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CATECHISMO CHIESA CATTOLICA
LEV Libreria Editrice Vaticana

Catechismo Chiesa Cattolica

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II. « A lui solo rendi culto »


II. « A lui solo rendi culto »
  2095 Le virtù teologali della fede, della speranza e della carità informano e vivificano le virtù morali. Così la carità ci porta a rendere a Dio ciò che in tutta giustizia gli dobbiamo in quanto creature. La virtù della religione ci dispone a tale atteggiamento.
CdA 880-891
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L’adorazione
  2096 Della virtù della religione, l’adorazione è l’atto principale. Adorare Dio è riconoscerlo come Dio, come Creatore e Salvatore, Signore e Padrone di tutto ciò che esiste, Amore infinito e misericordioso. « Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai » (), dice Gesù, citando il Deuteronomio ().
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Lc 4,8Dt 6,13
  2097 Adorare Dio è riconoscere, nel rispetto e nella sottomissione assoluta, il « nulla della creatura », la quale non esiste che da Dio. Adorare Dio – come fa Maria nel « Magnificat » – è lodarlo, esaltarlo e umiliare se stessi, confessando con gratitudine che egli ha fatto grandi cose e che santo è il suo nome.
nota
(32) Cf .
L’adorazione del Dio unico libera l’uomo dal ripiegamento su se stesso, dalla schiavitù del peccato e dall’idolatria del mondo.
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Lc 1,46-49
La preghiera
  2098 Gli atti di fede, di speranza e di carità prescritti dal primo comandamento si compiono nella preghiera. L’elevazione dello spirito verso Dio è un’espressione della nostra adorazione di Dio: preghiera di lode e di rendimento di grazie, d’intercessione e di domanda. La preghiera è una condizione indispensabile per poter obbedire ai comandamenti di Dio. Bisogna « pregare sempre, senza stancarsi » ().
Il sacrificio
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Lc 18,1
  2099 È giusto offrire sacrifici a Dio in segno di adorazione e di riconoscenza, di implorazione e di comunione: « Ogni azione compiuta per aderire a Dio rimanendo con lui in comunione, e poter così essere nella gioia, è un vero sacrificio ».
nota
(33) Sant’Agostino, De civitate Dei, 10, 6: CSEL 401, 454-455 (PL 41, 283).
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  2100 Per essere autentico, il sacrificio esteriore deve essere espressione del sacrificio spirituale: « Uno spirito contrito è sacrificio... » (). I profeti dell’Antica Alleanza spesso hanno denunciato i sacrifici compiuti senza partecipazione interiore
nota
(34) Cf .
o disgiunti dall’amore del prossimo.
nota
(35) Cf .
Gesù richiama le parole del profeta Osea: « Misericordia io voglio, non sacrificio » (; ).
nota
(36) Cf .
L’unico sacrificio perfetto è quello che Cristo ha offerto sulla croce in totale oblazione all’amore del Padre e per la nostra salvezza.
nota
(37) Cf .
Unendoci al suo sacrificio, possiamo fare della nostra vita un sacrificio a Dio.
Promesse e voti
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Sal 51,19Am 5,21-25Is 1,10-20Mt 9,1312,7Os 6,6Eb 9,13-14
  2101 In parecchie circostanze il cristiano è chiamato a fare delle promesse a Dio. Il Battesimo e la Confermazione, il Matrimonio e l’Ordinazione sempre ne comportano. Per devozione personale il cristiano può anche promettere a Dio un’azione, una preghiera, un’elemosina, un pellegrinaggio, ecc. La fedeltà alle promesse fatte a Dio è un’espressione del rispetto dovuto alla divina maestà e dell’amore verso il Dio fedele.
  2102 « Il voto, ossia la promessa deliberata e libera di un bene possibile e migliore fatta a Dio, deve essere adempiuto per la virtù della religione ».
nota
(38) CIC canone 1191, § 1.
Il voto è un atto di devozione, con cui il cristiano offre se stesso a Dio o gli promette un’opera buona. Mantenendo i suoi voti, egli rende pertanto a Dio ciò che a lui è stato promesso e consacrato. Gli Atti degli Apostoli ci presentano san Paolo preoccupato di mantenere i voti da lui fatti.
nota
(39) Cf .
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At 18,1821,23-24
  2103 La Chiesa riconosce un valore esemplare ai voti di praticare i consigli evangelici:
nota
(40) Cf CIC canone 654.
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« Si rallegra la Madre Chiesa di trovare nel suo seno molti uomini e donne, che seguono più da vicino l’annientamento del Salvatore e più chiaramente lo mostrano, abbracciando la povertà nella libertà dei figli di Dio e rinunciando alla propria volontà: essi, cioè, in ciò che riguarda la perfezione, si sottomettono a un uomo per Dio, al di là della stretta misura del precetto, al fine di conformarsi più pienamente a Cristo obbediente ».
nota
(41) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium , 42: AAS 57 (1965) 48-49.
In certi casi, la Chiesa può, per congrue ragioni, dispensare dai voti e dalle promesse.
nota
(42) Cf CIC canoni 692. 1196-1197.
Il dovere sociale della religione
e il diritto alla libertà religiosa
  2104 « Tutti gli uomini sono tenuti a cercare la verità, specialmente in ciò che riguarda Dio e la sua Chiesa, e, una volta conosciuta, ad abbracciarla e custodirla ».
nota
(43) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 1: AAS 58 (1966) 930.
È un dovere che deriva dalla « stessa natura » degli uomini.
nota
(44) Cf Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 2: AAS 58 (1966) 931.
Non si contrappone ad un sincero rispetto per le diverse religioni, le quali « non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini »,
nota
(45) Concilio Vaticano II, Dich. Nostra aetate, 2: AAS 58 (1966) 741.
né all’esigenza della carità, che spinge i cristiani « a trattare con amore, prudenza e pazienza gli uomini che sono nell’errore o nell’ignoranza circa la fede ».
nota
(46) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 14: AAS 58 (1966) 940.
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  2105 Il dovere di rendere a Dio un culto autentico riguarda l’uomo individualmente e socialmente. È « la dottrina cattolica tradizionale sul dovere morale dei singoli e delle società verso la vera religione e l’unica Chiesa di Cristo ».
nota
(47) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 1: AAS 58 (1966) 930.
Evangelizzando senza posa gli uomini, la Chiesa si adopera affinché essi possano « informare dello spirito cristiano la mentalità e i costumi, le leggi e le strutture della comunità »
nota
(48) Concilio Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem, 13: AAS 58 (1966) 849.
in cui vivono. Il dovere sociale dei cristiani è di rispettare e risvegliare in ogni uomo l’amore del vero e del bene. Richiede loro di far conoscere il culto dell’unica vera religione che sussiste nella Chiesa cattolica ed apostolica.
nota
(49) Cf Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 1: AAS 58 (1966) 930.
I cristiani sono chiamati ad essere la luce del mondo.
nota
(50) Cf Concilio Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem, 13: AAS 58 (1966) 850.
La Chiesa in tal modo manifesta la regalità di Cristo su tutta la creazione e in particolare sulle società umane.
nota
(51) Cf Leone XIII, Lett. enc. Immortale Dei: Leonis XIII Acta, 5, 118-150; Pio XI, Lett enc. Quas primas: AAS 17 (1925) 593-610.
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  2106 « Che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza, né impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità alla sua coscienza privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata ».
nota
(52) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 2: AAS 58 (1966) 930; cf Id., Cost. past. Gaudium et spes, 26: AAS 58 (1966) 1046.
Tale diritto si fonda sulla natura stessa della persona umana, la cui dignità la fa liberamente aderire alla verità divina che trascende l’ordine temporale. Per questo « perdura anche in coloro che non soddisfano all’obbligo di cercare la verità e di aderire ad essa ».
nota
(53) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 2: AAS 58 (1966) 931.
  2107 « Se, considerate le circostanze peculiari dei popoli, nell’ordinamento giuridico di una società viene attribuito ad una comunità religiosa uno speciale riconoscimento civile, è necessario che nello stesso tempo a tutti i cittadini e comunità religiose venga riconosciuto e rispettato il diritto alla libertà in materia religiosa ».
nota
(54) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae , 6: AAS 58 (1966) 934.
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  2108 Il diritto alla libertà religiosa non è né la licenza morale di aderire all’errore,
nota
(55) Cf Leone XIII, Lett. enc. Libertas praestantissimum: Leonis XIII Acta, 8, 229-230.
né un implicito diritto all’errore,
nota
(56) Cf Pio XII, Discorso ai partecipanti al quinto Convegno nazionale Italiano dell’Unione dei Giuristi cattolici (6 dicembre 1953): AAS 45 (1953) 799.
bensì un diritto naturale della persona umana alla libertà civile, cioè all’immunità da coercizione esteriore, entro giusti limiti, in materia religiosa, da parte del potere politico. Questo diritto naturale deve essere riconosciuto nell’ordinamento giuridico della società così che divenga diritto civile.
nota
(57) Cf Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 2: AAS 58 (1966) 930-931.
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  2109 Il diritto alla libertà religiosa non può essere di per sé né illimitato,
nota
(58) Cf Pio VI, Breve Quod aliquantum (10 marzo 1791): Collectio Brevium atque Instructionum SS. D. N. Pii Papae VI, quae ad praesentes Ecclesiae Catholicae in Gallia [...] calamitates pertinent (Roma 1800) p. 54-55.
né limitato semplicemente da un ordine pubblico concepito secondo un criterio « positivistico » o « naturalistico ».
nota
(59) Cf Pio IX, Lett. enc. Quanta cura: DS 2890.
I « giusti limiti » che sono inerenti a tale diritto devono essere determinati per ogni situazione sociale con la prudenza politica, secondo le esigenze del bene comune, e ratificati dall’autorità civile secondo « norme giuridiche conformi all’ordine morale oggettivo ».
nota
(60) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 7: AAS 58 (1966) 935.
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