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CATECHISMO DEGLI ADULTI

Catechismo degli Adulti

L’ansia di produrre e possedere
[1120] La qualità più considerata nella nostra cultura è la capacità professionale. Si tratta indubbiamente di un valore autentico. Ma facilmente può degenerare in assillo produttivo, smania di guadagnare, ambizione di carriera e ricerca del successo ad ogni costo. Il potere e la ricchezza diventano misura di riuscita personale, modello di vita proposto e riproposto dai mezzi di comunicazione. Si è qualcuno se si è professionisti altamente specializzati, se si possiede una seconda casa, una seconda macchina, se si frequentano certi ambienti raffinati, eleganti, se si fanno certi viaggi. I più deboli finiscono inesorabilmente emarginati dalla concorrenza. Si affonda nel materialismo pratico, incapaci di amore disinteressato, indifferenti verso Dio, spiritualmente ciechi.
La Chiesa contesta decisamente questa mentalità: «Il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro»
nota
Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 6.
. L’uomo non vale per quello che produce o possiede o consuma, ma per se stesso
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 35; Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 12.
. È il messaggio che viene dalla rivelazione biblica.
La “disumana ricchezza” nella Bibbia
[1121]  La condanna della ricchezza disumana attraversa tutto l’Antico Testamento. L’avidità rende ansiosi di accumulare, magari con la frode e la prepotenza; sfrutta i poveri o li umilia con lo spreco ostentato. I ricchi confidano nei loro mezzi; non si curano di Dio, lo dimenticano e lo rinnegano. «L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono» (Sal 49,21). «Chi confida nella propria ricchezza cadrà» (Pr 11,28).
Nel Nuovo Testamento, Gesù invita a confidare in Dio, Padre sempre premuroso e vicino, e a vivere nel presente liberi dall’ansia per il domani. L’uomo vale assai più dei beni materiali e del potere. 29-538.pngÈ stoltezza far dipendere il proprio valore e la propria salvezza dalla ricchezza accumulata. La salvezza, come il Maestro sottolinea in casa delle due sorelle Marta e Maria, viene dall’abbandono fiducioso alla parola di Dio e non dall’attivismo pieno di affanni. Anzi, «la preoccupazione del mondo e l’inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto» (Mt 13,22). Il cuore appesantito dai beni e sedotto dai piaceri diventa insensibile al prossimo e sordo alla voce dello Spirito: «Nessuno può servire a due padroni...: non potete servire a Dio e a mammona» (Mt 6,24). La ricchezza è un padrone spietato che sbarra la strada verso il Regno.
Lavoro e ricchezza, pur essendo certamente dei beni, non danno senso alla vita. Sono essi piuttosto a ricevere senso dalla comunione con Dio e con i fratelli. Il cristiano si guarda dalla bramosia del possesso, da «quella avarizia insaziabile che è idolatria» (Col 3,5); lavora in pace, vive con sobrietà. Chi eccelle solo per l’entità di guadagni o dei consumi non costituisce per lui un modello; gli appare carente di umanità e schiavo delle cose, posseduto dalle ricchezze più che capace di possederle
nota
Cf. San Basilio di Cesarea, Sui ricchi; Sant’Ambrogio, La storia di Nabot, 13, 54.
, meritevole del rimprovero di san Basilio: «Tu sei veramente povero, anzi, privo di ogni vero bene. Sei povero di amore, povero di umanità, povero di fede in Dio, povero di speranza nelle realtà eterne»
nota
San Basilio di Cesarea, Sull’avarizia, 6.
.
CdA, 146
CONFRONTAVAI
[1122]  Il cristiano, al contrario, è convinto che «diviene più ricco l’uomo misericordioso, quando comincia ad avere di meno per donare ai poveri»
nota
San Massimo di Torino,Discorsi, 71, 44.
. Assume come ideale il povero delle beatitudini evangeliche: più bisognoso di Dio e degli altri che delle cose, mite e alieno da aggressività e concorrenza sleale, puro di cuore e capace di ammirare la bellezza, godere l’amicizia e accogliere la parola che salva. Egli modera l’istinto di possesso
nota
Cf. 1Tm 6,8-10.
; educa i suoi desideri; rifiuta l’attivismo esasperato, lo spreco consumista, lo sfruttamento degli altri; gli fa orrore la pratica dell’usura, che procura sofferenze gravissime alle famiglie e umilia la dignità e i diritti delle persone.
CdA, 147
CONFRONTAVAI
[1123] La “disumana ricchezza” mette le cose al posto di Dio, è idolatria; impedisce di aiutare il prossimo, chiude nell’egoismo; fissa l’attenzione sui vantaggi immediati, rimuove il pensiero della vita futura. Essa è povertà interiore, mentre la povertà evangelica è ricchezza interiore.

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