ed essi sentono il bisogno di associarsi dei collaboratori. Creano prima sette responsabili per una parte della comunità, quella di lingua e cultura greca, che presto verrà perseguitata e cacciata dalla città
nota
Cf. At 6,1-6.
. Affidano poi l’altra parte, quella di cultura ebraica, a Giacomo, cugino del Signore, coadiuvato da un collegio di presbìteri, secondo il modello delle sinagoghe. Giacomo, la prima figura conosciuta di pastore unico a capo di una comunità locale, morirà martire e avrà come successore Simeone, un altro cugino di Gesù.
[514]  Le comunità che man mano si aggiungono a quella di Gerusalemme hanno anch’esse dei responsabili: ad Antiòchia cinque «profeti e dottori» (At 13,1); nelle città dell’Asia Minore un collegio di presbìteri stabiliti dallo Spirito Santo attraverso gli apostoli; a Filippi «i vescovi e i diaconi» (Fil 1,1); a Tessalonica i «preposti nel Signore» (1Ts 5,12); altrove «pastori e maestri» (Ef 4,11). I titoli non sono ancora precisi e ufficiali e variano da un ambiente all’altro. Nell’insieme però appare abbastanza chiaro che le comunità sono guidate da un collegio di responsabili, sotto l’autorità dell’apostolo fondatore.
[515]  Con l’andar del tempo gli apostoli avvertono la necessità di una successione: «Istituirono i vescovi e i diaconi e diedero ordine che, quando costoro fossero morti, altri uomini provati succedessero nel loro ministero»
nota
San Clemente di Roma, Lettera ai Corinzi, 44, 2.
. Essi stessi passano le consegne ai loro discepoli più fidati. Questo passaggio è documentato nelle lettere pastorali, attribuite a Paolo, in cui le comunità risultano affidate a un collegio di presbìteri, coadiuvati dai diaconi, sotto la guida di un evangelizzatore, discepolo dell’apostolo, anello sicuro di una catena destinata a prolungarsi: «Le cose che hai udite da me in presenza di molti testimoni, trasmettile a persone fidate, le quali siano in grado di ammaestrare a loro volta anche altri» (2Tm 2,2).
Poco più tardi Ignazio di Antiòchia attesta che ogni comunità, «fino ai confini della terra», è governata da un solo vescovo; anzi afferma che senza il vescovo, il collegio dei presbìteri e i diaconi, non ci può essere una vera Chiesa
nota
Cf. Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai cristiani di Tralle, 3, 1; Id., Lettera agli Efesini, 3, 2.
. Poi, durante il secondo secolo, vengono compilati, per le singole Chiese, gli elenchi dei vescovi risalenti fino agli apostoli.
Da allora la struttura gerarchica della Chiesa è rimasta immutata e i vescovi presiedono le comunità come successori degli apostoli, con l’aiuto dei presbìteri e dei diaconi.
Questa linea di sviluppo offre sicuro fondamento alla dottrina cattolica, che è così sintetizzata dal concilio Vaticano II: «Per istituzione divina i vescovi sono succeduti agli apostoli quali pastori della Chiesa»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 20.
.
Successori degli apostoli
[516]  Il senso di questa successione va precisato. Gli apostoli, con la loro testimonianza diretta e originaria su Cristo, pongono il fondamento della Chiesa una volta per sempre. I pastori, che collaborano con loro e poi prendono il loro posto, curano che la costruzione dell’edificio prosegua sul medesimo fondamento: «Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio... Io so che dopo la mia partenza entreranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino di mezzo a voi sorgeranno alcuni ad insegnare dottrine perverse per attirare discepoli dietro di sé» (At 20,28-30). Il Signore ha stabilito «pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo», perché non siano più «come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina» e possano vivere «secondo la verità nella carità» (Ef 4,11-1214-15).
I pastori succedono dunque agli apostoli, in quanto custodiscono e trasmettono fedelmente la loro testimonianza, «il buon deposito» (2Tm 1,14), con la grazia dello Spirito Santo, per consentire a tutti i credenti di rivivere l’esperienza originaria e di essere veramente Chiesa di Cristo.
CCC, 861-862
Il carisma dell’autorità
[517]  In concreto alimentano la fede e la carità di tutti i credenti con il servizio della Parola e la celebrazione dei sacramenti; verificano e coordinano i vari carismi, in una disciplina ordinata, che sia segno visibile della comunione in Cristo. Fanno questo con l’autorità ricevuta «per edificare» (2Cor 13,10), cioè per radunare il popolo di Dio. Anzi, hanno avuto un carisma particolare dallo Spirito Santo, attraverso il rito sacramentale dell’ordinazione, come dice la seconda Lettera a Timòteo: «Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani» (2Tm 1,6)
nota
Cf. 1Tm 4,14.
.
CCC, 894-895
Segno e presenza di Cristo pastore
[518] La missione da svolgere contribuisce a individuare l’identità dei ministri ordinati. Questa però è connotata essenzialmente dal loro rapporto con Cristo.
In virtù del sacramento essi diventano rappresentanti di Cristo, pastore e servo, nella triplice funzione profetica, regale e sacerdotale. Come il Padre ha mandato il Figlio e si è manifestato attraverso di lui, così Gesù manda i suoi discepoli e si rende presente attraverso di loro. Colui che invia, viene lui stesso insieme con coloro che sono inviati. Essi non sono semplici delegati, ma segno visibile ed efficace della sua presenza. Non sono intermediari, ma consentono di incontrare in modo umano l’unico mediatore. Non solo lo rappresentano, ma lo ripresentano. Quello che Gesù diceva riferendosi al Padre, essi lo possono ripetere in riferimento a Gesù: «Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo» (Gv 8,29).
CCC, 886CCC 888-896CCC 1548-1549CdA, 719-720
CONFRONTAVAI
In unione a Cristo rappresentanti della Chiesa
[519] Mentre rappresentano Cristo di fronte alla Chiesa, rappresentano in unione a Cristo la Chiesa davanti al Padre e intercedono per lei. La rappresentano anche davanti agli uomini, in quanto costituiscono il fondamento visibile della sua unità e fedeltà evangelica. Si tratta di una rappresentanza sacramentale in virtù dello Spirito e non di una rappresentanza in senso democratico. I ministri ordinati ricevono il potere da Cristo, non dalla comunità. Non sono delegati di essa, neppure quando vengono designati con la sua partecipazione.
Ciò non vuol dire che debbano agire in maniera autoritaria, senza consultare nessuno. Al contrario devono farsi interpreti e servitori della vita della Chiesa, in piena fedeltà al vangelo. Le decisioni devono maturare in un clima di preghiera, di fraternità, di ascolto reciproco e di conversione al Signore da parte di tutti, pastori compresi. Se è vero che i pastori non sono dalla Chiesa, sono però per la Chiesa e nella Chiesa. Rimangono cristiani come gli altri, ascoltano la parola che predicano e ricevono l’eucaristia che distribuiscono. Inoltre devono esercitare il loro ministero in una prassi di comunione, valorizzando gli altri carismi e ministeri: «I vescovi non devono solo insegnare, ma anche imparare»
nota
San Cipriano di Cartagine, Lettere, 74, 10, 1.
.
CCC, 1552-1553
Spiritualità caratteristica
[520]  L’ordinazione sacramentale, mentre costituisce i pastori 12-252.pngrappresentanti di Cristo e della Chiesa, li abilita e li impegna ad assumere uno stile di vita conforme a quello del primo Pastore. Per essere segno vivo e trasparente di lui, devono condividere la sua carità, fino a dare la vita per le pecore. Per farsi «modelli del gregge» (1Pt 5,3) e per guidarlo alla santità, è necessario che siano uomini spirituali e comunichino ai fratelli anche un’esperienza personale di Dio. Ai suoi principali collaboratori, inviati a proclamare e instaurare il regno di Dio, Gesù ha chiesto di seguirlo da vicino, liberi dai legami affettivi e dagli interessi, contenti solo del necessario, generosi nel servizio.
I ministri ordinati sono chiamati a vivere la radicalità evangelica con motivazioni diverse rispetto alle persone di vita consacrata, non propriamente per essere segno dell’uomo nuovo escatologico, ma per rappresentare al vivo Cristo pastore che dà se stesso per il suo gregge
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 25.
. Intercessori con Cristo presso il Padre a favore della comunità, guide spirituali e pastorali dei fedeli in nome di Cristo, devono immergersi nella contemplazione del mistero ed esercitare il loro servizio con zelo appassionato e paziente, con stile di comunione e missionario
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 41.
.
CCC, 896CCC 1550CdA, 721
CONFRONTAVAI
Tre gradi del ministero
[521]  Fin dai primi tempi si distinguono nella Chiesa diverse figure di pastori. Il ministero pastorale è di istituzione divina e «viene esercitato in ordini diversi da coloro che già in antico vengono chiamati vescovi, presbìteri, diaconi»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 28; cf. Concilio di Trento, Sess. XXIII, Dottr. Sul sacramento dell’ordine, Can. 6 - DS 1776.
.
CCC, 1554-1571
Il vescovo
[522]  Il vescovo possiede la «pienezza del sacerdozio»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 41.
. In nome di Cristo, non come delegato del papa o dei fedeli, governa la sua Chiesa diocesana e la rappresenta,
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 27.
in quanto ne è «il principio visibile e il fondamento dell’unità»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 23.
. Deve però esercitare la sua autorità come un servizio, valorizzando la corresponsabilità dei presbìteri, dei diaconi e di tutto il popolo, secondo i doni e i compiti di ciascuno. Essendo anche responsabile dell’evangelizzazione in tutto il mondo, deve tenere desta la coscienza missionaria della sua Chiesa sia verso il proprio territorio sia verso i popoli lontani
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Ad gentes, 20; 38.
.
Il presbitero
[523]  «I presbìteri, pur non possedendo il vertice del sacerdozio, ma dipendendo dai vescovi nell’esercizio della loro potestà, sono tuttavia congiunti a loro nella dignità sacerdotale. In virtù del sacramento dell’ordine e ad immagine di Cristo sommo ed eterno sacerdote, sono consacrati per predicare il vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino, quali veri sacerdoti della nuova alleanza»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 28.
. È loro compito sia educare i singoli cristiani alla maturità della fede sia formare un’autentica comunità cristiana, come fraternità viva e unita, con una ordinata varietà di vocazioni e di servizi
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 6.
. Consacrati per essere «premurosi collaboratori dell’ordine episcopale..., costituiscono insieme col loro vescovo un unico presbiterio»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 28.
, sia pure con molteplici uffici. Strettamente uniti al vescovo, «lo rendono in un certo senso presente nelle singole comunità dei fedeli»
nota
Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 5.
e in unità con lui presiedono la santa liturgia e soprattutto l’eucaristia che è il centro del loro ministero. Attraverso la quotidiana fedeltà alla loro missione, crescono nella carità e danno testimonianza alla vicinanza di Dio, «imitando ciò che amministrano»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 41.
.
CdA, 723
CONFRONTAVAI
Il diacono
[524]  I diaconi sono ordinati «non per il sacerdozio», cioè per offrire a nome di Cristo il sacrificio eucaristico, «ma per servire»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 29.
, sia nella liturgia che nella predicazione e nella pastorale della carità. Sono gli «incaricati della diaconìa di Gesù Cristo»
nota
Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai cristiani di Magnesia, 6, 1.
. In concreto possono svolgere molte funzioni: leggere la Sacra Scrittura, istruire il popolo, dare il battesimo, distribuire l’eucaristia, benedire il matrimonio, celebrare il rito funebre, guidare assemblee di preghiera, promuovere iniziative di carità, animare settori di pastorale o piccole comunità ecclesiali, gestire l’amministrazione economica. Al di là delle attività concrete, la loro stessa presenza è un dono, in quanto costituisce un segno sacramentale di Cristo servo e promuove la vocazione a servire, comune a tutto il popolo di Dio. In nome di Cristo e con la grazia del suo Spirito, servono e provocano a servire. Ricordano anche agli altri due gradi dell’ordine sacro che la loro missione è un servizio. È significativo che, per diventare presbìteri e vescovi, secondo la disciplina della Chiesa, si debba ricevere prima il diaconato. Il concilio Vaticano II ha dato nuovo rilievo a questo ministero, ripristinando il diaconato permanente, al quale possono accedere uomini celibi e sposati.
[525] Eredi degli apostoli, segno e presenza di Cristo pastore, in suo nome e con la sua autorità, i vescovi, coadiuvati dai presbiteri e dai diaconi, predicano la parola di Dio, celebrano i sacramenti, guidano la comunità cristiana.
Sono chiamati a svolgere questa missione animati dalla carità pastorale, in un clima di preghiera e secondo uno stile di radicalità evangelica.

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