CATECHISMO DEGLI ADULTI
INDICE TEMATICO
A
Abbà, Aborto, Abramo, Adorazione, Adulterio, Aldilà, Alleanza, Ambiente, Amore, Anàmnesi, Angeli, Angoscia, Anima, Anno liturgico, Annuncio, Antico Testamento, Anziani, Apostolato, Apostoli, Apparizioni, Armi, Arte, Ascensione, Ascesi, Assemblea, Associazioni ecclesiali, Assoluzione, Ateismo, Attrizione, Autoerotismo, Autorità, Avvento, Azione Cattolica,
B
C
Canone biblico, Carattere sacramentale, Carisma, Carità, Castità, Catechesi, Catechismo, Catecumenato, Cattolico, Celibato, Cena, Chiesa, Cibo, Civiltà cristiana, Collegialità episcopale, Collettivismo, Comandamenti, Comunicazione, Comunione, Comunità, Concilio, Concupiscenza, Confermazione, Confessione, Conoscenza di Dio, Consacrazione, Consigli evangelici, Contraccezione, Contrizione, Conversione, Coppia, Corpo, Coscienza, Creazione, Credo, Cresima, Criminalità, Cristo, Critica, Croce, Culto, Cultura, Cuore,
Canone biblico
Carattere sacramentale
Carisma
Carità
Castità
Catechesi
Catechismo
Catecumenato
Cattolico
Celibato
Cena
Chiesa
Carattere sacramentale
Carisma
Carità
Castità
Catechesi
Catechismo
Catecumenato
Cattolico
Celibato
Cena
Chiesa
Cibo
Civiltà cristiana
Collegialità episcopale
Collettivismo
Comandamenti
Comunicazione
Comunione
Comunità
Concilio
Concupiscenza
Confermazione
Confessione
Civiltà cristiana
Collegialità episcopale
Collettivismo
Comandamenti
Comunicazione
Comunione
Comunità
Concilio
Concupiscenza
Confermazione
Confessione
Conoscenza di Dio
Consacrazione
Consigli evangelici
Contraccezione
Contrizione
Conversione
Coppia
Corpo
Coscienza
Creazione
Credo
Cresima
Consacrazione
Consigli evangelici
Contraccezione
Contrizione
Conversione
Coppia
Corpo
Coscienza
Creazione
Credo
Cresima
D
E
F
G
I
Idolatria, Illuminismo, Imitazione, Immagini sacre, Immortalità, Impegno, Impresa, Impurità, Incarnazione, Incesto, Indissolubilità, Individuo, Induismo, Indulgenze, Infallibilità, Inferi, Infermi, Inferno, Iniziazione cristiana, Inquinamento ambientale, Intenzione fondamentale, Intercessione, Interpretazione, Invocazione, Islam, Ispirazione, Israele, Istituti secolari,
L
M
Maestro, Magistero, Malattia, Male, Marana tha, Maria, Martirio, Masturbazione, Materia, Materialismo, Matrimonio, Mediazione, Meditazione, Memoriale, Mente, Meriti, Messa, Messia, Ministeri, Ministro, Miracoli, Misericordia, Missione, Mistero, Mistica, Monachesimo, Mondo, Monoteismo, Morale, Morte, Movimenti,
N
O
P
Pace, Padre, Paolo, Papa, Parabole, Paradiso, Parola, Parrocchia, Parusia, Pasqua, Passione, Pastori, Pazienza, Peccato, Pelagianesimo, Pena, Penitenza, Pentecoste, Perdono, Persecuzione, Persona, Piacere, Pietro, Pluralismo, Poligamia, Politeismo, Politica, Popolo, Possessione, Povertà, Predestinazione, Predicazione, Preghiera, Presbitero, Presenza, Primato, Processo, Procreazione responsabile, Profeta, Progresso, Proprietà, Prostituzione, Provvidenza, Prudenza, Pudore, Purgatorio, Purificazione, Puro,
Pazienza
Peccato
Pelagianesimo
Pena
Penitenza
Pentecoste
Perdono
Persecuzione
Persona
Piacere
Pietro
Pluralismo
Peccato
Pelagianesimo
Pena
Penitenza
Pentecoste
Perdono
Persecuzione
Persona
Piacere
Pietro
Pluralismo
Poligamia
Politeismo
Politica
Popolo
Possessione
Povertà
Predestinazione
Predicazione
Preghiera
Presbitero
Presenza
Primato
Politeismo
Politica
Popolo
Possessione
Povertà
Predestinazione
Predicazione
Preghiera
Presbitero
Presenza
Primato
Processo
Procreazione responsabile
Profeta
Progresso
Proprietà
Prostituzione
Provvidenza
Prudenza
Pudore
Purgatorio
Purificazione
Puro
Procreazione responsabile
Profeta
Progresso
Proprietà
Prostituzione
Provvidenza
Prudenza
Pudore
Purgatorio
Purificazione
Puro
R
S
Sacerdozio, Sacramentali, Sacramenti, Sacrificio, Salario, Salmi, Salute, Salvezza, Santi, Santità, Sapienza, Satana, Scienza, Scrittura Sacra, Scuola, Segno, Sentimenti, Servizio, Sessualità, Signore, Simbolo, Sindacato, Società, Soddisfazione, Sofferenza, Solidarietà, Sopravvivenza, Speranza, Spirito Santo, Spiritualità, Sport, Sposi, Stati di vita, Stato, Storia, Successione apostolica, Suffragi, Suicidio, Superstizione,
T
V
Z
Catechismo degli Adulti
Società
1085-1111
, 922-924
, 1066-1070
, 1066-1067
, 1068-1069
, 1086
, 1087
, 1088-1089
, 1090-1092
, 1093
, 1095
, 1096-1097
, 1098
, 199-1100
, 1102-1104
, 1105
, 1106
, 1107
, 1109-1110
, 1124-1127
, 554
[1085] Il cristiano testimonia la salvezza del Signore, che opera nella storia, servendo la persona e la società. Per aiutare la crescita integrale di ogni uomo, promuove, secondo le sue possibilità, la solidarietà a vari livelli, dalla famiglia alle comunità particolari, alla comunità politica, fino alla comunità internazionale. Dalla parola di Dio, attraverso l’insegnamento sociale della Chiesa, riceve motivazioni e orientamento per il suo impegno, in modo da contribuire efficacemente a edificare un ordine sociale fondato sulla verità, la giustizia, l’amore e la libertà.
| |
Distinzione non separazione
[1086] La cultura moderna ha il merito di aver affermato la consistenza propria della vita civile rispetto a quella religiosa. Spesso però è arrivata a considerare la fede un affare privato, irrilevante in ambito sociale e politico.
Il cristiano accetta la distinzione delle realtà terrene da quelle eterne e spirituali, ma non la separazione. Sa che ogni dimensione della realtà ha leggi proprie ed esige un metodo ed una competenza specifici, ma ritiene che tutto debba essere finalizzato a obiettivi coerenti con la dignità e la vocazione dell’uomo, rivelate pienamente solo dalla parola di Dio. Egli da una parte individua nel peccato la radice profonda dei mali della società, dall’altra si rende conto che la conversione a Dio implica anche serietà di impegno per una società autenticamente umana.
| CCC, 2820 |
Incidenza sociale del peccato
[1087]
Secondo la Bibbia, il peccato porta disordine, oppressione e violenza nella famiglia, nella città
Cf. Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 36. | CCC, 408CCC 1869CCC 1887 |
Regno di Dio e riforma della società
[1088] Dio vuole innanzitutto cambiare il cuore dell’uomo, ma, a partire dal cuore, vuole rinnovare anche la società.
È il liberatore degli oppressi: protegge i poveri, gli stranieri, gli orfani, le vedove; vuole giustizia e solidarietà
| CCC, 1886-1889CCC 2820CdA, 129 CONFRONTAVAI |
[1089]
Di fatto Gesù di Nàzaret, mentre rivela la paternità di Dio, promuove una giustizia più perfetta, che implica fedeltà, sincerità, amore preferenziale per i poveri, riconciliazione con i nemici
Il regno di Dio, pur non essendo di questo mondo, opera in questo mondo. La salvezza messianica si compie nell’eternità, ma comincia nella storia e si manifesta restituendo autenticità e bellezza a ogni dimensione della vita, quella sociale compresa. La Chiesa fin dalle origini è consapevole di aver ricevuto un messaggio che ha rilevanza anche per la società.
| CdA, 130 CONFRONTAVAI CdA 133 CONFRONTAVAI CdA 155 CONFRONTAVAI CdA 856-864 CONFRONTAVAI |
La dottrina sociale della Chiesa
[1090]
«Per la Chiesa insegnare e diffondere la dottrina sociale appartiene alla sua missione evangelizzatrice e fa parte essenziale del messaggio cristiano, perché tale dottrina ne propone le dirette conseguenze nella vita della società ed inquadra il lavoro quotidiano e le lotte per la giustizia nella testimonianza a Cristo salvatore»
Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 5. Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 53. Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 3. | CCC, 2419-2425 |
[1091] In epoca moderna, guidata dalla sollecitudine per l’evangelizzazione, l’attenzione della Chiesa si è allargata progressivamente a orizzonti sempre più vasti, a fenomeni sempre più complessi. Importanti documenti si sono succeduti con ritmo via via più serrato, in sincronia con i rapidi cambiamenti della società: “Rerum novarum” di Leone XIII (1891); “Quadragesimo anno” di Pio XI (1931); Messaggio radiofonico di Pio XII (1941); “Mater et magistra” (1961) e “Pacem in terris” (1963) di Giovanni XXIII; “Gaudium et spes” (1965) del concilio Vaticano II; “Populorum progressio” (1967) e “Octogesima adveniens” (1971) di Paolo VI; “Laborem exercens” (1981), “Sollicitudo rei socialis” (1987) e “Centesimus annus” (1991) di Giovanni Paolo II.
Le conferenze episcopali e i singoli vescovi hanno contribuito notevolmente all’elaborazione della dottrina sociale della Chiesa. Un apporto rilevante è venuto dagli stessi fedeli laici, particolarmente competenti in campo economico, sociale e politico.
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[1092]
Il nucleo centrale della dottrina sociale della Chiesa è costituito da alcune verità di antropologia e di etica cristiana, che corrispondono all’immagine rivelata dell’uomo e alla «sua vocazione terrena e insieme trascendente»
Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 41. Cf. Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 3; 41. Cf. Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 43. | |
L’impegno sociale e politico dei fedeli laici
[1093]
Educare le coscienze è il compito fondamentale della Chiesa. Di questo compito l’insegnamento della dottrina sociale è parte integrante. Spetta poi ai cristiani, singoli o associati, particolarmente ai fedeli laici, inserirsi intimamente nel tessuto della società civile e «inscrivere la legge divina nella vita della città terrena»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 43. Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 43. È doloroso per la Chiesa dover constatare la divaricazione fra la prassi religiosa e l’azione sociale e politica dei credenti. È preoccupante per un paese dover attraversare una crisi di legalità, diffusa nella classe dirigente e nei comportamenti dei cittadini: concussione, corruzione amministrativa, voto di scambio, evasione fiscale, danneggiamento di strutture pubbliche, assenteismo dal lavoro... Solo da un’assidua opera educativa ci si può attendere una solida coerenza dei credenti e un sano costume di tutti i cittadini.
Servendo l’uomo e la società con la forza della carità e alla luce del vangelo e della dottrina sociale della Chiesa, i cristiani manifestano che Cristo salvatore è presente nella storia e dona un anticipo della salvezza.
| CCC, 898-899CCC 909CCC 912 |
[1094] Il regno di Dio si compie nell’eternità, ma opera già nella storia. La missione evangelizzatrice della Chiesa comprende anche l’insegnamento della sua dottrina sociale.
L’impegno evangelicamente coerente dei fedeli laici nella vita sociale e civile è parte integrante della testimonianza a Cristo salvatore.
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Individualismo e collettivismo
[1095]
Quando si allontana dalla fede in Dio, la cultura elabora un’immagine riduttiva dell’uomo, che oscilla tra individualismo e collettivismo. La prima posizione svaluta la società, come se fosse «qualcosa di esterno all’uomo»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 25. Cf. Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 13; 17; 24-25. Paolo VI, Populorum progressio, 42. | |
La dignità della persona e i suoi diritti fondamentali
[1096]
Da parte sua, la dottrina della Chiesa «risana ed eleva la dignità della persona umana» e «consolida la compagine della società umana»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 40. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 37. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 37. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 25. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 39. | CCC, 1929-1933 |
[1097]
Rispettare la dignità della persona significa in pratica riconoscere, difendere e promuovere alcuni diritti universali, inviolabili, inalienabili: diritto all’esistenza, all’integrità fisica e a un tenore di vita dignitoso; diritto di cercare liberamente la verità, manifestare il proprio pensiero, partecipare al patrimonio culturale; diritto alla libertà di religione; diritto di seguire la propria vocazione, formarsi una famiglia, educare i figli; diritto al lavoro, alla libera iniziativa economica, a una giusta retribuzione; diritto di riunione e di associazione, di emigrazione e di immigrazione, di partecipazione politica e di certezza giuridica
Cf. Giovanni XXIII, Pacem in terris, 5-15. | |
Dimensione sociale costitutiva
[1098]
La persona è soggetto singolare ed irripetibile, ma è fatta per comunicare, «chiamata dall’intimo di sé alla comunione con gli altri e alla donazione agli altri»
Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 40. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 12.
Da questa dimensione sociale, «nativa e strutturale»
Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 40. | CCC, 1936 |
Pluralismo e solidarietà
[1099]
Purtroppo non mancano tensioni e lacerazioni. Una certa conflittualità sociale è inevitabile, perché esistono interessi oggettivamente concorrenti. Essa svolge un ruolo addirittura positivo, quando si configura come «lotta per la giustizia sociale»
Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 14. Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 18.
Una convivenza degna dell’uomo non può fondarsi sui rapporti di forza, ma sulla verità, la giustizia, l’amore e la libertà
Cf. Giovanni XXIII, Pacem in terris, 18. Cf. Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 38. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 38. | CCC, 1934-1942 |
Principio di sussidiarietà
[1100]
L’autentica solidarietà rifugge sia dall’individualismo che dal collettivismo; valorizza la famiglia e le comunità particolari, in cui le persone sono coinvolte più da vicino. Si articola a vari livelli secondo il principio di sussidiarietà. «Come è illecito togliere ai singoli ciò che essi possono compiere con le forze e l’iniziativa propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto affidare a una maggiore e più alta società quello che può essere fatto dalle minori e inferiori comunità»
Pio XI, Quadragesimo anno, 72 | |
[1101] La persona è il fondamento e il fine della società; la società è il sostegno e il perfezionamento della persona.
È necessario promuovere la dignità e i diritti della persona e costruire una società solidale e pluralistica, dove la famiglia e le comunità particolari siano valorizzate dalle comunità più ampie secondo il principio di sussidiarietà.
| |
Servizio per il bene comune
[1102] Molti diffidano della politica, preferiscono starsene fuori. Altri vi entrano per affermare interessi personali o di parte. Altri, infine, ne fanno una specie di messianismo, in grado di liberare l’uomo da tutti i suoi mali.
La Chiesa ha un’alta stima per la genuina azione politica; la dice «degna di lode e di considerazione»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 75. Paolo VI, Octogesima adveniens, 46. | |
[1103]
Nella cultura dell’antico oriente, il re veniva adorato come un dio, una manifestazione della divinità suprema. Secondo la Bibbia, invece, i governanti sono soltanto servitori di Dio per il bene del popolo, sottoposti anch’essi alla legge morale e al giudizio esigente del Signore. Così essa si esprime: «Ascoltate, o re, e cercate di comprendere; imparate, governanti di tutta la terra... La vostra sovranità proviene dal Signore; la vostra potenza dall’Altissimo, il quale esaminerà le vostre opere e scruterà i vostri propositi; poiché, pur essendo ministri del suo regno, non avete governato rettamente, né avete osservato la legge, né vi siete comportati secondo il volere di Dio» (Sap 6,13-4). «Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio» (Mc 12,17). «Non c’è autorità se non da Dio... Essa è al servizio di Dio per il tuo bene. Ma se fai il male, allora temi, perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi opera il male. Perciò è necessario stare sottomessi, non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza» (Rm 13,14-5). Occorre pregare «per tutti quelli sta stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità» (1Tm 2,2).
Lo stato assume un volto demoniaco quando, dimentico del suo ruolo sussidiario di servizio, diventa totalitario e prende il posto di Dio: «Vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo... Il drago le diede la sua forza, il suo trono e la sua potestà grande» (Ap 13,1-2). In situazioni del genere ai cristiani si impone il dovere della resistenza.
| CdA, 149 CONFRONTAVAI |
[1104] Secondo la dottrina della Chiesa, l’autentica azione politica è servizio per il bene comune, con trasparenza e competenza.
Il bene comune di una popolazione consiste «nell’insieme di quelle condizioni di vita sociale, con le quali gli uomini, la famiglia e le associazioni possono ottenere il conseguimento più pieno e più spedito della loro perfezione»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 74. Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 78. | |
La partecipazione dei cittadini
[1105]
I cittadini sono nello stesso tempo destinatari e protagonisti della politica
Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 42. | |
L’autorità pubblica
[1106]
Se tutti devono cooperare all’attuazione del bene comune, alcuni però hanno la funzione di coordinare e dirigere ad esso le molteplici energie: sono i detentori della pubblica autorità
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 74
La legittimità di un governo si misura dalla capacità di rispettare e sostenere i diritti delle persone e dei soggetti sociali intermedi. Il potere deve essere esercitato per il popolo e con il popolo: l’autorità è «vicaria della moltitudine»
San Tommaso d’Aquino,Somma Teologica, I-II, q. 90, a. 3. D’altra parte è necessario un governo della società che non si limiti a mediare gli interessi particolari, ma sappia inquadrare il pluralismo entro regole precise e guidarlo verso obiettivi storici concreti.
Quanto all’esercizio dell’autorità, governano rettamente coloro che «non guardano in sé il potere del grado, ma l’uguaglianza di condizione e non godono nel fare da superiori, ma nel fare del bene agli altri»
San Gregorio Magno, Commento al libro di Giobbe, 21, 15, 22. | |
Coerenza e unità dei cristiani in politica
[1107]
Ai fedeli laici, occupati nella gestione della cosa pubblica, la Chiesa ricorda il dovere della coerenza con la visione cristiana della vita. A volte la necessità di tutelare efficacemente qualche valore fondamentale comporta anche la loro unità organizzata. Ma l’unità politica di programma e di partito, a differenza della coerenza, non è per i cattolici un’esigenza assoluta e costante. Sulla base di prospettive culturali ed esperienze operative diverse, possono legittimamente arrivare a scelte diverse, pur condividendo la stessa fede, il riferimento alla dottrina della Chiesa e la sincera dedizione al bene comune. In ogni caso dai cristiani ci si aspetta che siano esemplari per rigore morale, attenzione alla gente, spirito di servizio, professionalità. È legittimo avere diverse visioni del bene comune, ma non è mai lecito subordinarlo all’interesse proprio o di partito
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 75. | CCC, 2442 |
[1108] «La comunità politica e l’autorità pubblica hanno il loro fondamento nella natura umana e perciò appartengono all’ordine stabilito da Dio»
Concilio Vaticano II
,
Gaudium et spes
, 74.
Tutti i cittadini devono prendere parte in qualche modo all’attività politica, intesa come servizio al bene comune. La pubblica autorità ha il compito di guidare e coordinare, nel rispetto dei diritti delle persone e delle comunità intermedie.
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La comunità dei popoli
[1109] La Chiesa con la sua stessa esistenza testimonia l’universalità del divino disegno di salvezza ed è fattore di unità per tutto il genere umano. Essa guarda dunque con grande attenzione al progressivo intensificarsi delle relazioni tra i popoli, cercando di orientarlo nella giusta direzione.
Oggi i confini degli stati sono attraversati da un flusso continuo di uomini, informazioni, capitali, merci, armi. L’interdipendenza cresce in ampiezza e spessore. Se si vogliono evitare meccanismi perversi, che avrebbero «conseguenze funeste per i più deboli»
Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 17. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 26.
La comunità dei popoli, come quella delle persone, va costruita non sui rapporti di forza, ma sui valori di verità, giustizia, amore, libertà
Cf. Giovanni XXIII, Pacem in terris, 47-67. | CCC, 1911 |
La cooperazione per lo sviluppo
[1110]
I paesi del sottosviluppo interpellano quelli del benessere, come il povero Lazzaro alla porta del ricco
Il primo e decisivo contributo è il sostegno a programmi di educazione e di sviluppo culturale, perché «lo sviluppo di un popolo non deriva primariamente né dal denaro, né dagli aiuti materiali, né dalle strutture tecniche, bensì dalla formazione delle coscienze, dalla maturazione delle mentalità e dei costumi. È l’uomo il protagonista dello sviluppo, non il denaro o la tecnica»
Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 58. Accanto all’opera formativa occorrono altre forme di aiuto: sostegno ai regimi rispettosi dei diritti umani; forniture di tecnologie semplici, di servizi primari, di incentivi all’agricoltura; riforma del commercio internazionale e del sistema monetario e finanziario mondiale.
È già un fatto positivo che cresca la consapevolezza della interdipendenza degli uomini e delle nazioni. Ma bisogna assumere impegni precisi secondo le proprie possibilità, modificando, per quanto è necessario, anche il proprio stile di vita. Cooperare allo sviluppo dei popoli «è un imperativo per tutti e per ciascuno degli uomini e delle donne, per le società e le nazioni»
Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 32. | CCC, 1908 |
Diritto alla libertà di coscienza
[922]
Nella cultura moderna si è affermata la distinzione tra dimensione politica e dimensione etico-religiosa. Lo stato democratico, fatte salve le necessità dell’ordine pubblico, non interferisce nella sfera delle scelte personali. Si tratta di un’evoluzione sostanzialmente positiva, conforme alla concezione cristiana dell’uomo. Nessuno deve essere discriminato a motivo delle proprie convinzioni. Gli uomini sono tenuti a cercare e ad accogliere la verità; ma devono farlo liberamente, attraverso l’educazione e il dialogo, secondo la loro dignità di persone e la loro natura sociale
Cf. Concilio Vaticano II, Dignitatis humanae, 2; 3. A. Rosmini, Apologetica, Prefazione. È compito della Chiesa promuovere la formazione di coscienze adulte e responsabili, dando così un contributo prezioso al bene della stessa società civile. È facile intuire quanto un robusto senso morale e una viva consapevolezza dei valori di dignità della persona, libertà, solidarietà, sacralità della vita, stabilità della famiglia giovino alla pacifica convivenza.
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Obiezione di coscienza
[923] La coscienza cristiana a volte contesta qualche legge particolare; non intende però contestare lo stato come tale, almeno quando è democratico e rispetta i diritti fondamentali della persona. L’obiezione di coscienza, mettendo in luce i limiti e i rischi di qualche soluzione approvata dalla maggioranza, richiama l’attenzione sul fatto che non sempre ciò che è legale è anche morale, e in definitiva favorisce l’ulteriore crescita umana della società.
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Apporto sociale della famiglia
[1066]
Sviluppo e pienezza del matrimonio è la famiglia. Con questa parola indichiamo una comunità di persone, costituita da un uomo e da una donna, uniti in matrimonio, e dai loro figli, stabile e socialmente approvata, tenuta insieme da vincoli morali, religiosi e legali di rispetto, di amore, di cooperazione e assistenza reciproca. Al suo nucleo essenziale possono aggregarsi altre persone, di solito parenti, dando origine a una considerevole varietà di forme storiche.
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[1067] La famiglia è la cellula fondamentale della società. Ne genera i nuovi membri; forma la loro personalità; trasmette i valori essenziali della convivenza civile, quali la dignità della persona, la fiducia reciproca, il buon uso della libertà, il dialogo, la solidarietà, l’obbedienza all’autorità. Condiziona in misura notevole le scelte degli individui in molti ambiti: acquisti, carriera professionale, impiego del tempo libero, amicizie e relazioni sociali in genere. Svolge spesso un’azione sociale diretta attraverso aziende a conduzione familiare, coinvolgimento nella scuola, partecipazione ad associazioni, volontariato verso disabili, disadattati, anziani, coppie in difficoltà.
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Sostegno sociale alla famiglia
[1068]
Nella moderna civiltà industriale si è offuscata la consapevolezza del ruolo sociale della famiglia. Le viene riconosciuta una grande importanza privata di carattere affettivo, ma poca importanza nella società e per la società. Non le viene assicurato il necessario sostegno giuridico, economico, assistenziale e culturale. Anzi il divaricarsi degli impegni di lavoro e degli interessi logora l’unità familiare. La mobilità sociale sempre più rapida ostacola l’accettazione di un rapporto definitivo di coppia e favorisce il permissivismo sessuale e le unioni provvisorie non legalizzate. Confinato nel privato, chiuso nell’isolamento affettivo, il rapporto a due finisce per diventare più povero e fragile. Non adeguatamente sostenuta sul piano economico e culturale, la coppia riduce al minimo le nuove nascite, dando luogo a una preoccupante crisi demografica. In quella che appare come “società degli individui”, la famiglia respira con affanno, anche se viene ancora considerata un valore. D’altra parte il malessere della famiglia torna poi a ripercuotersi sulla società, in una vasta gamma di forme patologiche.
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[1069] È necessario riscoprire e valorizzare pienamente il ruolo della famiglia, comunità intermedia tra individuo e società. Occorre sollecitare la sua responsabilità e sostenere il suo impegno specialmente in campo educativo e assistenziale. La politica dovrebbe rivolgerle un’attenzione privilegiata e servirla con iniziative di sostegno e di integrazione. Oggi gli interventi di maggior rilievo potrebbero avere i seguenti contenuti: tutela della vita e sostegno alla maternità, aiuto economico alle famiglie con figli, agevolazioni per la casa, organizzazione del lavoro rispettosa delle esigenze della vita familiare, equità fiscale in base ai carichi familiari, organizzazione della scuola in modo che le famiglie abbiano effettiva libertà di scelta e possibilità di partecipazione, strutturazione dei servizi assistenziali tale da coinvolgere le famiglie specialmente riguardo ai disabili e agli anziani. Valorizzare la famiglia significa prevenire molti mali della società. Una politica per la famiglia è una politica per la libertà nella solidarietà.
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[1070] La famiglia è diretta emanazione delle persone e base della società. Deve essere valorizzata come comunità prioritaria rispetto ad ogni altra formazione sociale.
«L’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia»
Giovanni Paolo II
, Familiaris consortio, 85.
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Apporto sociale della famiglia
[1066]
Sviluppo e pienezza del matrimonio è la famiglia. Con questa parola indichiamo una comunità di persone, costituita da un uomo e da una donna, uniti in matrimonio, e dai loro figli, stabile e socialmente approvata, tenuta insieme da vincoli morali, religiosi e legali di rispetto, di amore, di cooperazione e assistenza reciproca. Al suo nucleo essenziale possono aggregarsi altre persone, di solito parenti, dando origine a una considerevole varietà di forme storiche.
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[1067] La famiglia è la cellula fondamentale della società. Ne genera i nuovi membri; forma la loro personalità; trasmette i valori essenziali della convivenza civile, quali la dignità della persona, la fiducia reciproca, il buon uso della libertà, il dialogo, la solidarietà, l’obbedienza all’autorità. Condiziona in misura notevole le scelte degli individui in molti ambiti: acquisti, carriera professionale, impiego del tempo libero, amicizie e relazioni sociali in genere. Svolge spesso un’azione sociale diretta attraverso aziende a conduzione familiare, coinvolgimento nella scuola, partecipazione ad associazioni, volontariato verso disabili, disadattati, anziani, coppie in difficoltà.
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Sostegno sociale alla famiglia
[1068]
Nella moderna civiltà industriale si è offuscata la consapevolezza del ruolo sociale della famiglia. Le viene riconosciuta una grande importanza privata di carattere affettivo, ma poca importanza nella società e per la società. Non le viene assicurato il necessario sostegno giuridico, economico, assistenziale e culturale. Anzi il divaricarsi degli impegni di lavoro e degli interessi logora l’unità familiare. La mobilità sociale sempre più rapida ostacola l’accettazione di un rapporto definitivo di coppia e favorisce il permissivismo sessuale e le unioni provvisorie non legalizzate. Confinato nel privato, chiuso nell’isolamento affettivo, il rapporto a due finisce per diventare più povero e fragile. Non adeguatamente sostenuta sul piano economico e culturale, la coppia riduce al minimo le nuove nascite, dando luogo a una preoccupante crisi demografica. In quella che appare come “società degli individui”, la famiglia respira con affanno, anche se viene ancora considerata un valore. D’altra parte il malessere della famiglia torna poi a ripercuotersi sulla società, in una vasta gamma di forme patologiche.
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[1069] È necessario riscoprire e valorizzare pienamente il ruolo della famiglia, comunità intermedia tra individuo e società. Occorre sollecitare la sua responsabilità e sostenere il suo impegno specialmente in campo educativo e assistenziale. La politica dovrebbe rivolgerle un’attenzione privilegiata e servirla con iniziative di sostegno e di integrazione. Oggi gli interventi di maggior rilievo potrebbero avere i seguenti contenuti: tutela della vita e sostegno alla maternità, aiuto economico alle famiglie con figli, agevolazioni per la casa, organizzazione del lavoro rispettosa delle esigenze della vita familiare, equità fiscale in base ai carichi familiari, organizzazione della scuola in modo che le famiglie abbiano effettiva libertà di scelta e possibilità di partecipazione, strutturazione dei servizi assistenziali tale da coinvolgere le famiglie specialmente riguardo ai disabili e agli anziani. Valorizzare la famiglia significa prevenire molti mali della società. Una politica per la famiglia è una politica per la libertà nella solidarietà.
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Distinzione non separazione
[1086] La cultura moderna ha il merito di aver affermato la consistenza propria della vita civile rispetto a quella religiosa. Spesso però è arrivata a considerare la fede un affare privato, irrilevante in ambito sociale e politico.
Il cristiano accetta la distinzione delle realtà terrene da quelle eterne e spirituali, ma non la separazione. Sa che ogni dimensione della realtà ha leggi proprie ed esige un metodo ed una competenza specifici, ma ritiene che tutto debba essere finalizzato a obiettivi coerenti con la dignità e la vocazione dell’uomo, rivelate pienamente solo dalla parola di Dio. Egli da una parte individua nel peccato la radice profonda dei mali della società, dall’altra si rende conto che la conversione a Dio implica anche serietà di impegno per una società autenticamente umana.
| CCC, 2820 |
Incidenza sociale del peccato
[1087]
Secondo la Bibbia, il peccato porta disordine, oppressione e violenza nella famiglia, nella città
Cf. Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 36. | CCC, 408CCC 1869CCC 1887 |
Regno di Dio e riforma della società
[1088] Dio vuole innanzitutto cambiare il cuore dell’uomo, ma, a partire dal cuore, vuole rinnovare anche la società.
È il liberatore degli oppressi: protegge i poveri, gli stranieri, gli orfani, le vedove; vuole giustizia e solidarietà
| CCC, 1886-1889CCC 2820CdA, 129 CONFRONTAVAI |
[1089]
Di fatto Gesù di Nàzaret, mentre rivela la paternità di Dio, promuove una giustizia più perfetta, che implica fedeltà, sincerità, amore preferenziale per i poveri, riconciliazione con i nemici
Il regno di Dio, pur non essendo di questo mondo, opera in questo mondo. La salvezza messianica si compie nell’eternità, ma comincia nella storia e si manifesta restituendo autenticità e bellezza a ogni dimensione della vita, quella sociale compresa. La Chiesa fin dalle origini è consapevole di aver ricevuto un messaggio che ha rilevanza anche per la società.
| CdA, 130 CONFRONTAVAI CdA 133 CONFRONTAVAI CdA 155 CONFRONTAVAI CdA 856-864 CONFRONTAVAI |
La dottrina sociale della Chiesa
[1090]
«Per la Chiesa insegnare e diffondere la dottrina sociale appartiene alla sua missione evangelizzatrice e fa parte essenziale del messaggio cristiano, perché tale dottrina ne propone le dirette conseguenze nella vita della società ed inquadra il lavoro quotidiano e le lotte per la giustizia nella testimonianza a Cristo salvatore»
Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 5. Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 53. Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 3. | CCC, 2419-2425 |
[1091] In epoca moderna, guidata dalla sollecitudine per l’evangelizzazione, l’attenzione della Chiesa si è allargata progressivamente a orizzonti sempre più vasti, a fenomeni sempre più complessi. Importanti documenti si sono succeduti con ritmo via via più serrato, in sincronia con i rapidi cambiamenti della società: “Rerum novarum” di Leone XIII (1891); “Quadragesimo anno” di Pio XI (1931); Messaggio radiofonico di Pio XII (1941); “Mater et magistra” (1961) e “Pacem in terris” (1963) di Giovanni XXIII; “Gaudium et spes” (1965) del concilio Vaticano II; “Populorum progressio” (1967) e “Octogesima adveniens” (1971) di Paolo VI; “Laborem exercens” (1981), “Sollicitudo rei socialis” (1987) e “Centesimus annus” (1991) di Giovanni Paolo II.
Le conferenze episcopali e i singoli vescovi hanno contribuito notevolmente all’elaborazione della dottrina sociale della Chiesa. Un apporto rilevante è venuto dagli stessi fedeli laici, particolarmente competenti in campo economico, sociale e politico.
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[1092]
Il nucleo centrale della dottrina sociale della Chiesa è costituito da alcune verità di antropologia e di etica cristiana, che corrispondono all’immagine rivelata dell’uomo e alla «sua vocazione terrena e insieme trascendente»
Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 41. Cf. Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 3; 41. Cf. Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 43. | |
L’impegno sociale e politico dei fedeli laici
[1093]
Educare le coscienze è il compito fondamentale della Chiesa. Di questo compito l’insegnamento della dottrina sociale è parte integrante. Spetta poi ai cristiani, singoli o associati, particolarmente ai fedeli laici, inserirsi intimamente nel tessuto della società civile e «inscrivere la legge divina nella vita della città terrena»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 43. Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 43. È doloroso per la Chiesa dover constatare la divaricazione fra la prassi religiosa e l’azione sociale e politica dei credenti. È preoccupante per un paese dover attraversare una crisi di legalità, diffusa nella classe dirigente e nei comportamenti dei cittadini: concussione, corruzione amministrativa, voto di scambio, evasione fiscale, danneggiamento di strutture pubbliche, assenteismo dal lavoro... Solo da un’assidua opera educativa ci si può attendere una solida coerenza dei credenti e un sano costume di tutti i cittadini.
Servendo l’uomo e la società con la forza della carità e alla luce del vangelo e della dottrina sociale della Chiesa, i cristiani manifestano che Cristo salvatore è presente nella storia e dona un anticipo della salvezza.
| CCC, 898-899CCC 909CCC 912 |
Individualismo e collettivismo
[1095]
Quando si allontana dalla fede in Dio, la cultura elabora un’immagine riduttiva dell’uomo, che oscilla tra individualismo e collettivismo. La prima posizione svaluta la società, come se fosse «qualcosa di esterno all’uomo»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 25. Cf. Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 13; 17; 24-25. Paolo VI, Populorum progressio, 42. | |
La dignità della persona e i suoi diritti fondamentali
[1096]
Da parte sua, la dottrina della Chiesa «risana ed eleva la dignità della persona umana» e «consolida la compagine della società umana»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 40. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 37. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 37. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 25. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 39. | CCC, 1929-1933 |
[1097]
Rispettare la dignità della persona significa in pratica riconoscere, difendere e promuovere alcuni diritti universali, inviolabili, inalienabili: diritto all’esistenza, all’integrità fisica e a un tenore di vita dignitoso; diritto di cercare liberamente la verità, manifestare il proprio pensiero, partecipare al patrimonio culturale; diritto alla libertà di religione; diritto di seguire la propria vocazione, formarsi una famiglia, educare i figli; diritto al lavoro, alla libera iniziativa economica, a una giusta retribuzione; diritto di riunione e di associazione, di emigrazione e di immigrazione, di partecipazione politica e di certezza giuridica
Cf. Giovanni XXIII, Pacem in terris, 5-15. | |
Dimensione sociale costitutiva
[1098]
La persona è soggetto singolare ed irripetibile, ma è fatta per comunicare, «chiamata dall’intimo di sé alla comunione con gli altri e alla donazione agli altri»
Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 40. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 12.
Da questa dimensione sociale, «nativa e strutturale»
Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 40. | CCC, 1936 |
Numerosi discepoli
[200]
Mentre introduce nella storia il Regno, Gesù avvia il raduno definitivo del popolo di Dio: le due cose vanno insieme, perché il Regno, secondo le profezie, si deve rendere visibile in un popolo.
Il Maestro prova compassione per le folle, che vagano «come pecore senza pastore» (Mc 6,34), e per radunare Israele viaggia instancabile, predica e compie guarigioni. Ben presto riunisce una numerosa comunità di discepoli, come primizia e rappresentanza dei futuri credenti, come schiera di cooperatori per la raccolta della messe
| CdA, 536 CONFRONTAVAI CdA 542 CONFRONTAVAI |
I dodici
[201] Un giorno, tra questi discepoli più vicini, Gesù ne sceglie dodici. Ci sono i quattro del lago: Simone, al quale impone il nome di Pietro, Giacomo e Giovanni di Zebedèo, Andrea fratello di Simone; e con loro ci sono anche Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananèo e infine Giuda Iscariota, il traditore.
È una scelta di importanza fondamentale e, prima di farla, Gesù passa la notte in preghiera
Gesù mandò effettivamente i Dodici nelle città e nei villaggi, a proclamare il vangelo con la parola e con le opere; li mandò come suoi inviati ufficiali, a due a due secondo l’uso del tempo, con l’ordine di non esigere compensi, perché fossero segno dell’amore gratuito di Dio. «Partiti, predicavano che la gente si convertisse» (Mc 6,12) e guarivano molti malati. Al loro ritorno riferirono a Gesù «tutto quello che avevano fatto e insegnato. Ed egli disse loro: “Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’“» (Mc 6,30-31). Questa prima missione, limitata al territorio di Israele, è preludio della missione definitiva verso tutte le genti, che il Signore affiderà loro dopo la sua risurrezione.
| CdA, 512-513 CONFRONTAVAI |
Una comunità come segno
[202]
Gesù è profondamente legato alla comunità dei discepoli, composta da quelli che credono in lui e particolarmente da quelli che vanno anche materialmente con lui: la considera la sua vera famiglia
| CdA, 426 CONFRONTAVAI |
Comunità proiettata verso il futuro
[203]
Purtroppo, dopo un avvio promettente, il ministero di Gesù in mezzo al suo popolo va incontro a una crisi sempre più grave. Molti respingono l’invito al banchetto del Regno, con vari pretesti
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[204]
Col passare del tempo, il Maestro, constatando la refrattarietà delle folle curiose e superficiali, se ne tiene sempre più in disparte, per dedicarsi prevalentemente alla formazione del gruppo dei discepoli. Vuole prepararli in vista del successivo sviluppo della sua opera, non certo farne una cerchia elitaria, a somiglianza dei farisei o degli esseni. Malgrado il momentaneo insuccesso, rimane pieno di fiducia nel futuro. Incoraggia i pochi che ancora lo seguono: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno» (Lc 12,32). Garantisce che la comunità, da lui radunata, sarà solida per sempre «e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa» (Mt 16,18). Ne affiderà la guida a «Simone figlio di Giona» (Mt 16,17), al quale fin d’ora dà significativamente il nuovo nome di Pietro, che vuol dire “roccia”. Sarà lui il sostegno della futura costruzione. Intanto comincia a riconoscergli una certa preminenza tra i Dodici, come portavoce dei suoi compagni.
| CdA, 531 CONFRONTAVAI |
[205]
Come si vede, la comunità dei discepoli è intimamente legata alla venuta del regno di Dio fin dall’inizio
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 1; 9. | CCC, 669CdA, 416-419 CONFRONTAVAI |
[206] Gesù avvia il definitivo raduno del popolo di Dio, in cui rendere visibile il Regno: riunisce una comunità di discepoli, tra i quali sceglie i Dodici e li manda in missione; a uno di loro, Simone, cambia il nome in Pietro e promette di affidare in futuro il compito di guidare la comunità dei credenti.
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[207] Affascinati dalla predicazione e dalle opere di Gesù, cominciamo a intuire l’identità misteriosa della sua persona. Al di là degli insegnamenti e delle singole azioni, quel che più conta è il dono totale di sé, maturato durante tutta la vita e portato a termine nella Pasqua. Attraverso l’esistenza terrena, la morte e la risurrezione, viene costituito per noi il Salvatore, che accogliendo e rivelando l’amore del Padre ci libera dal peccato e da ogni male. A lui ci accostiamo con fiducia e da lui impariamo a donare noi stessi nel servizio disinteressato. | |
Autorità e dedizione
[208]
Lo scopo di Gesù è rivelare e attuare la presenza salvifica di Dio nella storia, il suo regno. Ciò avviene non soltanto attraverso le parole e le opere, ma anche e soprattutto attraverso il mistero della morte e risurrezione, che egli chiama la sua «ora» (Gv 2,412,2317,1). Tra la venuta del regno di Dio e la vicenda personale del Maestro c’è una misteriosa compenetrazione: nel dono che egli fa di se stesso si manifesta il regno di Dio. Qual è il motivo di questo collegamento così stretto? Qual è il segreto della persona di Gesù?
| CdA, 262 CONFRONTAVAI CdA 422 CONFRONTAVAI CdA 424 CONFRONTAVAI |
[209]
Esteriormente Gesù si presenta come un “rabbì”, un maestro della Legge, in quanto si circonda di discepoli e insegna. I discepoli però se li sceglie liberamente, come vuole; e nell’insegnare non commenta le Scritture come gli scribi, ma propone «una dottrina nuova» (Mc 1,27), con immediatezza e autorità
La stessa autorità egli esercita nel rimettere i peccati e nel celebrare il banchetto del Regno con i peccatori, verso i quali si mostra nello stesso tempo misericordioso ed esigente, oltre ogni “ragionevole” misura; e ancora la esercita nel compiere miracoli spontaneamente, a nome proprio.
Pretende di essere decisivo per la salvezza: «Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde» (Mt 12,30); «Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli» (Mt 10,32-33).
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[210]
Autorità e pretese indubbiamente inaudite. D’altra parte Gesù vive poveramente, al punto che «non ha dove posare il capo» (Mt 8,20). Non impiega mai la sua potenza miracolosa per un vantaggio personale o per imporre il proprio progetto, a costo di deludere quanti si aspettano un Messia più efficiente. Servizio e dono di sé animano il suo insegnamento e la sua attività
In Gesù autorità e servizio, misericordia e austerità si fondono in modo del tutto singolare. Sorgente di questa singolarità è l’esperienza di Dio come “Abbà”: «Tutto mi è stato dato dal Padre mio» (Mt 11,27). Ha ricevuto tutto dal Padre e perciò è totalmente sottomesso a lui e nello stesso tempo a lui uguale nella maestà divina e nella capacità di amare.
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Il Regno come amore
[211]
Gesù è una cosa sola con il Padre e ne impersona il regno. Nel servizio e nel dono di sé, non meno che nell’autorità, lo rivela, lo glorifica: «Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi» (Gv 15,9). Il Padre è il primo ad amare, a donarsi, anzi è l’amore stesso
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Personaggio paradossale [213] Gesù è un personaggio singolare e affascinante. Magnanimo e umile. Forte e mite. Totalmente libero e totalmente a servizio. Vicino al Dio santo e vicino all’uomo peccatore. Di viva intelligenza e squisita sensibilità. Elevato nel pensiero e semplice nell’esprimersi. Contemplativo e impegnato nell’azione. Profeticamente indignato verso i prepotenti e gli ipocriti e premuroso verso gli oppressi, i malati, i semplici e i bambini. Realistico nel valutare la fragilità e la malvagità umana e fiducioso nelle possibilità di conversione e di bene. Aperto all’amicizia e ai valori della vita e pronto ad accettare la solitudine e la morte. Soprattutto singolare, incomparabile nell’autorità e nel dono di sé. | CdA, 78 CONFRONTAVAI |
Le opinioni della gente [214]
Già al suo tempo la gente, presa dallo stupore, si domandava: da dove gli viene questa autorità, questa potenza nell’operare e questa sapienza nel parlare? qual è la vera identità di quest’uomo
Presto «il suo nome era diventato famoso» (Mc 6,14) e in Galilea si affermava sempre più, nell’opinione popolare, l’idea che Gesù fosse un grande profeta taumaturgo; tant’è vero che, in occasione dell’ingresso solenne a Gerusalemme, ai cittadini che chiedono spiegazioni la folla dei pellegrini galilei risponderà: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea» (Mt 21,11).
Per alcuni farisei era invece un falso profeta, posseduto da Satana, perché violava la legge e si intratteneva con i peccatori.
| CdA, 79 CONFRONTAVAI |
Riservatezza di Gesù [215]
Gesù, da parte sua, induce la gente a interrogarsi e lascia la domanda sempre aperta. Per non essere frainteso in senso politico nazionalista, evita di proclamarsi esplicitamente Messia, sebbene riceva pressioni in questo senso: «Fino a quando terrai l’animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente» (Gv 10,24). Invece di rispondere, invita a riflettere sul carattere misterioso di questo personaggio da tutti atteso: «Come mai dicono gli scribi che il Messia è figlio di Davide?... Davide stesso lo chiama Signore: come dunque può essere suo figlio?» (Mc 12,3537).
| CdA, 285 CONFRONTAVAI |
Intuizione di Pietro [216]
Gli interessa relativamente quello che dice la gente; provoca piuttosto i suoi discepoli a pronunciarsi in prima persona: «E voi chi dite che io sia?» (Mc 8,29).
A nome dei discepoli risponde Pietro: «Tu sei il Cristo». Pietro intuisce che Gesù è il salvatore e liberatore definitivo che introduce il regno di Dio, colui che Israele attendeva da secoli in base alla profezia di Natan al re David: «Io assicurerò dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere... Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio... La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me e il tuo trono sarà reso stabile per sempre» (2Sam 7,121416).
Pietro intuisce, ma non comprende. Quando Gesù annuncia la propria morte, egli si ribella. Secondo la mentalità corrente ritiene che il Messia debba essere un trionfatore sulla scena di questo mondo; non sa proprio immaginarselo sconfitto e addirittura ucciso. Gesù lo rimprovera duramente: «Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini» (Mc 8,33).
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Più che profeta
[218] La personalità di Gesù, soprattutto l’autorità inaudita e il totale dono di sé, lasciano trasparire un profondo mistero. Viene spontaneo domandarsi se egli non abbia provato a definire la sua identità con qualche titolo o in riferimento a qualche figura dell’Antico Testamento.
Gesù si pone senz’altro al di sopra dei profeti e dei sapienti: «Ecco, ora qui c’è più di Giona!... c’è più di Salomone!» (Mt 12,41-42). Del resto, se Giovanni Battista, l’ultimo e il più grande dei profeti, ha un ruolo inferiore al più piccolo di quanti appartengono alla nuova realtà del regno di Dio
Tuttavia Gesù si situa nella linea dei profeti e non respinge la qualifica di “profeta”, con cui viene designato in ambienti popolari. Solo che, a differenza della gente, non mette l’accento sul potere di taumaturgo, ma sul destino di profeta rifiutato, perseguitato e martire, perché fedele a Dio e alla missione ricevuta: «Non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme. Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto!» (Lc 13,33-34).
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Servo
[219]
Sulla strada verso Gerusalemme, la ricerca di potenza, di benessere e di prestigio dei discepoli si scontra ripetutamente con la logica di Gesù, secondo cui il Regno è servizio e in esso il primo è colui che serve. La discussione culmina con un’affermazione importante: «Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,45).
| CdA, 180 CONFRONTAVAI |
[220] Gesù si identifica con la figura profetica del Servo del Signore: «non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,45). | |
Titolo preferito
[221]
Per parlare di sé, Gesù preferiva usare il titolo di Figlio dell’uomo: lo si può arguire dal fatto che esso ricorre nei Vangeli ben ottantadue volte e sempre sulla sua bocca, come autodesignazione. Il riferimento è a un personaggio celeste del libro di Daniele, che appare «sulle nubi del cielo», riceve da Dio «potere, gloria e regno» su «tutti i popoli, nazioni e lingue», «un potere eterno, che non tramonta mai» (Dn 7,13-14).
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Umiliato e glorioso
[222]
Denominandosi Figlio dell’uomo, Gesù si presenta come giudice e salvatore escatologico, che in futuro verrà nella gloria. Ma, innovando profondamente il significato di questa figura, dichiara che il Figlio dell’uomo esercita già ora il potere di giudicare e salvare; soprattutto aggiunge che egli adesso è umiliato e perseguitato.
Questa tensione tra presente e futuro corrisponde alla dinamica del Regno, ora nascosto e avversato, in futuro glorioso. Il Figlio dell’uomo impersona il Regno. Dopo la sua morte e risurrezione, ricevuto il dono dello Spirito Santo, i discepoli lo capiranno meglio e potranno constatare la verità della sua parola: «Vi sono alcuni qui presenti che non morranno senza aver visto il regno di Dio venire con potenza» (Mc 9,1).
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La trasfigurazione
[223]
Intanto a tre di loro, Pietro, Giacomo e Giovanni, il Maestro concede di pregustare un anticipo della sua gloria futura. Mentre si trova in preghiera «su un alto monte» (Mt 17,1), si trasfigura. Diviene sfolgorante come la luce.
Con Mosè ed Elia, che nel frattempo sono apparsi, parla della necessità di passare attraverso la croce per entrare nella gloria
Mentre discendono dal monte, Gesù ribadisce ai discepoli che «il Figlio dell’uomo dovrà soffrire» (Mt 17,12), come ha sofferto Giovanni Battista.
| CCC, 554-556 |
Gli avversari
[225]
I Vangeli ci consentono di individuare con buona approssimazione la dinamica che portò alla crisi del ministero di Gesù.
Il progetto del Regno, che si attua nella conversione incondizionata a Dio e all’uomo, appariva poco concreto alle folle: non rispondeva alle attese di riscatto nazionale e di benessere materiale. Dopo gli entusiasmi iniziali, esse cominciarono a diradarsi. Quanto alle autorità e agli appartenenti ai circoli elitari, sebbene tra loro ci fosse chi credeva in Gesù di nascosto
Tra i farisei, la cui influenza nelle sinagoghe era predominante, non pochi erano in preda a crescente inquietudine e irritazione
Sadducei e anziani, o notabili, che controllavano il sinedrio di Gerusalemme, suprema assemblea della nazione, erano sempre più allarmati per la sua contestazione del tempio: un falso profeta, che bestemmiasse contro la legge di Mosè e il tempio, meritava di morire. Per di più si trattava di un profeta pericoloso per la notevole popolarità di cui ancora godeva, come aveva dimostrato l’ingresso messianico a Gerusalemme.
I devoti osservanti, a qualunque gruppo appartenessero, educati come erano al rispetto dell’assoluta trascendenza di Dio, facilmente rimanevano scandalizzati di fronte a un uomo che si attribuiva un’autorità pari a quella di Dio.
Questi risentimenti presero corpo in un complotto contro Gesù e in una prima condanna da parte del sinedrio, mentre egli si teneva nascosto. Bisognava però arrestarlo senza dare nell’occhio, per non provocare tumulti tra la folla dei pellegrini galilei che lo consideravano un profeta. Giuda, con il suo tradimento, offrì la possibilità di arrestarlo a colpo sicuro.
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La consapevolezza di Gesù
[226]
Da tempo Gesù si rendeva conto del rischio mortale. Ripetutamente aveva affermato che quanti si convertono al Regno vanno incontro a persecuzioni: a maggior ragione la stessa sorte sarebbe toccata a lui; tanto più che anche Giovanni Battista era stato ucciso, per ordine di Erode.
Nei Vangeli troviamo numerose predizioni di Gesù riguardo a un suo futuro di sofferenza: alcune sono allusive; tre sono piuttosto dettagliate, rese probabilmente più esplicite dai discepoli alla luce degli eventi compiuti.
Gesù dunque è consapevole del pericolo; ma gli va incontro con decisione: «Mentre erano in viaggio per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi erano stupiti; coloro che venivano dietro erano pieni di timore» (Mc 10,32). Il pericolo non indebolisce la sua fedeltà a Dio e non rallenta i suoi passi.
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[227] L’ostilità contro Gesù fu alimentata da quanti, senza comprenderne le opere e l’insegnamento, lo considerarono un sovvertitore della religione e un pericoloso agitatore di folle.
Gesù era consapevole della morte che lo attendeva, ma andò incontro ad essa con coraggio, per essere fedele a Dio.
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Festa del Regno che viene
| CdA, 198 CONFRONTAVAI CdA 685 CONFRONTAVAI |
[229]
Innanzitutto testimonia una certezza: il regno di Dio verrà comunque, il raduno di Israele proseguirà.
La cena pasquale ebraica, memoriale della liberazione dall’Egitto e rendimento di grazie per le meraviglie compiute da Dio in occasione dell’esodo, aveva sempre più accentuato, con il passare dei secoli, il carattere di attesa della liberazione definitiva e della venuta del regno di Dio.
Da parte sua, Gesù ha già celebrato più volte la festa del Regno con pubblici conviti; l’ha già presentata in una parabola come un banchetto, che rischia di fallire per il rifiuto degli invitati, ma poi ottiene uno splendido successo
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Dono di se stesso
[230] Gesto di speranza è dunque l’ultima cena. Ma ancor più è gesto di autodonazione per la salvezza dell’umanità.
Mentre mangiavano, Gesù «preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi”» (Lc 22,19-20).
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[231]
Durante la cena Gesù ha voluto anche lavare i piedi dei suoi discepoli
| CdA, 691-693 CONFRONTAVAI CdA 697 CONFRONTAVAI |
Il processo
[233]
Giuda consegna Gesù alle autorità del tempio e accompagna al monte degli Ulivi, nell’orto del Getsemani, le guardie e i servi, mandati ad arrestarlo.
Dopo l’arresto, nella notte stessa, viene avviato il processo con una istruttoria informale nella casa del sommo sacerdote. Intanto le guardie e i servi scherniscono Gesù come profeta da strapazzo: dopo averlo bendato, lo maltrattano con sputi, schiaffi e percosse
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[234]
Pilato odia gli ebrei e li tratta con arroganza. Svolge un supplemento di indagine e capisce subito che Gesù è politicamente innocuo per l’impero di Roma ed è rifiutato solo per motivi religiosi.
Per liberarsi del fastidio, saputo che Gesù proviene dalla Galilea, lo manda da Erode, che ha il governo di quella regione, presente anche lui a Gerusalemme per la Pasqua. Erode lo prende per un fatuo sognatore e insieme alla corte lo schernisce come re da burla, facendogli indossare una lussuosa veste regale; e così mascherato lo rinvia al governatore
I capi ebraici, decisi a spuntarla, coinvolgono la folla e fanno leva sul servilismo di Pilato verso l’imperatore e sulle sue ambizioni di carriera. Per non avere noie con le autorità di Roma, Pilato finisce per cedere e consegna Gesù alla morte
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La morte in croce
[235]
Secondo la prassi, Gesù viene crudelmente flagellato; quindi ancora schernito atrocemente dai soldati con la coronazione di spine. Viene condotto in un luogo appena fuori le mura della città, chiamato Gòlgota, e lì crocifisso. Muore di una morte dolorosa e umiliante, riservata ai criminali più pericolosi, messi al bando dalla società e considerati maledetti da Dio
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Al Getsemani
[237] Qual è lo stato d’animo di Gesù durante la passione? Al di là degli avvenimenti esteriori, c’è una passione interiore, ancor più dolorosa e misteriosa.
Nel Getsemani Gesù è in agonia. Si getta bocconi a terra, si alza e va dai discepoli, torna a inginocchiarsi, supplica il Padre, prova un’angoscia tremenda, fino a sudare sangue. È orrore per la morte prematura e crudele, repulsione per l’odio e il peccato, amarezza per il rifiuto della sua opera. Chi ama soffre a motivo del suo amore; e nessuno ama più del Figlio di Dio.
La solitudine lo opprime. È uomo come tutti e prova il bisogno umanissimo di essere confortato dagli amici; ma i discepoli dormono un sonno pesante, i loro occhi sono spenti: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un’ora sola?» (Mc 14,37).
A prezzo di una sofferenza indicibile, Gesù riesce ad assoggettare la sua sensibilità umana alla volontà del Padre, che lo consegna alla morte indifeso: «Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu» (Mc 14,36).
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Sul Calvario
[238]
Un altro spiraglio sulla passione interiore di Gesù si apre con il misterioso grido dall’alto della croce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15,34). È paradossale che faccia esperienza dell’assenza di Dio colui che ne ha proclamata l’assoluta vicinanza.
Il grido è la citazione iniziale di un salmo, che esprime la desolazione del giusto perseguitato e insieme la sua fiducia in Dio
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[239]
Gesù si fa solidale con gli uomini peccatori, fino a sentire come propria la loro separazione da Dio: «Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, diventando lui stesso maledizione per noi, come sta scritto: Maledetto chi pende dal legno» (Gal 3,13). Nel suo amore appassionato, sperimenta il peso dei nostri peccati e delle sofferenze che ne derivano: «Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore» (2Cor 5,21); «Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce» (1Pt 2,24).
Alcune esperienze dei mistici ci aiutano a intuire, per analogia, quanto sia tremenda per Gesù l’esperienza dell’abbandono da parte del Padre: «Non c’è pena tanto grave per l’anima quanto il pensiero di essere stato abbandonato da Dio... L’anima prova molto al vivo l’ombra di morte e il gemito di morte e i dolori dell’inferno»
San Giovanni della Croce, Notte oscura, 2, 6, 2. Beata Angela da Foligno, Il Libro, Memoriale, 8, 69-70.145-147. | |
[240] Due preghiere, l’una nell’orto del Getsemani e l’altra sulla croce, sollevano il velo sulla passione interiore di Gesù, più dolorosa di quella esteriore: «Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice!» (
Mc 14,36
); «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (
Mc 15,34
).
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Tra i morti
[241]
Secondo la fede della Chiesa, formulata nel “Credo apostolico”, Gesù, morendo, «discese agli inferi». Cosa significa questa espressione piuttosto oscura? Gli inferi sono la dimora simbolica dei defunti
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Vittoria sulla morte
[242]
Gesù è andato tra i morti e poi è risorto dai morti. Ha raggiunto i morti come Salvatore; ha portato loro i benefici della sua morte redentrice: «È stata annunziata la buona novella anche ai morti» (1Pt 4,6). I giusti delle passate generazioni ottengono «la perfezione» (Eb 12,23) e vengono introdotti nel santuario celeste, al seguito di Cristo morto e risorto.
Il senso di questa fede neotestamentaria si riassume in tre affermazioni: Gesù è veramente morto; la sua morte redentrice ha valore salvifico per tutti gli uomini, anche per quelli vissuti prima di lui; il suo incontro con i giusti già morti comunica loro la pienezza della comunione con Dio. In definitiva la discesa agli inferi, più che soggezione alla morte, è vittoria su di essa. L’icona del Sabato Santo rappresenta Cristo sfolgorante di luce, che abbatte le porte, spezza le catene, annuncia la liberazione, prende per mano Adamo e lo solleva, riconduce fuori i morti.
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Dio primo protagonista
[244]
Chi ha provocato la morte di Gesù? I suoi avversari storici soltanto? Oppure Dio ha fatto ricadere su di lui il castigo dovuto ai nostri peccati? Ha fondamento l’immagine di un Dio inflessibile, che soddisfa le esigenze della giustizia attraverso il sacrificio di un innocente? Addentrandoci in questi interrogativi ci accostiamo al significato della redenzione.
Dal punto di vista storico, la morte di Gesù è stata voluta dalle autorità ebraiche e romane del tempo e dalla folla di Gerusalemme abilmente manipolata; non da tutti gli ebrei di allora; tanto meno da quelli delle generazioni successive
Cf. Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 4.
Ma le cause storiche non spiegano adeguatamente la croce di Cristo: ad un livello diverso tutti gli uomini ne sono responsabili. Quei pochi che, in varia misura, l’hanno provocata direttamente sono soltanto i rappresentanti del peccato, radicato in ogni uomo, in ogni popolo e in ogni epoca: «Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture» (1Cor 15,3).
«Secondo le Scritture» significa: secondo il progetto di Dio adombrato nell’Antico Testamento. Dietro la morte di Gesù c’è dunque un disegno di Dio, un disegno di amore, che la fede della Chiesa chiama “mistero della redenzione”. Come l’antico Israele fu liberato dalla schiavitù d’Egitto per ricevere il dono dell’alleanza e della terra promessa
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Mistero d’amore
[245] Il mistero della redenzione, secondo il Nuovo Testamento, è mistero di amore. Per avvicinarci ad esso il più possibile, nessuna prospettiva o linguaggio è più adatto di quello dell’amore gratuito.
Dio è in sé perfettissimo, felice e immutabile: non può né diminuire né crescere, né perdere né acquistare. È per amore del tutto libero e gratuito che chiama in essere le creature e concede la sua alleanza. Non acquista nulla per sé; vuole solo comunicare vita e perfezione; ma lo vuole con assoluta serietà, appassionatamente.
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[246]
L’uomo, creato libero, si chiude con il peccato all’amore e ai doni di Dio. Danneggia se stesso, non Dio. A ognuno potrebbero essere rivolte le parole di Eliu nel libro di Giobbe: «Contempla il cielo e osserva, considera le nubi: sono più alte di te. Se pecchi, che gli fai? Se moltiplichi i tuoi delitti, che danno gli arrechi? Se tu sei giusto, che cosa gli dai o che cosa riceve dalla tua mano? Su un uomo come te ricade la tua malizia, su un figlio d’uomo la tua giustizia!» (Gb 35,5-8). E con il concilio Vaticano II si potrebbe aggiungere: «Il peccato è una diminuzione per l’uomo stesso, impedendogli di conseguire la propria pienezza»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 13.
Tuttavia il peccatore offende Dio e gli procura una misteriosa «sofferenza»
Cf. Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 39. | |
[247]
Nel suo amore sempre fedele, nella sua misericordia senza limiti, «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Lo ha mandato, uomo tra gli uomini; gli ha ispirato e comunicato il suo amore misericordioso per i peccatori
Cf. San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, III, q. 47, a. 3; q. 49, a. 4.
L’iniziativa è del Padre: «È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo» (2Cor 5,19). È lui che ama per primo; è lui che per primo «soffre una passione d’amore»
Origene, Omelie su Ezechiele, 6, 6. San Gregorio Taumaturgo, A Teopompo sulla passibilità o impassibilità di Dio. Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 39. | |
[248]
Il Cristo accoglie liberamente l’iniziativa del Padre: «Il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa» (Gv 5,19). Condivide l’atteggiamento misericordioso del Padre, la sua volontà e il suo progetto: «Ha dato se stesso per i nostri peccati..., secondo la volontà di Dio e Padre nostro» (Gal 1,4). Si è donato agli uomini senza riserve
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[249]
Si è offerto «con uno Spirito eterno» (Eb 9,14). Come il fuoco consumava le vittime sacrificali degli antichi sacrifici rituali, così «lo Spirito Santo agì in modo speciale in questa assoluta autodonazione del Figlio dell’uomo, per trasformare la sofferenza in amore redentivo»
Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 40. | |
Il Crocifisso risorto, nostro Salvatore
[250]
Dio, nella sua misericordia, non solo dona agli uomini peccatori il Figlio unigenito irrevocabilmente, fino alla morte in croce, ma lo risuscita a loro vantaggio, costituendolo loro «capo e salvatore» (At 5,31). Dopo aver reso Gesù solidale con noi fino alla morte, il Padre lo ricolma della sua compiacenza, lo glorifica con la risurrezione e lo costituisce principio di rigenerazione per tutti gli uomini con la potenza dello Spirito Santo: «È stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione» (Rm 4,25).
Nell’evento globale della morte e risurrezione di Cristo si attua il mistero della redenzione, in quanto viene preparato e «reso perfetto» (Eb 5,9) per il genere umano il Salvatore, incarnazione dell’amore misericordioso e potente del Padre. «Colui che è più forte di ogni cosa al mondo, è apparso immensamente debole... Egli si è abbassato per gli uomini facendosi uomo e noi siamo saliti su un uomo abbassatosi fino a terra. Egli si è rialzato e noi siamo stati elevati»
San Gregorio Magno, Commento al Libro di Giobbe, 16, 30, 37. | CdA, 274 CONFRONTAVAI CdA 399 CONFRONTAVAI CdA 401-404 CONFRONTAVAI |
[251]
Dopo l’evento pasquale, attraverso il ministero della Chiesa, in virtù dello Spirito di Cristo, la salvezza raggiunge i singoli uomini. Così la vita nuova «viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione... Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro» (2Cor 5,1820).
I credenti, accogliendo la redenzione, diventano anche cooperatori della salvezza degli altri. Seguendo Cristo, sostenuti dalla sua grazia, abbracciano la croce, muoiono al proprio egoismo, ricevono la forza nuova dell’amore e la introducono nel tessuto sociale della famiglia umana.
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[252] Dio Padre ha mandato il suo Figlio tra gli uomini, lo ha lasciato in balìa della loro violenza, lo ha reso solidale con i peccatori fino alla morte in croce, lo ha risuscitato come loro Salvatore: «Ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (
Gv 3,16
).
Gesù Cristo, condividendo l’amore del Padre per noi peccatori, si è consegnato nelle nostre mani, si è donato senza riserve fino alla morte, ha portato il peso dei nostri peccati; quindi è risuscitato per comunicarci lo Spirito Santo e renderci giusti. Così ha manifestato l’amore misericordioso del Padre, lo ha glorificato.
Lo Spirito Santo, amore del Padre e del Figlio, ha animato l’esistenza umana di Gesù, in modo che fosse un continuo dono di sé agli uomini, fino al vertice supremo della morte in croce e della risurrezione.
Gli uomini, nella misura in cui sono peccatori, sono solidali con chi ha condannato e ucciso Gesù; ma possono convertirsi e diventare giusti, perché l’amore di Dio e di Cristo è più forte di ogni peccato.
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Diversi linguaggi
[253]
«Guarda se trovi in me altro che amore»
Beata Angela da Foligno, Il Libro, Memoriale, 4, 193. | |
Riscatto
[254]
“Riscatto” «a caro prezzo» (1Cor 6,207,23)
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Sacrificio
[255]
“Sacrificio” è la morte di Gesù in quanto porta a compimento «una volta per tutte» (Eb 7,27) il senso dei riti sacrificali dell’Antico Testamento: i sacrifici di alleanza, l’olocausto, l’oblazione, il sacrificio pacifico, quello di riparazione e quello di espiazione, soprattutto il sacrificio dell’agnello pasquale. Tali sacrifici convergono in definitiva verso un unico obiettivo: attuare la comunione dell’uomo con Dio, rendendolo partecipe della sua santità.
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Espiazione
[256]
“Espiazione” è da intendere come purificazione, non come castigo sostitutivo
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Soddisfazione
[257] “Soddisfazione” vuol dire che la croce di Cristo ricostruisce l’ordine oggettivo del mondo e il suo giusto rapporto con Dio, riparando i danni causati dal peccato. Dio è soddisfatto nel suo amore creatore e santificatore, nel suo voler dare appassionato. È giusto con se stesso, perché egli è carità. La sua è una giustizia giustificante, che rende giusto chi non lo è e concretamente coincide con la sua misericordia. È lui stesso che suscita la mediazione e l’intercessione di Cristo, e subordina ad essa ogni suo altro dono.
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Merito
[258]
“Merito” esprime il valore sommo davanti a Dio dell’offerta di sé, con cui il Cristo si dispone a ricevere dal Padre la gloriosa risurrezione e a diventare principio di vita nuova per i peccatori
Cf. Concilio di Trento, Sess. VI, Decr. Sulla giustificazione, 7 DS 1529. In definitiva tutte le interpretazioni convergono nell’indicare la compiacenza del Padre per la dedizione del Cristo e la costituzione di lui risorto come unico Salvatore per tutti.
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[260] La storia di Gesù non finisce con la morte: numerosi segni manifestano che egli vive nella gloria della risurrezione, come Signore che dona lo Spirito. Per mezzo di lui anche noi risorgiamo a vita nuova; sperimentiamo la gioia di amare e di offrire noi stessi in sacrificio, la più limpida e duratura che ci sia.
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La luce di Pasqua
[261] La liturgia della veglia pasquale comincia con un rito suggestivo. La gente in chiesa attende al buio e in profondo silenzio; dal portale entra la fiamma del grande cero pasquale, simbolo del Cristo risorto; da quella fiamma si propagano tante fiammelle, man mano che i presenti accendono le loro candele; poi si accendono tutte le lampade; e in mezzo all’assemblea si leva il canto gioioso della risurrezione.
La fede cristiana è luce accesa e alimentata dalla Pasqua di Cristo. «Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture» (1Cor 15,3-4): questo è il vangelo che la Chiesa riceve, trasmette e mantiene fedelmente. Ci rendiamo conto che si tratta di un annuncio sconvolgente, che cambia la vita?
Oggi molti sono affascinati da Gesù di Nàzaret, uomo libero, fedele a Dio e a se stesso fino alla morte, uomo per gli altri, profeta di un mondo più giusto e fraterno; ma non ammettono la sua risurrezione. Se così fosse, egli non sarebbe il Salvatore, ma soltanto un martire in più; la speranza umana resterebbe una povera speranza e la morte continuerebbe a dominare inesorabile
D’altra parte il Risorto, senza la croce e la concretezza storica di Gesù, sarebbe soltanto un mito facilmente manipolabile, una sterile proiezione delle nostre aspirazioni.
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Il regno di Dio in Cristo risorto
[262] Con il Crocifisso risuscitato riparte la causa del regno di Dio. Ciò che in modo così promettente era iniziato durante la vita pubblica e poi sembrava annullato dalla morte in croce, ora viene ripreso con nuova e potente efficacia.
Dio non finisce di stupire per il suo amore: restituisce agli uomini come Salvatore il proprio Figlio, che essi hanno rifiutato e ucciso
Il regno di Dio ormai è esplicitamente impersonato in Gesù, «costituito Signore e Cristo» (At 2,36). Dio esercita la sua sovranità per mezzo di lui e «non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,12). Il vangelo del Regno, che Gesù predicava, diventa il «vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio» (Mc 1,1); nasce la fede cristiana come fede in Gesù Signore e in Dio che lo ha risuscitato dai morti.
| CdA, 208 CONFRONTAVAI CdA 211 CONFRONTAVAI CdA 422 CONFRONTAVAI CdA 424 CONFRONTAVAI |
[263] La fede cristiana ha la sua origine e il suo nucleo centrale nel mistero pasquale: «Cristo morì per i nostri peccati... ed è risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture» (
1Cor 15,3-4
), cioè secondo il disegno salvifico di Dio.
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Cambiamento dei discepoli
[264]
Gesù di Nàzaret fu crocifisso a Gerusalemme, fuori delle mura, come un malfattore, e fu sepolto nella tomba nuova messa a disposizione da un amico, Giuseppe di Arimatèa
Ma qualche settimana dopo eccoli in pubblico a proclamare, con coraggio e appassionata convinzione, che Gesù è vivo, è risuscitato, è stato innalzato alla destra di Dio come Messia e Signore dell’universo. Costituiscono la prima comunità cristiana, dove tutti sono «un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32). Si sentono da lui inviati a proseguire la sua missione; per lui rischiano la vita, affrontano persecuzioni e tribolazioni d’ogni genere. Sono uomini nuovi, quasi fossero risuscitati anche loro. Deve essere proprio accaduto qualcosa!
I discepoli affermano con sicurezza che è stato Gesù stesso a trasformarli, non una loro riflessione, immaginazione o esaltazione emotiva: si è fatto vedere vivo e ha donato loro lo Spirito Santo. Si è imposto alla loro incredulità con un’iniziativa tutta sua, con una nuova chiamata.
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Incontri pasquali
[265]
L’apostolo Paolo, verso l’anno 55, riassume l’annuncio pasquale della prima comunità cristiana con quattro verbi, che indicano avvenimenti reali, anche se non tutti controllabili allo stesso modo: «Cristo morì... fu sepolto... è risuscitato... apparve»; poi subito fa seguire un elenco di testimoni autorevoli, ai quali bisogna fare riferimento: «apparve a Cefa (Pietro) e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me» (1Cor 15,3-8).
Si potrebbe obiettare: se Gesù davvero è risorto, perché non si è manifestato anche al sinedrio, a Ponzio Pilato, a tutto il popolo? Per incontrare Dio, bisogna prima cercarlo umilmente; non ha senso un miracolo per costringere a credere. Del resto Dio è sovranamente libero nelle sue decisioni: «Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti» (At 10,40-41).
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[266]
Gli incontri del Risorto con i suoi avvennero a Gerusalemme e in Galilea. Ma è impossibile per noi stabilirne la successione e le modalità. I racconti pasquali, riportati nei quattro Vangeli, presentano divergenze in numerosi dettagli. Questi dettagli a volte, più che ricordi, sembrano essere mezzi letterari per esprimere la concretezza o il significato dell’incontro. La struttura dei racconti è però costante: iniziativa del Risorto, che si fa vedere, viene, si avvicina, sta in mezzo, si manifesta; riconoscimento da parte dei discepoli, senza possibilità di equivocare con qualche spirito o fantasma; missione affidata agli apostoli, che fa della loro testimonianza il fondamento della Chiesa. L’insistenza sull’oggettività dell’esperienza è tale, che le apparizioni sono in realtà da considerare veri e propri incontri interpersonali concreti.
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Il sepolcro vuoto
[267]
Questa oggettività trova riscontro e conferma nella scoperta del sepolcro vuoto: un fatto che a Gerusalemme doveva essere pubblicamente noto, altrimenti non sarebbe stato possibile proclamare che Gesù era risuscitato, senza essere subito ridotti al silenzio e coperti di ridicolo.
Il sepolcro vuoto, sebbene da solo non possa provare la risurrezione, costituisce però un’apertura verso il mistero e un segno dell’identità del Risorto con il Crocifisso.
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Avvenimento diverso
[269]
La risurrezione di Gesù può essere considerata un fatto storico? È questa una domanda importante per la fede. La risurrezione di Gesù si riflette nella storia con dei segni: il sepolcro vuoto, le apparizioni del Risorto, la conversione e la testimonianza dei discepoli, i miracoli e altre manifestazioni dello Spirito. Tuttavia si tratta di un avvenimento non osservabile direttamente come i normali fatti storici: un avvenimento reale senza dubbio, ma di ordine diverso. I Vangeli narrano le sue manifestazioni, ma non lo raccontano in se stesso, perché non può essere raccontato. Le sue modalità rimangono ignote.
Con la risurrezione, Gesù non è tornato alla vita mortale di prima, come Lazzaro, la figlia di Giàiro o il figlio della vedova di Nain; è entrato in una dimensione superiore, ha raggiunto in Dio la condizione perfetta e definitiva di esistenza. Non è tornato indietro, ma è andato avanti e adesso non muore più. Il nostro linguaggio non può descriverlo come veramente è: i risorti sono «come angeli nei cieli» (Mc 12,25) e il loro corpo è un «corpo spirituale» (1Cor 15,44), trasfigurato secondo lo Spirito, vero ma diverso da quello terrestre, come la pianta è diversa dal seme.
| CdA, 1213 CONFRONTAVAI |
Oggetto di fede
[270] I discepoli, che hanno incontrato Gesù concretamente vivo, interpretano questa esperienza alla luce delle attese di salvezza dell’Antico Testamento e usano consapevolmente un linguaggio simbolico: lo presentano come risvegliato, rialzato in piedi, risorto, innalzato, intronizzato alla destra di Dio. Il mistero trascende la nostra comprensione e può essere affermato solo per fede, ragionevolmente però, a motivo dei segni.
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L’Ascensione
[272]
Secondo il racconto di Luca negli Atti degli apostoli, al mattino di Pasqua seguono giorni colmi di stupore e di gioia per le apparizioni del Risorto. Poi un ultimo incontro. Sul monte degli Ulivi, davanti allo sguardo rapito dei discepoli, Gesù si solleva in alto verso il cielo, entra in una nuvola, simbolo della gloria di Dio, e scompare
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Nella gloria trinitaria
[273]
Interpretando l’evento pasquale alla luce di alcuni testi dell’Antico Testamento, gli apostoli proclamano: Gesù è stato «costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti» (Rm 1,4); «Questo Gesù Dio l’ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire... Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso» (At 2,32-3336).
Il Padre, donando a Gesù in modo nuovo lo Spirito Santo, lo chiama a sé e lo risuscita alla vita gloriosa; nello stesso tempo lo unisce più intimamente agli uomini e lo costituisce «capo e salvatore» (At 5,31)
| CdA, 422 CONFRONTAVAI |
Per la salvezza del mondo
[274]
La risurrezione non costituisce semplicemente un trionfo per Gesù, ma è causa della nostra salvezza: «È stato risuscitato per la nostra giustificazione» (Rm 4,25). Ha ricevuto la potenza divina di dare la vita ed è diventato il capostipite della nuova umanità, il nuovo Adamo, che ci fa rinascere come figli di Dio e conduce il mondo alla sua perfezione
Egli regna con la forza dell’amore come Agnello immolato
| CdA, 250 CONFRONTAVAI CdA 404 CONFRONTAVAI |
Primizia dei risuscitati
[276]
La risurrezione di Gesù fonda la nostra fede nella risurrezione generale al termine della storia.
I discepoli, come gran parte degli ebrei del tempo, aspettavano certamente la risurrezione dei morti. Ma Gesù risorto fu per loro un avvenimento imprevisto, carico di misteriosa novità, in quanto anticipazione di un evento atteso solo per gli ultimi giorni: «Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo» (1Cor 15,20-22).
L’offerta delle primizie, nel culto ebraico, significava la consacrazione a Dio di tutto il raccolto. Gesù di Nàzaret è risuscitato non come individuo isolato, ma come capo e rappresentante dell’umanità; è la primizia dei risorti e include virtualmente la liberazione di tutti dal peccato e dalla morte; contiene in sé la risurrezione universale, attesa per la fine dei tempi. Tutto comincia a compiersi.
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Speranza certa
[277] Per noi quest’uomo storico, che ha raggiunto la perfezione oltre la storia, è non solo la guida morale, ma il Signore vivente, che attraverso la morte ci apre un futuro definitivo di vita e di pace. La vittoria sul male è sicura; la storia va verso la salvezza; l’ultima parola appartiene alla grazia di Dio. Dobbiamo scrollarci di dosso la tristezza e la rassegnazione, per aprirci al coraggio della speranza.
| CdA, 406 CONFRONTAVAI |
[278] Gesù è risorto come capo dell’umanità: «Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo» (1Cor 15,22).
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Rimane presente
[279] Durante il tempo di grazia dei quaranta giorni pasquali, Gesù si fa vedere a chi vuole e dove vuole. Con l’ascensione al cielo, cessa questo farsi vedere. Cessa anche la sua presenza?
«Ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose» (Ef 4,10), assicura la Scrittura. Il Risorto è più vicino a Dio e proprio per questo più vicino anche a noi; siede alla destra del Padre come Signore e proprio per questo continua più che mai a camminare sulle strade degli uomini: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,18-20).
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Nella Chiesa e nel mondo
[280] Il Risorto continua con la potenza dello Spirito a operare in modo arcano nella storia, associando a sé la comunità dei credenti, suo “corpo” visibile. La Chiesa si riunisce nel suo nome, lo invoca, lo celebra, lo annuncia, gli dà testimonianza. È inviata per essere segno tangibile della fedeltà di Dio e del suo Messia agli uomini: perciò è destinata a durare indefettibile sino alla fine del mondo.
| CdA, 403 CONFRONTAVAI CdA 426-427 CONFRONTAVAI |
[281]
Tuttavia la presenza del Regno nella storia va ben oltre le frontiere visibili della Chiesa. Lo Spirito soffia dove vuole
Paolo VI, Discorso per la chiusura dell’Anno Santo, 25 dicembre 1975.
La storia resta una drammatica lotta tra il bene e il male; ma Cristo vive in essa, per orientarla nel senso del compimento ultimo attraverso le molteplici attuazioni dei valori di verità, libertà, comunione, pace, bellezza. La sua sovranità si dispiega nel corso dei tempi, come servizio alla dignità e alla vocazione dell’uomo, con un’attenzione preferenziale agli ultimi. In coloro che soffrono vi è una sua particolare presenza
San Leone Magno, Discorsi, 70, 5. | |
[282] Gesù risorto è più vicino a Dio e perciò è più vicino agli uomini: siede alla destra del Padre e rimane con noi «tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
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[283] La risurrezione, come una luce troppo abbagliante, non lascia comprendere, subito fino in fondo, il mistero di Gesù. La comunità cristiana, guidata dallo Spirito, comincia a ripensare l’intera vicenda, la ricorda con commozione e ne rivive le meraviglie; medita, cerca di capire. Alla luce della Pasqua, avanza in un cammino di graduale scoperta attraverso la preghiera e la vita quotidiana, la predicazione missionaria e la catechesi.
Come un canto che inizia sommesso e a poco a poco diventa un coro potente, la fede e la ricerca si trasmettono da una comunità all’altra, da Gerusalemme ad Antiòchia, ad Efeso, a Corinto, a Roma, ovunque i credenti in Gesù si riuniscono attorno al vangelo e all’eucaristia; e poi ancora dalla prima generazione alle successive, nella varietà delle culture e delle esperienze.
La storia di Gesù, risalendo indietro fino alla nascita, viene interpretata con idee, immagini e formule prese dall’Antico Testamento, perché tutto fin da principio parla di lui e si muove verso di lui. A partire dal suo stesso insegnamento, si professa la fede in lui con i titoli più elevati: Cristo, Signore, Figlio di Dio, Verbo fatto uomo, Dio. Ma nessun titolo può esaurire il mistero della sua persona, pur dicendo qualcosa di esso (capitolo 8). Guardando alla storia di Gesù si aprono prospettive vertiginose sulla vita intima di Dio, come mistero d’amore, perfettissima unità di tre persone, Padre, Figlio e Spirito Santo (capitolo 9). Nello stesso tempo si delinea il senso globale della creazione e della storia, come attuazione di un mirabile disegno di Dio, incentrato in Cristo (capitolo 10).
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[284] L’esperienza pasquale apre definitivamente l’accesso al mistero personale di Gesù. La fede della Chiesa vi penetra progressivamente e riconosce nel Crocifisso risorto il Cristo, il Signore, il Figlio di Dio, il Verbo fatto carne, il vero Dio e vero uomo. In lui Dio ci ha dato se stesso per attirarci a sé; è disceso nella nostra miseria per sollevarci alla sua gloria. La divinità del Cristo indica la misura inaudita dell’amore di Dio per noi e la sublime audacia della nostra speranza.
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L’identità di Gesù
[285]
Le diverse opinioni sull’identità di Gesù dividevano i suoi contemporanei
Ma quale idea si facevano di lui le prime comunità cristiane? Qual è l’autentica fede della Chiesa? Possiamo rendercene conto, passando in rassegna i principali titoli attribuiti a Gesù, a cominciare da quello che è diventato il suo secondo nome: “Cristo”, cioè Messia.
| CdA, 214-216 CONFRONTAVAI |
Discendente di David
[286]
Anticamente si chiamavano “messia” i re di Israele, in quanto consacrati con l’olio e investiti da Dio della missione di governare in suo nome. Figura tipica ne era David. A un suo discendente, secondo la promessa, Dio avrebbe affidato la sovranità su Israele per sempre
Nei periodi di crisi e di sventura nazionale, i profeti annunziavano la futura rinascita attraverso un re-messia ideale, della stirpe di David. Il popolo manteneva desta questa speranza con la preghiera dei salmi.
Al tempo di Gesù l’attesa era molto viva. Ogni tanto qualcuno si metteva a capo di una banda armata e si presentava come messia condottiero, venuto a liberare Israele dalla tirannia di Erode e dal dominio di Roma. Il successo era effimero; ma la gente aspettava, sempre più ansiosa, la riscossa e il trionfo su tutti i nemici.
Da parte sua, Gesù rimane cauto e reticente sulla propria identità di messia, per non essere frainteso. Preferisce che siano gli altri a pronunciarsi. Il riconoscimento definitivo, non più incerto e timido, viene dopo la Pasqua.
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Messia glorificato
[287]
I primi credenti dell’ambiente palestinese professano che Gesù è il Cristo, il Messia glorificato, consacrato con l’unzione di Spirito Santo, intronizzato alla destra del Padre.
Quel titolo, che durante la vita terrena del Maestro poteva far pensare a una sovranità in senso politico nazionale, adesso si libera di ogni ambiguità. Gesù è Messia-re di un regno che riguarda tutti i popoli e la loro storia, ma soprattutto va al di là della storia. Davvero Dio ha glorificato il suo Servo obbediente
La professione di fede: «Gesù è il Cristo», diventa a poco a poco un nome proprio, “Gesù Cristo”, quasi a indicare che tutta la sua esistenza umana si identifica con la missione di salvatore. E ad Antiòchia di Siria i suoi seguaci per la prima volta ricevono il nome di «cristiani» (At 11,26): nome che poi si è affermato, perché adatto a suggerire l’intimo legame con il Cristo, la partecipazione alla sua vita e alla sua missione, la consacrazione con l’unzione del suo Spirito nel battesimo e nella cresima.
| CdA, 216 CONFRONTAVAI |
Nella storia
[289]
Le comunità palestinesi di lingua aramaica, tutte protese alla futura venuta del Messia nella gloria, lo invocavano già come Signore: «Marana tha» (1Cor 16,22)
| CdA, 401 CONFRONTAVAI |
[290]
Secondo l’Antico Testamento, “Signore” (in ebraico Adonài, in greco Kyrios) è titolo riservato a Dio: «Io sono il Signore e non v’è alcun altro» (Is 45,5). Gesù come uomo riceve dal Padre questo nome, «che è al di sopra di ogni altro nome» (Fil 2,9), a motivo della sua obbedienza fino alla morte in croce; ma nella profondità della sua persona da sempre vive insieme a Dio e in perfetta uguaglianza con lui. La signoria che egli esercita sui singoli credenti e sulla Chiesa, sulla storia degli uomini e sul mondo intero, è quella stessa di Dio, per dare vita e salvezza con la potenza dello Spirito.
Egli non opprime, ma libera e fa crescere. Chi piega il ginocchio davanti a lui, rimane in piedi davanti ai potenti della terra e non teme il destino o la minaccia di forze oscure
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Nell’universo
[291]
Nella fede delle comunità cristiane di cultura ellenistica viene sempre più esplicitata la signoria di Cristo nei confronti dell’universo. Ogni creatura è orientata verso di lui fin dal principio e aspetta di trovare in lui la sua verità e il suo compimento. Le potenze cosmiche sono da lui sottomesse e ricondotte all’armonia, perché il mondo non precipiti nel caos e nel nulla. Egli trascende l’universo, perché esiste prima di tutte le cose, che «sono state create per mezzo di lui e in vista di lui» (Col 1,16).
| CdA, 356 CONFRONTAVAI CdA 406 CONFRONTAVAI |
Un nuovo significato
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Singolare unità con il Padre
| CdA, 166 CONFRONTAVAI CdA 168 CONFRONTAVAI |
[295] È soprattutto il Vangelo di Giovanni che mette in risalto il singolarissimo legame di Gesù con il Padre.
Con ineffabile gratitudine, Gesù è consapevole di ricevere tutto da lui: «Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa» (Gv 3,35). A sua volta il Figlio vive totalmente per la gloria del Padre: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera» (Gv 4,34). E, di fronte alla passione, l’obbedienza arriva alla suprema dedizione: «Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato. Alzatevi, andiamo...» (Gv 14,31).
L’unità del Figlio con il Padre è tale, che vedendo l’uno si vede anche l’altro: sono uno nell’altro, sono una cosa sola. Il Padre, che in se stesso è invisibile, si rivela e si dona attraverso il Figlio. Il suo amore inaudito per gli uomini si manifesta attraverso l’amore del Figlio: «In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui» (1Gv 4,9).
L’unità di rivelazione del Figlio con il Padre suppone l’unità di essere. Il Figlio si distingue dal Padre, in quanto con lui dialoga, da lui è inviato e a lui è sottomesso; tuttavia non gli è inferiore, perché opera con lui in tutte le sue opere, vive da sempre presso di lui, è Dio insieme a lui, quasi una sua «irradiazione e... impronta» (Eb 1,3), «Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre»
Concilio di Costantinopoli I, Simbolo di Nicea-Costantinopoli. | |
[296] Gesù è il Figlio unigenito di Dio fatto uomo, che ci introduce nell’intimità del Padre, perché «nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11,27).
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La Parola e la Sapienza
[297] Con riferimento alla cultura giudeo-ellenistica, largamente imbevuta di tradizione biblica sulla parola di Dio e sulla divina sapienza, il Vangelo di Giovanni presenta Gesù in modo originale come “il Verbo (la Parola)”.
Inesauribile efficacia, secondo l’Antico Testamento, possiede la parola di Dio, che conduce la storia degli uomini, crea e governa l’universo. A sua volta la divina sapienza abita dall’eternità accanto a Dio
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La persona del Verbo
[298]
Il Vangelo di Giovanni va oltre queste personificazioni e addita una persona precisa. Il Verbo eterno del Padre, creatore del mondo e guida della storia, vicino a Dio e Dio lui stesso, non è un’astrazione evanescente, ma si è fatto uomo mortale, in un luogo e in un tempo determinati; si identifica con la persona di Gesù di Nàzaret: «In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio... E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria» (Gv 1,114).
Il Verbo invisibile apparve dunque visibilmente nella nostra carne; colui che è generato prima dei secoli cominciò ad esistere anche nel tempo, per reintegrare l’universo nel disegno del Padre e ricondurre a lui l’umanità dispersa
Cf. Messale Romano, Prefazio di Natale III. | |
[299] Il nostro pensiero, per poter raggiungere gli altri, diventa suono di una voce. Il Verbo di Dio, per esprimersi e donarsi agli uomini, si è fatto vero e fragile uomo, con una storia umanissima di libertà e di finitudine.
Senza lasciare il cielo, dove da sempre e per sempre vive rivolto al Padre, è disceso sulla terra per essere Dio con noi, nostro amico e fratello. Ha condiviso in tutto eccetto il peccato, la nostra condizione umana
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Il vangelo della nascita
[301] La prima comunità dei credenti, animata dallo Spirito Santo e guidata dagli Apostoli, penetra progressivamente nella profondità del mistero di Gesù; comprende che tutta la sua esistenza è rivelazione di Dio e causa di salvezza per noi. In questa prospettiva anche gli episodi salienti che circondano la sua nascita diventano vangelo, perché lasciano già intravedere quello che poi si manifesterà pienamente alla luce di Pasqua, che cioè Dio è con noi per salvarci e riportarci alla comunione con sé. Si tratta di ricordi, fedelmente custoditi e trasmessi in ambito familiare, che ora vengono compresi nel loro profondo significato.
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Nel racconto di Matteo
[302]
Matteo apre il suo Vangelo con una genealogia e organizza gli avvenimenti della nascita di Gesù in cinque quadri
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Nel racconto di Luca
[303]
L’evangelista Luca racconta la nascita e la vita nascosta di Gesù in parallelo con quella di Giovanni Battista, presentandolo come dono incomparabile e gratuito di Dio ai poveri
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I misteri dell’infanzia e della vita nascosta
[304]
Nella nascita del Messia, povero tra i poveri, viene anticipata la suprema povertà del Crocifisso e comincia a risplendere la gloria di Dio, intesa come rivelazione del suo amore. Nella circoncisione del bambino Gesù si esprimono la sua appartenenza al popolo di Israele e la sua sottomissione alla legge. Nella presentazione al tempio Israele, rappresentato da Simeone e Anna, vede coronata la sua attesa e incontra il suo salvatore, mandato da Dio anche come «luce per illuminare le genti» (Lc 2,32). Nella venuta dei Magi sono le nazioni pagane che, mediante i loro rappresentanti, vanno incontro al Messia di Israele e lo adorano come salvatore universale. Nella fuga in Egitto si annuncia per il Messia un futuro di contrasti e persecuzioni: attuerà la sua missione attraverso la sofferenza. Nel ritrovamento nel tempio emerge la consapevolezza di Gesù circa la propria missione e la propria identità di Figlio di Dio.
La lunga permanenza di Gesù a Nàzaret, intessuta di fatica quotidiana e di ordinari rapporti con la gente anonima di un oscuro villaggio, manifesta anch’essa la condiscendenza di Dio e la sua volontà di essere con noi e per noi. Dio ama la vita quotidiana che non fa notizia, caratterizzata dalla famiglia e dal lavoro, la vita della quasi totalità del genere umano. In essa si lascia incontrare: basta viverla come un dono e un compito, con fede e amore. Non è necessario compiere grandi imprese per essere santi.
| CCC, 527-534CdA, 777-779 CONFRONTAVAI |
Ricerca incessante
[306]
La fede genera un movimento incessante di ricerca, che penetra sempre più nel mistero. La molteplicità di avvenimenti storici, esperienze personali e ambienti culturali provoca domande diverse e porta ad acquisire aspetti sempre nuovi della verità, senza mai esaurirla. Già all’interno del Nuovo Testamento, frutto dell’epoca apostolica delle origini e regola della fede per tutte le generazioni successive, è possibile riscontrare una tradizione sostanzialmente unitaria, ma con varietà di accentuazioni, di prospettive e di contributi.
La riflessione della Chiesa continua nei secoli con la partecipazione di tutti i credenti, ma soprattutto con la predicazione e gli scritti dei Padri, con il magistero del papa e dei vescovi, con quell’espressione particolarmente solenne di esso che sono i concili.
Sorgono numerose eresie. Enfatizzano un aspetto parziale della verità in maniera così unilaterale da lasciarne in ombra o negarne altri. Alcune accentuano l’umanità di Cristo a scapito della divinità; altre, viceversa, accentuano la divinità in modo da misconoscere la sua vera e completa umanità. Tutte finiscono per allontanare Dio dalla storia degli uomini, compromettendo la concezione cristiana della salvezza come unione di Dio con l’uomo. Allora, per difendere l’integrità della dottrina ricevuta dagli apostoli e l’unità della Chiesa, confidando nell’assistenza dello Spirito Santo promesso da Cristo, i concili pronunciano definizioni dogmatiche chiarificatrici, come punti fermi che non bloccano la ricerca, ma la preservano dall’imboccare strade sbagliate.
| CdA, 622 CONFRONTAVAI |
I primi sette concili
[307] I primi sette concili ecumenici difendono e spiegano le verità centrali della fede riguardo a Dio e a Cristo. Ancora oggi il loro insegnamento è patrimonio comune di quasi tutti i cristiani, d’oriente e d’occidente.
Il primo concilio di Nicea, celebrato nell’anno 325, proclama che Gesù Cristo è il Figlio unigenito di Dio, generato non creato, consustanziale al Padre, eterno e immutabile. Respinge l’arianesimo, la dottrina secondo cui il Verbo sarebbe la prima e più perfetta delle creature, strumento per la creazione di tutte le altre.
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[308] Il primo concilio di Costantinopoli, dell’anno 381, condanna gli pneumatòmachi, che negano la divinità dello Spirito Santo, e gli apollinaristi, che non riconoscono in Gesù un’anima umana, in quanto al suo posto ci sarebbe il Verbo. Insegna che lo Spirito Santo è persona divina, consustanziale al Padre e al Figlio, e che il Verbo si è fatto uomo vero, completo di anima e di corpo.
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[309] Il concilio di Efeso, dell’anno 431, rifiuta la dottrina nestoriana, secondo cui in Cristo ci sarebbero due soggetti, uniti moralmente: il Verbo e l’uomo Gesù. Afferma che il Verbo non ha unito a sé la persona di un uomo, ma si è fatto uomo e nella sua umanità è nato da Maria, ha sofferto, è risorto; perciò una sola persona, un solo e medesimo Figlio di Dio è vero Dio e vero uomo, e Maria è vera madre di Dio.
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[310] Il concilio di Calcedonia, dell’anno 451, condanna i monofisiti, i quali sostengono che nell’incarnazione la natura umana viene assorbita in quella divina e quindi ammettono in Cristo una umanità solo apparente. Il concilio formula una professione di fede, molto precisa nel linguaggio e destinata ad avere una grande importanza storica:
«Noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo,[composto]di anima razionale e di corpo, consustanziale al Padre per la divinità e consustanziale a noi per l’umanità, simile in tutto a noi, fuorché nel peccato, generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, e in questi ultimi tempi per noi e per la nostra salvezza da Maria Vergine e Madre di Dio, secondo l’umanità, uno e medesimo Cristo Figlio Signore unigenito; da riconoscersi in due nature, senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili, non essendo venuta meno la differenza delle nature a causa della loro unione, ma essendo stata, anzi, salvaguardata la proprietà di ciascuna natura, e concorrendo a formare una sola persona e ipòstasi; egli non è diviso o separato in due persone, ma è un unico e medesimo Figlio unigenito, Dio, Verbo e Signore Gesù Cristo»
Concilio di Calcedonia, Definizione della fede - DS 301-302. Per secoli questa formula è stata ripetuta, tale e quale, per esprimere la fede della Chiesa. Oggi si sente il bisogno di arricchirla con altre prospettive, per evangelizzare efficacemente le culture contemporanee. Ma essa conserva tutto il suo valore di verità e costituisce un’indicazione sicura per il nostro cammino.
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[311] Conferme e precisazioni a questa formula sono venute già nell’antichità dai tre concili successivi.
Il secondo concilio di Costantinopoli, dell’anno 553, ribadisce la condanna di alcune interpretazioni dualiste, vicine a quella nestoriana.
Il terzo concilio di Costantinopoli, degli anni 680-681, condanna il monoenergismo e il monotelismo, ultimi rigurgiti del monofisismo, che pongono in Cristo una sola attività e una sola volontà; riconosce invece l’esistenza di due attività naturali, divina e umana, e in particolare due volontà in armonia tra loro.
Il secondo concilio di Nicea, dell’anno 787, definisce che è conforme alla verità dell’incarnazione raffigurare il Cristo nelle opere d’arte e tributare culto alle sacre immagini, perché l’onore in definitiva è rivolto alla persona rappresentata.
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Incarnazione di Dio e santificazione dell’uomo
[312] Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, una sola persona in due nature, un solo soggetto di azioni divine e umane.
Il Figlio eterno si è comunicato a una concreta natura umana, esprimendosi in essa. Pur rimanendo Dio come il Padre, ha voluto vivere e morire da uomo, pensare come noi, volere e agire come noi, sentire e soffrire come noi. Ha assunto un vero corpo e una vera anima, una volontà umana liberamente sottomessa a quella divina, una conoscenza umana derivata dall’esperienza del mondo e dall’esperienza intima di sé e del Padre. Pur rimanendo trascendente, è entrato personalmente in una vera esistenza terrena con un concreto spessore storico: «Si è umiliato, non perdendo la natura di Dio, ma assumendo quella del servo»
Sant’Agostino, Discorsi, 4, 5. | CCC, 478 |
[313]
Prospettive inaudite si aprono sull’amore di Dio per gli uomini e sulla grandezza della nostra vocazione. Dio non ci ha dato solo i beni creati, ma ci ha donato se stesso nella storia, per donarci se stesso nell’eternità. Si è abbassato fino a noi, per innalzarci fino a sé, perché, ricevendo lo Spirito Santo, vivessimo in comunione con il Figlio e diventassimo per grazia figli del Padre: «Il Verbo si è fatto uomo e il Figlio di Dio figlio dell’uomo, perché l’uomo, entrando in comunione con Dio e ricevendo l’adozione filiale, diventi figlio di Dio»
Sant’Ireneo, Contro le eresie, 3, 19, 1. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 22. I misteri dell’incarnazione di Dio e della santificazione dell’uomo sono strettamente congiunti. Sia pure in maniera diversa, in ambedue Dio si comunica all’uomo personalmente e l’uomo è accolto in Dio senza perdere la sua piena e concreta verità. È questo il modo proprio del cristianesimo di intendere la salvezza.
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[314] Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, uguale al Padre nella divinità, in tutto simile a noi nell’umanità, eccetto il peccato.
Il Figlio eterno di Dio si è fatto uomo, per renderci partecipi della sua vita filiale e introdurci nell’intimità del Padre.
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[315] La storia di Gesù, Figlio di Dio fatto uomo, ci conduce alla scoperta più sorprendente: Dio non è solitudine; è carità, comunione. Intravediamo la sua unità come correlazione di tre persone: Padre e Figlio e Spirito Santo. È un mistero oscuro, ma che illumina tutto e a tutto dà significato. Ci sentiamo anche noi chiamati a realizzarci nella comunione di carità con Dio e con i fratelli.
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Mistero oscuro e luminoso
[316] La nostra conoscenza di Dio è indiretta e inadeguata. Che senso ha allora indagare la sua vita intima, ciò che egli è in se stesso?
Nella nostra cultura è abbastanza diffuso l’agnosticismo, che tende a circoscrivere la capacità dell’intelligenza umana dentro l’orizzonte terreno e si mostra estremamente diffidente verso ogni tentativo di parlare di Dio. È significativo che nel nostro paese, accanto a quelli che si dichiarano non credenti o indifferenti, molte siano le persone che si ritrovano nella definizione di Dio come Mistero.
D’altra parte, un rapporto religioso vivo non può fare a meno di una qualche conoscenza positiva ed è ancor più significativo che la grande maggioranza della gente si riconosca nella definizione cristiana: «Dio è amore» (1Gv 4,8). Non si può aver fiducia in chi resta completamente sconosciuto.
| CdA, 34 CONFRONTAVAI |
[317] Nella rivelazione storica Dio si manifesta e si nasconde nello stesso tempo; ci offre una conoscenza luminosa, associata a ombre impenetrabili. La sorgente infinita dell’essere e della vita rimane al di là di tutte le cose e di tutti i pensieri; ma in Gesù di Nàzaret lascia trasparire qualcosa del suo segreto. La storia del Cristo non è storia di una sola persona, ma di tre persone: il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. Il Dio ignoto si rivela come mistero di comunione e di amore.
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[318]
Una singolare dialettica attraversava le promesse di salvezza nell’Antico Testamento: da una parte si affermava che negli ultimi tempi Dio sarebbe intervenuto in prima persona per liberare e riunire il suo popolo, e stabilire in esso la sua dimora; dall’altra si accentuava il ruolo che avrebbero svolto le mediazioni della Parola
L’enigma trova soluzione nella storia di Gesù: Messia, Parola e Sapienza di Dio, attraverso il quale si rende presente il Padre e viene donato lo Spirito. Una storia trinitaria dal principio alla fine, perché Dio vi si impegna personalmente come egli è.
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[319]
Gesù riceve il battesimo nelle acque del Giordano ed ecco la voce del Padre presentarlo al mondo e lo Spirito scendere su di lui
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[320]
Con la Pentecoste inizia il cammino storico della comunità cristiana, Chiesa di Dio, corpo del Cristo e tempio vivo dello Spirito. In essa si entra con il battesimo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo
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Fede trinitaria della Chiesa
[321]
La fede cristiana fin dalle origini è cristologica e trinitaria, perché nel mistero di Cristo, il consacrato con l’olio della sovranità divina, noi incontriamo «il Padre che fa l’unzione, il Figlio che la riceve, lo Spirito che è l’unzione stessa»
Sant’Ireneo, Contro le eresie, 3, 18, 3.
Nel II secolo nascono i “simboli della fede” e nascono esplicitamente trinitari. Ecco uno dei più antichi, quello della cosiddetta Didascalia degli Apostoli: «Credo nel Padre dominatore dell’universo e in Gesù Cristo Salvatore nostro e nello Spirito Santo Paraclito»
Costituzioni apostoliche, 7, 41. San Giustino, Prima apologia, 65, 3. | |
Parola e silenzio
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