CATECHISMO DEGLI ADULTI
INDICE TEMATICO
A
Abbà, Aborto, Abramo, Adorazione, Adulterio, Aldilà, Alleanza, Ambiente, Amore, Anàmnesi, Angeli, Angoscia, Anima, Anno liturgico, Annuncio, Antico Testamento, Anziani, Apostolato, Apostoli, Apparizioni, Armi, Arte, Ascensione, Ascesi, Assemblea, Associazioni ecclesiali, Assoluzione, Ateismo, Attrizione, Autoerotismo, Autorità, Avvento, Azione Cattolica,
B
C
Canone biblico, Carattere sacramentale, Carisma, Carità, Castità, Catechesi, Catechismo, Catecumenato, Cattolico, Celibato, Cena, Chiesa, Cibo, Civiltà cristiana, Collegialità episcopale, Collettivismo, Comandamenti, Comunicazione, Comunione, Comunità, Concilio, Concupiscenza, Confermazione, Confessione, Conoscenza di Dio, Consacrazione, Consigli evangelici, Contraccezione, Contrizione, Conversione, Coppia, Corpo, Coscienza, Creazione, Credo, Cresima, Criminalità, Cristo, Critica, Croce, Culto, Cultura, Cuore,
Canone biblico
Carattere sacramentale
Carisma
Carità
Castità
Catechesi
Catechismo
Catecumenato
Cattolico
Celibato
Cena
Chiesa
Carattere sacramentale
Carisma
Carità
Castità
Catechesi
Catechismo
Catecumenato
Cattolico
Celibato
Cena
Chiesa
Cibo
Civiltà cristiana
Collegialità episcopale
Collettivismo
Comandamenti
Comunicazione
Comunione
Comunità
Concilio
Concupiscenza
Confermazione
Confessione
Civiltà cristiana
Collegialità episcopale
Collettivismo
Comandamenti
Comunicazione
Comunione
Comunità
Concilio
Concupiscenza
Confermazione
Confessione
Conoscenza di Dio
Consacrazione
Consigli evangelici
Contraccezione
Contrizione
Conversione
Coppia
Corpo
Coscienza
Creazione
Credo
Cresima
Consacrazione
Consigli evangelici
Contraccezione
Contrizione
Conversione
Coppia
Corpo
Coscienza
Creazione
Credo
Cresima
D
E
F
G
I
Idolatria, Illuminismo, Imitazione, Immagini sacre, Immortalità, Impegno, Impresa, Impurità, Incarnazione, Incesto, Indissolubilità, Individuo, Induismo, Indulgenze, Infallibilità, Inferi, Infermi, Inferno, Iniziazione cristiana, Inquinamento ambientale, Intenzione fondamentale, Intercessione, Interpretazione, Invocazione, Islam, Ispirazione, Israele, Istituti secolari,
L
M
Maestro, Magistero, Malattia, Male, Marana tha, Maria, Martirio, Masturbazione, Materia, Materialismo, Matrimonio, Mediazione, Meditazione, Memoriale, Mente, Meriti, Messa, Messia, Ministeri, Ministro, Miracoli, Misericordia, Missione, Mistero, Mistica, Monachesimo, Mondo, Monoteismo, Morale, Morte, Movimenti,
N
O
P
Pace, Padre, Paolo, Papa, Parabole, Paradiso, Parola, Parrocchia, Parusia, Pasqua, Passione, Pastori, Pazienza, Peccato, Pelagianesimo, Pena, Penitenza, Pentecoste, Perdono, Persecuzione, Persona, Piacere, Pietro, Pluralismo, Poligamia, Politeismo, Politica, Popolo, Possessione, Povertà, Predestinazione, Predicazione, Preghiera, Presbitero, Presenza, Primato, Processo, Procreazione responsabile, Profeta, Progresso, Proprietà, Prostituzione, Provvidenza, Prudenza, Pudore, Purgatorio, Purificazione, Puro,
Pazienza
Peccato
Pelagianesimo
Pena
Penitenza
Pentecoste
Perdono
Persecuzione
Persona
Piacere
Pietro
Pluralismo
Peccato
Pelagianesimo
Pena
Penitenza
Pentecoste
Perdono
Persecuzione
Persona
Piacere
Pietro
Pluralismo
Poligamia
Politeismo
Politica
Popolo
Possessione
Povertà
Predestinazione
Predicazione
Preghiera
Presbitero
Presenza
Primato
Politeismo
Politica
Popolo
Possessione
Povertà
Predestinazione
Predicazione
Preghiera
Presbitero
Presenza
Primato
Processo
Procreazione responsabile
Profeta
Progresso
Proprietà
Prostituzione
Provvidenza
Prudenza
Pudore
Purgatorio
Purificazione
Puro
Procreazione responsabile
Profeta
Progresso
Proprietà
Prostituzione
Provvidenza
Prudenza
Pudore
Purgatorio
Purificazione
Puro
R
S
Sacerdozio, Sacramentali, Sacramenti, Sacrificio, Salario, Salmi, Salute, Salvezza, Santi, Santità, Sapienza, Satana, Scienza, Scrittura Sacra, Scuola, Segno, Sentimenti, Servizio, Sessualità, Signore, Simbolo, Sindacato, Società, Soddisfazione, Sofferenza, Solidarietà, Sopravvivenza, Speranza, Spirito Santo, Spiritualità, Sport, Sposi, Stati di vita, Stato, Storia, Successione apostolica, Suffragi, Suicidio, Superstizione,
T
V
Z
Catechismo degli Adulti
Dio
18-24
, 24
, 36-39
, 24
, 26-35
, 26-27
, 28
, 29
, 30
, 31
, 32
, 33-34
, 316
, 322
, 843
, 36-37
, 42
, 43-44
, 45
, 47-51
, 52-53
, 38
, 68
, 101
, 66
, 611
, 324-335
, 165-171
, 172-175
, 197-198
, 247
, 250
, 324-327
, 328-330
, 331-332
, 333
, 334
, 284-314
, 168-169
, 213-216
, 293-296
, 297-300
, 306-314
, 336-343
, 336-337
, 338-339
, 340
, 341-342
, 316-350
, 316-323
, 321
, 344-350
, 322
, 344
, 345-347
, 348-349
, 808
, 967-969
, 2-9
, 23
, 868
, 881
, 882
, 928-929
, 957-958
, 965-969
, 984
, 108
, 129-130
, 141
, 352-357
, 401
, 358-364
, 358-377
, 708
, 803
, 805-806
, 1197
, 1184-1235
Universalità del fatto religioso
[18]
Da sempre gli uomini si interrogano circa la loro origine e il loro futuro, la vita e la morte, il bene e il male, la felicità e il dolore, il mistero profondo della realtà
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 1.
A queste grandi domande cercano di trovare una risposta nelle religioni. Tutto il loro cammino storico si alimenta di senso religioso. Ne sono permeati costumi e tradizioni, famiglia e società, arte, musica e letteratura. Un antico scrittore greco osservava: «Se tu andassi in giro per il mondo, potresti trovare città prive di mura, che ignorano la scrittura, non hanno re, case e ricchezze, non fanno uso di monete, non conoscono teatri e palestre; ma nessuno vide né vedrà mai una città senza templi e senza divinità»
![]() Plutarco, Contro Colote, 31. ![]() R. M. Rilke, Il libro d’ore, Il libro della vita monastica.
Perché gli uomini sono spontaneamente religiosi e arrivano a riconoscere, oltre le cose visibili, una potenza arcana, a volte anzi una divinità suprema benevola
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2. | |
Esperienza del mistero
[19] L’uomo nasce e si sviluppa nel contesto della natura e della società. Non possiede la vita da solo: la riceve. Neppure le cose e le persone, che formano il suo ambiente vitale, sono autosufficienti: iniziano, mutano, muoiono, si condizionano reciprocamente. Da dove viene allora una così inesauribile abbondanza di energia e di bellezza? Perché sorgono realtà nuove e imprevedibili e accadono eventi straordinari, che riempiono di meraviglia? È spontaneo intuire che, oltre e dentro i fenomeni della natura e della storia, ci sia una misteriosa presenza, una potenza invisibile, da cui essi in qualche modo dipendono. È ragionevole postulare, oltre la realtà profana soggetta alla caducità e alla morte, una sfera del divino, che possieda la vita in pienezza e sia in grado di dare risposta all’umano bisogno di protezione e di sopravvivenza.
Questa potenza nascosta può essere variamente rappresentata: come energia e ordine impersonale, come una moltitudine di dèi e di spiriti, come un Essere supremo. L’uomo può nutrire il desiderio di catturarla o almeno di influenzarla per i propri scopi, ed è l’atteggiamento magico; oppure può sottomettersi e abbandonarsi fiduciosamente ad essa, attendendo come un dono la liberazione dal male e la pienezza della vita, ed è l’atteggiamento religioso. Quest’ultimo giunge coerentemente ad affermare un Dio unico o almeno un Dio supremo, buono e giusto, senza concorrenti, capace di sottomettere tutte le forze buone e cattive, visibili e invisibili, così da assicurare unità e armonia all’universo, proteggere adeguatamente la vita umana e darle un senso anche oltre la morte. Davanti a lui l’uomo prova stupore, riverenza, bisogno di purificazione; a lui chiede protezione.
| CdA, 30 CONFRONTAVAI |
Il senso religioso
[20] Il senso religioso è l’apertura al Mistero che sostiene il mondo e l’esistenza umana. Viene vissuto all’interno di una comunità, mediante l’accettazione di una dottrina, il culto pubblico e l’osservanza di norme morali. Del Mistero, intravisto solo indirettamente, si parla con il linguaggio dei simboli e delle analogie. Con i riti si evoca la sua presenza e se ne riceve l’energia, che conserva e accresce la vita. Con il giusto comportamento si partecipa all’ordine sapiente del mondo, da esso stabilito.
| |
Varietà di religioni
[21] Grande è la varietà e la ricchezza di dottrine, simboli, riti, preghiere, usi, istituzioni, immagini, oggetti e luoghi sacri. Distanti tra loro sono le spiritualità dell’impegno nel mondo e della fuga da esso, della realizzazione e dell’annullamento di sé, dell’interiorità e del legalismo, della responsabilità e del fatalismo. Nette risaltano le differenze tra le concezioni animiste, politeiste, panteiste, monoteiste.
Se è piuttosto facile riconoscere che esiste una potenza originaria, è invece difficile parlarne correttamente e addirittura impossibile comprendere adeguatamente la sua traboccante pienezza di perfezione. Inoltre, essa viene conosciuta a partire da esperienze di qualità più o meno elevata e da ambienti naturali e sociali diversi. È logico che nelle culture primitive i cacciatori si siano rivolti allo Spirito della foresta, gli agricoltori alla Gran Madre terrestre, i pastori al Dio del cielo. È comprensibile che nelle culture evolute si sia sviluppata una rigogliosa e intricata vegetazione di concezioni raffinate e complesse, con inesauribili variazioni.
| |
CdA, 586-605 CONFRONTAVAI | |
L’ateismo
[23]
Oggi, per la verità, accanto all’esperienza religiosa, è diffuso anche l’ateismo o negazione di Dio. Assume anch’esso varie forme: l’ateismo scientista, che esclude la possibilità di oltrepassare l’esperienza sensibile e spiega la religione come fenomeno psichico, sociale, culturale; l’ateismo umanista, che rivendica l’autonomia assoluta dell’uomo e considera la religione come un’alienazione; l’ateismo pratico, o indifferenza, che ritiene Dio irrilevante per la vita personale e sociale; l’ateismo tragico, che rifiuta l’esistenza di Dio a motivo del male presente nel mondo
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 7; 19. L’ateismo è una sventura per il nostro tempo, ma non sembra mettere in pericolo la diffusione generalizzata della religione; anzi, si parla oggi da più parti di un “ritorno del sacro”. Sebbene si manifesti in forme a volte ambigue, emotive e sincretiste, esso indica che la religiosità è ancora viva e operante.
| CCC, 28CCC 2123-2128CdA, 803 CONFRONTAVAI |
La ricerca guidata da Dio
[24] A motivo del senso religioso che la pervade, la storia dei popoli procede come un immenso pellegrinaggio verso il santuario di un possibile incontro con Dio. Secondo l’insegnamento della Chiesa, la ricerca millenaria, che prende corpo nelle religioni, è segno non solo della trascendenza dell’uomo sul mondo visibile, ma anche della vicinanza di Dio stesso.
Per la sua stessa costituzione la persona umana è aperta a Dio. Inoltre, fin dall’inizio della storia, è chiamata per grazia alla comunione di vita con lui in Cristo. «Questo intimo e vitale legame»
![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 19.
Il comune senso religioso non è soltanto conoscenza razionale attraverso la creazione, ma anche impulso di vita, che coinvolge tutto l’uomo ed è alimentato dalla grazia di Dio, il quale «volendo aprire la via della salvezza celeste, fin dal principio manifestò se stesso ai progenitori... ed ebbe costante cura del genere umano, per dare la vita eterna a tutti coloro che cercano la salvezza con la perseveranza nella pratica del bene»
![]() Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 3. ![]() Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2. | CCC, 27-30CdA, 42 CONFRONTAVAI CdA 353 CONFRONTAVAI CdA 401 CONFRONTAVAI CdA 575 CONFRONTAVAI CdA 582 CONFRONTAVAI CdA 585 CONFRONTAVAI CdA 800-804 CONFRONTAVAI |
La ricerca guidata da Dio
[24] A motivo del senso religioso che la pervade, la storia dei popoli procede come un immenso pellegrinaggio verso il santuario di un possibile incontro con Dio. Secondo l’insegnamento della Chiesa, la ricerca millenaria, che prende corpo nelle religioni, è segno non solo della trascendenza dell’uomo sul mondo visibile, ma anche della vicinanza di Dio stesso.
Per la sua stessa costituzione la persona umana è aperta a Dio. Inoltre, fin dall’inizio della storia, è chiamata per grazia alla comunione di vita con lui in Cristo. «Questo intimo e vitale legame»
![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 19.
Il comune senso religioso non è soltanto conoscenza razionale attraverso la creazione, ma anche impulso di vita, che coinvolge tutto l’uomo ed è alimentato dalla grazia di Dio, il quale «volendo aprire la via della salvezza celeste, fin dal principio manifestò se stesso ai progenitori... ed ebbe costante cura del genere umano, per dare la vita eterna a tutti coloro che cercano la salvezza con la perseveranza nella pratica del bene»
![]() Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 3. ![]() Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2. | CCC, 27-30CdA, 42 CONFRONTAVAI CdA 353 CONFRONTAVAI CdA 401 CONFRONTAVAI CdA 575 CONFRONTAVAI CdA 582 CONFRONTAVAI CdA 585 CONFRONTAVAI CdA 800-804 CONFRONTAVAI |
Dialogo possibile e desiderato
[36]
La ricerca di Dio per la via delle religioni e della ragione procede con molte incertezze e deviazioni. Dio, benché sia vicinissimo, sembra lontano, senza volto e senza nome: il «Dio ignoto» (At 17,27).
Ma l’apertura razionale al mistero infinito è il presupposto per poter ricevere il dono incomparabilmente più grande della rivelazione storica: «Dio non avrebbe potuto rivelarsi all’uomo, se questi non fosse già stato naturalmente capace di conoscere qualcosa di vero a suo riguardo»
![]() Giovanni Paolo II, Catechesi del 20 marzo 1985. | CdA, 44-45 CONFRONTAVAI CdA 76-85 CONFRONTAVAI |
[37]
Per il fatto di essere aperto a Dio attraverso le creature, l’uomo spontaneamente sente il desiderio esplicito di conoscerlo direttamente in se stesso: cosa impossibile alle sue forze; ma chissà che a Dio non sia possibile? chissà che dopo i doni di questo mondo, non voglia farci il dono di se stesso? chissà che non voglia parlarci da persona a persona? Avremmo allora un orientamento sicuro, una solida nave per attraversare il mare della vita e non più la fragile zattera della filosofia
![]() Cf. Platone, Fedone, 35. | |
La pretesa cristiana
[38] L’annuncio della Chiesa è precisamente questo: il Mistero infinito ci ha rivolto la parola e addirittura ci è venuto incontro personalmente, con il nome e il volto di un uomo, Gesù di Nàzaret, e ci ha chiamati a vivere insieme con lui per l’eternità. Dio fatto uomo, l’uomo innalzato fino a Dio: nessun’altra religione ha una notizia simile, nessuna offre una speranza più audace. Mentre i grandi uomini religiosi, i profeti e i santi avvertono il proprio nulla davanti alla grandezza di Dio e si sentono peccatori, Gesù di Nàzaret con tranquilla sicurezza si è presentato come Figlio di Dio, uguale al Padre: una follia e una bestemmia sulla bocca di qualsiasi altro.
La pretesa è inaudita, ma duemila anni di storia la rendono degna almeno di essere presa in considerazione. Vale la pena esaminarla, senza pregiudizi: un pensiero è veramente libero quando non scarta in partenza nessuna ipotesi.
Gesù ha detto: «Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce» (Gv 18, 37). In lui trovano risposta le domande più profonde dell’uomo e la ricerca religiosa dei popoli; in lui il viandante assetato trova l’«acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,14), come la trovò un giorno la donna di Samarìa.
| CdA, 52 CONFRONTAVAI |
[39] La conoscenza razionale di Dio dispone ad accogliere una eventuale rivelazione di lui nella storia.
L’audacia inaudita della fede cristiana consiste nell’affermare che Dio si è fatto uomo, per innalzare l’uomo fino a Dio, nella comunione immediata con lui.
| |
La ricerca guidata da Dio
[24] A motivo del senso religioso che la pervade, la storia dei popoli procede come un immenso pellegrinaggio verso il santuario di un possibile incontro con Dio. Secondo l’insegnamento della Chiesa, la ricerca millenaria, che prende corpo nelle religioni, è segno non solo della trascendenza dell’uomo sul mondo visibile, ma anche della vicinanza di Dio stesso.
Per la sua stessa costituzione la persona umana è aperta a Dio. Inoltre, fin dall’inizio della storia, è chiamata per grazia alla comunione di vita con lui in Cristo. «Questo intimo e vitale legame»
![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 19.
Il comune senso religioso non è soltanto conoscenza razionale attraverso la creazione, ma anche impulso di vita, che coinvolge tutto l’uomo ed è alimentato dalla grazia di Dio, il quale «volendo aprire la via della salvezza celeste, fin dal principio manifestò se stesso ai progenitori... ed ebbe costante cura del genere umano, per dare la vita eterna a tutti coloro che cercano la salvezza con la perseveranza nella pratica del bene»
![]() Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 3. ![]() Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2. | CCC, 27-30CdA, 42 CONFRONTAVAI CdA 353 CONFRONTAVAI CdA 401 CONFRONTAVAI CdA 575 CONFRONTAVAI CdA 582 CONFRONTAVAI CdA 585 CONFRONTAVAI CdA 800-804 CONFRONTAVAI |
Fiducia nella ragione
[26]
L’esperienza religiosa è solo un sentimento, un’intuizione, o anche
![]()
La Chiesa crede e insegna che «Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza con il lume naturale dell’umana ragione a partire dalle cose create»
![]() Concilio Vaticano I, Dei Filius, II - DS 3004; Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 6.
Il nostro accesso a Dio passa anche per la via dell’intelligenza. «La Chiesa rimane ferma, anche se dovesse rimanere sola, nel rivendicare alla ragione questa suprema possibilità»
![]() Paolo VI, Discorso del 27 novembre 1968. | |
[27]
Il libro della Sapienza biasima quanti non giungono a riconoscere il Dio vivente
![]()
La Lettera ai Romani rimprovera duramente gli uomini «che soffocano la verità nell’ingiustizia» (Rm 1,18), in quanto rifiutano di riconoscere e adorare il vero Dio, pur avendone un’iniziale conoscenza intellettuale. «Ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto... Dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute» (Rm 1,1920). Per chi è ben disposto, l’eterna Potenza invisibile si lascia quasi intravedere attraverso il panorama della creazione. Purtroppo gli uomini, nella loro superbia, si chiudono davanti al mistero di Dio, si lasciano trascinare da passioni vergognose, precipitano nella corruzione morale
![]() | |
Conoscenza indiretta
[28] Secondo la fede della Chiesa, la ragione può conoscere con certezza l’esistenza di Dio. Ma come mettere in atto concretamente questa capacità?
Dio non è un contenuto di esperienza accanto ad altri. Viene conosciuto indirettamente, attraverso il mondo e l’uomo, come fondamento e orizzonte di ogni cosa. La sua conoscenza viene esplicitata per via di riflessione razionale, secondo diverse prospettive.
| |
Dalla precarietà a Dio
[29] Il limite e la precarietà delle cose, il loro iniziare, mutare e finire, il fatto che esistono e possono non esistere, tutto indica che il mondo non è autosufficiente e in definitiva riceve esistenza e vita da un Altro, il quale a sua volta basta pienamente a se stesso e non ha bisogno di ricevere da nessuno.
Se una catena pende dall’alto, ogni anello è sostenuto dal precedente; ma poi ci vuole un perno che li sostenga tutti. Senza un ancoraggio definitivo, la contingenza non solo sarebbe irrazionale, ma anche invivibile. Non potremmo sopportare con lucida coerenza il continuo morire di ogni cosa, il continuo precipitare nel nulla. Niente avrebbe valore.
| CdA, 15 CONFRONTAVAI |
Dall’ordine a Dio
[30] Beato chi sa meravigliarsi! La bellezza, la varietà, l’ordine mirabile delle cose, la complessità delle strutture viventi, il mistero della persona umana, intelligente e libera, che torna a sbocciare in ogni bambino che nasce, il semplice fatto che la natura sia intelligibile alla nostra mente: tutto rinvia a una Intelligenza creatrice.
Una cattedrale è ben più che un mucchio di pietre; è una nuova unità ordinata. Per questo le pietre da sole non diventano cattedrale: hanno bisogno di un progetto e di un architetto. Non è pensabile che gli elementi che compongono i corpi dell’universo da soli siano capaci di organizzarsi, fino a formare esseri diversissimi tra loro, di inaudita complessità e con qualità e funzioni originali.
Se nel corso dell’evoluzione il più emerge dal meno, non può trattarsi di un fatto automatico o casuale. Gli elementi naturali, sebbene abbiano un ruolo attivo, non spiegano tutto. Per convergere in una nuova e più perfetta unità, devono essere assunti da un’Intelligenza ordinatrice e creatrice. Questa causa suprema fa emergere la novità dalla continuità dello sviluppo. Sostiene le cause naturali, non interferisce, non si pone accanto, come se fosse una di esse, magari la più potente. Si colloca a un livello diverso, trascendente e immanente nello stesso tempo.
| |
Dallo spirito umano a Dio
[31]
Si può risalire a Dio non solo a partire dal mondo, ma anche dallo spirito umano. È facile rendersi conto che siamo limitati nel conoscere e nel volere: non possediamo la verità intera né la felicità completa; non conosciamo pienamente neppure un filo d’erba e non riusciamo ad allungare la nostra vita di «un’ora sola» (Lc 12,25); errori e peccati ci opprimono. Tuttavia conosciamo una cosa dopo l’altra, raggiungiamo un bene dopo l’altro, passiamo da un’esperienza all’altra in un dinamismo inesauribile. Non possiamo fermarci a nessun traguardo. Giudichiamo parziale qualsiasi contenuto di conoscenza, perché lo vediamo nella prospettiva dell’essere, come un’isola sullo sfondo dell’oceano. Siamo liberi in ogni scelta, perché non c’è proporzione tra le mete a portata di mano e il bene che desideriamo. Siamo aperti su un orizzonte infinito con l’intuizione e il desiderio; tutte le cose intorno a noi sembrano sussurrare: «Non siamo noi il tuo Dio. Cerca sopra di noi»
![]() Sant’Agostino, Confessioni, 10, 6, 9.
La nostra mente è polarizzata e, per dir così, programmata sull’infinito, come la vista è fatta per la luce. E, come non vediamo la luce in se stessa, ma solo attraverso gli oggetti illuminati, così non conosciamo l’Infinito in se stesso, ma solo attraverso i contenuti particolari della nostra esperienza. L’Infinito, «vita che vivifica ogni vita, luce che illumina ogni luce»
![]() San Bonaventura da Bagnoregio, Il legno della vita, 3, 47. | |
Verità sapienziale
[32]
Nell’universo siamo un granello di polvere, ma dotato di pensiero e di volontà, aperto al mistero infinito. Siamo una minuscola goccia, in cui però si riflette il cielo. Dio ci ha creati capaci di ricevere la sua comunicazione e ora ci offre «nelle cose create una perenne testimonianza di sé»
![]() Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 3. ![]() Cf. San Tommaso d’Aquino, Commento alla seconda Lettera ai Corinzi, 1, 12. Per udire Dio non basta essere intelligenti; bisogna avere il cuore ben disposto. La sua esistenza è una verità di carattere etico e sapienziale: non la si capisce soltanto, ma la si apprezza, la si accosta in modo appassionato. Può senz’altro essere conosciuta dalla ragione; ma la ragione viene resa disponibile alla ricerca e all’adesione solo quando assumiamo, con l’aiuto della grazia, un atteggiamento umile e rispettoso di meraviglia, fiducia e accoglienza.
| |
Linguaggio inadeguato
[33]
Confidando nelle possibilità della ragione riguardo a Dio, la Chiesa respinge la tendenza all’agnosticismo, presente nella cultura contemporanea. Rimane però ben consapevole dei limiti umani, non solo etici, ma anche propriamente conoscitivi. Dio «abita una luce inaccessibile» (1Tm 6,16), «ineffabilmente elevato al di sopra di tutto ciò che è e che può essere concepito al di fuori di lui»
![]() Concilio Vaticano I, Dei Filius, I - DS 3001. ![]() Cf. Concilio Lateranense IV, Costituzione2 - DS 806. | CCC, 39-43CCC 170-171CdA, 316 CONFRONTAVAI |
[34] In che misura possiamo conoscere Dio? Possiamo riferire a lui i nostri concetti, che più o meno direttamente derivano dall’esperienza sensibile? Possiamo parlare di lui o dobbiamo tacere?
La ragione umana attinge Dio in maniera indiretta e inadeguata; non lo comprende, lo addita soltanto; lo conosce precisamente come mistero. Dio è semplice e sussistente. Se dico di lui che è potente, sapiente e buono, lo rappresento come uno che ha la potenza, la sapienza e la bontà e quindi come un soggetto sussistente, ma purtroppo anche composto e imperfetto. Se invece dico di lui che è la potenza, la sapienza, la bontà e l’essere stesso, lo rappresento come una perfezione semplice e illimitata, ma purtroppo non come un soggetto sussistente. Quanto al modo di rappresentare, i nostri concetti non sono mai idonei per indicare Dio, né quelli concreti né quelli astratti. Neppure il concetto primo di ente, che è incluso in ogni altro, può significare Dio in modo corretto, perché significa ciò che ha l’essere, che lo partecipa
![]() Cf. San Tommaso d’Aquino, Sul Libro delle Cause, 4, 1, 47; Sulla Potenza, q. 7, a. 2 ad 7; q. 7, a. 3 ad 7. ![]() Sant’Anselmo d’Aosta, Proslogion, 1, 2. | |
[35] Secondo la fede della Chiesa, fondata sulla Bibbia, la ragione umana attraverso la mediazione delle cose create può conoscere con certezza Dio, principio primo e fine ultimo di tutta la realtà.
La riflessione razionale è valida in se stessa, ma il suo sviluppo è favorito dalle buone disposizioni morali. La conoscenza che si ottiene è vera, ma indiretta e limitata.
| |
Fiducia nella ragione
[26]
L’esperienza religiosa è solo un sentimento, un’intuizione, o anche
![]()
La Chiesa crede e insegna che «Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza con il lume naturale dell’umana ragione a partire dalle cose create»
![]() Concilio Vaticano I, Dei Filius, II - DS 3004; Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 6.
Il nostro accesso a Dio passa anche per la via dell’intelligenza. «La Chiesa rimane ferma, anche se dovesse rimanere sola, nel rivendicare alla ragione questa suprema possibilità»
![]() Paolo VI, Discorso del 27 novembre 1968. | |
[27]
Il libro della Sapienza biasima quanti non giungono a riconoscere il Dio vivente
![]()
La Lettera ai Romani rimprovera duramente gli uomini «che soffocano la verità nell’ingiustizia» (Rm 1,18), in quanto rifiutano di riconoscere e adorare il vero Dio, pur avendone un’iniziale conoscenza intellettuale. «Ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto... Dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute» (Rm 1,1920). Per chi è ben disposto, l’eterna Potenza invisibile si lascia quasi intravedere attraverso il panorama della creazione. Purtroppo gli uomini, nella loro superbia, si chiudono davanti al mistero di Dio, si lasciano trascinare da passioni vergognose, precipitano nella corruzione morale
![]() | |
Conoscenza indiretta
[28] Secondo la fede della Chiesa, la ragione può conoscere con certezza l’esistenza di Dio. Ma come mettere in atto concretamente questa capacità?
Dio non è un contenuto di esperienza accanto ad altri. Viene conosciuto indirettamente, attraverso il mondo e l’uomo, come fondamento e orizzonte di ogni cosa. La sua conoscenza viene esplicitata per via di riflessione razionale, secondo diverse prospettive.
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Dalla precarietà a Dio
[29] Il limite e la precarietà delle cose, il loro iniziare, mutare e finire, il fatto che esistono e possono non esistere, tutto indica che il mondo non è autosufficiente e in definitiva riceve esistenza e vita da un Altro, il quale a sua volta basta pienamente a se stesso e non ha bisogno di ricevere da nessuno.
Se una catena pende dall’alto, ogni anello è sostenuto dal precedente; ma poi ci vuole un perno che li sostenga tutti. Senza un ancoraggio definitivo, la contingenza non solo sarebbe irrazionale, ma anche invivibile. Non potremmo sopportare con lucida coerenza il continuo morire di ogni cosa, il continuo precipitare nel nulla. Niente avrebbe valore.
| CdA, 15 CONFRONTAVAI |
Dall’ordine a Dio
[30] Beato chi sa meravigliarsi! La bellezza, la varietà, l’ordine mirabile delle cose, la complessità delle strutture viventi, il mistero della persona umana, intelligente e libera, che torna a sbocciare in ogni bambino che nasce, il semplice fatto che la natura sia intelligibile alla nostra mente: tutto rinvia a una Intelligenza creatrice.
Una cattedrale è ben più che un mucchio di pietre; è una nuova unità ordinata. Per questo le pietre da sole non diventano cattedrale: hanno bisogno di un progetto e di un architetto. Non è pensabile che gli elementi che compongono i corpi dell’universo da soli siano capaci di organizzarsi, fino a formare esseri diversissimi tra loro, di inaudita complessità e con qualità e funzioni originali.
Se nel corso dell’evoluzione il più emerge dal meno, non può trattarsi di un fatto automatico o casuale. Gli elementi naturali, sebbene abbiano un ruolo attivo, non spiegano tutto. Per convergere in una nuova e più perfetta unità, devono essere assunti da un’Intelligenza ordinatrice e creatrice. Questa causa suprema fa emergere la novità dalla continuità dello sviluppo. Sostiene le cause naturali, non interferisce, non si pone accanto, come se fosse una di esse, magari la più potente. Si colloca a un livello diverso, trascendente e immanente nello stesso tempo.
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Dallo spirito umano a Dio
[31]
Si può risalire a Dio non solo a partire dal mondo, ma anche dallo spirito umano. È facile rendersi conto che siamo limitati nel conoscere e nel volere: non possediamo la verità intera né la felicità completa; non conosciamo pienamente neppure un filo d’erba e non riusciamo ad allungare la nostra vita di «un’ora sola» (Lc 12,25); errori e peccati ci opprimono. Tuttavia conosciamo una cosa dopo l’altra, raggiungiamo un bene dopo l’altro, passiamo da un’esperienza all’altra in un dinamismo inesauribile. Non possiamo fermarci a nessun traguardo. Giudichiamo parziale qualsiasi contenuto di conoscenza, perché lo vediamo nella prospettiva dell’essere, come un’isola sullo sfondo dell’oceano. Siamo liberi in ogni scelta, perché non c’è proporzione tra le mete a portata di mano e il bene che desideriamo. Siamo aperti su un orizzonte infinito con l’intuizione e il desiderio; tutte le cose intorno a noi sembrano sussurrare: «Non siamo noi il tuo Dio. Cerca sopra di noi»
![]() Sant’Agostino, Confessioni, 10, 6, 9.
La nostra mente è polarizzata e, per dir così, programmata sull’infinito, come la vista è fatta per la luce. E, come non vediamo la luce in se stessa, ma solo attraverso gli oggetti illuminati, così non conosciamo l’Infinito in se stesso, ma solo attraverso i contenuti particolari della nostra esperienza. L’Infinito, «vita che vivifica ogni vita, luce che illumina ogni luce»
![]() San Bonaventura da Bagnoregio, Il legno della vita, 3, 47. | |
Verità sapienziale
[32]
Nell’universo siamo un granello di polvere, ma dotato di pensiero e di volontà, aperto al mistero infinito. Siamo una minuscola goccia, in cui però si riflette il cielo. Dio ci ha creati capaci di ricevere la sua comunicazione e ora ci offre «nelle cose create una perenne testimonianza di sé»
![]() Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 3. ![]() Cf. San Tommaso d’Aquino, Commento alla seconda Lettera ai Corinzi, 1, 12. Per udire Dio non basta essere intelligenti; bisogna avere il cuore ben disposto. La sua esistenza è una verità di carattere etico e sapienziale: non la si capisce soltanto, ma la si apprezza, la si accosta in modo appassionato. Può senz’altro essere conosciuta dalla ragione; ma la ragione viene resa disponibile alla ricerca e all’adesione solo quando assumiamo, con l’aiuto della grazia, un atteggiamento umile e rispettoso di meraviglia, fiducia e accoglienza.
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Linguaggio inadeguato
[33]
Confidando nelle possibilità della ragione riguardo a Dio, la Chiesa respinge la tendenza all’agnosticismo, presente nella cultura contemporanea. Rimane però ben consapevole dei limiti umani, non solo etici, ma anche propriamente conoscitivi. Dio «abita una luce inaccessibile» (1Tm 6,16), «ineffabilmente elevato al di sopra di tutto ciò che è e che può essere concepito al di fuori di lui»
![]() Concilio Vaticano I, Dei Filius, I - DS 3001. ![]() Cf. Concilio Lateranense IV, Costituzione2 - DS 806. | CCC, 39-43CCC 170-171CdA, 316 CONFRONTAVAI |
[34] In che misura possiamo conoscere Dio? Possiamo riferire a lui i nostri concetti, che più o meno direttamente derivano dall’esperienza sensibile? Possiamo parlare di lui o dobbiamo tacere?
La ragione umana attinge Dio in maniera indiretta e inadeguata; non lo comprende, lo addita soltanto; lo conosce precisamente come mistero. Dio è semplice e sussistente. Se dico di lui che è potente, sapiente e buono, lo rappresento come uno che ha la potenza, la sapienza e la bontà e quindi come un soggetto sussistente, ma purtroppo anche composto e imperfetto. Se invece dico di lui che è la potenza, la sapienza, la bontà e l’essere stesso, lo rappresento come una perfezione semplice e illimitata, ma purtroppo non come un soggetto sussistente. Quanto al modo di rappresentare, i nostri concetti non sono mai idonei per indicare Dio, né quelli concreti né quelli astratti. Neppure il concetto primo di ente, che è incluso in ogni altro, può significare Dio in modo corretto, perché significa ciò che ha l’essere, che lo partecipa
![]() Cf. San Tommaso d’Aquino, Sul Libro delle Cause, 4, 1, 47; Sulla Potenza, q. 7, a. 2 ad 7; q. 7, a. 3 ad 7. ![]() Sant’Anselmo d’Aosta, Proslogion, 1, 2. | |
Mistero oscuro e luminoso
[316] La nostra conoscenza di Dio è indiretta e inadeguata. Che senso ha allora indagare la sua vita intima, ciò che egli è in se stesso?
Nella nostra cultura è abbastanza diffuso l’agnosticismo, che tende a circoscrivere la capacità dell’intelligenza umana dentro l’orizzonte terreno e si mostra estremamente diffidente verso ogni tentativo di parlare di Dio. È significativo che nel nostro paese, accanto a quelli che si dichiarano non credenti o indifferenti, molte siano le persone che si ritrovano nella definizione di Dio come Mistero.
D’altra parte, un rapporto religioso vivo non può fare a meno di una qualche conoscenza positiva ed è ancor più significativo che la grande maggioranza della gente si riconosca nella definizione cristiana: «Dio è amore» (1Gv 4,8). Non si può aver fiducia in chi resta completamente sconosciuto.
| CdA, 34 CONFRONTAVAI |
Parola e silenzio
[322]
L’amore inaudito di Dio per noi trova il suo fondamento nel mistero di amore che Dio è in se stesso. Davanti a questo mistero il discorso umano è un povero balbettare e volentieri cede il posto al silenzio e all’adorazione. I mistici, che nella contemplazione hanno una conoscenza di Dio senza concetti, molto più perfetta di quella ordinaria, non riescono ad esporla come vorrebbero; lasciano intuire qualcosa delle meraviglie intraviste più con la loro personale trasformazione che non mediante i tentativi di raccontare: «Non si trova parola che suoni adeguata; nessun pensiero può mai giungervi, nessuna mente allargarsi fin là, tanto supera il tutto; come è vero che Dio non può esser spiegato mai»
![]() Beata Angela da Foligno, Il libro, Memoriale, 9, 361-363. ![]() | |
Conoscenza mistica
[843]
La perfezione cristiana, identificata con la perfezione della carità, non coincide con la contemplazione mistica. Questa, però rimane pur sempre un dono meraviglioso, che rende sperimentalmente manifesta la ricchezza ricevuta nel battesimo e anticipa in certo modo la visione beatifica delle Persone divine nell’eternità; un dono «che nessuno conosce se non chi lo riceve. Lo riceve solo chi lo desidera; non lo desidera se non colui che viene infiammato dal fuoco dello Spirito Santo»
![]() San Bonaventura da Bagnoregio, Itinerario della mente in Dio, 7, 4. | |
Dialogo possibile e desiderato
[36]
La ricerca di Dio per la via delle religioni e della ragione procede con molte incertezze e deviazioni. Dio, benché sia vicinissimo, sembra lontano, senza volto e senza nome: il «Dio ignoto» (At 17,27).
Ma l’apertura razionale al mistero infinito è il presupposto per poter ricevere il dono incomparabilmente più grande della rivelazione storica: «Dio non avrebbe potuto rivelarsi all’uomo, se questi non fosse già stato naturalmente capace di conoscere qualcosa di vero a suo riguardo»
![]() Giovanni Paolo II, Catechesi del 20 marzo 1985. | CdA, 44-45 CONFRONTAVAI CdA 76-85 CONFRONTAVAI |
[37]
Per il fatto di essere aperto a Dio attraverso le creature, l’uomo spontaneamente sente il desiderio esplicito di conoscerlo direttamente in se stesso: cosa impossibile alle sue forze; ma chissà che a Dio non sia possibile? chissà che dopo i doni di questo mondo, non voglia farci il dono di se stesso? chissà che non voglia parlarci da persona a persona? Avremmo allora un orientamento sicuro, una solida nave per attraversare il mare della vita e non più la fragile zattera della filosofia
![]() Cf. Platone, Fedone, 35. | |
Una illuminazione comune
[42] La religiosità è un primo orientamento verso il mistero. Nella misura in cui non è inquinata da errori e deviazioni, suppone la iniziale comunicazione che Dio fa a tutti gli uomini mediante la creazione e la sua continua, benevola vicinanza.
Da sempre gli uomini cercano Dio con la loro sete di vita, di verità, di sicurezza e di felicità. Da sempre Dio li illumina, li assiste e li sostiene in questa ricerca; li attrae segretamente a sé per le molte strade delle religioni e delle culture. La sua provvidenza salvifica si estende a tutta la storia umana
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 3. ![]() ![]() Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 3. Frutto di questa illuminazione da parte di Dio sono gli elementi di verità e di bontà presenti nella religiosità umana. In essa, di solito, prevale un atteggiamento di dipendenza creaturale, una consapevolezza di precarietà e un desiderio di protezione. La fede cristiana, invece, si colloca a un livello più elevato. Assume i valori positivi della religiosità umana, ma ha una sua specificità. È la risposta, altamente impegnativa, a una più perfetta comunicazione di Dio, alla quale viene riservato il nome di rivelazione in senso proprio.
| CdA, 24 CONFRONTAVAI CdA 401 CONFRONTAVAI CdA 575 CONFRONTAVAI |
Rivelazione
[43]
La rivelazione è una speciale iniziativa divina. In un ambito storico particolare, Dio liberamente esce dal silenzio
![]() Cf. Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai cristiani di Magnesia, 8, 2. | |
Autotestimonianza e autodonazione
[44]
Non si conosce una persona come fosse un oggetto, osservando e calcolando. Nel suo nucleo più intimo, può essere conosciuta
![]()
Qualcosa di simile avviene nella rivelazione che Dio fa di se stesso e del suo disegno di amore verso l’uomo. Nella sua intima vita personale Dio non può essere conosciuto per via di intuizione o riflessione umana, ma solo per sua libera iniziativa. Perciò, «per il suo immenso amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé»; pur rimanendo invisibile, parla e si dona attraverso «eventi e parole intimamente connessi tra loro»
![]() Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 2. | |
Eventi e parole
[45]
Gli eventi contengono la realtà significata dalle parole. Confermano e verificano le parole. Riguardano un popolo o singole persone all’interno di esso. Sono pubblici o privati, miracolosi o ordinari. Si compiono «una volta per sempre» (Eb 9,12), cioè in un tempo preciso e irripetibile, ma con valore perenne e universale. Sono nuovi e imprevedibili, ma si inseriscono nella continuità storica, secondo un progetto unitario e in vista di una meta definitiva.
Il significato e la connessione profonda degli avvenimenti vengono
![]() Attraverso gli eventi e le parole si svolge la trama di una concreta storia terrena, in cui Dio stesso liberamente porta avanti il suo dialogo con gli uomini per dare loro speranza e futuro. Progressivamente egli si fa conoscere e si dona, fino a comunicare pienamente se stesso in Gesù Cristo; rende gli uomini capaci di rispondergli, di accogliere la sua presenza e di partecipare alla sua vita.
| CdA, 103 CONFRONTAVAI CdA 176 CONFRONTAVAI CdA 608 CONFRONTAVAI |
L’Antico Testamento
[47]
Gli eventi prendono avvio con alcuni pastori nomadi, in cui successivamente il popolo di Israele riconoscerà i propri antenati: Abramo, Isacco e Giacobbe. Il primo di loro viene presentato come grande amico di Dio e padre dei credenti. Dio lo chiama fuori della sua terra di origine e lo benedice con una promessa di portata universale: «Renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare... Saranno benedette per la tua discendenza tutte le nazioni della terra» (Gen 22,1718).
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[48]
A questi antichi patriarchi si ricollegano alcune tribù, che in Egitto finiscono per trovarsi in una condizione intollerabile di schiavitù e fuggono verso il Sinai. Le guida Mosè, un uomo straordinario, al quale nella solitudine del deserto Dio ha rivelato il suo nome misterioso: JHWH
![]() Scriviamo così il nome di Dio rivelato a Mosè. Il tetragramma sacro andrebbe letto “Jahvèh”, ma la tradizione ebraica considera questo nome impronunziabile e suggerisce di dire in suo luogo “Adonài”, cioè “Signore”, o di pronunziare un altro titolo divino. Per rispetto ai nostri fratelli ebrei, questo catechismo invita a fare altrettanto e in ogni caso riduce all’indispensabile l’uso del tetragramma sacro. Al cammino nel deserto fa seguito l’insediamento nella terra di Canaan, l’epoca di Giosuè e dei Giudici, segnata dai contatti e dai conflitti con le popolazioni del luogo. Il popolo nomade si trasforma lentamente in un popolo residenziale di agricoltori. Sorprendentemente, non assume la religione politeista del paese, incentrata sulle energie della natura e della fecondità; ne respinge, sia pure con fatica, la tentazione seducente e conserva il culto del suo unico Dio, JHWH.
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[49] Intorno al 1000 a.C. la federazione delle tribù diventa un regno organizzato. Però, contrariamente a ciò che accade presso le nazioni circostanti, il re non viene divinizzato; rimane sottoposto a giudizio e contestazione. Dio guida il popolo soprattutto attraverso i profeti, da lui chiamati e fortificati con una speciale manifestazione della sua presenza; lo conduce avanti per strade non facili verso esperienze inedite.
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[50]
Duri di cuore, inclini all’idolatria, all’ingiustizia e alla corruzione,
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[51]
Il lungo cammino di Israele è una vera storia umana, con persone e
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Il Nuovo Testamento
[52]
La rivelazione storica di Dio fin dall’inizio era orientata verso una meta. Giunge a compimento in Gesù di Nàzaret: «Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1-2). «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge» (Gal 4,4).
Gesù visse in Palestina al tempo degli imperatori romani Augusto e Tiberio. «Passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui... Lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse... a testimoni prescelti» (At 10,38-41). Gesù, «appartenente alla stirpe di David, figlio di Maria, realmente nacque, mangiò e bevve. Realmente fu perseguitato sotto Ponzio Pilato; realmente fu crocifisso e morì alla presenza del cielo, della terra e degli inferi. Realmente risuscitò dai morti»
![]() Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai cristiani di Tralle, 9, 1-2.
In lui Dio comunica personalmente se stesso
![]() ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 2. ![]() | |
Pienezza definitiva
[53] In Gesù Cristo Dio ha portato a compimento la sua rivelazione. Ha detto e dato se stesso; ha comunicato quanto aveva da comunicare. Nulla si può aggiungere come ulteriore perfezione, fino al giorno in cui la condizione umana sarà trasfigurata oltre la storia e il Signore si manifesterà nella sua venuta gloriosa.
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La pretesa cristiana
[38] L’annuncio della Chiesa è precisamente questo: il Mistero infinito ci ha rivolto la parola e addirittura ci è venuto incontro personalmente, con il nome e il volto di un uomo, Gesù di Nàzaret, e ci ha chiamati a vivere insieme con lui per l’eternità. Dio fatto uomo, l’uomo innalzato fino a Dio: nessun’altra religione ha una notizia simile, nessuna offre una speranza più audace. Mentre i grandi uomini religiosi, i profeti e i santi avvertono il proprio nulla davanti alla grandezza di Dio e si sentono peccatori, Gesù di Nàzaret con tranquilla sicurezza si è presentato come Figlio di Dio, uguale al Padre: una follia e una bestemmia sulla bocca di qualsiasi altro.
La pretesa è inaudita, ma duemila anni di storia la rendono degna almeno di essere presa in considerazione. Vale la pena esaminarla, senza pregiudizi: un pensiero è veramente libero quando non scarta in partenza nessuna ipotesi.
Gesù ha detto: «Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce» (Gv 18, 37). In lui trovano risposta le domande più profonde dell’uomo e la ricerca religiosa dei popoli; in lui il viandante assetato trova l’«acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,14), come la trovò un giorno la donna di Samarìa.
| CdA, 52 CONFRONTAVAI |
Unità della Bibbia
[68]
La Bibbia riferisce avvenimenti ed esperienze molto diversi tra loro; ma, proprio perché è ispirata da Dio, sa anche collegarli in una profonda unità, piena di significato. Vede tutta la storia come storia dell’alleanza di Dio con l’uomo, protesa verso una meta ultima. In definitiva, «tutta la Scrittura è un libro solo e quest’unico libro è Cristo»
![]() Ugo da San Vittore, L’arca di Noè, 2, 8. ![]() Sant’Agostino, Questioni sull’Eptateuco, 2, 73. | |
[101] Gesù di Nàzaret, con il suo messaggio e con la sua azione, con il dono di sé fino alla croce e con la sua risurrezione, rivela che Dio è amore e sta attuando nella storia un meraviglioso disegno di salvezza. | |
Ispirazione
[66]
Le Sacre Scritture non solo sono documento, ma anche parte integrante di una storia animata dallo Spirito di Dio. Da sempre la fede della Chiesa le considera ispirate. Sebbene siano state composte da autori umani, in un arco di tempo di circa mille anni, e rechino l’impronta di diverse personalità, esperienze, epoche e culture, esse hanno allo stesso tempo per autore Dio, in quanto egli è stato attivamente presente con il suo Spirito in tutto il processo di formazione di questi scritti, per comunicare attraverso gli autori umani il suo messaggio di salvezza: «Mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio» (2Pt 1,21); perciò «tutta la Scrittura è ispirata da Dio» (2Tm 3,16). Non solo contiene la parola di Dio, ma è essa stessa parola di Dio
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 24. | |
[611]
La parola di Dio è Dio stesso che si rivela e si dona nella storia degli uomini, fino a comunicarsi personalmente in Gesù di Nàzaret. Gesù è la Parola eterna e creatrice di Dio fatta carne
![]()
Secondo gli Atti degli apostoli, la Parola, colma di Spirito Santo, porta avanti il cammino della Chiesa: cresce, si rafforza e si diffonde. I protagonisti umani sono i suoi servitori
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Questa Parola non è solo una notizia riguardante la salvezza, ma è parte integrante dell’avvenimento stesso della salvezza; non solo ha per contenuto Cristo morto e risorto, ma prima ancora è Cristo stesso, che parla attraverso i suoi inviati: «Mossi da Dio, sotto il suo sguardo, noi parliamo in Cristo» (2Cor 2,17). I discepoli continuano a predicare e a insegnare in suo nome e con la sua presenza
![]() | |
Dio della creazione [324] La figura paterna è vista con sospetto nella cultura moderna, specialmente quando è riferita a Dio. Sarebbe sinonimo di potere autoritario e fonte di alienazione. Ma è questo il Dio di Gesù Cristo? La sua trascendenza esclude la vicinanza e la tenerezza? Il suo primato esclude la comunione?
Colui che Gesù chiama familiarmente “Abbà” è il Creatore del cielo e della terra ![]() ![]() Concilio Vaticano I, Dei Filius, I - DS 3001.
Davanti a lui l’universo, popolato di stelle e galassie, malgrado la sua immensità che dà le vertigini, appare come un granello di polvere sulla bilancia, «come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra» (Sap 11,22). Nulla aggiunge alla perfezione del suo Creatore; la sua esistenza è puro dono, assolutamente libero e gratuito.
| CdA, 358-361 CONFRONTAVAI |
[325]
Dio è infinitamente perfetto: nulla può perdere o acquistare ![]() ![]() | |
[326]
Ma la trascendenza non significa lontananza. Dio contiene l’universo nella sua intelligenza e volontà; penetra intimamente ogni cosa con il suo Spirito, per dare «esistenza, energia e vita» ![]() Messale Romano, Prefazio delle domeniche del tempo ordinario VI. ![]() Sant’Agostino, Confessioni, 6, 3, 4. | |
Dio della storia [327]
Il Padre del Signore Gesù Cristo è il Dio vivente della storia, il «Dio di Israele» (Mt 15,31), il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Egli cammina con il suo popolo e partecipa con intensità alle vicende degli uomini; ama appassionatamente e vuole essere amato «con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6,5); prova compassione per la sofferenza ![]() ![]() ![]()
Inserendosi nella storia, Dio rimane il Signore trascendente della storia. Dice il suo nome e nello stesso tempo rifiuta di dirlo completamente. «Io sono colui che sono!» (Es 3,14). Il suo coinvolgimento è sovranamente libero. «Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia» (Es 33,19). Eppure nessun altro amore è così universale, fedele e misericordioso come il suo.
| CdA, 45-52 CONFRONTAVAI |
Il Padre | CdA, 821-825 CONFRONTAVAI |
[329]
Attraverso di lui il Padre si manifesta come amore senza limiti. Ama non solo i giusti, i sofferenti e gli oppressi, ma anche i peccatori, gli oppressori e i bestemmiatori, perfino i crocifissori del suo Figlio. Li ama così come sono. Prende su di sé il peso dei loro peccati. Dà quanto ha di più caro, per salvarli: «Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,8).
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[330]
Gesù stesso riceve tutto dal Padre ![]() ![]() | |
[331]
Il nome “Padre”, attribuito a Dio già nell’Antico Testamento, assume un significato ben più profondo, per il fatto che Dio si rivela nel Figlio unigenito e comunica agli uomini lo Spirito del suo Figlio. Con questo nuovo significato diventa il nome definitivo: «Il nome che conviene propriamente a Dio è quello di “Padre” piuttosto che di “Dio”... Dire “Dio” significa indicare il dominatore di tutte le cose; dire “Padre” significa invece raggiungere una proprietà intima... “Padre” è dunque in certo modo il nome più vero di Dio, il suo nome proprio per eccellenza» ![]() San Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni, 2, 7. | |
[332]
Il termine “Padre” è analogico; indica il principio da cui il Figlio riceve tutto ciò che è e fa. In realtà Dio si colloca al di là delle differenze di sesso e riunisce in sé i valori della paternità e della maternità ![]() ![]() Cf. Clemente di Alessandria, C’è salvezza per il ricco?, 37; Sinodo di Toledo XI, Simbolo, 6 - DS 526. | |
Principio senza principio [333]
«Dio è amore» (1Gv 4,8). Il principio originario di tutta la realtà è «uno, ma non solitario» ![]() Formula “Fides Damasi” - DS 71. ![]() ![]() Cf. Sinodo di Toledo VI - DS 490. ![]() Santa Veronica Giuliani, Diario, 22.4.1697.
È opportuno che, secondo l’uso del Nuovo Testamento, il nome “Dio” indichi normalmente il Padre, perché egli solo è Dio da se stesso e principio senza principio, «sorgente e origine di tutta la divinità» ![]() Sinodo di Toledo VI DS 490. ![]() Concilio di Costantinopoli I, Simbolo di Nicea-Costantinopoli. ![]() Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Copti “Cantate Domino” DS 1331. | |
Testimoni del Padre [334]
L’atteggiamento filiale, che dobbiamo assumere verso il Padre, è ![]() Di questa testimonianza ha bisogno soprattutto quella parte del mondo moderno, che, rincorrendo l’autonomia della ragione e dell’agire, ha emarginato Dio; ma anziché ritrovarsi adulta, ha finito per sentirsi orfana. Il Padre di Gesù non ha niente a che fare con l’immagine paterna rifiutata: non soffoca la libertà, non preserva dalla fatica e dalla sofferenza, non favorisce la passività, la viltà, il servilismo, il fatalismo. È un Padre diverso rispetto alle proiezioni del nostro desiderio, come Gesù è un salvatore diverso. È premuroso e onnipotente, ma non invadente; è vicino anche nell’apparente assenza; non impedisce il male, ma ne trae il bene, rispettando la libertà delle creature. È il principio originario; ma da lui derivano persone di pari dignità, il Figlio e lo Spirito, con le quali da sempre vive in comunione. | |
Nuova rivelazione del Padre [165]
L’esperienza di libertà e fraternità, che Gesù propone a quanti lo seguono, suppone un comune atteggiamento filiale verso Dio. Chi, per seguire Gesù, ha lasciato la propria famiglia, non ha più un padre terreno che provveda alle necessità quotidiane; ha trovato però un altro Padre, quello stesso di Gesù: «E non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo» (Mt 23,9). Egli è pieno di premura per i suoi figli ![]() | |
[166]
Gesù si rivolge a Dio nella sua lingua, l’aramaico, chiamandolo abitualmente «Abbà» (Mc 14,36), che significa “papà”. “Abbà” è parola infantile, una delle primissime parole che il bambino impara a pronunciare: «Non appena egli sente il sapore della culla (cioè quando è divezzato), dice “abbà”, “immà” (papà, mamma)», si legge nella tradizione ebraica. ![]() Talmud babilonese, Berakhot, 40a. | CdA, 293-294 CONFRONTAVAI CdA 960 CONFRONTAVAI |
[167]
Israele aveva sperimentato la premurosa bontà di Dio nei suoi ![]()
Tuttavia, l’Antico Testamento accentuava l’infinita trascendenza di Dio, l’Unico, l’Eterno, il Santo, il Creatore del cielo e della terra: «Colui che ha fatto le Pleiadi e Orione, cambia il buio in chiarore del mattino e stende sul giorno l’oscurità della notte... Signore è il suo nome» (Am 5,8). Anzi i contemporanei di Gesù evitano il più possibile di pronunciare il nome di Dio e cercano di sostituirlo con modi di parlare che lo evocano senza nominarlo.
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[168]
Ma Gesù ha una esperienza unica di Dio; lo conosce ed è da lui conosciuto in una intimità reciproca ![]() | |
Paternità universale [169]
Gesù sa di essere Figlio in senso unico; non si confonde mai con gli uomini nel suo rapporto verso Dio. Parlando con i discepoli, distingue accuratamente il «Padre mio» (Mt 7,21) da il «Padre vostro» (Mt 7,11), perché Dio non è per lui Padre allo stesso modo che per i discepoli.
Eppure il regno di Dio, che in Gesù si manifesta, è la vicinanza misericordiosa e la paternità di Dio nei confronti di tutti gli uomini. Dio vuole essere “Abbà” anche nei nostri confronti; vuole che ci avviciniamo a lui con lo stesso atteggiamento filiale, la stessa libertà audace e fiducia sicura di Gesù. Lo comprenderà bene l’apostolo Paolo: «Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre!”» (Rm 8,15).
Gesù da parte sua cerca in tutti i modi di risvegliare il sentimento vivo della paternità e della tenerezza di Dio. Gli uomini devono convincersi che sono amati dall’eternità e chiamati per nome; che non sono nati per caso, e non sono mai soli nella vita e nella morte. Possono non amare Dio, ma non possono impedire a lui di amarli per primo. Il figlio prodigo, nel suo folle capriccio, può volgere le spalle e fuggire di casa, per andare a sperperare i beni ricevuti; ma il Padre misericordioso aspetta con ansia il suo ritorno; gli corre incontro, lo abbraccia commosso e fa grande festa ![]() | CdA, 823-825 CONFRONTAVAI |
[170] Non è affatto semplice per l’uomo sentirsi intimamente amato da Dio. La superficialità, il disordine morale, i pregiudizi dell’ambiente, l’esperienza del male gli induriscono il cuore e gli accecano lo sguardo. Ma, se nella fede si apre alla vicinanza del Padre, l’uomo diventa un altro, con una diversa capacità di valutare, di agire, di soffrire e di amare. Sente di poter vivere il distacco dai beni materiali, la riconciliazione con i nemici, la fraternità con tutti. La conversione che il regno di Dio dona ed esige, coinvolge tutta l’esperienza e rivoluziona tutti i rapporti. | |
[171] Gesù vive un’intimità del tutto singolare con Dio e lo chiama familiarmente «Abbà» (Mc 14,36).
Egli rende partecipi i credenti del suo rapporto filiale con il Padre, pieno di gratitudine, fiducia, sottomissione e gioia. | |
Gesù prega [172] Come si vive e si esprime il rapporto filiale con il Padre? Bastano l’obbedienza, il lavoro, la dedizione al prossimo? Oppure è necessario anche il dialogo della preghiera?
Gesù prega, partecipando assiduamente alla liturgia di Israele. Invoca il Padre in pubblico, nel mezzo della sua stessa attività. Soprattutto si ritira lunghe ore in solitudine, nel deserto o sui monti, di notte o di buon mattino. La sua preghiera è stare di fronte al Padre come Figlio, in perfetta reciprocità ![]() ![]() | |
“Padre nostro” [173]
Il Maestro trasmette ai discepoli il suo atteggiamento filiale verso Dio. Insegna loro la preghiera del “Padre nostro”, come espressione della nuova comunione con Dio e segno distintivo della loro identità.
La preghiera comprende sette domande nella redazione di Matteo e cinque in quella, forse più antica, di Luca; ma in realtà sotto diversi aspetti si chiede una sola cosa, l’unica necessaria: la venuta del regno di Dio in noi e nel mondo. È la preghiera dei figli, che fanno proprio il progetto del Padre e si abbandonano totalmente a lui; è la preghiera degli umili di cuore, protesi verso una salvezza più grande di quella che si può programmare e costruire con le proprie mani. | CdA, 1001-1012 CONFRONTAVAI |
[174]
Nelle parole del “Padre nostro” si può avvertire l’eco della ![]() ![]() Qaddish. “Padre nostro, che sei al di sopra di tutto come il cielo, fa’ che il tuo nome sia glorificato e riconosciuto santo.
Mostra davanti a tutti che tu solo sei Dio, radunando definitivamente il tuo popolo disperso e purificandolo dai suoi peccati con il dono del tuo Spirito ![]() Venga in pienezza la tua regalità, che porta libertà, giustizia e pace. Si compia il tuo disegno di salvezza in cielo e in terra.
Donaci fin d’ora il nostro pane futuro, un anticipo del convito del Regno ![]() ![]() Nella tua misericordia perdona i nostri peccati: anche noi siamo pronti a perdonare a chi ci ha fatto del male. Non lasciarci soccombere nella tentazione; fa’ che mai perdiamo la fiducia in te, così da non avvertire più la tua presenza e sentirci abbandonati. Liberaci dal potere del maligno, che si oppone al tuo regno e ci dà la morte”.
Pregare il Padre ci fa sperimentare che siamo figli e ci sollecita a vivere da figli: «Leva, dunque, gli occhi tuoi al Padre... che ti ha redento per mezzo del Figlio e dì: Padre nostro!... Dì anche tu per grazia: Padre nostro, per meritare di essere suo figlio» ![]() Sant’Ambrogio, I sacramenti, 5, 19. | |
Gesù rivela il Padre misericordioso
[197]
Gesù sa di essere in totale sintonia con la misericordia del Padre. Dio ama per primo, appassionatamente; va a cercare i peccatori e, quando si convertono, fa grande festa: «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta» (Lc 15,4-6).
L’unità di Gesù con il Padre è tale, che egli si attribuisce perfino il potere divino di rimettere i peccati, sebbene si levi intorno un mormorio di riprovazione e l’accusa di bestemmia: «Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua» (Mc 2,9-11).
| |
Il convito del Regno
[198]
Nella parabola del padre misericordioso, la gioia del padre per il figlio perduto e ritrovato si esprime in un banchetto
![]() ![]() ![]()
Da sempre nella cultura e nella religione ebraica il banchetto era
![]() ![]() ![]() ![]() ![]() | CCC, 1439CCC 1443CdA, 225 CONFRONTAVAI |
[247]
Nel suo amore sempre fedele, nella sua misericordia senza limiti,
![]() ![]() Cf. San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, III, q. 47, a. 3; q. 49, a. 4. ![]()
L’iniziativa è del Padre: «È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo» (2Cor 5,19). È lui che ama per primo; è lui che per primo «soffre una passione d’amore»
![]() Origene, Omelie su Ezechiele, 6, 6. ![]() San Gregorio Taumaturgo, A Teopompo sulla passibilità o impassibilità di Dio. ![]() Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 39. | |
Il Crocifisso risorto, nostro Salvatore
[250]
Dio, nella sua misericordia, non solo dona agli uomini
![]()
Nell’evento globale della morte e risurrezione di Cristo si attua il mistero della redenzione, in quanto viene preparato e «reso perfetto» (Eb 5,9) per il genere umano il Salvatore, incarnazione dell’amore misericordioso e potente del Padre. «Colui che è più forte di ogni cosa al mondo, è apparso immensamente debole... Egli si è abbassato per gli uomini facendosi uomo e noi siamo saliti su un uomo abbassatosi fino a terra. Egli si è rialzato e noi siamo stati elevati»
![]() San Gregorio Magno, Commento al Libro di Giobbe, 16, 30, 37. | CdA, 274 CONFRONTAVAI CdA 399 CONFRONTAVAI CdA 401-404 CONFRONTAVAI |
Dio della creazione [324] La figura paterna è vista con sospetto nella cultura moderna, specialmente quando è riferita a Dio. Sarebbe sinonimo di potere autoritario e fonte di alienazione. Ma è questo il Dio di Gesù Cristo? La sua trascendenza esclude la vicinanza e la tenerezza? Il suo primato esclude la comunione?
Colui che Gesù chiama familiarmente “Abbà” è il Creatore del cielo e della terra ![]() ![]() Concilio Vaticano I, Dei Filius, I - DS 3001.
Davanti a lui l’universo, popolato di stelle e galassie, malgrado la sua immensità che dà le vertigini, appare come un granello di polvere sulla bilancia, «come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra» (Sap 11,22). Nulla aggiunge alla perfezione del suo Creatore; la sua esistenza è puro dono, assolutamente libero e gratuito.
| CdA, 358-361 CONFRONTAVAI |
[325]
Dio è infinitamente perfetto: nulla può perdere o acquistare ![]() ![]() | |
[326]
Ma la trascendenza non significa lontananza. Dio contiene l’universo nella sua intelligenza e volontà; penetra intimamente ogni cosa con il suo Spirito, per dare «esistenza, energia e vita» ![]() Messale Romano, Prefazio delle domeniche del tempo ordinario VI. ![]() Sant’Agostino, Confessioni, 6, 3, 4. | |
Dio della storia [327]
Il Padre del Signore Gesù Cristo è il Dio vivente della storia, il «Dio di Israele» (Mt 15,31), il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Egli cammina con il suo popolo e partecipa con intensità alle vicende degli uomini; ama appassionatamente e vuole essere amato «con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6,5); prova compassione per la sofferenza ![]() ![]() ![]()
Inserendosi nella storia, Dio rimane il Signore trascendente della storia. Dice il suo nome e nello stesso tempo rifiuta di dirlo completamente. «Io sono colui che sono!» (Es 3,14). Il suo coinvolgimento è sovranamente libero. «Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia» (Es 33,19). Eppure nessun altro amore è così universale, fedele e misericordioso come il suo.
| CdA, 45-52 CONFRONTAVAI |
Il Padre | CdA, 821-825 CONFRONTAVAI |
[329]
Attraverso di lui il Padre si manifesta come amore senza limiti. Ama non solo i giusti, i sofferenti e gli oppressi, ma anche i peccatori, gli oppressori e i bestemmiatori, perfino i crocifissori del suo Figlio. Li ama così come sono. Prende su di sé il peso dei loro peccati. Dà quanto ha di più caro, per salvarli: «Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,8).
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[330]
Gesù stesso riceve tutto dal Padre ![]() ![]() | |
[331]
Il nome “Padre”, attribuito a Dio già nell’Antico Testamento, assume un significato ben più profondo, per il fatto che Dio si rivela nel Figlio unigenito e comunica agli uomini lo Spirito del suo Figlio. Con questo nuovo significato diventa il nome definitivo: «Il nome che conviene propriamente a Dio è quello di “Padre” piuttosto che di “Dio”... Dire “Dio” significa indicare il dominatore di tutte le cose; dire “Padre” significa invece raggiungere una proprietà intima... “Padre” è dunque in certo modo il nome più vero di Dio, il suo nome proprio per eccellenza» ![]() San Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni, 2, 7. | |
[332]
Il termine “Padre” è analogico; indica il principio da cui il Figlio riceve tutto ciò che è e fa. In realtà Dio si colloca al di là delle differenze di sesso e riunisce in sé i valori della paternità e della maternità ![]() ![]() Cf. Clemente di Alessandria, C’è salvezza per il ricco?, 37; Sinodo di Toledo XI, Simbolo, 6 - DS 526. | |
Principio senza principio [333]
«Dio è amore» (1Gv 4,8). Il principio originario di tutta la realtà è «uno, ma non solitario» ![]() Formula “Fides Damasi” - DS 71. ![]() ![]() Cf. Sinodo di Toledo VI - DS 490. ![]() Santa Veronica Giuliani, Diario, 22.4.1697.
È opportuno che, secondo l’uso del Nuovo Testamento, il nome “Dio” indichi normalmente il Padre, perché egli solo è Dio da se stesso e principio senza principio, «sorgente e origine di tutta la divinità» ![]() Sinodo di Toledo VI DS 490. ![]() Concilio di Costantinopoli I, Simbolo di Nicea-Costantinopoli. ![]() Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Copti “Cantate Domino” DS 1331. | |
Testimoni del Padre [334]
L’atteggiamento filiale, che dobbiamo assumere verso il Padre, è ![]() Di questa testimonianza ha bisogno soprattutto quella parte del mondo moderno, che, rincorrendo l’autonomia della ragione e dell’agire, ha emarginato Dio; ma anziché ritrovarsi adulta, ha finito per sentirsi orfana. Il Padre di Gesù non ha niente a che fare con l’immagine paterna rifiutata: non soffoca la libertà, non preserva dalla fatica e dalla sofferenza, non favorisce la passività, la viltà, il servilismo, il fatalismo. È un Padre diverso rispetto alle proiezioni del nostro desiderio, come Gesù è un salvatore diverso. È premuroso e onnipotente, ma non invadente; è vicino anche nell’apparente assenza; non impedisce il male, ma ne trae il bene, rispettando la libertà delle creature. È il principio originario; ma da lui derivano persone di pari dignità, il Figlio e lo Spirito, con le quali da sempre vive in comunione. | |
[284] L’esperienza pasquale apre definitivamente l’accesso al mistero personale di Gesù. La fede della Chiesa vi penetra progressivamente e riconosce nel Crocifisso risorto il Cristo, il Signore, il Figlio di Dio, il Verbo fatto carne, il vero Dio e vero uomo. In lui Dio ci ha dato se stesso per attirarci a sé; è disceso nella nostra miseria per sollevarci alla sua gloria. La divinità del Cristo indica la misura inaudita dell’amore di Dio per noi e la sublime audacia della nostra speranza.
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L’identità di Gesù
[285]
Le diverse opinioni sull’identità di Gesù dividevano i suoi contemporanei
![]() Ma quale idea si facevano di lui le prime comunità cristiane? Qual è l’autentica fede della Chiesa? Possiamo rendercene conto, passando in rassegna i principali titoli attribuiti a Gesù, a cominciare da quello che è diventato il suo secondo nome: “Cristo”, cioè Messia.
| CdA, 214-216 CONFRONTAVAI |
Discendente di David
[286]
Anticamente si chiamavano “messia” i re di Israele, in quanto consacrati con l’olio e investiti da Dio della missione di governare
![]() ![]()
Nei periodi di crisi e di sventura nazionale, i profeti annunziavano la futura rinascita attraverso un re-messia ideale, della stirpe di David. Il popolo manteneva desta questa speranza con la preghiera dei salmi.
Al tempo di Gesù l’attesa era molto viva. Ogni tanto qualcuno si metteva a capo di una banda armata e si presentava come messia condottiero, venuto a liberare Israele dalla tirannia di Erode e dal dominio di Roma. Il successo era effimero; ma la gente aspettava, sempre più ansiosa, la riscossa e il trionfo su tutti i nemici.
Da parte sua, Gesù rimane cauto e reticente sulla propria identità di messia, per non essere frainteso. Preferisce che siano gli altri a pronunciarsi. Il riconoscimento definitivo, non più incerto e timido, viene dopo la Pasqua.
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Messia glorificato
[287]
I primi credenti dell’ambiente palestinese professano che Gesù è il Cristo, il Messia glorificato, consacrato con l’unzione di Spirito Santo, intronizzato alla destra del Padre.
Quel titolo, che durante la vita terrena del Maestro poteva far pensare a una sovranità in senso politico nazionale, adesso si libera di ogni ambiguità. Gesù è Messia-re di un regno che riguarda tutti i popoli e la loro storia, ma soprattutto va al di là della storia. Davvero Dio ha glorificato il suo Servo obbediente
![]()
La professione di fede: «Gesù è il Cristo», diventa a poco a poco un nome proprio, “Gesù Cristo”, quasi a indicare che tutta la sua esistenza umana si identifica con la missione di salvatore. E ad Antiòchia di Siria i suoi seguaci per la prima volta ricevono il nome di «cristiani» (At 11,26): nome che poi si è affermato, perché adatto a suggerire l’intimo legame con il Cristo, la partecipazione alla sua vita e alla sua missione, la consacrazione con l’unzione del suo Spirito nel battesimo e nella cresima.
| CdA, 216 CONFRONTAVAI |
Nella storia
[289]
Le comunità palestinesi di lingua aramaica, tutte protese alla futura venuta del Messia nella gloria, lo invocavano già come Signore: «Marana tha» (1Cor 16,22)
![]() | CdA, 401 CONFRONTAVAI |
[290]
Secondo l’Antico Testamento, “Signore” (in ebraico Adonài, in greco Kyrios) è titolo riservato a Dio: «Io sono il Signore e non v’è alcun altro» (Is 45,5). Gesù come uomo riceve dal Padre questo nome, «che è al di sopra di ogni altro nome» (Fil 2,9), a motivo della sua obbedienza fino alla morte in croce; ma nella profondità della sua persona da sempre vive insieme a Dio e in perfetta uguaglianza con lui. La signoria che egli esercita sui singoli credenti e sulla Chiesa, sulla storia degli uomini e sul mondo intero, è quella stessa di Dio, per dare vita e salvezza con la potenza dello Spirito.
Egli non opprime, ma libera e fa crescere. Chi piega il ginocchio davanti a lui, rimane in piedi davanti ai potenti della terra e non teme il destino o la minaccia di forze oscure
![]() | |
Nell’universo
[291]
Nella fede delle comunità cristiane di cultura ellenistica viene sempre più esplicitata la signoria di Cristo nei confronti dell’universo. Ogni creatura è orientata verso di lui fin dal principio e aspetta di trovare in lui la sua verità e il suo compimento. Le potenze cosmiche sono da lui sottomesse e ricondotte all’armonia, perché il mondo non precipiti nel caos e nel nulla. Egli trascende l’universo, perché esiste prima di tutte le cose, che «sono state create per mezzo di lui e in vista di lui» (Col 1,16).
| CdA, 356 CONFRONTAVAI CdA 406 CONFRONTAVAI |
Un nuovo significato
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Singolare unità con il Padre
| CdA, 166 CONFRONTAVAI CdA 168 CONFRONTAVAI |
[295] È soprattutto il Vangelo di Giovanni che mette in risalto il singolarissimo legame di Gesù con il Padre.
Con ineffabile gratitudine, Gesù è consapevole di ricevere tutto da lui: «Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa» (Gv 3,35). A sua volta il Figlio vive totalmente per la gloria del Padre: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera» (Gv 4,34). E, di fronte alla passione, l’obbedienza arriva alla suprema dedizione: «Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato. Alzatevi, andiamo...» (Gv 14,31).
L’unità del Figlio con il Padre è tale, che vedendo l’uno si vede anche l’altro: sono uno nell’altro, sono una cosa sola. Il Padre, che in se stesso è invisibile, si rivela e si dona attraverso il Figlio. Il suo amore inaudito per gli uomini si manifesta attraverso l’amore del Figlio: «In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui» (1Gv 4,9).
L’unità di rivelazione del Figlio con il Padre suppone l’unità di essere. Il Figlio si distingue dal Padre, in quanto con lui dialoga, da lui è inviato e a lui è sottomesso; tuttavia non gli è inferiore, perché opera con lui in tutte le sue opere, vive da sempre presso di lui, è Dio insieme a lui, quasi una sua «irradiazione e... impronta» (Eb 1,3), «Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre»
![]() Concilio di Costantinopoli I, Simbolo di Nicea-Costantinopoli. | |
[296] Gesù è il Figlio unigenito di Dio fatto uomo, che ci introduce nell’intimità del Padre, perché «nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11,27).
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La Parola e la Sapienza
[297] Con riferimento alla cultura giudeo-ellenistica, largamente imbevuta di tradizione biblica sulla parola di Dio e sulla divina sapienza, il Vangelo di Giovanni presenta Gesù in modo originale come “il Verbo (la Parola)”.
Inesauribile efficacia, secondo l’Antico Testamento, possiede la parola di Dio, che conduce la storia degli uomini, crea e governa l’universo. A sua volta la divina sapienza abita dall’eternità accanto a Dio
![]() | |
La persona del Verbo
[298]
Il Vangelo di Giovanni va oltre queste personificazioni e addita una persona precisa. Il Verbo eterno del Padre, creatore del mondo e guida della storia, vicino a Dio e Dio lui stesso, non è un’astrazione evanescente, ma si è fatto uomo mortale, in un luogo e in un tempo determinati; si identifica con la persona di Gesù di Nàzaret: «In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio... E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria» (Gv 1,114).
Il Verbo invisibile apparve dunque visibilmente nella nostra carne; colui che è generato prima dei secoli cominciò ad esistere anche nel tempo, per reintegrare l’universo nel disegno del Padre e ricondurre a lui l’umanità dispersa
![]() Cf. Messale Romano, Prefazio di Natale III. | |
[299] Il nostro pensiero, per poter raggiungere gli altri, diventa suono di una voce. Il Verbo di Dio, per esprimersi e donarsi agli uomini, si è fatto vero e fragile uomo, con una storia umanissima di libertà e di finitudine.
Senza lasciare il cielo, dove da sempre e per sempre vive rivolto al Padre, è disceso sulla terra per essere Dio con noi, nostro amico e fratello. Ha condiviso in tutto eccetto il peccato, la nostra condizione umana
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Il vangelo della nascita
[301] La prima comunità dei credenti, animata dallo Spirito Santo e guidata dagli Apostoli, penetra progressivamente nella profondità del mistero di Gesù; comprende che tutta la sua esistenza è rivelazione di Dio e causa di salvezza per noi. In questa prospettiva anche gli episodi salienti che circondano la sua nascita diventano vangelo, perché lasciano già intravedere quello che poi si manifesterà pienamente alla luce di Pasqua, che cioè Dio è con noi per salvarci e riportarci alla comunione con sé. Si tratta di ricordi, fedelmente custoditi e trasmessi in ambito familiare, che ora vengono compresi nel loro profondo significato.
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Nel racconto di Matteo
[302]
Matteo apre il suo Vangelo con una genealogia e organizza gli
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Nel racconto di Luca
[303]
L’evangelista Luca racconta la nascita e la vita nascosta di Gesù in parallelo con quella di Giovanni Battista, presentandolo come dono incomparabile e gratuito di Dio ai poveri
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I misteri dell’infanzia e della vita nascosta
[304]
Nella nascita del Messia, povero tra i poveri, viene anticipata la suprema povertà del Crocifisso e comincia a risplendere la gloria di Dio, intesa come rivelazione del suo amore. Nella circoncisione del bambino Gesù si esprimono la sua appartenenza al popolo di Israele e la sua sottomissione alla legge. Nella presentazione al tempio Israele, rappresentato da Simeone e Anna, vede coronata la sua attesa e incontra il suo salvatore, mandato da Dio anche come «luce per illuminare le genti» (Lc 2,32). Nella venuta dei Magi sono le nazioni pagane che, mediante i loro rappresentanti, vanno incontro al Messia di Israele e lo adorano come salvatore universale. Nella fuga in Egitto si annuncia per il Messia un futuro di contrasti e persecuzioni: attuerà la sua missione attraverso la sofferenza. Nel ritrovamento nel tempio emerge la consapevolezza di Gesù circa la propria missione e la propria identità di Figlio di Dio.
La lunga permanenza di Gesù a Nàzaret, intessuta di fatica quotidiana e di ordinari rapporti con la gente anonima di un oscuro villaggio, manifesta anch’essa la condiscendenza di Dio e la sua volontà di essere con noi e per noi. Dio ama la vita quotidiana che non fa notizia, caratterizzata dalla famiglia e dal lavoro, la vita della quasi totalità del genere umano. In essa si lascia incontrare: basta viverla come un dono e un compito, con fede e amore. Non è necessario compiere grandi imprese per essere santi.
| CCC, 527-534CdA, 777-779 CONFRONTAVAI |
Ricerca incessante
[306]
La fede genera un movimento incessante di ricerca, che penetra
![]() La riflessione della Chiesa continua nei secoli con la partecipazione di tutti i credenti, ma soprattutto con la predicazione e gli scritti dei Padri, con il magistero del papa e dei vescovi, con quell’espressione particolarmente solenne di esso che sono i concili.
Sorgono numerose eresie. Enfatizzano un aspetto parziale della
![]() | CdA, 622 CONFRONTAVAI |
I primi sette concili
[307] I primi sette concili ecumenici difendono e spiegano le verità centrali della fede riguardo a Dio e a Cristo. Ancora oggi il loro insegnamento è patrimonio comune di quasi tutti i cristiani, d’oriente e d’occidente.
Il primo concilio di Nicea, celebrato nell’anno 325, proclama che Gesù Cristo è il Figlio unigenito di Dio, generato non creato, consustanziale al Padre, eterno e immutabile. Respinge l’arianesimo, la dottrina secondo cui il Verbo sarebbe la prima e più perfetta delle creature, strumento per la creazione di tutte le altre.
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[308] Il primo concilio di Costantinopoli, dell’anno 381, condanna gli pneumatòmachi, che negano la divinità dello Spirito Santo, e gli apollinaristi, che non riconoscono in Gesù un’anima umana, in quanto al suo posto ci sarebbe il Verbo. Insegna che lo Spirito Santo è persona divina, consustanziale al Padre e al Figlio, e che il Verbo si è fatto uomo vero, completo di anima e di corpo.
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[309] Il concilio di Efeso, dell’anno 431, rifiuta la dottrina nestoriana, secondo cui in Cristo ci sarebbero due soggetti, uniti moralmente: il Verbo e l’uomo Gesù. Afferma che il Verbo non ha unito a sé la persona di un uomo, ma si è fatto uomo e nella sua umanità è nato da Maria, ha sofferto, è risorto; perciò una sola persona, un solo e medesimo Figlio di Dio è vero Dio e vero uomo, e Maria è vera madre di Dio.
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[310] Il concilio di Calcedonia, dell’anno 451, condanna i monofisiti, i quali sostengono che nell’incarnazione la natura umana viene assorbita in quella divina e quindi ammettono in Cristo una umanità solo apparente. Il concilio formula una professione di fede, molto precisa nel linguaggio e destinata ad avere una grande importanza storica:
«Noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio, il Signore
![]() ![]() Concilio di Calcedonia, Definizione della fede - DS 301-302. Per secoli questa formula è stata ripetuta, tale e quale, per esprimere la fede della Chiesa. Oggi si sente il bisogno di arricchirla con altre prospettive, per evangelizzare efficacemente le culture contemporanee. Ma essa conserva tutto il suo valore di verità e costituisce un’indicazione sicura per il nostro cammino.
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[311] Conferme e precisazioni a questa formula sono venute già nell’antichità dai tre concili successivi.
Il secondo concilio di Costantinopoli, dell’anno 553, ribadisce la condanna di alcune interpretazioni dualiste, vicine a quella nestoriana.
Il terzo concilio di Costantinopoli, degli anni 680-681, condanna il monoenergismo e il monotelismo, ultimi rigurgiti del monofisismo, che pongono in Cristo una sola attività e una sola volontà; riconosce invece l’esistenza di due attività naturali, divina e umana, e in particolare due volontà in armonia tra loro.
Il secondo concilio di Nicea, dell’anno 787, definisce che è conforme alla verità dell’incarnazione raffigurare il Cristo nelle opere d’arte e tributare culto alle sacre immagini, perché l’onore in definitiva è rivolto alla persona rappresentata.
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Incarnazione di Dio e santificazione dell’uomo
[312] Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, una sola persona in due nature, un solo soggetto di azioni divine e umane.
Il Figlio eterno si è comunicato a una concreta natura umana, esprimendosi in essa. Pur rimanendo Dio come il Padre, ha voluto vivere e morire da uomo, pensare come noi, volere e agire come noi, sentire e soffrire come noi. Ha assunto un vero corpo e una vera anima, una volontà umana liberamente sottomessa a quella divina, una conoscenza umana derivata dall’esperienza del mondo e dall’esperienza intima di sé e del Padre. Pur rimanendo trascendente, è entrato personalmente in una vera esistenza terrena con un concreto spessore storico: «Si è umiliato, non perdendo la natura di Dio, ma assumendo quella del servo»
![]() Sant’Agostino, Discorsi, 4, 5. | CCC, 478 |
[313]
Prospettive inaudite si aprono sull’amore di Dio per gli uomini e sulla grandezza della nostra vocazione. Dio non ci ha dato solo i beni creati, ma ci ha donato se stesso nella storia, per donarci se stesso nell’eternità. Si è abbassato fino a noi, per innalzarci fino a sé, perché, ricevendo lo Spirito Santo, vivessimo in comunione con il Figlio e diventassimo per grazia figli del Padre: «Il Verbo si è fatto uomo e il Figlio di Dio figlio dell’uomo, perché l’uomo, entrando in comunione con Dio e ricevendo l’adozione filiale, diventi figlio di Dio»
![]() Sant’Ireneo, Contro le eresie, 3, 19, 1. ![]() ![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 22. I misteri dell’incarnazione di Dio e della santificazione dell’uomo sono strettamente congiunti. Sia pure in maniera diversa, in ambedue Dio si comunica all’uomo personalmente e l’uomo è accolto in Dio senza perdere la sua piena e concreta verità. È questo il modo proprio del cristianesimo di intendere la salvezza.
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[314] Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, uguale al Padre nella divinità, in tutto simile a noi nell’umanità, eccetto il peccato.
Il Figlio eterno di Dio si è fatto uomo, per renderci partecipi della sua vita filiale e introdurci nell’intimità del Padre.
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[168]
Ma Gesù ha una esperienza unica di Dio; lo conosce ed è da lui conosciuto in una intimità reciproca ![]() | |
Paternità universale [169]
Gesù sa di essere Figlio in senso unico; non si confonde mai con gli uomini nel suo rapporto verso Dio. Parlando con i discepoli, distingue accuratamente il «Padre mio» (Mt 7,21) da il «Padre vostro» (Mt 7,11), perché Dio non è per lui Padre allo stesso modo che per i discepoli.
Eppure il regno di Dio, che in Gesù si manifesta, è la vicinanza misericordiosa e la paternità di Dio nei confronti di tutti gli uomini. Dio vuole essere “Abbà” anche nei nostri confronti; vuole che ci avviciniamo a lui con lo stesso atteggiamento filiale, la stessa libertà audace e fiducia sicura di Gesù. Lo comprenderà bene l’apostolo Paolo: «Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre!”» (Rm 8,15).
Gesù da parte sua cerca in tutti i modi di risvegliare il sentimento vivo della paternità e della tenerezza di Dio. Gli uomini devono convincersi che sono amati dall’eternità e chiamati per nome; che non sono nati per caso, e non sono mai soli nella vita e nella morte. Possono non amare Dio, ma non possono impedire a lui di amarli per primo. Il figlio prodigo, nel suo folle capriccio, può volgere le spalle e fuggire di casa, per andare a sperperare i beni ricevuti; ma il Padre misericordioso aspetta con ansia il suo ritorno; gli corre incontro, lo abbraccia commosso e fa grande festa ![]() | CdA, 823-825 CONFRONTAVAI |
Personaggio paradossale [213] Gesù è un personaggio singolare e affascinante. Magnanimo e umile. Forte e mite. Totalmente libero e totalmente a servizio. Vicino al Dio santo e vicino all’uomo peccatore. Di viva intelligenza e squisita sensibilità. Elevato nel pensiero e semplice nell’esprimersi. Contemplativo e impegnato nell’azione. Profeticamente indignato verso i prepotenti e gli ipocriti e premuroso verso gli oppressi, i malati, i semplici e i bambini. Realistico nel valutare la fragilità e la malvagità umana e fiducioso nelle possibilità di conversione e di bene. Aperto all’amicizia e ai valori della vita e pronto ad accettare la solitudine e la morte. Soprattutto singolare, incomparabile nell’autorità e nel dono di sé. | CdA, 78 CONFRONTAVAI |
Le opinioni della gente [214]
Già al suo tempo la gente, presa dallo stupore, si domandava: da dove gli viene questa autorità, questa potenza nell’operare e questa sapienza nel parlare? qual è la vera identità di quest’uomo ![]()
Presto «il suo nome era diventato famoso» (Mc 6,14) e in Galilea si affermava sempre più, nell’opinione popolare, l’idea che Gesù fosse un grande profeta taumaturgo; tant’è vero che, in occasione dell’ingresso solenne a Gerusalemme, ai cittadini che chiedono spiegazioni la folla dei pellegrini galilei risponderà: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea» (Mt 21,11).
Per alcuni farisei era invece un falso profeta, posseduto da Satana, perché violava la legge e si intratteneva con i peccatori.
| CdA, 79 CONFRONTAVAI |
Riservatezza di Gesù [215]
Gesù, da parte sua, induce la gente a interrogarsi e lascia la domanda sempre aperta. Per non essere frainteso in senso politico nazionalista, evita di proclamarsi esplicitamente Messia, sebbene riceva pressioni in questo senso: «Fino a quando terrai l’animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente» (Gv 10,24). Invece di rispondere, invita a riflettere sul carattere misterioso di questo personaggio da tutti atteso: «Come mai dicono gli scribi che il Messia è figlio di Davide?... Davide stesso lo chiama Signore: come dunque può essere suo figlio?» (Mc 12,3537).
| CdA, 285 CONFRONTAVAI |
Intuizione di Pietro [216]
Gli interessa relativamente quello che dice la gente; provoca piuttosto i suoi discepoli a pronunciarsi in prima persona: «E voi chi dite che io sia?» (Mc 8,29).
A nome dei discepoli risponde Pietro: «Tu sei il Cristo». Pietro intuisce che Gesù è il salvatore e liberatore definitivo che introduce il regno di Dio, colui che Israele attendeva da secoli in base alla profezia di Natan al re David: «Io assicurerò dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere... Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio... La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me e il tuo trono sarà reso stabile per sempre» (2Sam 7,121416).
Pietro intuisce, ma non comprende. Quando Gesù annuncia la propria morte, egli si ribella. Secondo la mentalità corrente ritiene che il Messia debba essere un trionfatore sulla scena di questo mondo; non sa proprio immaginarselo sconfitto e addirittura ucciso. Gesù lo rimprovera duramente: «Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini» (Mc 8,33).
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Un nuovo significato
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Singolare unità con il Padre
| CdA, 166 CONFRONTAVAI CdA 168 CONFRONTAVAI |
[295] È soprattutto il Vangelo di Giovanni che mette in risalto il singolarissimo legame di Gesù con il Padre.
Con ineffabile gratitudine, Gesù è consapevole di ricevere tutto da lui: «Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa» (Gv 3,35). A sua volta il Figlio vive totalmente per la gloria del Padre: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera» (Gv 4,34). E, di fronte alla passione, l’obbedienza arriva alla suprema dedizione: «Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato. Alzatevi, andiamo...» (Gv 14,31).
L’unità del Figlio con il Padre è tale, che vedendo l’uno si vede anche l’altro: sono uno nell’altro, sono una cosa sola. Il Padre, che in se stesso è invisibile, si rivela e si dona attraverso il Figlio. Il suo amore inaudito per gli uomini si manifesta attraverso l’amore del Figlio: «In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui» (1Gv 4,9).
L’unità di rivelazione del Figlio con il Padre suppone l’unità di essere. Il Figlio si distingue dal Padre, in quanto con lui dialoga, da lui è inviato e a lui è sottomesso; tuttavia non gli è inferiore, perché opera con lui in tutte le sue opere, vive da sempre presso di lui, è Dio insieme a lui, quasi una sua «irradiazione e... impronta» (Eb 1,3), «Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre»
![]() Concilio di Costantinopoli I, Simbolo di Nicea-Costantinopoli. | |
[296] Gesù è il Figlio unigenito di Dio fatto uomo, che ci introduce nell’intimità del Padre, perché «nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11,27).
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La Parola e la Sapienza
[297] Con riferimento alla cultura giudeo-ellenistica, largamente imbevuta di tradizione biblica sulla parola di Dio e sulla divina sapienza, il Vangelo di Giovanni presenta Gesù in modo originale come “il Verbo (la Parola)”.
Inesauribile efficacia, secondo l’Antico Testamento, possiede la parola di Dio, che conduce la storia degli uomini, crea e governa l’universo. A sua volta la divina sapienza abita dall’eternità accanto a Dio
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La persona del Verbo
[298]
Il Vangelo di Giovanni va oltre queste personificazioni e addita una persona precisa. Il Verbo eterno del Padre, creatore del mondo e guida della storia, vicino a Dio e Dio lui stesso, non è un’astrazione evanescente, ma si è fatto uomo mortale, in un luogo e in un tempo determinati; si identifica con la persona di Gesù di Nàzaret: «In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio... E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria» (Gv 1,114).
Il Verbo invisibile apparve dunque visibilmente nella nostra carne; colui che è generato prima dei secoli cominciò ad esistere anche nel tempo, per reintegrare l’universo nel disegno del Padre e ricondurre a lui l’umanità dispersa
![]() Cf. Messale Romano, Prefazio di Natale III. | |
[299] Il nostro pensiero, per poter raggiungere gli altri, diventa suono di una voce. Il Verbo di Dio, per esprimersi e donarsi agli uomini, si è fatto vero e fragile uomo, con una storia umanissima di libertà e di finitudine.
Senza lasciare il cielo, dove da sempre e per sempre vive rivolto al Padre, è disceso sulla terra per essere Dio con noi, nostro amico e fratello. Ha condiviso in tutto eccetto il peccato, la nostra condizione umana
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Ricerca incessante
[306]
La fede genera un movimento incessante di ricerca, che penetra
![]() La riflessione della Chiesa continua nei secoli con la partecipazione di tutti i credenti, ma soprattutto con la predicazione e gli scritti dei Padri, con il magistero del papa e dei vescovi, con quell’espressione particolarmente solenne di esso che sono i concili.
Sorgono numerose eresie. Enfatizzano un aspetto parziale della
![]() | CdA, 622 CONFRONTAVAI |
I primi sette concili
[307] I primi sette concili ecumenici difendono e spiegano le verità centrali della fede riguardo a Dio e a Cristo. Ancora oggi il loro insegnamento è patrimonio comune di quasi tutti i cristiani, d’oriente e d’occidente.
Il primo concilio di Nicea, celebrato nell’anno 325, proclama che Gesù Cristo è il Figlio unigenito di Dio, generato non creato, consustanziale al Padre, eterno e immutabile. Respinge l’arianesimo, la dottrina secondo cui il Verbo sarebbe la prima e più perfetta delle creature, strumento per la creazione di tutte le altre.
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[308] Il primo concilio di Costantinopoli, dell’anno 381, condanna gli pneumatòmachi, che negano la divinità dello Spirito Santo, e gli apollinaristi, che non riconoscono in Gesù un’anima umana, in quanto al suo posto ci sarebbe il Verbo. Insegna che lo Spirito Santo è persona divina, consustanziale al Padre e al Figlio, e che il Verbo si è fatto uomo vero, completo di anima e di corpo.
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[309] Il concilio di Efeso, dell’anno 431, rifiuta la dottrina nestoriana, secondo cui in Cristo ci sarebbero due soggetti, uniti moralmente: il Verbo e l’uomo Gesù. Afferma che il Verbo non ha unito a sé la persona di un uomo, ma si è fatto uomo e nella sua umanità è nato da Maria, ha sofferto, è risorto; perciò una sola persona, un solo e medesimo Figlio di Dio è vero Dio e vero uomo, e Maria è vera madre di Dio.
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[310] Il concilio di Calcedonia, dell’anno 451, condanna i monofisiti, i quali sostengono che nell’incarnazione la natura umana viene assorbita in quella divina e quindi ammettono in Cristo una umanità solo apparente. Il concilio formula una professione di fede, molto precisa nel linguaggio e destinata ad avere una grande importanza storica:
«Noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio, il Signore
![]() ![]() Concilio di Calcedonia, Definizione della fede - DS 301-302. Per secoli questa formula è stata ripetuta, tale e quale, per esprimere la fede della Chiesa. Oggi si sente il bisogno di arricchirla con altre prospettive, per evangelizzare efficacemente le culture contemporanee. Ma essa conserva tutto il suo valore di verità e costituisce un’indicazione sicura per il nostro cammino.
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[311] Conferme e precisazioni a questa formula sono venute già nell’antichità dai tre concili successivi.
Il secondo concilio di Costantinopoli, dell’anno 553, ribadisce la condanna di alcune interpretazioni dualiste, vicine a quella nestoriana.
Il terzo concilio di Costantinopoli, degli anni 680-681, condanna il monoenergismo e il monotelismo, ultimi rigurgiti del monofisismo, che pongono in Cristo una sola attività e una sola volontà; riconosce invece l’esistenza di due attività naturali, divina e umana, e in particolare due volontà in armonia tra loro.
Il secondo concilio di Nicea, dell’anno 787, definisce che è conforme alla verità dell’incarnazione raffigurare il Cristo nelle opere d’arte e tributare culto alle sacre immagini, perché l’onore in definitiva è rivolto alla persona rappresentata.
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Incarnazione di Dio e santificazione dell’uomo
[312] Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, una sola persona in due nature, un solo soggetto di azioni divine e umane.
Il Figlio eterno si è comunicato a una concreta natura umana, esprimendosi in essa. Pur rimanendo Dio come il Padre, ha voluto vivere e morire da uomo, pensare come noi, volere e agire come noi, sentire e soffrire come noi. Ha assunto un vero corpo e una vera anima, una volontà umana liberamente sottomessa a quella divina, una conoscenza umana derivata dall’esperienza del mondo e dall’esperienza intima di sé e del Padre. Pur rimanendo trascendente, è entrato personalmente in una vera esistenza terrena con un concreto spessore storico: «Si è umiliato, non perdendo la natura di Dio, ma assumendo quella del servo»
![]() Sant’Agostino, Discorsi, 4, 5. | CCC, 478 |
[313]
Prospettive inaudite si aprono sull’amore di Dio per gli uomini e sulla grandezza della nostra vocazione. Dio non ci ha dato solo i beni creati, ma ci ha donato se stesso nella storia, per donarci se stesso nell’eternità. Si è abbassato fino a noi, per innalzarci fino a sé, perché, ricevendo lo Spirito Santo, vivessimo in comunione con il Figlio e diventassimo per grazia figli del Padre: «Il Verbo si è fatto uomo e il Figlio di Dio figlio dell’uomo, perché l’uomo, entrando in comunione con Dio e ricevendo l’adozione filiale, diventi figlio di Dio»
![]() Sant’Ireneo, Contro le eresie, 3, 19, 1. ![]() ![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 22. I misteri dell’incarnazione di Dio e della santificazione dell’uomo sono strettamente congiunti. Sia pure in maniera diversa, in ambedue Dio si comunica all’uomo personalmente e l’uomo è accolto in Dio senza perdere la sua piena e concreta verità. È questo il modo proprio del cristianesimo di intendere la salvezza.
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[314] Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, uguale al Padre nella divinità, in tutto simile a noi nell’umanità, eccetto il peccato.
Il Figlio eterno di Dio si è fatto uomo, per renderci partecipi della sua vita filiale e introdurci nell’intimità del Padre.
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Lo Spirito rivelato nella storia
[336]
Significativamente si fa menzione dello Spirito in apertura e in chiusura della Bibbia: tutta la storia, dalla creazione al compimento ultimo, si svolge sotto il potente “soffio” di Dio. Lo Spirito è l’onnipotenza dell’amore con cui Dio attua il suo progetto nel mondo: produce le cose, dà la vita, suscita i profeti, giustifica i peccatori, fa risorgere i morti
![]() | |
[337]
Gesù è il Cristo, il consacrato con l’unzione di Spirito Santo: lo riceve dal Padre e lo dona agli uomini. La missione dell’uno è inseparabile da quella dell’altro. Vera missione è quella pubblica di Gesù; missione diversa, ma non meno vera, è quella interiore dello Spirito Santo: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna... E... ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!» (Gal 4,46).
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[338]
Il suo compito è quello di introdurci nella comunione con Dio. Per mezzo di lui l’amore di Dio viene riversato nei nostri cuori e il Padre e il Figlio prendono dimora in noi. Per mezzo di lui noi diventiamo fratelli di Cristo, a lui uniti come suo corpo, partecipi del suo rapporto filiale verso il Padre
![]() | CdA, 743 CONFRONTAVAI CdA 810-814 CONFRONTAVAI |
[339]
Nel testo sopra citato della Lettera ai Galati, il parallelismo
![]() ![]() | |
[340]
Secondo la fede della Chiesa, lo Spirito Santo è Dio insieme al Padre e al Figlio e procede «dal Padre e dal Figlio non come da due principî, ma come da uno solo»
![]() Concilio di Lione II, Costituzione “Fideli ac devota”, 1: La somma Trinità e la fede cattolica - DS 850. Cf. Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Greci “Laetentur caeli” - DS 1300-1301; Id., Bolla di unione dei Copti “Cantate Domino” - DS 1331. ![]() Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Greci “Laetentur caeli” - DS 1301; Concilio Vaticano II, Ad gentes, 2. | |
Il dono
[341]
Lo Spirito Santo «è Persona-amore; è Persona-dono»
![]() Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 10. ![]() San Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 1, 8, 12.
In questo «Amore-dono»
![]() Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 10.
Lo Spirito è la forza dell’amore, il movimento per condurre ogni cosa al suo pieno compimento in Dio
![]() Cf. Sant’Agostino, Confessioni, 13, 7, 8. | |
[342]
Lo Spirito «soffia dove vuole» (Gv 3,8); è misterioso e
![]() ![]() Sant’Ippolito di Roma, La tradizione apostolica, 35.
«Senza lo Spirito Santo, Dio è lontano, il Cristo resta nel passato, il vangelo è lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità una dominazione, la missione una propaganda, il culto un’evocazione, l’agire cristiano una morale da schiavi. Ma in lui... il cosmo è sollevato e geme nel parto del Regno; l’uomo lotta contro la carne; Gesù Cristo Signore risorto è presente; il vangelo è potenza di vita; la Chiesa è segno di comunione trinitaria; l’autorità è servizio liberatore; la missione è una Pentecoste; la liturgia è memoriale e anticipazione; l’agire umano è deificato»
![]() IV Assemblea mondiale delle Chiese (Uppsala 1968), Discorso di Ignatios Hazim metropolita di Lattaquié (Laodicea) del patriarcato ortodosso greco di Antiochia. | |
Lo Spirito rivelato nella storia
[336]
Significativamente si fa menzione dello Spirito in apertura e in chiusura della Bibbia: tutta la storia, dalla creazione al compimento ultimo, si svolge sotto il potente “soffio” di Dio. Lo Spirito è l’onnipotenza dell’amore con cui Dio attua il suo progetto nel mondo: produce le cose, dà la vita, suscita i profeti, giustifica i peccatori, fa risorgere i morti
![]() | |
[337]
Gesù è il Cristo, il consacrato con l’unzione di Spirito Santo: lo riceve dal Padre e lo dona agli uomini. La missione dell’uno è inseparabile da quella dell’altro. Vera missione è quella pubblica di Gesù; missione diversa, ma non meno vera, è quella interiore dello Spirito Santo: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna... E... ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!» (Gal 4,46).
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[338]
Il suo compito è quello di introdurci nella comunione con Dio. Per mezzo di lui l’amore di Dio viene riversato nei nostri cuori e il Padre e il Figlio prendono dimora in noi. Per mezzo di lui noi diventiamo fratelli di Cristo, a lui uniti come suo corpo, partecipi del suo rapporto filiale verso il Padre
![]() | CdA, 743 CONFRONTAVAI CdA 810-814 CONFRONTAVAI |
[339]
Nel testo sopra citato della Lettera ai Galati, il parallelismo
![]() ![]() | |
[340]
Secondo la fede della Chiesa, lo Spirito Santo è Dio insieme al Padre e al Figlio e procede «dal Padre e dal Figlio non come da due principî, ma come da uno solo»
![]() Concilio di Lione II, Costituzione “Fideli ac devota”, 1: La somma Trinità e la fede cattolica - DS 850. Cf. Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Greci “Laetentur caeli” - DS 1300-1301; Id., Bolla di unione dei Copti “Cantate Domino” - DS 1331. ![]() Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Greci “Laetentur caeli” - DS 1301; Concilio Vaticano II, Ad gentes, 2. | |
Il dono
[341]
Lo Spirito Santo «è Persona-amore; è Persona-dono»
![]() Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 10. ![]() San Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 1, 8, 12.
In questo «Amore-dono»
![]() Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 10.
Lo Spirito è la forza dell’amore, il movimento per condurre ogni cosa al suo pieno compimento in Dio
![]() Cf. Sant’Agostino, Confessioni, 13, 7, 8. | |
[342]
Lo Spirito «soffia dove vuole» (Gv 3,8); è misterioso e
![]() ![]() Sant’Ippolito di Roma, La tradizione apostolica, 35.
«Senza lo Spirito Santo, Dio è lontano, il Cristo resta nel passato, il vangelo è lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità una dominazione, la missione una propaganda, il culto un’evocazione, l’agire cristiano una morale da schiavi. Ma in lui... il cosmo è sollevato e geme nel parto del Regno; l’uomo lotta contro la carne; Gesù Cristo Signore risorto è presente; il vangelo è potenza di vita; la Chiesa è segno di comunione trinitaria; l’autorità è servizio liberatore; la missione è una Pentecoste; la liturgia è memoriale e anticipazione; l’agire umano è deificato»
![]() IV Assemblea mondiale delle Chiese (Uppsala 1968), Discorso di Ignatios Hazim metropolita di Lattaquié (Laodicea) del patriarcato ortodosso greco di Antiochia. | |
Mistero oscuro e luminoso
[316] La nostra conoscenza di Dio è indiretta e inadeguata. Che senso ha allora indagare la sua vita intima, ciò che egli è in se stesso?
Nella nostra cultura è abbastanza diffuso l’agnosticismo, che tende a circoscrivere la capacità dell’intelligenza umana dentro l’orizzonte terreno e si mostra estremamente diffidente verso ogni tentativo di parlare di Dio. È significativo che nel nostro paese, accanto a quelli che si dichiarano non credenti o indifferenti, molte siano le persone che si ritrovano nella definizione di Dio come Mistero.
D’altra parte, un rapporto religioso vivo non può fare a meno di una qualche conoscenza positiva ed è ancor più significativo che la grande maggioranza della gente si riconosca nella definizione cristiana: «Dio è amore» (1Gv 4,8). Non si può aver fiducia in chi resta completamente sconosciuto.
| CdA, 34 CONFRONTAVAI |
[317] Nella rivelazione storica Dio si manifesta e si nasconde nello stesso tempo; ci offre una conoscenza luminosa, associata a ombre impenetrabili. La sorgente infinita dell’essere e della vita rimane al di là di tutte le cose e di tutti i pensieri; ma in Gesù di Nàzaret lascia trasparire qualcosa del suo segreto. La storia del Cristo non è storia di una sola persona, ma di tre persone: il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. Il Dio ignoto si rivela come mistero di comunione e di amore.
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[318]
Una singolare dialettica attraversava le promesse di salvezza nell’Antico Testamento: da una parte si affermava che negli ultimi tempi Dio sarebbe intervenuto in prima persona per liberare e riunire il suo popolo, e stabilire in esso la sua dimora; dall’altra si accentuava il ruolo che avrebbero svolto le mediazioni della Parola
![]() L’enigma trova soluzione nella storia di Gesù: Messia, Parola e Sapienza di Dio, attraverso il quale si rende presente il Padre e viene donato lo Spirito. Una storia trinitaria dal principio alla fine, perché Dio vi si impegna personalmente come egli è.
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[319]
Gesù riceve il battesimo nelle acque del Giordano ed ecco la
![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() | |
[320]
Con la Pentecoste inizia il cammino storico della comunità cristiana, Chiesa di Dio, corpo del Cristo e tempio vivo dello Spirito. In essa si entra con il battesimo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo
![]() ![]() | |
Fede trinitaria della Chiesa
[321]
La fede cristiana fin dalle origini è cristologica e trinitaria, perché nel mistero di Cristo, il consacrato con l’olio della sovranità divina, noi incontriamo «il Padre che fa l’unzione, il Figlio che la riceve, lo Spirito che è l’unzione stessa»
![]() Sant’Ireneo, Contro le eresie, 3, 18, 3.
Nel II secolo nascono i “simboli della fede” e nascono esplicitamente trinitari. Ecco uno dei più antichi, quello della cosiddetta Didascalia degli Apostoli: «Credo nel Padre dominatore dell’universo e in Gesù Cristo Salvatore nostro e nello Spirito Santo Paraclito»
![]() Costituzioni apostoliche, 7, 41. ![]() San Giustino, Prima apologia, 65, 3. | |
Parola e silenzio
[322]
L’amore inaudito di Dio per noi trova il suo fondamento nel mistero di amore che Dio è in se stesso. Davanti a questo mistero il discorso umano è un povero balbettare e volentieri cede il posto al silenzio e all’adorazione. I mistici, che nella contemplazione hanno una conoscenza di Dio senza concetti, molto più perfetta di quella ordinaria, non riescono ad esporla come vorrebbero; lasciano intuire qualcosa delle meraviglie intraviste più con la loro personale trasformazione che non mediante i tentativi di raccontare: «Non si trova parola che suoni adeguata; nessun pensiero può mai giungervi, nessuna mente allargarsi fin là, tanto supera il tutto; come è vero che Dio non può esser spiegato mai»
![]() Beata Angela da Foligno, Il libro, Memoriale, 9, 361-363. ![]() | |
Dio della creazione [324] La figura paterna è vista con sospetto nella cultura moderna, specialmente quando è riferita a Dio. Sarebbe sinonimo di potere autoritario e fonte di alienazione. Ma è questo il Dio di Gesù Cristo? La sua trascendenza esclude la vicinanza e la tenerezza? Il suo primato esclude la comunione?
Colui che Gesù chiama familiarmente “Abbà” è il Creatore del cielo e della terra ![]() ![]() Concilio Vaticano I, Dei Filius, I - DS 3001.
Davanti a lui l’universo, popolato di stelle e galassie, malgrado la sua immensità che dà le vertigini, appare come un granello di polvere sulla bilancia, «come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra» (Sap 11,22). Nulla aggiunge alla perfezione del suo Creatore; la sua esistenza è puro dono, assolutamente libero e gratuito.
| CdA, 358-361 CONFRONTAVAI |
[325]
Dio è infinitamente perfetto: nulla può perdere o acquistare ![]() ![]() | |
[326]
Ma la trascendenza non significa lontananza. Dio contiene l’universo nella sua intelligenza e volontà; penetra intimamente ogni cosa con il suo Spirito, per dare «esistenza, energia e vita» ![]() Messale Romano, Prefazio delle domeniche del tempo ordinario VI. ![]() Sant’Agostino, Confessioni, 6, 3, 4. | |
Dio della storia [327]
Il Padre del Signore Gesù Cristo è il Dio vivente della storia, il «Dio di Israele» (Mt 15,31), il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Egli cammina con il suo popolo e partecipa con intensità alle vicende degli uomini; ama appassionatamente e vuole essere amato «con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6,5); prova compassione per la sofferenza ![]() ![]() ![]()
Inserendosi nella storia, Dio rimane il Signore trascendente della storia. Dice il suo nome e nello stesso tempo rifiuta di dirlo completamente. «Io sono colui che sono!» (Es 3,14). Il suo coinvolgimento è sovranamente libero. «Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia» (Es 33,19). Eppure nessun altro amore è così universale, fedele e misericordioso come il suo.
| CdA, 45-52 CONFRONTAVAI |
Il Padre | CdA, 821-825 CONFRONTAVAI |
[329]
Attraverso di lui il Padre si manifesta come amore senza limiti. Ama non solo i giusti, i sofferenti e gli oppressi, ma anche i peccatori, gli oppressori e i bestemmiatori, perfino i crocifissori del suo Figlio. Li ama così come sono. Prende su di sé il peso dei loro peccati. Dà quanto ha di più caro, per salvarli: «Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,8).
| |
[330]
Gesù stesso riceve tutto dal Padre ![]() ![]() | |
[331]
Il nome “Padre”, attribuito a Dio già nell’Antico Testamento, assume un significato ben più profondo, per il fatto che Dio si rivela nel Figlio unigenito e comunica agli uomini lo Spirito del suo Figlio. Con questo nuovo significato diventa il nome definitivo: «Il nome che conviene propriamente a Dio è quello di “Padre” piuttosto che di “Dio”... Dire “Dio” significa indicare il dominatore di tutte le cose; dire “Padre” significa invece raggiungere una proprietà intima... “Padre” è dunque in certo modo il nome più vero di Dio, il suo nome proprio per eccellenza» ![]() San Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni, 2, 7. | |
[332]
Il termine “Padre” è analogico; indica il principio da cui il Figlio riceve tutto ciò che è e fa. In realtà Dio si colloca al di là delle differenze di sesso e riunisce in sé i valori della paternità e della maternità ![]() ![]() Cf. Clemente di Alessandria, C’è salvezza per il ricco?, 37; Sinodo di Toledo XI, Simbolo, 6 - DS 526. | |
Principio senza principio [333]
«Dio è amore» (1Gv 4,8). Il principio originario di tutta la realtà è «uno, ma non solitario» ![]() Formula “Fides Damasi” - DS 71. ![]() ![]() Cf. Sinodo di Toledo VI - DS 490. ![]() Santa Veronica Giuliani, Diario, 22.4.1697.
È opportuno che, secondo l’uso del Nuovo Testamento, il nome “Dio” indichi normalmente il Padre, perché egli solo è Dio da se stesso e principio senza principio, «sorgente e origine di tutta la divinità» ![]() Sinodo di Toledo VI DS 490. ![]() Concilio di Costantinopoli I, Simbolo di Nicea-Costantinopoli. ![]() Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Copti “Cantate Domino” DS 1331. | |
Testimoni del Padre [334]
L’atteggiamento filiale, che dobbiamo assumere verso il Padre, è ![]() Di questa testimonianza ha bisogno soprattutto quella parte del mondo moderno, che, rincorrendo l’autonomia della ragione e dell’agire, ha emarginato Dio; ma anziché ritrovarsi adulta, ha finito per sentirsi orfana. Il Padre di Gesù non ha niente a che fare con l’immagine paterna rifiutata: non soffoca la libertà, non preserva dalla fatica e dalla sofferenza, non favorisce la passività, la viltà, il servilismo, il fatalismo. È un Padre diverso rispetto alle proiezioni del nostro desiderio, come Gesù è un salvatore diverso. È premuroso e onnipotente, ma non invadente; è vicino anche nell’apparente assenza; non impedisce il male, ma ne trae il bene, rispettando la libertà delle creature. È il principio originario; ma da lui derivano persone di pari dignità, il Figlio e lo Spirito, con le quali da sempre vive in comunione. | |
Lo Spirito rivelato nella storia
[336]
Significativamente si fa menzione dello Spirito in apertura e in chiusura della Bibbia: tutta la storia, dalla creazione al compimento ultimo, si svolge sotto il potente “soffio” di Dio. Lo Spirito è l’onnipotenza dell’amore con cui Dio attua il suo progetto nel mondo: produce le cose, dà la vita, suscita i profeti, giustifica i peccatori, fa risorgere i morti
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[337]
Gesù è il Cristo, il consacrato con l’unzione di Spirito Santo: lo riceve dal Padre e lo dona agli uomini. La missione dell’uno è inseparabile da quella dell’altro. Vera missione è quella pubblica di Gesù; missione diversa, ma non meno vera, è quella interiore dello Spirito Santo: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna... E... ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!» (Gal 4,46).
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[338]
Il suo compito è quello di introdurci nella comunione con Dio. Per mezzo di lui l’amore di Dio viene riversato nei nostri cuori e il Padre e il Figlio prendono dimora in noi. Per mezzo di lui noi diventiamo fratelli di Cristo, a lui uniti come suo corpo, partecipi del suo rapporto filiale verso il Padre
![]() | CdA, 743 CONFRONTAVAI CdA 810-814 CONFRONTAVAI |
[339]
Nel testo sopra citato della Lettera ai Galati, il parallelismo
![]() ![]() | |
[340]
Secondo la fede della Chiesa, lo Spirito Santo è Dio insieme al Padre e al Figlio e procede «dal Padre e dal Figlio non come da due principî, ma come da uno solo»
![]() Concilio di Lione II, Costituzione “Fideli ac devota”, 1: La somma Trinità e la fede cattolica - DS 850. Cf. Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Greci “Laetentur caeli” - DS 1300-1301; Id., Bolla di unione dei Copti “Cantate Domino” - DS 1331. ![]() Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Greci “Laetentur caeli” - DS 1301; Concilio Vaticano II, Ad gentes, 2. | |
Il dono
[341]
Lo Spirito Santo «è Persona-amore; è Persona-dono»
![]() Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 10. ![]() San Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 1, 8, 12.
In questo «Amore-dono»
![]() Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 10.
Lo Spirito è la forza dell’amore, il movimento per condurre ogni cosa al suo pieno compimento in Dio
![]() Cf. Sant’Agostino, Confessioni, 13, 7, 8. | |
[342]
Lo Spirito «soffia dove vuole» (Gv 3,8); è misterioso e
![]() ![]() Sant’Ippolito di Roma, La tradizione apostolica, 35.
«Senza lo Spirito Santo, Dio è lontano, il Cristo resta nel passato, il vangelo è lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità una dominazione, la missione una propaganda, il culto un’evocazione, l’agire cristiano una morale da schiavi. Ma in lui... il cosmo è sollevato e geme nel parto del Regno; l’uomo lotta contro la carne; Gesù Cristo Signore risorto è presente; il vangelo è potenza di vita; la Chiesa è segno di comunione trinitaria; l’autorità è servizio liberatore; la missione è una Pentecoste; la liturgia è memoriale e anticipazione; l’agire umano è deificato»
![]() IV Assemblea mondiale delle Chiese (Uppsala 1968), Discorso di Ignatios Hazim metropolita di Lattaquié (Laodicea) del patriarcato ortodosso greco di Antiochia. | |
Un linguaggio difficile
[344] Secondo un’opinione abbastanza diffusa, il mistero della Trinità sarebbe una dottrina astrusa e lontana dalla vita. In realtà, invece, è una luce che dà significato e bellezza a tutto, sebbene in se stessa non possa essere fissata, perché troppo intensa.
In Cristo e nella sua Chiesa Dio ha dato se stesso, come egli è,
![]()
Le formule trinitarie, proposte con autorità dal magistero
![]() ![]() Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Copti “Cantate Domino” - DS 1330-1331. | |
Perfetta comunione di carità
[345] Sarebbe ingenuità e presunzione cercare una chiarezza completa. Tuttavia un barlume di luce può venire attraverso la debole, ma preziosa analogia dell’amore umano, che comporta sempre distinzione e comunione di persone, in quanto è trasferire se stesso nell’altro, riporre in lui le ragioni del vivere, la propria vita più vera.
«Se vedi la carità, tu vedi la Trinità»
![]() Sant’Agostino, La Trinità, 8, 8, 12. ![]() Sant’Agostino, La Trinità, 8, 10, 14. | |
[346] Nessuna delle tre persone supera le altre nella eternità, nella perfezione o nel potere. Tuttavia il Padre è il primo perché dona e non riceve; il Figlio è secondo perché riceve dal Padre; lo Spirito Santo è terzo perché procede dal Padre attraverso il Figlio. Vivono uno per l’altro, con l’altro e nell’altro in perfetta unità e reciprocità dinamica. Ciascuno è se stesso in quanto è tutto rivolto agli altri e si compenetra con essi, in uno slancio inesauribile di vita che esce eternamente dal Padre e al Padre eternamente si volge.
| |
[347]
L’unità di Dio rimane fuori discussione: il Padre è l’unico
![]() ![]() Concilio di Costantinopoli II, Condanne contro i “tre Capitoli”, 1 - DS 421. ![]() San Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 1, 8, 14. | |
Partecipi della vita trinitaria
[348] Per noi uomini la Trinità è l’origine, il sostegno, la direzione e la meta del nostro cammino. Siamo creati a sua immagine e chiamati a partecipare alla sua vita di amore.
Siamo soggetti singoli e irripetibili; ma ci apparteniamo gli uni gli altri. Tendiamo ad affermare la nostra identità personale, la nostra libertà e originalità; non però nell’isolamento. Per essere noi stessi e sentirci vivi, abbiamo bisogno che altre persone ci accettino e riconoscano il nostro valore; abbiamo bisogno di comunicare con loro e di condividere le cose, gli atteggiamenti, perfino i segreti più intimi. Ciò si può realizzare solo nella reciprocità dell’amore, non certo in altri rapporti umani caratterizzati dalla violenza, dal dominio, dal possesso.
Secondo un detto di Gesù, non riferito dai Vangeli canonici, ma
![]() ![]() Clemente d’Alessandria, Stromati, 3, 13. ![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 24. | CdA, 808 CONFRONTAVAI |
[349] Un discorso analogo va fatto per tutte le realtà sociali, dalle piccole comunità ai popoli: anch’esse possono svilupparsi solo nella comunicazione reciproca, libera e rispettosa. L’impegno cristiano nella storia mira a realizzare la più grande libertà nella più grande solidarietà, evitando da una parte la solitudine dell’individualismo e dall’altra l’oppressione del collettivismo. Esso riserva un’attenzione privilegiata alla famiglia, riflesso della comunione trinitaria, esperienza primaria della reciprocità, in cui la persona vive e cresce.
La Chiesa, da parte sua, deve porsi come immagine viva e concreta della Trinità, edificandosi come un solo corpo con molte membra, nella comunicazione incessante dei fedeli e delle loro varie aggregazioni.
La Trinità è il mistero di Dio; ma è anche il segreto più profondo della vita dell’uomo.
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[350] Padre, Figlio e Spirito Santo: tre persone un solo Dio. Donazione, Accoglienza, Dono: una perfetta comunione di amore.
Noi, creati a immagine di Dio, ci realizziamo solo nella reciprocità dell’amore, donando e accogliendo, facendo unità.
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Mistero oscuro e luminoso
[316] La nostra conoscenza di Dio è indiretta e inadeguata. Che senso ha allora indagare la sua vita intima, ciò che egli è in se stesso?
Nella nostra cultura è abbastanza diffuso l’agnosticismo, che tende a circoscrivere la capacità dell’intelligenza umana dentro l’orizzonte terreno e si mostra estremamente diffidente verso ogni tentativo di parlare di Dio. È significativo che nel nostro paese, accanto a quelli che si dichiarano non credenti o indifferenti, molte siano le persone che si ritrovano nella definizione di Dio come Mistero.
D’altra parte, un rapporto religioso vivo non può fare a meno di una qualche conoscenza positiva ed è ancor più significativo che la grande maggioranza della gente si riconosca nella definizione cristiana: «Dio è amore» (1Gv 4,8). Non si può aver fiducia in chi resta completamente sconosciuto.
| CdA, 34 CONFRONTAVAI |
[317] Nella rivelazione storica Dio si manifesta e si nasconde nello stesso tempo; ci offre una conoscenza luminosa, associata a ombre impenetrabili. La sorgente infinita dell’essere e della vita rimane al di là di tutte le cose e di tutti i pensieri; ma in Gesù di Nàzaret lascia trasparire qualcosa del suo segreto. La storia del Cristo non è storia di una sola persona, ma di tre persone: il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. Il Dio ignoto si rivela come mistero di comunione e di amore.
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[318]
Una singolare dialettica attraversava le promesse di salvezza nell’Antico Testamento: da una parte si affermava che negli ultimi tempi Dio sarebbe intervenuto in prima persona per liberare e riunire il suo popolo, e stabilire in esso la sua dimora; dall’altra si accentuava il ruolo che avrebbero svolto le mediazioni della Parola
![]() L’enigma trova soluzione nella storia di Gesù: Messia, Parola e Sapienza di Dio, attraverso il quale si rende presente il Padre e viene donato lo Spirito. Una storia trinitaria dal principio alla fine, perché Dio vi si impegna personalmente come egli è.
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[319]
Gesù riceve il battesimo nelle acque del Giordano ed ecco la
![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() | |
[320]
Con la Pentecoste inizia il cammino storico della comunità cristiana, Chiesa di Dio, corpo del Cristo e tempio vivo dello Spirito. In essa si entra con il battesimo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo
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Fede trinitaria della Chiesa
[321]
La fede cristiana fin dalle origini è cristologica e trinitaria, perché nel mistero di Cristo, il consacrato con l’olio della sovranità divina, noi incontriamo «il Padre che fa l’unzione, il Figlio che la riceve, lo Spirito che è l’unzione stessa»
![]() Sant’Ireneo, Contro le eresie, 3, 18, 3.
Nel II secolo nascono i “simboli della fede” e nascono esplicitamente trinitari. Ecco uno dei più antichi, quello della cosiddetta Didascalia degli Apostoli: «Credo nel Padre dominatore dell’universo e in Gesù Cristo Salvatore nostro e nello Spirito Santo Paraclito»
![]() Costituzioni apostoliche, 7, 41. ![]() San Giustino, Prima apologia, 65, 3. | |
Parola e silenzio
[322]
L’amore inaudito di Dio per noi trova il suo fondamento nel mistero di amore che Dio è in se stesso. Davanti a questo mistero il discorso umano è un povero balbettare e volentieri cede il posto al silenzio e all’adorazione. I mistici, che nella contemplazione hanno una conoscenza di Dio senza concetti, molto più perfetta di quella ordinaria, non riescono ad esporla come vorrebbero; lasciano intuire qualcosa delle meraviglie intraviste più con la loro personale trasformazione che non mediante i tentativi di raccontare: «Non si trova parola che suoni adeguata; nessun pensiero può mai giungervi, nessuna mente allargarsi fin là, tanto supera il tutto; come è vero che Dio non può esser spiegato mai»
![]() Beata Angela da Foligno, Il libro, Memoriale, 9, 361-363. ![]() | |
Fede trinitaria della Chiesa
[321]
La fede cristiana fin dalle origini è cristologica e trinitaria, perché nel mistero di Cristo, il consacrato con l’olio della sovranità divina, noi incontriamo «il Padre che fa l’unzione, il Figlio che la riceve, lo Spirito che è l’unzione stessa»
![]() Sant’Ireneo, Contro le eresie, 3, 18, 3.
Nel II secolo nascono i “simboli della fede” e nascono esplicitamente trinitari. Ecco uno dei più antichi, quello della cosiddetta Didascalia degli Apostoli: «Credo nel Padre dominatore dell’universo e in Gesù Cristo Salvatore nostro e nello Spirito Santo Paraclito»
![]() Costituzioni apostoliche, 7, 41. ![]() San Giustino, Prima apologia, 65, 3. | |
Un linguaggio difficile
[344] Secondo un’opinione abbastanza diffusa, il mistero della Trinità sarebbe una dottrina astrusa e lontana dalla vita. In realtà, invece, è una luce che dà significato e bellezza a tutto, sebbene in se stessa non possa essere fissata, perché troppo intensa.
In Cristo e nella sua Chiesa Dio ha dato se stesso, come egli è,
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Le formule trinitarie, proposte con autorità dal magistero
![]() ![]() Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Copti “Cantate Domino” - DS 1330-1331. | |
Perfetta comunione di carità
[345] Sarebbe ingenuità e presunzione cercare una chiarezza completa. Tuttavia un barlume di luce può venire attraverso la debole, ma preziosa analogia dell’amore umano, che comporta sempre distinzione e comunione di persone, in quanto è trasferire se stesso nell’altro, riporre in lui le ragioni del vivere, la propria vita più vera.
«Se vedi la carità, tu vedi la Trinità»
![]() Sant’Agostino, La Trinità, 8, 8, 12. ![]() Sant’Agostino, La Trinità, 8, 10, 14. | |
[346] Nessuna delle tre persone supera le altre nella eternità, nella perfezione o nel potere. Tuttavia il Padre è il primo perché dona e non riceve; il Figlio è secondo perché riceve dal Padre; lo Spirito Santo è terzo perché procede dal Padre attraverso il Figlio. Vivono uno per l’altro, con l’altro e nell’altro in perfetta unità e reciprocità dinamica. Ciascuno è se stesso in quanto è tutto rivolto agli altri e si compenetra con essi, in uno slancio inesauribile di vita che esce eternamente dal Padre e al Padre eternamente si volge.
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[347]
L’unità di Dio rimane fuori discussione: il Padre è l’unico
![]() ![]() Concilio di Costantinopoli II, Condanne contro i “tre Capitoli”, 1 - DS 421. ![]() San Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 1, 8, 14. | |
Partecipi della vita trinitaria
[348] Per noi uomini la Trinità è l’origine, il sostegno, la direzione e la meta del nostro cammino. Siamo creati a sua immagine e chiamati a partecipare alla sua vita di amore.
Siamo soggetti singoli e irripetibili; ma ci apparteniamo gli uni gli altri. Tendiamo ad affermare la nostra identità personale, la nostra libertà e originalità; non però nell’isolamento. Per essere noi stessi e sentirci vivi, abbiamo bisogno che altre persone ci accettino e riconoscano il nostro valore; abbiamo bisogno di comunicare con loro e di condividere le cose, gli atteggiamenti, perfino i segreti più intimi. Ciò si può realizzare solo nella reciprocità dell’amore, non certo in altri rapporti umani caratterizzati dalla violenza, dal dominio, dal possesso.
Secondo un detto di Gesù, non riferito dai Vangeli canonici, ma
![]() ![]() Clemente d’Alessandria, Stromati, 3, 13. ![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 24. | CdA, 808 CONFRONTAVAI |
[349] Un discorso analogo va fatto per tutte le realtà sociali, dalle piccole comunità ai popoli: anch’esse possono svilupparsi solo nella comunicazione reciproca, libera e rispettosa. L’impegno cristiano nella storia mira a realizzare la più grande libertà nella più grande solidarietà, evitando da una parte la solitudine dell’individualismo e dall’altra l’oppressione del collettivismo. Esso riserva un’attenzione privilegiata alla famiglia, riflesso della comunione trinitaria, esperienza primaria della reciprocità, in cui la persona vive e cresce.
La Chiesa, da parte sua, deve porsi come immagine viva e concreta della Trinità, edificandosi come un solo corpo con molte membra, nella comunicazione incessante dei fedeli e delle loro varie aggregazioni.
La Trinità è il mistero di Dio; ma è anche il segreto più profondo della vita dell’uomo.
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[350] Padre, Figlio e Spirito Santo: tre persone un solo Dio. Donazione, Accoglienza, Dono: una perfetta comunione di amore.
Noi, creati a immagine di Dio, ci realizziamo solo nella reciprocità dell’amore, donando e accogliendo, facendo unità.
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Parola e silenzio
[322]
L’amore inaudito di Dio per noi trova il suo fondamento nel mistero di amore che Dio è in se stesso. Davanti a questo mistero il discorso umano è un povero balbettare e volentieri cede il posto al silenzio e all’adorazione. I mistici, che nella contemplazione hanno una conoscenza di Dio senza concetti, molto più perfetta di quella ordinaria, non riescono ad esporla come vorrebbero; lasciano intuire qualcosa delle meraviglie intraviste più con la loro personale trasformazione che non mediante i tentativi di raccontare: «Non si trova parola che suoni adeguata; nessun pensiero può mai giungervi, nessuna mente allargarsi fin là, tanto supera il tutto; come è vero che Dio non può esser spiegato mai»
![]() Beata Angela da Foligno, Il libro, Memoriale, 9, 361-363. ![]() | |
Un linguaggio difficile
[344] Secondo un’opinione abbastanza diffusa, il mistero della Trinità sarebbe una dottrina astrusa e lontana dalla vita. In realtà, invece, è una luce che dà significato e bellezza a tutto, sebbene in se stessa non possa essere fissata, perché troppo intensa.
In Cristo e nella sua Chiesa Dio ha dato se stesso, come egli è,
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Le formule trinitarie, proposte con autorità dal magistero
![]() ![]() Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Copti “Cantate Domino” - DS 1330-1331. | |
Perfetta comunione di carità
[345] Sarebbe ingenuità e presunzione cercare una chiarezza completa. Tuttavia un barlume di luce può venire attraverso la debole, ma preziosa analogia dell’amore umano, che comporta sempre distinzione e comunione di persone, in quanto è trasferire se stesso nell’altro, riporre in lui le ragioni del vivere, la propria vita più vera.
«Se vedi la carità, tu vedi la Trinità»
![]() Sant’Agostino, La Trinità, 8, 8, 12. ![]() Sant’Agostino, La Trinità, 8, 10, 14. | |
[346] Nessuna delle tre persone supera le altre nella eternità, nella perfezione o nel potere. Tuttavia il Padre è il primo perché dona e non riceve; il Figlio è secondo perché riceve dal Padre; lo Spirito Santo è terzo perché procede dal Padre attraverso il Figlio. Vivono uno per l’altro, con l’altro e nell’altro in perfetta unità e reciprocità dinamica. Ciascuno è se stesso in quanto è tutto rivolto agli altri e si compenetra con essi, in uno slancio inesauribile di vita che esce eternamente dal Padre e al Padre eternamente si volge.
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[347]
L’unità di Dio rimane fuori discussione: il Padre è l’unico
![]() ![]() Concilio di Costantinopoli II, Condanne contro i “tre Capitoli”, 1 - DS 421. ![]() San Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 1, 8, 14. | |
Partecipi della vita trinitaria
[348] Per noi uomini la Trinità è l’origine, il sostegno, la direzione e la meta del nostro cammino. Siamo creati a sua immagine e chiamati a partecipare alla sua vita di amore.
Siamo soggetti singoli e irripetibili; ma ci apparteniamo gli uni gli altri. Tendiamo ad affermare la nostra identità personale, la nostra libertà e originalità; non però nell’isolamento. Per essere noi stessi e sentirci vivi, abbiamo bisogno che altre persone ci accettino e riconoscano il nostro valore; abbiamo bisogno di comunicare con loro e di condividere le cose, gli atteggiamenti, perfino i segreti più intimi. Ciò si può realizzare solo nella reciprocità dell’amore, non certo in altri rapporti umani caratterizzati dalla violenza, dal dominio, dal possesso.
Secondo un detto di Gesù, non riferito dai Vangeli canonici, ma
![]() ![]() Clemente d’Alessandria, Stromati, 3, 13. ![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 24. | CdA, 808 CONFRONTAVAI |
[349] Un discorso analogo va fatto per tutte le realtà sociali, dalle piccole comunità ai popoli: anch’esse possono svilupparsi solo nella comunicazione reciproca, libera e rispettosa. L’impegno cristiano nella storia mira a realizzare la più grande libertà nella più grande solidarietà, evitando da una parte la solitudine dell’individualismo e dall’altra l’oppressione del collettivismo. Esso riserva un’attenzione privilegiata alla famiglia, riflesso della comunione trinitaria, esperienza primaria della reciprocità, in cui la persona vive e cresce.
La Chiesa, da parte sua, deve porsi come immagine viva e concreta della Trinità, edificandosi come un solo corpo con molte membra, nella comunicazione incessante dei fedeli e delle loro varie aggregazioni.
La Trinità è il mistero di Dio; ma è anche il segreto più profondo della vita dell’uomo.
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Abitati dalla Trinità
[808]
Questa nuova presenza interiore, che i teologi chiamano “inabitazione”, viene attribuita innanzitutto allo Spirito Santo. Ma con lui vengono ad abitare nell’uomo anche il Figlio e il Padre: «Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). Il Padre è nel Figlio e il Figlio è nei discepoli, mediante lo Spirito, perché diventino una sola cosa e siano perfetti nell’unità
![]()
Entriamo così in una dimensione misteriosa e sublime, la comunione trinitaria
![]()
Siamo chiamati a entrare in relazione non solo con le persone e le cose di questo mondo, ma anche e soprattutto con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, già adesso e poi nell’eternità. Sta qui la nostra più alta dignità
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 19. | CCC, 260CdA, 348 CONFRONTAVAI CdA 744 CONFRONTAVAI |
Si prega il Padre
[967]
Il nostro primo interlocutore è la prima persona della Santissima Trinità. Il cristiano, sia nella lode sia nella supplica, in definitiva si rivolge sempre a Dio Padre, principio senza principio della altre persone divine e di ogni dono partecipato alle creature. La sua preghiera, come tutta la sua vita, è sempre un andare al Padre insieme a Cristo nello Spirito
![]() | CdA, 821-825 CONFRONTAVAI |
Si prega con Cristo e si prega Cristo
[968]
Se il Padre è la meta, Gesù Cristo è «la via» (Gv 14,6). Egli associa alla propria preghiera quella della Chiesa e di tutta l’umanità. Ogni esperienza di orazione, dal balbettìo infantile alla contemplazione mistica, si compie nel suo nome.
Gesù intercede per noi come mediatore; ma come persona divina è anche destinatario della nostra preghiera; «prega per noi, prega in noi ed è pregato da noi»
![]() Sant’Agostino,Commento ai Salmi, 85, 1. ![]() | |
Si prega nello Spirito e si prega lo Spirito
[969]
Lo Spirito Santo ci fa dire: «Abbà, Padre!» (Rm 8,15) e «intercede per i credenti secondo i disegni di Dio» (Rm 8,27). «Unisce tutta la Chiesa all’unica preghiera di Cristo e la rivolge al Padre»
![]() Messale Romano, Principi e norme, 8. ![]() ![]() Cf. Messale Romano, Solennità di Pentecoste, Sequenza. ![]() Cf. Liturgia delle ore, Vespri della solennità di Pentecoste, Inno. | |
La sete del cuore
[3] Una donna di Samarìa va al pozzo ad attingere acqua e vi incontra Gesù di Nàzaret. A lui, che avvia il dialogo, risponde ripetutamente con ironia e apparente sicurezza.
Gesù cerca di far emergere in lei una sete diversa, una sete nascosta nel profondo del cuore, per la quale occorre un’altra acqua. Le mette davanti il disordine della sua vita, perché ne prenda coscienza. La donna rimane colpita, ma tenta ancora di sfuggire e deviare il discorso.
Finalmente Gesù le prospetta un rapporto nuovo con Dio, «in spirito e verità» (Gv 4,24); si rivela a lei come il Messia atteso, l’unico in grado di dare l’acqua che disseta per sempre. La donna allora lascia la brocca al pozzo e corre con entusiasmo a chiamare i suoi concittadini: «Venite a vedere» (Gv 4,29). Intuisce di aver trovato ciò che, forse inconsapevolmente, cercava da sempre
![]() La Samaritana ci rappresenta. Ogni uomo ha sete e passa da un pozzo all’altro: un vagare incessante, un desiderio inesauribile, rivolto ai molteplici beni del corpo e dello spirito.
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[4]
Nel nostro tempo questa ricerca sembra diventare addirittura ![]() | |
[5]
Molto attuale è un testo biblico, che mette a nudo la logica di ![]() | |
Ricerca coraggiosa
| CdA, 801 CONFRONTAVAI |
[7] Nutriamo oggi un’alta considerazione per le scienze che ricercano e procurano un crescente dominio sui fenomeni naturali e sociali. Ma possono tali scienze indicare i fini a cui deve essere indirizzato il potere che ci mettono nelle mani? È ragionevole prestare attenzione solo a ciò che si può vedere e toccare, calcolare e controllare sperimentalmente? Non si lascia fuori così il nucleo centrale della propria e dell’altrui persona: la fiducia, l’amore, la bellezza, la bontà, la gioia, tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta?
| |
[8]
Occorre liberarsi dai pregiudizi e dal conformismo; occorre essere sinceri e onesti con se stessi. È necessario prendere sul serio le grandi domande, che ognuno di noi si porta dentro
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 10.
«L’ordine del pensiero sta nel cominciare dal proprio io, dal proprio autore, dal proprio fine»
![]() B. Pascal, Pensieri, 146.
«Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l’acqua della vita» (Ap 22,17).
| |
L’ateismo
[23]
Oggi, per la verità, accanto all’esperienza religiosa, è diffuso anche l’ateismo o negazione di Dio. Assume anch’esso varie forme: l’ateismo scientista, che esclude la possibilità di oltrepassare l’esperienza sensibile e spiega la religione come fenomeno psichico, sociale, culturale; l’ateismo umanista, che rivendica l’autonomia assoluta dell’uomo e considera la religione come un’alienazione; l’ateismo pratico, o indifferenza, che ritiene Dio irrilevante per la vita personale e sociale; l’ateismo tragico, che rifiuta l’esistenza di Dio a motivo del male presente nel mondo
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 7; 19. L’ateismo è una sventura per il nostro tempo, ma non sembra mettere in pericolo la diffusione generalizzata della religione; anzi, si parla oggi da più parti di un “ritorno del sacro”. Sebbene si manifesti in forme a volte ambigue, emotive e sincretiste, esso indica che la religiosità è ancora viva e operante.
| CCC, 28CCC 2123-2128CdA, 803 CONFRONTAVAI |
I due precetti della carità
[868]
La legge evangelica si riassume nei due precetti fondamentali della
![]()
I due comandamenti sono inseparabili: «Se uno dicesse: “Io amo Dio”, e odiasse suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1Gv 4,20). Amare il Padre significa amare anche i suoi figli e volere per essi il bene da lui desiderato: «Chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato» (1Gv 5,1). Amare una persona per amore di Dio significa partecipare all’amore che Dio ha per lei e quindi riconoscerla in tutto il suo valore, amarla di più.
| CCC, 2052-2055CCC 2083 |
Primo comandamento
[881]
Il primo comandamento “Non avrai altro dio fuori di me” esige l’adorazione esclusiva dell’unico vero Dio. Risultano in
![]() | CCC, 2110-2128CdA, 384 CONFRONTAVAI CdA 955-1013 CONFRONTAVAI |
Secondo comandamento
[882]
Il secondo comandamento “Non nominare il nome di Dio invano” prescrive il rispetto del nome santo di Dio e il silenzio adorante davanti al mistero. Contraddicono questo atteggiamento: la bestemmia, che è abuso della parola con un oltraggio diretto; il sacrilegio, con cui si trattano indegnamente persone, luoghi e oggetti sacri; la simonia, con cui si scambiano beni spirituali con danaro e vantaggi materiali; il giuramento falso, che fa di Dio il garante di una menzogna; il mancato adempimento di un voto, con cui ci si è obbligati davanti a Dio a fare un’opera possibile e migliore del suo contrario; ogni discorso presuntuoso su Dio.
| CCC, 2142-2155 |
Il peccato mortale
[928]
La fede ci rivela la malizia profonda del peccato. Esso è infedeltà all’alleanza, rifiuto dell’amore di Dio, ingratitudine, idolatria. Gli uomini non accolgono la propria esistenza come un dono, non rendono grazie al loro Creatore e Padre
![]()
«Hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate, che non tengono l’acqua» (Ger 2,13). Il danno ricade sui peccatori: «Forse costoro offendono me - oracolo del Signore - o non piuttosto se stessi?» (Ger 7,19). Perdendo la comunione con Dio, l’uomo si mette in contraddizione con la propria tendenza originaria al bene, subisce la ribellione delle passioni e l’oscuramento della coscienza, deforma il modo di rapportarsi agli altri e alle cose, produce conflittualità sociale e strutture di peccato, che a loro volta opprimono le persone e ostacolano il loro sviluppo. Se lo stato di separazione da Dio non viene ritrattato con la conversione, conduce alla perdizione eterna.
Devastando l’uomo, il peccato ferisce anche Dio: «Dio viene offeso da noi in quanto operiamo contro il nostro proprio bene»
![]() San Tommaso d’Aquino, Somma contro i gentili, III, 122. | |
Il peccato veniale
[929] Essenzialmente diverso è il peccato “veniale”, che non comporta un rifiuto di Dio, ma solo un’incoerenza nel cammino verso di lui. È un atto di disobbedienza alla sua volontà in qualche contenuto di minore importanza, o in qualche contenuto importante ma senza piena avvertenza e deliberato consenso. Sebbene non paragonabile al precedente, possiede una sua triste serietà: sciupa energie preziose, ostacola la crescita personale e il progresso sociale, mette in pericolo di cadere nel peccato mortale.
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Dialogo vivo con Dio
| CdA, 20 CONFRONTAVAI |
[958] Nell’Antico Testamento Dio si fa interlocutore personale del suo popolo mediante una storia di eventi e parole; crea un legame speciale di alleanza. La preghiera è ascolto della sua parola e risposta ad essa; è dialogo in cui, al di là della dipendenza creaturale, viene vissuto consapevolmente il rapporto di alleanza.
Abramo vive l’intimità con Dio come ascolto attento, obbedienza, abbandono fiducioso nelle prove e intercessione audace per i peccatori. Mosè, confidente e cooperatore di Dio, presenta le sue difficoltà, ma obbedisce; intercede con perseveranza per il popolo. I profeti hanno un’esperienza diretta di Dio, che li sostiene in mezzo alle tribolazioni. Cercano appassionatamente il suo volto; lavorano e lottano per la sua causa. Chiamano Israele a una preghiera che non sia solo un insieme di cerimonie esteriori, ma conversione del cuore e osservanza dei comandamenti.
| CdA, 44 CONFRONTAVAI |
Comunione consapevole
[965] In ogni religione la preghiera è il gesto centrale. Gesù stesso pregava a lungo, interrompendo la sua attività. Da che cosa nasce questa necessità vitale? Perché non basta dedicarsi con onestà e generosità agli impegni familiari e professionali e alle opere buone?
La vita non è solo efficienza e lavoro; è anche contemplazione, amicizia, gioco, festa. Nella preghiera l’uomo vive consapevolmente la dipendenza da Dio e l’amore per lui; ringrazia e loda per i doni ricevuti; chiede e si dispone ad accogliere quelli sperati. Più precisamente il cristiano attua consapevolmente la comunione filiale con Dio in Cristo, esprimendo l’atteggiamento fondamentale di fede, speranza e carità con modulazioni diverse secondo le situazioni, gioiose o tristi, individuali o comunitarie.
| CCC, 2559-2565 |
Da persona a persona
[966]
La preghiera è il rapporto con Dio divenuto pienamente
![]() Per i cristiani, nella storia della salvezza Dio si rivela non come potenza anonima, ma come soggetto personale, che parla, ascolta, è sempre vicino. Pregare, allora, significa dialogare con lui da persona a persona, dargli del tu, mettersi davanti a lui faccia a faccia, cuore a cuore.
| |
Si prega il Padre
[967]
Il nostro primo interlocutore è la prima persona della Santissima Trinità. Il cristiano, sia nella lode sia nella supplica, in definitiva si rivolge sempre a Dio Padre, principio senza principio della altre persone divine e di ogni dono partecipato alle creature. La sua preghiera, come tutta la sua vita, è sempre un andare al Padre insieme a Cristo nello Spirito
![]() | CdA, 821-825 CONFRONTAVAI |
Si prega con Cristo e si prega Cristo
[968]
Se il Padre è la meta, Gesù Cristo è «la via» (Gv 14,6). Egli associa alla propria preghiera quella della Chiesa e di tutta l’umanità. Ogni esperienza di orazione, dal balbettìo infantile alla contemplazione mistica, si compie nel suo nome.
Gesù intercede per noi come mediatore; ma come persona divina è anche destinatario della nostra preghiera; «prega per noi, prega in noi ed è pregato da noi»
![]() Sant’Agostino,Commento ai Salmi, 85, 1. ![]() | |
Si prega nello Spirito e si prega lo Spirito
[969]
Lo Spirito Santo ci fa dire: «Abbà, Padre!» (Rm 8,15) e «intercede per i credenti secondo i disegni di Dio» (Rm 8,27). «Unisce tutta la Chiesa all’unica preghiera di Cristo e la rivolge al Padre»
![]() Messale Romano, Principi e norme, 8. ![]() ![]() Cf. Messale Romano, Solennità di Pentecoste, Sequenza. ![]() Cf. Liturgia delle ore, Vespri della solennità di Pentecoste, Inno. | |
Combattimento con Dio
[984] Chi si giustifica in un modo, chi in un altro: «Non ho tempo»; «Ho cose urgenti da fare»; «Non mi sento bene». Non sarebbe forse meglio riconoscere lealmente che pregare è faticoso e noi non ne abbiamo voglia?
La Bibbia a volte presenta la preghiera come un combattimento con Dio, un impegno difficile. Tradizionalmente i maestri di spiritualità la vedono simboleggiata nel misterioso episodio della lotta di Giacobbe con l’angelo, che si rivela essere addirittura la forma di un’apparizione divina
![]()
Gesù, raccontando le parabole dell’amico importuno e della vedova molesta, raccomanda un’umiltà perseverante, che non si lascia abbattere dalla delusione e dallo scoraggiamento. L’apostolo Paolo vuole che i cristiani siano «perseveranti nella preghiera» (Rm 12,12) e li esorta: «Pregate incessantemente... vigilando... con ogni perseveranza» (Ef 6,18). Purtroppo siamo superficiali e, come osserva il santo Curato d’Ars, «quante volte veniamo in chiesa senza sapere che cosa dobbiamo fare o domandare, mentre ogniqualvolta ci rechiamo da qualcuno sappiamo bene perché ci andiamo!»
![]() San Giovanni Maria Vianney, Catechismo sulla preghiera. | |
Messaggero e protagonista
[108]
I concetti, tra loro intimamente collegati, di vangelo e di regno
![]() | |
[129]
Secondo la Bibbia, un re è giusto quando si fa difensore dei poveri, degli orfani e delle vedove, di quanti non sono in grado di farsi rispettare. A maggior ragione, la giustizia
![]() | |
Liberazione dalla sofferenza
[130]
Dando compimento all’attesa, Gesù annuncia che Dio, nella sua nuova
![]() Rendendo visibile con il suo comportamento l’agire stesso di Dio, il Maestro va incontro a ogni miseria spirituale e materiale. Nutre con la parola e con il pane le folle stanche e senza guida, disprezzate dai gruppi religiosi osservanti. Si commuove di fronte ai malati, che gli si accalcano intorno, e li guarisce. Avvicina varie categorie di emarginati, i bambini, le donne, i lebbrosi, i peccatori segnati a dito, come i pubblicani e le prostitute, i pagani. Tende la mano a chiunque è umiliato dal peccato, dalla sofferenza, dal disprezzo altrui.
Non si limita a operare in prima persona. Coinvolge i discepoli nella sua missione a servizio del Regno; esige da tutti un serio impegno, mediante le opere di misericordia, per la liberazione, sia pure parziale e provvisoria, da ogni forma di male, fino a quando non verrà la gloria del compimento totale
![]() | CdA, 712 CONFRONTAVAI CdA 854-856 CONFRONTAVAI |
La nostra cooperazione
[141] In Gesù, Dio Padre inaugura la sua nuova presenza nella storia e offre a noi la possibilità di entrare in un rapporto di comunione con lui. Il suo regno non ha un carattere spettacolare; ama nascondersi nella semplicità delle cose ordinarie. E tuttavia possiamo farne l’esperienza subito, se lo accogliamo liberamente e attivamente.
Per avere un raccolto soddisfacente, non basta che il seminatore getti il seme con abbondanza; occorre che il terreno sia buono. Il Regno è interamente dono, ma ha bisogno della nostra cooperazione: la esige e la provoca nello stesso tempo. Dio non solo rispetta, ma suscita la libertà; non salva l’uomo dall’esterno, come fosse un oggetto, ma lo rigenera interiormente, e poi attraverso di lui rinnova la società e il mondo. La lieta notizia del regno di Dio che viene implica un appello: «Convertitevi e credete al vangelo» (Mc 1,15). La nuova prossimità di Dio mediante Gesù rende possibile una radicale conversione.
| CdA, 813 CONFRONTAVAI |
Elezione e predestinazione
[352]
Nel Signore morto e risorto gli apostoli e la Chiesa dei primi tempi, illuminati dallo Spirito Santo, hanno intravisto non solo il mistero della vita personale di Dio, ma anche il suo progetto globale sull’uomo e sul mondo. In questa rivelazione è la risposta a domande fondamentali: qual è il senso della storia? ha una direzione e una meta? che cosa possiamo sperare?
| |
[353]
La storia obbedisce a un disegno di amore
![]() ![]()
Dio ha voluto condividere con altri la sua vita. Ha creato gli uomini, per introdurli nella comunione trinitaria: «In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà» (Ef 1,4-6). Ha deciso di associare dei fratelli al Figlio unigenito, mediante la sua incarnazione e il dono dello Spirito Santo. Li ha «predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29).
Cristo è il primo eletto. Noi siamo progettati in modo da poter realizzare la nostra identità in dipendenza da lui. È questa la nostra vocazione costitutiva, che può essere rifiutata, non annullata. Da parte sua Dio vuole che tutti si salvino
![]() | |
A gloria della sua grazia
Da sempre il Padre genera il Figlio e lo attrae a sé nello Spirito; il Figlio è rivolto al Padre nello stesso Spirito. Dio non soffre di solitudine; è pienamente se stesso nella comunione trinitaria dell’amore: nulla può accrescere la sua perfezione e beatitudine. All’origine del mondo creato c’è solo la “grazia”, cioè l’amore sovranamente libero e gratuito del Padre. Egli non ricava da noi alcuna utilità: «Dio non creò Adamo, perché aveva bisogno dell’uomo, ma per avere qualcuno in cui riporre i suoi benefici»
![]() Sant’Ireneo di Lione,Contro le eresie, 4, 14, 1. | |
[355]
Che senso ha allora l’affermazione di fede, secondo cui Dio ha creato il mondo per la sua gloria
![]() Cf. Concilio Vaticano I,Dei Filius, Canoni I, 5 - DS 3025. ![]() Concilio Vaticano I,Dei Filius, I, - DS 3002. | |
Attuazione del disegno
[356]
La suprema glorificazione del Padre, cioè la più alta manifestazione della sua bontà e della sua sapienza, è Gesù Cristo, il Figlio unigenito, fatto uomo, crocifisso e risorto. Per mezzo di lui il Padre conferisce ad ogni cosa la perfezione e il senso definitivo. Fin dall’inizio guarda a lui come modello e meta di ogni sua opera. Anzi, in quanto Verbo, lo ha già con sé come autore dell’intera creazione: «Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui» (Col 1,16-17).
Il disegno eterno del Padre, «di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra» (Ef 1,10), viene rivelato e attuato nella storia secondo un ordine sapiente di eventi, che costituiscono “l’economia del mistero”
![]() ![]() ![]() Sant’Ireneo di Lione,Contro le eresie, 4, 20, 7. | |
In tutta la storia
[401]
Il potere del peccato si propaga insieme al genere umano a partire
![]()
Il racconto biblico del peccato primordiale contiene già una promessa di salvezza, il primo vangelo
![]() ![]() ![]() Cf. Messale Romano, Preghiera eucaristica IV. | CdA, 24 CONFRONTAVAI CdA 42 CONFRONTAVAI |
Dal Dio della storia al Dio della creazione
[358]
L’attuazione dell’eterno disegno del Padre, incentrato nel suo
![]() La moderna immagine scientifica del mondo non corrisponde più a quella dell’ambiente in cui fu scritta la Bibbia. Ed ecco allora per noi domande inevitabili: il progresso scientifico contraddice forse la fede biblica? l’evoluzione è forse incompatibile con la creazione? qual è il senso della dottrina sulla creazione? intende descrivere come il mondo è iniziato e si è sviluppato, oppure vuole affermare soltanto la totale dipendenza da Dio?
La fede biblica in Dio creatore è nata come esplicitazione della fede in Dio salvatore. Israele, nell’esodo dall’Egitto e in tutta la sua storia, ha sperimentato come Dio tenga nelle sue mani le persone, i popoli e gli avvenimenti. Di lui ci si può fidare assolutamente. È onnipotente e può sempre mantenere le promesse. È il Signore incontrastato della storia e dell’universo. È il Signore, perché è il creatore e tutto dipende da lui.
Israele ha anche sperimentato come Dio sia imprevedibile, pronto a capovolgere le sorti dei potenti e degli oppressi, ad aprire nuove strade quando tutto sembra bloccato, sovranamente libero nel suo agire storico. Ciò presuppone che sia ugualmente libero nella sua azione creatrice: «Egli parla e tutto è fatto, comanda e tutto esiste» (Sal 33,9).
Il mondo esiste perché Dio lo vuole. Dio è il Signore incondizionato di tutta la realtà. Questo propriamente interessa la fede religiosa. Questo in definitiva è il messaggio che la Bibbia intende dare, anche quando narra diffusamente l’opera divina.
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I racconti della creazione
[359]
I due racconti biblici della creazione fanno parte della cosiddetta
![]() ![]() ![]() Il primo racconto, più recente, procede solenne, come un inno, intessuto di ripetizioni e parallelismi; segue lo schema dei sette giorni, non per indicare sette epoche, ma per insegnare che l’uomo è chiamato a continuare l’opera di Dio con il lavoro e a riposare e far festa con lui, come suo collaboratore e amico; presenta il mondo come un’armonia mirabile, che in virtù dello Spirito e della parola di Dio sorge dalle acque e dalle tenebre, simbolo del caos e del nulla.
Il secondo racconto è il più antico; unisce vivacità e colore descrittivo alla fine penetrazione psicologica; utilizza un altro modello di pensiero simbolico; qui il mondo fiorisce in mezzo al deserto del nulla come un’oasi, irrigata dai fiumi e rigogliosa di vita, come un giardino affidato alle cure dell’uomo; questi non compare più al termine, ma al centro della successione.
Il redattore non avverte alcuna contraddizione tra i due racconti, perché, sia pure con diverse rappresentazioni, essi danno un insegnamento convergente. A lui non interessano le modalità e la successione dei fenomeni, ma la totale dipendenza da Dio, la fondamentale bontà delle creature, la preminente dignità della creatura umana, il valore del lavoro e del riposo, della sessualità e del matrimonio.
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Creazione continua
[360]
Nella Bibbia la creazione è presentata come l’inizio della storia della salvezza, la prima delle mirabili opere di Dio; ma anche come la sua attività continua, il fondamento perenne di ogni cosa. L’universo dipende sempre da Dio, sia per iniziare sia per continuare ad esistere e per svilupparsi verso nuove e più alte forme di vita. Il soffio dello Spirito avvolge e penetra le creature, le sostiene e le fa germogliare come vento di primavera: «Tutti da te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno. Tu lo provvedi, essi lo raccolgono, tu apri la mano, si saziano di beni. Se nascondi il tuo volto, vengono meno, togli loro il respiro, muoiono e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra» (Sal 104,27-30). La creazione non è il gesto compiuto da Dio in un tempo remoto, ma il dono di ogni giorno: «In lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17,28).
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Creazione dal nulla
[361]
Dio crea dal nulla: «Contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti» (2Mac 7,28). Dio crea dal nulla l’universo spirituale e materiale
![]() Cf. Concilio Lateranense IV, Costituzione 1 “De fide catholica” - DS 800; Concilio Vaticano I, Dei Filius, Canoni I, 5 - DS 3025.
La fede nella creazione, così intesa, genera una speranza incrollabile: «Il nostro aiuto è nel nome del Signore che ha fatto cielo e terra» (Sal 124,8). Se Dio può creare dal nulla, a lui tutto è possibile. Può convertire i peccatori, compresi i più induriti, e rigenerarli a una nuova vita spirituale. Può perfino risuscitare dalla tomba, egli che «dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che ancora non esistono» (Rm 4,17). Non è senza ragione che nella veglia pasquale, in cui celebriamo la risurrezione di Cristo e la nostra rinascita, si proclami anche il racconto della creazione.
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Discorso religioso e discorso scientifico
[362] Dipendenza continua e totale da Dio: ecco il contenuto della fede. Restano fuori dalla sua prospettiva le modalità fenomeniche del divenire cosmico. Viceversa la scienza indaga proprio queste modalità. Ne consegue che non ha senso contrapporre discorso religioso e discorso scientifico; e neppure tentare di armonizzarli, quasi si trovassero ambedue sullo stesso piano.
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Il mediatore della creazione
[363]
Se il Padre è l’origine prima e il fine ultimo di tutte le cose, Gesù Cristo è il mediatore universale della creazione, non meno che della salvezza. Un motivo in più per alimentare la nostra fiducia e liberarci da ogni soggezione nei confronti di forze minacciose e oppressive: «In realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo sia sulla terra,... per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui» (1Cor 8,5-6).
Come gli antichi ebrei a partire dall’esperienza dell’esodo hanno approfondito la conoscenza di Dio salvatore, fino a riconoscerlo creatore del cielo e della terra, così i cristiani, a partire dall’esperienza della Pasqua penetrano nel mistero del Cristo salvatore fino a comprendere che tutto viene creato per mezzo di lui e trova in lui consistenza e significato
![]()
Le creature vengono all’esistenza e si sviluppano, in quanto il Padre le chiama dal nulla e le attrae a sé mediante il Figlio con la potenza dello Spirito. Il Verbo e lo Spirito Santo sono, per così dire, «le mani»
![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 4, 7, 4. ![]() Sant’Atanasio di Alessandria, Lettera a Serapione, 1, 31. | |
[364] Dio può salvarci, perché è il creatore libero e onnipotente: la creazione è presupposto e inizio della storia della salvezza.
Le creature spirituali e materiali dipendono da Dio in tutto il loro essere: per iniziare, per continuare ad esistere e per svilupparsi.
La ragione potrebbe conoscere la verità della creazione. Facilmente però rimane offuscata e ha bisogno di una luce e di una conferma superiore. «Per fede noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sì che da cose non visibili ha preso origine quello che si vede» (Eb 11,3).
Scienza e teologia devono essere consapevoli dei loro limiti: la scienza non riguarda il fondamento primo e il senso ultimo; la fede non riguarda le modalità evolutive.
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Dal Dio della storia al Dio della creazione
[358]
L’attuazione dell’eterno disegno del Padre, incentrato nel suo
![]() La moderna immagine scientifica del mondo non corrisponde più a quella dell’ambiente in cui fu scritta la Bibbia. Ed ecco allora per noi domande inevitabili: il progresso scientifico contraddice forse la fede biblica? l’evoluzione è forse incompatibile con la creazione? qual è il senso della dottrina sulla creazione? intende descrivere come il mondo è iniziato e si è sviluppato, oppure vuole affermare soltanto la totale dipendenza da Dio?
La fede biblica in Dio creatore è nata come esplicitazione della fede in Dio salvatore. Israele, nell’esodo dall’Egitto e in tutta la sua storia, ha sperimentato come Dio tenga nelle sue mani le persone, i popoli e gli avvenimenti. Di lui ci si può fidare assolutamente. È onnipotente e può sempre mantenere le promesse. È il Signore incontrastato della storia e dell’universo. È il Signore, perché è il creatore e tutto dipende da lui.
Israele ha anche sperimentato come Dio sia imprevedibile, pronto a capovolgere le sorti dei potenti e degli oppressi, ad aprire nuove strade quando tutto sembra bloccato, sovranamente libero nel suo agire storico. Ciò presuppone che sia ugualmente libero nella sua azione creatrice: «Egli parla e tutto è fatto, comanda e tutto esiste» (Sal 33,9).
Il mondo esiste perché Dio lo vuole. Dio è il Signore incondizionato di tutta la realtà. Questo propriamente interessa la fede religiosa. Questo in definitiva è il messaggio che la Bibbia intende dare, anche quando narra diffusamente l’opera divina.
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I racconti della creazione
[359]
I due racconti biblici della creazione fanno parte della cosiddetta
![]() ![]() ![]() Il primo racconto, più recente, procede solenne, come un inno, intessuto di ripetizioni e parallelismi; segue lo schema dei sette giorni, non per indicare sette epoche, ma per insegnare che l’uomo è chiamato a continuare l’opera di Dio con il lavoro e a riposare e far festa con lui, come suo collaboratore e amico; presenta il mondo come un’armonia mirabile, che in virtù dello Spirito e della parola di Dio sorge dalle acque e dalle tenebre, simbolo del caos e del nulla.
Il secondo racconto è il più antico; unisce vivacità e colore descrittivo alla fine penetrazione psicologica; utilizza un altro modello di pensiero simbolico; qui il mondo fiorisce in mezzo al deserto del nulla come un’oasi, irrigata dai fiumi e rigogliosa di vita, come un giardino affidato alle cure dell’uomo; questi non compare più al termine, ma al centro della successione.
Il redattore non avverte alcuna contraddizione tra i due racconti, perché, sia pure con diverse rappresentazioni, essi danno un insegnamento convergente. A lui non interessano le modalità e la successione dei fenomeni, ma la totale dipendenza da Dio, la fondamentale bontà delle creature, la preminente dignità della creatura umana, il valore del lavoro e del riposo, della sessualità e del matrimonio.
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Creazione continua
[360]
Nella Bibbia la creazione è presentata come l’inizio della storia della salvezza, la prima delle mirabili opere di Dio; ma anche come la sua attività continua, il fondamento perenne di ogni cosa. L’universo dipende sempre da Dio, sia per iniziare sia per continuare ad esistere e per svilupparsi verso nuove e più alte forme di vita. Il soffio dello Spirito avvolge e penetra le creature, le sostiene e le fa germogliare come vento di primavera: «Tutti da te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno. Tu lo provvedi, essi lo raccolgono, tu apri la mano, si saziano di beni. Se nascondi il tuo volto, vengono meno, togli loro il respiro, muoiono e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra» (Sal 104,27-30). La creazione non è il gesto compiuto da Dio in un tempo remoto, ma il dono di ogni giorno: «In lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17,28).
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Creazione dal nulla
[361]
Dio crea dal nulla: «Contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti» (2Mac 7,28). Dio crea dal nulla l’universo spirituale e materiale
![]() Cf. Concilio Lateranense IV, Costituzione 1 “De fide catholica” - DS 800; Concilio Vaticano I, Dei Filius, Canoni I, 5 - DS 3025.
La fede nella creazione, così intesa, genera una speranza incrollabile: «Il nostro aiuto è nel nome del Signore che ha fatto cielo e terra» (Sal 124,8). Se Dio può creare dal nulla, a lui tutto è possibile. Può convertire i peccatori, compresi i più induriti, e rigenerarli a una nuova vita spirituale. Può perfino risuscitare dalla tomba, egli che «dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che ancora non esistono» (Rm 4,17). Non è senza ragione che nella veglia pasquale, in cui celebriamo la risurrezione di Cristo e la nostra rinascita, si proclami anche il racconto della creazione.
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Discorso religioso e discorso scientifico
[362] Dipendenza continua e totale da Dio: ecco il contenuto della fede. Restano fuori dalla sua prospettiva le modalità fenomeniche del divenire cosmico. Viceversa la scienza indaga proprio queste modalità. Ne consegue che non ha senso contrapporre discorso religioso e discorso scientifico; e neppure tentare di armonizzarli, quasi si trovassero ambedue sullo stesso piano.
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Il mediatore della creazione
[363]
Se il Padre è l’origine prima e il fine ultimo di tutte le cose, Gesù Cristo è il mediatore universale della creazione, non meno che della salvezza. Un motivo in più per alimentare la nostra fiducia e liberarci da ogni soggezione nei confronti di forze minacciose e oppressive: «In realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo sia sulla terra,... per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui» (1Cor 8,5-6).
Come gli antichi ebrei a partire dall’esperienza dell’esodo hanno approfondito la conoscenza di Dio salvatore, fino a riconoscerlo creatore del cielo e della terra, così i cristiani, a partire dall’esperienza della Pasqua penetrano nel mistero del Cristo salvatore fino a comprendere che tutto viene creato per mezzo di lui e trova in lui consistenza e significato
![]()
Le creature vengono all’esistenza e si sviluppano, in quanto il Padre le chiama dal nulla e le attrae a sé mediante il Figlio con la potenza dello Spirito. Il Verbo e lo Spirito Santo sono, per così dire, «le mani»
![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 4, 7, 4. ![]() Sant’Atanasio di Alessandria, Lettera a Serapione, 1, 31. | |
[364] Dio può salvarci, perché è il creatore libero e onnipotente: la creazione è presupposto e inizio della storia della salvezza.
Le creature spirituali e materiali dipendono da Dio in tutto il loro essere: per iniziare, per continuare ad esistere e per svilupparsi.
La ragione potrebbe conoscere la verità della creazione. Facilmente però rimane offuscata e ha bisogno di una luce e di una conferma superiore. «Per fede noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sì che da cose non visibili ha preso origine quello che si vede» (Eb 11,3).
Scienza e teologia devono essere consapevoli dei loro limiti: la scienza non riguarda il fondamento primo e il senso ultimo; la fede non riguarda le modalità evolutive.
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Un mondo buono ma incompiuto
[365] Se il mondo dipende interamente da Dio, non dovrebbe essere perfetto? Come mai insieme ad aspetti di meravigliosa bellezza presenta aspetti di disordine e di male? È governato da Dio o da un destino cieco? Il male può ricevere un senso?
Dio ha creato «il cielo e la terra» (Gen 1,1), cioè l’universo, tutto ciò che esiste fuori di lui. Il mondo creato è buono e bello, nelle singole creature e ancor più nella loro interdipendenza e nell’ordine complessivo: «Quanto sono grandi, Signore, le tue opere! Tutto hai fatto con saggezza» (Sal 104,24). Il solo fatto che una cosa o una persona esista è segno che è amata: «Tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure creata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non vuoi?» (Sap 11,24-25). Dio non dimentica neppure l’erba del campo e i piccoli uccelli del cielo
![]() Le creature ricevono il dono di esistere e quello di agire. Dio fa sì che le cose si facciano, interagiscano tra loro e cooperino con lui. Crea un mondo buono e bello, ma incompiuto, perché possa muoversi attivamente verso la perfezione definitiva: un mondo complesso, dinamico, misterioso. La parte più elevata di esso è costituita da soggetti personali, gli uomini e gli angeli, in grado di tendere al fine liberamente e di interpretare e governare le altre creature.
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La persona umana
[366]
«Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Gen 1,27). Unico tra le creature visibili, l’uomo è fatto a immagine di Dio, capace di dialogare con lui, di conoscerlo e di amarlo. Soggetto consapevole di sé, libero e aperto all’infinito, si conosce, si interroga, si possiede, si dona. Soggetto corporeo e sessuato, riceve e trasmette la vita in un tessuto di relazioni, nell’unità del genere umano
![]() | CdA, 801 CONFRONTAVAI |
Origine dell’uomo
[367]
L’uomo è tratto dalla terra e partecipa del mondo materiale; ma riceve direttamente da Dio il soffio della vita spirituale
![]() ![]() Cf.San Leone IX,Congratulamurvehementer - DS685; Pio XII,Humani generis - DS3896. | |
Creazione degli angeli
[368]
Dio ha creato anche gli angeli
![]() Cf.Concilio Lateranense IV,Costituzione 1 “De fide catholica” - DS800; Concilio Vaticano I,Dei Filius, I e Canoni I, 5 - DS3002; 3025. ![]() Cf.Pio XII,Humani generis - DS3891. ![]() | |
Provvidenza divina
[369]
Dio dirige tutte le cose alla perfezione definitiva. A ognuna dà consistenza, energia, identità, fine e leggi proprie; insieme le compone in un ordine dinamico globale, «con misura, calcolo e peso» (Sap 11,20). Ed esse, con la loro singolarità e con l’interdipendenza reciproca, celebrano la sua sapienza e il suo amore.
Soprattutto, la Provvidenza divina conduce la storia dell’uomo, perché possa conseguire la meta della sua vocazione. Il Padre veglia con premurosa sollecitudine su tutti e su ciascuno. Dal principio alla fine la Bibbia attesta la coerente attuazione del suo mirabile disegno di salvezza, incentrato in Cristo. Singole vicende, come quelle di Giuseppe venduto dai fratelli, di Mosè salvato dalle acque, di Tobia accompagnato dall’angelo, si offrono, a una lettura di fede, come segni incoraggianti della sua vicinanza. Il credente sa di poter andare avanti con fiducia: «Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla... Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome. Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me» (Sal 23,13-4).
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Lo scandalo del male
[370] La fede nella Provvidenza è messa a dura prova dallo scandalo del male: dov’è Dio, quando i cataclismi della natura, le guerre, la fame e le malattie fanno strage di intere popolazioni? perché i giusti e gli innocenti soffrono, mentre i malvagi trionfano?
La protesta ha assunto, fin dall’antichità, una forma logica serrata con il filosofo Epicuro: «Dio o vuole togliere il male e non può; o può e non vuole; o non vuole e non può; o vuole e può. Se vuole e non può, è debole; se può e non vuole, è malevolo; se non vuole e non può, è malevolo e debole; se vuole e può, come si addice a lui, perché esiste il male e Dio non lo elimina?»
![]() Lattanzio,Dio è impassibile?, 13. Occorre una risposta articolata. Ma viene subito in mente un’osservazione: Dio è misterioso e le sue vie rimangono nascoste, ma negare Dio significa rinunciare alla speranza di superare il male, rassegnarsi alla sconfitta definitiva.
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[371]
Nella Bibbia, il libro di Giobbe demolisce le facili spiegazioni
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Per quali vie si espande la luce, si diffonde il vento d’oriente sulla terra?... Ha forse un padre la pioggia? O chi mette al mondo le gocce della rugiada?... Vai tu a caccia di preda per la leonessa e sazi la fame dei leoncini, quando sono accovacciati nelle tane o stanno in agguato fra le macchie? Chi prepara al corvo il suo pasto, quando i suoi nati gridano verso Dio e vagano qua e là per mancanza di cibo?» (Gb 38,4-922242839-41). Dio è infinitamente grande e non c’è da sorprendersi che risulti anche misterioso. Sono fuori luogo sia i tentativi di giustificarlo, sia quelli di accusarlo. L’atteggiamento corretto davanti a lui è l’umile e fiducioso abbandono: «Comprendo che puoi tutto e che nessuna cosa è impossibile per te» (Gb 42,2).
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L’origine del male
[372] Tuttavia il male ci investe da ogni parte, in molte forme: disgrazie, violenze, malattie, miseria, oppressione, ingiustizia, solitudine, morte. Non possiamo evitare la domanda: da che cosa dipende questa infelice situazione? perché l’uomo è soggetto alla sofferenza?
Molti mali derivano senz’altro dai limiti naturali, dall’inserimento nel mondo. Partecipando a un processo evolutivo globale, l’uomo nasce, si trasforma e muore come gli altri esseri della natura. Può ricevere la vita solo a frammenti.
La precarietà della condizione creaturale viene poi aggravata da innumerevoli colpe personali, che procurano più o meno direttamente una infinità di guai, a sé e agli altri: basti ricordare i danni recati alla salute, le storture della convivenza sociale, le guerre.
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[373] Questa solidarietà negativa non solo inclina a commettere i peccati personali, che causano molte sofferenze, ma impedisce di integrare nella vita, in maniera significativa, i dolori che provengono dagli altri uomini e dai limiti inerenti alla natura. Molte volte, più che il soffrire pesa il soffrire inutilmente, senza un significato. L’universale alienazione da Dio priva l’animo della forza e della gioia, che deriverebbero da un’intensa comunione con lui e sarebbero capaci di riempire e trasfigurare le stesse esperienze dolorose.
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[374]
Secondo l’intenzione del Creatore, l’uomo dovrebbe vivere in un paradiso terrestre
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[375] L’esperienza del male come tale trova dunque la sua origine nel peccato degli angeli e degli uomini, non in Dio. Il Signore crea un mondo in divenire, in cui le creature possano muoversi attivamente e liberamente verso la perfezione. Ciò comporta che innumerevoli esseri vengano continuamente distrutti, perché altri possano vivere, e che gli angeli e gli uomini possano peccare. Dio prende sul serio la libertà delle sue creature, fino a permettere che gli si ribellino. Agisce in modo simile a una madre, che, sia pure con intima sofferenza, espone il suo bambino al rischio di cadere a terra, perché impari a camminare.
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[376]
Dio non impedisce il male; ma ne trae il bene. Il suo atteggiamento si rivela definitivamente nella croce di Gesù Cristo. Egli ama appassionatamente gli uomini, fino a prendere su di sé il peso della loro miseria come fosse la propria. È vicinissimo anche quando sembra assente. Dal delitto più grande, che è la crocifissione di Gesù, trae il più grande bene, che è la sua risurrezione e la nostra redenzione. Fa crescere nella prova l’amore più puro, che riscatta i peccatori dalle loro colpe. Conduce infine alla vittoria e alla liberazione completa: Cristo «vince il peccato con la sua obbedienza fino alla morte e vince la morte con la sua risurrezione»
![]() Giovanni Paolo II,Salvifici doloris, 14. ![]() A.Manzoni,I promessi sposi, 8. | |
[377] Dio ha creato un mondo buono, in cammino verso la perfezione definitiva, con gli angeli e gli uomini capaci di muoversi e orientarsi liberamente.
La divina Provvidenza guida il cammino di tutte le creature con sapienza e amore.
Il male dipende in definitiva dall’abuso della libertà da parte delle persone create.
Dio non fa il male; non lo impedisce, perché rispetta la libertà; lo fa servire al bene. «Sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!» (Rm 11,33).
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[708]
Al peccatore che manifesta il suo pentimento mediante la confessione dei peccati e l’accettazione di un impegno di penitenza, Dio concede il suo perdono attraverso l’assoluzione data dal sacerdote
![]() Cf. Rito della penitenza, Premesse, 6. ![]() ![]() ![]()
Il sacerdote, come il Signore Gesù, è fratello che comprende, medico che cura, maestro che insegna la strada, giudice che lega e scioglie. L’assoluzione che egli dà, è riconciliazione con Dio e con la Chiesa, come insegna il concilio Vaticano II: «Coloro che si accostano al sacramento della penitenza ottengono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese a lui arrecate e la riconciliazione con la Chiesa che hanno ferito col loro peccato»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 11. Il peccato è offesa all’amore di Dio e insieme danno arrecato, direttamente o indirettamente, alla Chiesa: è quindi ragionevole che la riconciliazione con Dio sia congiunta alla riconciliazione con la Chiesa; è ragionevole che si debba ricorrere al sacerdote che la rappresenta. Di più, la presenza del sacerdote indica che la giustificazione è dono che si riceve, non traguardo che si conquista. Non ci si battezza da soli e non ci si assolve da soli: un peccatore non può darsi la vita nuova dei figli di Dio, come un morto non può risuscitare se stesso.
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Risposta implicita
[803]
L’appello di Dio risuona anche nel cuore dei non credenti. Anche loro infatti avvertono l’imperativo morale fondamentale: fa’ il bene, evita il male. Lo avvertono come obbligatorio e non solo come ragionevole. Anche quando non c’è un vantaggio personale verificabile, anche quando si tratta con uomini tutt’altro che amabili, si deve fare il bene e non il male. Implicitamente tutti intuiscono che i valori morali sono oggettivi e sono situati nella prospettiva del Bene assoluto che esige obbedienza. Se obbediscono, seguono la chiamata di Dio e accolgono la grazia di Cristo, anche senza saperlo, perché «la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina»
![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 22. Il cristiano nutre sincera stima per tutti gli uomini di buona volontà; vede in loro dei compagni di viaggio verso la stessa mèta; è disposto a costruire con loro una convivenza giusta e fraterna. Egli rimane però sempre fedele alla propria identità; anzi sollecita con rispetto l’onestà morale a svilupparsi nella direzione della fede esplicita e consapevole.
| CCC, 1954-1960 |
L’antica alleanza
[805] Chiamati a prendere parte alla vita di Dio, dobbiamo renderci consapevoli di che cosa comporti propriamente questa partecipazione.
Nelle diverse religioni il rapporto con Dio a volte assume la forma
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La forma arcaica da cui si parte è quella di un patto di vassallaggio. Con questa figura, presa dall’esperienza sociale e giuridica, si vuole indicare una speciale reciproca appartenenza tra Dio e Israele. Dio fa dono di una sua particolare presenza e promette benedizione, prosperità, pace: «Camminerò in mezzo a voi, sarò vostro Dio e voi sarete il mio popolo» (Lv 26,12). Israele da parte sua si obbliga a rispondere con la fede e il culto esclusivo, con l’obbedienza alla legge: «Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!» (Es 19,8). Il patto, stabilito mediante Mosè
![]() | CCC, 62-64CCC 2060 |
La nuova alleanza
| CCC, 610-611CCC 1965 |
Il giudizio di Dio nella storia
[1197]
Il giudizio di Dio opera già adesso, nella storia delle persone e delle comunità, per promuovere il bene e liberare dal male. La Bibbia lo vede compiersi nei confronti dell’Egitto, di Israele, di Babilonia e delle nazioni pagane; poi, in modo decisivo, nella passione e risurrezione del Cristo: «Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori» (Gv 12,31). Ogni incontro con il Signore ha carattere di giudizio, in quanto provoca l’uomo a decidersi per lui o contro di lui e a manifestare il segreto del proprio cuore
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[1184] Da Dio Padre veniamo e a lui ritorniamo, al seguito di Cristo, sostenuti dalla grazia dello Spirito. Dio nel suo amore è giudizio, perché in rapporto a lui si definisce la nostra identità; è purificazione, perché egli completa la nostra conversione e ci rende degni di sé; è risurrezione, perché porta a perfezione l’uomo in tutte le sue dimensioni; è perdizione per chi lo rifiuta definitivamente; è paradiso, perché dona se stesso e ogni beatitudine. La sua promessa ci fa camminare saldi nella fede, come vedendo l’invisibile.
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La morte nella nostra cultura
[1185] Da sempre la morte è guardata con rispetto e timore, perché radicalmente contraria all’istinto di conservazione. Oggi, come fenomeno generale, è oggetto di attenzione e di curiosità; a volte la si banalizza, mostrandola crudamente per televisione. Si evita invece come un tabù il discorso sulla propria morte e quindi anche la domanda sul senso della propria vita. Come se non ci riguardasse da vicino!
Quanto all’aldilà, circolano molti dubbi. Nel nostro paese numerose persone, pur credendo in Dio, dichiarano di non credere nella sopravvivenza, nella risurrezione, nel paradiso, nell’inferno. Ci si preoccupa più della sofferenza, che di solito precede la morte, che non delle realtà che vengono dopo di essa. Si considera addirittura preferibile una morte improvvisa, non consapevole. Invece il vero cristiano desidera innanzitutto rendere preziosa la propria morte.
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Apparente fallimento
[1186]
Ma ha un senso la morte, o meglio l’uomo che muore? All’apparenza sembrerebbe di no. L’uomo è tutto un desiderio di vivere e con tutto se stesso rifiuta la morte, ma essa si avvicina inesorabile. La caducità ci appartiene per natura. In un certo senso si comincia a morire quando si comincia a vivere, e si finisce di morire quando si finisce di vivere: le cellule dell’organismo si invecchiano, si perdono e non tutte vengono reintegrate; le esperienze personali si consumano in fretta. «L’uomo, nato di donna, breve di giorni e sazio di inquietudine, come un fiore spunta e avvizzisce, fugge come l’ombra e mai si ferma» (Gb 14,1-2). Prima o poi, improvvisa o preceduta da intensa sofferenza, arriva la morte. La persona sembra svanire nel nulla. Il desiderio insopprimibile di vivere sembra votato al fallimento. Di qui senso di smarrimento e di impotenza, angoscia. «Sono prigioniero senza scampo; si consumano i miei occhi nel patire» (Sal 88,9-10).
| CdA, 13-15 CONFRONTAVAI |
Conseguenza del peccato
[1187]
Anche se la caducità è naturale, la morte, vissuta come solitudine angosciosa e impotente, non rientra nel disegno della creazione: «Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi» (Sap 1,13). Appartiene invece alla condizione storica dell’umanità peccatrice, alienata dalla originaria comunione con Dio: «il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte» (Rm 5,12). Da qui derivano il suo carattere di violenza e di minaccia, il suo pungiglione velenoso
![]() | CdA, 373-374 CONFRONTAVAI |
La morte di Gesù
[1188]
Gesù, pur essendo senza peccato, ha preso su di sé la comune condizione umana. Ha provato «paura e angoscia» (Mc 14,33), «con forti grida e lacrime» (Eb 5,7). Ma si è abbandonato con fiducia alla volontà del Padre, ha offerto tutto se stesso per il bene degli uomini. Ha fatto del suo morire un atto personale pieno di senso. La risurrezione ha rivelato la fecondità della sua dedizione e ha dato solido fondamento alla speranza dei credenti. La sua testimonianza li provoca a seguirlo, fiduciosi nel Padre onnipotente e misericordioso, pieni di amore per i fratelli, pronti a credere nella vita fin dentro le tenebre della morte
| CdA, 237-239 CONFRONTAVAI |
La morte del cristiano
[1189]
Il cristiano teme la morte come tutti gli uomini, come Gesù stesso. La fede non lo libera dalla condizione mortale. Tuttavia sa di non essere più solo. Obbediente all’ultima chiamata del Padre, associato a Cristo crocifisso e risorto, confortato dallo Spirito Santo, può vincere l’angoscia, a volte perfino cambiarla in gioia. Può esclamare con l’apostolo Paolo: «La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria?» (1Cor 15,54-55). Allora la morte assume il significato di un supremo atto di fiducia nella vita e di amore a Dio e a tutti gli uomini.
Il morente è una persona e il morire un atto personale, non solo un fatto biologico. Esige soprattutto una compagnia amica, il sostegno dell’altrui fede, speranza e carità. L’ambiente più idoneo per morire, come per nascere, è la famiglia, non l’ospedale o l’ospizio.
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Alleanza con Dio e retribuzione ultraterrena
[1191]
Israele, in epoca antica, sperava da Dio benedizione e prosperità per
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Più tardi la fede comincia a rischiarare anche la vita ultraterrena. Si fa strada la convinzione che l’alleanza con Dio si prolungherà dopo la morte, in modo da assicurare ai giusti una sorte felice, diversa da quella dei malvagi. «Io pongo sempre innanzi a me il Signore, sta alla mia destra, non posso vacillare. Di questo gioisce il mio cuore, esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione. Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena nella tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra» (Sal 16,8-11). «Io sono con te sempre: tu mi hai preso per la mano destra. Mi guiderai con il tuo consiglio e poi mi accoglierai nella tua gloria. Chi altri avrò per me in cielo? Fuori di te nulla bramo sulla terra. Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma la roccia del mio cuore è Dio, è Dio la mia sorte per sempre. Ecco, perirà chi da te si allontana, tu distruggi chiunque ti è infedele. Il mio bene è stare vicino a Dio: nel Signore Dio ho posto il mio rifugio» (Sal 73,23-28). C’è dunque un premio per i giusti e un castigo per gli empi già subito dopo la morte, anche se la retribuzione completa si avrà nel giorno dell’ultimo giudizio e della risurrezione. «La morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono. Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero; la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace... Nel giorno del loro giudizio risplenderanno; come scintille nella stoppia, correranno qua e là. Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli e il Signore regnerà per sempre su di loro» (Sap 2,24-3,8).
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Comunione con Gesù e vita eterna
[1192]
Gesù, nella parabola del ricco cattivo e del povero Lazzaro come anche nella promessa al ladrone pentito, mostra di condividere la stessa concezione
![]() | CCC, 1020 |
[1193]
La Chiesa dei primi tempi vive questa gioiosa certezza. Stefano, mentre viene ucciso, esclama: «Signore Gesù, accogli il mio spirito» (At 7,59). Paolo è ancora più esplicito: sia che viviamo, sia che moriamo, apparteniamo al Signore e viviamo insieme a lui; sulla terra ci troviamo in esilio, perché non possiamo vederlo
![]() ![]() ![]() | CdA, 242 CONFRONTAVAI CdA 753 CONFRONTAVAI |
la vita non è tolta
[1194]
Nel corso dei secoli, la Chiesa, con l’invocazione dei santi e il suffragio per i defunti, ha mostrato di credere che i morti vivono ancora e «la vita non è tolta, ma trasformata»
![]() Messale Romano, Prefazio dei defunti I. ![]() Cf. Benedetto XII, Benedictus Deus - DS 1000-1002. ![]() Cf. Concilio Lateranense V, Costituzione “Apostolici regiminis” - DS 1440. | |
[1195] Possiamo concludere che dopo la morte sopravvive l’io personale, dotato di coscienza e di volontà. Se si vuole chiamarlo “anima”, bisogna intendere questa parola alla maniera biblica. Esso perde il corpo, cioè l’insieme dei suoi rapporti sensibili con il mondo naturale e umano, ma continua a sussistere nella sua singolarità, in attesa di raggiungere la completa perfezione, al termine della storia, con la risurrezione. Se, come dicono i testimoni di Geova, la morte fosse un annientamento e la risurrezione una seconda creazione dal nulla, allora l’uomo risorto non sarebbe più identico all’uomo terreno: potrebbe magari essere una copia uguale in tutto, ma non sarebbe lo stesso uomo, lo stesso io personale irripetibile.
Il soggetto umano percorre una vicenda lineare di partecipazione alla vita del Signore risorto. Comincia a risuscitare già adesso sulla terra con un’esistenza di fede e di carità: «Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli» (1Gv 3,14). Al termine della sua vita terrena passa a un’esistenza ancora più alta, dando la sua adesione definitiva a Dio, senza più pericolo di perderlo. Infine, al termine della storia, la risurrezione si estenderà alla dimensione corporea e cosmica.
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Il giudizio di Dio nella storia
[1197]
Il giudizio di Dio opera già adesso, nella storia delle persone e delle comunità, per promuovere il bene e liberare dal male. La Bibbia lo vede compiersi nei confronti dell’Egitto, di Israele, di Babilonia e delle nazioni pagane; poi, in modo decisivo, nella passione e risurrezione del Cristo: «Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori» (Gv 12,31). Ogni incontro con il Signore ha carattere di giudizio, in quanto provoca l’uomo a decidersi per lui o contro di lui e a manifestare il segreto del proprio cuore
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[1198]
La giustizia di Dio, rivelata in Cristo, è diversa da quella degli uomini: vuole rendere giusto anche chi non lo è; offre a tutti la sua grazia, indipendentemente dai meriti, perché possano convertirsi. Ma la conversione deve avvenire, altrimenti ci si esclude dalla salvezza
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Il giudizio definitivo
[1199]
Il giudizio opera già in questo mondo, ma va verso un momento supremo: «Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male» (2Cor 5,10). È il giudizio definitivo, che per le singole persone avviene al termine della vita terrena (“giudizio particolare”) e per il genere umano, nel suo insieme, al termine della storia (“giudizio universale”).
| CdA, 1215-1216 CONFRONTAVAI |
La retribuzione personale al termine della vita
[1200]
La sopravvivenza dei defunti non è indifferenziata, ma felice per i giusti, triste per i malvagi. Lo indicano la parabola del ricco e del
![]() ![]() ![]() Cf. Benedetto XII, Benedictus Deus - DS 1000-1002.; Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Greci “Laetentur caeli” - DS 1305-1306.; Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 48. | |
Giudizio di Dio e autogiudizio
[1201]
Solo nella comunione con Cristo la vita è autentica; su di lui si misura ciò che vale e ciò che non vale. Le cose terrene, cercate in modo disordinato e con tanta fatica, riveleranno la loro inconsistenza, come pula o fumo portati dal vento, come traccia lasciata da una nave sul mare o da una freccia nell’aria
![]() | CdA, 246 CONFRONTAVAI CdA 257 CONFRONTAVAI CdA 354-355 CONFRONTAVAI CdA 802 CONFRONTAVAI CdA 928 CONFRONTAVAI |
Cristianesimo e reincarnazione
[1202]
La vita terrena è breve e preziosa. Ci è concessa per maturare la scelta di Dio, una scelta definitiva, irreversibile. Si vive e si muore una sola volta
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L’uomo, consapevole dei suoi difetti, può morire ugualmente
![]() Purtroppo l’idea della reincarnazione seduce molti. In occidente essa si presenta come possibilità di progresso spirituale indefinito, mettendo a frutto le esperienze fatte in precedenti esistenze. Questa interpretazione contraddice la dottrina orientale originaria, che considera il ciclo delle rinascite un male, una dura necessità da cui liberarsi. D’altra parte essa appare senza fondamento. Dove sono i ricordi delle precedenti esistenze? Dove sono le esperienze acquisite? Come possiamo servircene, se neppure le ricordiamo?
| CdA, 588 CONFRONTAVAI CdA 592 CONFRONTAVAI CdA 595 CONFRONTAVAI |
[1203] Dio è nostro giudice in quanto è la nostra vita e il nostro bene. Donandosi a noi nell’amore, ci provoca a scegliere: o con lui o contro di lui.
La nostra scelta diventa irreversibile e si manifesta pienamente nell’ora della morte.
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Purificazione dei defunti e suffragi
[1204]
Siamo chiamati a conformarci sempre più a Cristo, crescendo nella carità, orientando al bene tutte le nostre energie, purificandoci dai
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Ma l’esistenza terrena può non bastare. Chi al termine di essa non è in piena sintonia con il Signore Gesù, dovrà proseguire la propria liberazione dal peccato, per essere «senza macchia né ruga» (Ef 5,27) come tutta la Chiesa, che Cristo introduce alla presenza immediata del Padre. Tutto in noi deve essere degno della sua compiacenza. Si chiama purgatorio la completa purificazione dal peccato di quanti muoiono in grazia di Dio, ma non sono ancora pronti per la comunione perfetta e definitiva con lui.
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[1205]
Poco prima dell’era cristiana si diffuse nel mondo ebraico l’intercessione per la purificazione dei defunti, rimasti sostanzialmente fedeli all’alleanza ma con qualche incoerenza: Giuda Maccabeo, dopo una battaglia, fa pregare e manda ad offrire un sacrificio al tempio, perché i caduti siano purificati dai peccati, in vista della risurrezione nell’ultimo giorno
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Il cristianesimo antico, in continuità con la tradizione ebraica, coltiva la pietà verso i defunti: preghiera, elemosina, digiuno e soprattutto celebrazione dell’eucaristia. Col volgere dei secoli si sovrappongono credenze popolari e vivaci rappresentazioni riguardanti il luogo, la durata e la natura del purgatorio. Ma l’insegnamento del magistero ecclesiale si mantiene estremamente sobrio e si può così riassumere: al termine di questa vita terrena, è concessa ai defunti, che ne hanno ancora bisogno, una purificazione preliminare alla beatitudine celeste, nella quale possono essere aiutati dai suffragi della Chiesa e dei singoli cristiani, soprattutto dalla santa Messa
![]() Cf. Concilio di Lione II, Professione di fede dell’imperatore Michele Paleologo - DS 856.; Concilio di Firenze, Bolla di unione degli Armeni “Exsultate Deo” - DS 1324.; Concilio di Trento, Sess. VI, Decr. Sulla giustificazione, Can. 30 - DS 1580.; Id., Sess. XXV, Decr. Sul purgatorio - DS 1820. | |
Bisogno di perfezione
[1206]
Se consideriamo l’infinita santità di Dio, appare del tutto ragionevole che la perfetta comunione con lui in Cristo comporti un rinnovamento assai più esigente di quello che ci è dato osservare ordinariamente nelle stesse persone generose e impegnate. Occorre un risanamento totale. Solo l’amore gratuito del Padre, che ci raggiunge per mezzo di Cristo nello Spirito, può guarire la nostra personalità, come il fuoco affina l’oro e l’argento. Esso provoca nell’uomo, oltre la gioia di avvicinarsi a Dio, la sofferenza di non essergli pienamente conforme. È una sofferenza che nasce dall’amore e, come tale, è assolutamente diversa da quella dei dannati che nasce dall’odio. Il purgatorio non è un inferno temporaneo; la purificazione non ha niente a che fare con la perdizione.
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Intercessione solidale
[1207]
Appare ragionevole ammettere anche l’efficacia dei suffragi, se la collochiamo nel contesto dell’essenziale socialità dell’uomo, che si attua pienamente
![]() Questa solidarietà trova espressione particolare nelle esequie cristiane: con la preghiera, il rito della benedizione e soprattutto la celebrazione eucaristica accompagniamo i fratelli all’incontro con il Padre, nella luce del mistero della Pasqua di morte e risurrezione.
| CCC, 1475CCC 1683 |
Giorno del Signore e risurrezione
[1209] Sebbene ciascuno con la morte raggiunga la propria salvezza definitiva o la perdizione eterna, salvezza e perdizione diventano complete, secondo tutte le dimensioni della persona, solo alla fine del mondo.
Dio dirige la storia e la porta a termine. I profeti dell’Antico Testamento annunziano il giorno del Signore, suprema manifestazione della sua gloria su tutta la terra, per punire i nemici, per purificare e salvare i fedeli. Sarà vittoria totale, separazione definitiva del bene dal male.
Sullo sfondo di questa attesa emerge progressivamente la fede nella risurrezione dei morti: «Quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna» (Dn 12,2). I sette fratelli, di cui narra il secondo Libro dei Maccabei, muoiono con la certezza di essere risuscitati da Dio nell’ultimo giorno.
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[1210]
L’insegnamento di Gesù conferma la fede nella risurrezione: «A riguardo dei morti che devono risorgere, non avete letto nel libro di Mosè, a proposito del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e di Giacobbe? Non è un Dio dei morti ma dei viventi!» (Mc 12,26-27). Alla risurrezione sarà congiunto il giudizio universale, separazione del buon grano dalla zizzania
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Dalla risurrezione di Gesù alla nostra
[1211]
La vittoria di Dio si compie per mezzo del Signore Gesù; il giorno di Dio è il «giorno del Signore nostro Gesù Cristo» (1Cor 1,8). La risurrezione dei giusti è un prolungamento della sua, perché «tutti riceveranno la vita in Cristo» (1Cor 15,22). «Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. E se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo Spirito è vita a causa della giustificazione. E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi» (Rm 8,9-11). Gli stessi reprobi, nella misura in cui ne sono capaci, ricevono da Cristo l’energia per vivere e operare, ma in loro tutto è stravolto a causa del peccato: la loro “risurrezione” merita piuttosto il nome di «seconda morte» (Ap 20,14).
| CdA, 1175-1176 CONFRONTAVAI |
[1212]
Il legame tra la risurrezione di Gesù e la nostra è così stretto, che i primi cristiani ne arguirono, a torto, che avvenuta l’una fosse ormai imminente anche l’altra. Presto si accorsero che il “giorno del Signore” tardava a venire. Ma non si scandalizzarono: «davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo» (2Pt 3,8). Rimase il desiderio che il disegno di Dio si compisse e l’urgenza interiore di cooperare con lui.
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Quale corpo?
[1213]
Sempre il cuore dei credenti rimane proteso verso l’ultima perfezione. Non arriva però a raffigurarla nei suoi lineamenti. Il Nuovo Testamento, pur mettendo la risurrezione al centro della fede, non la descrive mai nelle sue modalità concrete. Alla richiesta esplicita: «Come risuscitano i morti? Con quale corpo?» (1Cor 15,35), l’apostolo Paolo risponde che risuscitano con un corpo identico a quello attuale e nello stesso tempo diverso. Muore il chicco di grano e rinasce come pianticella. Il corpo umano, che ora è debole, corruttibile e gravato di limiti, risorgerà incorruttibile, trasfigurato dalla forza dello Spirito Santo a immagine del Cristo glorioso
![]() ![]() | CdA, 269-270 CONFRONTAVAI |
[1214]
Sebbene non si possa immaginare la condizione del corpo glorificato, tuttavia dobbiamo ritenere che essa comporti ancora un legame con il mondo materiale, anzi la perfezione definitiva del rapporto con il mondo. L’uomo e il mondo si appartengono reciprocamente; perciò la creazione sarà «liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21).
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Salvezza totale e perdizione totale
[1215]
Nel corso dei secoli il magistero della Chiesa ha proclamato molte volte la fede nella risurrezione dei morti e nel giudizio universale. Così si esprime il concilio Lateranense IV: «Gesù Cristo... verrà alla fine dei tempi per giudicare i vivi e i morti e renderà a ciascuno secondo le proprie opere, sia ai reprobi che agli eletti. Tutti risorgeranno con i propri corpi, gli stessi di adesso, per ricevere ciascuno secondo le loro opere, cattive o buone, gli uni la pena eterna con il diavolo, gli altri con Cristo la gloria eterna»
![]() Concilio Lateranense IV, Costituzione1 “De fide catholica” - DS 801. | |
[1216]
A ben riflettere, risurrezione di vita e risurrezione di condanna sembrano coincidere con il giudizio universale, in quanto significano la salvezza e la perdizione dell’uomo nella sua totalità, comprese le dimensioni comunitaria e cosmica. Si tratta di un solo avvenimento, conclusivo della storia umana, l’ora della messe
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Tragica possibilità
[1218]
La nostra libertà ha una drammatica serietà: siamo chiamati alla vita eterna, ma possiamo cadere nella perdizione eterna. «Davanti agli uomini stanno la vita e la morte; a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà» (Sir 15,17). Dio vuole che tutti siano salvati e vivano come suoi figli in Cristo
![]() ![]() | CdA, 42 CONFRONTAVAI CdA 381-382 CONFRONTAVAI CdA 575 CONFRONTAVAI |
Pena eterna
[1219]
La pena dell’inferno è per sempre: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno... E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna» (Mt 25,4146). «Il loro verme non muore e il fuoco non si estingue» (Mc 9,48)
![]() ![]() Cf. Formula “Fides Damasi” - DS 72.; Sinodo di Costantinopoli, Condanne contro Origene, Can. 9 - DS 411.; Concilio Lateranense IV, Costituzione1 “De fide catholica” - DS 801. | |
Perdita definitiva della comunione con Dio
[1220]
In che cosa consiste questa pena? La Bibbia per lo più si esprime con immagini: Geenna di fuoco
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[1221]
Non si tratta di annientamento per sempre. Lo escludono i testi biblici sopra riportati, che indicano una sofferenza eterna e altri che affermano la risurrezione degli empi. Lo esclude la fede nella sopravvivenza personale, definita dal concilio Lateranense V
![]() Cf. Concilio Lateranense V, Apostolici regiminis - DS 1440. | |
[1222]
Piuttosto la pena va intesa come esclusione dalla comunione con Dio e con Cristo: «Allontanatevi da me voi tutti operatori d’iniquità!» (Lc 13,27). «Costoro saranno castigati con una rovina eterna, lontano dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza» (2Ts 1,9). L’esclusione però non è subita passivamente: con tutto se stesso, a somiglianza degli angeli ribelli, il peccatore rifiuta l’amore di Dio: «Ogni peccatore accende da sé la fiamma del proprio fuoco. Non che sia immerso in un fuoco acceso da altri ed esistente prima di lui. L’alimento e la materia di questo fuoco sono i nostri peccati»
![]() Origene, I principi, 2, 10, 4.
Il dannato soffre, ma si ostina nel suo orgoglio e non vuole essere perdonato. Il suo tormento è collera e disperazione, «stridore di denti» (Lc 13,28), lacerazione straziante tra la tendenza al bene infinito e l’opposizione ad esso.
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Rifiuto della creazione
[1223]
Rifiutando Dio, si rifiutano anche gli altri uomini e l’intera creazione. Più l’opera di Dio è bella, più il peccatore la trova insopportabile: sebbene l’aria sia limpida e luminosa, il pesce vi rimane asfissiato. Mentre nella vita terrena era possibile rinunciare a Dio e avere soddisfazioni dalle creature, ora da nessuna parte si può trovare refrigerio e rifugio, «come quando uno fugge davanti al leone e s’imbatte in un orso; entra in casa, appoggia la mano sul muro e un serpente lo morde» (Am 5,19). L’inferno è dunque la sofferenza di non poter amare nessuna cosa, il rifiuto totale e definitivo di Dio, degli altri, del mondo e di se stessi, in contraddizione con la vocazione originaria a vivere in comunione. I reprobi sono uomini falliti, stravolti in tutta la loro personalità.
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Indiretta testimonianza della grandezza di Dio
[1224]
Tuttavia, con il loro stesso rifiuto, i dannati manifestano ancora la grandezza della libertà che ricevono in dono, e quindi la grandezza del Creatore. Con il loro tormento affermano la meravigliosa bellezza della grazia che non accettano, la potenza dell’amore che li attrae e che respingono. Come si può intuire, il male è integrato anch’esso nella gloria di Dio: anche se non è soppresso, è vinto per sempre. Tutti vengono da Dio e tutti tornano a lui, o nell’amore o nel terrore: «Dio è unito a tutti, secondo la disposizione intima di ogni persona»
![]() San Massimo il Confessore,A Talassio, 59. | |
Immagini della beatitudine
[1226]
La suprema perfezione e felicità è ineffabile. Per evocarla, la Bibbia si serve di immagini derivate dalle esperienze più gratificanti: cielo, città di pietre preziose, giardino, convito
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Incontro immediato con Dio uno e trino, totale comunione con gli altri, armoniosa integrazione con il mondo: ecco la meta, verso cui gli uomini sono incamminati. «Stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo santuario; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro. Non avranno più fame, né avranno più sete, né li colpirà il sole, né arsura di sorta, perché l’Agnello che sta in mezzo al trono sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita» (Ap 7,15-17). «Vidi un nuovo cielo e una nuova terra... Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: “Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il Dio-con-loro. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate”. E Colui che sedeva sul trono disse: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”» (Ap 21,1-5). «La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello... Il trono di Dio e dell’Agnello sarà in mezzo a lei e i suoi servi lo adoreranno; vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome sulla fronte... e regneranno nei secoli dei secoli» (Ap 21,2322,3-5).
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Comunione immediata con Dio
[1227]
Per inaudita condiscendenza del suo amore, Dio che abita «una luce inaccessibile» (1Tm 6,16) si china sull’uomo e lo innalza fino all’immediatezza della sua presenza. Prima ci viene incontro nella storia con l’incarnazione del Figlio e l’effusione dello Spirito, ci rende suoi figli e ci dispone a entrare nella sua intimità; poi, dopo la morte, perfeziona in noi la vita di grazia e apre il nostro spirito, perché possiamo vederlo e amarlo direttamente come è in se stesso. «Noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è» (1Gv 3,2).
Il cielo cresce nel seno della terra. Un bambino nel grembo materno è già dotato di intelligenza e volontà, ma deve crescere, perché possa effettivamente intendere e volere. Così noi nella vita terrena siamo già assimilati a Dio, orientati e uniti a lui mediante la grazia santificante, la fede, la speranza e la carità, ma occorre un ulteriore sviluppo perché possiamo incontrarlo in modo manifesto: «Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto» (1Cor 13,12).
Il magistero della Chiesa precisa che Dio si offrirà a noi direttamente senza il tramite di alcuna creatura e ci introdurrà nel segreto della vita trinitaria. I beati «vedono chiaramente Dio, uno e trino, come egli è, più o meno perfettamente a seconda dei loro meriti»
![]() Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Greci “Laetentur caeli” - DS 1305.
La comunione immediata di conoscenza e di amore coronerà la vicinanza inaugurata nella storia. Saremo associati pienamente a Cristo risorto dallo Spirito Santo e accolti con lui presso il Padre: «Per mezzo di lui possiamo presentarci... al Padre in un solo Spirito» (Ef 2,18). Si realizzerà per intero la preghiera del Signore Gesù: «Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità» (Gv 17,23). Non è pensabile per l’uomo un destino più alto della visione beatifica: partecipare alla comunione trinitaria; conoscere, amare, essere felici come Dio conosce, ama, è felice.
| CdA, 313 CONFRONTAVAI CdA 348 CONFRONTAVAI CdA 808 CONFRONTAVAI |
[1228]
Nella beatitudine celeste, come già nel cammino terreno, sarà sempre Gesù Cristo la porta di accesso al Padre. Il Signore crocifisso e risorto, comunicando in modo definitivo il suo Spirito, ci unirà perfettamente a sé e ci renderà pienamente figli di Dio, capaci di vedere il Padre «come egli è» (1Gv 3,2). Dio «sarà visto nel regno dei cieli nella pienezza della sua paternità. Lo Spirito infatti prepara gli uomini nel Figlio. Il Figlio li conduce al Padre. Il Padre dona l’incorruttibilità e la vita eterna, che derivano dalla visione di Dio»
![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 4, 20, 5. | |
Assemblea festosa
[1229]
Il compimento in Dio comporta la comunione universale con gli uomini e gli angeli fedeli
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Armonia cosmica
[1230]
La salvezza, poiché riguarda l’uomo intero, include anche un nuovo rapporto con il mondo, un’armonia e una presenza nuova
![]() ![]() Cf. Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 5, 32, 1; San Tommaso d’Aquino, Somma contro i gentili, IV, 7. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 48. ![]() ![]() Sant’Ambrogio, Commento al Vangelo secondo Luca, 10, 121. | CCC, 1046-1047 |
Piena attuazione personale
[1231]
Introdotti con Cristo nel mistero della Trinità divina, saremo pienamente noi stessi. La perfezione non comporterà un assorbimento del proprio io in un tutto indistinto, ma uno stare insieme nella conoscenza e nell’amore reciproco. «Saremo sempre con il Signore» (1Ts 4,17). I santi formeranno una comunità di persone e non una massa collettiva senza volto. Ognuno sarà introdotto alla festa con un invito personalissimo: avrà «una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all’infuori di chi la riceve» (Ap 2,17). Anche la perfezione sarà diversa secondo i doni ricevuti nella vita terrena e la corrispondenza verso di essi. Tutti però saranno beati secondo la loro capacità e tutti si rallegreranno del bene degli altri come del proprio.
Armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stessi: nel gaudio eterno si quieterà il desiderio illimitato del cuore; sarà il riposo, la festa, il giorno del Signore senza tramonto. «Oh gioia! Oh ineffabile allegrezza! Oh vita integra d’amore e di pace! Oh senza brama sicura ricchezza!»
![]() Dante Alighieri, Paradiso, XXVII, 7-9. | CCC, 1045 |
Meravigliosa rivelazione
[1233]
«Disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”» (Gv 14,6).
Il Signore Gesù è l’unica via per arrivare al Padre, perché è la rivelazione di Dio in questo mondo e la comunicazione della sua vita agli uomini. È la via, perché è anche la meta: «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30).
L’originalità del cristianesimo è proprio questa: Dio si è fatto uomo e ci chiama a vivere eternamente con sé; si è donato nella storia, perché vuole donarsi nell’eternità. Le altre religioni intuiscono che esiste la divinità, sorgente misteriosa di ogni cosa; avvertono che, dopo la morte, ci deve essere un premio per i giusti e un castigo per i malvagi. Ma sono lontane dal pensare che Dio abbia condiviso personalmente la nostra condizione umana, legandosi a noi per sempre, e che il premio destinato ai giusti sia la partecipazione alla vita stessa di Dio.
| CdA, 38 CONFRONTAVAI |
Lieti nella speranza
[1234]
«Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri» (1Gv 4,11). Se crediamo che Dio è arrivato a dare il Figlio unigenito e lo Spirito Santo per attirarci a sé, dobbiamo anche noi amare senza misura e costruire la Chiesa come comunità di carità al servizio di tutto il mondo. Cristo è la via «nuova e vivente» (Eb 10,20) da seguire e la meta dove incontreremo il Padre. Lo Spirito Santo ci unisce sempre più a lui e ci rende «lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli» (Rm 12,12-13). «Canta dunque come il viaggiatore, canta e cammina, senza deviare, senza indietreggiare, senza voltarti. Qui canta nella speranza, lassù canterai nel possesso. Questo è l’alleluia della strada, quello l’alleluia della patria»
![]() Sant’Agostino, Discorsi, 256, 3. | |