CATECHISMO DEGLI ADULTI
INDICE TEMATICO
A
Abbà, Aborto, Abramo, Adorazione, Adulterio, Aldilà, Alleanza, Ambiente, Amore, Anàmnesi, Angeli, Angoscia, Anima, Anno liturgico, Annuncio, Antico Testamento, Anziani, Apostolato, Apostoli, Apparizioni, Armi, Arte, Ascensione, Ascesi, Assemblea, Associazioni ecclesiali, Assoluzione, Ateismo, Attrizione, Autoerotismo, Autorità, Avvento, Azione Cattolica,
B
C
Canone biblico, Carattere sacramentale, Carisma, Carità, Castità, Catechesi, Catechismo, Catecumenato, Cattolico, Celibato, Cena, Chiesa, Cibo, Civiltà cristiana, Collegialità episcopale, Collettivismo, Comandamenti, Comunicazione, Comunione, Comunità, Concilio, Concupiscenza, Confermazione, Confessione, Conoscenza di Dio, Consacrazione, Consigli evangelici, Contraccezione, Contrizione, Conversione, Coppia, Corpo, Coscienza, Creazione, Credo, Cresima, Criminalità, Cristo, Critica, Croce, Culto, Cultura, Cuore,
Canone biblico
Carattere sacramentale
Carisma
Carità
Castità
Catechesi
Catechismo
Catecumenato
Cattolico
Celibato
Cena
Chiesa
Carattere sacramentale
Carisma
Carità
Castità
Catechesi
Catechismo
Catecumenato
Cattolico
Celibato
Cena
Chiesa
Cibo
Civiltà cristiana
Collegialità episcopale
Collettivismo
Comandamenti
Comunicazione
Comunione
Comunità
Concilio
Concupiscenza
Confermazione
Confessione
Civiltà cristiana
Collegialità episcopale
Collettivismo
Comandamenti
Comunicazione
Comunione
Comunità
Concilio
Concupiscenza
Confermazione
Confessione
Conoscenza di Dio
Consacrazione
Consigli evangelici
Contraccezione
Contrizione
Conversione
Coppia
Corpo
Coscienza
Creazione
Credo
Cresima
Consacrazione
Consigli evangelici
Contraccezione
Contrizione
Conversione
Coppia
Corpo
Coscienza
Creazione
Credo
Cresima
D
E
F
G
I
Idolatria, Illuminismo, Imitazione, Immagini sacre, Immortalità, Impegno, Impresa, Impurità, Incarnazione, Incesto, Indissolubilità, Individuo, Induismo, Indulgenze, Infallibilità, Inferi, Infermi, Inferno, Iniziazione cristiana, Inquinamento ambientale, Intenzione fondamentale, Intercessione, Interpretazione, Invocazione, Islam, Ispirazione, Israele, Istituti secolari,
L
M
Maestro, Magistero, Malattia, Male, Marana tha, Maria, Martirio, Masturbazione, Materia, Materialismo, Matrimonio, Mediazione, Meditazione, Memoriale, Mente, Meriti, Messa, Messia, Ministeri, Ministro, Miracoli, Misericordia, Missione, Mistero, Mistica, Monachesimo, Mondo, Monoteismo, Morale, Morte, Movimenti,
N
O
P
Pace, Padre, Paolo, Papa, Parabole, Paradiso, Parola, Parrocchia, Parusia, Pasqua, Passione, Pastori, Pazienza, Peccato, Pelagianesimo, Pena, Penitenza, Pentecoste, Perdono, Persecuzione, Persona, Piacere, Pietro, Pluralismo, Poligamia, Politeismo, Politica, Popolo, Possessione, Povertà, Predestinazione, Predicazione, Preghiera, Presbitero, Presenza, Primato, Processo, Procreazione responsabile, Profeta, Progresso, Proprietà, Prostituzione, Provvidenza, Prudenza, Pudore, Purgatorio, Purificazione, Puro,
Pazienza
Peccato
Pelagianesimo
Pena
Penitenza
Pentecoste
Perdono
Persecuzione
Persona
Piacere
Pietro
Pluralismo
Peccato
Pelagianesimo
Pena
Penitenza
Pentecoste
Perdono
Persecuzione
Persona
Piacere
Pietro
Pluralismo
Poligamia
Politeismo
Politica
Popolo
Possessione
Povertà
Predestinazione
Predicazione
Preghiera
Presbitero
Presenza
Primato
Politeismo
Politica
Popolo
Possessione
Povertà
Predestinazione
Predicazione
Preghiera
Presbitero
Presenza
Primato
Processo
Procreazione responsabile
Profeta
Progresso
Proprietà
Prostituzione
Provvidenza
Prudenza
Pudore
Purgatorio
Purificazione
Puro
Procreazione responsabile
Profeta
Progresso
Proprietà
Prostituzione
Provvidenza
Prudenza
Pudore
Purgatorio
Purificazione
Puro
R
S
Sacerdozio, Sacramentali, Sacramenti, Sacrificio, Salario, Salmi, Salute, Salvezza, Santi, Santità, Sapienza, Satana, Scienza, Scrittura Sacra, Scuola, Segno, Sentimenti, Servizio, Sessualità, Signore, Simbolo, Sindacato, Società, Soddisfazione, Sofferenza, Solidarietà, Sopravvivenza, Speranza, Spirito Santo, Spiritualità, Sport, Sposi, Stati di vita, Stato, Storia, Successione apostolica, Suffragi, Suicidio, Superstizione,
T
V
Z
Catechismo degli Adulti
Lavoro
1112-1143
, 1112-1115
, 1116-1117
, 1118
, 1120-1123
, 1124-1127
, 1132
, 1134
, 1135
, 1136
, 1137
, 1140-1143
[1112] Il cristiano vive il lavoro e il riposo come un dono di Dio, libero dall’ansia di produrre e dall’avidità di possedere, che accecano il cuore e portano a sfruttare i più deboli. Condivide volentieri i beni con gli altri; si impegna perché la dignità e i diritti della persona umana vengano posti a fondamento dell’ordine economico e perché sia rispettato l’ordine armonioso della natura.
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Dimensione costitutiva dell’uomo
[1113] In alcuni paesi, tra cui il nostro, l’eccezionale sviluppo scientifico, tecnico, economico degli ultimi due secoli ha prodotto una situazione di prosperità. Si accumulano capitali, tecnologia, esperienza imprenditoriale e amministrativa, redditi, consumi. È la civiltà del lavoro e del benessere, ricca di valori e di ambiguità, le cui radici traggono alimento dalla stessa tradizione cristiana.
| CCC, 307CCC 373CCC 2415 |
[1114]
Il lavoro, finalizzato a prendere possesso dell’ambiente, è per la Bibbia una dimensione costitutiva dell’uomo, come la sessualità e la socialità: «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra”» (Gen 1,27-28).
Avendo creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, Dio non lo chiama solo a lavorare, ma anche a riposare. Egli infatti, nel realizzare l’opera della creazione, lavora e riposa
Soggiogare la terra e dominare gli animali dell’acqua, dell’aria e del suolo vuol dire prendere possesso dell’ambiente e governarlo. Lo stesso concetto esprimono le immagini di custodire e coltivare il giardino e di imporre il nome a tutti gli animali. Si tratta di rispettare l’ordine posto in essere dal Creatore e di svilupparlo a proprio vantaggio, scoprendo progressivamente e usando con responsabilità le risorse della natura, per soddisfare i bisogni propri, della famiglia e della società. È l’impresa grandiosa della scienza e del lavoro per umanizzare il mondo, farne la degna dimora dell’uomo, una casa di libertà e di pace.
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[1115]
Il lavoro è nello stesso tempo necessità vitale e affermazione di libertà, segno di dipendenza e di trascendenza rispetto alla natura. Solo l’uomo lavora, perché, a differenza degli animali, è soggetto intelligente, capace di progettare e operare creativamente. Mentre produce cose utili, sviluppa anche la sua umanità, un insieme di importanti valori: iniziativa, coraggio, realismo, tenacia, ordine, solidarietà. Esprime e attua la sua dignità di persona. Si può così parlare di un diritto dell’uomo al lavoro: «La libertà medesima, respiro della persona, è, in certo modo..., condizionata da queste primordiali esigenze: del lavoro e del pane»
G. La Pira, L’attesa della povera gente, 20. Perché il lavoro possa rivelare e mantenere il suo senso, non deve assorbire tutte le energie. Deve lasciare spazio alla contemplazione, all’amicizia, alla famiglia, al gioco. Ecco la necessità del riposo, finalizzato non tanto a reintegrare le forze fisiche in vista di una nuova fatica, quanto a consolidare le motivazioni fondamentali dell’esistenza. Ed è molto opportuno, anzi indispensabile, che questo riposo si concentri particolarmente in un giorno di festa, per celebrare comunitariamente la bellezza della vita e sperimentare insieme la benevola vicinanza di Dio.
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Valore sfigurato e restaurato
[1116]
Il credente accoglie le creature come dono dalle mani di Dio, come beni adatti a soddisfare i bisogni dell’uomo, ad accrescere le sue possibilità di vita. Secondo la Bibbia, le ricchezze sono una benedizione del Signore, anche se di minore importanza rispetto ad altri benefici, quali la sapienza, la giustizia, la pace dell’anima. Disprezzarle sarebbe meschinità di spirito, forse invidia e risentimento.
Lavoro e possesso vengono sfigurati dal peccato, ma la valutazione di fondo resta positiva. Fatica, amarezza e rischio di sterilità fanno sentire il loro peso: «Maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te... Con il sudore del tuo volto mangerai il pane» (Gen 3,17-19). Ma questa maledizione non annulla la benedizione originaria. Il lavoro diventa un bene arduo, ma resta pur sempre un bene, via insostituibile per affermare la dignità dell’uomo e il suo primato sul mondo visibile. Anzi la difficoltà costituisce una sfida e un’occasione per crescere in umanità. Di qui l’alta considerazione che la Bibbia e la tradizione cristiana riservano alla virtù della laboriosità.
Ma la laboriosità, per essere autentica, deve accompagnarsi con l’impegno per la giustizia, per un ordine economico-sociale in cui il lavoratore resti soggetto libero, signore e non schiavo. Il peccato crea un disordine strutturale, che tende a ridurre l’uomo a puro strumento di produzione, a forza lavoro. Gli ebrei in Egitto vengono assoggettati a un lavoro duro, monotono e sfruttato, un lavoro senza senso e senza riposo. Dio però libera gli oppressi, restituisce un senso al lavoro e concede il riposo
| CCC, 400 |
[1117]
Il Signore Gesù, con la sua umile fatica di operaio, il suo ministero pubblico e la sua croce e risurrezione, risana e perfeziona definitivamente la dignità e il primato della persona umana anche nell’ambito del lavoro. La Chiesa ne è consapevole fin dalle origini: «Non c’è più schiavo né libero..., poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28); «Lo schiavo che è stato chiamato nel Signore, è un liberto affrancato del Signore» (1Cor 7,22). Il lavoro assume un più alto significato: «Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che come ricompensa riceverete dal Signore l’eredità» (Col 3,23-24).
Chi lavora con amore, nel rispetto della dignità di ogni persona, non solo contribuisce al progresso terreno, ma anche alla crescita del regno di Dio. Prolunga l’opera del Creatore e coopera all’attuazione del disegno della Provvidenza nella storia, associandosi al Cristo redentore
Cf.Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 34. | |
Il tempo libero
[1118] Oggi il tempo lasciato libero dal lavoro produttivo è cresciuto notevolmente dal punto di vista quantitativo ed è destinato a crescere ancora. È un fenomeno di per sé positivo. Il tempo libero risponde a un bisogno profondo della persona ed è una realtà che ha in se stessa il proprio scopo e valore, in quanto espressione di creatività, convivialità e spiritualità. Sua destinazione dovrebbero essere la preghiera personale e comunitaria, la formazione culturale, la contemplazione della natura e dell’arte, la ricreazione e il gioco, la famiglia, l’amicizia, la solidarietà sociale.
Purtroppo la logica della produzione e del profitto invade anche il tempo libero e soffoca la creatività personale. Ne derivano insoddisfazione e tensione, tanto che si avverte la necessità di “liberare” il tempo libero. Occorre una saggia educazione al turismo, al divertimento, allo sport, all’uso dei mezzi della comunicazione sociale.
| CdA, 658 CONFRONTAVAI CdA 883 CONFRONTAVAI |
[1119] «Sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro... Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo» (Es 20,9-11).
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L’ansia di produrre e possedere
[1120] La qualità più considerata nella nostra cultura è la capacità professionale. Si tratta indubbiamente di un valore autentico. Ma facilmente può degenerare in assillo produttivo, smania di guadagnare, ambizione di carriera e ricerca del successo ad ogni costo. Il potere e la ricchezza diventano misura di riuscita personale, modello di vita proposto e riproposto dai mezzi di comunicazione. Si è qualcuno se si è professionisti altamente specializzati, se si possiede una seconda casa, una seconda macchina, se si frequentano certi ambienti raffinati, eleganti, se si fanno certi viaggi. I più deboli finiscono inesorabilmente emarginati dalla concorrenza. Si affonda nel materialismo pratico, incapaci di amore disinteressato, indifferenti verso Dio, spiritualmente ciechi.
La Chiesa contesta decisamente questa mentalità: «Il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro»
Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 6. Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 35; Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 12. | |
La “disumana ricchezza” nella Bibbia
[1121]
La condanna della ricchezza disumana attraversa tutto l’Antico Testamento. L’avidità rende ansiosi di accumulare, magari con la frode e la prepotenza; sfrutta i poveri o li umilia con lo spreco ostentato. I ricchi confidano nei loro mezzi; non si curano di Dio, lo dimenticano e lo rinnegano. «L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono» (Sal 49,21). «Chi confida nella propria ricchezza cadrà» (Pr 11,28).
Nel Nuovo Testamento, Gesù invita a confidare in Dio, Padre sempre premuroso e vicino, e a vivere nel presente liberi dall’ansia per il domani. L’uomo vale assai più dei beni materiali e del potere. È stoltezza far dipendere il proprio valore e la propria salvezza dalla ricchezza accumulata. La salvezza, come il Maestro sottolinea in casa delle due sorelle Marta e Maria, viene dall’abbandono fiducioso alla parola di Dio e non dall’attivismo pieno di affanni
Lavoro e ricchezza, pur essendo certamente dei beni, non danno senso alla vita. Sono essi piuttosto a ricevere senso dalla comunione con Dio e con i fratelli. Il cristiano si guarda dalla bramosia del possesso, da «quella avarizia insaziabile che è idolatria» (Col 3,5); lavora in pace, vive con sobrietà. Chi eccelle solo per l’entità di guadagni o dei consumi non costituisce per lui un modello; gli appare carente di umanità e schiavo delle cose, posseduto dalle ricchezze più che capace di possederle
Cf. San Basilio di Cesarea, Sui ricchi; Sant’Ambrogio, La storia di Nabot, 13, 54. San Basilio di Cesarea, Sull’avarizia, 6. | CdA, 146 CONFRONTAVAI |
[1122]
Il cristiano, al contrario, è convinto che «diviene più ricco l’uomo misericordioso, quando comincia ad avere di meno per donare ai poveri»
San Massimo di Torino,Discorsi, 71, 44. | CdA, 147 CONFRONTAVAI |
Economia di comunione
[1124] I beni di questo mondo possono rendere il cuore insensibile a Dio e al prossimo, ma possono anche diventare strumento di comunione.
L’Antico Testamento riconosce il diritto alla proprietà privata e comanda di non rubare, non desiderare i beni del prossimo e non spostare i confini in maniera fraudolenta
Gesù urge con forza questa esigenza: «Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma» (Lc 12,33). Chi si converte, come il pubblicano Zaccheo, dona almeno una parte consistente dei suoi beni
L’apostolo Paolo esorta i cristiani a lavorare alacremente, per non essere di peso agli altri
La circolazione dei beni materiali contribuisce all’edificazione della comunità: «È con i nostri patrimoni che diventiamo fratelli»
Tertulliano, Apologetico, 39, 10. | |
Funzione sociale della proprietà e del lavoro
[1125]
Il magistero recente della Chiesa conferma la legittimità della proprietà privata, considerandola «come un prolungamento della libertà umana»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 71. Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 69; Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 43.
Il superfluo economico deve essere messo a disposizione del prossimo, con la donazione o con altro impiego socialmente utile. Quanto ai beni produttivi, è lecito possederli solo se vengono usati come strumenti a servizio del lavoro
Cf. Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 14. | |
[1126]
Il lavoro stesso, di cui la proprietà è frutto e strumento, non è un fatto individuale isolato, ma sociale, anzi un processo storico comune, del quale tutti siamo eredi e protagonisti. Basti pensare per quante mani passa un oggetto qualunque, ad esempio un libro, durante il suo processo di formazione, che ingloba vari elementi, come il testo, la carta, la stampa, la distribuzione. Tutti partecipiamo, con ruoli e funzioni diverse, a un’immensa comunità di lavoro, nella quale si producono e si scambiano beni di ogni genere. «Oggi più che mai lavorare è un lavorare con gli altri e un lavorare per gli altri»
Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 31. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 34. | |
[1127] Una spiritualità della vita economica si caratterizza per questi valori: sobrietà, disponibilità a condividere i beni, serietà e competenza nel lavoro, solidarietà sociale, sensibilità politica, attenzione alle esigenze della propria famiglia, redenzione delle situazioni di fallimento o di ingiustizia mediante il significato della croce.
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La condivisione nella Chiesa delle origini
[1128] La condivisione dei beni materiali è importante anche per la vita e la missione della Chiesa.
Già durante la vita pubblica di Gesù, la comunità dei discepoli al suo seguito tiene una cassa comune, per il necessario sostentamento e per la beneficenza verso i poveri
Cf. San Giustino,Prima apologia, 67, 6. | |
Il sostegno economico oggi
[1129]
Oggi, in situazioni tanto diverse rispetto a quelle delle origini, il sostegno economico alla Chiesa si regge ancora sugli stessi motivi e criteri fondamentali. Il servizio dei poveri, le attività pastorali, l’azione missionaria, le opere di educazione e di assistenza, la costruzione e manutenzione dei luoghi di culto, il sostentamento del clero hanno esigenze molto più complesse, ma in definitiva si basano ancora sul contributo volontario dei fedeli. La necessaria cooperazione dello stato si configura come supporto all’effettivo esercizio della libertà religiosa e come riconoscimento della positiva funzione della Chiesa in ambito sociale. In una moderna società pluralistica ci deve essere spazio per la Chiesa e per le sue opere, espressione originale e creativa dell’amore cristiano
Cf. Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 8. | |
Per un sistema economico più umano
[1131] Dover dare risposta a bisogni sempre più raffinati e vari, ha portato il lavoro moderno a elaborare informazioni e servizi, più ancora che a manipolare direttamente le cose materiali. Ma esso presuppone sempre, in ogni sua fase, le risorse della natura, messe a disposizione dal Creatore, e mantiene la vocazione originaria ad attuare il primato dell’uomo sul mondo visibile.
All’antica laboriosità agricola e artigianale è subentrato un sistema produttivo esteso e complesso. Contemporaneamente si è affermata una visione meccanica e deterministica dell’economia, che «ignora le dimensioni trascendenti della persona umana e la riduce al circolo angusto della produzione e del consumo»
Giovanni Paolo II, Discorso ai cardinali e alla curia romana per gli auguri natalizi, 23 dicembre 1991. In realtà l’economia rimane pur sempre un insieme di relazioni tra uomini. Presenta certo tendenze, leggi e compatibilità oggettive. Ma, sebbene condizionate, le persone possono intervenire con le loro scelte sull’intera dinamica: sull’individuazione dei bisogni, sull’uso delle risorse, sulla quantità e qualità della produzione e dei consumi, sulla distribuzione dei redditi. Il sistema, per quanto complesso, rimane affidato alla loro responsabilità e deve essere finalizzato alla loro dignità.
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[1132]
Bisogna che l’uomo sia valorizzato come protagonista, prima risorsa e destinatario dello sviluppo: «La libertà e la creatività della persona umana debbono essere messe al centro anche dell’ordine economico»
Giovanni Paolo II, Discorso ai cardinali e alla curia romana per gli auguri natalizi, 23 dicembre 1991. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 67. Cf. Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 12. | |
Produzione socialmente utile
[1133]
Più degli affari conta la qualità della vita. Bisogna produrre per soddisfare i bisogni autentici della gente e non innanzitutto per favorire il capitale finanziario e lo stesso sviluppo tecnologico. Si sa che riesce abbastanza facile pilotare la domanda: mentre i bisogni fisiologici restano piuttosto stabili, quelli psichici risultano malleabili e possono essere indotti artificialmente, facendo leva sulla forza degli istinti. Così si producono e si vendono in grande quantità prodotti inutili o addirittura dannosi, come la droga, la pornografia e le armi. La produzione deve essere socialmente utile: è questione di responsabilità e di educazione, che coinvolge non solo i produttori, ma anche i consumatori e gli operatori culturali, specie quelli delle comunicazioni sociali.
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Lavoro idoneo
[1134] Ogni persona ha il diritto-dovere di lavorare secondo le proprie attitudini. L’attuazione generalizzata di questo diritto presuppone un clima di solidarietà diffusa.
La donna deve essere messa in grado di conciliare l’occupazione con la sua vocazione di madre. Lo stesso lavoro domestico dovrebbe avere un giusto riconoscimento da parte della società
Cf. Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 19. | |
Retribuzione e condizioni di lavoro
[1135]
La retribuzione deve «garantire i mezzi sufficienti per permettere al singolo e alla sua famiglia una vita dignitosa su un piano materiale, sociale, culturale e spirituale, corrispondentemente al tipo di attività e grado di rendimento economico di ciascuno, nonché alle condizioni dell’impresa e al bene comune»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 67. I contributi e le prestazioni sociali, come assegni familiari, assistenza sanitaria, pensione di invalidità e vecchiaia, assicurazioni varie, sono vie facilmente praticabili per ridurre gli squilibri e ridistribuire il reddito.
Oltre il giusto trattamento economico, bisogna assicurare ai lavoratori una dignitosa qualità della vita: orari e ritmi di lavoro ragionevoli, garanzie per la salute e l’incolumità, riposo e ferie.
| CCC, 1867 |
Contrattazione sindacale
[1136]
Per «assicurare i giusti diritti dei lavoratori nel quadro del bene comune dell’intera società»
Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 20. | |
Partecipazione alla gestione
[1137]
L’impresa è una società di uomini liberi: imprenditori, lavoratori, detentori del capitale. I dipendenti devono essere trattati come corresponsabili
Cf. Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 4. Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 68. Cf. Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 32; 35. | |
Economia di mercato
[1138]
L’economia di mercato in se stessa è positiva e rispondente alle esigenze della libertà: fa emergere i bisogni della gente, utilizza al meglio le risorse, forma prezzi equi. Tuttavia la concorrenza non basta da sola a prevenire gli squilibri, anche perché si presta ad essere manipolata. Il mercato ha bisogno anch’esso di essere finalizzato all’uomo. È compito dello stato coordinare, stimolare e integrare
Cf. Giovanni XXIII, Mater et magistra, 40. Solo nel contesto del bene comune, l’iniziativa privata esprime le autentiche esigenze della persona e realizza il suo primato sulle cose.
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Crescente responsabilità
[1140]
Il primato dell’uomo sulle cose non significa potere di usare e di abusare. Il suo lavoro si svolge sulla base di una donazione da parte di Dio. Più che proprietario, egli è amministratore e deve rendere conto. Purtroppo, «preso dal desiderio di avere e di godere, più che di essere e di crescere, consuma in maniera eccessiva e disordinata le risorse della terra e la sua stessa vita»
Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 37. La mentalità distruttiva è antica quanto il genere umano, ma in passato i danni rimanevano circoscritti a motivo del numero esiguo di abitanti e per la limitata capacità tecnologica. La moderna civiltà industriale, che peraltro ha il merito di aver portato il benessere ad intere popolazioni, possiede invece un’aggressività ben altrimenti pericolosa. Il saccheggio indiscriminato rischia di esaurire molte risorse della terra, che non sono rinnovabili. L’inquinamento ambientale si accumula rapidamente e minaccia di provocare sconvolgimenti a catena. Le manipolazioni genetiche aprono la strada verso importanti traguardi, ma anche verso possibili catastrofi biologiche. Il sistema che tiene insieme gli esseri viventi è quanto mai complesso e vulnerabile.
«Quanto più cresce la potenza degli uomini, tanto più si estende e si allarga la loro responsabilità»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 34. | |
Uso rispettoso della natura
[1141]
Il compito di prendere possesso e governare, affidatoci dal Creatore, non giustifica la prassi aggressiva e spoliatrice. Dio non ci ha consegnato una materia informe, ma un mondo già buono e bello: ben sette volte lo ripete il ritornello nel primo racconto della creazione
Analogo è il messaggio del secondo racconto della creazione. Dio affida all’uomo il giardino perché lo custodisca e lo coltivi e imponga il nome a ogni cosa, cioè le dia un ordine ulteriore
Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 43.
L’uomo è chiamato a perfezionare la natura. Purtroppo con il peccato vi introduce il disordine, la «schiavitù della corruzione» (Rm 8,21). «Si giura, si mentisce, si uccide, si ruba... Per questo è in lutto il paese e chiunque vi abita langue insieme con gli animali della terra e con gli uccelli del cielo; perfino i pesci del mare periranno» (Os 4,2-3). Invece di edificare una degna dimora, si rischia di rendere la terra inabitabile.
In virtù della redenzione l’uomo ritrova l’armonia con la natura. «Infine in noi sarà infuso uno spirito dall’alto; allora il deserto diventerà un giardino... e la giustizia regnerà nel giardino. Effetto della giustizia sarà la pace... Il mio popolo abiterà in una dimora di pace» (Is 32,15-18). Il cristiano è chiamato a testimoniare, con il suo impegno ecologico, la speranza che il mondo creato, in un modo che a noi sfugge, entrerà «nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21).
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[1142]
Dobbiamo accogliere tutte le creature «come se al presente uscissero dalle mani di Dio»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 37.
Non si tratta di una materia amorfa o di un nudo fatto obiettivo, ma di un ordine e un disegno da interpretare, di un linguaggio da ascoltare e capire, di una verità e bellezza da contemplare. La manomissione arbitraria è indice di «una povertà o meschinità dello sguardo dell’uomo, animato dal desiderio di possedere le cose anziché di riferirle alla verità, e privo di quell’atteggiamento disinteressato, gratuito, estetico che nasce dallo stupore per l’essere e per la bellezza, il quale fa leggere nelle cose visibili il messaggio del Dio invisibile che le ha create»
Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 37.
Di conseguenza l’uso deve essere rispettoso e deve tener conto sia della originalità di ogni creatura sia della mutua connessione in un sistema ordinato
Cf. Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 34. Tutti siamo responsabili dell’ambiente. Una grande quantità di consumi non comporta automaticamente una migliore qualità della vita. Occorre ripensare il nostro modello di sviluppo; sicuramente è bene darsi uno stile di vita sobrio, che ci consenta di governare la natura senza tiranneggiarla, unendo, sull’esempio di san Benedetto e di san Francesco, l’operosità alla contemplazione. La fedeltà alla vocazione integrale dell’uomo, alla comunione, al lavoro e al riposo è garanzia per la dignità della persona e per la salvaguardia della natura.
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[1143] Il lavoro umano, essendo una cooperazione all’azione creatrice e ordinatrice di Dio, non deve distruggere ma sviluppare l’ordine posto dalla divina Sapienza nel mondo creato. La natura può e deve essere utilizzata a scopi umani, ma deve anche essere contemplata e rispettata: allora essa diventa davvero «una dimora di pace» (Is 32,18).
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[1112] Il cristiano vive il lavoro e il riposo come un dono di Dio, libero dall’ansia di produrre e dall’avidità di possedere, che accecano il cuore e portano a sfruttare i più deboli. Condivide volentieri i beni con gli altri; si impegna perché la dignità e i diritti della persona umana vengano posti a fondamento dell’ordine economico e perché sia rispettato l’ordine armonioso della natura.
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Dimensione costitutiva dell’uomo
[1113] In alcuni paesi, tra cui il nostro, l’eccezionale sviluppo scientifico, tecnico, economico degli ultimi due secoli ha prodotto una situazione di prosperità. Si accumulano capitali, tecnologia, esperienza imprenditoriale e amministrativa, redditi, consumi. È la civiltà del lavoro e del benessere, ricca di valori e di ambiguità, le cui radici traggono alimento dalla stessa tradizione cristiana.
| CCC, 307CCC 373CCC 2415 |
[1114]
Il lavoro, finalizzato a prendere possesso dell’ambiente, è per la Bibbia una dimensione costitutiva dell’uomo, come la sessualità e la socialità: «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra”» (Gen 1,27-28).
Avendo creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, Dio non lo chiama solo a lavorare, ma anche a riposare. Egli infatti, nel realizzare l’opera della creazione, lavora e riposa
Soggiogare la terra e dominare gli animali dell’acqua, dell’aria e del suolo vuol dire prendere possesso dell’ambiente e governarlo. Lo stesso concetto esprimono le immagini di custodire e coltivare il giardino e di imporre il nome a tutti gli animali. Si tratta di rispettare l’ordine posto in essere dal Creatore e di svilupparlo a proprio vantaggio, scoprendo progressivamente e usando con responsabilità le risorse della natura, per soddisfare i bisogni propri, della famiglia e della società. È l’impresa grandiosa della scienza e del lavoro per umanizzare il mondo, farne la degna dimora dell’uomo, una casa di libertà e di pace.
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Il lavoro è nello stesso tempo necessità vitale e affermazione di libertà, segno di dipendenza e di trascendenza rispetto alla natura. Solo l’uomo lavora, perché, a differenza degli animali, è soggetto intelligente, capace di progettare e operare creativamente. Mentre produce cose utili, sviluppa anche la sua umanità, un insieme di importanti valori: iniziativa, coraggio, realismo, tenacia, ordine, solidarietà. Esprime e attua la sua dignità di persona. Si può così parlare di un diritto dell’uomo al lavoro: «La libertà medesima, respiro della persona, è, in certo modo..., condizionata da queste primordiali esigenze: del lavoro e del pane»
G. La Pira, L’attesa della povera gente, 20. Perché il lavoro possa rivelare e mantenere il suo senso, non deve assorbire tutte le energie. Deve lasciare spazio alla contemplazione, all’amicizia, alla famiglia, al gioco. Ecco la necessità del riposo, finalizzato non tanto a reintegrare le forze fisiche in vista di una nuova fatica, quanto a consolidare le motivazioni fondamentali dell’esistenza. Ed è molto opportuno, anzi indispensabile, che questo riposo si concentri particolarmente in un giorno di festa, per celebrare comunitariamente la bellezza della vita e sperimentare insieme la benevola vicinanza di Dio.
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Valore sfigurato e restaurato
[1116]
Il credente accoglie le creature come dono dalle mani di Dio, come beni adatti a soddisfare i bisogni dell’uomo, ad accrescere le sue possibilità di vita. Secondo la Bibbia, le ricchezze sono una benedizione del Signore, anche se di minore importanza rispetto ad altri benefici, quali la sapienza, la giustizia, la pace dell’anima. Disprezzarle sarebbe meschinità di spirito, forse invidia e risentimento.
Lavoro e possesso vengono sfigurati dal peccato, ma la valutazione di fondo resta positiva. Fatica, amarezza e rischio di sterilità fanno sentire il loro peso: «Maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te... Con il sudore del tuo volto mangerai il pane» (Gen 3,17-19). Ma questa maledizione non annulla la benedizione originaria. Il lavoro diventa un bene arduo, ma resta pur sempre un bene, via insostituibile per affermare la dignità dell’uomo e il suo primato sul mondo visibile. Anzi la difficoltà costituisce una sfida e un’occasione per crescere in umanità. Di qui l’alta considerazione che la Bibbia e la tradizione cristiana riservano alla virtù della laboriosità.
Ma la laboriosità, per essere autentica, deve accompagnarsi con l’impegno per la giustizia, per un ordine economico-sociale in cui il lavoratore resti soggetto libero, signore e non schiavo. Il peccato crea un disordine strutturale, che tende a ridurre l’uomo a puro strumento di produzione, a forza lavoro. Gli ebrei in Egitto vengono assoggettati a un lavoro duro, monotono e sfruttato, un lavoro senza senso e senza riposo. Dio però libera gli oppressi, restituisce un senso al lavoro e concede il riposo
| CCC, 400 |
[1117]
Il Signore Gesù, con la sua umile fatica di operaio, il suo ministero pubblico e la sua croce e risurrezione, risana e perfeziona definitivamente la dignità e il primato della persona umana anche nell’ambito del lavoro. La Chiesa ne è consapevole fin dalle origini: «Non c’è più schiavo né libero..., poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28); «Lo schiavo che è stato chiamato nel Signore, è un liberto affrancato del Signore» (1Cor 7,22). Il lavoro assume un più alto significato: «Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che come ricompensa riceverete dal Signore l’eredità» (Col 3,23-24).
Chi lavora con amore, nel rispetto della dignità di ogni persona, non solo contribuisce al progresso terreno, ma anche alla crescita del regno di Dio. Prolunga l’opera del Creatore e coopera all’attuazione del disegno della Provvidenza nella storia, associandosi al Cristo redentore
Cf.Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 34. | |
Il tempo libero
[1118] Oggi il tempo lasciato libero dal lavoro produttivo è cresciuto notevolmente dal punto di vista quantitativo ed è destinato a crescere ancora. È un fenomeno di per sé positivo. Il tempo libero risponde a un bisogno profondo della persona ed è una realtà che ha in se stessa il proprio scopo e valore, in quanto espressione di creatività, convivialità e spiritualità. Sua destinazione dovrebbero essere la preghiera personale e comunitaria, la formazione culturale, la contemplazione della natura e dell’arte, la ricreazione e il gioco, la famiglia, l’amicizia, la solidarietà sociale.
Purtroppo la logica della produzione e del profitto invade anche il tempo libero e soffoca la creatività personale. Ne derivano insoddisfazione e tensione, tanto che si avverte la necessità di “liberare” il tempo libero. Occorre una saggia educazione al turismo, al divertimento, allo sport, all’uso dei mezzi della comunicazione sociale.
| CdA, 658 CONFRONTAVAI CdA 883 CONFRONTAVAI |
L’ansia di produrre e possedere
[1120] La qualità più considerata nella nostra cultura è la capacità professionale. Si tratta indubbiamente di un valore autentico. Ma facilmente può degenerare in assillo produttivo, smania di guadagnare, ambizione di carriera e ricerca del successo ad ogni costo. Il potere e la ricchezza diventano misura di riuscita personale, modello di vita proposto e riproposto dai mezzi di comunicazione. Si è qualcuno se si è professionisti altamente specializzati, se si possiede una seconda casa, una seconda macchina, se si frequentano certi ambienti raffinati, eleganti, se si fanno certi viaggi. I più deboli finiscono inesorabilmente emarginati dalla concorrenza. Si affonda nel materialismo pratico, incapaci di amore disinteressato, indifferenti verso Dio, spiritualmente ciechi.
La Chiesa contesta decisamente questa mentalità: «Il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro»
Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 6. Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 35; Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 12. | |
La “disumana ricchezza” nella Bibbia
[1121]
La condanna della ricchezza disumana attraversa tutto l’Antico Testamento. L’avidità rende ansiosi di accumulare, magari con la frode e la prepotenza; sfrutta i poveri o li umilia con lo spreco ostentato. I ricchi confidano nei loro mezzi; non si curano di Dio, lo dimenticano e lo rinnegano. «L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono» (Sal 49,21). «Chi confida nella propria ricchezza cadrà» (Pr 11,28).
Nel Nuovo Testamento, Gesù invita a confidare in Dio, Padre sempre premuroso e vicino, e a vivere nel presente liberi dall’ansia per il domani. L’uomo vale assai più dei beni materiali e del potere. È stoltezza far dipendere il proprio valore e la propria salvezza dalla ricchezza accumulata. La salvezza, come il Maestro sottolinea in casa delle due sorelle Marta e Maria, viene dall’abbandono fiducioso alla parola di Dio e non dall’attivismo pieno di affanni
Lavoro e ricchezza, pur essendo certamente dei beni, non danno senso alla vita. Sono essi piuttosto a ricevere senso dalla comunione con Dio e con i fratelli. Il cristiano si guarda dalla bramosia del possesso, da «quella avarizia insaziabile che è idolatria» (Col 3,5); lavora in pace, vive con sobrietà. Chi eccelle solo per l’entità di guadagni o dei consumi non costituisce per lui un modello; gli appare carente di umanità e schiavo delle cose, posseduto dalle ricchezze più che capace di possederle
Cf. San Basilio di Cesarea, Sui ricchi; Sant’Ambrogio, La storia di Nabot, 13, 54. San Basilio di Cesarea, Sull’avarizia, 6. | CdA, 146 CONFRONTAVAI |
[1122]
Il cristiano, al contrario, è convinto che «diviene più ricco l’uomo misericordioso, quando comincia ad avere di meno per donare ai poveri»
San Massimo di Torino,Discorsi, 71, 44. | CdA, 147 CONFRONTAVAI |
Economia di comunione
[1124] I beni di questo mondo possono rendere il cuore insensibile a Dio e al prossimo, ma possono anche diventare strumento di comunione.
L’Antico Testamento riconosce il diritto alla proprietà privata e comanda di non rubare, non desiderare i beni del prossimo e non spostare i confini in maniera fraudolenta
Gesù urge con forza questa esigenza: «Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma» (Lc 12,33). Chi si converte, come il pubblicano Zaccheo, dona almeno una parte consistente dei suoi beni
L’apostolo Paolo esorta i cristiani a lavorare alacremente, per non essere di peso agli altri
La circolazione dei beni materiali contribuisce all’edificazione della comunità: «È con i nostri patrimoni che diventiamo fratelli»
Tertulliano, Apologetico, 39, 10. | |
Funzione sociale della proprietà e del lavoro
[1125]
Il magistero recente della Chiesa conferma la legittimità della proprietà privata, considerandola «come un prolungamento della libertà umana»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 71. Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 69; Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 43.
Il superfluo economico deve essere messo a disposizione del prossimo, con la donazione o con altro impiego socialmente utile. Quanto ai beni produttivi, è lecito possederli solo se vengono usati come strumenti a servizio del lavoro
Cf. Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 14. | |
[1126]
Il lavoro stesso, di cui la proprietà è frutto e strumento, non è un fatto individuale isolato, ma sociale, anzi un processo storico comune, del quale tutti siamo eredi e protagonisti. Basti pensare per quante mani passa un oggetto qualunque, ad esempio un libro, durante il suo processo di formazione, che ingloba vari elementi, come il testo, la carta, la stampa, la distribuzione. Tutti partecipiamo, con ruoli e funzioni diverse, a un’immensa comunità di lavoro, nella quale si producono e si scambiano beni di ogni genere. «Oggi più che mai lavorare è un lavorare con gli altri e un lavorare per gli altri»
Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 31. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 34. | |
[1127] Una spiritualità della vita economica si caratterizza per questi valori: sobrietà, disponibilità a condividere i beni, serietà e competenza nel lavoro, solidarietà sociale, sensibilità politica, attenzione alle esigenze della propria famiglia, redenzione delle situazioni di fallimento o di ingiustizia mediante il significato della croce.
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[1132]
Bisogna che l’uomo sia valorizzato come protagonista, prima risorsa e destinatario dello sviluppo: «La libertà e la creatività della persona umana debbono essere messe al centro anche dell’ordine economico»
Giovanni Paolo II, Discorso ai cardinali e alla curia romana per gli auguri natalizi, 23 dicembre 1991. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 67. Cf. Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 12. | |
Lavoro idoneo
[1134] Ogni persona ha il diritto-dovere di lavorare secondo le proprie attitudini. L’attuazione generalizzata di questo diritto presuppone un clima di solidarietà diffusa.
La donna deve essere messa in grado di conciliare l’occupazione con la sua vocazione di madre. Lo stesso lavoro domestico dovrebbe avere un giusto riconoscimento da parte della società
Cf. Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 19. | |
Retribuzione e condizioni di lavoro
[1135]
La retribuzione deve «garantire i mezzi sufficienti per permettere al singolo e alla sua famiglia una vita dignitosa su un piano materiale, sociale, culturale e spirituale, corrispondentemente al tipo di attività e grado di rendimento economico di ciascuno, nonché alle condizioni dell’impresa e al bene comune»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 67. I contributi e le prestazioni sociali, come assegni familiari, assistenza sanitaria, pensione di invalidità e vecchiaia, assicurazioni varie, sono vie facilmente praticabili per ridurre gli squilibri e ridistribuire il reddito.
Oltre il giusto trattamento economico, bisogna assicurare ai lavoratori una dignitosa qualità della vita: orari e ritmi di lavoro ragionevoli, garanzie per la salute e l’incolumità, riposo e ferie.
| CCC, 1867 |
Contrattazione sindacale
[1136]
Per «assicurare i giusti diritti dei lavoratori nel quadro del bene comune dell’intera società»
Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 20. | |
Partecipazione alla gestione
[1137]
L’impresa è una società di uomini liberi: imprenditori, lavoratori, detentori del capitale. I dipendenti devono essere trattati come corresponsabili
Cf. Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 4. Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 68. Cf. Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 32; 35. | |
Crescente responsabilità
[1140]
Il primato dell’uomo sulle cose non significa potere di usare e di abusare. Il suo lavoro si svolge sulla base di una donazione da parte di Dio. Più che proprietario, egli è amministratore e deve rendere conto. Purtroppo, «preso dal desiderio di avere e di godere, più che di essere e di crescere, consuma in maniera eccessiva e disordinata le risorse della terra e la sua stessa vita»
Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 37. La mentalità distruttiva è antica quanto il genere umano, ma in passato i danni rimanevano circoscritti a motivo del numero esiguo di abitanti e per la limitata capacità tecnologica. La moderna civiltà industriale, che peraltro ha il merito di aver portato il benessere ad intere popolazioni, possiede invece un’aggressività ben altrimenti pericolosa. Il saccheggio indiscriminato rischia di esaurire molte risorse della terra, che non sono rinnovabili. L’inquinamento ambientale si accumula rapidamente e minaccia di provocare sconvolgimenti a catena. Le manipolazioni genetiche aprono la strada verso importanti traguardi, ma anche verso possibili catastrofi biologiche. Il sistema che tiene insieme gli esseri viventi è quanto mai complesso e vulnerabile.
«Quanto più cresce la potenza degli uomini, tanto più si estende e si allarga la loro responsabilità»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 34. | |
Uso rispettoso della natura
[1141]
Il compito di prendere possesso e governare, affidatoci dal Creatore, non giustifica la prassi aggressiva e spoliatrice. Dio non ci ha consegnato una materia informe, ma un mondo già buono e bello: ben sette volte lo ripete il ritornello nel primo racconto della creazione
Analogo è il messaggio del secondo racconto della creazione. Dio affida all’uomo il giardino perché lo custodisca e lo coltivi e imponga il nome a ogni cosa, cioè le dia un ordine ulteriore
Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 43.
L’uomo è chiamato a perfezionare la natura. Purtroppo con il peccato vi introduce il disordine, la «schiavitù della corruzione» (Rm 8,21). «Si giura, si mentisce, si uccide, si ruba... Per questo è in lutto il paese e chiunque vi abita langue insieme con gli animali della terra e con gli uccelli del cielo; perfino i pesci del mare periranno» (Os 4,2-3). Invece di edificare una degna dimora, si rischia di rendere la terra inabitabile.
In virtù della redenzione l’uomo ritrova l’armonia con la natura. «Infine in noi sarà infuso uno spirito dall’alto; allora il deserto diventerà un giardino... e la giustizia regnerà nel giardino. Effetto della giustizia sarà la pace... Il mio popolo abiterà in una dimora di pace» (Is 32,15-18). Il cristiano è chiamato a testimoniare, con il suo impegno ecologico, la speranza che il mondo creato, in un modo che a noi sfugge, entrerà «nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21).
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[1142]
Dobbiamo accogliere tutte le creature «come se al presente uscissero dalle mani di Dio»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 37.
Non si tratta di una materia amorfa o di un nudo fatto obiettivo, ma di un ordine e un disegno da interpretare, di un linguaggio da ascoltare e capire, di una verità e bellezza da contemplare. La manomissione arbitraria è indice di «una povertà o meschinità dello sguardo dell’uomo, animato dal desiderio di possedere le cose anziché di riferirle alla verità, e privo di quell’atteggiamento disinteressato, gratuito, estetico che nasce dallo stupore per l’essere e per la bellezza, il quale fa leggere nelle cose visibili il messaggio del Dio invisibile che le ha create»
Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 37.
Di conseguenza l’uso deve essere rispettoso e deve tener conto sia della originalità di ogni creatura sia della mutua connessione in un sistema ordinato
Cf. Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 34. Tutti siamo responsabili dell’ambiente. Una grande quantità di consumi non comporta automaticamente una migliore qualità della vita. Occorre ripensare il nostro modello di sviluppo; sicuramente è bene darsi uno stile di vita sobrio, che ci consenta di governare la natura senza tiranneggiarla, unendo, sull’esempio di san Benedetto e di san Francesco, l’operosità alla contemplazione. La fedeltà alla vocazione integrale dell’uomo, alla comunione, al lavoro e al riposo è garanzia per la dignità della persona e per la salvaguardia della natura.
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[1143] Il lavoro umano, essendo una cooperazione all’azione creatrice e ordinatrice di Dio, non deve distruggere ma sviluppare l’ordine posto dalla divina Sapienza nel mondo creato. La natura può e deve essere utilizzata a scopi umani, ma deve anche essere contemplata e rispettata: allora essa diventa davvero «una dimora di pace» (Is 32,18).
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