CATECHISMO DEGLI ADULTI
INDICE TEMATICO
A
Abbà, Aborto, Abramo, Adorazione, Adulterio, Aldilà, Alleanza, Ambiente, Amore, Anàmnesi, Angeli, Angoscia, Anima, Anno liturgico, Annuncio, Antico Testamento, Anziani, Apostolato, Apostoli, Apparizioni, Armi, Arte, Ascensione, Ascesi, Assemblea, Associazioni ecclesiali, Assoluzione, Ateismo, Attrizione, Autoerotismo, Autorità, Avvento, Azione Cattolica,
B
C
Canone biblico, Carattere sacramentale, Carisma, Carità, Castità, Catechesi, Catechismo, Catecumenato, Cattolico, Celibato, Cena, Chiesa, Cibo, Civiltà cristiana, Collegialità episcopale, Collettivismo, Comandamenti, Comunicazione, Comunione, Comunità, Concilio, Concupiscenza, Confermazione, Confessione, Conoscenza di Dio, Consacrazione, Consigli evangelici, Contraccezione, Contrizione, Conversione, Coppia, Corpo, Coscienza, Creazione, Credo, Cresima, Criminalità, Cristo, Critica, Croce, Culto, Cultura, Cuore,
Canone biblico
Carattere sacramentale
Carisma
Carità
Castità
Catechesi
Catechismo
Catecumenato
Cattolico
Celibato
Cena
Chiesa
Carattere sacramentale
Carisma
Carità
Castità
Catechesi
Catechismo
Catecumenato
Cattolico
Celibato
Cena
Chiesa
Cibo
Civiltà cristiana
Collegialità episcopale
Collettivismo
Comandamenti
Comunicazione
Comunione
Comunità
Concilio
Concupiscenza
Confermazione
Confessione
Civiltà cristiana
Collegialità episcopale
Collettivismo
Comandamenti
Comunicazione
Comunione
Comunità
Concilio
Concupiscenza
Confermazione
Confessione
Conoscenza di Dio
Consacrazione
Consigli evangelici
Contraccezione
Contrizione
Conversione
Coppia
Corpo
Coscienza
Creazione
Credo
Cresima
Consacrazione
Consigli evangelici
Contraccezione
Contrizione
Conversione
Coppia
Corpo
Coscienza
Creazione
Credo
Cresima
D
E
F
G
I
Idolatria, Illuminismo, Imitazione, Immagini sacre, Immortalità, Impegno, Impresa, Impurità, Incarnazione, Incesto, Indissolubilità, Individuo, Induismo, Indulgenze, Infallibilità, Inferi, Infermi, Inferno, Iniziazione cristiana, Inquinamento ambientale, Intenzione fondamentale, Intercessione, Interpretazione, Invocazione, Islam, Ispirazione, Israele, Istituti secolari,
L
M
Maestro, Magistero, Malattia, Male, Marana tha, Maria, Martirio, Masturbazione, Materia, Materialismo, Matrimonio, Mediazione, Meditazione, Memoriale, Mente, Meriti, Messa, Messia, Ministeri, Ministro, Miracoli, Misericordia, Missione, Mistero, Mistica, Monachesimo, Mondo, Monoteismo, Morale, Morte, Movimenti,
N
O
P
Pace, Padre, Paolo, Papa, Parabole, Paradiso, Parola, Parrocchia, Parusia, Pasqua, Passione, Pastori, Pazienza, Peccato, Pelagianesimo, Pena, Penitenza, Pentecoste, Perdono, Persecuzione, Persona, Piacere, Pietro, Pluralismo, Poligamia, Politeismo, Politica, Popolo, Possessione, Povertà, Predestinazione, Predicazione, Preghiera, Presbitero, Presenza, Primato, Processo, Procreazione responsabile, Profeta, Progresso, Proprietà, Prostituzione, Provvidenza, Prudenza, Pudore, Purgatorio, Purificazione, Puro,
Pazienza
Peccato
Pelagianesimo
Pena
Penitenza
Pentecoste
Perdono
Persecuzione
Persona
Piacere
Pietro
Pluralismo
Peccato
Pelagianesimo
Pena
Penitenza
Pentecoste
Perdono
Persecuzione
Persona
Piacere
Pietro
Pluralismo
Poligamia
Politeismo
Politica
Popolo
Possessione
Povertà
Predestinazione
Predicazione
Preghiera
Presbitero
Presenza
Primato
Politeismo
Politica
Popolo
Possessione
Povertà
Predestinazione
Predicazione
Preghiera
Presbitero
Presenza
Primato
Processo
Procreazione responsabile
Profeta
Progresso
Proprietà
Prostituzione
Provvidenza
Prudenza
Pudore
Purgatorio
Purificazione
Puro
Procreazione responsabile
Profeta
Progresso
Proprietà
Prostituzione
Provvidenza
Prudenza
Pudore
Purgatorio
Purificazione
Puro
R
S
Sacerdozio, Sacramentali, Sacramenti, Sacrificio, Salario, Salmi, Salute, Salvezza, Santi, Santità, Sapienza, Satana, Scienza, Scrittura Sacra, Scuola, Segno, Sentimenti, Servizio, Sessualità, Signore, Simbolo, Sindacato, Società, Soddisfazione, Sofferenza, Solidarietà, Sopravvivenza, Speranza, Spirito Santo, Spiritualità, Sport, Sposi, Stati di vita, Stato, Storia, Successione apostolica, Suffragi, Suicidio, Superstizione,
T
V
Z
Catechismo degli Adulti
Matrimonio
729-738
, 1041-1084
, 150
, 155-156
, 467
, 737
, 503
, 537-544
, 730-732
, 1055
, 733-734
, 735
, 736
, 1055-1057
, 737
, 886
, 889
, 1059-1065
, 1059
, 1060-1062
, 1063
, 1064
, 1075-1079
, 1075-1076
, 1077-1078
, 1083
VEDI ANCHE
Dalla sacralità al sacramento
[729] Tra i valori universali dell’umanità c’è l’amore per cui l’uomo e la donna si cercano e si incontrano, per diventare una coppia e dare origine alla famiglia, cellula prima e vitale della società. Per questa sua rilevanza sociale, leggi e costumi presso tutti i popoli mirano a dargli ordine e stabilità, sottraendolo al capriccio individuale. I riti ne sottolineano spesso la sacralità.
| CdA, 1043-1084 CONFRONTAVAI |
[730]
Nell’Antico Testamento i profeti assumono il matrimonio come simbolo dell’alleanza di Dio con Israele. Dio è lo sposo sempre fedele; Israele è la sposa spesso infedele. La genuina esperienza di fede ha la poesia del fidanzamento e la dolcezza dell’amore coniugale. L’incredulità, che volta le spalle a Dio per passare agli idoli, ripete la follia dell’adulterio e la vergogna della prostituzione. Gelosia e furore divampano nel cuore dello Sposo divino; ma più grande è la sua misericordia e, malgrado il tradimento, cerca di riportare a sé la sposa: «Ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore... Ti farò mia sposa per sempre» (Os 2,1621). Per quanto riguarda il matrimonio, questo simbolismo viene a dirci che l’amore umano, premuroso e fedele, dei coniugi imita e in qualche modo manifesta l’amore stesso di Dio.
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[731]
Gesù prosegue su questa linea. Non a caso compie il primo miracolo per salvare una festa di nozze a Cana di Galilea
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[732]
L’apostolo Paolo sviluppa il messaggio di Gesù alla luce del mistero pasquale: «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa»; e ora «la nutre e la cura», la purifica e la fa ringiovanire, perché sia «senza macchia né ruga» (Ef 5,25-262729). È uno sposo che ama fino al sacrificio di se stesso e al perdono delle offese.
I coniugi cristiani ricevono il suo Spirito, che li rende capaci di amare come lui ha amato. Sostenuti dalla sua donazione pasquale, possono e devono amarsi come Cristo ama la Chiesa. «L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!» (Ef 5,31-32). I cristiani si sposano «nel Signore» (1Cor 7,39), come sue membra, e il loro matrimonio è elevato a sacramento, segno efficace che contiene e manifesta la nuova alleanza, l’unione di Cristo e della Chiesa. L’amore umano è simbolo di quello di Cristo; l’amore di Cristo è modello e sostegno di quello umano.
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Variazioni giuridiche e rituali
[733]
I cristiani dei primi secoli, consapevoli della santità del matrimonio, bandiscono quelle forme di licenziosità che spesso ne accompagnano la celebrazione presso i pagani. Tuttavia continuano a celebrarlo di solito in casa, secondo le formalità civili e le usanze familiari. La comunità ecclesiale si limita ad esercitare una certa vigilanza: «È conveniente che gli sposi e le spose stringano l’unione con l’approvazione del vescovo, affinché il loro matrimonio sia secondo il Signore e non secondo la concupiscenza»
Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera a Policarpo, 5, 2. Nella tarda antichità e nel medioevo, la Chiesa interviene specialmente per tutelare la libertà della donna e quella dei poveri, per dare alle nozze trasparenza e certezza. Gradualmente si introducono nuove formalità giuridiche e rituali. A partire dal IX secolo il sacerdote assiste ordinariamente alla dichiarazione del consenso e congiunge la mano destra dei due sposi, dicendo: «Io vi congiungo in matrimonio, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo», o altre formule analoghe. La celebrazione si trasferisce dalla casa al sagrato della chiesa o all’interno di essa. Gli sposi rimangono protagonisti, perché il loro consenso è costitutivo del sacramento. In seguito, il concilio di Trento decreta che il matrimonio si celebri davanti al parroco, o a un suo delegato, e davanti a due o tre testimoni; altrimenti sarà nullo.
Successivamente, in epoca moderna, il rito si svolge in chiesa, ma non riesce ad esprimere adeguatamente la ricchezza di significato e di grazia del sacramento. Anzi, spesso vi si insinua una certa mondanità. Molto opportunamente il concilio Vaticano II stabilisce che venga ordinariamente inserito nel corso della santa Messa e sia riveduto, «in modo che più chiaramente venga espressa la grazia del sacramento e vengano fatti capire bene i doveri dei coniugi»
Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 77. | |
[734]
Oggi, nel nostro paese, gran parte delle coppie sceglie il matrimonio religioso. Molte di esse però avvertono più la vaga sacralità di un rito che non il valore specificamente cristiano di un sacramento. Ne sono riprova le diffuse opinioni che contrastano con il significato di questo sacramento, ad esempio circa la celebrazione soltanto civile del matrimonio, l’ammissione dei divorziati risposati all’eucaristia, la liceità dei rapporti sessuali fuori del matrimonio. Perché la celebrazione del sacramento sia fruttuosa, occorre che sia preceduta da un serio cammino di fede e che si svolga in modo da costituire essa stessa un’evangelizzazione. La sua piena autenticità comporta un clima di raccoglimento e di festa, senza distinzioni esteriori e senza sprechi, ma con attenzione ai poveri; esige il coinvolgimento dell’assemblea, la piena valorizzazione della liturgia della Parola, la partecipazione attiva degli sposi, la valorizzazione della benedizione nuziale da parte del sacerdote in nome di Cristo e il collegamento dell’alleanza coniugale con l’eucaristia, vertice sacramentale della nuova alleanza.
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Partecipi dell’amore sponsale di Cristo
[735] Qual è il significato specificamente cristiano del matrimonio? Porsi questa domanda significa interrogarsi sul dono di grazia proprio di questo sacramento.
Gli sposi sono ministri del sacramento e al tempo stesso coloro che lo ricevono. Con una scelta libera, ispirata dall’amore, l’uomo e la donna si legano l’uno all’altro, impegnando la propria persona e l’intera esistenza: «Io prendo te come mio sposo (mia sposa) e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita»
Sacramento del matrimonio, 28. | CdA, 1055-1056 CONFRONTAVAI |
Carità coniugale
[736] Dal rito sacramentale deriva il vincolo coniugale permanente, che è dono e legge nello stesso tempo, alleanza stabile e fonte sempre nuova di grazia. Esige di essere vissuto consapevolmente come amore oblativo, fedele, indissolubile, totale cioè comprensivo di spirito e corpo, unico cioè esclusivamente riservato ai due, fecondo cioè aperto ai figli. Vivendo da veri consacrati secondo la loro vocazione, i coniugi cercheranno di superare la logica dell’individualismo egoista e si dedicheranno ciascuno al bene dell’altro. Penseranno prima a dare che a pretendere. Anzi non coltiveranno eccessive aspettative nei confronti dell’altro, ricordando che solo Dio può saziare pienamente il nostro desiderio di amore e che le nozze umane sono solo un segno e un anticipo delle nozze con Dio. La fedeltà può diventare crocifissione; può esigere grande generosità di servizio e di perdono; ma il cristiano sa di non essere mai solo a portare la croce. Il sacramento non dispensa dalla fatica, ma la rende sensata e possibile. Perché esso sia fruttuoso, occorre un cammino spirituale di coppia: preghiera, ascolto della parola di Dio, partecipazione all’eucaristia, gesti di attenzione reciproca, dialogo assiduo.
La coppia cristiana non rimane chiusa nel rapporto a due; si apre all’accoglienza e all’educazione dei figli; si consacra al loro bene. Insieme con i figli si apre al rapporto con le altre famiglie, con la comunità ecclesiale e con la società civile. Così la famiglia cristiana, fondata sul battesimo e sul sacramento del matrimonio, diventa «immagine ridente e dolce della Chiesa» e traduce in esperienza vissuta la sua vocazione ad essere come una «Chiesa domestica»
San Giovanni Crisostomo, Omelie sulla Lettera agli Efesini, 20, 5-6. Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 11. | CdA, 1056 CONFRONTAVAI |
Situazioni difficili e irregolari
[737] La complessità, la mobilità, il pluralismo culturale e religioso della odierna società si ripercuotono in misura rilevante sul matrimonio.
Sono sempre più frequenti i matrimoni misti, tra cattolici e cristiani di altre confessioni, e i matrimoni interreligiosi, tra cattolici e seguaci di religioni non cristiane. È necessario un prudente discernimento e un’adeguata preparazione. Occorre in particolare una verifica riguardo alla concezione del matrimonio e un’ampia informazione sulle convergenze e divergenze delle diverse tradizioni religiose, etiche e culturali. La parte cattolica deve ottenere anche la dispensa dal proprio vescovo.
Tra i matrimoni invalidi, non sono rari quelli per mancanza di pieno consenso e per incapacità psichica, oltre che per altri impedimenti comunemente conosciuti: età immatura, consanguineità, affinità, impotenza fisica, comportamento delittuoso ecc. Quando emergono fondati indizi, bisogna procedere a una verifica con l’aiuto di consulenti qualificati. L’eventuale dichiarazione di nullità del tribunale ecclesiastico non è da confondere con il divorzio: altro è riconoscere che un matrimonio non è mai esistito e altro è distruggere un matrimonio valido.
Aumenta il numero dei coniugi separati. Hanno bisogno di un’attenzione premurosa da parte della comunità cristiana. Possono essere ammessi ai sacramenti, se non ricercano il divorzio e il matrimonio civile, se si pentono dei propri torti e sono disponibili a perdonare quelli altrui, e fanno quanto è in loro potere per ristabilire la convivenza.
I divorziati non risposati, se sono responsabili della divisione, devono pentirsi e cercare di riparare, per quanto è possibile, il male compiuto; se invece hanno subìto il divorzio e rimangono fedeli ai loro doveri familiari, sono in piena comunione con la Chiesa.
I divorziati risposati a volte finiscono nell’indifferenza religiosa; altre volte rimangono vicini alla Chiesa e desiderano essere ammessi ai sacramenti. Gli sposati solo civilmente rifiutano o rimandano il matrimonio religioso per vari motivi, come la perdita della fede, l’ignoranza del significato cristiano del matrimonio, il bisogno di fare un esperimento, le pressioni dell’ambiente. I conviventi si mettono insieme senza alcun riconoscimento pubblico, né religioso né civile; spesso rifiutano di prendere un impegno reciproco definitivo.
Queste ultime tre situazioni sono oggettivamente le più gravi. Coloro che si trovano in una di esse, finché non si convertono, non sono in piena comunione con la Chiesa: perciò non possono essere ammessi alla riconciliazione sacramentale e alla comunione eucaristica, né fungere da padrini o essere membri di consigli pastorali o responsabili di attività ecclesiali. Però appartengono ancora alla Chiesa: è importante che preghino, ascoltino la parola di Dio, partecipino alla Messa, compiano opere di carità, educhino cristianamente i figli. I sacerdoti e gli altri fedeli della comunità siano loro vicini; abbiano per loro amicizia e rispetto; preghino per loro e li esortino a confidare sempre nella misericordia del Signore. Da una parte bisogna affermare con chiarezza la verità del matrimonio cristiano; dall’altra evitare di giudicare le coscienze e saper comprendere le difficoltà concrete. Amore alla verità e amore alle persone devono andare insieme.
| CdA, 467 CONFRONTAVAI |
[738] «Voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa... Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!» (Ef 5,2532).
Il patto matrimoniale tra i cristiani è stato elevato a sacramento: significa, contiene e comunica l’amore di Cristo per la Chiesa, in modo che gli sposi siano capaci di amarsi con carità coniugale.
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[1041] «Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra» (Is 2,4). | |
[1042] Il cristiano vive la sessualità come un appello ad essere per e con gli altri, che si può accogliere sia nel matrimonio sia nella verginità. L’amore coniugale umano, nella sua pienezza spirituale, corporea e sociale, purificato ed elevato dal sacramento, diventa immagine del regno di Dio che viene. La verginità consacrata è anticipo dello stesso Regno, apertura all’intimità assidua con il Signore e all’amore universale. L’uno e l’altra sono opportunità per crescere nella carità, per santificare se stessi e gli altri.
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Costume di oggi e dottrina della Chiesa
[1043] La cultura dell’amore che si è affermata in occidente, rivendica alcune istanze senz’altro positive: la persona come soggetto libero, la pari dignità dell’uomo e della donna, l’integrazione delle loro diverse qualità umane, la procreazione responsabile. Tende però anche a ridurre l’amore a soddisfazione individuale mediante il possesso dell’altro; permette l’esercizio della sessualità fuori del matrimonio; vuole che sia consentito anche tra omosessuali; lo separa dalla procreazione e lo sottrae ad ogni norma, mantenendo soltanto la proibizione della violenza e le regole dell’igiene. Come mai la sensibilità comune riguardo alla sessualità è così lontana dall’insegnamento della Chiesa? Forse quest’ultima non sa apprezzare la sessualità?
La Chiesa intende salvaguardare la piena verità dell’amore umano. Non vuole opprimerlo con leggi che gli siano estranee, ma solo interpretarlo e servirlo, secondo il disegno di Dio, alla luce della sua parola.
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Reciprocità dei due sessi
[1044]
La distinzione dei sessi è voluta da Dio: «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Gen 1,27). È voluta come un bene: «Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gen 1,31).
La persona sessuata non basta a se stessa; è chiamata a uscire dalla solitudine, a entrare in dialogo con l’altro: «Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile» (Gen 2,18). L’uomo e la donna sono per costituzione rivolti l’uno all’altro: «Né la donna è senza l’uomo, né l’uomo è senza la donna» (1Cor 11,11).
L’alterità e l’originalità consentono la reciprocità e l’integrazione. In tutto il mondo creato, l’armonia voluta dal Creatore implica distinzione e correlazione nello stesso tempo
Designando la sessualità come conoscenza
Cf. Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 11. | CCC, 369-373CCC 1605 |
Il senso del pudore
[1045] Una forte tensione orienta il desiderio verso il corpo dell’altro sesso, in modo da trovare soddisfazione e piacere. Ma la persona non si lascia ridurre a puro strumento e difende la propria dignità con il senso del pudore. Mentre nasconde con il vestito ciò che nel corpo attira maggiormente l’attenzione dell’istinto, rivolge all’altro lo sguardo e il volto, in cui più intensamente può comunicare la ricchezza della propria interiorità. Cerca prima di tutto di rivelargli il suo valore più vero.
| CCC, 2521-2527 |
L’amore tra l’uomo e la donna
[1046]
Nell’innamoramento questo valore viene riconosciuto con meraviglia e commozione. Se poi si arriva all’amore, all’intensità del sentimento si aggiunge l’impegno preciso e incondizionato della volontà ad accompagnare l’altro, perché possa realizzarsi pienamente e portare a compimento il suo destino. «Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore! Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell’amore, non ne avrebbe che dispregio» (Ct 8,6-7). La sessualità, se è ben incanalata, non rimane a livello di istinto. Le qualità fisiche non interessano più per se stesse, ma come qualità della persona. L’amore integra in sé e spiritualizza l’attrazione e la soddisfazione sessuale.
| CCC, 1603-1605 |
Segno del reciproco dono totale
[1047]
«L’amore è la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano»
Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 11. Giovanni Paolo II, Redemptor hominis, 10. | |
[1048]
Il peccato ha introdotto vari disordini, come il divorzio e la poligamia; ma più radicalmente ha deformato e reso menzognero il rapporto di coppia: non più comunione nel rispetto reciproco, bensì possesso, come se la persona fosse un oggetto: «Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà» (Gen 3,16). Le persone hanno bisogno l’una dell’altra, per scoprire la propria dignità e la bellezza della vita. L’individualismo banalizza il sesso e degrada l’amore a coincidenza precaria di interessi egoistici, quando non arriva a produrre frutti amari di tensione, discriminazione, sfruttamento e violenza.
| CCC, 1606-1608 |
[1049] L’opera di Dio resta deformata, non però totalmente perduta. Lascia ancora trasparire la sua bellezza e suscita ancora ammirazione, anche perché la grazia della redenzione l’accompagna fin dall’inizio, per restituirle la sua autenticità. Con l’educazione è possibile passare dall’amore individualista, ripiegato su di sé, all’amore oblativo, rivolto agli altri; è possibile controllare e spiritualizzare l’istinto, integrandolo gradualmente nella dinamica del dono di sé.
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La castità
[1050] La castità non si riduce alla continenza sessuale; propriamente significa capacità di amare senza possedere egoisticamente, capacità di relazioni autentiche. Essa è corretto sviluppo della sessualità, premessa per vivere degnamente sia il matrimonio che la verginità consacrata, valore comune per scelte diverse. Non impoverisce la vita, ma la restituisce alla sua pienezza.
| CCC, 2337-2350 |
[1051] La persona esiste come uomo e come donna, perché ognuno esca dalla solitudine ed entri in un dialogo di amore.
Al di là del fatto biologico, la sessualità è capacità di relazione spirituale e corporea. Esige di essere vissuta come segno e parte di un dono totale reciproco.
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La moderna emancipazione
[1052] A partire dal secolo XVIII si sviluppano vari movimenti di liberazione della donna. Fino alla metà del nostro secolo le rivendicazioni riguardano la parità nella società: accesso a tutti i livelli di istruzione, suffragio universale e partecipazione politica, uguali opportunità di lavoro in tutte le professioni. Negli ultimi decenni la contestazione si estende al rapporto uomo-donna all’interno della stessa famiglia. Alcuni orientamenti rifiutano ogni codificazione di ruoli maschili e femminili tra le pareti domestiche; affermano il diritto della donna a gestire autonomamente il proprio corpo: libertà di contraccezione, di aborto, di rapporti omosessuali. Cosa pensare da un punto di vista cristiano di questo processo culturale?
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Pari dignità e reciprocità
[1053]
I racconti della creazione sottolineano sia la pari dignità sia la distinzione e la reciprocità tra uomo e donna. Ci mettono così in guardia da soluzioni semplicistiche e unilaterali.
Uomo e donna sono ambedue soggetti liberi, dotati di piena umanità; sono però anche due modi di essere al mondo, di vedere la realtà e di comunicare. In essi la pienezza umana si trova polarizzata in maniera diversa. Nell’uno di solito appaiono accentuate l’aggressività, la capacità di iniziativa, l’attività esteriore produttiva. Nell’altra si concentra la ricchezza simbolica della maternità, cioè l’interiorità, l’accoglienza, la cura della vita fisica e spirituale, la tenerezza, la premura per la crescita, la difesa di ciò che è debole.
Emancipazione della donna non può allora significare omologazione pura e semplice. Le deve senz’altro essere riconosciuto il diritto di inserirsi da protagonista nella vita familiare, professionale, sociale, culturale ed ecclesiale; ma anche di portarvi la sua originalità e il suo genio. La gestione della famiglia e l’organizzazione sociale vanno ripensate in modo da valorizzare il più possibile il diverso apporto di ambedue i sessi e attivare un ricco scambio di esperienze.
L’uomo deve essere responsabilizzato, come marito e come padre, a condividere il peso quotidiano della vita familiare. La donna non deve inseguirlo sulla via dell’affermazione individualistica di sé e del consumismo sessuale. Il lavoro produttivo di per sé è un bene per ambedue; non dovrebbe però essere una scelta obbligata. Di qui l’esigenza di un riconoscimento culturale ed economico del lavoro domestico e del ruolo sociale della famiglia.
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Matrimonio
[1055]
Da più parti si ripete che i giovani, oggi, abituati a passare attraverso tante esperienze frammentarie, hanno paura degli impegni definitivi. Tuttavia rimane forte il bisogno di stabilità affettiva, che tende, come sempre, a incanalarsi nell’alveo del matrimonio.
Il matrimonio è «intima comunità di vita e di amore»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 48. | |
Libertà
[1056] L’amore coniugale cristiano è libero, casto, totale, uno, fedele, indissolubile, fecondo, sacramentale.
La libertà del consenso è assolutamente necessaria, poiché l’uomo e la donna si donano come persone. La Chiesa la esigeva anche in passato, quando per lo più erano le famiglie a combinare le nozze.
| CCC, 1643-1654CCC 2380-2391 |
Integrazione progressiva
[1057]
L’amore coniugale si costruisce giorno per giorno. Non si resta fedeli, ma lo si diventa continuamente, con rinnovata attenzione e progressiva integrazione delle capacità vitali. Al di là della sfera istintiva e affettiva, vi sono interessate molte altre esperienze: casa, lavoro, vita ecclesiale e sociale, avvenimenti e scelte quotidiane, disagi e difetti, gioie e amarezze. Prima però bisogna crederci, almeno con la stessa convinzione, che ci rende pronti a ricominciare con l’educazione dei figli dopo ogni insuccesso, e con la stessa tenacia con cui cerchiamo di perfezionare la nostra abilità lavorativa. Anche nel rapporto di coppia occorrono responsabilità, fedeltà agli impegni presi, spirito di sacrificio. Le tensioni non mancheranno mai, ma il superamento è sempre possibile. Occorre coltivare il dialogo di coppia e portare in famiglia lo spirito delle beatitudini: umiltà, mitezza, misericordia, giusto rispetto delle diversità, volontà di pace. «Non è il vostro amore a sostenere il matrimonio, ma d’ora innanzi è il matrimonio che sostiene il vostro amore»
D. Bonhoeffer, Resistenza e resa, Predica di nozze dal carcere: Maggio 1943.
Il divorzio è contrario alla verità dell’amore coniugale; reca pregiudizio all’equilibrio e all’educazione dei figli; procura danni alla società. In caso di convivenza difficile il cristiano è chiamato a testimoniare le esigenze radicali della carità. Non si butta un matrimonio perché non soddisfa pienamente. Se viene a mancare il clima di entusiasmo affettivo, restano ancora altri valori: la compagnia, l’aiuto reciproco, il perdono, la fedeltà a Dio. Rimane inoltre la speranza che la crisi possa essere superata. Al più, in casi di particolare gravità, si potrà ricorrere alla separazione, senza risposarsi, lasciando aperta la porta alla riconciliazione
Cf. Erma, Il pastore, 29, 7-8. La Chiesa annuncia senza compromessi la verità dell’amore coniugale, unico, fedele, indissolubile. Tuttavia invita a non giudicare la coscienza di quanti convivono in modo irregolare. Anzi esorta a mantenere verso di loro atteggiamenti di misericordia, rispetto, amicizia.
| CCC, 2382-2386 |
Sessualità e fecondità
[1059] L’amore coniugale costituisce l’unità degli sposi, unità riservata a loro, ma non chiusa in un egoismo a due.
L’uomo e la donna sono diversi non solo per integrarsi reciprocamente, ma anche per generare ed educare figli. «Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra”» (Gen 1,28). L’unione fisica e affettiva si prolunga e si personifica nei figli. «I coniugi, mentre si donano tra loro, donano al di là di se stessi la realtà del figlio, riflesso vivente del loro amore, segno permanente dell’unità coniugale»
Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 14.
È evidente che sessualità e fecondità sono finalisticamente connesse a livello di dinamismo biologico. Ma lo sono anche nell’ordine simbolico. Come il sorriso esprime simpatia e la stretta di mano amicizia, così l’atto coniugale è un gesto importante di comunicazione, un linguaggio che ha due significati oggettivi inscindibili: unitivo e procreativo
Cf. Paolo VI, Humane vitae, 12. | |
Una procreazione responsabile
[1060] È dunque necessaria innanzitutto un’adesione di principio alla fecondità. Purtroppo, nel nostro paese, tale adesione non è scontata. Molte coppie hanno paura di accettare anche un solo figlio.
La fondamentale adesione alla fecondità deve poi attuarsi in modo responsabile davanti a Dio. Occorre regolare di comune accordo, senza grettezza e calcolo utilitaristico, il numero e il momento opportuno delle nascite, considerando il bene dei coniugi stessi, l’educazione dei figli che nasceranno e di quelli già nati, le condizioni generali della società. D’altra parte bisogna rispettare il duplice significato oggettivo dell’atto coniugale.
È autentico solo il comportamento che mette insieme la responsabile regolazione delle nascite e la disponibilità effettiva ad accogliere la vita.
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[1061]
In vista di una procreazione responsabile, si può regolare la fertilità attraverso la continenza periodica, che tiene conto dei tempi fecondi e infecondi della donna. C’è chi si chiede se anche qui non ci si trovi di fronte a un artificio. Il ricorso ai ritmi naturali rispetta invece la completa verità oggettiva, non solo biologica ma anche simbolica, dell’atto sessuale; nello stesso tempo favorisce la crescita di altri valori: dominio di sé, rispetto dell’altro, dialogo, tenerezza
Cf. Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 32. | |
[1062]
La castità coniugale è una conquista. Occorre riconoscere umilmente che la prassi è al di sotto dell’ideale; però la nostra debolezza non può essere la misura del bene e del male. D’altra parte bisogna essere comprensivi, soprattutto in questo ambito: forti condizionamenti psicologici, familiari e culturali, possono diminuire notevolmente la responsabilità personale. Alcune coppie ritengono impraticabile per loro la continenza periodica. Altre non vedono nessun male nella contraccezione. Altre rimangono perplesse tra le esigenze dell’armonia coniugale e il rispetto della finalità procreativa, temendo di sbagliare qualunque cosa scelgano. Occorre aiutare queste persone a fare dei passi in avanti nella giusta direzione, secondo le loro capacità. A che cosa è dovuto il loro comportamento? Implica egoismo e rifiuto della fecondità? Ritengono di aver fatto quanto potevano? Potrebbero sperimentare senza grave difficoltà e senza pericolo i metodi naturali? Devono essi per primi valutare la situazione della loro coscienza, aprendosi sempre più con fiducia all’insegnamento della Chiesa.
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La fecondazione artificiale
[1063]
Disordine opposto alla contraccezione può essere considerata la fecondazione artificiale: quella esclude la fecondità, questa il rapporto sessuale. È di diversa specie e può essere più o meno grave secondo che sia eterologa o omologa e secondo il metodo usato. Gli embrioni non utilizzati vengono lasciati morire. Inoltre è forte il rischio che l’intervento si trasformi in un affare commerciale. Un figlio, essendo persona, può avere degna origine solo dall’amore e dal gesto che esprime l’unità dei coniugi, non dalla tecnica. Deve essere accolto come un dono, non realizzato come un prodotto. Disponendosi alla procreazione attraverso l’amore reciproco nel rapporto sessuale, i coniugi si mantengono nel ruolo di cooperatori dell’amore di Dio creatore
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 50. È comprensibile la sofferenza delle coppie senza figli e desiderose di averne. Da una parte devono essere aiutate a comprendere che non esiste un vero e proprio diritto al figlio, quasi fosse un oggetto da possedere; d’altra parte vanno incoraggiate a orientarsi verso altre forme di fecondità, come l’affidamento e l’adozione. Si può essere padre e madre senza aver generato. Anche la coppia sterile è chiamata a oltrepassare se stessa nell’amore.
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Missione educativa dei genitori
[1064]
La fecondità non si riduce alla riproduzione biologica, ma include l’educazione. Innanzitutto i coniugi educano se stessi; si aiutano reciprocamente a crescere verso la pienezza umana e cristiana. Poi, col fatto stesso di generare persone destinate a svilupparsi, si assumono un compito educativo nei loro confronti. L’educazione dei figli è una generazione prolungata e la famiglia è un «grembo spirituale»
San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, II-II, q. 10, a. 12. Cf. Concilio Vaticano II, Gravissimum educationis, 3.
I genitori devono essere vicini ai figli con la testimonianza personale e il colloquio quotidiano, evitando di essere possessivi o al contrario dimissionari dalle proprie responsabilità. «Di fronte alla cura per i figli e alla loro educazione, tutto sia per noi secondario. Se fin dall’inizio insegni al fanciullo ad essere saggio, egli acquista la ricchezza più grande di ogni altra e la gloria più valida»
San Giovanni Crisostomo, Omelie sulla Lettera agli Efesini, 21, 2.
La comunicazione educativa non è a senso unico. I figli contribuiscono attivamente alla formazione dei genitori. La famiglia, nel quotidiano intreccio di rapporti interpersonali, costituisce il primo ambiente di umanizzazione, «la prima e vitale cellula della società»
Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 11. | CCC, 2221-2231 |
[1065] L’atto coniugale ha due significati inscindibili: quello unitivo e quello procreativo. Sarebbe menzognero se non fossero rispettati entrambi
La regolazione delle nascite va attuata con la continenza periodica e il ricorso ai metodi naturali.
La procreazione responsabile include anche l’educazione. I figli devono essere accolti come un dono, una promessa e un compito.
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Apporto sociale della famiglia
[1066]
Sviluppo e pienezza del matrimonio è la famiglia. Con questa parola indichiamo una comunità di persone, costituita da un uomo e da una donna, uniti in matrimonio, e dai loro figli, stabile e socialmente approvata, tenuta insieme da vincoli morali, religiosi e legali di rispetto, di amore, di cooperazione e assistenza reciproca. Al suo nucleo essenziale possono aggregarsi altre persone, di solito parenti, dando origine a una considerevole varietà di forme storiche.
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[1067] La famiglia è la cellula fondamentale della società. Ne genera i nuovi membri; forma la loro personalità; trasmette i valori essenziali della convivenza civile, quali la dignità della persona, la fiducia reciproca, il buon uso della libertà, il dialogo, la solidarietà, l’obbedienza all’autorità. Condiziona in misura notevole le scelte degli individui in molti ambiti: acquisti, carriera professionale, impiego del tempo libero, amicizie e relazioni sociali in genere. Svolge spesso un’azione sociale diretta attraverso aziende a conduzione familiare, coinvolgimento nella scuola, partecipazione ad associazioni, volontariato verso disabili, disadattati, anziani, coppie in difficoltà.
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Sostegno sociale alla famiglia
[1068]
Nella moderna civiltà industriale si è offuscata la consapevolezza del ruolo sociale della famiglia. Le viene riconosciuta una grande importanza privata di carattere affettivo, ma poca importanza nella società e per la società. Non le viene assicurato il necessario sostegno giuridico, economico, assistenziale e culturale. Anzi il divaricarsi degli impegni di lavoro e degli interessi logora l’unità familiare. La mobilità sociale sempre più rapida ostacola l’accettazione di un rapporto definitivo di coppia e favorisce il permissivismo sessuale e le unioni provvisorie non legalizzate. Confinato nel privato, chiuso nell’isolamento affettivo, il rapporto a due finisce per diventare più povero e fragile. Non adeguatamente sostenuta sul piano economico e culturale, la coppia riduce al minimo le nuove nascite, dando luogo a una preoccupante crisi demografica. In quella che appare come “società degli individui”, la famiglia respira con affanno, anche se viene ancora considerata un valore. D’altra parte il malessere della famiglia torna poi a ripercuotersi sulla società, in una vasta gamma di forme patologiche.
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[1069] È necessario riscoprire e valorizzare pienamente il ruolo della famiglia, comunità intermedia tra individuo e società. Occorre sollecitare la sua responsabilità e sostenere il suo impegno specialmente in campo educativo e assistenziale. La politica dovrebbe rivolgerle un’attenzione privilegiata e servirla con iniziative di sostegno e di integrazione. Oggi gli interventi di maggior rilievo potrebbero avere i seguenti contenuti: tutela della vita e sostegno alla maternità, aiuto economico alle famiglie con figli, agevolazioni per la casa, organizzazione del lavoro rispettosa delle esigenze della vita familiare, equità fiscale in base ai carichi familiari, organizzazione della scuola in modo che le famiglie abbiano effettiva libertà di scelta e possibilità di partecipazione, strutturazione dei servizi assistenziali tale da coinvolgere le famiglie specialmente riguardo ai disabili e agli anziani. Valorizzare la famiglia significa prevenire molti mali della società. Una politica per la famiglia è una politica per la libertà nella solidarietà.
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[1070] La famiglia è diretta emanazione delle persone e base della società. Deve essere valorizzata come comunità prioritaria rispetto ad ogni altra formazione sociale.
«L’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia»
Giovanni Paolo II
, Familiaris consortio, 85.
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Apporto della famiglia alla Chiesa
[1071]
Per la grazia del battesimo, della cresima, dell’eucaristia e del sacramento del matrimonio, vissuta in una concreta esperienza di fede e di carità, la famiglia cristiana si pone come segno e riflesso dell’Amore trinitario e come attuazione originale e immagine della Chiesa, tanto da meritare il nome di “chiesa domestica”
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 11. | |
[1072] La famiglia cristiana evangelizza con la sua stessa esistenza; è essa stessa un vangelo vivente, una buona notizia che suscita speranza. I genitori trasmettono la fede ai figli nella semplicità e concretezza della vita quotidiana e i figli edificano i genitori. Insieme tutti i familiari testimoniano la salvezza di Cristo nei rapporti con le altre persone, a cominciare dai parenti e dai vicini. Possono inoltre partecipare a specifiche iniziative pastorali. La coppia come tale può assumere compiti nella comunità ecclesiale, in particolare di catechesi dei ragazzi e degli adulti; può partecipare ad associazioni con finalità di apostolato.
La famiglia cristiana offre a Dio il culto spirituale con la preghiera comune e l’offerta del proprio stare insieme, nella fatica e nel riposo, nella sofferenza e nella gioia. Nella casa si collocano segni religiosi, come il crocifisso e altre immagini sacre, la Bibbia e i ricordi dei sacramenti ricevuti, creando possibilmente un angolo della preghiera. Si trova il momento più adatto per pregare insieme nei giorni feriali. Si partecipa alla celebrazione eucaristica e si compie qualche gesto significativo per celebrare la festa. I genitori accompagnano i figli nel cammino dell’iniziazione cristiana, risvegliando in se stessi la grazia dei sacramenti. Inoltre possono partecipare a gruppi e movimenti di spiritualità coniugale.
La famiglia cristiana testimonia la carità con modalità proprie, quali il servizio reciproco nelle cose di ogni giorno, la cura premurosa dei membri più deboli, come gli anziani, i malati e i disabili, la pratica cordiale e generosa dell’ospitalità, l’affidamento o l’adozione di bambini senza famiglia, l’attenzione alle famiglie in difficoltà. Può inoltre partecipare ad associazioni di famiglie a scopo sociale e culturale.
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Sostegno della Chiesa alla famiglia
[1073] Da parte sua la Chiesa sostiene la famiglia offrendole un ambiente vitale e anche un aiuto specifico. La pastorale familiare, dimensione importante della pastorale ordinaria, annuncia, celebra e serve il vangelo del matrimonio e della famiglia. Ricerca teologica, predicazione e catechesi approfondiscono e diffondono la visione cristiana della famiglia; aiutano gli sposi a riscoprire il dono meraviglioso che hanno ricevuto, perché insieme possano avanzare in un cammino di santità. La comunità ecclesiale si riunisce a pregare per e con la famiglia nella celebrazione del matrimonio, negli anniversari, nella festa della famiglia, in altre particolari circostanze. La programmazione pastorale crea strutture di sostegno e di promozione, come ad esempio i consultori familiari d’ispirazione cristiana; attua iniziative per tutte le tappe del cammino familiare; fa sorgere piccole comunità di famiglie; rivolge un’attenzione particolare alle coppie giovani, alle coppie di migranti, alle coppie con figli disabili o disadattati.
Sebbene nella prassi vi siano molte carenze, questo profilo ideale della pastorale familiare sta a indicare quanto la Chiesa sia convinta della centralità della famiglia per la sua stessa vita e missione.
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[1074] «Tra la grande Chiesa e la “piccola Chiesa” si realizza ogni giorno, in forza della presenza dello Spirito, uno scambio di doni, che è reciproca comunicazione di beni spirituali»
Giovanni Paolo II
, Discorso alla XXXVII Assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana, 13 maggio 1993.
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Due modi di vivere l’alleanza
[1075]
Il matrimonio unico, fedele, indissolubile è un modo di accogliere degnamente il regno di Dio, che comincia a venire nella storia mediante Gesù
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[1076] La verginità cristiana va accolta come una vocazione, che viene da Dio mediante l’ascolto della sua parola e la grazia interiore del suo Spirito. Va vissuta con un atteggiamento di fede e di gioia spirituale, alimentato dalla preghiera. Comporta il distacco non solo dalla vita di coppia, ma anche dalle simpatie troppo limitate, per orientare tutte le energie, comprese quelle affettive, alla comunione con Cristo e con quanti diventano vicini a causa di lui, per affinità di carisma o per motivo di ministero. È un dono prezioso per la Chiesa: testimonia infatti la presenza iniziale del regno di Dio e la sicura speranza del suo compimento; rende più disponibili al servizio.
La verginità non contraddice la dignità del matrimonio, ma la presuppone, la conferma, la difende dalle interpretazioni riduttive
Cf. Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 16. D’altra parte il matrimonio è per la verginità un richiamo ad essere donazione effettiva, non immaginaria, comunione e non isolamento. Si tratta di due doni complementari che si edificano reciprocamente.
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Due modi di amare
[1077] La verginità consacrata, in quanto comunione di carità, è un matrimonio spirituale; il matrimonio, in quanto dono totale esclusivo, è verginità del cuore, appartenenza a uno solo. La prima non è un sacramento, perché esprime per se stessa il mistero dell’alleanza; il secondo ha bisogno di un sacramento specifico, perché di per sé appartiene all’ordine della creazione.
Verginità e matrimonio sono due possibilità per il cristiano, due modalità di realizzare pienamente la comune vocazione all’amore
Cf. Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 11. | |
[1079] «La rivelazione cristiana conosce due modi specifici di realizzare la vocazione della persona umana, nella sua interezza, all’amore: il matrimonio e la verginità. Sia l’uno che l’altra, nella forma loro propria, sono una concretizzazione della verità più profonda dell’uomo, del suo essere ad immagine di Dio»
Giovanni Paolo II
,
Familiaris consortio
, 11.
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Armonia complessa e difficile
[1080] Ben tre comandamenti del decalogo riguardano la sessualità e la vita familiare. Chiedono di armonizzare molte dimensioni della personalità: istinto, affettività, amicizia, vita comune, procreazione ed educazione dei figli, presenza nella società e nella Chiesa.
Il desiderio istintivo deve essere integrato nel rispetto e nell’amore per l’altro, nel reciproco dono totale. Ogni uso menzognero del linguaggio sessuale è moralmente disordinato
Cf. Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, 49. | |
Disordini sessuali
[1081]
Tanto alto è il significato della sessualità che ogni attuazione della facoltà genitale fuori del matrimonio costituisce un disordine morale.
L’autoerotismo, o masturbazione, è un gesto contraddittorio: comunicazione rivolta a se stesso invece che all’altro. Oggettivamente è un disordine grave. La responsabilità soggettiva spesso però viene attenuata da condizionamenti psichici e ambientali, specie negli adolescenti, per i quali la masturbazione assume il significato di scoperta di sé e compenso a frustrazioni affettive. Occorre prendere coscienza del significato autentico della sessualità, coltivare grandi ideali e praticare la generosità, evitare occasioni pericolose, fortificarsi con la preghiera.
Il comportamento omosessuale è ripetutamente condannato nella Bibbia. Degrada l’amicizia: spesso riduce l’altro a immagine speculare di sé e ad oggetto intercambiabile. Nella misura in cui è assunto liberamente diventa colpa personale. A volte però deriva da una tendenza così radicata nella struttura della persona da risultare difficilmente controllabile. È doveroso ricorrere in ogni caso alle possibilità offerte dalla fede e dalla scienza, senza abbandonarsi ad una rassegnata ineluttabilità. L’impegno di vita cristiana dovrà dirigersi verso l’amicizia disinteressata, fedele e spirituale.
Fuori della logica del dono totale di sé si collocano altri gravi disordini, quali la fornicazione, la prostituzione, l’adulterio, l’incesto, lo stupro. La fornicazione, rapporto sessuale tra un uomo e una donna non sposati, largamente accettata dalla cultura permissiva, contraddice la naturale apertura a una degna procreazione dei figli e a una stabile comunione di vita, inserita nella Chiesa e nella società. La prostituzione nega la sessualità come comunicazione di amore reciproco, riducendola a una merce; di fatto implica disprezzo della persona. L’adulterio offende la castità, la fedeltà e la giustizia; denota mancanza di tenerezza e di dialogo nel matrimonio; tradisce le esigenze dell’amore coniugale e distrugge l’armonia della famiglia. L’incesto, rapporto sessuale tra parenti stretti tra i quali non è lecito il matrimonio, incontra la comune riprovazione di quasi tutte le culture; compromette la fiducia e la stabilità delle relazioni familiari, nonché la salute fisica e psichica dei figli che potrebbero essere generati. Lo stupro consiste nel costringere una persona al rapporto sessuale con la violenza, con il timore, con l’inganno o comunque senza il suo consenso consapevole e libero; esso è una ingiusta aggressione contro la persona, la sua dignità e la sua integrità, e va combattuta nelle sue radici culturali e sociali.
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Educare la sessualità
[1082]
«Ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto, non come oggetto di passioni e libidine, come i pagani che non conoscono Dio» (1Ts 4,4-5). La sessualità è capacità di uscire dalla solitudine ed entrare in relazione con l’altro. Come tutte le tendenze, essa va educata: deve essere integrata nell’amore, in modo da promuovere la dignità e l’identità delle persone. Controllo dell’istinto e maturità affettiva consentono di pervenire a un atteggiamento non più possessivo, ma oblativo, cioè alla castità, necessaria sia ai celibi che agli sposati. Per donarsi bisogna prima possedersi. Occorre una disciplina, un apprendimento serio. Se l’ideale appare troppo arduo, bisogna guardarsi dalla tentazione di negarlo e di fare della propria debolezza spirituale il criterio della moralità. Purtroppo molti giovani perdono la fede, perché non riescono ad essere casti. Accettare i propri limiti, essere umili, pregare con perseveranza e invocare la grazia di Dio è la base della vita cristiana
L’educazione sessuale dei ragazzi, inserita nell’educazione globale all’amore come dono di sé, spetta in primo luogo ai genitori. La scuola può intervenire in aiuto, rispettando i loro valori e orientamenti.
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Fidanzamento
[1083] Conoscersi come persone, innamorarsi reciprocamente, consolidare l’amicizia, mettere a fuoco le scelte di fede e i valori fondamentali sono i contenuti principali, del fidanzamento, tempo privilegiato di formazione. Non rientra nelle sue finalità quella di provare l’amore con i rapporti prematrimoniali. L’amore non è una tecnica, non va confuso con il desiderio istintivo. Solo un clima di affetto durevole e sicuro rende possibile la libera accoglienza reciproca e la stessa armonia sessuale. D’altra parte la coppia non appartiene solo a se stessa, ma anche alla società, alla Chiesa e a Cristo. Il legame dei due non è completo, finché non è pubblicamente riconosciuto e consacrato dal sacramento del matrimonio.
La comunità ecclesiale deve offrire ai fidanzati un itinerario prolungato di formazione, comprendente esperienze di catechesi, di dialogo, di preghiera e di carità, in modo da rendere possibile una più consapevole scelta di fede e di vita cristiana.
| CCC, 1632CdA, 1056 CONFRONTAVAI CdA 1066 CONFRONTAVAI CdA 1073 CONFRONTAVAI |
La sessualità viene educata e integrata nella dinamica dell’amore autentico mediante la castità, una virtù necessaria ai celibi e agli sposati.
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Liberi negli affetti
[150]
La liberazione dal possesso egoistico e dall’ambizione non è sufficiente. Il regno di Dio trasforma anche gli affetti familiari e li apre a valori più alti ed universali.
Gesù, con la sua sottomissione a Maria e a Giuseppe
| CdA, 1075-1077 CONFRONTAVAI |
Gesù perfeziona la Legge
[155]
La posizione di Gesù è molto originale e non può essere affatto qualificata come permissivismo; anzi, per certi aspetti, è assai più esigente di qualsiasi altra: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento» (Mt 5,17). Per accogliere il regno di Dio occorre una giustizia superiore a quella degli scribi e dei farisei
Ben sei volte nel discorso della montagna ritorna la formula «Ma io vi dico», per radicalizzare le prescrizioni della legge antica d’Israele e rivelare le esigenze di perfezione contenute nella volontà di Dio: «Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere... Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio» (Mt 5,2122); «Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore» (Mt 5,27); «Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto di ripudio; ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio» (Mt 5,31-32); «Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare...; ma io vi dico: non giurate affatto... Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no» (Mt 5,333437); «Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra» (Mt 5,38-39); «Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti» (Mt 5,43-45).
Gesù condanna non solo l’omicidio e l’adulterio, ma anche l’atteggiamento interiore che sta alla loro radice; dichiara che il divorzio è fuori del progetto di Dio e ristabilisce l’indissolubilità del matrimonio; comanda la limpida veracità nel parlare e l’amore attivo verso i nemici, cercando di vincere il male con il bene. Tanto esigente, forte e autorevole è il suo insegnamento, da lasciare la gente sbalordita
| Cda, 897-900 CONFRONTAVAI |
[156]
Del resto, la sua severità non ha niente a che fare con il legalismo. Se è vero che egli non abolisce la legge antica, è anche vero che non si preoccupa di ripeterla con esattezza e chiaramente la modifica in qualche punto
Nelle sei antitesi del discorso della montagna, illustrate con riferimenti concreti alla vita quotidiana, offre alcune indicazioni esemplificative di questo perfezionamento. Il disegno della nuova giustizia, così tratteggiato, ha il volto della carità, che evita il male e fa il bene verso tutti, compresi i nemici. Urgenti per lui sono soltanto le implicazioni necessarie dell’amore; e la Legge va portata a perfezione risalendo al suo significato originario, al principio ispiratore che è l’amore stesso.
Gesù riprende e concentra tutta la Legge nei due comandamenti dell’amore di Dio e del prossimo, tra loro intimamente congiunti: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti» (Mt 22,37-40). Le norme particolari sono più o meno importanti secondo che più o meno si avvicinano al cuore della Legge. «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell’anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!» (Mt 23,23-24).
Su alcune cose Gesù è estremamente severo, su altre è sorprendentemente libero, condiscendente. Ma non c’è in lui nessuna incoerenza: la volontà di Dio è il bene vero e concreto, non un sistema intangibile di regole astratte; le norme cessano di avere valore, quando non favoriscono più la crescita autentica dell’uomo. Colui che inasprisce la condanna dell’adulterio è lo stesso che rifiuta la pena di morte, prevista dalla legge, per la donna adultera
| Cda, 878 CONFRONTAVAI |
[467] Esigono una particolare attenzione dal punto di vista ecumenico i matrimoni “misti”, tra cristiani di diverse confessioni. Queste unioni sono oggi più diffuse che nel passato e vanno incontro a difficoltà e pericoli in quanto i coniugi non possono condividere pienamente la fede, la vita liturgica, l’educazione dei figli. Se però si riesce ad evitare l’indifferenza religiosa, offrono l’opportunità di crescere nel rispetto e nella comprensione delle diverse tradizioni e di approfondire l’esperienza di Dio. I cattolici devono impegnarsi a frequentare la propria Chiesa, a seguirne gli insegnamenti, a fare il possibile per battezzare ed educare in essa i figli. La celebrazione del matrimonio deve avvenire nella forma del rito cattolico, a meno che per serie ragioni non venga concessa la dispensa per celebrarlo con rito diverso.
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Situazioni difficili e irregolari
[737] La complessità, la mobilità, il pluralismo culturale e religioso della odierna società si ripercuotono in misura rilevante sul matrimonio.
Sono sempre più frequenti i matrimoni misti, tra cattolici e cristiani di altre confessioni, e i matrimoni interreligiosi, tra cattolici e seguaci di religioni non cristiane. È necessario un prudente discernimento e un’adeguata preparazione. Occorre in particolare una verifica riguardo alla concezione del matrimonio e un’ampia informazione sulle convergenze e divergenze delle diverse tradizioni religiose, etiche e culturali. La parte cattolica deve ottenere anche la dispensa dal proprio vescovo.
Tra i matrimoni invalidi, non sono rari quelli per mancanza di pieno consenso e per incapacità psichica, oltre che per altri impedimenti comunemente conosciuti: età immatura, consanguineità, affinità, impotenza fisica, comportamento delittuoso ecc. Quando emergono fondati indizi, bisogna procedere a una verifica con l’aiuto di consulenti qualificati. L’eventuale dichiarazione di nullità del tribunale ecclesiastico non è da confondere con il divorzio: altro è riconoscere che un matrimonio non è mai esistito e altro è distruggere un matrimonio valido.
Aumenta il numero dei coniugi separati. Hanno bisogno di un’attenzione premurosa da parte della comunità cristiana. Possono essere ammessi ai sacramenti, se non ricercano il divorzio e il matrimonio civile, se si pentono dei propri torti e sono disponibili a perdonare quelli altrui, e fanno quanto è in loro potere per ristabilire la convivenza.
I divorziati non risposati, se sono responsabili della divisione, devono pentirsi e cercare di riparare, per quanto è possibile, il male compiuto; se invece hanno subìto il divorzio e rimangono fedeli ai loro doveri familiari, sono in piena comunione con la Chiesa.
I divorziati risposati a volte finiscono nell’indifferenza religiosa; altre volte rimangono vicini alla Chiesa e desiderano essere ammessi ai sacramenti. Gli sposati solo civilmente rifiutano o rimandano il matrimonio religioso per vari motivi, come la perdita della fede, l’ignoranza del significato cristiano del matrimonio, il bisogno di fare un esperimento, le pressioni dell’ambiente. I conviventi si mettono insieme senza alcun riconoscimento pubblico, né religioso né civile; spesso rifiutano di prendere un impegno reciproco definitivo.
Queste ultime tre situazioni sono oggettivamente le più gravi. Coloro che si trovano in una di esse, finché non si convertono, non sono in piena comunione con la Chiesa: perciò non possono essere ammessi alla riconciliazione sacramentale e alla comunione eucaristica, né fungere da padrini o essere membri di consigli pastorali o responsabili di attività ecclesiali. Però appartengono ancora alla Chiesa: è importante che preghino, ascoltino la parola di Dio, partecipino alla Messa, compiano opere di carità, educhino cristianamente i figli. I sacerdoti e gli altri fedeli della comunità siano loro vicini; abbiano per loro amicizia e rispetto; preghino per loro e li esortino a confidare sempre nella misericordia del Signore. Da una parte bisogna affermare con chiarezza la verità del matrimonio cristiano; dall’altra evitare di giudicare le coscienze e saper comprendere le difficoltà concrete. Amore alla verità e amore alle persone devono andare insieme.
| CdA, 467 CONFRONTAVAI |
[503]
I carismi, sebbene l’uso che spesso si fa di questa parola possa far pensare a qualcosa di eccezionale, vengono concessi a tutti i fedeli. «Sono dati alla persona singola, ma possono anche essere condivisi da altri»; possono prolungarsi nel tempo e passare da una generazione all’altra «come una preziosa e viva eredità», dando luogo a «una particolare affinità spirituale»
Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 24.
Essi sono innumerevoli come le esigenze alle quali rispondono. Alcuni sono del tutto ordinari, come il matrimonio, la verginità, l’assistenza ai malati e ai poveri, altri straordinari come i miracoli; alcuni occasionali e spontanei, come il parlare lingue sconosciute, altri stabili come il compito di maestro, altri perfino istituzionali come gli uffici di presbitero e di evangelizzatore, conferiti con l’imposizione delle mani. Il Nuovo Testamento ignora ogni dualismo tra carisma e istituzione: lo Spirito è libero di agire come vuole, fuori e dentro l’istituzione.
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Santità laicale
[537]
Chi è immerso nelle realtà della famiglia, della professione e della vita sociale, deve santificarsi valorizzando queste realtà. La presenza nel mondo può diventare dedizione a Dio e missione: «È proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio»
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 31. Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 15. La santità dei laici si sviluppa attraverso la preghiera, l’ascolto della parola di Dio e la partecipazione ai sacramenti, come quella dei pastori e dei religiosi; ma si nutre anche di quotidiane occupazioni e preoccupazioni: famiglia, scuola, ufficio, fabbrica, negozio, palestra, traffico, quartiere, sindacato, politica... Pur essendo sostanziata di fede, speranza e carità come ogni altra santità, possiede una fisionomia propria con virtù umane specifiche, come la competenza nella professione, la fedeltà e la tenerezza in famiglia, la lealtà e la giustizia nelle relazioni sociali, l’obbedienza verso i pastori della Chiesa e la corresponsabilità nella vita ecclesiale.
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Impegno ecclesiale
[538]
In virtù del battesimo e della cresima, i fedeli «sono tenuti a professare davanti agli uomini la fede ricevuta,... a diffondere e a difendere la fede con la parola e con l’azione, come veri testimoni di Cristo»
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 11. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 35.
Purtroppo anche tra i cattolici praticanti è piuttosto diffuso il pregiudizio che la fede sia un affare privato, anzi individuale, qualcosa che ognuno si tiene per sé. Bisogna maturare una coscienza missionaria, rendersi conto che l’apostolato, anche quello dei laici, «non consiste soltanto nella testimonianza della vita; il vero apostolo cerca le occasioni per annunziare Cristo con la parola sia ai non credenti per condurli alla fede, sia ai fedeli per istruirli, confermarli e indurli a una vita più fervente»
Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 6.
Il primo apostolato è quello spontaneo delle singole persone: è capillare, costante, particolarmente incisivo; è possibile in famiglia, tra i vicini e gli amici, tra i colleghi di lavoro, tra i compagni di svago o di viaggio; è il migliore presupposto anche per l’apostolato associato
Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 28. Insieme all’apostolato personale, ha particolare valore ed efficacia quello della famiglia cristiana. Fondata sul sacramento del matrimonio, la famiglia è chiamata ad essere immagine viva della Chiesa e soggetto privilegiato di evangelizzazione. In modo proprio e originale può manifestare la presenza e la carità di Cristo, sia con la vita ordinaria di ogni giorno, sia mediante opportune iniziative in ambito ecclesiale e sociale.
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[539]
Per molti laici la partecipazione alla missione della Chiesa si esprime anche in forme aggregative: associazioni, movimenti, comunità, gruppi. La libertà associativa è un diritto che deriva dal battesimo e si deve attuare nel rispetto dei “criteri di ecclesialità”
Cf. Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 18; Codice di diritto canonico, 215; Giovanni Paolo II, Christifideles laici 29; 30. Paolo VI, Discorso ai partecipanti all’Assemblea nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, 25 aprile 1977.
Ma tutti i laici, in qualche modo, devono attivamente partecipare alla vita delle loro comunità ecclesiali. Alcuni sono anche chiamati ad assumere ministeri e a far parte di organismi pastorali
Cf. Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 73. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 37. | |
Impegno nella società
[540]
È senz’altro auspicabile una presenza numerosa e qualificata dei laici nelle attività ecclesiali. Tuttavia «il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell’economia; così pure della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; ed anche di altre realtà particolarmente aperte all’evangelizzazione, quali l’amore, la famiglia, l’educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza. Più ci saranno laici penetrati di spirito evangelico, responsabili di queste realtà ed esplicitamente impegnati in esse, competenti nel promuoverle e consapevoli di dover sviluppare tutta la loro capacità cristiana spesso tenuta nascosta e soffocata, tanto più queste realtà, senza nulla perdere né sacrificare del loro coefficiente umano, ma manifestando una dimensione trascendente spesso sconosciuta, si troveranno al servizio dell’edificazione del regno di Dio, e quindi della salvezza in Gesù Cristo»
Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 70. | |
Dono divino
[542]
La vita consacrata è «dono divino che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore»
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 43. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 44.
Tra quanti credono in lui, alcuni sono chiamati a lasciare per la causa del regno di Dio abitazione, professione e famiglia, abbracciando l’ideale della perfetta castità, che non tutti possono capire, «ma solo coloro ai quali è stato concesso» (Mt 19,11). Rinunciando ai beni materiali e al matrimonio, seguono più da vicino il Maestro e si dedicano più liberamente al servizio apostolico. Assumendo uno stile di vita diverso dall’ordinario, professano più apertamente la fede in lui e diventano un segno più evidente della nuova vicinanza di Dio e dell’inizio di un mondo nuovo che si compirà nella risurrezione futura, quando «non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo» (Mt 22,30).
| CdA, 200 CONFRONTAVAI |
Le prime esperienze
[543]
La comunità itinerante dei primi discepoli ha un seguito nella prima Chiesa di Gerusalemme, riunita intorno al Signore risorto in virtù del suo Spirito. Il Maestro ormai è invisibile; ma è più presente che mai e nella fede si vive in intima comunione con lui
A Gerusalemme guarderanno, come a un modello perfetto, tutte le comunità cristiane successive; ma saranno specialmente le comunità di vita consacrata che si sentiranno chiamate a rivivere quel modello con la stessa radicalità.
| CdA, 429 CONFRONTAVAI |
[544]
Fin dal tempo degli apostoli l’intimità con il Cristo risorto trova un’espressione privilegiata nella verginità e nel celibato
Certo, anche il matrimonio è una via alla santità cristiana. Ma la verginità e il celibato manifestano con più chiarezza la dedizione al Signore e la fede nella realtà nuova che sta iniziando. Costituiscono per tutti un appello deciso a non lasciarsi imprigionare dai beni terreni, che passano
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[730]
Nell’Antico Testamento i profeti assumono il matrimonio come simbolo dell’alleanza di Dio con Israele. Dio è lo sposo sempre fedele; Israele è la sposa spesso infedele. La genuina esperienza di fede ha la poesia del fidanzamento e la dolcezza dell’amore coniugale. L’incredulità, che volta le spalle a Dio per passare agli idoli, ripete la follia dell’adulterio e la vergogna della prostituzione. Gelosia e furore divampano nel cuore dello Sposo divino; ma più grande è la sua misericordia e, malgrado il tradimento, cerca di riportare a sé la sposa: «Ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore... Ti farò mia sposa per sempre» (Os 2,1621). Per quanto riguarda il matrimonio, questo simbolismo viene a dirci che l’amore umano, premuroso e fedele, dei coniugi imita e in qualche modo manifesta l’amore stesso di Dio.
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[731]
Gesù prosegue su questa linea. Non a caso compie il primo miracolo per salvare una festa di nozze a Cana di Galilea
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[732]
L’apostolo Paolo sviluppa il messaggio di Gesù alla luce del mistero pasquale: «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa»; e ora «la nutre e la cura», la purifica e la fa ringiovanire, perché sia «senza macchia né ruga» (Ef 5,25-262729). È uno sposo che ama fino al sacrificio di se stesso e al perdono delle offese.
I coniugi cristiani ricevono il suo Spirito, che li rende capaci di amare come lui ha amato. Sostenuti dalla sua donazione pasquale, possono e devono amarsi come Cristo ama la Chiesa. «L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!» (Ef 5,31-32). I cristiani si sposano «nel Signore» (1Cor 7,39), come sue membra, e il loro matrimonio è elevato a sacramento, segno efficace che contiene e manifesta la nuova alleanza, l’unione di Cristo e della Chiesa. L’amore umano è simbolo di quello di Cristo; l’amore di Cristo è modello e sostegno di quello umano.
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Matrimonio
[1055]
Da più parti si ripete che i giovani, oggi, abituati a passare attraverso tante esperienze frammentarie, hanno paura degli impegni definitivi. Tuttavia rimane forte il bisogno di stabilità affettiva, che tende, come sempre, a incanalarsi nell’alveo del matrimonio.
Il matrimonio è «intima comunità di vita e di amore»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 48. | |
Variazioni giuridiche e rituali
[733]
I cristiani dei primi secoli, consapevoli della santità del matrimonio, bandiscono quelle forme di licenziosità che spesso ne accompagnano la celebrazione presso i pagani. Tuttavia continuano a celebrarlo di solito in casa, secondo le formalità civili e le usanze familiari. La comunità ecclesiale si limita ad esercitare una certa vigilanza: «È conveniente che gli sposi e le spose stringano l’unione con l’approvazione del vescovo, affinché il loro matrimonio sia secondo il Signore e non secondo la concupiscenza»
Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera a Policarpo, 5, 2. Nella tarda antichità e nel medioevo, la Chiesa interviene specialmente per tutelare la libertà della donna e quella dei poveri, per dare alle nozze trasparenza e certezza. Gradualmente si introducono nuove formalità giuridiche e rituali. A partire dal IX secolo il sacerdote assiste ordinariamente alla dichiarazione del consenso e congiunge la mano destra dei due sposi, dicendo: «Io vi congiungo in matrimonio, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo», o altre formule analoghe. La celebrazione si trasferisce dalla casa al sagrato della chiesa o all’interno di essa. Gli sposi rimangono protagonisti, perché il loro consenso è costitutivo del sacramento. In seguito, il concilio di Trento decreta che il matrimonio si celebri davanti al parroco, o a un suo delegato, e davanti a due o tre testimoni; altrimenti sarà nullo.
Successivamente, in epoca moderna, il rito si svolge in chiesa, ma non riesce ad esprimere adeguatamente la ricchezza di significato e di grazia del sacramento. Anzi, spesso vi si insinua una certa mondanità. Molto opportunamente il concilio Vaticano II stabilisce che venga ordinariamente inserito nel corso della santa Messa e sia riveduto, «in modo che più chiaramente venga espressa la grazia del sacramento e vengano fatti capire bene i doveri dei coniugi»
Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 77. | |
[734]
Oggi, nel nostro paese, gran parte delle coppie sceglie il matrimonio religioso. Molte di esse però avvertono più la vaga sacralità di un rito che non il valore specificamente cristiano di un sacramento. Ne sono riprova le diffuse opinioni che contrastano con il significato di questo sacramento, ad esempio circa la celebrazione soltanto civile del matrimonio, l’ammissione dei divorziati risposati all’eucaristia, la liceità dei rapporti sessuali fuori del matrimonio. Perché la celebrazione del sacramento sia fruttuosa, occorre che sia preceduta da un serio cammino di fede e che si svolga in modo da costituire essa stessa un’evangelizzazione. La sua piena autenticità comporta un clima di raccoglimento e di festa, senza distinzioni esteriori e senza sprechi, ma con attenzione ai poveri; esige il coinvolgimento dell’assemblea, la piena valorizzazione della liturgia della Parola, la partecipazione attiva degli sposi, la valorizzazione della benedizione nuziale da parte del sacerdote in nome di Cristo e il collegamento dell’alleanza coniugale con l’eucaristia, vertice sacramentale della nuova alleanza.
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Partecipi dell’amore sponsale di Cristo
[735] Qual è il significato specificamente cristiano del matrimonio? Porsi questa domanda significa interrogarsi sul dono di grazia proprio di questo sacramento.
Gli sposi sono ministri del sacramento e al tempo stesso coloro che lo ricevono. Con una scelta libera, ispirata dall’amore, l’uomo e la donna si legano l’uno all’altro, impegnando la propria persona e l’intera esistenza: «Io prendo te come mio sposo (mia sposa) e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita»
Sacramento del matrimonio, 28. | CdA, 1055-1056 CONFRONTAVAI |
Carità coniugale
[736] Dal rito sacramentale deriva il vincolo coniugale permanente, che è dono e legge nello stesso tempo, alleanza stabile e fonte sempre nuova di grazia. Esige di essere vissuto consapevolmente come amore oblativo, fedele, indissolubile, totale cioè comprensivo di spirito e corpo, unico cioè esclusivamente riservato ai due, fecondo cioè aperto ai figli. Vivendo da veri consacrati secondo la loro vocazione, i coniugi cercheranno di superare la logica dell’individualismo egoista e si dedicheranno ciascuno al bene dell’altro. Penseranno prima a dare che a pretendere. Anzi non coltiveranno eccessive aspettative nei confronti dell’altro, ricordando che solo Dio può saziare pienamente il nostro desiderio di amore e che le nozze umane sono solo un segno e un anticipo delle nozze con Dio. La fedeltà può diventare crocifissione; può esigere grande generosità di servizio e di perdono; ma il cristiano sa di non essere mai solo a portare la croce. Il sacramento non dispensa dalla fatica, ma la rende sensata e possibile. Perché esso sia fruttuoso, occorre un cammino spirituale di coppia: preghiera, ascolto della parola di Dio, partecipazione all’eucaristia, gesti di attenzione reciproca, dialogo assiduo.
La coppia cristiana non rimane chiusa nel rapporto a due; si apre all’accoglienza e all’educazione dei figli; si consacra al loro bene. Insieme con i figli si apre al rapporto con le altre famiglie, con la comunità ecclesiale e con la società civile. Così la famiglia cristiana, fondata sul battesimo e sul sacramento del matrimonio, diventa «immagine ridente e dolce della Chiesa» e traduce in esperienza vissuta la sua vocazione ad essere come una «Chiesa domestica»
San Giovanni Crisostomo, Omelie sulla Lettera agli Efesini, 20, 5-6. Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 11. | CdA, 1056 CONFRONTAVAI |
Matrimonio
[1055]
Da più parti si ripete che i giovani, oggi, abituati a passare attraverso tante esperienze frammentarie, hanno paura degli impegni definitivi. Tuttavia rimane forte il bisogno di stabilità affettiva, che tende, come sempre, a incanalarsi nell’alveo del matrimonio.
Il matrimonio è «intima comunità di vita e di amore»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 48. | |
Libertà
[1056] L’amore coniugale cristiano è libero, casto, totale, uno, fedele, indissolubile, fecondo, sacramentale.
La libertà del consenso è assolutamente necessaria, poiché l’uomo e la donna si donano come persone. La Chiesa la esigeva anche in passato, quando per lo più erano le famiglie a combinare le nozze.
| CCC, 1643-1654CCC 2380-2391 |
Integrazione progressiva
[1057]
L’amore coniugale si costruisce giorno per giorno. Non si resta fedeli, ma lo si diventa continuamente, con rinnovata attenzione e progressiva integrazione delle capacità vitali. Al di là della sfera istintiva e affettiva, vi sono interessate molte altre esperienze: casa, lavoro, vita ecclesiale e sociale, avvenimenti e scelte quotidiane, disagi e difetti, gioie e amarezze. Prima però bisogna crederci, almeno con la stessa convinzione, che ci rende pronti a ricominciare con l’educazione dei figli dopo ogni insuccesso, e con la stessa tenacia con cui cerchiamo di perfezionare la nostra abilità lavorativa. Anche nel rapporto di coppia occorrono responsabilità, fedeltà agli impegni presi, spirito di sacrificio. Le tensioni non mancheranno mai, ma il superamento è sempre possibile. Occorre coltivare il dialogo di coppia e portare in famiglia lo spirito delle beatitudini: umiltà, mitezza, misericordia, giusto rispetto delle diversità, volontà di pace. «Non è il vostro amore a sostenere il matrimonio, ma d’ora innanzi è il matrimonio che sostiene il vostro amore»
D. Bonhoeffer, Resistenza e resa, Predica di nozze dal carcere: Maggio 1943.
Il divorzio è contrario alla verità dell’amore coniugale; reca pregiudizio all’equilibrio e all’educazione dei figli; procura danni alla società. In caso di convivenza difficile il cristiano è chiamato a testimoniare le esigenze radicali della carità. Non si butta un matrimonio perché non soddisfa pienamente. Se viene a mancare il clima di entusiasmo affettivo, restano ancora altri valori: la compagnia, l’aiuto reciproco, il perdono, la fedeltà a Dio. Rimane inoltre la speranza che la crisi possa essere superata. Al più, in casi di particolare gravità, si potrà ricorrere alla separazione, senza risposarsi, lasciando aperta la porta alla riconciliazione
Cf. Erma, Il pastore, 29, 7-8. La Chiesa annuncia senza compromessi la verità dell’amore coniugale, unico, fedele, indissolubile. Tuttavia invita a non giudicare la coscienza di quanti convivono in modo irregolare. Anzi esorta a mantenere verso di loro atteggiamenti di misericordia, rispetto, amicizia.
| CCC, 2382-2386 |
Situazioni difficili e irregolari
[737] La complessità, la mobilità, il pluralismo culturale e religioso della odierna società si ripercuotono in misura rilevante sul matrimonio.
Sono sempre più frequenti i matrimoni misti, tra cattolici e cristiani di altre confessioni, e i matrimoni interreligiosi, tra cattolici e seguaci di religioni non cristiane. È necessario un prudente discernimento e un’adeguata preparazione. Occorre in particolare una verifica riguardo alla concezione del matrimonio e un’ampia informazione sulle convergenze e divergenze delle diverse tradizioni religiose, etiche e culturali. La parte cattolica deve ottenere anche la dispensa dal proprio vescovo.
Tra i matrimoni invalidi, non sono rari quelli per mancanza di pieno consenso e per incapacità psichica, oltre che per altri impedimenti comunemente conosciuti: età immatura, consanguineità, affinità, impotenza fisica, comportamento delittuoso ecc. Quando emergono fondati indizi, bisogna procedere a una verifica con l’aiuto di consulenti qualificati. L’eventuale dichiarazione di nullità del tribunale ecclesiastico non è da confondere con il divorzio: altro è riconoscere che un matrimonio non è mai esistito e altro è distruggere un matrimonio valido.
Aumenta il numero dei coniugi separati. Hanno bisogno di un’attenzione premurosa da parte della comunità cristiana. Possono essere ammessi ai sacramenti, se non ricercano il divorzio e il matrimonio civile, se si pentono dei propri torti e sono disponibili a perdonare quelli altrui, e fanno quanto è in loro potere per ristabilire la convivenza.
I divorziati non risposati, se sono responsabili della divisione, devono pentirsi e cercare di riparare, per quanto è possibile, il male compiuto; se invece hanno subìto il divorzio e rimangono fedeli ai loro doveri familiari, sono in piena comunione con la Chiesa.
I divorziati risposati a volte finiscono nell’indifferenza religiosa; altre volte rimangono vicini alla Chiesa e desiderano essere ammessi ai sacramenti. Gli sposati solo civilmente rifiutano o rimandano il matrimonio religioso per vari motivi, come la perdita della fede, l’ignoranza del significato cristiano del matrimonio, il bisogno di fare un esperimento, le pressioni dell’ambiente. I conviventi si mettono insieme senza alcun riconoscimento pubblico, né religioso né civile; spesso rifiutano di prendere un impegno reciproco definitivo.
Queste ultime tre situazioni sono oggettivamente le più gravi. Coloro che si trovano in una di esse, finché non si convertono, non sono in piena comunione con la Chiesa: perciò non possono essere ammessi alla riconciliazione sacramentale e alla comunione eucaristica, né fungere da padrini o essere membri di consigli pastorali o responsabili di attività ecclesiali. Però appartengono ancora alla Chiesa: è importante che preghino, ascoltino la parola di Dio, partecipino alla Messa, compiano opere di carità, educhino cristianamente i figli. I sacerdoti e gli altri fedeli della comunità siano loro vicini; abbiano per loro amicizia e rispetto; preghino per loro e li esortino a confidare sempre nella misericordia del Signore. Da una parte bisogna affermare con chiarezza la verità del matrimonio cristiano; dall’altra evitare di giudicare le coscienze e saper comprendere le difficoltà concrete. Amore alla verità e amore alle persone devono andare insieme.
| CdA, 467 CONFRONTAVAI |
Sesto comandamento
[886]
Il sesto comandamento “Non commettere atti impuri”, alla luce del progetto di Dio e nella prospettiva della sua chiamata all’amore e alla comunione, afferma l’autentico valore della sessualità, tutela la fedeltà coniugale ed educa alla castità in ogni stato di vita. Proibisce di conseguenza quanto la offende e non la rispetta nel comportamento personale e di coppia: masturbazione, atti di omosessualità, fornicazione, prostituzione, stupro, incesto, contraccezione, adulterio, divorzio, poligamia, libere unioni, ogni attuazione della sessualità genitale fuori del matrimonio.
| CCC, 2331-2391CdA, 1042-1084 CONFRONTAVAI |
Nono comandamento
| CCC, 2514-2527CdA, 1042-1084 CONFRONTAVAI |
Sessualità e fecondità
[1059] L’amore coniugale costituisce l’unità degli sposi, unità riservata a loro, ma non chiusa in un egoismo a due.
L’uomo e la donna sono diversi non solo per integrarsi reciprocamente, ma anche per generare ed educare figli. «Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra”» (Gen 1,28). L’unione fisica e affettiva si prolunga e si personifica nei figli. «I coniugi, mentre si donano tra loro, donano al di là di se stessi la realtà del figlio, riflesso vivente del loro amore, segno permanente dell’unità coniugale»
Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 14.
È evidente che sessualità e fecondità sono finalisticamente connesse a livello di dinamismo biologico. Ma lo sono anche nell’ordine simbolico. Come il sorriso esprime simpatia e la stretta di mano amicizia, così l’atto coniugale è un gesto importante di comunicazione, un linguaggio che ha due significati oggettivi inscindibili: unitivo e procreativo
Cf. Paolo VI, Humane vitae, 12. | |
Una procreazione responsabile
[1060] È dunque necessaria innanzitutto un’adesione di principio alla fecondità. Purtroppo, nel nostro paese, tale adesione non è scontata. Molte coppie hanno paura di accettare anche un solo figlio.
La fondamentale adesione alla fecondità deve poi attuarsi in modo responsabile davanti a Dio. Occorre regolare di comune accordo, senza grettezza e calcolo utilitaristico, il numero e il momento opportuno delle nascite, considerando il bene dei coniugi stessi, l’educazione dei figli che nasceranno e di quelli già nati, le condizioni generali della società. D’altra parte bisogna rispettare il duplice significato oggettivo dell’atto coniugale.
È autentico solo il comportamento che mette insieme la responsabile regolazione delle nascite e la disponibilità effettiva ad accogliere la vita.
| |
[1061]
In vista di una procreazione responsabile, si può regolare la fertilità attraverso la continenza periodica, che tiene conto dei tempi fecondi e infecondi della donna. C’è chi si chiede se anche qui non ci si trovi di fronte a un artificio. Il ricorso ai ritmi naturali rispetta invece la completa verità oggettiva, non solo biologica ma anche simbolica, dell’atto sessuale; nello stesso tempo favorisce la crescita di altri valori: dominio di sé, rispetto dell’altro, dialogo, tenerezza
Cf. Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 32. | |
[1062]
La castità coniugale è una conquista. Occorre riconoscere umilmente che la prassi è al di sotto dell’ideale; però la nostra debolezza non può essere la misura del bene e del male. D’altra parte bisogna essere comprensivi, soprattutto in questo ambito: forti condizionamenti psicologici, familiari e culturali, possono diminuire notevolmente la responsabilità personale. Alcune coppie ritengono impraticabile per loro la continenza periodica. Altre non vedono nessun male nella contraccezione. Altre rimangono perplesse tra le esigenze dell’armonia coniugale e il rispetto della finalità procreativa, temendo di sbagliare qualunque cosa scelgano. Occorre aiutare queste persone a fare dei passi in avanti nella giusta direzione, secondo le loro capacità. A che cosa è dovuto il loro comportamento? Implica egoismo e rifiuto della fecondità? Ritengono di aver fatto quanto potevano? Potrebbero sperimentare senza grave difficoltà e senza pericolo i metodi naturali? Devono essi per primi valutare la situazione della loro coscienza, aprendosi sempre più con fiducia all’insegnamento della Chiesa.
| |
La fecondazione artificiale
[1063]
Disordine opposto alla contraccezione può essere considerata la fecondazione artificiale: quella esclude la fecondità, questa il rapporto sessuale. È di diversa specie e può essere più o meno grave secondo che sia eterologa o omologa e secondo il metodo usato. Gli embrioni non utilizzati vengono lasciati morire. Inoltre è forte il rischio che l’intervento si trasformi in un affare commerciale. Un figlio, essendo persona, può avere degna origine solo dall’amore e dal gesto che esprime l’unità dei coniugi, non dalla tecnica. Deve essere accolto come un dono, non realizzato come un prodotto. Disponendosi alla procreazione attraverso l’amore reciproco nel rapporto sessuale, i coniugi si mantengono nel ruolo di cooperatori dell’amore di Dio creatore
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 50. È comprensibile la sofferenza delle coppie senza figli e desiderose di averne. Da una parte devono essere aiutate a comprendere che non esiste un vero e proprio diritto al figlio, quasi fosse un oggetto da possedere; d’altra parte vanno incoraggiate a orientarsi verso altre forme di fecondità, come l’affidamento e l’adozione. Si può essere padre e madre senza aver generato. Anche la coppia sterile è chiamata a oltrepassare se stessa nell’amore.
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Missione educativa dei genitori
[1064]
La fecondità non si riduce alla riproduzione biologica, ma include l’educazione. Innanzitutto i coniugi educano se stessi; si aiutano reciprocamente a crescere verso la pienezza umana e cristiana. Poi, col fatto stesso di generare persone destinate a svilupparsi, si assumono un compito educativo nei loro confronti. L’educazione dei figli è una generazione prolungata e la famiglia è un «grembo spirituale»
San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, II-II, q. 10, a. 12. Cf. Concilio Vaticano II, Gravissimum educationis, 3.
I genitori devono essere vicini ai figli con la testimonianza personale e il colloquio quotidiano, evitando di essere possessivi o al contrario dimissionari dalle proprie responsabilità. «Di fronte alla cura per i figli e alla loro educazione, tutto sia per noi secondario. Se fin dall’inizio insegni al fanciullo ad essere saggio, egli acquista la ricchezza più grande di ogni altra e la gloria più valida»
San Giovanni Crisostomo, Omelie sulla Lettera agli Efesini, 21, 2.
La comunicazione educativa non è a senso unico. I figli contribuiscono attivamente alla formazione dei genitori. La famiglia, nel quotidiano intreccio di rapporti interpersonali, costituisce il primo ambiente di umanizzazione, «la prima e vitale cellula della società»
Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 11. | CCC, 2221-2231 |
[1065] L’atto coniugale ha due significati inscindibili: quello unitivo e quello procreativo. Sarebbe menzognero se non fossero rispettati entrambi
La regolazione delle nascite va attuata con la continenza periodica e il ricorso ai metodi naturali.
La procreazione responsabile include anche l’educazione. I figli devono essere accolti come un dono, una promessa e un compito.
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Sessualità e fecondità
[1059] L’amore coniugale costituisce l’unità degli sposi, unità riservata a loro, ma non chiusa in un egoismo a due.
L’uomo e la donna sono diversi non solo per integrarsi reciprocamente, ma anche per generare ed educare figli. «Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra”» (Gen 1,28). L’unione fisica e affettiva si prolunga e si personifica nei figli. «I coniugi, mentre si donano tra loro, donano al di là di se stessi la realtà del figlio, riflesso vivente del loro amore, segno permanente dell’unità coniugale»
Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 14.
È evidente che sessualità e fecondità sono finalisticamente connesse a livello di dinamismo biologico. Ma lo sono anche nell’ordine simbolico. Come il sorriso esprime simpatia e la stretta di mano amicizia, così l’atto coniugale è un gesto importante di comunicazione, un linguaggio che ha due significati oggettivi inscindibili: unitivo e procreativo
Cf. Paolo VI, Humane vitae, 12. | |
Una procreazione responsabile
[1060] È dunque necessaria innanzitutto un’adesione di principio alla fecondità. Purtroppo, nel nostro paese, tale adesione non è scontata. Molte coppie hanno paura di accettare anche un solo figlio.
La fondamentale adesione alla fecondità deve poi attuarsi in modo responsabile davanti a Dio. Occorre regolare di comune accordo, senza grettezza e calcolo utilitaristico, il numero e il momento opportuno delle nascite, considerando il bene dei coniugi stessi, l’educazione dei figli che nasceranno e di quelli già nati, le condizioni generali della società. D’altra parte bisogna rispettare il duplice significato oggettivo dell’atto coniugale.
È autentico solo il comportamento che mette insieme la responsabile regolazione delle nascite e la disponibilità effettiva ad accogliere la vita.
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[1061]
In vista di una procreazione responsabile, si può regolare la fertilità attraverso la continenza periodica, che tiene conto dei tempi fecondi e infecondi della donna. C’è chi si chiede se anche qui non ci si trovi di fronte a un artificio. Il ricorso ai ritmi naturali rispetta invece la completa verità oggettiva, non solo biologica ma anche simbolica, dell’atto sessuale; nello stesso tempo favorisce la crescita di altri valori: dominio di sé, rispetto dell’altro, dialogo, tenerezza
Cf. Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 32. | |
[1062]
La castità coniugale è una conquista. Occorre riconoscere umilmente che la prassi è al di sotto dell’ideale; però la nostra debolezza non può essere la misura del bene e del male. D’altra parte bisogna essere comprensivi, soprattutto in questo ambito: forti condizionamenti psicologici, familiari e culturali, possono diminuire notevolmente la responsabilità personale. Alcune coppie ritengono impraticabile per loro la continenza periodica. Altre non vedono nessun male nella contraccezione. Altre rimangono perplesse tra le esigenze dell’armonia coniugale e il rispetto della finalità procreativa, temendo di sbagliare qualunque cosa scelgano. Occorre aiutare queste persone a fare dei passi in avanti nella giusta direzione, secondo le loro capacità. A che cosa è dovuto il loro comportamento? Implica egoismo e rifiuto della fecondità? Ritengono di aver fatto quanto potevano? Potrebbero sperimentare senza grave difficoltà e senza pericolo i metodi naturali? Devono essi per primi valutare la situazione della loro coscienza, aprendosi sempre più con fiducia all’insegnamento della Chiesa.
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La fecondazione artificiale
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Disordine opposto alla contraccezione può essere considerata la fecondazione artificiale: quella esclude la fecondità, questa il rapporto sessuale. È di diversa specie e può essere più o meno grave secondo che sia eterologa o omologa e secondo il metodo usato. Gli embrioni non utilizzati vengono lasciati morire. Inoltre è forte il rischio che l’intervento si trasformi in un affare commerciale. Un figlio, essendo persona, può avere degna origine solo dall’amore e dal gesto che esprime l’unità dei coniugi, non dalla tecnica. Deve essere accolto come un dono, non realizzato come un prodotto. Disponendosi alla procreazione attraverso l’amore reciproco nel rapporto sessuale, i coniugi si mantengono nel ruolo di cooperatori dell’amore di Dio creatore
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 50. È comprensibile la sofferenza delle coppie senza figli e desiderose di averne. Da una parte devono essere aiutate a comprendere che non esiste un vero e proprio diritto al figlio, quasi fosse un oggetto da possedere; d’altra parte vanno incoraggiate a orientarsi verso altre forme di fecondità, come l’affidamento e l’adozione. Si può essere padre e madre senza aver generato. Anche la coppia sterile è chiamata a oltrepassare se stessa nell’amore.
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Missione educativa dei genitori
[1064]
La fecondità non si riduce alla riproduzione biologica, ma include l’educazione. Innanzitutto i coniugi educano se stessi; si aiutano reciprocamente a crescere verso la pienezza umana e cristiana. Poi, col fatto stesso di generare persone destinate a svilupparsi, si assumono un compito educativo nei loro confronti. L’educazione dei figli è una generazione prolungata e la famiglia è un «grembo spirituale»
San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, II-II, q. 10, a. 12. Cf. Concilio Vaticano II, Gravissimum educationis, 3.
I genitori devono essere vicini ai figli con la testimonianza personale e il colloquio quotidiano, evitando di essere possessivi o al contrario dimissionari dalle proprie responsabilità. «Di fronte alla cura per i figli e alla loro educazione, tutto sia per noi secondario. Se fin dall’inizio insegni al fanciullo ad essere saggio, egli acquista la ricchezza più grande di ogni altra e la gloria più valida»
San Giovanni Crisostomo, Omelie sulla Lettera agli Efesini, 21, 2.
La comunicazione educativa non è a senso unico. I figli contribuiscono attivamente alla formazione dei genitori. La famiglia, nel quotidiano intreccio di rapporti interpersonali, costituisce il primo ambiente di umanizzazione, «la prima e vitale cellula della società»
Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 11. | CCC, 2221-2231 |
Due modi di vivere l’alleanza
[1075]
Il matrimonio unico, fedele, indissolubile è un modo di accogliere degnamente il regno di Dio, che comincia a venire nella storia mediante Gesù
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[1076] La verginità cristiana va accolta come una vocazione, che viene da Dio mediante l’ascolto della sua parola e la grazia interiore del suo Spirito. Va vissuta con un atteggiamento di fede e di gioia spirituale, alimentato dalla preghiera. Comporta il distacco non solo dalla vita di coppia, ma anche dalle simpatie troppo limitate, per orientare tutte le energie, comprese quelle affettive, alla comunione con Cristo e con quanti diventano vicini a causa di lui, per affinità di carisma o per motivo di ministero. È un dono prezioso per la Chiesa: testimonia infatti la presenza iniziale del regno di Dio e la sicura speranza del suo compimento; rende più disponibili al servizio.
La verginità non contraddice la dignità del matrimonio, ma la presuppone, la conferma, la difende dalle interpretazioni riduttive
Cf. Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 16. D’altra parte il matrimonio è per la verginità un richiamo ad essere donazione effettiva, non immaginaria, comunione e non isolamento. Si tratta di due doni complementari che si edificano reciprocamente.
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Due modi di amare
[1077] La verginità consacrata, in quanto comunione di carità, è un matrimonio spirituale; il matrimonio, in quanto dono totale esclusivo, è verginità del cuore, appartenenza a uno solo. La prima non è un sacramento, perché esprime per se stessa il mistero dell’alleanza; il secondo ha bisogno di un sacramento specifico, perché di per sé appartiene all’ordine della creazione.
Verginità e matrimonio sono due possibilità per il cristiano, due modalità di realizzare pienamente la comune vocazione all’amore
Cf. Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 11. | |
[1079] «La rivelazione cristiana conosce due modi specifici di realizzare la vocazione della persona umana, nella sua interezza, all’amore: il matrimonio e la verginità. Sia l’uno che l’altra, nella forma loro propria, sono una concretizzazione della verità più profonda dell’uomo, del suo essere ad immagine di Dio»
Giovanni Paolo II
,
Familiaris consortio
, 11.
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Due modi di vivere l’alleanza
[1075]
Il matrimonio unico, fedele, indissolubile è un modo di accogliere degnamente il regno di Dio, che comincia a venire nella storia mediante Gesù
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[1076] La verginità cristiana va accolta come una vocazione, che viene da Dio mediante l’ascolto della sua parola e la grazia interiore del suo Spirito. Va vissuta con un atteggiamento di fede e di gioia spirituale, alimentato dalla preghiera. Comporta il distacco non solo dalla vita di coppia, ma anche dalle simpatie troppo limitate, per orientare tutte le energie, comprese quelle affettive, alla comunione con Cristo e con quanti diventano vicini a causa di lui, per affinità di carisma o per motivo di ministero. È un dono prezioso per la Chiesa: testimonia infatti la presenza iniziale del regno di Dio e la sicura speranza del suo compimento; rende più disponibili al servizio.
La verginità non contraddice la dignità del matrimonio, ma la presuppone, la conferma, la difende dalle interpretazioni riduttive
Cf. Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 16. D’altra parte il matrimonio è per la verginità un richiamo ad essere donazione effettiva, non immaginaria, comunione e non isolamento. Si tratta di due doni complementari che si edificano reciprocamente.
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Due modi di amare
[1077] La verginità consacrata, in quanto comunione di carità, è un matrimonio spirituale; il matrimonio, in quanto dono totale esclusivo, è verginità del cuore, appartenenza a uno solo. La prima non è un sacramento, perché esprime per se stessa il mistero dell’alleanza; il secondo ha bisogno di un sacramento specifico, perché di per sé appartiene all’ordine della creazione.
Verginità e matrimonio sono due possibilità per il cristiano, due modalità di realizzare pienamente la comune vocazione all’amore
Cf. Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 11. | |
Fidanzamento
[1083] Conoscersi come persone, innamorarsi reciprocamente, consolidare l’amicizia, mettere a fuoco le scelte di fede e i valori fondamentali sono i contenuti principali, del fidanzamento, tempo privilegiato di formazione. Non rientra nelle sue finalità quella di provare l’amore con i rapporti prematrimoniali. L’amore non è una tecnica, non va confuso con il desiderio istintivo. Solo un clima di affetto durevole e sicuro rende possibile la libera accoglienza reciproca e la stessa armonia sessuale. D’altra parte la coppia non appartiene solo a se stessa, ma anche alla società, alla Chiesa e a Cristo. Il legame dei due non è completo, finché non è pubblicamente riconosciuto e consacrato dal sacramento del matrimonio.
La comunità ecclesiale deve offrire ai fidanzati un itinerario prolungato di formazione, comprendente esperienze di catechesi, di dialogo, di preghiera e di carità, in modo da rendere possibile una più consapevole scelta di fede e di vita cristiana.
| CCC, 1632CdA, 1056 CONFRONTAVAI CdA 1066 CONFRONTAVAI CdA 1073 CONFRONTAVAI |