Catechismo Chiesa Cattolica
LEV Libreria Editrice Vaticana
Diversità liturgica e unità del mistero
Articolo 2
DIVERSITÀ LITURGICA E UNITÀ DEL MISTERO
Tradizioni liturgiche e cattolicità della Chiesa
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1201 È tale l’insondabile ricchezza del mistero di Cristo che nessuna tradizione liturgica può esaurirne l’espressione. La storia dello sbocciare e dello svilupparsi di questi riti testimonia una stupefacente complementarità. Quando le Chiese hanno vissuto queste tradizioni liturgiche in comunione tra loro nella fede e nei sacramenti della fede, si sono reciprocamente arricchite crescendo nella fedeltà alla Tradizione e alla missione comune a tutta la Chiesa.
(136) Cf Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 63-64: AAS 68 (1976) 53-55. | |
1202 Le varie tradizioni liturgiche hanno avuto origine proprio in funzione della missione della Chiesa. Le Chiese di una stessa area geografica e culturale sono giunte a celebrare il mistero di Cristo con espressioni particolari, culturalmente caratterizzate: nella tradizione del « deposito della fede »,
(137) Cf . (138) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 23: AAS 57 (1965) 28-29; Id., Decr. Unitatis redintegratio, 4: AAS 57 (1964) 95.
1203
Le tradizioni liturgiche, o riti, attualmente in uso nella Chiesa sono il rito latino (principalmente il rito romano, ma anche i riti di certe Chiese locali, come il rito ambrosiano o di certi ordini religiosi) e i riti bizantino, alessandrino o copto, siriaco, armeno, maronita e caldeo. « Il sacro Concilio, in fedele ossequio alla tradizione, dichiara che la santa Madre Chiesa considera con uguale diritto e onore tutti i riti legittimamente riconosciuti, e vuole che in avvenire essi siano conservati e in ogni modo incrementati ».
(139)
Concilio Vaticano II,
Cost.
Sacrosanctum Concilium
, 4: AAS 56 (1964) 98.
Liturgia e culture
| 2Tm 1,14 |
1204 La celebrazione della liturgia deve quindi corrispondere al genio e alla cultura dei diversi popoli.
(140) Cf Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 37-40: AAS 56 (1964) 110-111. (141) Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, 53: AAS 71 (1979) 1319-1321. | Rm 16,26 |
1205 « Nella liturgia, e segnatamente in quella dei sacramenti, c’è una parte immutabile, perché di istituzione divina, di cui la Chiesa è custode, e ci sono parti suscettibili di cambiamento, che essa ha il potere, e talvolta anche il dovere, di adattare alle culture dei popoli recentemente evangelizzati ».
(142) Giovanni Paolo II, Lett. ap. Vicesimus quintus annus, 16: AAS 81 (1989) 912-913; cf Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 21: AAS 56 (1964) 105-106.
1206 « La diversità liturgica può essere fonte di arricchimento, ma può anche provocare tensioni, reciproche incomprensioni e persino scismi. In questo campo è chiaro che la diversità non deve nuocere all’unità. Essa non può esprimersi che nella fedeltà alla fede comune, ai segni sacramentali, che la Chiesa ha ricevuto da Cristo, e alla comunione gerarchica. L’adattamento alle culture esige anche una conversione del cuore e, se è necessario, anche rotture con abitudini ancestrali incompatibili con la fede cattolica ».
(143) Giovanni Paolo II, Lett. ap. Vicesimus quintus annus, 16: AAS 81 (1989) 913. |