CATECHISMO DEGLI ADULTI
INDICE TEMATICO
A
Abbà, Aborto, Abramo, Adorazione, Adulterio, Aldilà, Alleanza, Ambiente, Amore, Anàmnesi, Angeli, Angoscia, Anima, Anno liturgico, Annuncio, Antico Testamento, Anziani, Apostolato, Apostoli, Apparizioni, Armi, Arte, Ascensione, Ascesi, Assemblea, Associazioni ecclesiali, Assoluzione, Ateismo, Attrizione, Autoerotismo, Autorità, Avvento, Azione Cattolica,
B
C
Canone biblico, Carattere sacramentale, Carisma, Carità, Castità, Catechesi, Catechismo, Catecumenato, Cattolico, Celibato, Cena, Chiesa, Cibo, Civiltà cristiana, Collegialità episcopale, Collettivismo, Comandamenti, Comunicazione, Comunione, Comunità, Concilio, Concupiscenza, Confermazione, Confessione, Conoscenza di Dio, Consacrazione, Consigli evangelici, Contraccezione, Contrizione, Conversione, Coppia, Corpo, Coscienza, Creazione, Credo, Cresima, Criminalità, Cristo, Critica, Croce, Culto, Cultura, Cuore,
Canone biblico
Carattere sacramentale
Carisma
Carità
Castità
Catechesi
Catechismo
Catecumenato
Cattolico
Celibato
Cena
Chiesa
Carattere sacramentale
Carisma
Carità
Castità
Catechesi
Catechismo
Catecumenato
Cattolico
Celibato
Cena
Chiesa
Cibo
Civiltà cristiana
Collegialità episcopale
Collettivismo
Comandamenti
Comunicazione
Comunione
Comunità
Concilio
Concupiscenza
Confermazione
Confessione
Civiltà cristiana
Collegialità episcopale
Collettivismo
Comandamenti
Comunicazione
Comunione
Comunità
Concilio
Concupiscenza
Confermazione
Confessione
Conoscenza di Dio
Consacrazione
Consigli evangelici
Contraccezione
Contrizione
Conversione
Coppia
Corpo
Coscienza
Creazione
Credo
Cresima
Consacrazione
Consigli evangelici
Contraccezione
Contrizione
Conversione
Coppia
Corpo
Coscienza
Creazione
Credo
Cresima
D
E
F
G
I
Idolatria, Illuminismo, Imitazione, Immagini sacre, Immortalità, Impegno, Impresa, Impurità, Incarnazione, Incesto, Indissolubilità, Individuo, Induismo, Indulgenze, Infallibilità, Inferi, Infermi, Inferno, Iniziazione cristiana, Inquinamento ambientale, Intenzione fondamentale, Intercessione, Interpretazione, Invocazione, Islam, Ispirazione, Israele, Istituti secolari,
L
M
Maestro, Magistero, Malattia, Male, Marana tha, Maria, Martirio, Masturbazione, Materia, Materialismo, Matrimonio, Mediazione, Meditazione, Memoriale, Mente, Meriti, Messa, Messia, Ministeri, Ministro, Miracoli, Misericordia, Missione, Mistero, Mistica, Monachesimo, Mondo, Monoteismo, Morale, Morte, Movimenti,
N
O
P
Pace, Padre, Paolo, Papa, Parabole, Paradiso, Parola, Parrocchia, Parusia, Pasqua, Passione, Pastori, Pazienza, Peccato, Pelagianesimo, Pena, Penitenza, Pentecoste, Perdono, Persecuzione, Persona, Piacere, Pietro, Pluralismo, Poligamia, Politeismo, Politica, Popolo, Possessione, Povertà, Predestinazione, Predicazione, Preghiera, Presbitero, Presenza, Primato, Processo, Procreazione responsabile, Profeta, Progresso, Proprietà, Prostituzione, Provvidenza, Prudenza, Pudore, Purgatorio, Purificazione, Puro,
Pazienza
Peccato
Pelagianesimo
Pena
Penitenza
Pentecoste
Perdono
Persecuzione
Persona
Piacere
Pietro
Pluralismo
Peccato
Pelagianesimo
Pena
Penitenza
Pentecoste
Perdono
Persecuzione
Persona
Piacere
Pietro
Pluralismo
Poligamia
Politeismo
Politica
Popolo
Possessione
Povertà
Predestinazione
Predicazione
Preghiera
Presbitero
Presenza
Primato
Politeismo
Politica
Popolo
Possessione
Povertà
Predestinazione
Predicazione
Preghiera
Presbitero
Presenza
Primato
Processo
Procreazione responsabile
Profeta
Progresso
Proprietà
Prostituzione
Provvidenza
Prudenza
Pudore
Purgatorio
Purificazione
Puro
Procreazione responsabile
Profeta
Progresso
Proprietà
Prostituzione
Provvidenza
Prudenza
Pudore
Purgatorio
Purificazione
Puro
R
S
Sacerdozio, Sacramentali, Sacramenti, Sacrificio, Salario, Salmi, Salute, Salvezza, Santi, Santità, Sapienza, Satana, Scienza, Scrittura Sacra, Scuola, Segno, Sentimenti, Servizio, Sessualità, Signore, Simbolo, Sindacato, Società, Soddisfazione, Sofferenza, Solidarietà, Sopravvivenza, Speranza, Spirito Santo, Spiritualità, Sport, Sposi, Stati di vita, Stato, Storia, Successione apostolica, Suffragi, Suicidio, Superstizione,
T
V
Z
Catechismo degli Adulti
Dio
18-24
, 24
, 36-39
, 24
, 26-35
, 26-27
, 28
, 29
, 30
, 31
, 32
, 33-34
, 316
, 322
, 843
, 36-37
, 42
, 43-44
, 45
, 47-51
, 52-53
, 38
, 68
, 101
, 66
, 611
, 324-335
, 165-171
, 172-175
, 197-198
, 247
, 250
, 324-327
, 328-330
, 331-332
, 333
, 334
, 284-314
, 168-169
, 213-216
, 293-296
, 297-300
, 306-314
, 336-343
, 336-337
, 338-339
, 340
, 341-342
, 316-350
, 316-323
, 321
, 344-350
, 322
, 344
, 345-347
, 348-349
, 808
, 967-969
, 2-9
, 23
, 868
, 881
, 882
, 928-929
, 957-958
, 965-969
, 984
, 108
, 129-130
, 141
, 352-357
, 401
, 358-364
, 358-377
, 708
, 803
, 805-806
, 1197
, 1184-1235
Universalità del fatto religioso
[18]
Da sempre gli uomini si interrogano circa la loro origine e il loro futuro, la vita e la morte, il bene e il male, la felicità e il dolore, il mistero profondo della realtà
Cf. Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 1.
A queste grandi domande cercano di trovare una risposta nelle religioni. Tutto il loro cammino storico si alimenta di senso religioso. Ne sono permeati costumi e tradizioni, famiglia e società, arte, musica e letteratura. Un antico scrittore greco osservava: «Se tu andassi in giro per il mondo, potresti trovare città prive di mura, che ignorano la scrittura, non hanno re, case e ricchezze, non fanno uso di monete, non conoscono teatri e palestre; ma nessuno vide né vedrà mai una città senza templi e senza divinità»
Plutarco, Contro Colote, 31. R. M. Rilke, Il libro d’ore, Il libro della vita monastica.
Perché gli uomini sono spontaneamente religiosi e arrivano a riconoscere, oltre le cose visibili, una potenza arcana, a volte anzi una divinità suprema benevola
Cf. Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2. | |
Esperienza del mistero
[19] L’uomo nasce e si sviluppa nel contesto della natura e della società. Non possiede la vita da solo: la riceve. Neppure le cose e le persone, che formano il suo ambiente vitale, sono autosufficienti: iniziano, mutano, muoiono, si condizionano reciprocamente. Da dove viene allora una così inesauribile abbondanza di energia e di bellezza? Perché sorgono realtà nuove e imprevedibili e accadono eventi straordinari, che riempiono di meraviglia? È spontaneo intuire che, oltre e dentro i fenomeni della natura e della storia, ci sia una misteriosa presenza, una potenza invisibile, da cui essi in qualche modo dipendono. È ragionevole postulare, oltre la realtà profana soggetta alla caducità e alla morte, una sfera del divino, che possieda la vita in pienezza e sia in grado di dare risposta all’umano bisogno di protezione e di sopravvivenza.
Questa potenza nascosta può essere variamente rappresentata: come energia e ordine impersonale, come una moltitudine di dèi e di spiriti, come un Essere supremo. L’uomo può nutrire il desiderio di catturarla o almeno di influenzarla per i propri scopi, ed è l’atteggiamento magico; oppure può sottomettersi e abbandonarsi fiduciosamente ad essa, attendendo come un dono la liberazione dal male e la pienezza della vita, ed è l’atteggiamento religioso. Quest’ultimo giunge coerentemente ad affermare un Dio unico o almeno un Dio supremo, buono e giusto, senza concorrenti, capace di sottomettere tutte le forze buone e cattive, visibili e invisibili, così da assicurare unità e armonia all’universo, proteggere adeguatamente la vita umana e darle un senso anche oltre la morte. Davanti a lui l’uomo prova stupore, riverenza, bisogno di purificazione; a lui chiede protezione.
| CdA, 30 CONFRONTAVAI |
Il senso religioso
[20] Il senso religioso è l’apertura al Mistero che sostiene il mondo e l’esistenza umana. Viene vissuto all’interno di una comunità, mediante l’accettazione di una dottrina, il culto pubblico e l’osservanza di norme morali. Del Mistero, intravisto solo indirettamente, si parla con il linguaggio dei simboli e delle analogie. Con i riti si evoca la sua presenza e se ne riceve l’energia, che conserva e accresce la vita. Con il giusto comportamento si partecipa all’ordine sapiente del mondo, da esso stabilito.
| |
Varietà di religioni
[21] Grande è la varietà e la ricchezza di dottrine, simboli, riti, preghiere, usi, istituzioni, immagini, oggetti e luoghi sacri. Distanti tra loro sono le spiritualità dell’impegno nel mondo e della fuga da esso, della realizzazione e dell’annullamento di sé, dell’interiorità e del legalismo, della responsabilità e del fatalismo. Nette risaltano le differenze tra le concezioni animiste, politeiste, panteiste, monoteiste.
Se è piuttosto facile riconoscere che esiste una potenza originaria, è invece difficile parlarne correttamente e addirittura impossibile comprendere adeguatamente la sua traboccante pienezza di perfezione. Inoltre, essa viene conosciuta a partire da esperienze di qualità più o meno elevata e da ambienti naturali e sociali diversi. È logico che nelle culture primitive i cacciatori si siano rivolti allo Spirito della foresta, gli agricoltori alla Gran Madre terrestre, i pastori al Dio del cielo. È comprensibile che nelle culture evolute si sia sviluppata una rigogliosa e intricata vegetazione di concezioni raffinate e complesse, con inesauribili variazioni.
| |
CdA, 586-605 CONFRONTAVAI | |
L’ateismo
[23]
Oggi, per la verità, accanto all’esperienza religiosa, è diffuso anche l’ateismo o negazione di Dio. Assume anch’esso varie forme: l’ateismo scientista, che esclude la possibilità di oltrepassare l’esperienza sensibile e spiega la religione come fenomeno psichico, sociale, culturale; l’ateismo umanista, che rivendica l’autonomia assoluta dell’uomo e considera la religione come un’alienazione; l’ateismo pratico, o indifferenza, che ritiene Dio irrilevante per la vita personale e sociale; l’ateismo tragico, che rifiuta l’esistenza di Dio a motivo del male presente nel mondo
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 7; 19. L’ateismo è una sventura per il nostro tempo, ma non sembra mettere in pericolo la diffusione generalizzata della religione; anzi, si parla oggi da più parti di un “ritorno del sacro”. Sebbene si manifesti in forme a volte ambigue, emotive e sincretiste, esso indica che la religiosità è ancora viva e operante.
| CCC, 28CCC 2123-2128CdA, 803 CONFRONTAVAI |
La ricerca guidata da Dio
[24] A motivo del senso religioso che la pervade, la storia dei popoli procede come un immenso pellegrinaggio verso il santuario di un possibile incontro con Dio. Secondo l’insegnamento della Chiesa, la ricerca millenaria, che prende corpo nelle religioni, è segno non solo della trascendenza dell’uomo sul mondo visibile, ma anche della vicinanza di Dio stesso.
Per la sua stessa costituzione la persona umana è aperta a Dio. Inoltre, fin dall’inizio della storia, è chiamata per grazia alla comunione di vita con lui in Cristo. «Questo intimo e vitale legame»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 19.
Il comune senso religioso non è soltanto conoscenza razionale attraverso la creazione, ma anche impulso di vita, che coinvolge tutto l’uomo ed è alimentato dalla grazia di Dio, il quale «volendo aprire la via della salvezza celeste, fin dal principio manifestò se stesso ai progenitori... ed ebbe costante cura del genere umano, per dare la vita eterna a tutti coloro che cercano la salvezza con la perseveranza nella pratica del bene»
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 3. Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2. | CCC, 27-30CdA, 42 CONFRONTAVAI CdA 353 CONFRONTAVAI CdA 401 CONFRONTAVAI CdA 575 CONFRONTAVAI CdA 582 CONFRONTAVAI CdA 585 CONFRONTAVAI CdA 800-804 CONFRONTAVAI |
La ricerca guidata da Dio
[24] A motivo del senso religioso che la pervade, la storia dei popoli procede come un immenso pellegrinaggio verso il santuario di un possibile incontro con Dio. Secondo l’insegnamento della Chiesa, la ricerca millenaria, che prende corpo nelle religioni, è segno non solo della trascendenza dell’uomo sul mondo visibile, ma anche della vicinanza di Dio stesso.
Per la sua stessa costituzione la persona umana è aperta a Dio. Inoltre, fin dall’inizio della storia, è chiamata per grazia alla comunione di vita con lui in Cristo. «Questo intimo e vitale legame»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 19.
Il comune senso religioso non è soltanto conoscenza razionale attraverso la creazione, ma anche impulso di vita, che coinvolge tutto l’uomo ed è alimentato dalla grazia di Dio, il quale «volendo aprire la via della salvezza celeste, fin dal principio manifestò se stesso ai progenitori... ed ebbe costante cura del genere umano, per dare la vita eterna a tutti coloro che cercano la salvezza con la perseveranza nella pratica del bene»
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 3. Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2. | CCC, 27-30CdA, 42 CONFRONTAVAI CdA 353 CONFRONTAVAI CdA 401 CONFRONTAVAI CdA 575 CONFRONTAVAI CdA 582 CONFRONTAVAI CdA 585 CONFRONTAVAI CdA 800-804 CONFRONTAVAI |
Dialogo possibile e desiderato
[36]
La ricerca di Dio per la via delle religioni e della ragione procede con molte incertezze e deviazioni. Dio, benché sia vicinissimo, sembra lontano, senza volto e senza nome: il «Dio ignoto» (At 17,27).
Ma l’apertura razionale al mistero infinito è il presupposto per poter ricevere il dono incomparabilmente più grande della rivelazione storica: «Dio non avrebbe potuto rivelarsi all’uomo, se questi non fosse già stato naturalmente capace di conoscere qualcosa di vero a suo riguardo»
Giovanni Paolo II, Catechesi del 20 marzo 1985. | CdA, 44-45 CONFRONTAVAI CdA 76-85 CONFRONTAVAI |
[37]
Per il fatto di essere aperto a Dio attraverso le creature, l’uomo spontaneamente sente il desiderio esplicito di conoscerlo direttamente in se stesso: cosa impossibile alle sue forze; ma chissà che a Dio non sia possibile? chissà che dopo i doni di questo mondo, non voglia farci il dono di se stesso? chissà che non voglia parlarci da persona a persona? Avremmo allora un orientamento sicuro, una solida nave per attraversare il mare della vita e non più la fragile zattera della filosofia
Cf. Platone, Fedone, 35. | |
La pretesa cristiana
[38] L’annuncio della Chiesa è precisamente questo: il Mistero infinito ci ha rivolto la parola e addirittura ci è venuto incontro personalmente, con il nome e il volto di un uomo, Gesù di Nàzaret, e ci ha chiamati a vivere insieme con lui per l’eternità. Dio fatto uomo, l’uomo innalzato fino a Dio: nessun’altra religione ha una notizia simile, nessuna offre una speranza più audace. Mentre i grandi uomini religiosi, i profeti e i santi avvertono il proprio nulla davanti alla grandezza di Dio e si sentono peccatori, Gesù di Nàzaret con tranquilla sicurezza si è presentato come Figlio di Dio, uguale al Padre: una follia e una bestemmia sulla bocca di qualsiasi altro.
La pretesa è inaudita, ma duemila anni di storia la rendono degna almeno di essere presa in considerazione. Vale la pena esaminarla, senza pregiudizi: un pensiero è veramente libero quando non scarta in partenza nessuna ipotesi.
Gesù ha detto: «Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce» (Gv 18, 37). In lui trovano risposta le domande più profonde dell’uomo e la ricerca religiosa dei popoli; in lui il viandante assetato trova l’«acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,14), come la trovò un giorno la donna di Samarìa.
| CdA, 52 CONFRONTAVAI |
[39] La conoscenza razionale di Dio dispone ad accogliere una eventuale rivelazione di lui nella storia.
L’audacia inaudita della fede cristiana consiste nell’affermare che Dio si è fatto uomo, per innalzare l’uomo fino a Dio, nella comunione immediata con lui.
| |
La ricerca guidata da Dio
[24] A motivo del senso religioso che la pervade, la storia dei popoli procede come un immenso pellegrinaggio verso il santuario di un possibile incontro con Dio. Secondo l’insegnamento della Chiesa, la ricerca millenaria, che prende corpo nelle religioni, è segno non solo della trascendenza dell’uomo sul mondo visibile, ma anche della vicinanza di Dio stesso.
Per la sua stessa costituzione la persona umana è aperta a Dio. Inoltre, fin dall’inizio della storia, è chiamata per grazia alla comunione di vita con lui in Cristo. «Questo intimo e vitale legame»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 19.
Il comune senso religioso non è soltanto conoscenza razionale attraverso la creazione, ma anche impulso di vita, che coinvolge tutto l’uomo ed è alimentato dalla grazia di Dio, il quale «volendo aprire la via della salvezza celeste, fin dal principio manifestò se stesso ai progenitori... ed ebbe costante cura del genere umano, per dare la vita eterna a tutti coloro che cercano la salvezza con la perseveranza nella pratica del bene»
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 3. Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2. | CCC, 27-30CdA, 42 CONFRONTAVAI CdA 353 CONFRONTAVAI CdA 401 CONFRONTAVAI CdA 575 CONFRONTAVAI CdA 582 CONFRONTAVAI CdA 585 CONFRONTAVAI CdA 800-804 CONFRONTAVAI |
Fiducia nella ragione
[26]
L’esperienza religiosa è solo un sentimento, un’intuizione, o anche una conoscenza razionale? Può il nostro ragionamento elevarsi fino a Dio?
La Chiesa crede e insegna che «Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza con il lume naturale dell’umana ragione a partire dalle cose create»
Concilio Vaticano I, Dei Filius, II - DS 3004; Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 6.
Il nostro accesso a Dio passa anche per la via dell’intelligenza. «La Chiesa rimane ferma, anche se dovesse rimanere sola, nel rivendicare alla ragione questa suprema possibilità»
Paolo VI, Discorso del 27 novembre 1968. | |
[27]
Il libro della Sapienza biasima quanti non giungono a riconoscere il Dio vivente
La Lettera ai Romani rimprovera duramente gli uomini «che soffocano la verità nell’ingiustizia» (Rm 1,18), in quanto rifiutano di riconoscere e adorare il vero Dio, pur avendone un’iniziale conoscenza intellettuale. «Ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto... Dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute» (Rm 1,1920). Per chi è ben disposto, l’eterna Potenza invisibile si lascia quasi intravedere attraverso il panorama della creazione. Purtroppo gli uomini, nella loro superbia, si chiudono davanti al mistero di Dio, si lasciano trascinare da passioni vergognose, precipitano nella corruzione morale
| |
Conoscenza indiretta
[28] Secondo la fede della Chiesa, la ragione può conoscere con certezza l’esistenza di Dio. Ma come mettere in atto concretamente questa capacità?
Dio non è un contenuto di esperienza accanto ad altri. Viene conosciuto indirettamente, attraverso il mondo e l’uomo, come fondamento e orizzonte di ogni cosa. La sua conoscenza viene esplicitata per via di riflessione razionale, secondo diverse prospettive.
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Dalla precarietà a Dio
[29] Il limite e la precarietà delle cose, il loro iniziare, mutare e finire, il fatto che esistono e possono non esistere, tutto indica che il mondo non è autosufficiente e in definitiva riceve esistenza e vita da un Altro, il quale a sua volta basta pienamente a se stesso e non ha bisogno di ricevere da nessuno.
Se una catena pende dall’alto, ogni anello è sostenuto dal precedente; ma poi ci vuole un perno che li sostenga tutti. Senza un ancoraggio definitivo, la contingenza non solo sarebbe irrazionale, ma anche invivibile. Non potremmo sopportare con lucida coerenza il continuo morire di ogni cosa, il continuo precipitare nel nulla. Niente avrebbe valore.
| CdA, 15 CONFRONTAVAI |
Dall’ordine a Dio
[30] Beato chi sa meravigliarsi! La bellezza, la varietà, l’ordine mirabile delle cose, la complessità delle strutture viventi, il mistero della persona umana, intelligente e libera, che torna a sbocciare in ogni bambino che nasce, il semplice fatto che la natura sia intelligibile alla nostra mente: tutto rinvia a una Intelligenza creatrice.
Una cattedrale è ben più che un mucchio di pietre; è una nuova unità ordinata. Per questo le pietre da sole non diventano cattedrale: hanno bisogno di un progetto e di un architetto. Non è pensabile che gli elementi che compongono i corpi dell’universo da soli siano capaci di organizzarsi, fino a formare esseri diversissimi tra loro, di inaudita complessità e con qualità e funzioni originali.
Se nel corso dell’evoluzione il più emerge dal meno, non può trattarsi di un fatto automatico o casuale. Gli elementi naturali, sebbene abbiano un ruolo attivo, non spiegano tutto. Per convergere in una nuova e più perfetta unità, devono essere assunti da un’Intelligenza ordinatrice e creatrice. Questa causa suprema fa emergere la novità dalla continuità dello sviluppo. Sostiene le cause naturali, non interferisce, non si pone accanto, come se fosse una di esse, magari la più potente. Si colloca a un livello diverso, trascendente e immanente nello stesso tempo.
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Dallo spirito umano a Dio
[31]
Si può risalire a Dio non solo a partire dal mondo, ma anche dallo spirito umano. È facile rendersi conto che siamo limitati nel conoscere e nel volere: non possediamo la verità intera né la felicità completa; non conosciamo pienamente neppure un filo d’erba e non riusciamo ad allungare la nostra vita di «un’ora sola» (Lc 12,25); errori e peccati ci opprimono. Tuttavia conosciamo una cosa dopo l’altra, raggiungiamo un bene dopo l’altro, passiamo da un’esperienza all’altra in un dinamismo inesauribile. Non possiamo fermarci a nessun traguardo. Giudichiamo parziale qualsiasi contenuto di conoscenza, perché lo vediamo nella prospettiva dell’essere, come un’isola sullo sfondo dell’oceano. Siamo liberi in ogni scelta, perché non c’è proporzione tra le mete a portata di mano e il bene che desideriamo. Siamo aperti su un orizzonte infinito con l’intuizione e il desiderio; tutte le cose intorno a noi sembrano sussurrare: «Non siamo noi il tuo Dio. Cerca sopra di noi»
Sant’Agostino, Confessioni, 10, 6, 9.
La nostra mente è polarizzata e, per dir così, programmata sull’infinito, come la vista è fatta per la luce. E, come non vediamo la luce in se stessa, ma solo attraverso gli oggetti illuminati, così non conosciamo l’Infinito in se stesso, ma solo attraverso i contenuti particolari della nostra esperienza. L’Infinito, «vita che vivifica ogni vita, luce che illumina ogni luce»
San Bonaventura da Bagnoregio, Il legno della vita, 3, 47. | |
Verità sapienziale
[32]
Nell’universo siamo un granello di polvere, ma dotato di pensiero e di volontà, aperto al mistero infinito. Siamo una minuscola goccia, in cui però si riflette il cielo. Dio ci ha creati capaci di ricevere la sua comunicazione e ora ci offre «nelle cose create una perenne testimonianza di sé»
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 3. Cf. San Tommaso d’Aquino, Commento alla seconda Lettera ai Corinzi, 1, 12. Per udire Dio non basta essere intelligenti; bisogna avere il cuore ben disposto. La sua esistenza è una verità di carattere etico e sapienziale: non la si capisce soltanto, ma la si apprezza, la si accosta in modo appassionato. Può senz’altro essere conosciuta dalla ragione; ma la ragione viene resa disponibile alla ricerca e all’adesione solo quando assumiamo, con l’aiuto della grazia, un atteggiamento umile e rispettoso di meraviglia, fiducia e accoglienza.
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Linguaggio inadeguato
[33]
Confidando nelle possibilità della ragione riguardo a Dio, la Chiesa respinge la tendenza all’agnosticismo, presente nella cultura contemporanea. Rimane però ben consapevole dei limiti umani, non solo etici, ma anche propriamente conoscitivi. Dio «abita una luce inaccessibile» (1Tm 6,16), «ineffabilmente elevato al di sopra di tutto ciò che è e che può essere concepito al di fuori di lui»
Concilio Vaticano I, Dei Filius, I - DS 3001. Cf. Concilio Lateranense IV, Costituzione2 - DS 806. | CCC, 39-43CCC 170-171CdA, 316 CONFRONTAVAI |
[34] In che misura possiamo conoscere Dio? Possiamo riferire a lui i nostri concetti, che più o meno direttamente derivano dall’esperienza sensibile? Possiamo parlare di lui o dobbiamo tacere?
La ragione umana attinge Dio in maniera indiretta e inadeguata; non lo comprende, lo addita soltanto; lo conosce precisamente come mistero. Dio è semplice e sussistente. Se dico di lui che è potente, sapiente e buono, lo rappresento come uno che ha la potenza, la sapienza e la bontà e quindi come un soggetto sussistente, ma purtroppo anche composto e imperfetto. Se invece dico di lui che è la potenza, la sapienza, la bontà e l’essere stesso, lo rappresento come una perfezione semplice e illimitata, ma purtroppo non come un soggetto sussistente. Quanto al modo di rappresentare, i nostri concetti non sono mai idonei per indicare Dio, né quelli concreti né quelli astratti. Neppure il concetto primo di ente, che è incluso in ogni altro, può significare Dio in modo corretto, perché significa ciò che ha l’essere, che lo partecipa
Cf. San Tommaso d’Aquino, Sul Libro delle Cause, 4, 1, 47; Sulla Potenza, q. 7, a. 2 ad 7; q. 7, a. 3 ad 7. Sant’Anselmo d’Aosta, Proslogion, 1, 2. | |
[35] Secondo la fede della Chiesa, fondata sulla Bibbia, la ragione umana attraverso la mediazione delle cose create può conoscere con certezza Dio, principio primo e fine ultimo di tutta la realtà.
La riflessione razionale è valida in se stessa, ma il suo sviluppo è favorito dalle buone disposizioni morali. La conoscenza che si ottiene è vera, ma indiretta e limitata.
| |
Fiducia nella ragione
[26]
L’esperienza religiosa è solo un sentimento, un’intuizione, o anche una conoscenza razionale? Può il nostro ragionamento elevarsi fino a Dio?
La Chiesa crede e insegna che «Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza con il lume naturale dell’umana ragione a partire dalle cose create»
Concilio Vaticano I, Dei Filius, II - DS 3004; Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 6.
Il nostro accesso a Dio passa anche per la via dell’intelligenza. «La Chiesa rimane ferma, anche se dovesse rimanere sola, nel rivendicare alla ragione questa suprema possibilità»
Paolo VI, Discorso del 27 novembre 1968. | |
[27]
Il libro della Sapienza biasima quanti non giungono a riconoscere il Dio vivente
La Lettera ai Romani rimprovera duramente gli uomini «che soffocano la verità nell’ingiustizia» (Rm 1,18), in quanto rifiutano di riconoscere e adorare il vero Dio, pur avendone un’iniziale conoscenza intellettuale. «Ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto... Dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute» (Rm 1,1920). Per chi è ben disposto, l’eterna Potenza invisibile si lascia quasi intravedere attraverso il panorama della creazione. Purtroppo gli uomini, nella loro superbia, si chiudono davanti al mistero di Dio, si lasciano trascinare da passioni vergognose, precipitano nella corruzione morale
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Conoscenza indiretta
[28] Secondo la fede della Chiesa, la ragione può conoscere con certezza l’esistenza di Dio. Ma come mettere in atto concretamente questa capacità?
Dio non è un contenuto di esperienza accanto ad altri. Viene conosciuto indirettamente, attraverso il mondo e l’uomo, come fondamento e orizzonte di ogni cosa. La sua conoscenza viene esplicitata per via di riflessione razionale, secondo diverse prospettive.
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Dalla precarietà a Dio
[29] Il limite e la precarietà delle cose, il loro iniziare, mutare e finire, il fatto che esistono e possono non esistere, tutto indica che il mondo non è autosufficiente e in definitiva riceve esistenza e vita da un Altro, il quale a sua volta basta pienamente a se stesso e non ha bisogno di ricevere da nessuno.
Se una catena pende dall’alto, ogni anello è sostenuto dal precedente; ma poi ci vuole un perno che li sostenga tutti. Senza un ancoraggio definitivo, la contingenza non solo sarebbe irrazionale, ma anche invivibile. Non potremmo sopportare con lucida coerenza il continuo morire di ogni cosa, il continuo precipitare nel nulla. Niente avrebbe valore.
| CdA, 15 CONFRONTAVAI |
Dall’ordine a Dio
[30] Beato chi sa meravigliarsi! La bellezza, la varietà, l’ordine mirabile delle cose, la complessità delle strutture viventi, il mistero della persona umana, intelligente e libera, che torna a sbocciare in ogni bambino che nasce, il semplice fatto che la natura sia intelligibile alla nostra mente: tutto rinvia a una Intelligenza creatrice.
Una cattedrale è ben più che un mucchio di pietre; è una nuova unità ordinata. Per questo le pietre da sole non diventano cattedrale: hanno bisogno di un progetto e di un architetto. Non è pensabile che gli elementi che compongono i corpi dell’universo da soli siano capaci di organizzarsi, fino a formare esseri diversissimi tra loro, di inaudita complessità e con qualità e funzioni originali.
Se nel corso dell’evoluzione il più emerge dal meno, non può trattarsi di un fatto automatico o casuale. Gli elementi naturali, sebbene abbiano un ruolo attivo, non spiegano tutto. Per convergere in una nuova e più perfetta unità, devono essere assunti da un’Intelligenza ordinatrice e creatrice. Questa causa suprema fa emergere la novità dalla continuità dello sviluppo. Sostiene le cause naturali, non interferisce, non si pone accanto, come se fosse una di esse, magari la più potente. Si colloca a un livello diverso, trascendente e immanente nello stesso tempo.
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Dallo spirito umano a Dio
[31]
Si può risalire a Dio non solo a partire dal mondo, ma anche dallo spirito umano. È facile rendersi conto che siamo limitati nel conoscere e nel volere: non possediamo la verità intera né la felicità completa; non conosciamo pienamente neppure un filo d’erba e non riusciamo ad allungare la nostra vita di «un’ora sola» (Lc 12,25); errori e peccati ci opprimono. Tuttavia conosciamo una cosa dopo l’altra, raggiungiamo un bene dopo l’altro, passiamo da un’esperienza all’altra in un dinamismo inesauribile. Non possiamo fermarci a nessun traguardo. Giudichiamo parziale qualsiasi contenuto di conoscenza, perché lo vediamo nella prospettiva dell’essere, come un’isola sullo sfondo dell’oceano. Siamo liberi in ogni scelta, perché non c’è proporzione tra le mete a portata di mano e il bene che desideriamo. Siamo aperti su un orizzonte infinito con l’intuizione e il desiderio; tutte le cose intorno a noi sembrano sussurrare: «Non siamo noi il tuo Dio. Cerca sopra di noi»
Sant’Agostino, Confessioni, 10, 6, 9.
La nostra mente è polarizzata e, per dir così, programmata sull’infinito, come la vista è fatta per la luce. E, come non vediamo la luce in se stessa, ma solo attraverso gli oggetti illuminati, così non conosciamo l’Infinito in se stesso, ma solo attraverso i contenuti particolari della nostra esperienza. L’Infinito, «vita che vivifica ogni vita, luce che illumina ogni luce»
San Bonaventura da Bagnoregio, Il legno della vita, 3, 47. | |
Verità sapienziale
[32]
Nell’universo siamo un granello di polvere, ma dotato di pensiero e di volontà, aperto al mistero infinito. Siamo una minuscola goccia, in cui però si riflette il cielo. Dio ci ha creati capaci di ricevere la sua comunicazione e ora ci offre «nelle cose create una perenne testimonianza di sé»
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 3. Cf. San Tommaso d’Aquino, Commento alla seconda Lettera ai Corinzi, 1, 12. Per udire Dio non basta essere intelligenti; bisogna avere il cuore ben disposto. La sua esistenza è una verità di carattere etico e sapienziale: non la si capisce soltanto, ma la si apprezza, la si accosta in modo appassionato. Può senz’altro essere conosciuta dalla ragione; ma la ragione viene resa disponibile alla ricerca e all’adesione solo quando assumiamo, con l’aiuto della grazia, un atteggiamento umile e rispettoso di meraviglia, fiducia e accoglienza.
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Linguaggio inadeguato
[33]
Confidando nelle possibilità della ragione riguardo a Dio, la Chiesa respinge la tendenza all’agnosticismo, presente nella cultura contemporanea. Rimane però ben consapevole dei limiti umani, non solo etici, ma anche propriamente conoscitivi. Dio «abita una luce inaccessibile» (1Tm 6,16), «ineffabilmente elevato al di sopra di tutto ciò che è e che può essere concepito al di fuori di lui»
Concilio Vaticano I, Dei Filius, I - DS 3001. Cf. Concilio Lateranense IV, Costituzione2 - DS 806. | CCC, 39-43CCC 170-171CdA, 316 CONFRONTAVAI |
[34] In che misura possiamo conoscere Dio? Possiamo riferire a lui i nostri concetti, che più o meno direttamente derivano dall’esperienza sensibile? Possiamo parlare di lui o dobbiamo tacere?
La ragione umana attinge Dio in maniera indiretta e inadeguata; non lo comprende, lo addita soltanto; lo conosce precisamente come mistero. Dio è semplice e sussistente. Se dico di lui che è potente, sapiente e buono, lo rappresento come uno che ha la potenza, la sapienza e la bontà e quindi come un soggetto sussistente, ma purtroppo anche composto e imperfetto. Se invece dico di lui che è la potenza, la sapienza, la bontà e l’essere stesso, lo rappresento come una perfezione semplice e illimitata, ma purtroppo non come un soggetto sussistente. Quanto al modo di rappresentare, i nostri concetti non sono mai idonei per indicare Dio, né quelli concreti né quelli astratti. Neppure il concetto primo di ente, che è incluso in ogni altro, può significare Dio in modo corretto, perché significa ciò che ha l’essere, che lo partecipa
Cf. San Tommaso d’Aquino, Sul Libro delle Cause, 4, 1, 47; Sulla Potenza, q. 7, a. 2 ad 7; q. 7, a. 3 ad 7. Sant’Anselmo d’Aosta, Proslogion, 1, 2. | |
Mistero oscuro e luminoso
[316] La nostra conoscenza di Dio è indiretta e inadeguata. Che senso ha allora indagare la sua vita intima, ciò che egli è in se stesso?
Nella nostra cultura è abbastanza diffuso l’agnosticismo, che tende a circoscrivere la capacità dell’intelligenza umana dentro l’orizzonte terreno e si mostra estremamente diffidente verso ogni tentativo di parlare di Dio. È significativo che nel nostro paese, accanto a quelli che si dichiarano non credenti o indifferenti, molte siano le persone che si ritrovano nella definizione di Dio come Mistero.
D’altra parte, un rapporto religioso vivo non può fare a meno di una qualche conoscenza positiva ed è ancor più significativo che la grande maggioranza della gente si riconosca nella definizione cristiana: «Dio è amore» (1Gv 4,8). Non si può aver fiducia in chi resta completamente sconosciuto.
| CdA, 34 CONFRONTAVAI |
Parola e silenzio
[322]
L’amore inaudito di Dio per noi trova il suo fondamento nel mistero di amore che Dio è in se stesso. Davanti a questo mistero il discorso umano è un povero balbettare e volentieri cede il posto al silenzio e all’adorazione. I mistici, che nella contemplazione hanno una conoscenza di Dio senza concetti, molto più perfetta di quella ordinaria, non riescono ad esporla come vorrebbero; lasciano intuire qualcosa delle meraviglie intraviste più con la loro personale trasformazione che non mediante i tentativi di raccontare: «Non si trova parola che suoni adeguata; nessun pensiero può mai giungervi, nessuna mente allargarsi fin là, tanto supera il tutto; come è vero che Dio non può esser spiegato mai»
Beata Angela da Foligno, Il libro, Memoriale, 9, 361-363. | |
Conoscenza mistica
[843]
La perfezione cristiana, identificata con la perfezione della carità, non coincide con la contemplazione mistica. Questa, però rimane pur sempre un dono meraviglioso, che rende sperimentalmente manifesta la ricchezza ricevuta nel battesimo e anticipa in certo modo la visione beatifica delle Persone divine nell’eternità; un dono «che nessuno conosce se non chi lo riceve. Lo riceve solo chi lo desidera; non lo desidera se non colui che viene infiammato dal fuoco dello Spirito Santo»
San Bonaventura da Bagnoregio, Itinerario della mente in Dio, 7, 4. | |
Dialogo possibile e desiderato
[36]
La ricerca di Dio per la via delle religioni e della ragione procede con molte incertezze e deviazioni. Dio, benché sia vicinissimo, sembra lontano, senza volto e senza nome: il «Dio ignoto» (At 17,27).
Ma l’apertura razionale al mistero infinito è il presupposto per poter ricevere il dono incomparabilmente più grande della rivelazione storica: «Dio non avrebbe potuto rivelarsi all’uomo, se questi non fosse già stato naturalmente capace di conoscere qualcosa di vero a suo riguardo»
Giovanni Paolo II, Catechesi del 20 marzo 1985. | CdA, 44-45 CONFRONTAVAI CdA 76-85 CONFRONTAVAI |
[37]
Per il fatto di essere aperto a Dio attraverso le creature, l’uomo spontaneamente sente il desiderio esplicito di conoscerlo direttamente in se stesso: cosa impossibile alle sue forze; ma chissà che a Dio non sia possibile? chissà che dopo i doni di questo mondo, non voglia farci il dono di se stesso? chissà che non voglia parlarci da persona a persona? Avremmo allora un orientamento sicuro, una solida nave per attraversare il mare della vita e non più la fragile zattera della filosofia
Cf. Platone, Fedone, 35. | |
Una illuminazione comune
[42] La religiosità è un primo orientamento verso il mistero. Nella misura in cui non è inquinata da errori e deviazioni, suppone la iniziale comunicazione che Dio fa a tutti gli uomini mediante la creazione e la sua continua, benevola vicinanza.
Da sempre gli uomini cercano Dio con la loro sete di vita, di verità, di sicurezza e di felicità. Da sempre Dio li illumina, li assiste e li sostiene in questa ricerca; li attrae segretamente a sé per le molte strade delle religioni e delle culture. La sua provvidenza salvifica si estende a tutta la storia umana
Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 3. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 3. Frutto di questa illuminazione da parte di Dio sono gli elementi di verità e di bontà presenti nella religiosità umana. In essa, di solito, prevale un atteggiamento di dipendenza creaturale, una consapevolezza di precarietà e un desiderio di protezione. La fede cristiana, invece, si colloca a un livello più elevato. Assume i valori positivi della religiosità umana, ma ha una sua specificità. È la risposta, altamente impegnativa, a una più perfetta comunicazione di Dio, alla quale viene riservato il nome di rivelazione in senso proprio.
| CdA, 24 CONFRONTAVAI CdA 401 CONFRONTAVAI CdA 575 CONFRONTAVAI |
Rivelazione
[43]
La rivelazione è una speciale iniziativa divina. In un ambito storico particolare, Dio liberamente esce dal silenzio
Cf. Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai cristiani di Magnesia, 8, 2. | |
Autotestimonianza e autodonazione
[44]
Non si conosce una persona come fosse un oggetto, osservando e calcolando. Nel suo nucleo più intimo, può essere conosciuta solo se si esprime liberamente, se comunica agli altri i suoi sentimenti e le sue intenzioni, i suoi pensieri e le sue decisioni, in un dialogo fatto di parole e di azioni, cioè in una storia concreta. Mentre i segreti della natura vengono raggiunti dall’esterno con l’osservazione scientifica, il segreto proprio di un soggetto cosciente e libero si apre dall’interno, per la via dell’autotestimonianza.
Qualcosa di simile avviene nella rivelazione che Dio fa di se stesso e del suo disegno di amore verso l’uomo. Nella sua intima vita personale Dio non può essere conosciuto per via di intuizione o riflessione umana, ma solo per sua libera iniziativa. Perciò, «per il suo immenso amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé»; pur rimanendo invisibile, parla e si dona attraverso «eventi e parole intimamente connessi tra loro»
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 2. | |
Eventi e parole
[45]
Gli eventi contengono la realtà significata dalle parole. Confermano e verificano le parole. Riguardano un popolo o singole persone all’interno di esso. Sono pubblici o privati, miracolosi o ordinari. Si compiono «una volta per sempre» (Eb 9,12), cioè in un tempo preciso e irripetibile, ma con valore perenne e universale. Sono nuovi e imprevedibili, ma si inseriscono nella continuità storica, secondo un progetto unitario e in vista di una meta definitiva.
Il significato e la connessione profonda degli avvenimenti vengono indicati da Dio ai suoi messaggeri attraverso una comunicazione interiore, chiara e indubitabile, che poi si traduce in parole pronunciate e infine scritte. Le parole interpretano gli eventi come opera di Dio e a volte li provocano efficacemente. Chiamano, promettono e comandano, perché gli eventi si compiano; li raccontano e li spiegano, perché accadano di nuovo.
Attraverso gli eventi e le parole si svolge la trama di una concreta storia terrena, in cui Dio stesso liberamente porta avanti il suo dialogo con gli uomini per dare loro speranza e futuro. Progressivamente egli si fa conoscere e si dona, fino a comunicare pienamente se stesso in Gesù Cristo; rende gli uomini capaci di rispondergli, di accogliere la sua presenza e di partecipare alla sua vita.
| CdA, 103 CONFRONTAVAI CdA 176 CONFRONTAVAI CdA 608 CONFRONTAVAI |
L’Antico Testamento
[47]
Gli eventi prendono avvio con alcuni pastori nomadi, in cui successivamente il popolo di Israele riconoscerà i propri antenati: Abramo, Isacco e Giacobbe. Il primo di loro viene presentato come grande amico di Dio e padre dei credenti. Dio lo chiama fuori della sua terra di origine e lo benedice con una promessa di portata universale: «Renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare... Saranno benedette per la tua discendenza tutte le nazioni della terra» (Gen 22,1718).
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[48]
A questi antichi patriarchi si ricollegano alcune tribù, che in Egitto finiscono per trovarsi in una condizione intollerabile di schiavitù e fuggono verso il Sinai. Le guida Mosè, un uomo straordinario, al quale nella solitudine del deserto Dio ha rivelato il suo nome misterioso: JHWH
Scriviamo così il nome di Dio rivelato a Mosè. Il tetragramma sacro andrebbe letto “Jahvèh”, ma la tradizione ebraica considera questo nome impronunziabile e suggerisce di dire in suo luogo “Adonài”, cioè “Signore”, o di pronunziare un altro titolo divino. Per rispetto ai nostri fratelli ebrei, questo catechismo invita a fare altrettanto e in ogni caso riduce all’indispensabile l’uso del tetragramma sacro. Al cammino nel deserto fa seguito l’insediamento nella terra di Canaan, l’epoca di Giosuè e dei Giudici, segnata dai contatti e dai conflitti con le popolazioni del luogo. Il popolo nomade si trasforma lentamente in un popolo residenziale di agricoltori. Sorprendentemente, non assume la religione politeista del paese, incentrata sulle energie della natura e della fecondità; ne respinge, sia pure con fatica, la tentazione seducente e conserva il culto del suo unico Dio, JHWH.
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[49] Intorno al 1000 a.C. la federazione delle tribù diventa un regno organizzato. Però, contrariamente a ciò che accade presso le nazioni circostanti, il re non viene divinizzato; rimane sottoposto a giudizio e contestazione. Dio guida il popolo soprattutto attraverso i profeti, da lui chiamati e fortificati con una speciale manifestazione della sua presenza; lo conduce avanti per strade non facili verso esperienze inedite.
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[50]
Duri di cuore, inclini all’idolatria, all’ingiustizia e alla corruzione, gli israeliti entrano nei giochi delle potenze politiche e militari del tempo: assiri, egiziani, babilonesi. Finiscono per ricadere nella schiavitù e vengono condotti in esilio, lungo «i fiumi di Babilonia» (Sal 137,1). Per opera dei profeti, animati dallo Spirito di Dio, la sventura diventa purificazione. La religione dei vinti non scompare, come di solito accade; matura al contrario come un monoteismo più consapevole e con più elevate esigenze etiche. La speranza nel futuro non solo non si spegne, ma diventa attesa di un intervento definitivo di Dio, capace di produrre un rinnovamento totale. Perduta l’indipendenza politica, si accentua la consapevolezza di essere soprattutto una comunità religiosa. Con il ritorno dall’esilio, all’epoca dell’impero persiano, il popolo di Dio ritrova in Gerusalemme il proprio centro religioso, ma non la capitale di un regno, prospero e duraturo. Si sviluppa, invece, il fenomeno della “diaspora”, la dispersione di comunità israelite in mezzo alle nazioni pagane. Intanto Dio continua ad educare il suo popolo con l’insegnamento dei saggi; lo prepara ad accogliere il Messia; mantiene desta la speranza.
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[51]
Il lungo cammino di Israele è una vera storia umana, con persone e istituzioni, vicende private e pubbliche, episodi di bontà e di iniquità, di grandezza e di miseria. È anche una storia sorprendente per più aspetti: il monoteismo appassionato ed eticamente esigente, la personalità originale dei profeti, l’attesa del Messia salvatore. Caratteristica, soprattutto, è la consapevolezza di essere il popolo dell’alleanza: nella sua vicenda secolare, Israele sa di aver fatto l’esperienza della fedeltà di Dio, malgrado la propria infedeltà
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Il Nuovo Testamento
[52]
La rivelazione storica di Dio fin dall’inizio era orientata verso una meta. Giunge a compimento in Gesù di Nàzaret: «Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1-2). «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge» (Gal 4,4).
Gesù visse in Palestina al tempo degli imperatori romani Augusto e Tiberio. «Passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui... Lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse... a testimoni prescelti» (At 10,38-41). Gesù, «appartenente alla stirpe di David, figlio di Maria, realmente nacque, mangiò e bevve. Realmente fu perseguitato sotto Ponzio Pilato; realmente fu crocifisso e morì alla presenza del cielo, della terra e degli inferi. Realmente risuscitò dai morti»
Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai cristiani di Tralle, 9, 1-2.
In lui Dio comunica personalmente se stesso
Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 2. | |
Pienezza definitiva
[53] In Gesù Cristo Dio ha portato a compimento la sua rivelazione. Ha detto e dato se stesso; ha comunicato quanto aveva da comunicare. Nulla si può aggiungere come ulteriore perfezione, fino al giorno in cui la condizione umana sarà trasfigurata oltre la storia e il Signore si manifesterà nella sua venuta gloriosa.
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La pretesa cristiana
[38] L’annuncio della Chiesa è precisamente questo: il Mistero infinito ci ha rivolto la parola e addirittura ci è venuto incontro personalmente, con il nome e il volto di un uomo, Gesù di Nàzaret, e ci ha chiamati a vivere insieme con lui per l’eternità. Dio fatto uomo, l’uomo innalzato fino a Dio: nessun’altra religione ha una notizia simile, nessuna offre una speranza più audace. Mentre i grandi uomini religiosi, i profeti e i santi avvertono il proprio nulla davanti alla grandezza di Dio e si sentono peccatori, Gesù di Nàzaret con tranquilla sicurezza si è presentato come Figlio di Dio, uguale al Padre: una follia e una bestemmia sulla bocca di qualsiasi altro.
La pretesa è inaudita, ma duemila anni di storia la rendono degna almeno di essere presa in considerazione. Vale la pena esaminarla, senza pregiudizi: un pensiero è veramente libero quando non scarta in partenza nessuna ipotesi.
Gesù ha detto: «Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce» (Gv 18, 37). In lui trovano risposta le domande più profonde dell’uomo e la ricerca religiosa dei popoli; in lui il viandante assetato trova l’«acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,14), come la trovò un giorno la donna di Samarìa.
| CdA, 52 CONFRONTAVAI |
Unità della Bibbia
[68]
La Bibbia riferisce avvenimenti ed esperienze molto diversi tra loro; ma, proprio perché è ispirata da Dio, sa anche collegarli in una profonda unità, piena di significato. Vede tutta la storia come storia dell’alleanza di Dio con l’uomo, protesa verso una meta ultima. In definitiva, «tutta la Scrittura è un libro solo e quest’unico libro è Cristo»
Ugo da San Vittore, L’arca di Noè, 2, 8. Sant’Agostino, Questioni sull’Eptateuco, 2, 73. | |
[101] Gesù di Nàzaret, con il suo messaggio e con la sua azione, con il dono di sé fino alla croce e con la sua risurrezione, rivela che Dio è amore e sta attuando nella storia un meraviglioso disegno di salvezza. | |
Ispirazione
[66]
Le Sacre Scritture non solo sono documento, ma anche parte integrante di una storia animata dallo Spirito di Dio. Da sempre la fede della Chiesa le considera ispirate. Sebbene siano state composte da autori umani, in un arco di tempo di circa mille anni, e rechino l’impronta di diverse personalità, esperienze, epoche e culture, esse hanno allo stesso tempo per autore Dio, in quanto egli è stato attivamente presente con il suo Spirito in tutto il processo di formazione di questi scritti, per comunicare attraverso gli autori umani il suo messaggio di salvezza: «Mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio» (2Pt 1,21); perciò «tutta la Scrittura è ispirata da Dio» (2Tm 3,16). Non solo contiene la parola di Dio, ma è essa stessa parola di Dio
Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 24. | |
[611]
La parola di Dio è Dio stesso che si rivela e si dona nella storia degli uomini, fino a comunicarsi personalmente in Gesù di Nàzaret. Gesù è la Parola eterna e creatrice di Dio fatta carne
Secondo gli Atti degli apostoli, la Parola, colma di Spirito Santo, porta avanti il cammino della Chiesa: cresce, si rafforza e si diffonde. I protagonisti umani sono i suoi servitori
Questa Parola non è solo una notizia riguardante la salvezza, ma è parte integrante dell’avvenimento stesso della salvezza; non solo ha per contenuto Cristo morto e risorto, ma prima ancora è Cristo stesso, che parla attraverso i suoi inviati: «Mossi da Dio, sotto il suo sguardo, noi parliamo in Cristo» (2Cor 2,17). I discepoli continuano a predicare e a insegnare in suo nome e con la sua presenza
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Dio della creazione [324] La figura paterna è vista con sospetto nella cultura moderna, specialmente quando è riferita a Dio. Sarebbe sinonimo di potere autoritario e fonte di alienazione. Ma è questo il Dio di Gesù Cristo? La sua trascendenza esclude la vicinanza e la tenerezza? Il suo primato esclude la comunione?
Colui che Gesù chiama familiarmente “Abbà” è il Creatore del cielo e della terra Concilio Vaticano I, Dei Filius, I - DS 3001.
Davanti a lui l’universo, popolato di stelle e galassie, malgrado la sua immensità che dà le vertigini, appare come un granello di polvere sulla bilancia, «come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra» (Sap 11,22). Nulla aggiunge alla perfezione del suo Creatore; la sua esistenza è puro dono, assolutamente libero e gratuito.
| CdA, 358-361 CONFRONTAVAI |
[325]
Dio è infinitamente perfetto: nulla può perdere o acquistare | |
[326]
Ma la trascendenza non significa lontananza. Dio contiene l’universo nella sua intelligenza e volontà; penetra intimamente ogni cosa con il suo Spirito, per dare «esistenza, energia e vita» Messale Romano, Prefazio delle domeniche del tempo ordinario VI. Sant’Agostino, Confessioni, 6, 3, 4. | |
Dio della storia [327]
Il Padre del Signore Gesù Cristo è il Dio vivente della storia, il «Dio di Israele» (Mt 15,31), il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Egli cammina con il suo popolo e partecipa con intensità alle vicende degli uomini; ama appassionatamente e vuole essere amato «con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6,5); prova compassione per la sofferenza
Inserendosi nella storia, Dio rimane il Signore trascendente della storia. Dice il suo nome e nello stesso tempo rifiuta di dirlo completamente. «Io sono colui che sono!» (Es 3,14). Il suo coinvolgimento è sovranamente libero. «Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia» (Es 33,19). Eppure nessun altro amore è così universale, fedele e misericordioso come il suo.
| CdA, 45-52 CONFRONTAVAI |
Il Padre | CdA, 821-825 CONFRONTAVAI |
[329]
Attraverso di lui il Padre si manifesta come amore senza limiti. Ama non solo i giusti, i sofferenti e gli oppressi, ma anche i peccatori, gli oppressori e i bestemmiatori, perfino i crocifissori del suo Figlio. Li ama così come sono. Prende su di sé il peso dei loro peccati. Dà quanto ha di più caro, per salvarli: «Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,8).
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[330]
Gesù stesso riceve tutto dal Padre | |
[331]
Il nome “Padre”, attribuito a Dio già nell’Antico Testamento, assume un significato ben più profondo, per il fatto che Dio si rivela nel Figlio unigenito e comunica agli uomini lo Spirito del suo Figlio. Con questo nuovo significato diventa il nome definitivo: «Il nome che conviene propriamente a Dio è quello di “Padre” piuttosto che di “Dio”... Dire “Dio” significa indicare il dominatore di tutte le cose; dire “Padre” significa invece raggiungere una proprietà intima... “Padre” è dunque in certo modo il nome più vero di Dio, il suo nome proprio per eccellenza» San Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni, 2, 7. | |
[332]
Il termine “Padre” è analogico; indica il principio da cui il Figlio riceve tutto ciò che è e fa. In realtà Dio si colloca al di là delle differenze di sesso e riunisce in sé i valori della paternità e della maternità Cf. Clemente di Alessandria, C’è salvezza per il ricco?, 37; Sinodo di Toledo XI, Simbolo, 6 - DS 526. | |
Principio senza principio [333]
«Dio è amore» (1Gv 4,8). Il principio originario di tutta la realtà è «uno, ma non solitario» Formula “Fides Damasi” - DS 71. Cf. Sinodo di Toledo VI - DS 490. Santa Veronica Giuliani, Diario, 22.4.1697.
È opportuno che, secondo l’uso del Nuovo Testamento, il nome “Dio” indichi normalmente il Padre, perché egli solo è Dio da se stesso e principio senza principio, «sorgente e origine di tutta la divinità» Sinodo di Toledo VI DS 490. Concilio di Costantinopoli I, Simbolo di Nicea-Costantinopoli. Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Copti “Cantate Domino” DS 1331. | |
Testimoni del Padre [334]
L’atteggiamento filiale, che dobbiamo assumere verso il Padre, è profonda adorazione e gioiosa confidenza nello stesso tempo. Va testimoniato con la fraternità verso gli altri uomini, la responsabilità e la creatività nel bene, il coraggio nelle prove.
Di questa testimonianza ha bisogno soprattutto quella parte del mondo moderno, che, rincorrendo l’autonomia della ragione e dell’agire, ha emarginato Dio; ma anziché ritrovarsi adulta, ha finito per sentirsi orfana. Il Padre di Gesù non ha niente a che fare con l’immagine paterna rifiutata: non soffoca la libertà, non preserva dalla fatica e dalla sofferenza, non favorisce la passività, la viltà, il servilismo, il fatalismo. È un Padre diverso rispetto alle proiezioni del nostro desiderio, come Gesù è un salvatore diverso. È premuroso e onnipotente, ma non invadente; è vicino anche nell’apparente assenza; non impedisce il male, ma ne trae il bene, rispettando la libertà delle creature. È il principio originario; ma da lui derivano persone di pari dignità, il Figlio e lo Spirito, con le quali da sempre vive in comunione. | |
Nuova rivelazione del Padre [165]
L’esperienza di libertà e fraternità, che Gesù propone a quanti lo seguono, suppone un comune atteggiamento filiale verso Dio. Chi, per seguire Gesù, ha lasciato la propria famiglia, non ha più un padre terreno che provveda alle necessità quotidiane; ha trovato però un altro Padre, quello stesso di Gesù: «E non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo» (Mt 23,9). Egli è pieno di premura per i suoi figli | |
[166]
Gesù si rivolge a Dio nella sua lingua, l’aramaico, chiamandolo abitualmente «Abbà» (Mc 14,36), che significa “papà”. “Abbà” è parola infantile, una delle primissime parole che il bambino impara a pronunciare: «Non appena egli sente il sapore della culla (cioè quando è divezzato), dice “abbà”, “immà” (papà, mamma)», si legge nella tradizione ebraica. Talmud babilonese, Berakhot, 40a. | CdA, 293-294 CONFRONTAVAI CdA 960 CONFRONTAVAI |
[167]
Israele aveva sperimentato la premurosa bontà di Dio nei suoi confronti e l’aveva paragonata a quella di un padre per il proprio figlio: «Quando Israele era giovinetto, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio... Ad Èfraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano... Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare» (Os 11,13-4).
Tuttavia, l’Antico Testamento accentuava l’infinita trascendenza di Dio, l’Unico, l’Eterno, il Santo, il Creatore del cielo e della terra: «Colui che ha fatto le Pleiadi e Orione, cambia il buio in chiarore del mattino e stende sul giorno l’oscurità della notte... Signore è il suo nome» (Am 5,8). Anzi i contemporanei di Gesù evitano il più possibile di pronunciare il nome di Dio e cercano di sostituirlo con modi di parlare che lo evocano senza nominarlo.
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[168]
Ma Gesù ha una esperienza unica di Dio; lo conosce ed è da lui conosciuto in una intimità reciproca assoluta; a lui si rivolge con commossa gratitudine e totale sottomissione, come il primo degli umili e dei poveri che sanno di ricevere tutto in dono. Ma proprio perché riceve la pienezza della vita di Dio, può parlare a lui con tono familiare e può parlare di lui con autorità: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11,25-27).
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Paternità universale [169]
Gesù sa di essere Figlio in senso unico; non si confonde mai con gli uomini nel suo rapporto verso Dio. Parlando con i discepoli, distingue accuratamente il «Padre mio» (Mt 7,21) da il «Padre vostro» (Mt 7,11), perché Dio non è per lui Padre allo stesso modo che per i discepoli.
Eppure il regno di Dio, che in Gesù si manifesta, è la vicinanza misericordiosa e la paternità di Dio nei confronti di tutti gli uomini. Dio vuole essere “Abbà” anche nei nostri confronti; vuole che ci avviciniamo a lui con lo stesso atteggiamento filiale, la stessa libertà audace e fiducia sicura di Gesù. Lo comprenderà bene l’apostolo Paolo: «Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre!”» (Rm 8,15).
Gesù da parte sua cerca in tutti i modi di risvegliare il sentimento vivo della paternità e della tenerezza di Dio. Gli uomini devono convincersi che sono amati dall’eternità e chiamati per nome; che non sono nati per caso, e non sono mai soli nella vita e nella morte. Possono non amare Dio, ma non possono impedire a lui di amarli per primo. Il figlio prodigo, nel suo folle capriccio, può volgere le spalle e fuggire di casa, per andare a sperperare i beni ricevuti; ma il Padre misericordioso aspetta con ansia il suo ritorno; gli corre incontro, lo abbraccia commosso e fa grande festa | CdA, 823-825 CONFRONTAVAI |
[170] Non è affatto semplice per l’uomo sentirsi intimamente amato da Dio. La superficialità, il disordine morale, i pregiudizi dell’ambiente, l’esperienza del male gli induriscono il cuore e gli accecano lo sguardo. Ma, se nella fede si apre alla vicinanza del Padre, l’uomo diventa un altro, con una diversa capacità di valutare, di agire, di soffrire e di amare. Sente di poter vivere il distacco dai beni materiali, la riconciliazione con i nemici, la fraternità con tutti. La conversione che il regno di Dio dona ed esige, coinvolge tutta l’esperienza e rivoluziona tutti i rapporti. | |
[171] Gesù vive un’intimità del tutto singolare con Dio e lo chiama familiarmente «Abbà» (Mc 14,36).
Egli rende partecipi i credenti del suo rapporto filiale con il Padre, pieno di gratitudine, fiducia, sottomissione e gioia. | |
Gesù prega [172] Come si vive e si esprime il rapporto filiale con il Padre? Bastano l’obbedienza, il lavoro, la dedizione al prossimo? Oppure è necessario anche il dialogo della preghiera?
Gesù prega, partecipando assiduamente alla liturgia di Israele. Invoca il Padre in pubblico, nel mezzo della sua stessa attività. Soprattutto si ritira lunghe ore in solitudine, nel deserto o sui monti, di notte o di buon mattino. La sua preghiera è stare di fronte al Padre come Figlio, in perfetta reciprocità | |
“Padre nostro” [173]
Il Maestro trasmette ai discepoli il suo atteggiamento filiale verso Dio. Insegna loro la preghiera del “Padre nostro”, come espressione della nuova comunione con Dio e segno distintivo della loro identità.
La preghiera comprende sette domande nella redazione di Matteo e cinque in quella, forse più antica, di Luca; ma in realtà sotto diversi aspetti si chiede una sola cosa, l’unica necessaria: la venuta del regno di Dio in noi e nel mondo. È la preghiera dei figli, che fanno proprio il progetto del Padre e si abbandonano totalmente a lui; è la preghiera degli umili di cuore, protesi verso una salvezza più grande di quella che si può programmare e costruire con le proprie mani. | CdA, 1001-1012 CONFRONTAVAI |
[174]
Nelle parole del “Padre nostro” si può avvertire l’eco della preghiera ebraica, in cui si esprime l’anelito verso il futuro intervento di Dio: «Esaltato e santificato sia il suo grande nome, nel mondo che egli ha creato secondo la sua volontà; venga il suo regno durante la vostra vita...» Qaddish. “Padre nostro, che sei al di sopra di tutto come il cielo, fa’ che il tuo nome sia glorificato e riconosciuto santo.
Mostra davanti a tutti che tu solo sei Dio, radunando definitivamente il tuo popolo disperso e purificandolo dai suoi peccati con il dono del tuo Spirito Venga in pienezza la tua regalità, che porta libertà, giustizia e pace. Si compia il tuo disegno di salvezza in cielo e in terra.
Donaci fin d’ora il nostro pane futuro, un anticipo del convito del Regno Nella tua misericordia perdona i nostri peccati: anche noi siamo pronti a perdonare a chi ci ha fatto del male. Non lasciarci soccombere nella tentazione; fa’ che mai perdiamo la fiducia in te, così da non avvertire più la tua presenza e sentirci abbandonati. Liberaci dal potere del maligno, che si oppone al tuo regno e ci dà la morte”.
Pregare il Padre ci fa sperimentare che siamo figli e ci sollecita a vivere da figli: «Leva, dunque, gli occhi tuoi al Padre... che ti ha redento per mezzo del Figlio e dì: Padre nostro!... Dì anche tu per grazia: Padre nostro, per meritare di essere suo figlio» Sant’Ambrogio, I sacramenti, 5, 19. | |
Gesù rivela il Padre misericordioso
[197]
Gesù sa di essere in totale sintonia con la misericordia del Padre. Dio ama per primo, appassionatamente; va a cercare i peccatori e, quando si convertono, fa grande festa: «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta» (Lc 15,4-6).
L’unità di Gesù con il Padre è tale, che egli si attribuisce perfino il potere divino di rimettere i peccati, sebbene si levi intorno un mormorio di riprovazione e l’accusa di bestemmia: «Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua» (Mc 2,9-11).
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Il convito del Regno
[198]
Nella parabola del padre misericordioso, la gioia del padre per il figlio perduto e ritrovato si esprime in un banchetto
Da sempre nella cultura e nella religione ebraica il banchetto era l’espressione fondamentale dell’amicizia, della festa e della pace: un banchetto alla presenza di Dio aveva concluso l’antica alleanza
| CCC, 1439CCC 1443CdA, 225 CONFRONTAVAI |
[247]
Nel suo amore sempre fedele, nella sua misericordia senza limiti, «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Lo ha mandato, uomo tra gli uomini; gli ha ispirato e comunicato il suo amore misericordioso per i peccatori
Cf. San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, III, q. 47, a. 3; q. 49, a. 4.
L’iniziativa è del Padre: «È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo» (2Cor 5,19). È lui che ama per primo; è lui che per primo «soffre una passione d’amore»
Origene, Omelie su Ezechiele, 6, 6. San Gregorio Taumaturgo, A Teopompo sulla passibilità o impassibilità di Dio. Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 39. | |
Il Crocifisso risorto, nostro Salvatore
[250]
Dio, nella sua misericordia, non solo dona agli uomini peccatori il Figlio unigenito irrevocabilmente, fino alla morte in croce, ma lo risuscita a loro vantaggio, costituendolo loro «capo e salvatore» (At 5,31). Dopo aver reso Gesù solidale con noi fino alla morte, il Padre lo ricolma della sua compiacenza, lo glorifica con la risurrezione e lo costituisce principio di rigenerazione per tutti gli uomini con la potenza dello Spirito Santo: «È stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione» (Rm 4,25).
Nell’evento globale della morte e risurrezione di Cristo si attua il mistero della redenzione, in quanto viene preparato e «reso perfetto» (Eb 5,9) per il genere umano il Salvatore, incarnazione dell’amore misericordioso e potente del Padre. «Colui che è più forte di ogni cosa al mondo, è apparso immensamente debole... Egli si è abbassato per gli uomini facendosi uomo e noi siamo saliti su un uomo abbassatosi fino a terra. Egli si è rialzato e noi siamo stati elevati»
San Gregorio Magno, Commento al Libro di Giobbe, 16, 30, 37. | CdA, 274 CONFRONTAVAI CdA 399 CONFRONTAVAI CdA 401-404 CONFRONTAVAI |
Dio della creazione [324] La figura paterna è vista con sospetto nella cultura moderna, specialmente quando è riferita a Dio. Sarebbe sinonimo di potere autoritario e fonte di alienazione. Ma è questo il Dio di Gesù Cristo? La sua trascendenza esclude la vicinanza e la tenerezza? Il suo primato esclude la comunione?
Colui che Gesù chiama familiarmente “Abbà” è il Creatore del cielo e della terra Concilio Vaticano I, Dei Filius, I - DS 3001.
Davanti a lui l’universo, popolato di stelle e galassie, malgrado la sua immensità che dà le vertigini, appare come un granello di polvere sulla bilancia, «come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra» (Sap 11,22). Nulla aggiunge alla perfezione del suo Creatore; la sua esistenza è puro dono, assolutamente libero e gratuito.
| CdA, 358-361 CONFRONTAVAI |
[325]
Dio è infinitamente perfetto: nulla può perdere o acquistare | |
[326]
Ma la trascendenza non significa lontananza. Dio contiene l’universo nella sua intelligenza e volontà; penetra intimamente ogni cosa con il suo Spirito, per dare «esistenza, energia e vita» Messale Romano, Prefazio delle domeniche del tempo ordinario VI. Sant’Agostino, Confessioni, 6, 3, 4. | |
Dio della storia [327]
Il Padre del Signore Gesù Cristo è il Dio vivente della storia, il «Dio di Israele» (Mt 15,31), il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Egli cammina con il suo popolo e partecipa con intensità alle vicende degli uomini; ama appassionatamente e vuole essere amato «con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6,5); prova compassione per la sofferenza
Inserendosi nella storia, Dio rimane il Signore trascendente della storia. Dice il suo nome e nello stesso tempo rifiuta di dirlo completamente. «Io sono colui che sono!» (Es 3,14). Il suo coinvolgimento è sovranamente libero. «Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia» (Es 33,19). Eppure nessun altro amore è così universale, fedele e misericordioso come il suo.
| CdA, 45-52 CONFRONTAVAI |
Il Padre | CdA, 821-825 CONFRONTAVAI |
[329]
Attraverso di lui il Padre si manifesta come amore senza limiti. Ama non solo i giusti, i sofferenti e gli oppressi, ma anche i peccatori, gli oppressori e i bestemmiatori, perfino i crocifissori del suo Figlio. Li ama così come sono. Prende su di sé il peso dei loro peccati. Dà quanto ha di più caro, per salvarli: «Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,8).
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[330]
Gesù stesso riceve tutto dal Padre | |
[331]
Il nome “Padre”, attribuito a Dio già nell’Antico Testamento, assume un significato ben più profondo, per il fatto che Dio si rivela nel Figlio unigenito e comunica agli uomini lo Spirito del suo Figlio. Con questo nuovo significato diventa il nome definitivo: «Il nome che conviene propriamente a Dio è quello di “Padre” piuttosto che di “Dio”... Dire “Dio” significa indicare il dominatore di tutte le cose; dire “Padre” significa invece raggiungere una proprietà intima... “Padre” è dunque in certo modo il nome più vero di Dio, il suo nome proprio per eccellenza» San Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni, 2, 7. | |
[332]
Il termine “Padre” è analogico; indica il principio da cui il Figlio riceve tutto ciò che è e fa. In realtà Dio si colloca al di là delle differenze di sesso e riunisce in sé i valori della paternità e della maternità Cf. Clemente di Alessandria, C’è salvezza per il ricco?, 37; Sinodo di Toledo XI, Simbolo, 6 - DS 526. | |
Principio senza principio [333]
«Dio è amore» (1Gv 4,8). Il principio originario di tutta la realtà è «uno, ma non solitario» Formula “Fides Damasi” - DS 71. Cf. Sinodo di Toledo VI - DS 490. Santa Veronica Giuliani, Diario, 22.4.1697.
È opportuno che, secondo l’uso del Nuovo Testamento, il nome “Dio” indichi normalmente il Padre, perché egli solo è Dio da se stesso e principio senza principio, «sorgente e origine di tutta la divinità» Sinodo di Toledo VI DS 490. Concilio di Costantinopoli I, Simbolo di Nicea-Costantinopoli. Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Copti “Cantate Domino” DS 1331. | |
Testimoni del Padre [334]
L’atteggiamento filiale, che dobbiamo assumere verso il Padre, è profonda adorazione e gioiosa confidenza nello stesso tempo. Va testimoniato con la fraternità verso gli altri uomini, la responsabilità e la creatività nel bene, il coraggio nelle prove.
Di questa testimonianza ha bisogno soprattutto quella parte del mondo moderno, che, rincorrendo l’autonomia della ragione e dell’agire, ha emarginato Dio; ma anziché ritrovarsi adulta, ha finito per sentirsi orfana. Il Padre di Gesù non ha niente a che fare con l’immagine paterna rifiutata: non soffoca la libertà, non preserva dalla fatica e dalla sofferenza, non favorisce la passività, la viltà, il servilismo, il fatalismo. È un Padre diverso rispetto alle proiezioni del nostro desiderio, come Gesù è un salvatore diverso. È premuroso e onnipotente, ma non invadente; è vicino anche nell’apparente assenza; non impedisce il male, ma ne trae il bene, rispettando la libertà delle creature. È il principio originario; ma da lui derivano persone di pari dignità, il Figlio e lo Spirito, con le quali da sempre vive in comunione. | |
[284] L’esperienza pasquale apre definitivamente l’accesso al mistero personale di Gesù. La fede della Chiesa vi penetra progressivamente e riconosce nel Crocifisso risorto il Cristo, il Signore, il Figlio di Dio, il Verbo fatto carne, il vero Dio e vero uomo. In lui Dio ci ha dato se stesso per attirarci a sé; è disceso nella nostra miseria per sollevarci alla sua gloria. La divinità del Cristo indica la misura inaudita dell’amore di Dio per noi e la sublime audacia della nostra speranza.
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L’identità di Gesù
[285]
Le diverse opinioni sull’identità di Gesù dividevano i suoi contemporanei
Ma quale idea si facevano di lui le prime comunità cristiane? Qual è l’autentica fede della Chiesa? Possiamo rendercene conto, passando in rassegna i principali titoli attribuiti a Gesù, a cominciare da quello che è diventato il suo secondo nome: “Cristo”, cioè Messia.
| CdA, 214-216 CONFRONTAVAI |
Discendente di David
[286]
Anticamente si chiamavano “messia” i re di Israele, in quanto consacrati con l’olio e investiti da Dio della missione di governare in suo nome. Figura tipica ne era David. A un suo discendente, secondo la promessa, Dio avrebbe affidato la sovranità su Israele per sempre
Nei periodi di crisi e di sventura nazionale, i profeti annunziavano la futura rinascita attraverso un re-messia ideale, della stirpe di David. Il popolo manteneva desta questa speranza con la preghiera dei salmi.
Al tempo di Gesù l’attesa era molto viva. Ogni tanto qualcuno si metteva a capo di una banda armata e si presentava come messia condottiero, venuto a liberare Israele dalla tirannia di Erode e dal dominio di Roma. Il successo era effimero; ma la gente aspettava, sempre più ansiosa, la riscossa e il trionfo su tutti i nemici.
Da parte sua, Gesù rimane cauto e reticente sulla propria identità di messia, per non essere frainteso. Preferisce che siano gli altri a pronunciarsi. Il riconoscimento definitivo, non più incerto e timido, viene dopo la Pasqua.
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Messia glorificato
[287]
I primi credenti dell’ambiente palestinese professano che Gesù è il Cristo, il Messia glorificato, consacrato con l’unzione di Spirito Santo, intronizzato alla destra del Padre.
Quel titolo, che durante la vita terrena del Maestro poteva far pensare a una sovranità in senso politico nazionale, adesso si libera di ogni ambiguità. Gesù è Messia-re di un regno che riguarda tutti i popoli e la loro storia, ma soprattutto va al di là della storia. Davvero Dio ha glorificato il suo Servo obbediente
La professione di fede: «Gesù è il Cristo», diventa a poco a poco un nome proprio, “Gesù Cristo”, quasi a indicare che tutta la sua esistenza umana si identifica con la missione di salvatore. E ad Antiòchia di Siria i suoi seguaci per la prima volta ricevono il nome di «cristiani» (At 11,26): nome che poi si è affermato, perché adatto a suggerire l’intimo legame con il Cristo, la partecipazione alla sua vita e alla sua missione, la consacrazione con l’unzione del suo Spirito nel battesimo e nella cresima.
| CdA, 216 CONFRONTAVAI |
Nella storia
[289]
Le comunità palestinesi di lingua aramaica, tutte protese alla futura venuta del Messia nella gloria, lo invocavano già come Signore: «Marana tha» (1Cor 16,22)
| CdA, 401 CONFRONTAVAI |
[290]
Secondo l’Antico Testamento, “Signore” (in ebraico Adonài, in greco Kyrios) è titolo riservato a Dio: «Io sono il Signore e non v’è alcun altro» (Is 45,5). Gesù come uomo riceve dal Padre questo nome, «che è al di sopra di ogni altro nome» (Fil 2,9), a motivo della sua obbedienza fino alla morte in croce; ma nella profondità della sua persona da sempre vive insieme a Dio e in perfetta uguaglianza con lui. La signoria che egli esercita sui singoli credenti e sulla Chiesa, sulla storia degli uomini e sul mondo intero, è quella stessa di Dio, per dare vita e salvezza con la potenza dello Spirito.
Egli non opprime, ma libera e fa crescere. Chi piega il ginocchio davanti a lui, rimane in piedi davanti ai potenti della terra e non teme il destino o la minaccia di forze oscure
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Nell’universo
[291]
Nella fede delle comunità cristiane di cultura ellenistica viene sempre più esplicitata la signoria di Cristo nei confronti dell’universo. Ogni creatura è orientata verso di lui fin dal principio e aspetta di trovare in lui la sua verità e il suo compimento. Le potenze cosmiche sono da lui sottomesse e ricondotte all’armonia, perché il mondo non precipiti nel caos e nel nulla. Egli trascende l’universo, perché esiste prima di tutte le cose, che «sono state create per mezzo di lui e in vista di lui» (Col 1,16).
| CdA, 356 CONFRONTAVAI CdA 406 CONFRONTAVAI |
Un nuovo significato
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Singolare unità con il Padre
| CdA, 166 CONFRONTAVAI CdA 168 CONFRONTAVAI |
[295] È soprattutto il Vangelo di Giovanni che mette in risalto il singolarissimo legame di Gesù con il Padre.
Con ineffabile gratitudine, Gesù è consapevole di ricevere tutto da lui: «Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa» (Gv 3,35). A sua volta il Figlio vive totalmente per la gloria del Padre: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera» (Gv 4,34). E, di fronte alla passione, l’obbedienza arriva alla suprema dedizione: «Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato. Alzatevi, andiamo...» (Gv 14,31).
L’unità del Figlio con il Padre è tale, che vedendo l’uno si vede anche l’altro: sono uno nell’altro, sono una cosa sola. Il Padre, che in se stesso è invisibile, si rivela e si dona attraverso il Figlio. Il suo amore inaudito per gli uomini si manifesta attraverso l’amore del Figlio: «In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui» (1Gv 4,9).
L’unità di rivelazione del Figlio con il Padre suppone l’unità di essere. Il Figlio si distingue dal Padre, in quanto con lui dialoga, da lui è inviato e a lui è sottomesso; tuttavia non gli è inferiore, perché opera con lui in tutte le sue opere, vive da sempre presso di lui, è Dio insieme a lui, quasi una sua «irradiazione e... impronta» (Eb 1,3), «Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre»
Concilio di Costantinopoli I, Simbolo di Nicea-Costantinopoli. | |
[296] Gesù è il Figlio unigenito di Dio fatto uomo, che ci introduce nell’intimità del Padre, perché «nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11,27).
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La Parola e la Sapienza
[297] Con riferimento alla cultura giudeo-ellenistica, largamente imbevuta di tradizione biblica sulla parola di Dio e sulla divina sapienza, il Vangelo di Giovanni presenta Gesù in modo originale come “il Verbo (la Parola)”.
Inesauribile efficacia, secondo l’Antico Testamento, possiede la parola di Dio, che conduce la storia degli uomini, crea e governa l’universo. A sua volta la divina sapienza abita dall’eternità accanto a Dio
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La persona del Verbo
[298]
Il Vangelo di Giovanni va oltre queste personificazioni e addita una persona precisa. Il Verbo eterno del Padre, creatore del mondo e guida della storia, vicino a Dio e Dio lui stesso, non è un’astrazione evanescente, ma si è fatto uomo mortale, in un luogo e in un tempo determinati; si identifica con la persona di Gesù di Nàzaret: «In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio... E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria» (Gv 1,114).
Il Verbo invisibile apparve dunque visibilmente nella nostra carne; colui che è generato prima dei secoli cominciò ad esistere anche nel tempo, per reintegrare l’universo nel disegno del Padre e ricondurre a lui l’umanità dispersa
Cf. Messale Romano, Prefazio di Natale III. | |
[299] Il nostro pensiero, per poter raggiungere gli altri, diventa suono di una voce. Il Verbo di Dio, per esprimersi e donarsi agli uomini, si è fatto vero e fragile uomo, con una storia umanissima di libertà e di finitudine.
Senza lasciare il cielo, dove da sempre e per sempre vive rivolto al Padre, è disceso sulla terra per essere Dio con noi, nostro amico e fratello. Ha condiviso in tutto eccetto il peccato, la nostra condizione umana
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Il vangelo della nascita
[301] La prima comunità dei credenti, animata dallo Spirito Santo e guidata dagli Apostoli, penetra progressivamente nella profondità del mistero di Gesù; comprende che tutta la sua esistenza è rivelazione di Dio e causa di salvezza per noi. In questa prospettiva anche gli episodi salienti che circondano la sua nascita diventano vangelo, perché lasciano già intravedere quello che poi si manifesterà pienamente alla luce di Pasqua, che cioè Dio è con noi per salvarci e riportarci alla comunione con sé. Si tratta di ricordi, fedelmente custoditi e trasmessi in ambito familiare, che ora vengono compresi nel loro profondo significato.
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Nel racconto di Matteo
[302]
Matteo apre il suo Vangelo con una genealogia e organizza gli avvenimenti della nascita di Gesù in cinque quadri
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Nel racconto di Luca
[303]
L’evangelista Luca racconta la nascita e la vita nascosta di Gesù in parallelo con quella di Giovanni Battista, presentandolo come dono incomparabile e gratuito di Dio ai poveri
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I misteri dell’infanzia e della vita nascosta
[304]
Nella nascita del Messia, povero tra i poveri, viene anticipata la suprema povertà del Crocifisso e comincia a risplendere la gloria di Dio, intesa come rivelazione del suo amore. Nella circoncisione del bambino Gesù si esprimono la sua appartenenza al popolo di Israele e la sua sottomissione alla legge. Nella presentazione al tempio Israele, rappresentato da Simeone e Anna, vede coronata la sua attesa e incontra il suo salvatore, mandato da Dio anche come «luce per illuminare le genti» (Lc 2,32). Nella venuta dei Magi sono le nazioni pagane che, mediante i loro rappresentanti, vanno incontro al Messia di Israele e lo adorano come salvatore universale. Nella fuga in Egitto si annuncia per il Messia un futuro di contrasti e persecuzioni: attuerà la sua missione attraverso la sofferenza. Nel ritrovamento nel tempio emerge la consapevolezza di Gesù circa la propria missione e la propria identità di Figlio di Dio.
La lunga permanenza di Gesù a Nàzaret, intessuta di fatica quotidiana e di ordinari rapporti con la gente anonima di un oscuro villaggio, manifesta anch’essa la condiscendenza di Dio e la sua volontà di essere con noi e per noi. Dio ama la vita quotidiana che non fa notizia, caratterizzata dalla famiglia e dal lavoro, la vita della quasi totalità del genere umano. In essa si lascia incontrare: basta viverla come un dono e un compito, con fede e amore. Non è necessario compiere grandi imprese per essere santi.
| CCC, 527-534CdA, 777-779 CONFRONTAVAI |
Ricerca incessante
[306]
La fede genera un movimento incessante di ricerca, che penetra sempre più nel mistero. La molteplicità di avvenimenti storici, esperienze personali e ambienti culturali provoca domande diverse e porta ad acquisire aspetti sempre nuovi della verità, senza mai esaurirla. Già all’interno del Nuovo Testamento, frutto dell’epoca apostolica delle origini e regola della fede per tutte le generazioni successive, è possibile riscontrare una tradizione sostanzialmente unitaria, ma con varietà di accentuazioni, di prospettive e di contributi.
La riflessione della Chiesa continua nei secoli con la partecipazione di tutti i credenti, ma soprattutto con la predicazione e gli scritti dei Padri, con il magistero del papa e dei vescovi, con quell’espressione particolarmente solenne di esso che sono i concili.
Sorgono numerose eresie. Enfatizzano un aspetto parziale della verità in maniera così unilaterale da lasciarne in ombra o negarne altri. Alcune accentuano l’umanità di Cristo a scapito della divinità; altre, viceversa, accentuano la divinità in modo da misconoscere la sua vera e completa umanità. Tutte finiscono per allontanare Dio dalla storia degli uomini, compromettendo la concezione cristiana della salvezza come unione di Dio con l’uomo. Allora, per difendere l’integrità della dottrina ricevuta dagli apostoli e l’unità della Chiesa, confidando nell’assistenza dello Spirito Santo promesso da Cristo, i concili pronunciano definizioni dogmatiche chiarificatrici, come punti fermi che non bloccano la ricerca, ma la preservano dall’imboccare strade sbagliate.
| CdA, 622 CONFRONTAVAI |
I primi sette concili
[307] I primi sette concili ecumenici difendono e spiegano le verità centrali della fede riguardo a Dio e a Cristo. Ancora oggi il loro insegnamento è patrimonio comune di quasi tutti i cristiani, d’oriente e d’occidente.
Il primo concilio di Nicea, celebrato nell’anno 325, proclama che Gesù Cristo è il Figlio unigenito di Dio, generato non creato, consustanziale al Padre, eterno e immutabile. Respinge l’arianesimo, la dottrina secondo cui il Verbo sarebbe la prima e più perfetta delle creature, strumento per la creazione di tutte le altre.
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[308] Il primo concilio di Costantinopoli, dell’anno 381, condanna gli pneumatòmachi, che negano la divinità dello Spirito Santo, e gli apollinaristi, che non riconoscono in Gesù un’anima umana, in quanto al suo posto ci sarebbe il Verbo. Insegna che lo Spirito Santo è persona divina, consustanziale al Padre e al Figlio, e che il Verbo si è fatto uomo vero, completo di anima e di corpo.
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[309] Il concilio di Efeso, dell’anno 431, rifiuta la dottrina nestoriana, secondo cui in Cristo ci sarebbero due soggetti, uniti moralmente: il Verbo e l’uomo Gesù. Afferma che il Verbo non ha unito a sé la persona di un uomo, ma si è fatto uomo e nella sua umanità è nato da Maria, ha sofferto, è risorto; perciò una sola persona, un solo e medesimo Figlio di Dio è vero Dio e vero uomo, e Maria è vera madre di Dio.
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[310] Il concilio di Calcedonia, dell’anno 451, condanna i monofisiti, i quali sostengono che nell’incarnazione la natura umana viene assorbita in quella divina e quindi ammettono in Cristo una umanità solo apparente. Il concilio formula una professione di fede, molto precisa nel linguaggio e destinata ad avere una grande importanza storica:
«Noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo,[composto]di anima razionale e di corpo, consustanziale al Padre per la divinità e consustanziale a noi per l’umanità, simile in tutto a noi, fuorché nel peccato, generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, e in questi ultimi tempi per noi e per la nostra salvezza da Maria Vergine e Madre di Dio, secondo l’umanità, uno e medesimo Cristo Figlio Signore unigenito; da riconoscersi in due nature, senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili, non essendo venuta meno la differenza delle nature a causa della loro unione, ma essendo stata, anzi, salvaguardata la proprietà di ciascuna natura, e concorrendo a formare una sola persona e ipòstasi; egli non è diviso o separato in due persone, ma è un unico e medesimo Figlio unigenito, Dio, Verbo e Signore Gesù Cristo»
Concilio di Calcedonia, Definizione della fede - DS 301-302. Per secoli questa formula è stata ripetuta, tale e quale, per esprimere la fede della Chiesa. Oggi si sente il bisogno di arricchirla con altre prospettive, per evangelizzare efficacemente le culture contemporanee. Ma essa conserva tutto il suo valore di verità e costituisce un’indicazione sicura per il nostro cammino.
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[311] Conferme e precisazioni a questa formula sono venute già nell’antichità dai tre concili successivi.
Il secondo concilio di Costantinopoli, dell’anno 553, ribadisce la condanna di alcune interpretazioni dualiste, vicine a quella nestoriana.
Il terzo concilio di Costantinopoli, degli anni 680-681, condanna il monoenergismo e il monotelismo, ultimi rigurgiti del monofisismo, che pongono in Cristo una sola attività e una sola volontà; riconosce invece l’esistenza di due attività naturali, divina e umana, e in particolare due volontà in armonia tra loro.
Il secondo concilio di Nicea, dell’anno 787, definisce che è conforme alla verità dell’incarnazione raffigurare il Cristo nelle opere d’arte e tributare culto alle sacre immagini, perché l’onore in definitiva è rivolto alla persona rappresentata.
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Incarnazione di Dio e santificazione dell’uomo
[312] Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, una sola persona in due nature, un solo soggetto di azioni divine e umane.
Il Figlio eterno si è comunicato a una concreta natura umana, esprimendosi in essa. Pur rimanendo Dio come il Padre, ha voluto vivere e morire da uomo, pensare come noi, volere e agire come noi, sentire e soffrire come noi. Ha assunto un vero corpo e una vera anima, una volontà umana liberamente sottomessa a quella divina, una conoscenza umana derivata dall’esperienza del mondo e dall’esperienza intima di sé e del Padre. Pur rimanendo trascendente, è entrato personalmente in una vera esistenza terrena con un concreto spessore storico: «Si è umiliato, non perdendo la natura di Dio, ma assumendo quella del servo»
Sant’Agostino, Discorsi, 4, 5. | CCC, 478 |
[313]
Prospettive inaudite si aprono sull’amore di Dio per gli uomini e sulla grandezza della nostra vocazione. Dio non ci ha dato solo i beni creati, ma ci ha donato se stesso nella storia, per donarci se stesso nell’eternità. Si è abbassato fino a noi, per innalzarci fino a sé, perché, ricevendo lo Spirito Santo, vivessimo in comunione con il Figlio e diventassimo per grazia figli del Padre: «Il Verbo si è fatto uomo e il Figlio di Dio figlio dell’uomo, perché l’uomo, entrando in comunione con Dio e ricevendo l’adozione filiale, diventi figlio di Dio»
Sant’Ireneo, Contro le eresie, 3, 19, 1. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 22. I misteri dell’incarnazione di Dio e della santificazione dell’uomo sono strettamente congiunti. Sia pure in maniera diversa, in ambedue Dio si comunica all’uomo personalmente e l’uomo è accolto in Dio senza perdere la sua piena e concreta verità. È questo il modo proprio del cristianesimo di intendere la salvezza.
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[314] Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, uguale al Padre nella divinità, in tutto simile a noi nell’umanità, eccetto il peccato.
Il Figlio eterno di Dio si è fatto uomo, per renderci partecipi della sua vita filiale e introdurci nell’intimità del Padre.
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[168]
Ma Gesù ha una esperienza unica di Dio; lo conosce ed è da lui conosciuto in una intimità reciproca assoluta; a lui si rivolge con commossa gratitudine e totale sottomissione, come il primo degli umili e dei poveri che sanno di ricevere tutto in dono. Ma proprio perché riceve la pienezza della vita di Dio, può parlare a lui con tono familiare e può parlare di lui con autorità: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11,25-27).
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Paternità universale [169]
Gesù sa di essere Figlio in senso unico; non si confonde mai con gli uomini nel suo rapporto verso Dio. Parlando con i discepoli, distingue accuratamente il «Padre mio» (Mt 7,21) da il «Padre vostro» (Mt 7,11), perché Dio non è per lui Padre allo stesso modo che per i discepoli.
Eppure il regno di Dio, che in Gesù si manifesta, è la vicinanza misericordiosa e la paternità di Dio nei confronti di tutti gli uomini. Dio vuole essere “Abbà” anche nei nostri confronti; vuole che ci avviciniamo a lui con lo stesso atteggiamento filiale, la stessa libertà audace e fiducia sicura di Gesù. Lo comprenderà bene l’apostolo Paolo: «Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre!”» (Rm 8,15).
Gesù da parte sua cerca in tutti i modi di risvegliare il sentimento vivo della paternità e della tenerezza di Dio. Gli uomini devono convincersi che sono amati dall’eternità e chiamati per nome; che non sono nati per caso, e non sono mai soli nella vita e nella morte. Possono non amare Dio, ma non possono impedire a lui di amarli per primo. Il figlio prodigo, nel suo folle capriccio, può volgere le spalle e fuggire di casa, per andare a sperperare i beni ricevuti; ma il Padre misericordioso aspetta con ansia il suo ritorno; gli corre incontro, lo abbraccia commosso e fa grande festa | CdA, 823-825 CONFRONTAVAI |
Personaggio paradossale [213] Gesù è un personaggio singolare e affascinante. Magnanimo e umile. Forte e mite. Totalmente libero e totalmente a servizio. Vicino al Dio santo e vicino all’uomo peccatore. Di viva intelligenza e squisita sensibilità. Elevato nel pensiero e semplice nell’esprimersi. Contemplativo e impegnato nell’azione. Profeticamente indignato verso i prepotenti e gli ipocriti e premuroso verso gli oppressi, i malati, i semplici e i bambini. Realistico nel valutare la fragilità e la malvagità umana e fiducioso nelle possibilità di conversione e di bene. Aperto all’amicizia e ai valori della vita e pronto ad accettare la solitudine e la morte. Soprattutto singolare, incomparabile nell’autorità e nel dono di sé. | CdA, 78 CONFRONTAVAI |
Le opinioni della gente [214]
Già al suo tempo la gente, presa dallo stupore, si domandava: da dove gli viene questa autorità, questa potenza nell’operare e questa sapienza nel parlare? qual è la vera identità di quest’uomo
Presto «il suo nome era diventato famoso» (Mc 6,14) e in Galilea si affermava sempre più, nell’opinione popolare, l’idea che Gesù fosse un grande profeta taumaturgo; tant’è vero che, in occasione dell’ingresso solenne a Gerusalemme, ai cittadini che chiedono spiegazioni la folla dei pellegrini galilei risponderà: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea» (Mt 21,11).
Per alcuni farisei era invece un falso profeta, posseduto da Satana, perché violava la legge e si intratteneva con i peccatori.
| CdA, 79 CONFRONTAVAI |
Riservatezza di Gesù [215]
Gesù, da parte sua, induce la gente a interrogarsi e lascia la domanda sempre aperta. Per non essere frainteso in senso politico nazionalista, evita di proclamarsi esplicitamente Messia, sebbene riceva pressioni in questo senso: «Fino a quando terrai l’animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente» (Gv 10,24). Invece di rispondere, invita a riflettere sul carattere misterioso di questo personaggio da tutti atteso: «Come mai dicono gli scribi che il Messia è figlio di Davide?... Davide stesso lo chiama Signore: come dunque può essere suo figlio?» (Mc 12,3537).
| CdA, 285 CONFRONTAVAI |
Intuizione di Pietro [216]
Gli interessa relativamente quello che dice la gente; provoca piuttosto i suoi discepoli a pronunciarsi in prima persona: «E voi chi dite che io sia?» (Mc 8,29).
A nome dei discepoli risponde Pietro: «Tu sei il Cristo». Pietro intuisce che Gesù è il salvatore e liberatore definitivo che introduce il regno di Dio, colui che Israele attendeva da secoli in base alla profezia di Natan al re David: «Io assicurerò dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere... Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio... La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me e il tuo trono sarà reso stabile per sempre» (2Sam 7,121416).
Pietro intuisce, ma non comprende. Quando Gesù annuncia la propria morte, egli si ribella. Secondo la mentalità corrente ritiene che il Messia debba essere un trionfatore sulla scena di questo mondo; non sa proprio immaginarselo sconfitto e addirittura ucciso. Gesù lo rimprovera duramente: «Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini» (Mc 8,33).
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Un nuovo significato
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Singolare unità con il Padre
| CdA, 166 CONFRONTAVAI CdA 168 CONFRONTAVAI |
[295] È soprattutto il Vangelo di Giovanni che mette in risalto il singolarissimo legame di Gesù con il Padre.
Con ineffabile gratitudine, Gesù è consapevole di ricevere tutto da lui: «Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa» (Gv 3,35). A sua volta il Figlio vive totalmente per la gloria del Padre: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera» (Gv 4,34). E, di fronte alla passione, l’obbedienza arriva alla suprema dedizione: «Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato. Alzatevi, andiamo...» (Gv 14,31).
L’unità del Figlio con il Padre è tale, che vedendo l’uno si vede anche l’altro: sono uno nell’altro, sono una cosa sola. Il Padre, che in se stesso è invisibile, si rivela e si dona attraverso il Figlio. Il suo amore inaudito per gli uomini si manifesta attraverso l’amore del Figlio: «In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui» (1Gv 4,9).
L’unità di rivelazione del Figlio con il Padre suppone l’unità di essere. Il Figlio si distingue dal Padre, in quanto con lui dialoga, da lui è inviato e a lui è sottomesso; tuttavia non gli è inferiore, perché opera con lui in tutte le sue opere, vive da sempre presso di lui, è Dio insieme a lui, quasi una sua «irradiazione e... impronta» (Eb 1,3), «Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre»
Concilio di Costantinopoli I, Simbolo di Nicea-Costantinopoli. | |
[296] Gesù è il Figlio unigenito di Dio fatto uomo, che ci introduce nell’intimità del Padre, perché «nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11,27).
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La Parola e la Sapienza
[297] Con riferimento alla cultura giudeo-ellenistica, largamente imbevuta di tradizione biblica sulla parola di Dio e sulla divina sapienza, il Vangelo di Giovanni presenta Gesù in modo originale come “il Verbo (la Parola)”.
Inesauribile efficacia, secondo l’Antico Testamento, possiede la parola di Dio, che conduce la storia degli uomini, crea e governa l’universo. A sua volta la divina sapienza abita dall’eternità accanto a Dio
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La persona del Verbo
[298]
Il Vangelo di Giovanni va oltre queste personificazioni e addita una persona precisa. Il Verbo eterno del Padre, creatore del mondo e guida della storia, vicino a Dio e Dio lui stesso, non è un’astrazione evanescente, ma si è fatto uomo mortale, in un luogo e in un tempo determinati; si identifica con la persona di Gesù di Nàzaret: «In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio... E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria» (Gv 1,114).
Il Verbo invisibile apparve dunque visibilmente nella nostra carne; colui che è generato prima dei secoli cominciò ad esistere anche nel tempo, per reintegrare l’universo nel disegno del Padre e ricondurre a lui l’umanità dispersa
Cf. Messale Romano, Prefazio di Natale III. | |
[299] Il nostro pensiero, per poter raggiungere gli altri, diventa suono di una voce. Il Verbo di Dio, per esprimersi e donarsi agli uomini, si è fatto vero e fragile uomo, con una storia umanissima di libertà e di finitudine.
Senza lasciare il cielo, dove da sempre e per sempre vive rivolto al Padre, è disceso sulla terra per essere Dio con noi, nostro amico e fratello. Ha condiviso in tutto eccetto il peccato, la nostra condizione umana
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Ricerca incessante
[306]
La fede genera un movimento incessante di ricerca, che penetra sempre più nel mistero. La molteplicità di avvenimenti storici, esperienze personali e ambienti culturali provoca domande diverse e porta ad acquisire aspetti sempre nuovi della verità, senza mai esaurirla. Già all’interno del Nuovo Testamento, frutto dell’epoca apostolica delle origini e regola della fede per tutte le generazioni successive, è possibile riscontrare una tradizione sostanzialmente unitaria, ma con varietà di accentuazioni, di prospettive e di contributi.
La riflessione della Chiesa continua nei secoli con la partecipazione di tutti i credenti, ma soprattutto con la predicazione e gli scritti dei Padri, con il magistero del papa e dei vescovi, con quell’espressione particolarmente solenne di esso che sono i concili.
Sorgono numerose eresie. Enfatizzano un aspetto parziale della verità in maniera così unilaterale da lasciarne in ombra o negarne altri. Alcune accentuano l’umanità di Cristo a scapito della divinità; altre, viceversa, accentuano la divinità in modo da misconoscere la sua vera e completa umanità. Tutte finiscono per allontanare Dio dalla storia degli uomini, compromettendo la concezione cristiana della salvezza come unione di Dio con l’uomo. Allora, per difendere l’integrità della dottrina ricevuta dagli apostoli e l’unità della Chiesa, confidando nell’assistenza dello Spirito Santo promesso da Cristo, i concili pronunciano definizioni dogmatiche chiarificatrici, come punti fermi che non bloccano la ricerca, ma la preservano dall’imboccare strade sbagliate.
| CdA, 622 CONFRONTAVAI |
I primi sette concili
[307] I primi sette concili ecumenici difendono e spiegano le verità centrali della fede riguardo a Dio e a Cristo. Ancora oggi il loro insegnamento è patrimonio comune di quasi tutti i cristiani, d’oriente e d’occidente.
Il primo concilio di Nicea, celebrato nell’anno 325, proclama che Gesù Cristo è il Figlio unigenito di Dio, generato non creato, consustanziale al Padre, eterno e immutabile. Respinge l’arianesimo, la dottrina secondo cui il Verbo sarebbe la prima e più perfetta delle creature, strumento per la creazione di tutte le altre.
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[308] Il primo concilio di Costantinopoli, dell’anno 381, condanna gli pneumatòmachi, che negano la divinità dello Spirito Santo, e gli apollinaristi, che non riconoscono in Gesù un’anima umana, in quanto al suo posto ci sarebbe il Verbo. Insegna che lo Spirito Santo è persona divina, consustanziale al Padre e al Figlio, e che il Verbo si è fatto uomo vero, completo di anima e di corpo.
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[309] Il concilio di Efeso, dell’anno 431, rifiuta la dottrina nestoriana, secondo cui in Cristo ci sarebbero due soggetti, uniti moralmente: il Verbo e l’uomo Gesù. Afferma che il Verbo non ha unito a sé la persona di un uomo, ma si è fatto uomo e nella sua umanità è nato da Maria, ha sofferto, è risorto; perciò una sola persona, un solo e medesimo Figlio di Dio è vero Dio e vero uomo, e Maria è vera madre di Dio.
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[310] Il concilio di Calcedonia, dell’anno 451, condanna i monofisiti, i quali sostengono che nell’incarnazione la natura umana viene assorbita in quella divina e quindi ammettono in Cristo una umanità solo apparente. Il concilio formula una professione di fede, molto precisa nel linguaggio e destinata ad avere una grande importanza storica:
«Noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo,[composto]di anima razionale e di corpo, consustanziale al Padre per la divinità e consustanziale a noi per l’umanità, simile in tutto a noi, fuorché nel peccato, generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, e in questi ultimi tempi per noi e per la nostra salvezza da Maria Vergine e Madre di Dio, secondo l’umanità, uno e medesimo Cristo Figlio Signore unigenito; da riconoscersi in due nature, senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili, non essendo venuta meno la differenza delle nature a causa della loro unione, ma essendo stata, anzi, salvaguardata la proprietà di ciascuna natura, e concorrendo a formare una sola persona e ipòstasi; egli non è diviso o separato in due persone, ma è un unico e medesimo Figlio unigenito, Dio, Verbo e Signore Gesù Cristo»
Concilio di Calcedonia, Definizione della fede - DS 301-302. Per secoli questa formula è stata ripetuta, tale e quale, per esprimere la fede della Chiesa. Oggi si sente il bisogno di arricchirla con altre prospettive, per evangelizzare efficacemente le culture contemporanee. Ma essa conserva tutto il suo valore di verità e costituisce un’indicazione sicura per il nostro cammino.
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[311] Conferme e precisazioni a questa formula sono venute già nell’antichità dai tre concili successivi.
Il secondo concilio di Costantinopoli, dell’anno 553, ribadisce la condanna di alcune interpretazioni dualiste, vicine a quella nestoriana.
Il terzo concilio di Costantinopoli, degli anni 680-681, condanna il monoenergismo e il monotelismo, ultimi rigurgiti del monofisismo, che pongono in Cristo una sola attività e una sola volontà; riconosce invece l’esistenza di due attività naturali, divina e umana, e in particolare due volontà in armonia tra loro.
Il secondo concilio di Nicea, dell’anno 787, definisce che è conforme alla verità dell’incarnazione raffigurare il Cristo nelle opere d’arte e tributare culto alle sacre immagini, perché l’onore in definitiva è rivolto alla persona rappresentata.
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Incarnazione di Dio e santificazione dell’uomo
[312] Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, una sola persona in due nature, un solo soggetto di azioni divine e umane.
Il Figlio eterno si è comunicato a una concreta natura umana, esprimendosi in essa. Pur rimanendo Dio come il Padre, ha voluto vivere e morire da uomo, pensare come noi, volere e agire come noi, sentire e soffrire come noi. Ha assunto un vero corpo e una vera anima, una volontà umana liberamente sottomessa a quella divina, una conoscenza umana derivata dall’esperienza del mondo e dall’esperienza intima di sé e del Padre. Pur rimanendo trascendente, è entrato personalmente in una vera esistenza terrena con un concreto spessore storico: «Si è umiliato, non perdendo la natura di Dio, ma assumendo quella del servo»
Sant’Agostino, Discorsi, 4, 5. | CCC, 478 |
[313]
Prospettive inaudite si aprono sull’amore di Dio per gli uomini e sulla grandezza della nostra vocazione. Dio non ci ha dato solo i beni creati, ma ci ha donato se stesso nella storia, per donarci se stesso nell’eternità. Si è abbassato fino a noi, per innalzarci fino a sé, perché, ricevendo lo Spirito Santo, vivessimo in comunione con il Figlio e diventassimo per grazia figli del Padre: «Il Verbo si è fatto uomo e il Figlio di Dio figlio dell’uomo, perché l’uomo, entrando in comunione con Dio e ricevendo l’adozione filiale, diventi figlio di Dio»
Sant’Ireneo, Contro le eresie, 3, 19, 1. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 22. I misteri dell’incarnazione di Dio e della santificazione dell’uomo sono strettamente congiunti. Sia pure in maniera diversa, in ambedue Dio si comunica all’uomo personalmente e l’uomo è accolto in Dio senza perdere la sua piena e concreta verità. È questo il modo proprio del cristianesimo di intendere la salvezza.
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[314] Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, uguale al Padre nella divinità, in tutto simile a noi nell’umanità, eccetto il peccato.
Il Figlio eterno di Dio si è fatto uomo, per renderci partecipi della sua vita filiale e introdurci nell’intimità del Padre.
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Lo Spirito rivelato nella storia
[336]
Significativamente si fa menzione dello Spirito in apertura e in chiusura della Bibbia: tutta la storia, dalla creazione al compimento ultimo, si svolge sotto il potente “soffio” di Dio. Lo Spirito è l’onnipotenza dell’amore con cui Dio attua il suo progetto nel mondo: produce le cose, dà la vita, suscita i profeti, giustifica i peccatori, fa risorgere i morti
| |
[337]
Gesù è il Cristo, il consacrato con l’unzione di Spirito Santo: lo riceve dal Padre e lo dona agli uomini. La missione dell’uno è inseparabile da quella dell’altro. Vera missione è quella pubblica di Gesù; missione diversa, ma non meno vera, è quella interiore dello Spirito Santo: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna... E... ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!» (Gal 4,46).
| |
[338]
Il suo compito è quello di introdurci nella comunione con Dio. Per mezzo di lui l’amore di Dio viene riversato nei nostri cuori e il Padre e il Figlio prendono dimora in noi. Per mezzo di lui noi diventiamo fratelli di Cristo, a lui uniti come suo corpo, partecipi del suo rapporto filiale verso il Padre
| CdA, 743 CONFRONTAVAI CdA 810-814 CONFRONTAVAI |
[339]
Nel testo sopra citato della Lettera ai Galati, il parallelismo tra la missione del Figlio e dello Spirito, indica che questi, sebbene indissolubilmente unito con il Padre e il Figlio, non è solo energia divina, ma soggetto personale distinto; così in altri testi, dove si dice che agisce liberamente, desidera, intercede, si rattrista; così nelle formule in cui è posto come terzo accanto al Padre e al Figlio
| |
[340]
Secondo la fede della Chiesa, lo Spirito Santo è Dio insieme al Padre e al Figlio e procede «dal Padre e dal Figlio non come da due principî, ma come da uno solo»
Concilio di Lione II, Costituzione “Fideli ac devota”, 1: La somma Trinità e la fede cattolica - DS 850. Cf. Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Greci “Laetentur caeli” - DS 1300-1301; Id., Bolla di unione dei Copti “Cantate Domino” - DS 1331. Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Greci “Laetentur caeli” - DS 1301; Concilio Vaticano II, Ad gentes, 2. | |
Il dono
[341]
Lo Spirito Santo «è Persona-amore; è Persona-dono»
Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 10. San Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 1, 8, 12.
In questo «Amore-dono»
Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 10.
Lo Spirito è la forza dell’amore, il movimento per condurre ogni cosa al suo pieno compimento in Dio
Cf. Sant’Agostino, Confessioni, 13, 7, 8. | |
[342]
Lo Spirito «soffia dove vuole» (Gv 3,8); è misterioso e inafferrabile, come i suoi simboli biblici: vento, acqua, fuoco, nube, unzione. Arriva ovunque, come presenza attiva del Padre e del Figlio che fa vivere e santifica. Ma è soprattutto la Chiesa il luogo dove «fiorisce lo Spirito»
Sant’Ippolito di Roma, La tradizione apostolica, 35.
«Senza lo Spirito Santo, Dio è lontano, il Cristo resta nel passato, il vangelo è lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità una dominazione, la missione una propaganda, il culto un’evocazione, l’agire cristiano una morale da schiavi. Ma in lui... il cosmo è sollevato e geme nel parto del Regno; l’uomo lotta contro la carne; Gesù Cristo Signore risorto è presente; il vangelo è potenza di vita; la Chiesa è segno di comunione trinitaria; l’autorità è servizio liberatore; la missione è una Pentecoste; la liturgia è memoriale e anticipazione; l’agire umano è deificato»
IV Assemblea mondiale delle Chiese (Uppsala 1968), Discorso di Ignatios Hazim metropolita di Lattaquié (Laodicea) del patriarcato ortodosso greco di Antiochia. | |
Lo Spirito rivelato nella storia
[336]
Significativamente si fa menzione dello Spirito in apertura e in chiusura della Bibbia: tutta la storia, dalla creazione al compimento ultimo, si svolge sotto il potente “soffio” di Dio. Lo Spirito è l’onnipotenza dell’amore con cui Dio attua il suo progetto nel mondo: produce le cose, dà la vita, suscita i profeti, giustifica i peccatori, fa risorgere i morti
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[337]
Gesù è il Cristo, il consacrato con l’unzione di Spirito Santo: lo riceve dal Padre e lo dona agli uomini. La missione dell’uno è inseparabile da quella dell’altro. Vera missione è quella pubblica di Gesù; missione diversa, ma non meno vera, è quella interiore dello Spirito Santo: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna... E... ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!» (Gal 4,46).
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[338]
Il suo compito è quello di introdurci nella comunione con Dio. Per mezzo di lui l’amore di Dio viene riversato nei nostri cuori e il Padre e il Figlio prendono dimora in noi. Per mezzo di lui noi diventiamo fratelli di Cristo, a lui uniti come suo corpo, partecipi del suo rapporto filiale verso il Padre
| CdA, 743 CONFRONTAVAI CdA 810-814 CONFRONTAVAI |
[339]
Nel testo sopra citato della Lettera ai Galati, il parallelismo tra la missione del Figlio e dello Spirito, indica che questi, sebbene indissolubilmente unito con il Padre e il Figlio, non è solo energia divina, ma soggetto personale distinto; così in altri testi, dove si dice che agisce liberamente, desidera, intercede, si rattrista; così nelle formule in cui è posto come terzo accanto al Padre e al Figlio
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[340]
Secondo la fede della Chiesa, lo Spirito Santo è Dio insieme al Padre e al Figlio e procede «dal Padre e dal Figlio non come da due principî, ma come da uno solo»
Concilio di Lione II, Costituzione “Fideli ac devota”, 1: La somma Trinità e la fede cattolica - DS 850. Cf. Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Greci “Laetentur caeli” - DS 1300-1301; Id., Bolla di unione dei Copti “Cantate Domino” - DS 1331. Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Greci “Laetentur caeli” - DS 1301; Concilio Vaticano II, Ad gentes, 2. | |
Il dono
[341]
Lo Spirito Santo «è Persona-amore; è Persona-dono»
Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 10. San Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 1, 8, 12.
In questo «Amore-dono»
Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 10.
Lo Spirito è la forza dell’amore, il movimento per condurre ogni cosa al suo pieno compimento in Dio
Cf. Sant’Agostino, Confessioni, 13, 7, 8. | |
[342]
Lo Spirito «soffia dove vuole» (Gv 3,8); è misterioso e inafferrabile, come i suoi simboli biblici: vento, acqua, fuoco, nube, unzione. Arriva ovunque, come presenza attiva del Padre e del Figlio che fa vivere e santifica. Ma è soprattutto la Chiesa il luogo dove «fiorisce lo Spirito»
Sant’Ippolito di Roma, La tradizione apostolica, 35.
«Senza lo Spirito Santo, Dio è lontano, il Cristo resta nel passato, il vangelo è lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità una dominazione, la missione una propaganda, il culto un’evocazione, l’agire cristiano una morale da schiavi. Ma in lui... il cosmo è sollevato e geme nel parto del Regno; l’uomo lotta contro la carne; Gesù Cristo Signore risorto è presente; il vangelo è potenza di vita; la Chiesa è segno di comunione trinitaria; l’autorità è servizio liberatore; la missione è una Pentecoste; la liturgia è memoriale e anticipazione; l’agire umano è deificato»
IV Assemblea mondiale delle Chiese (Uppsala 1968), Discorso di Ignatios Hazim metropolita di Lattaquié (Laodicea) del patriarcato ortodosso greco di Antiochia. | |
Mistero oscuro e luminoso
[316] La nostra conoscenza di Dio è indiretta e inadeguata. Che senso ha allora indagare la sua vita intima, ciò che egli è in se stesso?
Nella nostra cultura è abbastanza diffuso l’agnosticismo, che tende a circoscrivere la capacità dell’intelligenza umana dentro l’orizzonte terreno e si mostra estremamente diffidente verso ogni tentativo di parlare di Dio. È significativo che nel nostro paese, accanto a quelli che si dichiarano non credenti o indifferenti, molte siano le persone che si ritrovano nella definizione di Dio come Mistero.
D’altra parte, un rapporto religioso vivo non può fare a meno di una qualche conoscenza positiva ed è ancor più significativo che la grande maggioranza della gente si riconosca nella definizione cristiana: «Dio è amore» (1Gv 4,8). Non si può aver fiducia in chi resta completamente sconosciuto.
| CdA, 34 CONFRONTAVAI |
[317] Nella rivelazione storica Dio si manifesta e si nasconde nello stesso tempo; ci offre una conoscenza luminosa, associata a ombre impenetrabili. La sorgente infinita dell’essere e della vita rimane al di là di tutte le cose e di tutti i pensieri; ma in Gesù di Nàzaret lascia trasparire qualcosa del suo segreto. La storia del Cristo non è storia di una sola persona, ma di tre persone: il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. Il Dio ignoto si rivela come mistero di comunione e di amore.
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[318]
Una singolare dialettica attraversava le promesse di salvezza nell’Antico Testamento: da una parte si affermava che negli ultimi tempi Dio sarebbe intervenuto in prima persona per liberare e riunire il suo popolo, e stabilire in esso la sua dimora; dall’altra si accentuava il ruolo che avrebbero svolto le mediazioni della Parola
L’enigma trova soluzione nella storia di Gesù: Messia, Parola e Sapienza di Dio, attraverso il quale si rende presente il Padre e viene donato lo Spirito. Una storia trinitaria dal principio alla fine, perché Dio vi si impegna personalmente come egli è.
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[319]
Gesù riceve il battesimo nelle acque del Giordano ed ecco la voce del Padre presentarlo al mondo e lo Spirito scendere su di lui
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[320]
Con la Pentecoste inizia il cammino storico della comunità cristiana, Chiesa di Dio, corpo del Cristo e tempio vivo dello Spirito. In essa si entra con il battesimo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo
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Fede trinitaria della Chiesa
[321]
La fede cristiana fin dalle origini è cristologica e trinitaria, perché nel mistero di Cristo, il consacrato con l’olio della sovranità divina, noi incontriamo «il Padre che fa l’unzione, il Figlio che la riceve, lo Spirito che è l’unzione stessa»
Sant’Ireneo, Contro le eresie, 3, 18, 3.
Nel II secolo nascono i “simboli della fede” e nascono esplicitamente trinitari. Ecco uno dei più antichi, quello della cosiddetta Didascalia degli Apostoli: «Credo nel Padre dominatore dell’universo e in Gesù Cristo Salvatore nostro e nello Spirito Santo Paraclito»
Costituzioni apostoliche, 7, 41. San Giustino, Prima apologia, 65, 3. | |
Parola e silenzio
[322]
L’amore inaudito di Dio per noi trova il suo fondamento nel mistero di amore che Dio è in se stesso. Davanti a questo mistero il discorso umano è un povero balbettare e volentieri cede il posto al silenzio e all’adorazione. I mistici, che nella contemplazione hanno una conoscenza di Dio senza concetti, molto più perfetta di quella ordinaria, non riescono ad esporla come vorrebbero; lasciano intuire qualcosa delle meraviglie intraviste più con la loro personale trasformazione che non mediante i tentativi di raccontare: «Non si trova parola che suoni adeguata; nessun pensiero può mai giungervi, nessuna mente allargarsi fin là, tanto supera il tutto; come è vero che Dio non può esser spiegato mai»
Beata Angela da Foligno, Il libro, Memoriale, 9, 361-363. | |
Dio della creazione [324] La figura paterna è vista con sospetto nella cultura moderna, specialmente quando è riferita a Dio. Sarebbe sinonimo di potere autoritario e fonte di alienazione. Ma è questo il Dio di Gesù Cristo? La sua trascendenza esclude la vicinanza e la tenerezza? Il suo primato esclude la comunione?
Colui che Gesù chiama familiarmente “Abbà” è il Creatore del cielo e della terra Concilio Vaticano I, Dei Filius, I - DS 3001.
Davanti a lui l’universo, popolato di stelle e galassie, malgrado la sua immensità che dà le vertigini, appare come un granello di polvere sulla bilancia, «come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra» (Sap 11,22). Nulla aggiunge alla perfezione del suo Creatore; la sua esistenza è puro dono, assolutamente libero e gratuito.
| CdA, 358-361 CONFRONTAVAI |
[325]
Dio è infinitamente perfetto: nulla può perdere o acquistare | |
[326]
Ma la trascendenza non significa lontananza. Dio contiene l’universo nella sua intelligenza e volontà; penetra intimamente ogni cosa con il suo Spirito, per dare «esistenza, energia e vita» Messale Romano, Prefazio delle domeniche del tempo ordinario VI. Sant’Agostino, Confessioni, 6, 3, 4. | |
Dio della storia [327]
Il Padre del Signore Gesù Cristo è il Dio vivente della storia, il «Dio di Israele» (Mt 15,31), il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Egli cammina con il suo popolo e partecipa con intensità alle vicende degli uomini; ama appassionatamente e vuole essere amato «con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6,5); prova compassione per la sofferenza
Inserendosi nella storia, Dio rimane il Signore trascendente della storia. Dice il suo nome e nello stesso tempo rifiuta di dirlo completamente. «Io sono colui che sono!» (Es 3,14). Il suo coinvolgimento è sovranamente libero. «Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia» (Es 33,19). Eppure nessun altro amore è così universale, fedele e misericordioso come il suo.
| CdA, 45-52 CONFRONTAVAI |
Il Padre | CdA, 821-825 CONFRONTAVAI |
[329]
Attraverso di lui il Padre si manifesta come amore senza limiti. Ama non solo i giusti, i sofferenti e gli oppressi, ma anche i peccatori, gli oppressori e i bestemmiatori, perfino i crocifissori del suo Figlio. Li ama così come sono. Prende su di sé il peso dei loro peccati. Dà quanto ha di più caro, per salvarli: «Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,8).
| |
[330]
Gesù stesso riceve tutto dal Padre | |
[331]
Il nome “Padre”, attribuito a Dio già nell’Antico Testamento, assume un significato ben più profondo, per il fatto che Dio si rivela nel Figlio unigenito e comunica agli uomini lo Spirito del suo Figlio. Con questo nuovo significato diventa il nome definitivo: «Il nome che conviene propriamente a Dio è quello di “Padre” piuttosto che di “Dio”... Dire “Dio” significa indicare il dominatore di tutte le cose; dire “Padre” significa invece raggiungere una proprietà intima... “Padre” è dunque in certo modo il nome più vero di Dio, il suo nome proprio per eccellenza» San Cirillo di Alessandria, Commento al Vangelo di Giovanni, 2, 7. | |
[332]
Il termine “Padre” è analogico; indica il principio da cui il Figlio riceve tutto ciò che è e fa. In realtà Dio si colloca al di là delle differenze di sesso e riunisce in sé i valori della paternità e della maternità Cf. Clemente di Alessandria, C’è salvezza per il ricco?, 37; Sinodo di Toledo XI, Simbolo, 6 - DS 526. | |
Principio senza principio [333]
«Dio è amore» (1Gv 4,8). Il principio originario di tutta la realtà è «uno, ma non solitario» Formula “Fides Damasi” - DS 71. Cf. Sinodo di Toledo VI - DS 490. Santa Veronica Giuliani, Diario, 22.4.1697.
È opportuno che, secondo l’uso del Nuovo Testamento, il nome “Dio” indichi normalmente il Padre, perché egli solo è Dio da se stesso e principio senza principio, «sorgente e origine di tutta la divinità» Sinodo di Toledo VI DS 490. Concilio di Costantinopoli I, Simbolo di Nicea-Costantinopoli. Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Copti “Cantate Domino” DS 1331. | |
Testimoni del Padre [334]
L’atteggiamento filiale, che dobbiamo assumere verso il Padre, è profonda adorazione e gioiosa confidenza nello stesso tempo. Va testimoniato con la fraternità verso gli altri uomini, la responsabilità e la creatività nel bene, il coraggio nelle prove.
Di questa testimonianza ha bisogno soprattutto quella parte del mondo moderno, che, rincorrendo l’autonomia della ragione e dell’agire, ha emarginato Dio; ma anziché ritrovarsi adulta, ha finito per sentirsi orfana. Il Padre di Gesù non ha niente a che fare con l’immagine paterna rifiutata: non soffoca la libertà, non preserva dalla fatica e dalla sofferenza, non favorisce la passività, la viltà, il servilismo, il fatalismo. È un Padre diverso rispetto alle proiezioni del nostro desiderio, come Gesù è un salvatore diverso. È premuroso e onnipotente, ma non invadente; è vicino anche nell’apparente assenza; non impedisce il male, ma ne trae il bene, rispettando la libertà delle creature. È il principio originario; ma da lui derivano persone di pari dignità, il Figlio e lo Spirito, con le quali da sempre vive in comunione. | |
Lo Spirito rivelato nella storia
[336]
Significativamente si fa menzione dello Spirito in apertura e in chiusura della Bibbia: tutta la storia, dalla creazione al compimento ultimo, si svolge sotto il potente “soffio” di Dio. Lo Spirito è l’onnipotenza dell’amore con cui Dio attua il suo progetto nel mondo: produce le cose, dà la vita, suscita i profeti, giustifica i peccatori, fa risorgere i morti
| |
[337]
Gesù è il Cristo, il consacrato con l’unzione di Spirito Santo: lo riceve dal Padre e lo dona agli uomini. La missione dell’uno è inseparabile da quella dell’altro. Vera missione è quella pubblica di Gesù; missione diversa, ma non meno vera, è quella interiore dello Spirito Santo: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna... E... ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!» (Gal 4,46).
| |
[338]
Il suo compito è quello di introdurci nella comunione con Dio. Per mezzo di lui l’amore di Dio viene riversato nei nostri cuori e il Padre e il Figlio prendono dimora in noi. Per mezzo di lui noi diventiamo fratelli di Cristo, a lui uniti come suo corpo, partecipi del suo rapporto filiale verso il Padre
| CdA, 743 CONFRONTAVAI CdA 810-814 CONFRONTAVAI |
[339]
Nel testo sopra citato della Lettera ai Galati, il parallelismo tra la missione del Figlio e dello Spirito, indica che questi, sebbene indissolubilmente unito con il Padre e il Figlio, non è solo energia divina, ma soggetto personale distinto; così in altri testi, dove si dice che agisce liberamente, desidera, intercede, si rattrista; così nelle formule in cui è posto come terzo accanto al Padre e al Figlio
| |
[340]
Secondo la fede della Chiesa, lo Spirito Santo è Dio insieme al Padre e al Figlio e procede «dal Padre e dal Figlio non come da due principî, ma come da uno solo»
Concilio di Lione II, Costituzione “Fideli ac devota”, 1: La somma Trinità e la fede cattolica - DS 850. Cf. Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Greci “Laetentur caeli” - DS 1300-1301; Id., Bolla di unione dei Copti “Cantate Domino” - DS 1331. Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Greci “Laetentur caeli” - DS 1301; Concilio Vaticano II, Ad gentes, 2. | |
Il dono
[341]
Lo Spirito Santo «è Persona-amore; è Persona-dono»
Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 10. San Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 1, 8, 12.
In questo «Amore-dono»
Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 10.
Lo Spirito è la forza dell’amore, il movimento per condurre ogni cosa al suo pieno compimento in Dio
Cf. Sant’Agostino, Confessioni, 13, 7, 8. | |
[342]
Lo Spirito «soffia dove vuole» (Gv 3,8); è misterioso e inafferrabile, come i suoi simboli biblici: vento, acqua, fuoco, nube, unzione. Arriva ovunque, come presenza attiva del Padre e del Figlio che fa vivere e santifica. Ma è soprattutto la Chiesa il luogo dove «fiorisce lo Spirito»
Sant’Ippolito di Roma, La tradizione apostolica, 35.
«Senza lo Spirito Santo, Dio è lontano, il Cristo resta nel passato, il vangelo è lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità una dominazione, la missione una propaganda, il culto un’evocazione, l’agire cristiano una morale da schiavi. Ma in lui... il cosmo è sollevato e geme nel parto del Regno; l’uomo lotta contro la carne; Gesù Cristo Signore risorto è presente; il vangelo è potenza di vita; la Chiesa è segno di comunione trinitaria; l’autorità è servizio liberatore; la missione è una Pentecoste; la liturgia è memoriale e anticipazione; l’agire umano è deificato»
IV Assemblea mondiale delle Chiese (Uppsala 1968), Discorso di Ignatios Hazim metropolita di Lattaquié (Laodicea) del patriarcato ortodosso greco di Antiochia. | |
Un linguaggio difficile
[344] Secondo un’opinione abbastanza diffusa, il mistero della Trinità sarebbe una dottrina astrusa e lontana dalla vita. In realtà, invece, è una luce che dà significato e bellezza a tutto, sebbene in se stessa non possa essere fissata, perché troppo intensa.
In Cristo e nella sua Chiesa Dio ha dato se stesso, come egli è, Padre e Figlio e Spirito Santo. La fede cristiana fin dalle origini professa il monoteismo trinitario, escludendo da una parte il politeismo e dall’altra il monoteismo rigido; ma, per trovare un’espressione linguistica accurata e precisa, ha impiegato molti secoli; anzi, si può dire che la ricerca continua ancora, perché l’intelligenza del mistero, per quanto inadeguata e debolissima, risulta sempre ardua da formulare.
Le formule trinitarie, proposte con autorità dal magistero ecclesiastico, mettono in evidenza sia l’uguaglianza e l’opera comune delle persone divine sia l’ordine reciproco e dinamico tra di loro. Una delle più complete e analitiche è quella del concilio di Firenze, nell’anno 1442, che riportiamo quasi integralmente: «Un solo, vero Dio, onnipotente, immutabile e eterno, Padre, Figlio e Spirito Santo; uno nell’essenza, trino nelle persone, Padre non generato, Figlio generato dal Padre, Spirito Santo procedente dal Padre e dal Figlio... Queste tre persone sono un solo Dio e non tre dèi, poiché dei tre una sola è la sostanza, una l’essenza, una la natura, una la divinità, una l’immensità, una l’eternità, e tutto è uno, dove non si opponga la relazione. Per questa unità il Padre è tutto nel Figlio, tutto nello Spirito Santo; il Figlio è tutto nel Padre, tutto nello Spirito Santo; lo Spirito Santo è tutto nel Padre, tutto nel Figlio... Tutto quello che il Padre è o ha, non lo ha da un altro, ma da se stesso, ed è principio senza principio. Tutto ciò che il Figlio è o ha, lo ha dal Padre, ed è principio da principio. Tutto ciò che lo Spirito Santo è o ha, lo ha dal Padre e dal Figlio insieme. Ma il Padre e il Figlio non sono due principî dello Spirito Santo, ma un solo principio, come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo non sono tre principî della creazione, ma un solo principio»
Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Copti “Cantate Domino” - DS 1330-1331. | |
Perfetta comunione di carità
[345] Sarebbe ingenuità e presunzione cercare una chiarezza completa. Tuttavia un barlume di luce può venire attraverso la debole, ma preziosa analogia dell’amore umano, che comporta sempre distinzione e comunione di persone, in quanto è trasferire se stesso nell’altro, riporre in lui le ragioni del vivere, la propria vita più vera.
«Se vedi la carità, tu vedi la Trinità»
Sant’Agostino, La Trinità, 8, 8, 12. Sant’Agostino, La Trinità, 8, 10, 14. | |
[346] Nessuna delle tre persone supera le altre nella eternità, nella perfezione o nel potere. Tuttavia il Padre è il primo perché dona e non riceve; il Figlio è secondo perché riceve dal Padre; lo Spirito Santo è terzo perché procede dal Padre attraverso il Figlio. Vivono uno per l’altro, con l’altro e nell’altro in perfetta unità e reciprocità dinamica. Ciascuno è se stesso in quanto è tutto rivolto agli altri e si compenetra con essi, in uno slancio inesauribile di vita che esce eternamente dal Padre e al Padre eternamente si volge.
| |
[347]
L’unità di Dio rimane fuori discussione: il Padre è l’unico principio di tutta la vita divina; le tre persone insieme sono l’unico principio di tutta la realtà creata. «Un solo Dio e Padre, dal quale sono tutte le cose; e un solo Signore Gesù Cristo, per mezzo del quale sono tutte le cose; e un solo Spirito Santo, nel quale sono tutte le cose», proclama il II concilio di Costantinopoli nell’anno 553
Concilio di Costantinopoli II, Condanne contro i “tre Capitoli”, 1 - DS 421. San Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 1, 8, 14. | |
Partecipi della vita trinitaria
[348] Per noi uomini la Trinità è l’origine, il sostegno, la direzione e la meta del nostro cammino. Siamo creati a sua immagine e chiamati a partecipare alla sua vita di amore.
Siamo soggetti singoli e irripetibili; ma ci apparteniamo gli uni gli altri. Tendiamo ad affermare la nostra identità personale, la nostra libertà e originalità; non però nell’isolamento. Per essere noi stessi e sentirci vivi, abbiamo bisogno che altre persone ci accettino e riconoscano il nostro valore; abbiamo bisogno di comunicare con loro e di condividere le cose, gli atteggiamenti, perfino i segreti più intimi. Ciò si può realizzare solo nella reciprocità dell’amore, non certo in altri rapporti umani caratterizzati dalla violenza, dal dominio, dal possesso.
Secondo un detto di Gesù, non riferito dai Vangeli canonici, ma attribuito a lui dall’antica tradizione cristiana, il regno di Dio viene «quando due diventano uno»
Clemente d’Alessandria, Stromati, 3, 13. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 24. | CdA, 808 CONFRONTAVAI |
[349] Un discorso analogo va fatto per tutte le realtà sociali, dalle piccole comunità ai popoli: anch’esse possono svilupparsi solo nella comunicazione reciproca, libera e rispettosa. L’impegno cristiano nella storia mira a realizzare la più grande libertà nella più grande solidarietà, evitando da una parte la solitudine dell’individualismo e dall’altra l’oppressione del collettivismo. Esso riserva un’attenzione privilegiata alla famiglia, riflesso della comunione trinitaria, esperienza primaria della reciprocità, in cui la persona vive e cresce.
La Chiesa, da parte sua, deve porsi come immagine viva e concreta della Trinità, edificandosi come un solo corpo con molte membra, nella comunicazione incessante dei fedeli e delle loro varie aggregazioni.
La Trinità è il mistero di Dio; ma è anche il segreto più profondo della vita dell’uomo.
| |
[350] Padre, Figlio e Spirito Santo: tre persone un solo Dio. Donazione, Accoglienza, Dono: una perfetta comunione di amore.
Noi, creati a immagine di Dio, ci realizziamo solo nella reciprocità dell’amore, donando e accogliendo, facendo unità.
| |
Mistero oscuro e luminoso
[316] La nostra conoscenza di Dio è indiretta e inadeguata. Che senso ha allora indagare la sua vita intima, ciò che egli è in se stesso?
Nella nostra cultura è abbastanza diffuso l’agnosticismo, che tende a circoscrivere la capacità dell’intelligenza umana dentro l’orizzonte terreno e si mostra estremamente diffidente verso ogni tentativo di parlare di Dio. È significativo che nel nostro paese, accanto a quelli che si dichiarano non credenti o indifferenti, molte siano le persone che si ritrovano nella definizione di Dio come Mistero.
D’altra parte, un rapporto religioso vivo non può fare a meno di una qualche conoscenza positiva ed è ancor più significativo che la grande maggioranza della gente si riconosca nella definizione cristiana: «Dio è amore» (1Gv 4,8). Non si può aver fiducia in chi resta completamente sconosciuto.
| CdA, 34 CONFRONTAVAI |
[317] Nella rivelazione storica Dio si manifesta e si nasconde nello stesso tempo; ci offre una conoscenza luminosa, associata a ombre impenetrabili. La sorgente infinita dell’essere e della vita rimane al di là di tutte le cose e di tutti i pensieri; ma in Gesù di Nàzaret lascia trasparire qualcosa del suo segreto. La storia del Cristo non è storia di una sola persona, ma di tre persone: il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. Il Dio ignoto si rivela come mistero di comunione e di amore.
| |
[318]
Una singolare dialettica attraversava le promesse di salvezza nell’Antico Testamento: da una parte si affermava che negli ultimi tempi Dio sarebbe intervenuto in prima persona per liberare e riunire il suo popolo, e stabilire in esso la sua dimora; dall’altra si accentuava il ruolo che avrebbero svolto le mediazioni della Parola
L’enigma trova soluzione nella storia di Gesù: Messia, Parola e Sapienza di Dio, attraverso il quale si rende presente il Padre e viene donato lo Spirito. Una storia trinitaria dal principio alla fine, perché Dio vi si impegna personalmente come egli è.
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[319]
Gesù riceve il battesimo nelle acque del Giordano ed ecco la voce del Padre presentarlo al mondo e lo Spirito scendere su di lui
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[320]
Con la Pentecoste inizia il cammino storico della comunità cristiana, Chiesa di Dio, corpo del Cristo e tempio vivo dello Spirito. In essa si entra con il battesimo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo
| |
Fede trinitaria della Chiesa
[321]
La fede cristiana fin dalle origini è cristologica e trinitaria, perché nel mistero di Cristo, il consacrato con l’olio della sovranità divina, noi incontriamo «il Padre che fa l’unzione, il Figlio che la riceve, lo Spirito che è l’unzione stessa»
Sant’Ireneo, Contro le eresie, 3, 18, 3.
Nel II secolo nascono i “simboli della fede” e nascono esplicitamente trinitari. Ecco uno dei più antichi, quello della cosiddetta Didascalia degli Apostoli: «Credo nel Padre dominatore dell’universo e in Gesù Cristo Salvatore nostro e nello Spirito Santo Paraclito»
Costituzioni apostoliche, 7, 41. San Giustino, Prima apologia, 65, 3. | |
Parola e silenzio
[322]
L’amore inaudito di Dio per noi trova il suo fondamento nel mistero di amore che Dio è in se stesso. Davanti a questo mistero il discorso umano è un povero balbettare e volentieri cede il posto al silenzio e all’adorazione. I mistici, che nella contemplazione hanno una conoscenza di Dio senza concetti, molto più perfetta di quella ordinaria, non riescono ad esporla come vorrebbero; lasciano intuire qualcosa delle meraviglie intraviste più con la loro personale trasformazione che non mediante i tentativi di raccontare: «Non si trova parola che suoni adeguata; nessun pensiero può mai giungervi, nessuna mente allargarsi fin là, tanto supera il tutto; come è vero che Dio non può esser spiegato mai»
Beata Angela da Foligno, Il libro, Memoriale, 9, 361-363. | |
Fede trinitaria della Chiesa
[321]
La fede cristiana fin dalle origini è cristologica e trinitaria, perché nel mistero di Cristo, il consacrato con l’olio della sovranità divina, noi incontriamo «il Padre che fa l’unzione, il Figlio che la riceve, lo Spirito che è l’unzione stessa»
Sant’Ireneo, Contro le eresie, 3, 18, 3.
Nel II secolo nascono i “simboli della fede” e nascono esplicitamente trinitari. Ecco uno dei più antichi, quello della cosiddetta Didascalia degli Apostoli: «Credo nel Padre dominatore dell’universo e in Gesù Cristo Salvatore nostro e nello Spirito Santo Paraclito»
Costituzioni apostoliche, 7, 41. San Giustino, Prima apologia, 65, 3. | |
Un linguaggio difficile
[344] Secondo un’opinione abbastanza diffusa, il mistero della Trinità sarebbe una dottrina astrusa e lontana dalla vita. In realtà, invece, è una luce che dà significato e bellezza a tutto, sebbene in se stessa non possa essere fissata, perché troppo intensa.
In Cristo e nella sua Chiesa Dio ha dato se stesso, come egli è, Padre e Figlio e Spirito Santo. La fede cristiana fin dalle origini professa il monoteismo trinitario, escludendo da una parte il politeismo e dall’altra il monoteismo rigido; ma, per trovare un’espressione linguistica accurata e precisa, ha impiegato molti secoli; anzi, si può dire che la ricerca continua ancora, perché l’intelligenza del mistero, per quanto inadeguata e debolissima, risulta sempre ardua da formulare.
Le formule trinitarie, proposte con autorità dal magistero ecclesiastico, mettono in evidenza sia l’uguaglianza e l’opera comune delle persone divine sia l’ordine reciproco e dinamico tra di loro. Una delle più complete e analitiche è quella del concilio di Firenze, nell’anno 1442, che riportiamo quasi integralmente: «Un solo, vero Dio, onnipotente, immutabile e eterno, Padre, Figlio e Spirito Santo; uno nell’essenza, trino nelle persone, Padre non generato, Figlio generato dal Padre, Spirito Santo procedente dal Padre e dal Figlio... Queste tre persone sono un solo Dio e non tre dèi, poiché dei tre una sola è la sostanza, una l’essenza, una la natura, una la divinità, una l’immensità, una l’eternità, e tutto è uno, dove non si opponga la relazione. Per questa unità il Padre è tutto nel Figlio, tutto nello Spirito Santo; il Figlio è tutto nel Padre, tutto nello Spirito Santo; lo Spirito Santo è tutto nel Padre, tutto nel Figlio... Tutto quello che il Padre è o ha, non lo ha da un altro, ma da se stesso, ed è principio senza principio. Tutto ciò che il Figlio è o ha, lo ha dal Padre, ed è principio da principio. Tutto ciò che lo Spirito Santo è o ha, lo ha dal Padre e dal Figlio insieme. Ma il Padre e il Figlio non sono due principî dello Spirito Santo, ma un solo principio, come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo non sono tre principî della creazione, ma un solo principio»
Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Copti “Cantate Domino” - DS 1330-1331. | |
Perfetta comunione di carità
[345] Sarebbe ingenuità e presunzione cercare una chiarezza completa. Tuttavia un barlume di luce può venire attraverso la debole, ma preziosa analogia dell’amore umano, che comporta sempre distinzione e comunione di persone, in quanto è trasferire se stesso nell’altro, riporre in lui le ragioni del vivere, la propria vita più vera.
«Se vedi la carità, tu vedi la Trinità»
Sant’Agostino, La Trinità, 8, 8, 12. Sant’Agostino, La Trinità, 8, 10, 14. | |
[346] Nessuna delle tre persone supera le altre nella eternità, nella perfezione o nel potere. Tuttavia il Padre è il primo perché dona e non riceve; il Figlio è secondo perché riceve dal Padre; lo Spirito Santo è terzo perché procede dal Padre attraverso il Figlio. Vivono uno per l’altro, con l’altro e nell’altro in perfetta unità e reciprocità dinamica. Ciascuno è se stesso in quanto è tutto rivolto agli altri e si compenetra con essi, in uno slancio inesauribile di vita che esce eternamente dal Padre e al Padre eternamente si volge.
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[347]
L’unità di Dio rimane fuori discussione: il Padre è l’unico principio di tutta la vita divina; le tre persone insieme sono l’unico principio di tutta la realtà creata. «Un solo Dio e Padre, dal quale sono tutte le cose; e un solo Signore Gesù Cristo, per mezzo del quale sono tutte le cose; e un solo Spirito Santo, nel quale sono tutte le cose», proclama il II concilio di Costantinopoli nell’anno 553
Concilio di Costantinopoli II, Condanne contro i “tre Capitoli”, 1 - DS 421. San Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 1, 8, 14. | |
Partecipi della vita trinitaria
[348] Per noi uomini la Trinità è l’origine, il sostegno, la direzione e la meta del nostro cammino. Siamo creati a sua immagine e chiamati a partecipare alla sua vita di amore.
Siamo soggetti singoli e irripetibili; ma ci apparteniamo gli uni gli altri. Tendiamo ad affermare la nostra identità personale, la nostra libertà e originalità; non però nell’isolamento. Per essere noi stessi e sentirci vivi, abbiamo bisogno che altre persone ci accettino e riconoscano il nostro valore; abbiamo bisogno di comunicare con loro e di condividere le cose, gli atteggiamenti, perfino i segreti più intimi. Ciò si può realizzare solo nella reciprocità dell’amore, non certo in altri rapporti umani caratterizzati dalla violenza, dal dominio, dal possesso.
Secondo un detto di Gesù, non riferito dai Vangeli canonici, ma attribuito a lui dall’antica tradizione cristiana, il regno di Dio viene «quando due diventano uno»
Clemente d’Alessandria, Stromati, 3, 13. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 24. | CdA, 808 CONFRONTAVAI |
[349] Un discorso analogo va fatto per tutte le realtà sociali, dalle piccole comunità ai popoli: anch’esse possono svilupparsi solo nella comunicazione reciproca, libera e rispettosa. L’impegno cristiano nella storia mira a realizzare la più grande libertà nella più grande solidarietà, evitando da una parte la solitudine dell’individualismo e dall’altra l’oppressione del collettivismo. Esso riserva un’attenzione privilegiata alla famiglia, riflesso della comunione trinitaria, esperienza primaria della reciprocità, in cui la persona vive e cresce.
La Chiesa, da parte sua, deve porsi come immagine viva e concreta della Trinità, edificandosi come un solo corpo con molte membra, nella comunicazione incessante dei fedeli e delle loro varie aggregazioni.
La Trinità è il mistero di Dio; ma è anche il segreto più profondo della vita dell’uomo.
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[350] Padre, Figlio e Spirito Santo: tre persone un solo Dio. Donazione, Accoglienza, Dono: una perfetta comunione di amore.
Noi, creati a immagine di Dio, ci realizziamo solo nella reciprocità dell’amore, donando e accogliendo, facendo unità.
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Parola e silenzio
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L’amore inaudito di Dio per noi trova il suo fondamento nel mistero di amore che Dio è in se stesso. Davanti a questo mistero il discorso umano è un povero balbettare e volentieri cede il posto al silenzio e all’adorazione. I mistici, che nella contemplazione hanno una conoscenza di Dio senza concetti, molto più perfetta di quella ordinaria, non riescono ad esporla come vorrebbero; lasciano intuire qualcosa delle meraviglie intraviste più con la loro personale trasformazione che non mediante i tentativi di raccontare: «Non si trova parola che suoni adeguata; nessun pensiero può mai giungervi, nessuna mente allargarsi fin là, tanto supera il tutto; come è vero che Dio non può esser spiegato mai»
Beata Angela da Foligno, Il libro, Memoriale, 9, 361-363. | |
Un linguaggio difficile
[344] Secondo un’opinione abbastanza diffusa, il mistero della Trinità sarebbe una dottrina astrusa e lontana dalla vita. In realtà, invece, è una luce che dà significato e bellezza a tutto, sebbene in se stessa non possa essere fissata, perché troppo intensa.
In Cristo e nella sua Chiesa Dio ha dato se stesso, come egli è, Padre e Figlio e Spirito Santo. La fede cristiana fin dalle origini professa il monoteismo trinitario, escludendo da una parte il politeismo e dall’altra il monoteismo rigido; ma, per trovare un’espressione linguistica accurata e precisa, ha impiegato molti secoli; anzi, si può dire che la ricerca continua ancora, perché l’intelligenza del mistero, per quanto inadeguata e debolissima, risulta sempre ardua da formulare.
Le formule trinitarie, proposte con autorità dal magistero ecclesiastico, mettono in evidenza sia l’uguaglianza e l’opera comune delle persone divine sia l’ordine reciproco e dinamico tra di loro. Una delle più complete e analitiche è quella del concilio di Firenze, nell’anno 1442, che riportiamo quasi integralmente: «Un solo, vero Dio, onnipotente, immutabile e eterno, Padre, Figlio e Spirito Santo; uno nell’essenza, trino nelle persone, Padre non generato, Figlio generato dal Padre, Spirito Santo procedente dal Padre e dal Figlio... Queste tre persone sono un solo Dio e non tre dèi, poiché dei tre una sola è la sostanza, una l’essenza, una la natura, una la divinità, una l’immensità, una l’eternità, e tutto è uno, dove non si opponga la relazione. Per questa unità il Padre è tutto nel Figlio, tutto nello Spirito Santo; il Figlio è tutto nel Padre, tutto nello Spirito Santo; lo Spirito Santo è tutto nel Padre, tutto nel Figlio... Tutto quello che il Padre è o ha, non lo ha da un altro, ma da se stesso, ed è principio senza principio. Tutto ciò che il Figlio è o ha, lo ha dal Padre, ed è principio da principio. Tutto ciò che lo Spirito Santo è o ha, lo ha dal Padre e dal Figlio insieme. Ma il Padre e il Figlio non sono due principî dello Spirito Santo, ma un solo principio, come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo non sono tre principî della creazione, ma un solo principio»
Concilio di Firenze, Bolla di unione dei Copti “Cantate Domino” - DS 1330-1331. | |
Perfetta comunione di carità
[345] Sarebbe ingenuità e presunzione cercare una chiarezza completa. Tuttavia un barlume di luce può venire attraverso la debole, ma preziosa analogia dell’amore umano, che comporta sempre distinzione e comunione di persone, in quanto è trasferire se stesso nell’altro, riporre in lui le ragioni del vivere, la propria vita più vera.
«Se vedi la carità, tu vedi la Trinità»
Sant’Agostino, La Trinità, 8, 8, 12. Sant’Agostino, La Trinità, 8, 10, 14. | |
[346] Nessuna delle tre persone supera le altre nella eternità, nella perfezione o nel potere. Tuttavia il Padre è il primo perché dona e non riceve; il Figlio è secondo perché riceve dal Padre; lo Spirito Santo è terzo perché procede dal Padre attraverso il Figlio. Vivono uno per l’altro, con l’altro e nell’altro in perfetta unità e reciprocità dinamica. Ciascuno è se stesso in quanto è tutto rivolto agli altri e si compenetra con essi, in uno slancio inesauribile di vita che esce eternamente dal Padre e al Padre eternamente si volge.
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[347]
L’unità di Dio rimane fuori discussione: il Padre è l’unico principio di tutta la vita divina; le tre persone insieme sono l’unico principio di tutta la realtà creata. «Un solo Dio e Padre, dal quale sono tutte le cose; e un solo Signore Gesù Cristo, per mezzo del quale sono tutte le cose; e un solo Spirito Santo, nel quale sono tutte le cose», proclama il II concilio di Costantinopoli nell’anno 553
Concilio di Costantinopoli II, Condanne contro i “tre Capitoli”, 1 - DS 421. San Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 1, 8, 14. | |
Partecipi della vita trinitaria
[348] Per noi uomini la Trinità è l’origine, il sostegno, la direzione e la meta del nostro cammino. Siamo creati a sua immagine e chiamati a partecipare alla sua vita di amore.
Siamo soggetti singoli e irripetibili; ma ci apparteniamo gli uni gli altri. Tendiamo ad affermare la nostra identità personale, la nostra libertà e originalità; non però nell’isolamento. Per essere noi stessi e sentirci vivi, abbiamo bisogno che altre persone ci accettino e riconoscano il nostro valore; abbiamo bisogno di comunicare con loro e di condividere le cose, gli atteggiamenti, perfino i segreti più intimi. Ciò si può realizzare solo nella reciprocità dell’amore, non certo in altri rapporti umani caratterizzati dalla violenza, dal dominio, dal possesso.
Secondo un detto di Gesù, non riferito dai Vangeli canonici, ma attribuito a lui dall’antica tradizione cristiana, il regno di Dio viene «quando due diventano uno»
Clemente d’Alessandria, Stromati, 3, 13. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 24. | CdA, 808 CONFRONTAVAI |
[349] Un discorso analogo va fatto per tutte le realtà sociali, dalle piccole comunità ai popoli: anch’esse possono svilupparsi solo nella comunicazione reciproca, libera e rispettosa. L’impegno cristiano nella storia mira a realizzare la più grande libertà nella più grande solidarietà, evitando da una parte la solitudine dell’individualismo e dall’altra l’oppressione del collettivismo. Esso riserva un’attenzione privilegiata alla famiglia, riflesso della comunione trinitaria, esperienza primaria della reciprocità, in cui la persona vive e cresce.
La Chiesa, da parte sua, deve porsi come immagine viva e concreta della Trinità, edificandosi come un solo corpo con molte membra, nella comunicazione incessante dei fedeli e delle loro varie aggregazioni.
La Trinità è il mistero di Dio; ma è anche il segreto più profondo della vita dell’uomo.
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Abitati dalla Trinità
[808]
Questa nuova presenza interiore, che i teologi chiamano “inabitazione”, viene attribuita innanzitutto allo Spirito Santo. Ma con lui vengono ad abitare nell’uomo anche il Figlio e il Padre: «Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). Il Padre è nel Figlio e il Figlio è nei discepoli, mediante lo Spirito, perché diventino una sola cosa e siano perfetti nell’unità
Entriamo così in una dimensione misteriosa e sublime, la comunione trinitaria
Siamo chiamati a entrare in relazione non solo con le persone e le cose di questo mondo, ma anche e soprattutto con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, già adesso e poi nell’eternità. Sta qui la nostra più alta dignità
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 19. | CCC, 260CdA, 348 CONFRONTAVAI CdA 744 CONFRONTAVAI |