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CATECHISMO CHIESA CATTOLICA
LEV Libreria Editrice Vaticana

Catechismo Chiesa Cattolica

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VII. Gli atti del penitente


VII. Gli atti del penitente
  1450 « La penitenza induce il peccatore a sopportare di buon animo ogni sofferenza; nel suo cuore vi sia la contrizione, nella sua bocca la confessione, nelle sue opere tutta l’umiltà e la feconda soddisfazione ».
nota
(42) Catechismo Romano, 2, 5, 21: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 299; cf Concilio di Trento, Sess. 14a, Doctrina de sacramento Paenitentiae, c. 3: DS 1673.
La contrizione
CdA 701-711
CONFRONTAVAI
  1451 Tra gli atti del penitente, la contrizione occupa il primo posto. Essa è « il dolore dell’animo e la riprovazione del peccato commesso, accompagnati dal proposito di non peccare più in avvenire ».
nota
(43) Concilio di Trento, Sess. 14a, Doctrina de sacramento Paenitentiae, c. 4: DS 1676.
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  1452 Quando proviene dall’amore di Dio amato sopra ogni cosa, la contrizione è detta « perfetta » (contrizione di carità). Tale contrizione rimette le colpe veniali; ottiene anche il perdono dei peccati mortali, qualora comporti la ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale.
nota
(44) Cf Concilio di Trento, Sess. 14a, Doctrina de sacramento Paenitentiae, c. 4: DS 1677.
  1453 La contrizione detta « imperfetta » (o « attrizione ») è, anch’essa, un dono di Dio, un impulso dello Spirito Santo. Nasce dalla considerazione della bruttura del peccato o dal timore della dannazione eterna e delle altre pene la cui minaccia incombe sul peccatore (contrizione da timore). Quando la coscienza viene così scossa, può aver inizio un’evoluzione interiore che sarà portata a compimento, sotto l’azione della grazia, dall’assoluzione sacramentale. Da sola, tuttavia, la contrizione imperfetta non ottiene il perdono dei peccati gravi, ma dispone a riceverlo nel sacramento della Penitenza.
nota
(45) Cf Concilio di Trento, Sess. 14a, Doctrina de sacramento Paenitentiae, c. 4: DS 1678; Id., Sess. 14a, Canones de sacramento Paenitentiae, canone 5: DS 1705.
  1454 È bene prepararsi a ricevere questo sacramento con un esame di coscienza fatto alla luce della Parola di Dio. I testi più adatti a questo scopo sono da cercarsi nel Decalogo e nella catechesi morale dei Vangeli e delle lettere degli Apostoli: il discorso della montagna, gli insegnamenti apostolici.
nota
(46) Cf .
La confessione dei peccati
CdA 701-711
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CdA 701-711
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CdA 701-711
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Rm 12-151Cor 12-13Gal 5Ef 4-6
  1455 La confessione dei peccati (l’accusa), anche da un punto di vista semplicemente umano, ci libera e facilita la nostra riconciliazione con gli altri. Con l’accusa, l’uomo guarda in faccia i peccati di cui si è reso colpevole; se ne assume la responsabilità e, in tal modo, si apre nuovamente a Dio e alla comunione della Chiesa al fine di rendere possibile un nuovo avvenire.
CdA 701-711
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  1456 La confessione al sacerdote costituisce una parte essenziale del sacramento della Penitenza: « È necessario che i penitenti enumerino nella confessione tutti i peccati mortali, di cui hanno consapevolezza dopo un diligente esame di coscienza, anche se si tratta dei peccati più nascosti e commessi soltanto contro i due ultimi comandamenti del Decalogo,
nota
(47) Cf .
perché spesso feriscono più gravemente l’anima e si rivelano più pericolosi di quelli chiaramente commessi »:
nota
(48) Concilio di Trento, Sess. 14a, Doctrina de sacramento Paenitentiae, c. 5: DS 1680.
CCC 1855
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Es 20,17Mt 5,28
« I cristiani [che] si sforzano di confessare tutti i peccati che vengono loro in mente, senza dubbio li mettono tutti davanti alla divina misericordia perché li perdoni. Quelli, invece, che fanno diversamente e tacciono consapevolmente qualche peccato, è come se non sottoponessero nulla alla divina bontà perché sia perdonato per mezzo del sacerdote. "Se infatti l’ammalato si vergognasse di mostrare al medico la ferita, il medico non può curare quello che non conosce" ».
nota
(49) Concilio di Trento, Sess. 14a, Doctrina de sacramento Paenitentiae , c. 5: DS 1680; cf San Girolamo, Commentarius in Ecclesiasten , 10, 11: CCL 72, 338 (PL 23, 1096).
  1457 Secondo il precetto della Chiesa, « ogni fedele, raggiunta l’età della discrezione, è tenuto all’obbligo di confessare fedelmente i propri peccati gravi, almeno una volta nell’anno ».
nota
(50) CIC canone 989; cf Concilio di Trento, Sess. 14a, Doctrina de sacramento Paenitentiae , c. 5: DS 1683; Id., Sess. 14a, Canones de sacramento Paenitentiae , canone 8: DS 1708.
Colui che è consapevole di aver commesso un peccato mortale non deve ricevere la santa Comunione, anche se prova una grande contrizione, senza aver prima ricevuto l’assoluzione sacramentale,
nota
(51) Cf Concilio di Trento, Sess. 13a, Decretum de ss. Eucharistia , c. 7: DS 1647; Ibid ., canone 11: DS 1661.
a meno che non abbia un motivo grave per comunicarsi e non gli sia possibile accedere a un confessore.
nota
(52) Cf CIC canone 916; CCEO canone 711.
I fanciulli devono accostarsi al sacramento della Penitenza prima di ricevere per la prima volta la santa Comunione.
nota
(53) Cf CIC canone 914.
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  1458 Sebbene non sia strettamente necessaria, la confessione delle colpe quotidiane (peccati veniali) è tuttavia vivamente raccomandata dalla Chiesa.
nota
(54) Cf Concilio di Trento, Sess. 14a, Doctrina de sacramento Paenitentiae, c. 5: DS 1680; CIC canone 988, § 2.
In effetti, la confessione regolare dei peccati veniali ci aiuta a formare la nostra coscienza, a lottare contro le cattive inclinazioni, a lasciarci guarire da Cristo, a progredire nella vita dello Spirito. Ricevendo più frequentemente, attraverso questo sacramento, il dono della misericordia del Padre, siamo spinti ad essere misericordiosi come lui:
nota
(55) Cf .
CdA 701-711
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Lc 6,36
« Chi riconosce i propri peccati e li condanna, è già d’accordo con Dio. Dio condanna i tuoi peccati; e se anche tu li condanni, ti unisci a Dio. L’uomo e il peccatore sono due cose distinte: l’uomo è opera di Dio, il peccatore è opera tua, o uomo. Distruggi ciò che tu hai fatto, affinché Dio salvi ciò che egli ha fatto. [...] Quando comincia a dispiacerti ciò che hai fatto, allora cominciano le tue opere buone, perché condanni le tue opere cattive. Le opere buone cominciano col riconoscimento delle opere cattive. Operi la verità, e così vieni alla Luce ».
nota
(56) Sant’Agostino, In Iohannis evangelium tractatus , 12, 13: CCL 36, 128 (PL 35, 1491).
La soddisfazione
  1459 Molti peccati recano offesa al prossimo. Bisogna fare il possibile per riparare (ad esempio restituire cose rubate, ristabilire la reputazione di chi è stato calunniato, risanare le ferite). La semplice giustizia lo esige. Ma, in più, il peccato ferisce e indebolisce il peccatore stesso, come anche le sue relazioni con Dio e con il prossimo. L’assoluzione toglie il peccato, ma non porta rimedio a tutti i disordini che il peccato ha causato.
nota
(57) Cf Concilio di Trento, Sess. 14a, Canones de sacramento Paenitentiae, canone 12: DS 1712.
Risollevato dal peccato, il peccatore deve ancora recuperare la piena salute spirituale. Deve dunque fare qualcosa di più per riparare le proprie colpe: deve « soddisfare » in maniera adeguata o « espiare » i suoi peccati. Questa soddisfazione si chiama anche « penitenza ».
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  1460 La penitenza che il confessore impone deve tener conto della situazione personale del penitente e cercare il suo bene spirituale. Essa deve corrispondere, per quanto possibile, alla gravità e alla natura dei peccati commessi. Può consistere nella preghiera, in un’offerta, nelle opere di misericordia, nel servizio del prossimo, in privazioni volontarie, in sacrifici, e soprattutto nella paziente accettazione della croce che dobbiamo portare. Tali penitenze ci aiutano a configurarci a Cristo che, solo, ha espiato per i nostri peccati
nota
(58) Cf .
una volta per tutte. Esse ci permettono di diventare coeredi di Cristo risorto, dal momento che « partecipiamo alle sue sofferenze » ():
nota
(59) Cf Concilio di Trento, Sess. 14a, Doctrina de sacramento Paenitentiae, c. 8: DS 1690.
CdA 701-711
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Rm 3,251Gv 2,1-2Rm 8,17
« Ma questa soddisfazione, che compiamo per i nostri peccati, non è talmente nostra da non esistere per mezzo di Gesù Cristo: noi, infatti, che non possiamo nulla da noi stessi, col suo aiuto "possiamo tutto in lui che ci dà la forza".
nota
(60) Cf .
Quindi l’uomo non ha di che gloriarsi; ma ogni nostro vanto è riposto in Cristo, [...] in cui offriamo soddisfazione, "facendo opere degne della conversione",
nota
(61) Cf .
che da lui traggono il loro valore, da lui sono offerte al Padre e grazie a lui sono accettate dal Padre ».
nota
(62) Concilio di Trento, Sess. 14a, Doctrina de sacramento Paenitentiae , c. 8: DS 1691.
Fil 4,13Lc 3,8

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