CATECHISMO DEGLI ADULTI
INDICE TEMATICO
A
Abbà, Aborto, Abramo, Adorazione, Adulterio, Aldilà, Alleanza, Ambiente, Amore, Anàmnesi, Angeli, Angoscia, Anima, Anno liturgico, Annuncio, Antico Testamento, Anziani, Apostolato, Apostoli, Apparizioni, Armi, Arte, Ascensione, Ascesi, Assemblea, Associazioni ecclesiali, Assoluzione, Ateismo, Attrizione, Autoerotismo, Autorità, Avvento, Azione Cattolica,
B
C
Canone biblico, Carattere sacramentale, Carisma, Carità, Castità, Catechesi, Catechismo, Catecumenato, Cattolico, Celibato, Cena, Chiesa, Cibo, Civiltà cristiana, Collegialità episcopale, Collettivismo, Comandamenti, Comunicazione, Comunione, Comunità, Concilio, Concupiscenza, Confermazione, Confessione, Conoscenza di Dio, Consacrazione, Consigli evangelici, Contraccezione, Contrizione, Conversione, Coppia, Corpo, Coscienza, Creazione, Credo, Cresima, Criminalità, Cristo, Critica, Croce, Culto, Cultura, Cuore,
Canone biblico
Carattere sacramentale
Carisma
Carità
Castità
Catechesi
Catechismo
Catecumenato
Cattolico
Celibato
Cena
Chiesa
Carattere sacramentale
Carisma
Carità
Castità
Catechesi
Catechismo
Catecumenato
Cattolico
Celibato
Cena
Chiesa
Cibo
Civiltà cristiana
Collegialità episcopale
Collettivismo
Comandamenti
Comunicazione
Comunione
Comunità
Concilio
Concupiscenza
Confermazione
Confessione
Civiltà cristiana
Collegialità episcopale
Collettivismo
Comandamenti
Comunicazione
Comunione
Comunità
Concilio
Concupiscenza
Confermazione
Confessione
Conoscenza di Dio
Consacrazione
Consigli evangelici
Contraccezione
Contrizione
Conversione
Coppia
Corpo
Coscienza
Creazione
Credo
Cresima
Consacrazione
Consigli evangelici
Contraccezione
Contrizione
Conversione
Coppia
Corpo
Coscienza
Creazione
Credo
Cresima
D
E
F
G
I
Idolatria, Illuminismo, Imitazione, Immagini sacre, Immortalità, Impegno, Impresa, Impurità, Incarnazione, Incesto, Indissolubilità, Individuo, Induismo, Indulgenze, Infallibilità, Inferi, Infermi, Inferno, Iniziazione cristiana, Inquinamento ambientale, Intenzione fondamentale, Intercessione, Interpretazione, Invocazione, Islam, Ispirazione, Israele, Istituti secolari,
L
M
Maestro, Magistero, Malattia, Male, Marana tha, Maria, Martirio, Masturbazione, Materia, Materialismo, Matrimonio, Mediazione, Meditazione, Memoriale, Mente, Meriti, Messa, Messia, Ministeri, Ministro, Miracoli, Misericordia, Missione, Mistero, Mistica, Monachesimo, Mondo, Monoteismo, Morale, Morte, Movimenti,
N
O
P
Pace, Padre, Paolo, Papa, Parabole, Paradiso, Parola, Parrocchia, Parusia, Pasqua, Passione, Pastori, Pazienza, Peccato, Pelagianesimo, Pena, Penitenza, Pentecoste, Perdono, Persecuzione, Persona, Piacere, Pietro, Pluralismo, Poligamia, Politeismo, Politica, Popolo, Possessione, Povertà, Predestinazione, Predicazione, Preghiera, Presbitero, Presenza, Primato, Processo, Procreazione responsabile, Profeta, Progresso, Proprietà, Prostituzione, Provvidenza, Prudenza, Pudore, Purgatorio, Purificazione, Puro,
Pazienza
Peccato
Pelagianesimo
Pena
Penitenza
Pentecoste
Perdono
Persecuzione
Persona
Piacere
Pietro
Pluralismo
Peccato
Pelagianesimo
Pena
Penitenza
Pentecoste
Perdono
Persecuzione
Persona
Piacere
Pietro
Pluralismo
Poligamia
Politeismo
Politica
Popolo
Possessione
Povertà
Predestinazione
Predicazione
Preghiera
Presbitero
Presenza
Primato
Politeismo
Politica
Popolo
Possessione
Povertà
Predestinazione
Predicazione
Preghiera
Presbitero
Presenza
Primato
Processo
Procreazione responsabile
Profeta
Progresso
Proprietà
Prostituzione
Provvidenza
Prudenza
Pudore
Purgatorio
Purificazione
Puro
Procreazione responsabile
Profeta
Progresso
Proprietà
Prostituzione
Provvidenza
Prudenza
Pudore
Purgatorio
Purificazione
Puro
R
S
Sacerdozio, Sacramentali, Sacramenti, Sacrificio, Salario, Salmi, Salute, Salvezza, Santi, Santità, Sapienza, Satana, Scienza, Scrittura Sacra, Scuola, Segno, Sentimenti, Servizio, Sessualità, Signore, Simbolo, Sindacato, Società, Soddisfazione, Sofferenza, Solidarietà, Sopravvivenza, Speranza, Spirito Santo, Spiritualità, Sport, Sposi, Stati di vita, Stato, Storia, Successione apostolica, Suffragi, Suicidio, Superstizione,
T
V
Z
Catechismo degli Adulti
Chiesa
409-795
, 205
, 416-419
, 429-431
, 80
, 251
, 641
, 421-425
, 426-428
, 558-606
, 559-564
, 565-572
, 573-580
, 429-430
, 454
, 436-437
, 454-455
, 482-483
, 496-557
, 497-498
, 499-501
, 747
, 502-509
, 511-525
, 526-530
, 526-534
, 535-541
, 542-557
, 739-755
, 429-431
, 432-435
, 436-437
, 748-750
, 742-743
, 752-755
, 607-662
, 455
, 456-457
, 458
, 439-449
, 460-469
, 581-606
, 450-453
, 484-485
, 486-488
, 489-491
, 492-494
, 1086-1111
, 756-795
, 754
, 771
, 785
, 785-788
, 789
, 58
, 81
, 60
, 70
, 615
, 616-618
, 622-623
, 1071-1072
, 1073
, 1175-1176
VEDI ANCHE
[410] Il libro degli Atti degli apostoli racconta l’ascensione visibile di Gesù al cielo, come una svolta nella storia della salvezza.
Il Signore risorto scompare agli occhi dei discepoli: «Una nube lo sottrasse al loro sguardo» (
At 1,9
). A Gerusalemme, in questo momento, cessa la sua presenza visibile, la sua vicenda storica personale. E da Gerusalemme parte il cammino della Chiesa, secondo il programma tracciato da lui stesso: «Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino agli estremi confini della terra» (
At 1,8
).
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[411] Ricevuto il dono promesso, i discepoli gli danno testimonianza, non come a un personaggio defunto, relegato nel passato, ma come a un vivo, risorto dalla morte e presente ancora nella storia degli uomini, sia pure in modo diverso. Anzi sono convinti che attraverso i suoi inviati è lui stesso, il Messia-Servo, ucciso dagli uomini e glorificato da Dio, a comunicare la salvezza a tutte le nazioni, secondo l’antica profezia: «Io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra» (
Is 49,6; cf. At 13,4726,23). Lo Spirito Santo non viene a supplire la sua assenza, ma ad attuare la sua nuova presenza. Con il dono dello Spirito e la missione della Chiesa, egli rimane nella storia, per attirare gli uomini a sé e ricondurli al Padre. Il tempo della Chiesa, che è anche tempo dello Spirito, trova così la sua collocazione tra la risurrezione di Cristo e la risurrezione universale.
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[412] Ma il mistero della Chiesa è in qualche modo presente in tutta la storia. Essa infatti è progettata nell’eterno disegno del Padre; è prefigurata fin dall’origine del mondo, in quanto tutto è orientato a lei; è preparata nell’Antico Testamento; è fondata da Gesù Cristo nella pienezza dei tempi; è manifestata pubblicamente mediante il dono pentecostale dello Spirito Santo; si compirà nella gloria eterna.
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[413] Ora presenteremo la Chiesa come popolo di Dio degli ultimi tempi, radunato da Gesù Cristo e animato dallo Spirito Santo (capitolo 11). Tratteremo la varietà dei carismi, dei ministeri, delle vocazioni e, in particolare, la distinzione dei fedeli in tre stati di vita: ministri ordinati, laici, persone di vita consacrata (capitolo 12). Esporremo la missione della Chiesa a servizio del regno di Dio, da accogliere, annunciare, celebrare e testimoniare (capitolo 13). | |
[414] Il Signore Gesù raduna i suoi discepoli nella Chiesa, comunità storica vivificata dallo Spirito, segno pubblico ed efficace del regno di Dio e della salvezza, popolo della nuova alleanza aperto a tutte le genti, santa e bisognosa di purificazione, una su tutta la terra e presente nella molteplicità delle Chiese particolari, fedele all’eredità apostolica e inesauribilmente creativa in culture ed epoche diverse.
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[415] Nel nostro paese molti si dichiarano cattolici per tradizione culturale, perché la Chiesa è “l’agenzia del sacro” più autorevole. Molti vedono la comunità cristiana come un fatto sociale positivo, perché svolge un’importante azione educativa e assistenziale. Nello stesso tempo, però, non la ritengono necessaria per il loro rapporto con Dio. L’individualismo religioso è molto diffuso. Ma è giusto considerare la Chiesa come una realtà semplicemente umana? Occorre ricercare la sua origine e il segreto della sua vitalità.
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Nasce il popolo messianico
[416]
Durante la vita pubblica, Gesù di Nàzaret ha avviato con i discepoli un’esperienza di comunione e di missione
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Sono pochi: gli apostoli, i parenti, alcune donne, altri seguaci; in tutto, dice l’evangelista Luca, circa centoventi persone. Eppure sono persuasi che da loro sta ripartendo il raduno dell’Israele degli ultimi tempi
![]() ![]() | CdA, 200-205 CONFRONTAVAI |
[417]
Viene il giorno di Pentecoste: festa della mietitura, in cui si
![]() ![]() ![]() Severiano di Gabala, Commento agli Atti degli apostoli, 2, 1.
La nuova legge dello Spirito è vita in Cristo, energia di amore, luce di sapienza, varietà di doni, prima ancora di essere comandamento. Consacra i discepoli di Gesù come assemblea della nuova alleanza, germoglio del popolo di Dio radunato negli ultimi tempi, secondo le promesse e le attese.
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[418]
Il popolo messianico nasce aperto a tutte le genti. Il gruppo originario narra «le grandi opere di Dio» (At 2,11), cominciando a «parlare in altre lingue» (At 2,4). Pietro fa risonare il primo annuncio del vangelo davanti a una folla di persone «di ogni nazione che è sotto il cielo» (At 2,5). Molti di loro accettano il messaggio e si fanno battezzare. È davvero la festa del raccolto! «Lo Spirito riconduceva all’unità le tribù separate e offriva al Padre le primizie di tutte le genti»
![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 17, 2. | |
Una perenne Pentecoste
[419]
A Pentecoste si completa la fondazione della Chiesa e si avvia la sua espansione. L’evento di quel giorno è un mistero perenne. La comunità cristiana vive e si rigenera incessantemente in una comunicazione di fede e di carità, attivata dallo Spirito Santo
![]() ![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 24, 1. | |
Consacrati come Gesù
[421]
Nella teofania al fiume Giordano, Dio con l’effusione dello Spirito Santo ha consacrato e presentato pubblicamente Gesù di Nàzaret come Messia, per manifestare attraverso di lui la potenza misericordiosa del suo regno. Nella Pentecoste, Gesù, risorto dalla morte e costituito Messia e Signore nella pienezza del suo potere, consacra e presenta pubblicamente con il dono dello Spirito la comunità dei credenti come popolo messianico, per manifestare attraverso di essa l’efficacia della sua redenzione. Lo Spirito Santo ha condiviso la vicenda terrena di Gesù come «un compagno inseparabile,... una presenza continua»
![]() San Basilio di Cesarea, Sullo Spirito Santo, 16. | CCC, 668-672 |
Regno di Dio e signoria di Gesù
[422] Gesù, mentre predicava il vangelo del Regno, perdonava i peccatori e guariva i malati: indicava così che il regno di Dio era già presente come germe di una salvezza completa, spirituale e corporea.
I discepoli, da parte loro, proclamano che Dio ha risuscitato Gesù, il Crocifisso, e lo «ha costituito Signore e Cristo» (At 2,36). Il cuore del loro messaggio e della fede cristiana è questo: Gesù è morto, è risorto, «è il Signore» (Rm 10,9). Ormai il regno del Padre si identifica con la signoria del Risorto: perciò Filippo in Samarìa reca «la buona novella del regno di Dio e del nome di Gesù Cristo» (At 8,12) e Paolo a Roma incontra la gente «annunziando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo» (At 28,31).
Come quella del Maestro anche la predicazione dei discepoli si mostra efficace, operando conversioni e guarigioni in gran numero. I miracoli, uniti all’annuncio del vangelo, manifestano lo Spirito Santo, dato alla Chiesa come primizia della salvezza totale; nello stesso tempo indicano che Gesù è veramente risorto e continua ancora a operare attraverso i suoi inviati.
| CdA, 208 CONFRONTAVAI CdA 211 CONFRONTAVAI CdA 262 CONFRONTAVAI |
[423]
Il primo miracolo che viene narrato dagli Atti degli apostoli è la guarigione dello storpio che chiedeva l’elemosina alla porta Bella del tempio di Gerusalemme: «Vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, domandò loro l’elemosina. Allora Pietro fissò lo sguardo su di lui insieme a Giovanni e disse: “Guarda verso di noi”. Ed egli si volse verso di loro, aspettandosi di ricevere qualche cosa. Ma Pietro gli disse: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!”. E, presolo per la mano destra, lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e balzato in piedi camminava; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio» (At 3,3-8).
Il miracolo attira la folla. Pietro allora prende la parola e spiega: «Uomini d’Israele, perché vi meravigliate di questo e continuate a fissarci come se per nostro potere e nostra pietà avessimo fatto camminare quest’uomo?... Il nome di Gesù ha dato vigore a quest’uomo che voi vedete e conoscete» (At 3,1216). Successivamente Pietro e Giovanni vengono arrestati e portati davanti al sinedrio, il tribunale supremo. E lì Pietro ribadisce con forza: «Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi sano e salvo... In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,1012).
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[424] Le conversioni e i miracoli, che accompagnano la predicazione degli apostoli e dei loro collaboratori, attestano tangibilmente che il regno di Dio coincide con la presenza del Signore risorto e che questa coincide con il dono dello Spirito Santo. Come Dio, Re e Padre, si rendeva visibile attraverso Gesù, così il Signore Gesù si rende visibile attraverso la comunità dei credenti, animata dal suo Spirito.
| CdA, 191 CONFRONTAVAI |
Il tempo della Chiesa
L’evangelista Luca distingue il tempo della preparazione, in cui sono in vigore «la Legge e i Profeti fino a Giovanni» (Lc 16,16), il tempo dell’attuazione «in cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi» (At 1,21), il tempo della Chiesa, dall’ascensione di Gesù alla sua ultima venuta gloriosa, in cui la salvezza viene diffusa e testimoniata «fino agli estremi confini della terra» (At 1,8).
Paolo conosce un tempo tra la risurrezione di Cristo e il compimento totale, durante il quale le potenze ostili vengono sottomesse
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Secondo Matteo, Gesù stesso prevede un futuro, in cui «molti verranno dall’oriente e dall’occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe» (Mt 8,11); sarà anche stagione in cui la zizzania crescerà insieme al grano in attesa della mietitura
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Analogamente, secondo Giovanni, il Maestro preannuncia che lo Spirito e i discepoli gli renderanno testimonianza
![]() | CdA, 202 CONFRONTAVAI |
La Chiesa segno e strumento
[426]
Nel Nuovo Testamento il regno di Dio, presente nella storia durante il tempo intermedio tra la Pasqua e la parusia, viene chiamato anche regno di Cristo
![]() ![]() | CCC, 774-776 |
[427] Sebbene il Regno faccia germogliare grandi valori ovunque, solo nella Chiesa si rende apertamente visibile. Non è la fede della Chiesa che deve essere subordinata a criteri mondani, ma al contrario è il mondo che deve essere valutato in base all’insegnamento e all’esperienza di fede della Chiesa. Solo nella comunità dei credenti è possibile seguire Cristo in modo adeguato. Custodendo la testimonianza degli apostoli, essa offre la possibilità di conoscerlo fedelmente; celebrando i sacramenti, procura la possibilità di incontrarlo personalmente. A differenza di ogni altra aggregazione umana, non solo conserva la memoria del suo fondatore, ma nello Spirito mantiene un contatto vivente con lui e da lui continua a ricevere luce.
| |
L’esperienza originaria
[429]
Lo Spirito Santo riunisce i credenti nella Chiesa. L’amore del Padre, rivelato dal Figlio morto e risorto, viene comunicato ai discepoli,
![]() Nel giorno stesso di Pentecoste si forma la prima comunità, quella di Gerusalemme, madre e modello di tutte le altre che seguiranno. Secondo il racconto di Luca, la sua crescita è prodigiosa. Ancor più mirabile appare il quadro della vita comunitaria, sebbene non manchi il comportamento indegno di qualche membro.
I credenti sono «assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (At 2,42). Ascoltano e meditano la parola di Dio. Lodano e ringraziano continuamente il Signore; invocano il suo aiuto nelle difficoltà. Celebrano il mistero della morte e risurrezione di Cristo con l’eucaristia, ripetendo il gesto da lui compiuto nell’ultima cena. Stanno volentieri insieme; si fanno carico dei servizi necessari; condividono i beni materiali, con libertà e generosità, continuando l’esperienza già fatta da alcuni di loro insieme a Gesù. Portano ovunque la loro coraggiosa testimonianza, suscitando la simpatia del popolo e l’ostilità della classe dirigente, specialmente di quella di orientamento sadduceo. Gli apostoli, e particolarmente Pietro, svolgono, con autorità e semplicità, un compito prezioso di guida e di animazione
![]() | CCC, 1342CCC 2623-2624CCC 770-771 |
Identità visibile della Chiesa
[430] Si tratta di un’esperienza storica irripetibile, in cui però è delineata la figura essenziale di ogni vera comunità cristiana: comunità concreta di credenti in Cristo, uomini in carne ed ossa, santi e peccatori, riuniti sotto la guida dei pastori, nella condivisione di beni spirituali e materiali, dove il mistero pasquale del Signore è proclamato con la predicazione, attualizzato nell’eucaristia e negli altri sacramenti, vissuto nella carità.
Per essere riconoscibile come segno davanti al mondo, la Chiesa deve possedere una precisa identità visibile; deve configurarsi come comunità di fede, di culto e soprattutto di rapporti fraterni: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). Perciò l’ordinamento e la prassi comunitaria seguiranno criteri diversi rispetto agli altri gruppi umani: adesione libera
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Nella misura in cui assumerà questi lineamenti, la comunità cristiana contribuirà efficacemente a costruire la pace sulla terra e sarà immagine credibile della comunione trinitaria delle persone divine: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21).
| CCC, 812 |
[431] Figura esemplare della Chiesa è la prima comunità di Gerusalemme, in cui i cristiani «erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (At 2,42).
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Rilettura della storia
[432]
Negli Atti degli Apostoli i discorsi, attribuiti a Pietro, a Paolo e ad altri personaggi, occupano un terzo del libro: si può intuire quanto sia importante la loro funzione. In essi risuona la voce profetica della Chiesa nascente, che animata dallo Spirito Santo interpreta la storia nella prospettiva della Pasqua di Cristo. Le vicende di Israele, gli avvenimenti della vita di Gesù, i primi passi della comunità cristiana vengono collegati in una visione coerente, di grande respiro, e proiettati verso il futuro; si delinea così il ruolo della Chiesa nella storia della salvezza, la sua posizione rispetto a Israele.
| CCC, 59-64CCC 839-840 |
Israele
[433]
Dio ha voluto avere un popolo santo in mezzo ai popoli della terra
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La Chiesa definitivo popolo di Dio
[434]
I primi seguaci di Gesù sono convinti di essere il definitivo Israele, che lo Spirito di Dio ha riunito e santificato, dando compimento alle antiche profezie e a una lunga preparazione
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[435]
Sebbene nuova sia l’alleanza, di cui Cristo è mediatore
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Israele è “la radice santa”, dalla quale si sviluppa il cristianesimo; è “l’olivo buono”, sul quale vengono innestati i pagani, perché portino frutto. Gesù rimane il Messia di Israele
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Se già nell’antica alleanza Israele ha ricevuto il nome di assemblea di Dio, a maggior ragione merita questo nome il definitivo popolo di Dio. “Chiesa” significa precisamente “assemblea”: assemblea radunata dal Padre intorno a Cristo con il dono dello Spirito, Chiesa «di Dio in Gesù Cristo» (1Ts 2,14).
La Chiesa è dunque la forma definitiva del popolo di Dio nella storia, capace di attirare tutte le genti. «La legge e la parola sono usciti da Gerusalemme... e noi ci siamo rifugiati presso il Dio di Israele. Sebbene fossimo esperti nella guerra, nell’assassinio, in ogni specie di mali, abbiamo trasformato le spade in aratri, le lance in falci; e ora costruiamo il timor di Dio, la giustizia, la solidarietà, la fede e la speranza»
![]() San Giustino, Dialogo con Trifone, 18, 2-3. | |
Santità e peccato nella Chiesa
[436]
La Chiesa è il popolo santo, consacrato da Dio. Il suo capo, Cristo, la unisce a sé e la vivifica con il dono dello Spirito; la rigenera incessantemente con la sua parola e i sacramenti; le comunica la forza della carità, partecipazione alla vita stessa di Dio, che abilita a praticare la nuova giustizia, prospettata nel discorso della montagna.
Tutti i cristiani sono chiamati alla santità, che consiste nella perfezione della carità. Non si tratta semplicemente di un’esortazione o di un dovere, ma di «un’insopprimibile esigenza del mistero della Chiesa»
![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 16. | |
[437]
Tuttavia la Chiesa include anche i peccatori; «è santa e insieme
![]() ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 8. ![]() ![]() ![]() ![]() Cf. San Giustino, Dialogo con Trifone, 110, 1-2. La risposta è che la Chiesa, pur essendo la forma autentica e definitiva del popolo di Dio, è ancora in cammino nella storia. Sebbene per l’assistenza dello Spirito Santo sia preservata da una defezione totale, è ancora soggetta nei suoi membri alla tentazione di voltare le spalle a Dio, come lo fu Israele in cammino nel deserto. La Chiesa non è il Regno compiuto; è solo il segno, lo strumento e il germe di esso.
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[438] La Chiesa è la forma definitiva del popolo di Dio nella storia. Sebbene segnata dai peccati dei suoi membri, è «la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui» (1Pt 2,9).
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Una lunga separazione
[439]
Secondo gli Atti degli apostoli, Gesù risorto, attraverso i suoi discepoli, fa un ultimo tentativo di radunare intorno a sé l’intero Israele, per attirare poi anche i pagani.
![]()
Il tentativo all’inizio sembra riuscire con la crescita prodigiosa della comunità cristiana di Gerusalemme. Ma il successo non dura a lungo. Si diffonde un clima di ostilità. Le conversioni degli ebrei diminuiscono; si moltiplicano invece quelle dei pagani. Ad Antiòchia di Pisidia, Paolo e Barnaba così si rivolgono ai propri connazionali: «Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai pagani» (At 13,46).
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[440]
Davanti alla predicazione di Gesù e degli apostoli, Israele si divide: quelli che credono, entrano nella nuova alleanza e costituiscono il nucleo iniziale della Chiesa; gli altri formano l’«Israele secondo la carne» (1Cor 10,18). Progressivamente la frattura si allarga. Dapprima i seguaci di Gesù, chiamati «nazorei» (At 24,5), vengono considerati una nuova setta dentro il giudaismo. Poi appaiono all’opinione pubblica come una setta mista di ebrei e greci, e ad Antiòchia, per la prima volta, sono chiamati «cristiani» (At 11,26). Ben presto, già al tempo di Nerone, vengono senz’altro identificati come una nuova religione, diversa dall’ebraismo e presa subito di mira con una sanguinosa persecuzione. Verso la fine del I secolo e l’inizio del II si accentua nei loro confronti l’aggressività degli ambienti giudaici, con accuse presso le autorità romane e violenze
![]() Cf. San Giustino, Prima apologia, 31, 5; 36, 3. D’altra parte nei secoli successivi, soprattutto durante il medioevo, si sviluppa nel mondo cristiano una mentalità ostile agli ebrei, considerati ingiustamente deicidi e maledetti da Dio, disprezzati e temuti per la loro diversità sociale, fatti oggetto di molti pregiudizi. Infine, alimentato da apporti culturali estranei al cristianesimo, spunta il moderno antisemitismo razzista.
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[441]
Il concilio Vaticano II ha riprovato severamente pregiudizi, ingiustizie e violenze del passato, cercando di avviare un nuovo rapporto tra cristiani ed ebrei: «Questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto dagli studi biblici e teologici e da un fraterno dialogo. E se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo, tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione non può essere imputato né indistintamente a tutti gli ebrei allora viventi né agli ebrei del nostro tempo. E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, come se ciò scaturisse dalla Sacra Scrittura... La Chiesa, che condanna tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli ebrei e spinta non da motivi politici ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli ebrei in ogni tempo e da chiunque»
![]() Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 4. Tutti i peccatori, di tutti i tempi e di tutti i popoli, sono causa della morte di Gesù. La responsabilità storica della sua morte coinvolge solo una parte delle autorità ebraiche e degli abitanti di Gerusalemme di quel tempo; soprattutto vi hanno un ruolo decisivo anche le autorità romane. Immotivata è l’accusa di deicidio, proprio perché la condanna di Gesù partiva dal mancato riconoscimento della sua divinità.
Nessun testo della Scrittura giustifica poi l’affermazione che Dio abbia maledetto il popolo ebraico; al contrario, i doni e l’elezione di Israele sono irrevocabili: «Dio non ha ripudiato il suo popolo, che egli ha scelto fin da principio» (Rm 11,2).
La Chiesa condanna tutte le forme di persecuzione degli ebrei nella storia, fino allo sterminio programmato di cui sono stati vittime nel XX secolo. Il rifiuto di ogni discriminazione e il riconoscimento delle responsabilità, anche dei cristiani, sono il presupposto per impedire il diffondersi dell’antisemitismo e per aprirsi ad una reciproca comprensione.
| CCC, 595-598 |
Parentela spirituale
[442]
La necessità di un dialogo, amichevole e costruttivo, trova
![]() ![]() Giovanni Paolo II, Discorso alla comunità ebraica nella sinagoga di Roma, 13 marzo 1986. | |
[443]
Gli ebrei in gran parte non hanno accettato il vangelo; ma il ruolo di Israele permane nella storia della salvezza. Secondo l’immagine usata da Paolo, sono rami tagliati dall’olivo; ma rimangono della sua stessa natura, partecipano ancora della sua santità: «Sono amati, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili» (Rm 11,28-29).
L’antica alleanza «non è mai stata revocata»
![]() Giovanni Paolo II, Discorso ai rappresentanti della comunità ebraica a Magonza, 17 novembre 1980. ![]() Giovanni Paolo II, Discorso ai rappresentanti della comunità ebraica dell’Alsazia a Strasburgo, 9 ottobre 1988. | |
Segno della fedeltà di Dio
[444]
Gli ebrei rimangono depositari e testimoni delle promesse di Dio
![]() ![]() | CCC, 674 |
[445] C’è chi nelle persecuzioni subite dagli ebrei vuole vedere un castigo divino e una conseguenza dell’infedeltà all’alleanza. Una tale interpretazione potrebbe valere per la storia di ogni popolo. Non va dimenticato piuttosto che più volte gli ebrei vengono perseguitati per la loro fedeltà religiosa alla Legge e danno prova di coraggio fino al martirio. Bisogna piuttosto vedere in questa storia di sofferenza il segno della precarietà umana, che trova sostegno presso Dio. Già in epoca biblica questo piccolo popolo rischia ripetutamente di essere distrutto dai potenti vicini e ripetutamente, contro ogni ragionevole previsione, riesce a salvarsi: così con gli egiziani, con i filistei, con gli assiri, con i babilonesi, con Antioco Epìfane. Le aggressioni proseguono nei secoli della nostra èra. Non è possibile dimenticare le ribellioni duramente represse dai romani, i sanguinosi tumulti popolari antigiudaici nel medioevo, la cacciata dalla Spagna nel secolo XV, l’insurrezione cosacca nel secolo XVII, infine lo sterminio nazista di milioni di ebrei. Una tragica catena di violenze, una tradizione di martirio. È davvero sorprendente che sopravviva e conservi la propria identità una minoranza, privata della sua terra, dispersa in mezzo a molte nazioni, emarginata e perseguitata. La Bibbia, per quanto riguarda le crisi più antiche, attribuisce esplicitamente l’imprevedibile salvezza alla fedeltà di Dio: è da pensare la stessa cosa per quelle successive. Con la sua storia di passione, il popolo eletto partecipa al mistero del Cristo redentore e incarna emblematicamente la figura profetica del Servo che espia i peccati del mondo.
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Dialogo fraterno
[446] Il dialogo tra cristiani ed ebrei deve mirare innanzitutto a una migliore conoscenza reciproca, premessa indispensabile per la fiducia e la collaborazione. Noi cristiani dobbiamo considerare non solo l’antico Israele, ma anche gli sviluppi dell’ebraismo post-biblico: il giudaismo rabbinico e la sua feconda tradizione etica e giuridica; la Qabbalah, mistica dell’unità, in cui confluiscono speculazione cosmologica, allegoria biblica e attesa messianica; il chassidismo, religiosità semplice, intensa e gioiosa; infine le correnti moderne, come l’ebraismo ortodosso e quello riformato.
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[447]
La diversità va presa sul serio e rispettata. Ma ci dobbiamo anche rendere conto che il comune patrimonio spirituale è grande: un solo Dio, creatore, signore della storia, trascendente e presente
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[448] Motivo fondamentale di divisione rimane la diversa posizione riguardo al Messia. Per noi cristiani egli è già venuto in Gesù di N‡zaret; per gli ebrei non si è ancora manifestato. Tuttavia, gli uni e gli altri attendiamo una sua venuta futura al termine della storia. L’interpretazione cristiana dell’economia salvifica distingue la promessa, il compimento parziale e il compimento ultimo: sul primo e sul terzo di questi momenti è possibile trovare convergenze tra cristiani ed ebrei. Ampia soprattutto può essere la collaborazione nella prassi, per la promozione della giustizia e della pace. Per gli uni e per gli altri, pur con diversa consapevolezza, si tratta in definitiva di preparare l’umanità ad accogliere il Messia e il regno di Dio.
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Aperta ai popoli e alle culture
[450]
Alla sua prima uscita, nel giorno di Pentecoste, la Chiesa proclama «le grandi opere di Dio» (At 2,11) in molte lingue e riunisce nell’unica fede persone di varia provenienza
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[451]
Lo Spirito scardina le chiusure del particolarismo e apre orizzonti sempre più vasti. Approfitta della persecuzione, scatenata a
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[452]
Una grave controversia si apre però nella Chiesa: per essere salvi, basta credere nel Signore e ricevere il battesimo nel suo nome oppure è necessario accettare anche la circoncisione e le osservanze giudaiche? È una questione decisiva per il futuro del cristianesimo. Per discuterla, si riunisce a Gerusalemme l’assemblea degli apostoli e degli anziani e, con l’illuminazione dello Spirito Santo, arriva alla giusta soluzione: non occorre né circoncisione né legge mosaica; tutti, ebrei e greci, senza alcuna differenza, vengono salvati soltanto per grazia, purché si convertano. Tuttavia, per favorire la convivenza tra le due componenti della Chiesa, l’assemblea chiede che si osservino, per il momento, alcune norme di “purità legale”
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[453]
Crollano le barriere; la via è aperta per la missione in Grecia e «fino agli estremi confini della terra» (At 1,8). L’unica fede potrà radicarsi in culture diverse, «poiché in Cristo Gesù non è la circoncisione che conta o la non circoncisione, ma la fede che opera per mezzo della carità» (Gal 5,6). La Chiesa loderà il Signore con le lingue di tutti i popoli e potrà accogliere i doni di una multiforme creatività, spirituale, culturale e sociale: «Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te... Verranno a te i beni dei popoli» (Is 60,4-5). Il genio e la natura di ciascun popolo potranno esprimersi nelle formulazioni diverse dell’unica fede, nei riti liturgici, nelle scelte pastorali, negli ordinamenti disciplinari, nelle forme di spiritualità, nelle creazioni artistiche, dando luogo a uno scambio incessante, per un arricchimento reciproco
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Ad gentes, 22. | |
Una e cattolica
[454]
La Chiesa è una e universale. Tutti i cristiani, per quanto diversi tra loro, diventano «uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28) in virtù dello Spirito Santo. Questa moltitudine unificata è immagine visibile della Santa Trinità
![]() ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 1; 13.
L’universalità, o cattolicità, della Chiesa assume figura storica nella comunione visibile delle comunità cristiane esistenti e nella tensione missionaria a crearne di nuove, accogliendo in Cristo «tutta l’umanità e i suoi beni»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 13.
Le comunità sono nate come Chiese sorelle, con una fitta rete di rapporti reciproci. Hanno riconosciuto la presidenza della Chiesa di Roma, custode della comunione e garante della verità
![]() Cf. Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai Romani, Prologo. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 8. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 85. | CCC, 830-831CdA, 406 CONFRONTAVAI |
Universale e particolare
[455]
La Chiesa ha anche una dimensione particolare, ugualmente necessaria. Nel Nuovo Testamento la parola Chiesa serve per indicare sia la comunità dei credenti diffusa su tutta la terra, sia la comunità locale che risiede in una città, sia l’assemblea riunita materialmente in un luogo
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È ovvio che Chiesa universale e Chiesa particolare sono rispettivamente il tutto e la parte sul piano sociologico esteriore. Non lo sono però interiormente, a livello profondo e misterioso. Qui c’è un’unica assemblea universale, perennemente riunita in quel tempio «non fatto da mani d’uomo» (Mc 14,58) che è il corpo glorioso di Cristo risorto. Tutti i cristiani, ovunque si trovino, sono uniti a Cristo e tra loro, in virtù dello Spirito Santo, «uno e identico»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 7.
In ogni Chiesa particolare «è veramente presente e opera la Chiesa di Cristo, una santa cattolica e apostolica»
![]() Concilio Vaticano II, Christus Dominus, 11; cf.. Id., Lumen gentium, 26. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 23. ![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 25. | CCC, 832-835 |
La diocesi
[456]
Chiesa particolare in senso pieno è la diocesi, descritta dal concilio Vaticano II come «una porzione del popolo di Dio affidata alle cure pastorali di un vescovo coadiuvato dal presbiterio, in modo che... costituisca una Chiesa particolare, nella quale è veramente presente e opera la Chiesa di Cristo, una santa cattolica e apostolica»
![]() Concilio Vaticano II, Christus Dominus, 11.
Il mistero della Chiesa si manifesta e si fa presente in varie figure concrete: la parrocchia, l’assemblea liturgica, la comunità religiosa, la famiglia cristiana, «dove sono due o tre riuniti» (Mt 18,20) nel nome di Gesù. Ma propriamente solo la diocesi viene chiamata Chiesa particolare, perché solo essa è presenza e immagine adeguata della Chiesa universale, in quanto ne possiede tutti gli elementi costitutivi visibili: la parola della divina rivelazione, l’eucaristia, gli altri sacramenti e il vescovo, che è segno e presenza in senso pieno di Cristo pastore, successore degli apostoli e membro del collegio episcopale. Inoltre con la varietà dei carismi essa esprime pienamente la vita e la missione del popolo di Dio, inviato ad accogliere, purificare e santificare la popolazione di un territorio con tutte le dimensioni della sua umanità.
| CCC, 833 |
[457]
La diocesi non si riduce a una cornice giuridica e amministrativa, ma è vera comunità di credenti e deve esprimere la comunione anche a livello pastorale operativo. È necessario che «si favoriscano le varie forme di apostolato, e... se ne assicuri il coordinamento e l’intima unità sotto la guida del vescovo: di modo che tutte le iniziative e attività - di carattere catechistico, missionario, caritativo, sociale, familiare, scolastico e ogni altro lavoro mirante a fini pastorali - siano ricondotte a un’azione concorde, dalla quale sia resa ancor più palese l’unità della diocesi»
![]() Concilio Vaticano II, Christus Dominus, 17. La diocesi è dunque il fondamentale soggetto pastorale e missionario. Ad essa devono fare riferimento tutti i fedeli e le loro molteplici aggregazioni, quali le parrocchie, le comunità religiose, le associazioni, i movimenti, le piccole comunità, i gruppi. Concretamente il vescovo, con la cooperazione del presbiterio e con l’opportuna consultazione di altre componenti ecclesiali, stabilisce alcuni obiettivi, linee e impegni comuni, evitando però l’uniformità che tutto appiattisce, lasciando spazio alla creatività e originalità dei vari soggetti. Da parte loro, le aggregazioni di fedeli devono guardarsi dalla tentazione dell’autosufficienza e, pur attuando esperienze proprie di formazione e di apostolato, devono rimanere aperte al dialogo rispettoso e cordiale, lasciando spazio per momenti di incontro e di collaborazione con altre realtà ecclesiali. La carità esige sia che si valorizzino i carismi particolari sia che si costruisca una unità pastorale concreta a livello diocesano.
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La parrocchia
[458]
All’interno della diocesi ha grande importanza la parrocchia, comunità stabile di credenti idonea a celebrare l’eucaristia, guidata da ministri ordinati in qualità di collaboratori del vescovo. È l’espressione «più immediata e visibile»
![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 26. ![]() Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 42. ![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 27. ![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 27. ![]() Paolo VI, Discorso al clero romano, 24 giugno 1963. ![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 26.
La parrocchia, in vista di una maggiore efficacia operativa, «può essere collegata con altre del medesimo territorio anche in forma istituzionale»
![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 26. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 51. La Chiesa è popolo e famiglia: vuole raccogliere in armonia tutte le voci, senza sminuire la loro originalità.
| CCC, 2179 |
[459] La Chiesa è una e universale, in quanto è chiamata ad essere immagine della Trinità divina e segno efficace di riconciliazione di tutte le cose in Cristo. Il mistero, uno e universale, della Chiesa è presente e si manifesta in ogni Chiesa particolare e nella comunione visibile di tutte le Chiese intorno a quella di Roma. Chiesa particolare in senso pieno è la diocesi, immagine completa della Chiesa universale con tutti gli elementi visibili costitutivi.
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L’unità ferita
[460]
L’unica Chiesa vive in molte Chiese, caratterizzate da varie esperienze spirituali, culturali e disciplinari. Ma ci sono anche diversità che non sono compatibili con l’unità. La piena unità della Chiesa non ammette divergenze riguardo alle verità della fede e ribellioni contrarie alla comunione gerarchica.
È doloroso rilevare come, a motivo dei peccati, dei dissensi teologici e dei condizionamenti psicologici, culturali e sociali, numerose divisioni segnino il cammino storico del cristianesimo. Ci limitiamo ad elencare quelle di maggior rilievo: i giudaizzanti estremisti degli inizi, lo gnosticismo, l’arianesimo, i manichei, i pelagiani, i nestoriani, i monofisiti, l’iconoclastia, la separazione della Chiesa d’oriente, gli albigesi, lo scisma d’occidente, la riforma protestante, gli anglicani, il giansenismo, i veterocattolici, i seguaci di Lefebvre. Molte di queste divisioni hanno esaurito da tempo il loro influsso; altre perdurano nelle comunità che ne sono derivate, tra le quali sono particolarmente importanti le Chiese ortodosse, quella anglicana e quelle protestanti. In Italia vivono piccole comunità ortodosse e protestanti. La più consistente numericamente è la Chiesa valdese, le cui origini risalgono al XII secolo.
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[461] Le responsabilità delle scissioni non sono facilmente individuabili. Di solito non appartengono a una parte soltanto. Spettano in maniera diversa alla prima generazione che dà l’avvio e alle successive che ne raccolgono l’eredità. Le cause appaiono complesse e non sono di ordine esclusivamente religioso. A volte esplodono aspre polemiche e perfino guerre. In ogni caso si tratta di esperienze tristissime, che feriscono ogni coscienza autenticamente cristiana.
Le divisioni tra i seguaci di Cristo contraddicono la loro partecipazione alla comunione trinitaria; pregiudicano la credibilità del vangelo, facendolo apparire un’utopia irrealizzabile; ostacolano l’azione missionaria tra i non cristiani, seminando confusione e scandalo; provocano l’indifferenza religiosa e l’emarginazione della fede dalla vita culturale e sociale. Oggi la loro gravità risalta ancor più, in un mondo in cui cresce l’interdipendenza e si fa urgente il bisogno di riconciliazione e di solidarietà.
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Verso la riconciliazione
[462] Provvidenzialmente alla stagione delle controversie è subentrata quella dell’ecumenismo, un grande dono dello Spirito Santo per il nostro tempo, un movimento in sicura crescita, specie dopo la fondazione del Consiglio ecumenico delle Chiese nel 1948 e la celebrazione del concilio Vaticano II dal 1962 al 1965. Si tratta di una mentalità e di una prassi che comportano il rammarico per le divisioni in atto, l’attenzione a ciò che ancora unisce, l’impegno a restaurare la piena unità visibile, a pregare con perseveranza per ottenerla dal Signore, a collaborare nei comuni valori della fede e della promozione dell’uomo. Vi sono coinvolti pastori, teologi e fedeli, con i gesti ufficiali e solenni, con gli studi teologici, con i comportamenti quotidiani in famiglia, al lavoro, a scuola, in ogni ambiente.
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[463]
I cristiani divisi non sono del tutto separati; piuttosto hanno tra loro una comunione imperfetta
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Unitatis redintegratio, 3.
Tuttavia non bisogna sottovalutare la divisione. Dio vuole la piena unità, visibile nella concretezza della storia, come segno efficace e profezia della riunificazione di tutto il genere umano. Cristo ha pregato per questa unità
![]()
Dobbiamo aprirci ad accogliere tutta la ricchezza della rivelazione trasmessa dagli apostoli. Non basta limitarsi a un minimo comune denominatore. Non ha senso il compromesso diplomatico: l’unità autentica si raggiunge solo nella verità. Occorre invece evidenziare le prospettive valide che si trovano in ciascuna tradizione. Ognuno ha qualche contributo da portare alla crescita comune verso la pienezza di Cristo: i cattolici il senso della storia e della comunità; gli ortodossi l’accentuazione della risurrezione, dell’escatologia e del ruolo dello Spirito Santo; i protestanti il primato della parola di Dio. Ognuno ha limiti, da cui liberarsi. Anche la Chiesa cattolica. Essa, certo, nella fede non ha mai errato e non può errare; possiede la piena unità visibile e tutti i mezzi di salvezza
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Unitatis redintegratio, 3-4. | |
Impegno ecumenico
[464]
La settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si celebra ogni anno dal 18 al 25 gennaio, ci ricorda che il primo contributo da dare all’ecumenismo è, insieme all’impegno per la propria santificazione, la preghiera assidua perché il Signore realizzi l’unità che egli vuole, nei tempi e con i mezzi che vuole: «Conversione del cuore e santità della vita insieme alle preghiere private e pubbliche per l’unità dei cristiani si devono ritenere come l’anima di tutto il movimento ecumenico e si possono giustamente chiamare ecumenismo spirituale»
![]() Concilio Vaticano II, Unitatis redintegratio, 8. | |
[465] Chi apre un dialogo autentico si lascia guidare dalla carità per le persone e dal desiderio di totale fedeltà al vangelo. Non mette in dubbio pregiudizialmente la sincera adesione a Cristo da parte dei fratelli di altre confessioni. Cerca di conoscerne in maniera non superficiale la storia, la dottrina, la psicologia religiosa, la vita spirituale e liturgica. Prende sul serio le divergenze, ben sapendo che soffrire per la disunione è più fruttuoso di una unità ambigua. Ha cura di far emergere le istanze valide, che di solito si nascondono anche nelle posizioni discordanti, ed è pronto ad accoglierle e valorizzarle.
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[466]
La conoscenza reciproca genera la fiducia e rende possibile la
![]() È bene procedere a un reciproco riconoscimento del battesimo, redigendo una dichiarazione comune. Quanto alla cresima, è da considerare valida quella conferita nelle Chiese ortodosse. L’eucaristia è il vertice della comunione ecclesiale e non può rappresentare una tappa intermedia del cammino ecumenico, ma solo un punto di arrivo. Perciò ai sacerdoti non è lecito concelebrare insieme a ministri di altre confessioni. Anche i fedeli, in circostanze ordinarie, devono rivolgersi ognuno alla propria comunità. Un sacerdote cattolico può dare ai fedeli non cattolici i sacramenti dell’eucaristia, della penitenza e dell’unzione degli infermi, a condizione che lo chiedano liberamente, professino la stessa fede riguardo al sacramento richiesto, abbiano le disposizioni convenienti, si trovino nell’impossibilità di avvicinare un loro ministro. Alle stesse condizioni un fedele cattolico può ricevere questi sacramenti da un sacerdote ortodosso.
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[467] Esigono una particolare attenzione dal punto di vista ecumenico i matrimoni “misti”, tra cristiani di diverse confessioni. Queste unioni sono oggi più diffuse che nel passato e vanno incontro a difficoltà e pericoli in quanto i coniugi non possono condividere pienamente la fede, la vita liturgica, l’educazione dei figli. Se però si riesce ad evitare l’indifferenza religiosa, offrono l’opportunità di crescere nel rispetto e nella comprensione delle diverse tradizioni e di approfondire l’esperienza di Dio. I cattolici devono impegnarsi a frequentare la propria Chiesa, a seguirne gli insegnamenti, a fare il possibile per battezzare ed educare in essa i figli. La celebrazione del matrimonio deve avvenire nella forma del rito cattolico, a meno che per serie ragioni non venga concessa la dispensa per celebrarlo con rito diverso.
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[468] A parte la disciplina dei sacramenti, l’accordo può riguardare formulari liturgici, libri di preghiere, ambienti e oggetti di culto. In particolare le traduzioni interconfessionali della Bibbia e la sua diffusione favoriscono l’ecumenismo e sono testimonianza di unità.
Valorizzare con gesti concreti gli elementi di unità esistenti, soffrire per le divergenze che ancora rimangono, confidare nella grazia del Signore: per queste vie matura l’unità, che è esperienza vissuta e dono di Dio.
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Fenomeno da non sottovalutare
[470] Il relativismo culturale del nostro tempo favorisce lo sviluppo di credenze vaghe e sincretiste; oppure, al contrario alimenta il bisogno di certezze dottrinali, di prospettive sicure e a breve termine sul futuro, di sottomissione a capi carismatici e appartenenza a qualche compatta aggregazione. L’isolamento e l’anonimato della società di massa spingono a cercare identità e protezione in gruppi ristretti, caratterizzati da calore umano, partecipazione attiva, valorizzazione delle doti di ognuno. La mentalità consumista e l’ansia esistenziale inclinano verso una sacralità emotiva e magica, che dia la possibilità di esperienze gratificanti, di benessere psichico e fisico.
In questo clima proliferano “nuovi movimenti religiosi”, quanto mai diversi tra loro, che per praticità vengono chiamati anche “sètte”, senza necessariamente voler loro attribuire la connotazione negativa che il termine suggerisce. Alcuni sono di matrice cristiana; spesso però con la pretesa di aver ricevuto nuovi messaggi rivelati. Altri derivano dalle religioni orientali, magari con apporto consistente di elementi presi dal cristianesimo e dalla cultura moderna. Altri attingono a tradizioni esoteriche.
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[471] In Italia queste formazioni religiose sono circa duecento e trovano il terreno preparato da un radicato anticlericalismo e dall’ignoranza religiosa, specialmente in campo biblico. Tra i più diffusi ci sono i testimoni di Geova, i mormoni, la chiesa dell’unificazione, la chiesa di scientologia, gli Hare Krishna, il “New Age” ossia “Nuova era”.
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[472] La Chiesa cattolica considera la crescita dei “nuovi movimenti religiosi” una seria sfida pastorale. Sente il dovere di mettere in guardia dalle conseguenze nocive che può produrre nelle coscienze il loro proselitismo, a volte aggressivo. Per dare risposta adeguata al bisogno di significato e di intensa esperienza spirituale, avverte l’urgenza di annunciare Gesù Cristo, unico salvatore dell’umanità, di offrire testimonianze coraggiose di carità, di proporre spazi di contemplazione e gioia spirituale. Per venire incontro al bisogno di appartenenza e di rapporti fraterni, intravede l’opportunità di promuovere piccole comunità, dove i singoli si sentano considerati, assumano dei compiti, trovino autorevoli guide spirituali.
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[473] Rispetto alla Chiesa cattolica e alle altre Chiese e comunità ecclesiali cristiane i “nuovi movimenti religiosi” presentano una gamma di posizioni che va dal sincretismo, conciliante al punto da ammettere la doppia appartenenza, fino all’esclusivismo polemico.
Consideriamo brevemente un esempio di sincretismo, il New Age, e un esempio di esclusivismo, i testimoni di Geova.
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New Age
[474] New Age è un’ideologia, che attinge ad esperienze diverse: cristianesimo, pensiero orientale, esoterismo, astrologia, psicologia, ecologia. Mette insieme un miscuglio di elementi, privati della loro identità originale, ridotti a motivi psicologici.
Considera di capitale importanza il fatto che l’èra dei Pesci, simbolo astrologico del Cristo, stia per concludere la sua durata di 2157 anni. Terminerebbe così un’èra di drammatici contrasti, di idealismo e di materialismo, di fanatismo e di scetticismo, di amore compassionevole e di crudeli sofferenze. La sua fine comporterebbe il superamento del cristianesimo e l’inizio di una nuova èra, quella dell’Acquario. Il genere umano si starebbe evolvendo verso un livello più alto di coscienza, con l’affermazione di una sola religione planetaria, che erediterebbe gli elementi positivi di quelle precedenti. Attraverso appropriate tecniche conoscitive l’uomo potrebbe giungere all’esperienza del divino, all’identificazione con l’Assoluto. Da questa saggezza nascerebbero pace interiore, amore verso tutti gli esseri viventi, solidarietà sociale, armonia con la natura. Lo spirito del tempo farebbe convergere molte energie verso l’unità, in modo da assicurare un’èra di pace e di felicità.
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[475] Anche da un profilo così sommario, emerge il carattere gnostico, panteistico e millenaristico di questa ideologia. Le pur positive istanze di riconciliazione universale e di armonia con il cosmo ricevono risposte confuse e inadeguate. Non si vede proprio perché ci si debba attendere la salvezza dagli astri anziché da Cristo, dalle pratiche psicologiche anziché dalla grazia di Dio, dalle dottrine esoteriche anziché dalla rivelazione pubblica.
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I testimoni di Geova
[476] I testimoni di Geova hanno avuto origine verso la fine del secolo scorso negli Stati Uniti d’America. Costituiscono un’associazione organizzata e compatta, rigidamente guidata dal gruppo dirigente che risiede a Brooklyn. Svolgono un’enorme propaganda, con impiego di grandi risorse economiche. I risultati, in sé notevoli, appaiono modesti in proporzione allo sforzo. Le numerose conversioni vengono in gran parte neutralizzate dalle quasi altrettanto numerose defezioni.
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[477] I testimoni di Geova accettano la Bibbia come regola di fede. La ricevono da quelle stesse Chiese tradizionali, che pure considerano strumenti di Satana. Mettono l’Antico Testamento sullo stesso piano del Nuovo, perché non hanno idea del carattere progressivo della rivelazione. La loro interpretazione consiste nel prendere frasi staccate dal contesto letterario e storico, e manipolarle con disinvoltura a sostegno di dottrine prefabbricate. Viceversa, quando hanno a che fare con testi in contrasto evidente con la loro ideologia, non esitano a farne un uso allegorico, persino bizzarro. Non distinguono tra il messaggio rivelato e la cultura dell’ambiente: assumono come verità divine molte espressioni relative all’ambito scientifico, legate alle concezioni dell’epoca e ormai superate.
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[478] Secondo la loro dottrina, il Dio unico, eterno, creatore di tutte le cose, ha un corpo spirituale, abita in una qualche parte del cielo e si chiama Geova. A questo nome attribuiscono un’importanza decisiva, quasi magica. Dimenticano che si tratta di una deformazione del nome JHWH, che nell’Antico Testamento esistono vari nomi di Dio, che nel Nuovo Testamento il nome più vero è quello di Padre.
Affermano che lo Spirito Santo non è una persona, ma soltanto un’energia divina. Gesù Cristo non sarebbe vero Dio e vero uomo, ma solo un essere angelico. Si identificherebbe con Michele. Sarebbe stato creato per primo da Geova e poi con il suo aiuto sarebbero stati creati tutti gli altri esseri del cielo e della terra. Avrebbe avuto dapprima un corpo spirituale; poi si sarebbe trasformato in un uomo; sarebbe morto appeso non alla croce, ma a un palo; infine con la risurrezione sarebbe ritornato al suo originario corpo spirituale.
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[479] Il mondo avrebbe avuto inizio non miliardi di anni fa, ma appena da 48.000 anni e starebbe per entrare nei suoi ultimi mille anni. L’uomo, con buona pace della paleontologia e dell’archeologia, esisterebbe da appena seimila anni. Satana e gli angeli ribelli si sarebbero impadroniti del mondo e avrebbero instaurato un sistema malvagio universale: tutte le Chiese e le religioni, eccetto ovviamente quella dei testimoni di Geova, tutti i poteri politici ed economici sarebbero strumenti di Satana. Finalmente nel 1914 sarebbe iniziato nei cieli il regno messianico di Dio e di Cristo, che presto si estenderà anche alla terra, distruggerà l’attuale sistema malvagio nella grande battaglia di Armaghedòn, instaurerà un nuovo ordine mondiale, un idilliaco paradiso terrestre, per la durata di mille anni, finché Satana avrà un ultimo sussulto e sarà distrutto per sempre insieme agli angeli ribelli e agli uomini peccatori. La svolta decisiva sarebbe imminente, prima che muoiano milioni di persone che erano vive nel 1914. Però le varie date, finora indicate, si sono rivelate false.
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[480] I testimoni di Geova coltivano il senso della vicina catastrofe; descrivono con un certo compiacimento le guerre, le calamità naturali, gli orrori di questo mondo, quasi scorgendo in essi un anticipo della fine. Riconoscono il valore della vita familiare, ma prendono le distanze dalla società; la rifiutano come dominata da Satana. Per questo motivo, non per amore dell’umanità e della civiltà, rifiutano di prestare il servizio militare. Si considerano un’isola buona in mezzo a un mare di corruzione. L’osservanza di obblighi e proibizioni è funzionale al rafforzamento di questo carattere elitario.
In conclusione possiamo ritenere che i testimoni di Geova, sebbene usino continuamente la Bibbia, sono sostanzialmente estranei al cristianesimo.
| CdA, 878 CONFRONTAVAI |
[481] I “nuovi movimenti religiosi” si allontanano con le loro dottrine dai contenuti centrali della fede cristiana. Denotano una ricerca religiosa intensa, ma confusa e ambigua. Rispondono a un bisogno molto sentito di appartenenza e di partecipazione e, con il loro proselitismo, possono ottenere notevoli successi, soprattutto negli ambienti dove non ci sono comunità cristiane vive.
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Apostolicità della Chiesa
[482]
Per i primi cristiani il regno di Dio coincide con la presenza del Signore Gesù che comunica il suo Spirito; non è un’intuizione o un progetto da elaborare, ma una persona da accogliere.
La Chiesa vive di Cristo mediante lo Spirito. È chiamata a conformarsi a lui e, per conformarsi a lui, ha bisogno di ricordare tutto quello che egli ha detto e ha fatto
![]() ![]() ![]() ![]() La Chiesa è apostolica in quanto, attraverso la Scrittura e la Tradizione vivente, riceve dagli apostoli la dottrina e l’esperienza della fede, i sacramenti della grazia e il ministero dei pastori, in modo da essere fedele a Cristo e partecipare alla sua vita.
| CdA, 608 CONFRONTAVAI |
[483]
Gesù non è un’idea o un simbolo; è una persona, con una storia concreta
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 18. | |
Chiesa in cammino nel tempo
[484]
L’inesauribile fecondità del vangelo consente alla Chiesa di
![]() ![]() ![]() Lettera a Diogneto, 5, 1-2.5.10. | CCC, 671-677CCC 737CdA, 452-453 CONFRONTAVAI CdA 1181-1182 CONFRONTAVAI |
[485]
Come Israele, liberato dall’Egitto e costituito popolo di Dio
![]() ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 8. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 9.
Come nave nella tempesta, la Chiesa subisce la violenza delle onde, ma non affonda. La minacciano in ogni epoca persecuzioni, eresie, scismi, corruzione morale, compromessi mondani; possono ferirla e deturparla, ma non snaturarla o distruggerla, perché, come le è stato promesso, «le porte degli inferi non prevarranno contro di essa» (Mt 16,18).
Per il sostegno e la grazia del Signore, anche le contraddizioni e le sofferenze, seminate sul suo cammino, possono diventare benefiche. Nel libro dell’Apocalisse lo Spirito Santo fa pervenire al responsabile della Chiesa di Smirne questa parola di conforto: «Conosco la tua tribolazione, la tua povertà - tuttavia sei ricco» (Ap 2,9).
Viceversa, i successi possono essere pericolosi e in ogni caso sono sempre provvisori. La sicurezza può risultare illusoria; la ricchezza può diventare una prigione. Ancora nell’Apocalisse, lo Spirito rivolge questo rimprovero al responsabile della Chiesa di Laodicèa: «Tu dici: “Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla”, ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo» (Ap 3,17).
Lo Spirito Santo conduce avanti attraverso i secoli il cammino della Chiesa e le impedisce di indugiare sulle mete raggiunte. Mentre la induce a guardare indietro nel passato, verso Gesù di Nàzaret, in cui la rivelazione e la salvezza si sono compiute una volta per sempre, la fa guardare anche avanti verso il Signore risorto, che è il futuro del mondo e la novità ultima. La bimillenaria storia della Chiesa può essere considerata un grande esodo, misteriosamente guidato dallo Spirito di Dio, verso traguardi sempre nuovi, nella sostanziale continuità con le origini, malgrado le innumerevoli infedeltà personali dei credenti e le deformazioni della comunità.
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L’Ora delle persecuzioni
[486] In base alla posizione della Chiesa rispetto alla società civile, possiamo distinguere tre epoche fondamentali nella sua storia.
La prima epoca è quella delle persecuzioni. La Chiesa penetra nella civiltà greco-romana, sfidando una dura opposizione. Ha su di sé l’antipatia delle masse popolari, superstiziose e moralmente corrotte, la diffidenza e il disprezzo degli intellettuali, l’ostilità dello stato totalitario. Si preoccupa soprattutto di consolidare la sua vita interna. Le comunità, riunite ciascuna attorno al proprio vescovo, sono piccole, fervorose e collegate fra loro da una rete di intense relazioni. I credenti prendono sul serio la comune vocazione alla santità, pronti a qualsiasi sacrificio, dato che «il martirio colpiva fin dalla nascita»
![]() Origene, Omelia sulla Genesi, 4, 3. | |
[487]
La fede si propaga in modo capillare da persona a persona per la testimonianza spontanea di ogni credente presso parenti e amici, ospiti e clienti, compagni di lavoro e di viaggio. Un grande apologeta può dire con fierezza: «Siamo di ieri, ma abbiamo già riempito il mondo e tutti i vostri territori, le città, le isole, le fortezze, i municipi, le borgate, gli stessi accampamenti, le tribù, le decurie, la reggia, il senato, il foro»
![]() Tertulliano, Apologetico, 37, 4. | |
[488] Numerosi sono i màrtiri, eroici e umanissimi, come possiamo rilevare da lettere, atti e passioni. Ma forse più numerosi sono coloro che non resistono al momento della prova.
Si tratta dunque di una stagione senz’altro splendida per creatività ed eroismo, ma non certo perfetta e da idealizzare.
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La civiltà cristiana
[489] La successiva epoca è quella della cosiddetta “civiltà cristiana”. Abbraccia un ampio arco di secoli e vede esperienze storiche per molti aspetti assai diverse tra loro: la Chiesa imperiale romano-bizantina, la cristianità medievale, la Chiesa della riforma, della controriforma, dell’assolutismo statale fino al secolo XVIII.
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[490]
Il cristianesimo da movimento minoritario diventa religione di
![]() Con Costantino e gli imperatori cristiani il cristianesimo passa dalla condizione di religione proibita a quella di religione ufficiale e questo gli consente di influire più efficacemente nella società come fattore decisivo di progresso. Basta menzionare la mitigazione e poi l’abolizione della schiavitù, la tutela dell’infanzia, la limitazione dei conflitti e la moderazione della violenza, la partecipazione e la solidarietà attraverso le corporazioni, i comuni e l’universalismo medievale, la promozione della cultura per mezzo di scuole, università e sostegno delle arti, la multiforme attività assistenziale mediante ospedali, ospizi, monti di pietà, elemosine e soccorsi vari.
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[491] Se le luci sono molte e meravigliose, le ombre non mancano e non sono di poco conto. La presenza della Chiesa nella società degenera in confusione tra la sfera religiosa e quella civile, compromettendo la purezza della religione e l’autonomia delle realtà secolari.
Per quanto riguarda i fedeli, si dà eccessiva importanza ai fatti esteriori e collettivi; si presta invece poca attenzione all’autenticità della conversione e alla partecipazione personale all’eucaristia, vertice dell’esperienza cristiana.
Per quanto riguarda il clero, la libertà si gonfia in privilegio con l’istituzione di un tribunale speciale per gli ecclesiastici, l’esenzione dalle tasse e soprattutto l’acquisto della ricchezza e del potere mondano, da cui scaturiscono corruzione e simonia. Si ha l’interferenza diretta degli ecclesiastici nella politica, nell’amministrazione, nel campo della scienza, dell’arte e del lavoro. Viceversa si fa sentire pesantemente l’ingerenza dello stato e dei potenti nella vita interna della Chiesa.
Non viene adeguatamente riconosciuto il diritto alla libertà di coscienza: di qui l’intolleranza verso gli ebrei, l’inquisizione contro gli eretici, la conversione forzata di interi popoli, le guerre di religione.
Non c’è dunque da sorprendersi se questa stagione, pur ricca di frutti e di splendidi risultati, è attraversata da un senso di disagio e dall’aspirazione costante verso una Chiesa più povera e spirituale.
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L’epoca moderna
[492] Il mondo moderno emerge gradualmente come reazione alla precedente confusione tra religione e società civile, con un lungo processo che prende avvio nel basso medioevo, si irrobustisce con l’umanesimo rinascimentale e la riforma protestante, diventa dominante con l’illuminismo e la rivoluzione francese. La civiltà tende a diventare non solo legittimamente autonoma, ma anche estranea e indifferente rispetto alla religione, anzi a volte addirittura ostile.
Viene duramente contestata la presenza della Chiesa nella società. Non solo si sopprimono i privilegi e il potere temporale, ma si arriva alla discriminazione e, in certi casi, anche alla persecuzione violenta. Si cerca di relegare la fede nel privato; si apre un fossato tra la pratica religiosa e la vita quotidiana.
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[493]
Tutto questo avviene in nome di valori autentici, quali la ragione, la scienza, la libertà, la solidarietà, la democrazia, la tolleranza,
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[494] La civiltà cristiana del medioevo appare tutt’altro che priva di difetti da un punto di vista cristiano: non sapeva coniugare in modo soddisfacente l’unità della società con la libertà di coscienza, il pluralismo culturale, i diritti umani fondamentali. D’altra parte la civiltà moderna tende anch’essa all’uniformità; ma l’omologazione avviene sulla base di valori generici e di basso profilo, a spese delle proposte più esigenti e creative. Solo una città dell’uomo, rispettosa dei diritti di ogni persona e capace di conciliare unità e pluralismo, è anche città di Dio.
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[496] Uno solo è il popolo di Dio, ma al suo interno si distinguono ministri ordinati, laici, persone di vita consacrata. Comuni sono la dignità, la vocazione alla santità e la missione evangelizzatrice; ma si attuano secondo modalità diverse e complementari. La varietà di carismi, ministeri, stati di vita e vocazioni consente uno scambio incessante di doni e una feconda comunicazione di carità.
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Pari dignità
[497]
Nell’Antico Testamento lo Spirito Santo veniva effuso su alcuni
![]() ![]()
Tutti i fedeli ricevono lo Spirito; tutti sono incorporati a Cristo mediante il battesimo; tutti sono figli di Dio, fratelli tra di loro, eredi della vita eterna. Tutti sono chiamati alla santità, che consiste nella perfezione della carità; tutti cooperano a edificare la Chiesa
![]() ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 90. | CCC, 871-873 |
[498]
Le discriminazioni, presenti nella società, non hanno alcun senso nella vita ecclesiale: «Tutti voi siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,26-28). Lo schiavo diventa «un fratello carissimo» (1Fm 16); la donna una sorella e una cooperatrice all’evangelizzazione. Tutti i cristiani hanno pari dignità; anzi sono uniti a Cristo e tra di loro, come una sola persona.
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Diversità e complementarità
[499]
Sparisce allora ogni differenza? L’uguaglianza fondamentale e la comunione comportano forse l’uniformità? Certamente no: dallo stesso Spirito derivano unità e varietà. Gli Atti degli apostoli mostrano che, se tutti i credenti hanno una funzione profetica, alcuni però hanno un dono particolare di profezia
![]() ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 4. | CCC, 814CdA, 747 CONFRONTAVAI |
[500]
L’unica Chiesa, non solo esiste in molte Chiese e si esprime in
![]()
La comunità ecclesiale è come un organismo vivo e operante: «In un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione... Abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi» (Rm 12,46). «Dio ha composto il corpo» in modo che «le varie membra avessero cura le une delle altre» (1Cor 12,24-25). Tutti sono abbastanza poveri per dover ricevere; tutti abbastanza ricchi per poter dare. «Non può l’occhio dire alla mano: “Non ho bisogno di te”; né la testa ai piedi: “Non ho bisogno di voi”. Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più necessarie» (1Cor 12,21-22). I credenti sono responsabili gli uni degli altri; tra loro vige la legge della reciprocità: devono stimarsi a vicenda, accogliersi, edificarsi, servirsi, sostenersi, correggersi, confortarsi. Nel mutevole intrecciarsi di tante storie personali si attua una incessante comunicazione di carità.
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[501]
«Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio
![]() ![]() Sant’Agostino, Discorsi, 276, 4. | |
Carismi
[502]
I carismi sono grazie speciali dello Spirito Santo, con le quali ogni fedele viene reso adatto e pronto ad assumere qualche compito e a svolgere qualche attività, in modo da giovare, direttamente o indirettamente, alla santità della Chiesa, alla sua vitalità apostolica, al bene delle persone e della società
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 12; Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 24. | CCC, 951CCC 2003 |
[503]
I carismi, sebbene l’uso che spesso si fa di questa parola possa far pensare a qualcosa di eccezionale, vengono concessi a tutti i fedeli. «Sono dati alla persona singola, ma possono anche essere condivisi da altri»; possono prolungarsi nel tempo e passare da una generazione all’altra «come una preziosa e viva eredità», dando luogo a «una particolare affinità spirituale»
![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 24.
Essi sono innumerevoli come le esigenze alle quali rispondono. Alcuni sono del tutto ordinari, come il matrimonio, la verginità, l’assistenza ai malati e ai poveri, altri straordinari come i miracoli; alcuni occasionali e spontanei, come il parlare lingue sconosciute, altri stabili come il compito di maestro, altri perfino istituzionali come gli uffici di presbitero e di evangelizzatore, conferiti con l’imposizione delle mani. Il Nuovo Testamento ignora ogni dualismo tra carisma e istituzione: lo Spirito è libero di agire come vuole, fuori e dentro l’istituzione.
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[504]
Tutti i carismi sono preziosi; «devono essere accolti con gratitudine e consolazione»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 12. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 12..
carismi non vanno confusi con le aspirazioni e le imprese puramente umane. Sono autentici, se si trovano in armonia con la dottrina della fede, professata dalla Chiesa, con l’effettiva utilità della comunità e con le direttive date dai pastori per il necessario coordinamento.
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Ministeri
[505] Alla varietà dei carismi corrisponde una varietà di servizi, momentanei o duraturi, privati o pubblici. I servizi ecclesiali stabili e pubblicamente riconosciuti vengono chiamati ministeri. Ci sono innanzitutto i ministeri ordinati dei vescovi, dei presbìteri e dei diaconi. Ci sono poi i ministeri dei laici, fondati sul battesimo e sulla cresima e conferiti attraverso il riconoscimento, ufficiale o di fatto, della comunità e del vescovo.
| CCC, 874-879CCC 901-903CCC 906CCC 1143 |
[506]
Tra i ministeri laicali ricordiamo per primi quelli istituiti con rito liturgico: i lettori e gli accoliti. Non meno importanti però sono quello dei ministri straordinari della comunione eucaristica e quelli dei responsabili di attività ecclesiali, a cominciare dai catechisti: testimoni, insegnanti ed educatori per la crescita dei fratelli nella fede
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 73. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 74.
L’attuazione dei ministeri laicali, fondati sui sacramenti del battesimo e della confermazione, non deve recar pregiudizio al sacerdozio ministeriale, fondato sul sacramento dell’ordine; non deve dar luogo ad alcun livellamento o struttura parallela
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 23. | |
Stati di vita e vocazioni
[507]
Insieme alla varietà dei servizi, la comunione ecclesiale comporta varietà delle forme di vita, cioè dei modi stabili di configurarsi a Cristo, di rapportarsi agli altri e alle cose. Vi sono innanzitutto tre modalità generali: lo stato laicale, caratterizzato dall’impegno secolare; lo stato ministeriale ordinato, caratterizzato dalla rappresentanza di Cristo pastore; lo stato di speciale consacrazione, caratterizzato dalla testimonianza alla vita del mondo che verrà
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 55. ![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 55. | CCC, 871-873 |
[508]
All’interno di questi tre stati di vita, si precisano diversi cammini spirituali e apostolici concreti: sono le molteplici vocazioni particolari
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 56. Dono di Dio e scelta dell’uomo, la vocazione passa attraverso una preghiera perseverante, un prudente discernimento e una graduale maturazione, con la cooperazione di sagge guide spirituali. Alcune vocazioni comportano una chiamata della Chiesa. Per il discernimento occorre considerare la storia personale, le circostanze esterne, le attitudini, le corrette motivazioni, l’attrattiva interiore. La maturazione consiste nel purificare e consolidare le motivazioni, nell’assumere uno stile di vita adeguato, nell’incanalare l’affettività verso gli obiettivi vocazionali, nel rimanere fedeli alla decisione presa.
| CdA, 800 CONFRONTAVAI |
[509]
Le vocazioni, infine, si personalizzano in modo originale in ogni singolo fedele. Ognuno è chiamato per nome; ognuno ha la sua storia e porta un proprio contributo al regno di Dio
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 56. ![]() San Cirillo di Gerusalemme, Catechesi prebattesimali, 16, 12. | |
Istituzione divina
[511] Del ministero apostolico partecipano quei credenti che vengono scelti perché siano rappresentanti di Cristo pastore e in suo nome sostengano la vita di fede e di carità di tutti i fedeli attraverso la predicazione della Parola, la celebrazione dei sacramenti, la guida della comunità, nella continuità della tradizione apostolica. La funzione ecclesiale, che viene loro affidata, è tale da polarizzare tutta la loro esistenza e determinare il loro modo di essere cristiani, il loro genere di vita.
| CCC, 551CCC 858-860CCC 877 |
[512]
Già durante il ministero pubblico di Gesù, i Dodici sono stati associati alla sua missione e inviati ad annunciare il regno di Dio e a porre in atto i segni della sua venuta, condividendo lo stesso stile di vita del Maestro
![]() ![]() | CdA, 201-204 CONFRONTAVAI |
[513]
Nella Chiesa delle origini gli apostoli occupano il primo posto tra
![]()
Formano un collegio, presieduto da Pietro, e guidano insieme il cammino iniziale della prima comunità di Gerusalemme. Cresce però in fretta il numero dei credenti ed essi sentono il bisogno di associarsi dei collaboratori. Creano prima sette responsabili per una parte della comunità, quella di lingua e cultura greca, che presto verrà perseguitata e cacciata dalla città
![]() | |
[514]
Le comunità che man mano si aggiungono a quella di Gerusalemme hanno anch’esse dei responsabili: ad Antiòchia cinque «profeti e dottori» (At 13,1); nelle città dell’Asia Minore un collegio di presbìteri stabiliti dallo Spirito Santo attraverso gli apostoli; a Filippi «i vescovi e i diaconi» (Fil 1,1); a Tessalonica i «preposti nel Signore» (1Ts 5,12); altrove «pastori e maestri» (Ef 4,11). I titoli non sono ancora precisi e ufficiali e variano da un ambiente all’altro. Nell’insieme però appare abbastanza chiaro che le comunità sono guidate da un collegio di responsabili, sotto l’autorità dell’apostolo fondatore.
| |
[515]
Con l’andar del tempo gli apostoli avvertono la necessità di una successione: «Istituirono i vescovi e i diaconi e diedero ordine che, quando costoro fossero morti, altri uomini provati succedessero nel loro ministero»
![]() San Clemente di Roma, Lettera ai Corinzi, 44, 2.
Poco più tardi Ignazio di Antiòchia attesta che ogni comunità, «fino ai confini della terra», è governata da un solo vescovo; anzi afferma che senza il vescovo, il collegio dei presbìteri e i diaconi, non ci può essere una vera Chiesa
![]() Cf. Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai cristiani di Tralle, 3, 1; Id., Lettera agli Efesini, 3, 2. Da allora la struttura gerarchica della Chiesa è rimasta immutata e i vescovi presiedono le comunità come successori degli apostoli, con l’aiuto dei presbìteri e dei diaconi.
Questa linea di sviluppo offre sicuro fondamento alla dottrina cattolica, che è così sintetizzata dal concilio Vaticano II: «Per istituzione divina i vescovi sono succeduti agli apostoli quali pastori della Chiesa»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 20. | |
Successori degli apostoli
[516]
Il senso di questa successione va precisato. Gli apostoli, con la loro testimonianza diretta e originaria su Cristo, pongono il fondamento della Chiesa una volta per sempre. I pastori, che collaborano con loro e poi prendono il loro posto, curano che la costruzione dell’edificio prosegua sul medesimo fondamento
![]()
I pastori succedono dunque agli apostoli, in quanto custodiscono e trasmettono fedelmente la loro testimonianza, «il buon deposito» (2Tm 1,14), con la grazia dello Spirito Santo, per consentire a tutti i credenti di rivivere l’esperienza originaria e di essere veramente Chiesa di Cristo.
| CCC, 861-862 |
Il carisma dell’autorità
[517]
In concreto alimentano la fede e la carità di tutti i credenti con il servizio della Parola e la celebrazione dei sacramenti; verificano e coordinano i vari carismi, in una disciplina ordinata, che sia segno visibile della comunione in Cristo. Fanno questo con l’autorità ricevuta «per edificare» (2Cor 13,10), cioè per radunare il popolo di Dio. Anzi, hanno avuto un carisma particolare dallo Spirito Santo, attraverso il rito sacramentale dell’ordinazione, come dice la seconda Lettera a Timòteo: «Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani» (2Tm 1,6)
![]() | CCC, 894-895 |
Segno e presenza di Cristo pastore
[518] La missione da svolgere contribuisce a individuare l’identità dei ministri ordinati. Questa però è connotata essenzialmente dal loro rapporto con Cristo.
In virtù del sacramento essi diventano rappresentanti di Cristo, pastore e servo, nella triplice funzione profetica, regale e sacerdotale. Come il Padre ha mandato il Figlio e si è manifestato attraverso di lui, così Gesù manda i suoi discepoli e si rende presente attraverso di loro. Colui che invia, viene lui stesso insieme con coloro che sono inviati. Essi non sono semplici delegati, ma segno visibile ed efficace della sua presenza. Non sono intermediari, ma consentono di incontrare in modo umano l’unico mediatore. Non solo lo rappresentano, ma lo ripresentano. Quello che Gesù diceva riferendosi al Padre, essi lo possono ripetere in riferimento a Gesù: «Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo» (Gv 8,29).
| CCC, 886CCC 888-896CCC 1548-1549CdA, 719-720 CONFRONTAVAI |
In unione a Cristo rappresentanti della Chiesa
[519] Mentre rappresentano Cristo di fronte alla Chiesa, rappresentano in unione a Cristo la Chiesa davanti al Padre e intercedono per lei. La rappresentano anche davanti agli uomini, in quanto costituiscono il fondamento visibile della sua unità e fedeltà evangelica. Si tratta di una rappresentanza sacramentale in virtù dello Spirito e non di una rappresentanza in senso democratico. I ministri ordinati ricevono il potere da Cristo, non dalla comunità. Non sono delegati di essa, neppure quando vengono designati con la sua partecipazione.
Ciò non vuol dire che debbano agire in maniera autoritaria, senza consultare nessuno. Al contrario devono farsi interpreti e servitori della vita della Chiesa, in piena fedeltà al vangelo. Le decisioni devono maturare in un clima di preghiera, di fraternità, di ascolto reciproco e di conversione al Signore da parte di tutti, pastori compresi. Se è vero che i pastori non sono dalla Chiesa, sono però per la Chiesa e nella Chiesa. Rimangono cristiani come gli altri, ascoltano la parola che predicano e ricevono l’eucaristia che distribuiscono. Inoltre devono esercitare il loro ministero in una prassi di comunione, valorizzando gli altri carismi e ministeri: «I vescovi non devono solo insegnare, ma anche imparare»
![]() San Cipriano di Cartagine, Lettere, 74, 10, 1. | CCC, 1552-1553 |
Spiritualità caratteristica
[520]
L’ordinazione sacramentale, mentre costituisce i pastori
![]()
I ministri ordinati sono chiamati a vivere la radicalità evangelica con motivazioni diverse rispetto alle persone di vita consacrata, non propriamente per essere segno dell’uomo nuovo escatologico, ma per rappresentare al vivo Cristo pastore che dà se stesso per il suo gregge
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 25. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 41. | CCC, 896CCC 1550CdA, 721 CONFRONTAVAI |
Tre gradi del ministero
[521]
Fin dai primi tempi si distinguono nella Chiesa diverse figure di pastori. Il ministero pastorale è di istituzione divina e «viene esercitato in ordini diversi da coloro che già in antico vengono chiamati vescovi, presbìteri, diaconi»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 28; cf. Concilio di Trento, Sess. XXIII, Dottr. Sul sacramento dell’ordine, Can. 6 - DS 1776. | CCC, 1554-1571 |
Il vescovo
[522]
Il vescovo possiede la «pienezza del sacerdozio»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 41. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 27. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 23. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Ad gentes, 20; 38. | |
Il presbitero
[523]
«I presbìteri, pur non possedendo il vertice del sacerdozio, ma dipendendo dai vescovi nell’esercizio della loro potestà, sono tuttavia congiunti a loro nella dignità sacerdotale. In virtù del sacramento dell’ordine e ad immagine di Cristo sommo ed eterno sacerdote, sono consacrati per predicare il vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino, quali veri sacerdoti della nuova alleanza»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 28. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 6. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 28. ![]() Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 5. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 41. | CdA, 723 CONFRONTAVAI |
Il diacono
[524]
I diaconi sono ordinati «non per il sacerdozio», cioè per offrire a nome di Cristo il sacrificio eucaristico, «ma per servire»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 29. ![]() Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai cristiani di Magnesia, 6, 1. | |
[525] Eredi degli apostoli, segno e presenza di Cristo pastore, in suo nome e con la sua autorità, i vescovi, coadiuvati dai presbiteri e dai diaconi, predicano la parola di Dio, celebrano i sacramenti, guidano la comunità cristiana.
Sono chiamati a svolgere questa missione animati dalla carità pastorale, in un clima di preghiera e secondo uno stile di radicalità evangelica.
| |
Un ministero collegiale
[526] Il ministero apostolico ha un carattere personale, in quanto ognuno dei ministri è chiamato da Cristo e, costituito suo rappresentante, agisce con responsabilità propria. Ma ha anche un carattere collegiale, in quanto i vescovi formano il collegio episcopale intorno al papa e, in modo analogo, i presbìteri formano il presbiterio diocesano sotto l’autorità del vescovo.
| |
[527]
Ogni vescovo in quanto tale è membro del collegio episcopale. «L’episcopato è uno e indiviso»
![]() San Cipriano di Cartagine, L’unità della Chiesa cattolica, 5. ![]() San Cipriano di Cartagine, Lettere, 66, 8, 3. ![]() Sant’Agostino, Discorsi, 46, 29-30.
Il collegio è formato dai vescovi insieme al papa e ha «piena e suprema potestà su tutta la Chiesa... In quanto composto da molti, sta ad esprimere la varietà e l’universalità del popolo di Dio; in quanto raccolto sotto un solo capo, sta ad esprimere l’unità del gregge di Cristo»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 22. | |
Le manifestazioni della collegialità
[528]
La natura collegiale dell’episcopato si manifesta concretamente nei vincoli visibili di fede, di carità, di disciplina e di corresponsabilità pastorale, in alcune istituzioni come i patriarcati o le conferenze episcopali, in alcuni avvenimenti come la concelebrazione dell’ordinazione, i sinodi e soprattutto i concili ecumenici
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 22; 23.
Nei concili ecumenici il collegio dei vescovi «esercita in modo solenne la potestà sulla Chiesa universale»
![]() Codice di Diritto Canonico, 387, 1. | |
La responsabilità locale e universale del vescovo
[529]
Il singolo vescovo «viene costituito membro del corpo episcopale in forza della consacrazione sacramentale e mediante la comunione gerarchica con il capo e i membri del collegio»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 22. | CCC, 1560 |
Il carisma di Pietro
[531]
Il collegio dei vescovi succede a quello degli apostoli; il vescovo di Roma succede a Pietro. Da lui eredita il compito di confermare i fratelli nella fede, il carisma della “roccia”, che dà coesione e stabilità a tutta la Chiesa: «Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22,31-32).
Durante la vita pubblica, Gesù ha dato a Simone il nuovo nome di Pietro
![]() ![]() ![]() | CCC, 551-553CdA, 204 CONFRONTAVAI |
Il vescovo di Roma successore di Pietro
[532]
Pietro, nella prima comunità di Gerusalemme, è sempre in prima fila come protagonista, nel prendere la parola a nome di tutti gli apostoli, nel compiere le guarigioni miracolose, nel punire gli indegni, nel confermare le conversioni, nell’ammettere i pagani, nell’affermare la libertà cristiana di fronte alla legge mosaica.
Pietro e Paolo, «le più grandi e le più giuste colonne», portano a compimento la loro testimonianza a Roma, dove versano il sangue per Cristo «insieme a una grande moltitudine di eletti»
![]() San Clemente di Roma, Lettera ai Corinzi, 5, 1-2; 6, 1. ![]() Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai Romani, Prologo. ![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 3, 2. ![]() San Massimo il Confessore, Opuscoli teologici e polemici, Lettera scritta da Roma. | CCC, 194CCC 834 |
Visibile principio di unità
[533]
Il vescovo di Roma, erede della testimonianza di Pietro, «è il perpetuo e visibile principio e il fondamento dell’unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 23. | |
[534] Il papa eredita il compito che Gesù ha assegnato a Pietro: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,18-19).
| |
Indole secolare
[535]
La Chiesa è il segno efficace del regno di Dio che viene nella storia e comincia a salvare il mondo. Fa parte della sua missione ordinare secondo il vangelo le realtà temporali: famiglia, lavoro, cultura, società
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 5; Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 16.
Questo compito viene attuato soprattutto mediante l’impegno dei fedeli laici. Se una certa dimensione secolare è comune a tutti i cristiani, «è proprio e specifico dei laici il carattere secolare»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 31; cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 15. | |
[536]
Gesù a Nàzaret ha condotto per lunghi anni un’esistenza di tipo secolare: famiglia, relazioni sociali, lavoro. Successivamente, durante la sua vita pubblica, possiamo vedere rappresentati i fedeli laici da quei discepoli che credono in lui, ma rimangono a casa propria, immersi nelle consuete occupazioni, senza seguirlo fisicamente nel suo ministero itinerante. A uno di essi viene rivolto questo invito: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato» (Mc 5,19). Secondo l’insegnamento del Maestro, verginità e matrimonio, rinuncia alle ricchezze e uso corretto di esse sono due forme esigenti della nuova santità, resa possibile dal regno di Dio. Sia chi esce dalle ordinarie condizioni di vita sia chi vi rimane dentro può e deve vivere le beatitudini.
| CdA, 200 CONFRONTAVAI |
Santità laicale
[537]
Chi è immerso nelle realtà della famiglia, della professione e della vita sociale, deve santificarsi valorizzando queste realtà. La presenza nel mondo può diventare dedizione a Dio e missione: «È proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 31. ![]() Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 15. La santità dei laici si sviluppa attraverso la preghiera, l’ascolto della parola di Dio e la partecipazione ai sacramenti, come quella dei pastori e dei religiosi; ma si nutre anche di quotidiane occupazioni e preoccupazioni: famiglia, scuola, ufficio, fabbrica, negozio, palestra, traffico, quartiere, sindacato, politica... Pur essendo sostanziata di fede, speranza e carità come ogni altra santità, possiede una fisionomia propria con virtù umane specifiche, come la competenza nella professione, la fedeltà e la tenerezza in famiglia, la lealtà e la giustizia nelle relazioni sociali, l’obbedienza verso i pastori della Chiesa e la corresponsabilità nella vita ecclesiale.
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Impegno ecclesiale
[538]
In virtù del battesimo e della cresima, i fedeli «sono tenuti a professare davanti agli uomini la fede ricevuta,... a diffondere e a difendere la fede con la parola e con l’azione, come veri testimoni di Cristo»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 11. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 35.
Purtroppo anche tra i cattolici praticanti è piuttosto diffuso il pregiudizio che la fede sia un affare privato, anzi individuale, qualcosa che ognuno si tiene per sé. Bisogna maturare una coscienza missionaria, rendersi conto che l’apostolato, anche quello dei laici, «non consiste soltanto nella testimonianza della vita; il vero apostolo cerca le occasioni per annunziare Cristo con la parola sia ai non credenti per condurli alla fede, sia ai fedeli per istruirli, confermarli e indurli a una vita più fervente»
![]() Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 6.
Il primo apostolato è quello spontaneo delle singole persone: è capillare, costante, particolarmente incisivo; è possibile in famiglia, tra i vicini e gli amici, tra i colleghi di lavoro, tra i compagni di svago o di viaggio; è il migliore presupposto anche per l’apostolato associato
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 28. Insieme all’apostolato personale, ha particolare valore ed efficacia quello della famiglia cristiana. Fondata sul sacramento del matrimonio, la famiglia è chiamata ad essere immagine viva della Chiesa e soggetto privilegiato di evangelizzazione. In modo proprio e originale può manifestare la presenza e la carità di Cristo, sia con la vita ordinaria di ogni giorno, sia mediante opportune iniziative in ambito ecclesiale e sociale.
| |
[539]
Per molti laici la partecipazione alla missione della Chiesa si esprime anche in forme aggregative: associazioni, movimenti, comunità, gruppi. La libertà associativa è un diritto che deriva dal battesimo e si deve attuare nel rispetto dei “criteri di ecclesialità”
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 18; Codice di diritto canonico, 215; Giovanni Paolo II, Christifideles laici 29; 30. ![]() Paolo VI, Discorso ai partecipanti all’Assemblea nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, 25 aprile 1977.
Ma tutti i laici, in qualche modo, devono attivamente partecipare alla vita delle loro comunità ecclesiali. Alcuni sono anche chiamati ad assumere ministeri e a far parte di organismi pastorali
![]() Cf. Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 73. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 37. | |
Impegno nella società
[540]
È senz’altro auspicabile una presenza numerosa e qualificata dei laici nelle attività ecclesiali. Tuttavia «il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell’economia; così pure della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; ed anche di altre realtà particolarmente aperte all’evangelizzazione, quali l’amore, la famiglia, l’educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza. Più ci saranno laici penetrati di spirito evangelico, responsabili di queste realtà ed esplicitamente impegnati in esse, competenti nel promuoverle e consapevoli di dover sviluppare tutta la loro capacità cristiana spesso tenuta nascosta e soffocata, tanto più queste realtà, senza nulla perdere né sacrificare del loro coefficiente umano, ma manifestando una dimensione trascendente spesso sconosciuta, si troveranno al servizio dell’edificazione del regno di Dio, e quindi della salvezza in Gesù Cristo»
![]() Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 70. | |
Dono divino
[542]
La vita consacrata è «dono divino che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 43. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 44.
Tra quanti credono in lui, alcuni sono chiamati a lasciare per la causa del regno di Dio abitazione, professione e famiglia, abbracciando l’ideale della perfetta castità, che non tutti possono capire, «ma solo coloro ai quali è stato concesso» (Mt 19,11). Rinunciando ai beni materiali e al matrimonio, seguono più da vicino il Maestro e si dedicano più liberamente al servizio apostolico. Assumendo uno stile di vita diverso dall’ordinario, professano più apertamente la fede in lui e diventano un segno più evidente della nuova vicinanza di Dio e dell’inizio di un mondo nuovo che si compirà nella risurrezione futura, quando «non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo» (Mt 22,30).
| CdA, 200 CONFRONTAVAI |
Le prime esperienze
[543]
La comunità itinerante dei primi discepoli ha un seguito nella
![]() ![]() A Gerusalemme guarderanno, come a un modello perfetto, tutte le comunità cristiane successive; ma saranno specialmente le comunità di vita consacrata che si sentiranno chiamate a rivivere quel modello con la stessa radicalità.
| CdA, 429 CONFRONTAVAI |
[544]
Fin dal tempo degli apostoli l’intimità con il Cristo risorto trova un’espressione privilegiata nella verginità e nel celibato
![]()
Certo, anche il matrimonio è una via alla santità cristiana. Ma la verginità e il celibato manifestano con più chiarezza la dedizione al Signore e la fede nella realtà nuova che sta iniziando. Costituiscono per tutti un appello deciso a non lasciarsi imprigionare dai beni terreni, che passano
![]() | |
Mirabile varietà
[545]
Nei primi secoli, mescolati tra i comuni cristiani, vivono numerosi asceti e vergini: «Molti uomini e donne, che ora hanno sessanta o settanta anni di età, istruiti fin dalla loro infanzia nell’insegnamento di Cristo, hanno osservato la verginità»
![]() San Giustino, Prima apologia, 15, 6. ![]() Clemente d’Alessandria, Stromati, 2, 1, 4.3.
Dal III secolo ad oggi, la storia della Chiesa vede sorgere in ogni
![]() Sant’Antonio e gli eremiti nel deserto. Le comunità monastiche di San Pacomio e di San Basilio. I monaci occidentali della Gallia, di Lerino e d’Irlanda. Le comunità di Sant’Agostino, incentrate nella carità fraterna. Le abbazie ordinate secondo la regola di San Benedetto, sintesi armoniosa di preghiera e lavoro, di solitudine e di vita comune. Gli analoghi monasteri femminili.
Il rinnovamento monastico medievale con l’ordine di Cluny e con i Cistercensi di San Bernardo. Le correnti che uniscono vita comune e vita eremitica, come i Camaldolesi di San Romualdo e i Certosini di San Bruno. La fioritura dei canonici regolari, tra i quali i Premostratensi di San Norberto. Gli ordini cavallereschi e ospedalieri.
I Frati Minori di San Francesco, con il carisma della povertà evangelica, condiviso anche dalle monache di Santa Chiara. I Frati Predicatori di San Domenico, che uniscono contemplazione e vita apostolica, sostenuti dalla preghiera delle monache Domenicane. Altri ordini mendicanti come i Carmelitani, gli Agostiniani, i Mercedari, i Servi di Maria, i Fatebenefratelli.
I chierici regolari, consacrati a Dio nell’apostolato, tra i quali ricordiamo i Gesuiti di Sant’Ignazio di Loyola, caratterizzati dal carisma dell’obbedienza in vista della missione, i Teatini, i Barnabiti, i Somaschi, i Camilliani. La Compagnia di Sant’Orsola, fondata da Sant’Angela Merici, che anticipa i futuri istituti secolari. Le riforme degli ordini tradizionali, tra cui quella dei Carmelitani e delle Carmelitane ad opera di Santa Teresa d’Avila e di San Giovanni della Croce. Le prime società di vita apostolica, come la Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri, le Figlie della Carità e la Congregazione della Missione di San Vincenzo de’ Paoli.
Le congregazioni religiose di laici e di chierici, quali i Fratelli delle
![]() Infine le esperienze recenti, tra cui gli istituti secolari, formati da consacrati inseriti nella vita ordinaria, e i nuclei di persone consacrate che animano i nuovi movimenti ecclesiali, sorti intorno al concilio Vaticano II.
Al di là dei limiti e delle miserie sempre presenti in ogni realtà umana, la meravigliosa varietà di tanti carismi e istituzioni rivela la multiforme sapienza di Dio; veste di bellezza la Chiesa, come una sposa adorna per il suo Sposo; la abilita ad ogni opera buona secondo le esigenze dei tempi
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Perfectae caritatis, 1. | CdA, 1075-1078 CONFRONTAVAI |
Una sequela più espressiva
[546] La vita consacrata è un carisma dello Spirito, finalizzato sia alla santificazione personale che all’edificazione della Chiesa. Comporta un nuovo modo di essere e di agire.
Se tutti i fedeli sono chiamati a seguire Gesù, i consacrati sono chiamati a seguirlo più da vicino, configurati a lui anche nel genere esteriore di vita
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 46; Id., Perfectae caritatis, 25. In concreto la vita consacrata è caratterizzata dalla professione dei tre consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza in una forma di vita stabile e riconosciuta dalla Chiesa. La castità è totale dono di sé al Signore, un dono vissuto nella perfetta continenza sessuale e nell’amicizia disinteressata verso tutti. La povertà è libertà di fronte alle cose, rinuncia al possesso, sobrietà nell’uso, disponibilità a condividere. L’obbedienza è accoglienza della volontà di Dio, mediante la sottomissione alla regola, ai superiori e alla comunità, rinunciando a programmare in modo individuale la propria esistenza. Insieme i tre consigli riportano le grandi tendenze del cuore umano nella logica della carità; rendono umili e vuoti di sé, aperti a Dio e ai fratelli, pronti a camminare verso la perfezione. L’impegno a viverli viene assunto con i voti o con altri vincoli sacri. Associato ad altri elementi, come la centralità della preghiera, della parola di Dio e dell’eucaristia, gli esercizi ascetici ed eventualmente la comunità religiosa e le attività di apostolato, questo impegno viene a costituire una forma stabile di vita, che l’autorità della Chiesa riconosce canonicamente.
| CCC, 1973-1974 |
[547]
Si tratta di una forma di vita non più santa o più facile, ma che manifesta più incisivamente i valori comuni della vita cristiana: l’unione a Cristo, il primato di Dio, la chiamata alla perfezione della carità. Soprattutto testimonia il mondo futuro e l’umanità nuova; anticipa profeticamente la perfetta comunione e la festa eterna di coloro che «seguono l’Agnello dovunque va» (Ap 14,4).
| |
[548]
La professione dei consigli evangelici costituisce «una certa consacrazione speciale, che ha le sue profonde radici nella consacrazione battesimale e che la esprime con maggior pienezza»
![]() Concilio Vaticano II, Perfectae caritatis, 5. Come la Vergine Maria, i consacrati accolgono e manifestano al mondo in modo peculiare la presenza salvifica di Gesù. L’intimità con lui, sposo e amico, riempie il loro cuore e plasma il loro stile di vita.
L’uomo si consacra, ma prima ancora è Dio che consacra. Ricevendo e benedicendo la professione religiosa, la Chiesa manifesta l’iniziativa del Padre, che unisce e conforma a Gesù mediante lo Spirito.
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Il carisma dell’istituto
[549]
Gli elementi costitutivi della vita consacrata vengono organizzati da ogni istituto in modo proprio, secondo uno specifico carisma. Ogni
![]() Tale esperienza comporta di solito la profonda comprensione esistenziale di qualche parola evangelica, che diventa chiave di lettura di tutto il messaggio cristiano, prospettiva privilegiata per una nuova sintesi del mistero di salvezza. Assumono così una fisionomia caratteristica in primo luogo le componenti della vita consacrata: la pratica dei consigli, l’ascesi, la preghiera, la comunione fraterna, l’apostolato, la presenza nel mondo.
L’esperienza del fondatore attrae seguaci e si propaga come una corrente di grazia da una generazione all’altra. Per integrarsi nella Chiesa e per essere trasmessa più fedelmente, prende corpo in un ordinamento stabile e pubblico. Nasce così l’istituto, con una regola approvata dalla Chiesa e con un’eredità viva da custodire e da attualizzare nel mutare delle situazioni storiche.
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Monaci
[551]
La vita monastica professa i consigli evangelici con voti pubblici;
![]()
Imita Cristo che prega sul monte
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 46. ![]() ![]() | |
Religiosi di vita apostolica
[552]
La vita apostolica cerca, contempla e serve Dio nel servizio degli uomini. Organizza tutto in funzione dell’apostolato. È segno di Gesù che insegna, guarisce e passa facendo del bene. È attuazione esemplare della Chiesa, mandata a proclamare il vangelo e a testimoniare l’amore di Dio per tutti. I consacrati sono agli avamposti della missione, con coraggio e genialità, nelle condizioni più disagiate e pericolose
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Ad gentes, 40. | |
Istituti secolari
[553]
Radicata da una parte nella dimensione laicale della vita cristiana e dall’altra nella prospettiva propria della speciale consacrazione è la
![]() | |
Ordine delle vergini e società di vita apostolica
[554] L’ordine delle vergini comprende donne consacrate nel mondo con il “santo proposito” della verginità, un impegno pubblicamente accolto dalla Chiesa.
Infine, le società di vita apostolica sono assimilate agli istituti di vita consacrata. Praticano i consigli evangelici senza vincoli sacri obbligatori. Coltivano la vita comune e si dedicano all’apostolato.
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Dono per la Chiesa
[555] Malgrado nella sua storia non manchino ombre e deviazioni, anche gravi, la vita consacrata è un dono prezioso, di cui la Chiesa ha bisogno per essere pienamente se stessa, per rivelare in modo trasparente la presenza salvifica di Dio. È sempre esistita e, sebbene i singoli istituti possano esaurirsi, non finirà mai.
Esperienza esemplare delle beatitudini
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 31. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 44. La Chiesa, consapevole della centralità di questo dono di Dio nella propria vita, promuove la pastorale vocazionale per favorire l’accoglienza della chiamata divina alla vita consacrata nelle sue varie forme.
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A servizio dell’umanità
[556]
Secondo un celebre detto, monaco «è colui che, separato da tutti, è unito a tutti»
![]() Evagrio Pontico, La preghiera, 124. ![]()
La vocazione dei fedeli consacrati è complementare a quella dei pastori e dei fedeli laici. Insieme questi tre stati di vita, arricchiti ciascuno di una grande varietà di vocazioni particolari, di carismi e di ministeri, contribuiscono alla vita e alla missione della Chiesa
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 4. | |
[557] I fedeli di vita consacrata, mossi dallo Spirito, tendono alla perfezione della carità mediante la professione dei consigli evangelici. Così esprimono con maggiore pienezza la consacrazione battesimale; seguono Cristo più da vicino; si donano totalmente a Dio; edificano la Chiesa e cooperano alla salvezza del mondo in modo esemplare; diventano segno luminoso dell’umanità futura.
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[558] La Chiesa intera è per sua natura missionaria. È mandata a evangelizzare, cioè ad annunciare, celebrare e testimoniare l’amore di Dio, che per mezzo di Gesù Cristo vuole salvare tutti gli uomini. Quando la missione si rivolge a coloro che ancora ignorano il vangelo, si chiama attività missionaria in senso specifico e si attua nel rispetto della libertà di coscienza in un clima di dialogo.
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Paolo missionario [559]
Ottenuta dall’assemblea di Gerusalemme la dichiarazione della libertà cristiana riguardo alle osservanze giudaiche, l’apostolo Paolo si rimette in viaggio, con alcuni compagni, per il servizio del ![]()
Arrestato a Gerusalemme con l’accusa di profanare il tempio, sovvertire la religione e perturbare l’ordine pubblico, è sottoposto a un processo interminabile. Chiamato a dare spiegazioni davanti al procuratore Festo e al re Agrippa II, afferma con sicurezza che il vero protagonista della missione cristiana è Cristo stesso: egli è il primo uomo risorto dalla morte e ora sta annunciando la salvezza a Israele e ai pagani per mezzo dei suoi servitori ![]() ![]() | |
Il mandato missionario [560]
Cristo risorto è la forza che anima la missione universale: gli apostoli, entrati con lui in intima comunione, condividono il suo amore per tutti gli uomini e diventano suoi collaboratori nell’opera della salvezza. Il Signore affida loro il grande compito di fare discepole tutte le genti e di introdurle nella vita di Dio: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,18-20). Promette che li accompagnerà sempre con la sua presenza: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Confermando la loro predicazione con opere prodigiose ![]() ![]() | |
Chiesa missionaria [561] Quella di Paolo e degli altri apostoli è indubbiamente una vocazione speciale. Ma il compito di evangelizzare non è riservato ad alcuni: in vario modo, coinvolge tutti i cristiani.
Gli apostoli stessi insegnano che la missione è affidata al popolo di ![]() ![]() ![]() Origene, Contro Celso, 3, 55, 5. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 90. | |
Cammino della missione [562] Con il passare del tempo, si perde la piena consapevolezza della vocazione missionaria di tutto il popolo cristiano; ma la missione prosegue comunque, per impulso dello Spirito Santo, e mantiene costantemente un’apertura universale. Alla fine del IV secolo, i paesi intorno al Mediterraneo sono in gran parte cristiani. Durante il medioevo l’evangelizzazione si estende ai popoli germanici e slavi, soprattutto ad opera dei monaci, finché intorno al 1200 tutta l’Europa è ormai battezzata. Nei secoli XIII e XIV la missione, per merito dei nuovi ordini mendicanti, si dirige verso l’Africa del nord e verso l’oriente, fino alla lontana Cina. Ma i successi tangibili sono modesti e poco duraturi. Nuovi sconfinati orizzonti si aprono con le grandi scoperte geografiche del secolo XV. Lungo le coste dell’Africa e dell’Asia meridionale fino all’estremo oriente, attraverso le vaste regioni del nuovo continente americano ad occidente, si avventurano per tre secoli i missionari francescani, domenicani e gesuiti, spesso a prezzo di eroici sacrifici. Ma i risultati di così generosa impresa non sono sempre favorevoli: si va dalla cristianizzazione di un intero continente, l’America, e di un intero paese, le Filippine, alla formazione di nuclei circoscritti di cristiani in Africa e in India, al sostanziale fallimento in Cina e in Giappone. Nello stesso arco di tempo, nei paesi di antica tradizione cristiana si sviluppa un’attività missionaria, intesa come predicazione straordinaria e periodica al popolo, a sostegno e integrazione della pastorale ordinaria. Le missioni estere, pur essendo la forma esemplare della missione, non la esauriscono. Passata la rivoluzione francese, grazie anche al sorgere di nuove congregazioni specificamente missionarie, l’evangelizzazione dei popoli riprende e prosegue con slancio per tutto il secolo XIX, particolarmente in Africa, Indocina e Oceania. Finalmente, nel nostro secolo, la valorizzazione delle culture e del clero del luogo consente ovunque la formazione di Chiese locali complete. | |
Coscienza missionaria [563] Riemerge oggi nella Chiesa la coscienza della comune vocazione missionaria e il magistero del papa e dei vescovi la esprime con forza.
Il popolo di Dio «è inviato a tutti gli uomini, come luce del mondo e sale della terra» ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 9. ![]() Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 14. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 2.
«Il Signore chiama sempre a uscire da se stessi, a condividere con gli altri i beni che abbiamo, cominciando da quello più prezioso che è la fede» ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 49. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 2. | |
[564] La fede in Cristo è «dono di Dio, da vivere in comunità e da irradiare all’esterno sia con la testimonianza di vita che con la parola... prima sul proprio territorio e poi altrove come partecipazione alla missione universale» ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 49. Ogni credente è chiamato ad essere missionario. Tutta la Chiesa è per sua natura missionaria. | |
Comunione missionaria
[565] La dimensione missionaria appartiene all’identità stessa della Chiesa e del cristiano. Ma qual è il senso della missione?
Israele aveva il compito di rivelare nella storia la santità e la
![]() ![]()
La Chiesa «riceve la missione di annunciare il regno di Dio e di Cristo e di instaurarlo fra tutte le genti; di questo regno essa costituisce sulla terra il germe e l’inizio»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 5. | |
[566]
Il regno di Dio è carità. La carità è l’energia e il contenuto centrale dell’evangelizzazione. Tutto si concentra nel vangelo della carità:
![]() ![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 32.
La Chiesa dunque «è inviata da Cristo a rivelare e comunicare la carità di Dio a tutti gli uomini e a tutte le genti»
![]() Concilio Vaticano II, Ad gentes, 10. | |
La via mistica della missione
[567]
La carità è anche la via privilegiata dell’evangelizzazione. A volte è una via che rimane nascosta. In forza della carità, la liturgia, la preghiera, la contemplazione, l’umiltà e la sofferenza hanno un potere di intercessione presso Dio e quindi una misteriosa efficacia missionaria. Per questo santa Teresa di Gesù Bambino, nella clausura del suo monastero, ha meritato di diventare la patrona delle missioni. Soprattutto è fecondo il sacrificio della vita: «Diventiamo più numerosi tutte le volte che siamo mietuti; è un seme il sangue dei cristiani»
![]() Tertulliano, Apologetico, 50, 13. | |
La via della testimonianza
[568]
La via della carità ha anche un’efficacia verificabile, quella della testimonianza: «Si è missionari prima di tutto per ciò che si è, come Chiesa che vive profondamente l’unità dell’amore, prima di esserlo per ciò che si dice o si fa»
![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 23. | |
[569]
Interpella le coscienze con particolare efficacia l’amore preferenziale per i poveri, che, mentre contraddice l’egoismo radicato nell’uomo e le discriminazioni presenti nella società, si fa espressione di una benevolenza diversa, quella di Dio, gratuita e rivolta a tutti. Per questo l’azione caritativa ha sempre avuto grande rilievo nella vita e nella missione della Chiesa. Già la comunità di Gerusalemme aveva un’assistenza organizzata per i bisognosi
![]() ![]() Cf. San Cornelio papa, Lettera a Fabio di Antiochia (in Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica, 6, 43, 11. | |
[570]
A partire dall’attenzione preferenziale ai poveri, la carità evangelica è criterio ed energia per la «trasformazione del mondo»
![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 38. ![]() Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 42. ![]() Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 43. | |
La via dell’annuncio
[571]
La presenza operosa non basta. La testimonianza cristiana include la professione pubblica della fede
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium,11. ![]() ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 6. L’annuncio deve essere coraggioso e franco, ma anche umile: la verità, che abbiamo ricevuto in dono, non è un vanto per noi; è una responsabilità. L’amore per gli interlocutori esige che si rispetti la loro libertà e si tenga conto della loro situazione esistenziale, sociale e culturale, del loro linguaggio, delle loro aspirazioni, dei loro valori etici e religiosi.
Intercessione, testimonianza e annuncio sono le vie della missione, per le quali devono incamminarsi i singoli cristiani, le famiglie e le comunità. Un radicale cambiamento di mentalità e una profonda revisione pastorale occorrono oggi per dare slancio alla missione universale.
| |
[572] La missione della Chiesa è evangelizzare, cioè annunciare, celebrare e testimoniare l’amore di Dio, che si rivela e si dona in Cristo per la salvezza di tutti gli uomini. Le vie della missione sono la preghiera, avvalorata dal sacrificio, la testimonianza dell’amore reciproco e del servizio ai poveri e alla società, l’annuncio esplicito del vangelo.
| |
Attuazione esemplare della missione
[573]
L’evangelizzazione è fondamentalmente sempre la stessa, ma assume accentuazioni diverse secondo le situazioni. Si chiama attività pastorale quando si svolge nell’ambito di comunità cristiane vive e solide; nuova evangelizzazione quando riguarda ambienti di tradizione cristiana scristianizzati; attività missionaria in senso specifico quando è destinata a popolazioni che ancora ignorano Cristo
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 33. | |
Il motivo fondamentale
[574] La sua urgenza deriva dalla sua finalità: rendere visibilmente presente in un ambiente umano il mistero della Chiesa, germe e strumento di salvezza, portando il vangelo e fondando Chiese particolari.
«Dire che tutta la Chiesa è missionaria non esclude che esista una specifica missione per i non cristiani»; analogamente «dire che tutti i cattolici debbono essere missionari non esclude, anzi richiede che ci siano missionari per i non cristiani e a vita per vocazione specifica»
![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 32. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 65. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 77. Ma perché si deve fare attività missionaria verso i non cristiani? Non possono salvarsi anche seguendo un’altra religione? Non bisogna rispettare la loro coscienza e la loro identità storica? Sono domande che molti oggi pongono.
| CCC, 851 |
La salvezza dei non cristiani
[575]
Dio «vuole che tutti gli uomini siano salvati» per mezzo di un solo «mediatore..., l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti» (1Tm 2,4-6). A lui con il dono dello Spirito Santo associa la Chiesa «come strumento di redenzione per tutti»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 9. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 18. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 10.
Tutti gli uomini dunque con modalità diverse entrano in rapporto con la Chiesa: i cattolici sono «pienamente incorporati», mentre i catecumeni sono congiunti dal «desiderio esplicito»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 14. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 15. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 16. ![]() ![]() San Cipriano di Cartagine, Lettere, 73, 21, 2. Cf. Origene, Omelie su Giosuè, 3, 5. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 14; Id., Ad gentes, 7. | CdA, 24 CONFRONTAVAI CdA 42 CONFRONTAVAI CdA 401 CONFRONTAVAI CdA 582 CONFRONTAVAI CdA 585 CONFRONTAVAI |
Il cristianesimo compimento delle religioni
[576]
Verso Cristo e la sua Chiesa convergono le religioni del
![]() ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 16. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 17; cf. Id., Ad gentes, 9. ![]() Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2. ![]() Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 24. | CCC, 842-845 |
Proposta, non imposizione
[577]
La Chiesa, da parte sua, abbraccia come Cristo tutti gli uomini, compresi i suoi persecutori, perché «giungano a glorificare Dio nel giorno del giudizio» (1Pt 2,12). Intercede per tutti, offrendo preghiere e sofferenze. Si rivolge ai non cristiani con l’attività missionaria, affermando con coraggio e con chiarezza che Cristo è la rivelazione definitiva di Dio e l’unico Salvatore dell’uomo. Sa di aver ricevuto in dono questa verità, senza alcun merito proprio; ma si sente responsabile di essa e ne custodisce scrupolosamente l’integrità per il bene di tutti
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 56. | |
[578] È triste ricordare come più volte, in altre epoche, il vangelo sia stato imposto con la forza delle leggi e delle armi. È doloroso che importanti tesori di civiltà siano andati distrutti, presso numerosi popoli, a motivo della colonizzazione culturale, malgrado l’impegno lungimirante di personalità eccezionali, come san Gregorio Magno, Alessandro Valignano, Matteo Ricci e Roberto de’ Nobili. Ciò è avvenuto contro il vangelo stesso e va attribuito sia ai peccati personali sia, ancor più, ai condizionamenti culturali. Sarebbe comunque ingiustificato dedurre dagli abusi del passato l’opportunità di sospendere l’attività missionaria: si è abusato e si abusa continuamente della scienza e della tecnica, eppure nessuno pensa che si debba per questo rinunciare alla ricerca e al progresso.
| |
Annuncio e dialogo
[579]
L’annuncio di Cristo deve essere fatto in un clima di dialogo e di collaborazione: «La Chiesa non vede un contrasto tra l’annuncio del Cristo e il dialogo interreligioso»
![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 55. | CCC, 856 |
[580] L’attività missionaria, in senso specifico, è rivolta a coloro che ancora ignorano Cristo; mira a diffondere il vangelo e a fondare la comunità cristiana, segno efficace di salvezza. È l’attuazione esemplare e più urgente della missione della Chiesa. Essa ha bisogno di speciali vocazioni di totale consacrazione e deve essere sostenuta dalla cooperazione di tutti i fedeli e di tutte le comunità ecclesiali.
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Urgenza
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Finalità
[582]
I cristiani devono dialogare con i seguaci di altre religioni per conoscerli correttamente ed essere correttamente conosciuti da loro, per superare pregiudizi e malintesi, per stabilire relazioni reciproche di stima, rispetto, accoglienza e amicizia, in modo che ognuna delle parti possa approfondire la propria esperienza di fede e avvicinarsi di più a Dio. Dialogare non deve significare cedere al relativismo o al sincretismo. Non è vero che una religione vale l’altra: «Il dialogo deve essere condotto ed attuato con la convinzione che la Chiesa è la via ordinaria di salvezza e che solo essa possiede la pienezza dei mezzi di salvezza»
![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 55. ![]() Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Ad gentes, 11. ![]() Concilio Vaticano II, Ad gentes, 9. | |
Modalità
[583] Il dialogo assume forme molteplici. Vi è il dialogo della vita quotidiana, in ambiente familiare, professionale e sociale; il dialogo della collaborazione a obiettivi e opere di promozione umana; il dialogo dei patrimoni religiosi e delle tradizioni teologiche ad opera di esperti; il dialogo delle esperienze spirituali vive, come la preghiera, la contemplazione, la ricerca appassionata di Dio.
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Disponibilità
[584] Il dialogo non si sviluppa spontaneamente. È minacciato dalla istintiva diffidenza per il diverso, dai complessi di inferiorità o di superiorità, dal peso dei contrasti secolari. Va costruito pazientemente, con convinzione. Bisogna rispettare e accogliere l’altro come persona; condividerne gioia e sofferenza; conoscere e presentare la religione dell’altro con obiettività, in modo che egli vi si riconosca; non aver paura di lasciarsi mettere in discussione; essere incondizionatamente aperti al mistero di Dio, sempre più grande dei nostri pensieri. Vivendo il dialogo con questi atteggiamenti, i non cristiani potranno incontrare Cristo e trovare in lui il compimento della loro esperienza e della loro storia. I cristiani potranno anch’essi ricevere grandi benefici, perché il vangelo rivela più profondamente il suo significato nel confronto con le altre religioni.
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[585] La Chiesa cattolica crede in questo genere di relazioni, perché crede nella dignità di ogni uomo e nella presenza salvifica di Dio in tutta la storia. È significativo al riguardo che sia stato istituito il pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e che siano stati invitati ad Assisi i rappresentanti di molte tradizioni religiose per il grande incontro di preghiera del 27 ottobre 1986.
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Principali interlocutori
[586]
Meritano particolare attenzione le religioni universali extrabibliche, induismo, buddhismo e islam, per i loro valori spirituali e per la sempre più consistente presenza nel mondo cristiano, anche in Italia, a causa di migrazioni, viaggi e qualche conversione. È importante individuarne almeno i caratteri generali, sulla scia del concilio Vaticano II
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2-3. | |
Induismo
[587] L’induismo è la tradizione religiosa dell’India, antica di quattromila anni e in continua evoluzione. Più precisamente si tratta di un complesso di religioni e di filosofie, di mitologie e di regole, diverse e a volte perfino contraddittorie. Vi si trovano comunque alcuni elementi, condivisi generalmente o quasi.
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[588] C’è una rivelazione divina originaria, contenuta nei libri sacri. Esistono molte divinità preposte ad ogni aspetto della vita e del mondo. Al di sopra di esse vi è una Realtà ultima, concepita come mistero trascendente e impersonale, inconoscibile e ineffabile, oppure come Dio unico, personale, benevolo. La divinità suprema si manifesta con le sue discese, o teofanie, in figure concrete, che possono essere dèi, uomini straordinari, immagini sacre.
Il mondo fenomenico si sviluppa in un divenire ciclico ed eterno. La sua realtà è inconsistente, anzi è apparenza, illusione, sofferenza. L’uomo è costituito da un’anima, che esiste da sempre e trasmigra da un corpo all’altro. Il ciclo delle rinascite segue la legge della fruttificazione degli atti. Consapevoli o inconsapevoli che siano, essi producono i loro frutti, buoni o cattivi. Di conseguenza si è destinati a rinascere come esseri superiori o inferiori, come ricchi o poveri, come sani o malati, come membri di una casta o di un’altra, o come fuori casta. Comunque, in qualsiasi condizione, tutto è effimero, tutto è dolore. La sofferenza è una necessità cosmica.
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[589]
C’è però una possibilità di salvezza. L’anima può liberarsi dal ciclo delle rinascite, uscire dal mondo dell’apparenza, raggiungere l’unità con la Realtà ultima divina, trovando così la beatitudine definitiva. Questa aspirazione sostiene i seguaci dell’induismo nel loro cammino: «Cercano la liberazione dalle angosce della nostra condizione sia attraverso forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza»
![]() Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2. Le vie principali per giungere alla liberazione sono tre. La prima è la via dell’azione disinteressata: comporta che si osservino fedelmente, con distacco da motivi egoistici, facendone un’offerta a Dio, i riti religiosi e i doveri morali generali, come la non violenza, la veracità, la castità, il rispetto della proprietà altrui, la generosità, la pazienza, nonché i doveri particolari del proprio stato, conformando così tutta la propria esistenza all’ordine divino e universale. La seconda è la via della conoscenza: passando attraverso l’impegno morale e ascetico, la concentrazione interiore e l’esperienza mistica superiore, conduce il saggio a trovare il vero Sé e in esso anche la Realtà ultima, ad acquisire la consapevolezza dell’unità del soggetto profondo con la divinità. La terza è la via della devozione: è adatta per ogni genere di persone e consiste nella confidenza e nell’amore, rivolti a Dio, benevolo e misericordioso, che salva per grazia chiunque si abbandona totalmente a lui e lo ama appassionatamente.
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[590] Da un punto di vista cristiano, riconosciamo in questa tradizione religiosa importanti valori, ma anche limiti e pericoli. La concezione di Dio come Mistero trascendente e ineffabile o come Essere personale è senz’altro elevata; ma non esclude che si finisca per cadere da una parte nel monismo panteista e dall’altra, soprattutto a livello popolare, nel politeismo idolatrico. Ammirevole è il primato conferito alla vita spirituale, specialmente se lo confrontiamo con il materialismo e il secolarismo occidentale; purtroppo però comporta un deprezzamento del mondo, della storia e della società, ridotti ad apparenza illusoria e considerati insignificanti, anzi di ostacolo, in rapporto alla salvezza. Di conseguenza favorisce una diffusa rassegnazione alle disuguaglianze sociali, assegnate dal destino. Nobile è l’etica e appassionata la ricerca della salvezza definitiva; tuttavia vi si riscontra un carattere marcatamente individualista, che esclude ogni solidarietà e mediazione salvifica, ogni idea di redenzione e di comunione dei santi; non a caso anche il culto è un fatto essenzialmente privato. Generoso è lo spirito di tolleranza verso le altre religioni; ma si confonde con il relativismo e il sincretismo: le religioni, secondo la mentalità induista, sono tutte vere e tutte imperfette; Cristo stesso può essere accettato come una discesa della divinità, rifiutando però la pretesa che egli sia unico e assoluto.
Malgrado le ombre non siano di poco conto, il discernimento cristiano si rallegra di intravedere raggi intensi di quella luce «che illumina ogni uomo» (Gv 1,9). Soprattutto sulla via della devozione arrivano a maturazione esperienze gioiose di amore personale verso Dio, simili a quelle dei santi cristiani, come testimonia questa splendida preghiera del poeta Tukaram (secolo XVII): «Tu tieni la mia mano e mi guidi con fermezza, sempre e dovunque presente al mio fianco. Mentre io vado e mi appoggio a Te, tu porti il mio carico pesante... Io riconosco in ogni uomo un amico, in ogni incontro un congiunto. Come un bimbo felice, vado giocando nel tuo caro mondo, o Dio».
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Buddhismo
[591] Il buddhismo è nato nell’ambito dell’induismo; ma si è posto fuori di esso, per averne rifiutato i libri sacri e la dottrina del Soggetto permanente, del Sé che si identifica con la Realtà ultima. Ha un fondatore storico, il principe indiano Siddharta Gautama (563-483 a.C. circa), che, dopo varie vicende, ha raggiunto attraverso la meditazione il “risveglio” alla verità essenziale dell’esistenza, trovando la soluzione al problema del dolore e diventando un Buddha, cioè un “risvegliato”.
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[592] La dottrina più antica e più vicina al pensiero del fondatore afferma anzitutto che l’esistenza umana e ogni altra realtà, tutto è dolore, precarietà, insoddisfazione, vuoto. L’origine del dolore è la “sete” di vivere e di godere, il desiderio avido e appassionato, che condanna l’uomo al ciclo delle rinascite. Per liberarsi dal dolore e uscire dal vano divenire, occorre sopprimere il desiderio e annullare il proprio io illusorio. Si esce così dal mondo dei fenomeni e, come una goccia si perde nel mare, si entra nell’aldilà ineffabile, nel Vuoto che è pienezza, nell’Assenza che è pace definitiva, nel nirvana.
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[593]
La via che conduce all’estinzione del desiderio e quindi alla cessazione del dolore è costituita da otto sentieri, che riguardano la saggezza, la condotta etica, l’esercizio psicofisico della meditazione. La saggezza, cioè “la comprensione giusta, il pensiero giusto”, consiste in una presa di coscienza esperienziale intorno alla verità del dolore, del desiderio e della loro soppressione. La condotta etica, cioè “la parola giusta, l’azione giusta, i mezzi di esistenza giusti”, esige la rinuncia a tutto ciò che non favorisce la liberazione e che può recare pregiudizio agli altri, come la menzogna, la maldicenza, l’ingiuria, l’omicidio, l’amore illecito, il furto, la cupidigia; viceversa comporta la pratica delle virtù, come la sopportazione delle sofferenze, la non violenza, la benevolenza amichevole, la compassione, il sereno equilibrio e il controllo di sé. La meditazione, cioè “lo sforzo giusto, l’attenzione giusta, la concentrazione giusta”, è una disciplina che impegna il corpo e la mente; fissa l’attenzione intensa e prolungata su ogni fenomeno che emerge nella coscienza, qui e ora, dimenticando però il proprio io, finché non raggiunga la visione intuitiva della precarietà e del vuoto di ogni cosa e non spenga ogni desiderio. Si legge nel Canone buddhista: «Felice la solitudine di colui che si rallegra avendo appreso la Buona legge ed avendo acquistato la visione! Felice la libertà dalla sofferenza nel mondo e il ritegno dal danneggiare le creature! Felice la libertà dalle passioni di questo mondo ed il superamento dei desideri! Che ci si sciolga dalla vanità dell’”ego”, questa è la suprema felicità»
![]() Udâna, 2, 1. | |
[594] L’ideale buddhista è incarnato dai monaci. Essi fuggono il mondo, per mettersi in una condizione più idonea al cammino di liberazione; assumono la povertà e la castità, per spegnere il desiderio rispettivamente di possedere e di esistere; praticano assiduamente la meditazione, per dissolvere il proprio io illusorio e giungere all’illuminazione suprema.
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[595] Non sembra propriamente corretto classificare il buddhismo antico come una filosofia, in quanto si presenta come una via di liberazione definitiva. Però si tratta di una liberazione che è conquista dell’uomo e non grazia di Dio. «Fate voi stessi la vostra salvezza», avrebbe raccomandato il Buddha morente ai suoi discepoli. In concreto la possibilità di raggiungere il nirvana sembra riservata solo ai monaci; la moltitudine dei laici sembra destinata a una ulteriore reincarnazione, più o meno elevata secondo il grado di purificazione raggiunto.
Non sorprende che successivamente il buddhismo, per quanto riguarda la maggioranza dei suoi aderenti, si sia evoluto in senso più chiaramente religioso. La liberazione, secondo questa versione, può essere ottenuta da tutti, anche dai laici, con la fiducia nella benevolenza del Buddha supremo, che è Dio stesso, e dei bodhisattva, saggi illuminati che, mossi da compassione, aiutano gli uomini a raggiungere la salvezza.
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[596] Posto di fronte al buddhismo, il cristiano, pur provando ammirazione per una spiritualità così nobile e raffinata, è preso anche da gravi perplessità. È certo doveroso annullare ogni desiderio egoistico; ma è possibile annullare il desiderio di vivere come tale? Non è più bello attuarlo nella comunione? La mèta definitiva non va pensata come pienezza della persona anziché come dissoluzione di essa? È vero che l’uomo e il mondo sono sottomessi alla caducità e alla sofferenza; ma è ragionevole ridurli a un flusso di impressioni e di fenomeni senza valore? Non sono piuttosto da considerare creazione di Dio, incamminati verso un compimento ultimo? Se un certo distacco dal mondo è necessario per sviluppare valori importanti, come la preghiera, la contemplazione, l’armonia con la natura, non occorre forse anche un serio impegno nel mondo per realizzare il progresso civile? Infine, un’etica nobile ed esigente come quella buddhista dispone senz’altro alla salvezza; ma basta a conquistarla? Non è più confortante pensare che questa sia donata per grazia e sia offerta a tutti, anche a chi non cammina per la retta via? Secondo la fede cristiana, non è l’uomo che raggiunge con le sue sole forze la perfezione ultima, fuggendo magari dal mondo e da se stesso; ma è Dio che viene a noi, assume l’uomo e il mondo e li porta a compimento.
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Islam
[597] L’islam è la più recente delle religioni universali. Ne è fondatore Maometto (570-632 d.C.), nella cui attività si distinguono due periodi: il primo, a La Mecca, è incentrato sulla predicazione del monoteismo e dell’imminente giudizio di Dio contro i politeisti e i ricchi che opprimono i poveri; il secondo, a Medina, è dedicato all’organizzazione giuridica della nuova comunità islamica e alla guerra santa. Maometto si presenta come “il Sigillo dei profeti”, che porta a compimento la rivelazione, già affidata ad Abramo, a Mosè, a Davide, a Gesù. Il libro sacro, il Corano, è la parola di Dio, da lui dettata letteralmente. Autorità profetica hanno anche i detti e gli atti di Maometto, che costituiscono la tradizione.
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[598] L’islam è una religione semplice nella dottrina, nei riti e nei valori etici; minuziosa nelle regole giuridiche.
Esiste un solo Dio, personale, incomprensibile, onnipotente, clemente e misericordioso, che ha creato gli angeli, gli uomini e tutte le cose. Da lui vengono il bene e la sventura. Egli risusciterà i morti e nel giudizio finale premierà i buoni con il paradiso e condannerà i malvagi all’inferno. Così lo invoca più volte al giorno ogni fedele, con la prima “sura” del libro sacro: «Nel Nome di Dio, Misericordioso e Compassionevole. Lode a Dio, Signore dei mondi, il Misericordioso e il Compassionevole, Padrone del giorno del giudizio. Te noi serviamo, te invochiamo in aiuto. Guidaci sulla retta via, la via di coloro sui quali hai effuso la tua grazia, non di quelli coi quali sei adirato, né di quelli che vagano nell’errore»
![]() Corano, 1. | |
[599] Il giusto atteggiamento dell’uomo davanti a Dio è la sottomissione, che implica obbedienza e abbandono fiducioso. La parola araba “islam” significa appunto “sottomissione”. Questa si esprime concretamente nella professione di fede e nelle pratiche religiose. La fede viene sintetizzata nella formula: “Non c’è Dio se non Allah e Maometto è il suo Profeta”. Le pratiche religiose sono la preghiera, l’elemosina, il digiuno, il pellegrinaggio. La preghiera rituale è regolata da norme precise: si deve compiere cinque volte al giorno al momento fissato, in stato di purità legale, eseguendo con esattezza i gesti prescritti; in forma comunitaria si deve celebrare il venerdì alla moschea, con la partecipazione almeno degli uomini. L’elemosina è una tassa obbligatoria a vantaggio dei poveri, alla quale è possibile aggiungere anche prestazioni volontarie. Il digiuno consiste nel rinunciare al cibo, al tabacco, ai profumi, ai rapporti sessuali dalla luce dell’alba al buio della sera tutti i giorni durante il mese di ramadan. Il pellegrinaggio a La Mecca va compiuto, almeno una volta nella vita, da ogni musulmano adulto e sano. Dovere dei credenti è infine la “guerra santa”, o meglio lo sforzo per affermare i diritti di Dio in tutti gli ambiti della vita: comporta innanzitutto il combattimento spirituale per conformare se stessi alla volontà divina, quindi lo sforzo missionario per estendere l’islam, arrivando, se necessario, anche alla conquista armata.
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[601]
A parte l’ebraismo, nessun’altra religione ha tanti elementi comuni con il cristianesimo come l’islam
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 3. | |
[603] Comune alle due religioni è la giusta preoccupazione che la fede non sia separata dalla vita e che ogni attività sia sottomessa alla volontà di Dio. Ma ciò non giustifica una legislazione minuziosa, che pretenda regolare le cose una volta per sempre: ne rimarrebbero facilmente soffocate le esigenze concrete dell’amore e del servizio all’uomo; ci si esporrebbe all’incompatibilità con nuove situazioni impreviste. Tantomeno comporta la confusione tra lo spirituale e il temporale, con la conseguente giustificazione dello stato teocratico islamico, così diverso dal moderno stato democratico.
Riconosciamo che i musulmani tradizionalmente hanno praticato una certa tolleranza nei confronti di cristiani ed ebrei, conferendo loro uno speciale statuto di ospiti protetti. Ma oggi la dignità della persona umana e il riconoscimento dei suoi diritti esigono la piena cittadinanza per le minoranze, la libertà di coscienza per tutti, la parità sociale dell’uomo e della donna, offuscata tra l’altro dalla poligamia.
Condividiamo la valutazione positiva della vita terrena, della prosperità economica, della giustizia sociale, del progresso culturale. Ma non possiamo vedere nel successo temporale il segno sicuro della benedizione di Dio. Rimarrebbe senza significato l’esperienza umana fondamentale della sofferenza.
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[604] Sono innegabili nella tradizione islamica gli alti valori morali e religiosi che alimentano la vita spirituale di milioni e milioni di uomini. Non manca però in campo etico qualche concessione di troppo alla debolezza umana. Soprattutto il rapporto con Dio è inteso come sottomissione e non come amore. Fanno eccezione i mistici; ma essi si trovano ai margini dell’ortodossia ufficiale.
Malgrado le profonde divergenze, cristianesimo e islam si incontrano nella fede in un solo Dio, onnipotente e misericordioso. Il grido: «Dio è grande!», che ha così profonda risonanza nei musulmani, affascina anche i cristiani. Animati da questa fede, gli uni e gli altri possono camminare insieme verso un’attuazione più piena della libertà, della fraternità, della convivenza pacifica.
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[605] In tutte e tre le religioni universali extrabibliche, induismo, buddhismo e islam, si sviluppano esperienze che superano le dottrine ufficiali e vanno in direzione dell’unione amorosa con Dio, sia presso i mistici che presso la gente devota. Ci rallegriamo di riconoscere in ciò un’importante affinità con il cristianesimo, un segno della presenza di Cristo stesso e della sua grazia.
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[606] Il dialogo interreligioso tende a sviluppare una corretta conoscenza reciproca e a stabilire relazioni amichevoli, in modo da favorire il progresso spirituale di ciascuno. Alimenta nei non cristiani un atteggiamento di apertura alla verità di Cristo; conduce i cristiani ad una più profonda comprensione del vangelo. È urgente soprattutto il dialogo dei cristiani con i seguaci delle altre religioni universali: induismo, buddhismo e islam.
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[607] Mistero è il disegno salvifico di Dio che si rivela e si attua nella storia. Mistero pasquale è l’evento della passione, morte, risurrezione e glorificazione di Gesù Cristo, centro del disegno salvifico di Dio e della storia. Questo evento venne preparato e prefigurato nell’Antico Testamento; ora, compiuto una volta per sempre, rimane in eterno e viene ripresentato attraverso segni visibili nel tempo della Chiesa. La Chiesa lo annuncia con la parola e lo celebra con la liturgia, perché i credenti siano conformati a Cristo ed egli si incarni ancora nella loro esistenza. Così la memoria narrata e quella rituale diventano memoria vissuta.
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[608] Nella Chiesa, attraverso mediazioni umane, il Signore crocifisso e risorto viene a incontrare gli uomini, in maniera conforme alla loro condizione storica. Parla e chiama alla fede con la predicazione. Esercita il suo sacerdozio nel sacrificio eucaristico, nei sacramenti e in tutte le celebrazioni liturgiche, comunicando il suo Spirito.
Per quanto sta in lui, egli offre efficacemente la verità salvifica e la grazia santificante, per essere accolto e seguito in modo autentico dai fedeli. Per questo la predicazione della Chiesa, a livello di massima autorità e di impegno definitivo, è infallibile, e la liturgia nei sette sacramenti è di per se stessa comunicazione di grazia.
In questa sezione tratteremo della presenza del Signore Gesù nella proclamazione della Parola (capitolo 14); quindi nella liturgia globalmente considerata (capitolo 15) e nei singoli sacramenti, prima in quelli dell’iniziazione cristiana, battesimo, cresima ed eucaristia (capitolo 16), poi in quelli della guarigione spirituale, penitenza e unzione dei malati (capitolo 17), infine in quelli finalizzati allo sviluppo della vita comunitaria, ordine e matrimonio (capitolo 18).
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609] Non si vive di solo pane. I credenti vivono della parola di Dio, consegnata una volta per sempre nella Sacra Scrittura e attualizzata incessantemente dallo Spirito di verità mediante la Tradizione viva della Chiesa. Dall’ascolto assiduo, attento e devoto di essa prendono forza e orientamento l’annuncio, la preghiera e l’impegno cristiano.
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Parola viva ed efficace
[610] Oggi la parola è inflazionata nel chiasso della pubblicità e della propaganda, nel vuoto di tanti discorsi e scritti; perciò la sua reputazione è in ribasso. Si sente dire: «Contano i fatti e non le parole». Ma è veramente così? La parola non è solo informazione: è comunicazione e azione. Provoca gioia e dolore, amicizia e ostilità, reazioni e iniziative. La sua forza costruisce e distrugge, unisce e divide; fa andare avanti la storia non meno dei fatti economici e tecnici.
A maggior ragione è attiva e feconda la parola di Dio che crea, libera, santifica, giudica e sconvolge. «La mia parola non è forse come il fuoco e come un martello che spacca la roccia?» (Ger 23,29). «Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare,... così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata» (Is 55,10-11). «La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio» (Eb 4,12).
| CCC, 65 |
[611]
La parola di Dio è Dio stesso che si rivela e si dona nella storia degli uomini, fino a comunicarsi personalmente in Gesù di Nàzaret. Gesù è la Parola eterna e creatrice di Dio fatta carne
![]()
Secondo gli Atti degli apostoli, la Parola, colma di Spirito Santo, porta avanti il cammino della Chiesa: cresce, si rafforza e si diffonde. I protagonisti umani sono i suoi servitori
![]()
Questa Parola non è solo una notizia riguardante la salvezza, ma è parte integrante dell’avvenimento stesso della salvezza; non solo ha per contenuto Cristo morto e risorto, ma prima ancora è Cristo stesso, che parla attraverso i suoi inviati: «Mossi da Dio, sotto il suo sguardo, noi parliamo in Cristo» (2Cor 2,17). I discepoli continuano a predicare e a insegnare in suo nome e con la sua presenza
![]() | |
Rivelazione attualizzata
[612]
Il cristianesimo non è la religione di un libro, per quanto sacro possa essere, ma la religione «della Parola incarnata e vivente»
![]() San Bernardo di Chiaravalle, Lodi alla Beata Vergine Maria che riceve l’annunzio, 4, 11.
Nella Chiesa «Dio parla al suo popolo e Cristo annunzia ancora il vangelo»
![]() Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 33. ![]() Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 7. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 7. ![]() ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 4. | CCC, 79CCC 108CCC 1084CdA, 58 CONFRONTAVAI |
[613]
Attraverso la Parola e i sacramenti, debitamente accolti, il Signore conforma a sé i credenti e viene a vivere in loro, prolungando in qualche modo la sua incarnazione. Con la Parola fa risplendere davanti al loro sguardo la propria immagine e li attrae a sé. Con i sacramenti ristruttura la loro esistenza secondo la medesima immagine e li unisce a sé. La sua verità e la sua grazia sono ugualmente necessarie per edificare la vita cristiana.
| CdA, 607-608 CONFRONTAVAI |
La Sacra Scrittura norma della fede
[615]
Molti, anche praticanti, si considerano cattolici, ma a modo
![]() | |
Infallibilità della Chiesa
[616]
La fede della Chiesa riconosce nella Scrittura la propria norma e ad essa si sente vincolata; tuttavia, come a suo tempo ne ha fissato il canone, l’elenco dei libri sacri, così in ogni epoca si sente autorizzata a interpretarla, perché sa di essere animata dal medesimo Spirito Santo, che ne è l’autore
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 12. | |
[617] La verità è un dono che la Chiesa riceve dal Signore; non è motivo di vanto, ma di umile gratitudine e grave responsabilità. Gesù Cristo non si è limitato a parlare una volta per sempre nel lontano passato, ma riprende la stessa parola e l’attualizza incessantemente con la luce del suo Spirito, attraverso mediazioni umane. Non abbandona il suo messaggio alle fragili risorse della ricerca umana, ma garantisce e offre lui stesso, infallibilmente, la verità salvifica, come attraverso i sacramenti offre la grazia santificante, indipendentemente dalla dignità morale del ministro. Senza questa garanzia i credenti rischierebbero di smarrire l’oggettività e l’integrità della rivelazione; finirebbero per ridurre Dio alla misura della loro esperienza e per credere più a se stessi che a lui. È possibile essere cristiani solo ricevendo in dono la verità e la grazia che sono tra loro complementari.
| |
Il comune senso della fede
[618]
«Dove è la Chiesa, lì è anche lo Spirito di Dio, e dove è lo Spirito di Dio è la Chiesa ed ogni grazia. E lo Spirito è la verità»
![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 24, 1. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 12. | |
Il compito dei teologi
| |
Il Magistero
[620]
Il collegio dei vescovi, presieduto dal papa, ha l’ufficio di garantire
![]() ![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 4, 26, 2. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 25. Il papa per volontà di Cristo deve confermare i fratelli ed essere “roccia” di sostegno per la Chiesa; perciò è infallibile anche da solo, quando come maestro universale della fede definisce la dottrina da credere.
| CCC, 888-892CdA, 60 CONFRONTAVAI |
[621]
Accanto all’insegnamento definitivo e infallibile, vi è un
![]()
Sacra Scrittura, Tradizione, magistero dei vescovi e del papa sono congiunti insieme «sotto l’azione del medesimo Spirito Santo»
![]() Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 10. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 10. | |
Le formule dogmatiche
[622]
Nel procedere della storia, davanti a situazioni e a problemi sempre nuovi, la Chiesa deve ripensare e riformulare continuamente la sua dottrina, proprio per rimanere fedele al messaggio originario, sperimentarne la fecondità, comprenderne altri aspetti. A quest’opera incessante di ricerca e di interpretazione contribuiscono il magistero dei pastori, lo studio dei teologi e la fede di tutti. In alcuni momenti si avverte la necessità, o almeno l’opportunità di nuove formule di fede, per riassumere il nucleo centrale del messaggio di salvezza o per precisarne qualche aspetto. Si fissano così i dogmi della Chiesa, non come aggiunte indebite alla parola di Dio, ma come interpretazioni ufficiali e infallibili di essa, punti sicuri di riferimento per poter proseguire il cammino verso una comprensione sempre più ricca del mistero vivo e inesauribile, senza deviazioni, tentennamenti e ricadute all’indietro. I dogmi sono offerta efficace di verità, come i sacramenti sono offerta efficace di grazia. È vero che l’atto di fede «non si ferma all’enunciato, ma raggiunge la realtà»
![]() San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, II-II, q. 1, a. 2 ad 2. | CdA, 306 CONFRONTAVAI |
[623]
Le formule, vere e garantite dall’infallibilità, sono indispensabili, perché vi sia «una sola fede» (Ef 4,5) e un’autentica comunità di credenti e di testimoni. L’unità del pensiero e il comune linguaggio sono a servizio della comunicazione e condivisione della fede.
Per il carisma della verità, che le viene dal Signore risorto e dal suo Spirito, «ricevuto il messaggio della fede, la Chiesa, benché sparsa in tutto il mondo, lo conserva fedelmente come se abitasse una sola casa; vi crede concordemente come se avesse una sola anima e un solo cuore; e con armonia perfetta lo predica, lo insegna e lo trasmette come se avesse una sola bocca»
![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 1, 10, 1-2. | |
[624] In quanto segno efficace della salvezza, la Chiesa riceve dal Signore Gesù la luce dello Spirito Santo, che la conduce «alla verità tutta intera» (Gv 16,13), perché tutti i fedeli, guidati dal magistero dei pastori, possano giungere «all’unità della fede e della conoscenza», senza essere «portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini», e possano aderire sempre più a Cristo, «vivendo secondo la verità nella carità» (Ef 4,13-15).
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Discepoli e testimoni della Parola
[625] La fede è una vittoria difficile, sempre rimessa in questione. La speranza spesso è contraddetta dall’esperienza. La carità può perdere facilmente il suo fervore. Dove attingere energia per la vita cristiana? Su quale fondamento edificare la comunità?
Il cristiano e la Chiesa nascono e crescono in virtù della parola di Dio e dei sacramenti. La Chiesa proclama e ascolta la Parola: vive di essa. La proclamazione assume forme diverse. Un primo annuncio del vangelo, incentrato sulla persona di Gesù Cristo e sul mistero pasquale, viene portato, in vista della conversione, a coloro che ancora non l’hanno conosciuto o sono rimasti indifferenti o increduli. Una catechesi più completa e sistematica viene proposta a quanti si mettono in cammino verso una fede più matura. Una liturgia della Parola costituisce la prima parte della santa Messa, centro di tutta l’esperienza cristiana. Anzi ogni celebrazione di sacramenti, di benedizioni, di liturgia delle ore riceve la sua impronta dalla parola di Dio, contenuta nella Sacra Scrittura: «Da essa vengono tratte le letture da spiegare nell’omelia e i salmi da cantare; del suo afflato e del suo spirito sono permeate le preci, le orazioni e gli inni liturgici e da essa prendono significato le azioni e i segni»
![]() Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 24. | CCC, 1349 |
[626]
Attraverso testi redatti in tempi lontani, Dio ci rivolge adesso la sua parola. Ci ricorda le meraviglie compiute nell’Antico e nel Nuovo Testamento, perché vuole ancora agire nella stessa direzione. Ci ripropone la memoria di Cristo, per ricreare in noi i suoi atteggiamenti e prolungare, in certo modo, la sua incarnazione in virtù dello Spirito
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La Parola scuote il nostro torpore, risponde alle nostre domande, allarga i nostri orizzonti, ci offre i criteri per interpretare e valutare i fatti e le situazioni. D’altra parte viene compresa sempre in modo nuovo. È come uno specchio, in cui ciascuno può scorgere la propria immagine e la propria storia
![]() ![]() San Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele, 1, 7, 8. Cf. Origene, I principî, 4, 2, 4; Smaragdo, Diadema dei monaci, 3. | |
[627]
Il credente, docile all’ascolto, viene assimilato a Cristo nel pensare e nell’agire. Può dire con l’apostolo Paolo: «Per me il vivere è Cristo» (Fil 1,21). Diventa egli stesso un’eco della Parola, una «lettera di Cristo... scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente», che può essere «conosciuta e letta da tutti gli uomini» (2Cor 3,2-3). «Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» (Lc 11,28).
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La proclamazione liturgica
[628]
Particolare efficacia ha la Parola proclamata nel contesto della celebrazione dei sacramenti. La salvezza, preparata mediante le figure dell’Antico Testamento e attuata una volta per sempre in Gesù Cristo nel Nuovo Testamento, viene ripresentata nei riti sacramentali, per essere poi accolta e vissuta nell’esistenza quotidiana: «Quelle cose che crediamo siano avvenute storicamente, devono ora attualizzarsi in noi misticamente»
![]() San Gregorio Magno, Commento al Libro di Giobbe, 35, 15, 35. | CCC, 103 |
[629]
Soprattutto nella santa Messa la mensa della parola prepara quella del corpo di Cristo. «Nutrita spiritualmente all’una e all’altra mensa, la Chiesa da una parte si arricchisce nella dottrina e dall’altra si rafforza nella santità»
![]() Messale Romano, Ordinamento delle letture della Messa, 10. ![]() Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 10. ![]() Sant’Antonio di Padova, Discorsi per la Pentecoste, 1, 5. | |
Lectio divina
[630] Altro ambito privilegiato per l’ascolto orante della Parola è quello costituito dalla pratica della “lectio divina”.
Già nella Sacra Scrittura è insistente l’invito a recitare e meditare assiduamente la parola di Dio, per poterla vivere: «Non si allontani dalla tua bocca il libro di questa legge, ma mèditalo giorno e notte, perché tu cerchi di agire secondo quanto vi è scritto» (Gs 1,8); «La bocca del giusto proclama la sapienza, e la sua lingua esprime la giustizia; la legge del suo Dio è nel suo cuore, i suoi passi non vacilleranno» (Sal 37,30-31).
Presso i Padri della Chiesa la lettura orante della Bibbia è raccomandata come via privilegiata per stabilire un contatto vivo con Dio: «Impara a conoscere il cuore di Dio nelle parole di Dio»
![]() San Gregorio Magno, Registro delle lettere, 5, 46. ![]() Arnolfo di Bohéries, Lo specchio dei monaci, 1. ![]() Guigo II il Certosino, Sul modo di fare orazione, 1, 1; 2, 2. | CCC, 1177CCC 2708 |
[631] Oggi la pratica della “lectio divina” si va diffondendo tra i fedeli, con qualche integrazione rispetto al modello classico. Si possono indicare cinque momenti, che corrispondono al dinamismo stesso della fede.
La lettura offre il cibo della Parola. Va fatta con attenzione, pacatezza, senza sorvolare ciò che sembra secondario, interpretando correttamente il senso oggettivo storico. Occorre leggere e rileggere, rilevando ciò che appare più significativo, lasciandosi mettere in questione.
La meditazione rumina la parola, la custodisce nel cuore come Maria. Ciò che è stato letto viene confrontato con passi biblici paralleli, con i misteri della fede, con la vita personale, con gli avvenimenti e le situazioni della storia di oggi. Si risvegliano sentimenti di pace, di gioia, di generosità e di coraggio. Si cerca di discernere la concreta volontà del Signore e si prende un impegno preciso.
L’orazione esprime i sentimenti e i desideri santi che nascono nel
![]() La contemplazione rivolge a Dio l’attenzione amorosa e adorante, in profondo silenzio, senza parole. Per qualche istante può ottenere un’intuizione vivida della sua presenza.
La comunicazione condivide con altri fratelli la risonanza interiore che la Parola, letta, meditata, pregata e contemplata, ha avuto nel proprio cuore. Può avvenire all’interno di una sobria celebrazione comunitaria, in cui si proclama ancora la stessa Parola, acclamandola eventualmente con il canto.
Questo ultimo momento della preghiera vera e propria si prolunga nella missione, testimoniando con le azioni della vita quotidiana la Parola che ha preso carne nel credente. Accogliendo in sé l’amore di Dio per tutti, ci si dona generosamente agli altri.
Il metodo, così articolato e completo, mette in particolare evidenza come la parola di Dio comunichi la vita di Dio. I metodi nella preghiera possono essere molti, come del resto nella catechesi e nello studio. Ma l’incontro assiduo con la Parola è necessario a tutti per ricevere, mantenere e sviluppare la vita cristiana.
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«Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona» (2Tm 3,16-17).
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[633] Essere cristiani non è aderire a un’idea, ma a una persona. Mediante le celebrazioni liturgiche della Chiesa, il Signore Gesù, crocifisso e risorto, ci viene incontro personalmente in modo conforme alla nostra condizione storica. Ci comunica il dono pasquale del suo Spirito e della vita nuova, che santifica la nostra esistenza nelle molteplici situazioni, a lode di Dio Padre.
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Liturgia pasquale
[634]
Di ritorno dalla Grecia e dalla Macedonia, Paolo si ferma a Tròade, nell’Asia Minore. La domenica, giorno della risurrezione del Signore, la comunità cristiana della città si riunisce, per ascoltare la parola di Dio e celebrare l’eucaristia. C’è aria di festa; molte lampade sono accese per la veglia notturna. L’apostolo parla a lungo e l’assemblea lo segue con attenzione. A un certo momento un ragazzo di nome Eutìco, seduto sulla finestra, si addormenta e precipita dal terzo piano. Lo raccolgono morto. Paolo scende, lo abbraccia e nel nome del Signore lo riporta alla vita tra lo stupore e la gioia di tutti. Poi prosegue la celebrazione con l’offerta e la distribuzione del pane eucaristico, pegno di vita eterna
![]() Davvero nella liturgia della Chiesa è presente il Signore risorto e ci rende partecipi della sua vittoria pasquale sulla morte! È significativo che durante i primi tre secoli i cristiani abbiano avuto una sola festa, la Pasqua: settimanale ogni domenica, annuale all’inizio della primavera. La liturgia cristiana è essenzialmente celebrazione del mistero pasquale; solo in riferimento ad esso prende in considerazione altri eventi salvifici.
Ma che cosa significa celebrare? Perché si compiono gesti simbolici e rituali? Come si colloca la liturgia cristiana nella storia della salvezza?
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Linguaggio simbolico
[635]
L’uomo, essere spirituale e corporeo, percepisce ed esprime le realtà
![]() Il linguaggio simbolico è un modo di essere e di comunicare. Coinvolge tutta la persona: intelligenza, volontà, affettività e corporeità. Non solo rappresenta le realtà spirituali invisibili, ma le contiene e le comunica effettivamente.
L’esperienza religiosa si serve del linguaggio simbolico come mediazione dell’incontro con la divinità. Il mondo è come un grande simbolo della grandezza di Dio e della sua vicinanza. La luce, il fuoco, l’aria, l’acqua, l’avvicendarsi delle stagioni, i frutti della terra, ogni realtà visibile rimanda al di là di se stessa, verso il Mistero. I gesti della vita sociale si caricano spontaneamente di senso religioso. Partecipare a un convito non è solo prendere cibo, ma è un modo di interpretare la realtà, un modo di essere con le cose, con gli altri e in definitiva con Dio. La relazione con Dio viene vissuta con più intensità nei passaggi critici della vita - nascita, crescita, matrimonio, morte - o negli avvenimenti storici in cui si riconoscono importanti valori e motivi di speranza.
Tutte le religioni fanno largo uso di gesti simbolici, organizzandoli in sistemi più o meno complessi, cioè in riti. I simboli presentano analogie e convergenze sorprendenti; ma i significati sono per lo più molto diversi da una religione all’altra.
| CCC, 1145-1149 |
Memoriale
[636]
Nell’Antico Testamento i simboli, i riti e le feste, pur mantenendo un riferimento alle vicende della natura e ai momenti della vita sociale, diventano segni dell’alleanza, memoria e attualizzazione delle opere mirabili compiute da Dio nella storia a favore del suo popolo. In particolare la Pasqua ebraica, immolazione di un agnello da consumare in una cena rituale, ricorda l’esodo dall’Egitto e vi fa in qualche modo partecipare i presenti al rito, perché Dio viene ancora a fare per i figli quello che un tempo aveva fatto per i padri. «Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete come un rito perenne» (Es 12,14). Il memoriale comunica la grazia dell’evento ricordato.
| CCC, 1093-1094CCC 1150CCC 1363 |
Celebrazione del mistero pasquale
[637]
Gesù Cristo porta a compimento gli eventi e i riti dell’antica alleanza. Nella sua persona Dio stesso si rivela, si comunica e ci salva. La sua predicazione, la sua azione, l’offerta della sua vita sono eventi concreti e irripetibili; una storia, non un rito liturgico. Tuttavia, nel modo più sublime, realizzano il fine di tutti i riti, che è quello di introdurre nella comunione con Dio. Gli antichi sacrifici, basati sull’offerta della vittima in sostituzione della vita dell’offerente, sono superati dal dono totale di lui stesso
![]() ![]() | CCC, 1151-1152CCC 1364CdA, 688-690 CONFRONTAVAI |
[638]
Il cristianesimo non comporta l’abolizione delle celebrazioni rituali,
![]()
Secondo il Nuovo Testamento, Gesù stesso istituisce il rito eucaristico, come memoriale dell’unico e perfetto sacrificio della croce: «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,191Cor 11,24). Non si tratta né di una semplice evocazione mentale, né di una ripetizione, né di un’aggiunta, ma di una ripresentazione efficace mediante un’azione simbolica, quella della cena.
L’atto di donazione, con cui Gesù è morto, rimane nel Signore risorto come perenne intercessione presso il Padre
![]() ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 7; 61; Id., Lumen gentium, 7. | |
Prospettiva storico-salvifica
[639] Nei primi secoli i Padri della Chiesa, nelle loro catechesi “mistagogiche” di spiegazione dei riti sacramentali, prendono avvio dalla descrizione del rito, risalgono alle figure dell’Antico Testamento, mettono in evidenza il compimento una volta per sempre della salvezza in Cristo morto e risorto, tornano a illustrare il sacramento come attualizzazione simbolica del mistero pasquale, concludono esortando ad accogliere il dono di Dio e a viverlo nell’esistenza quotidiana come anticipo della vita eterna. Ci offrono così, in modo suggestivo, una visione sintetica della storia e, all’interno di essa, individuano lucidamente la funzione essenziale della liturgia cristiana, come azione efficace del Signore Gesù nella sua donazione pasquale mediante parole e gesti simbolici, come memoria, presenza e attesa della salvezza.
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[640]
Anche il significato dei singoli sacramenti emerge solo nell’ambito della storia della salvezza. I gesti non sono particolarmente
![]() ![]() | |
[641]
«Non vi è altro mistero di Dio, se non Cristo»
![]() Sant’Agostino, Lettere, 187, 11, 34. | |
[642] «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,191Cor 11,24): nella liturgia della Chiesa viene attualizzato mediante azioni simboliche il mistero pasquale, fulcro di tutta la storia della salvezza, perché i credenti siano inseriti in esso e vengano santificati.
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Azioni di Cristo e della Chiesa
[643]
Nelle altre religioni i riti sono azioni simboliche dei credenti per esprimere la loro ricerca di Dio. Evidentemente anche nel cristianesimo i sacramenti sono azioni di culto della comunità ecclesiale. Ma la Chiesa fa i sacramenti in quanto aderisce a Cristo e accoglie la sua iniziativa. È innanzitutto il Signore Gesù che nella liturgia unisce a sé i fedeli per ricondurli al Padre: «Cristo associa sempre a sé la Chiesa, sua sposa amatissima, la quale prega il suo Signore e per mezzo di lui rende culto all’eterno Padre»
![]() Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 7. | CCC, 1136 |
Cristo autore dei sacramenti
[644]
«Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio» (1Cor 4,1). La Chiesa non dispone dei sacramenti a suo piacimento; li riceve e li custodisce fedelmente. Il loro autore è il Signore Gesù, che li ha istituiti una volta per sempre e ogni volta agisce in essi per comunicare lo Spirito e la vita nuova. La celebrazione è un incontro con lui: «Non per via di specchi, né per mezzo di enigmi, ma faccia a faccia ti sei mostrato a me, o Cristo, e io nei tuoi sacramenti trovo te»
![]() Sant’Ambrogio, Apologia del profeta David, 1, 2. | CCC, 1137-1139CCC 1210 |
Efficacia oggettiva
[645]
È Cristo che celebra: è lui che battezza, riconcilia, consacra e benedice. Il ministro - vescovo, presbitero, diacono o laico, a seconda dei casi - agisce sempre in suo nome, come segno della sua presenza, e deve avere l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa unita a Cristo. Quale che sia la sua fede e santità personale, l’efficacia del sacramento non dipende da lui: «Se Pietro battezza, è Cristo che battezza; se Giuda battezza, è Cristo che battezza»
![]() Sant’Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni, 6, 7. ![]() Concilio di Trento, Sess. VII, Decr. Sui sacramenti, Can. sui sacramenti in genere 6 - DS 1606. | |
Cooperazione personale
[646]
Tuttavia i sacramenti rimangono senza frutti, se chi li riceve non ha
![]() È da evitare comunque anche l’errore opposto, di chi trascura i sacramenti e tende a considerare essenziale solo l’impegno morale e sociale. Il cristianesimo è incontro con Gesù Cristo, adesione alla sua persona, partecipazione alla sua vita. La piena onestà morale non è una conquista solitaria; è resa possibile da lui ed è accetta al Padre solo in quanto è unita alla sua dedizione filiale, al suo sacrificio.
La salvezza non viene né dalla sola fede, né dal solo impegno, né automaticamente dal solo rito oggettivo; ma viene dal gesto sacramentale di Cristo, accolto con fede e vissuto nella carità
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 11. | |
Per la consacrazione e santificazione dell’uomo a lode di Dio
[647]
La liturgia è memoriale (anàmnesi), in quanto attualizza nell’azione simbolica il mistero pasquale; è invocazione (epìclesi), in quanto comunica il dono pasquale dello Spirito con molteplici doni particolari; è lode e glorificazione (dossologia) di Dio, in quanto riconosce in lui il primo riferimento dell’intera esistenza e di tutta la storia: «Dio al primo posto; la preghiera, prima nostra obbligazione; la liturgia, prima fonte della vita divina a noi comunicata, prima scuola della nostra vita spirituale, primo dono che noi possiamo fare al popolo cristiano... e primo invito al mondo, perché sciolga in preghiera beata e verace la muta sua lingua e senta l’ineffabile potenza rigeneratrice del cantare con noi le lodi divine e le speranze umane, per Cristo Signore e nello Spirito Santo»
![]() Paolo VI, Discorso di chiusura del secondo periodo del Concilio Vaticano II, 4 dicembre 1963. | CCC, 1103-1109 |
[648]
Mediante l’azione liturgica lo Spirito incorpora a Cristo e rende partecipi della sua vita filiale. Tre sacramenti, il battesimo, la cresima e l’ordine, imprimono il carattere, un sigillo spirituale permanente, a motivo del quale non possono essere ripetuti
![]() Cf. Concilio di Trento, Sess. VII, Decr. Sui sacramenti, Can. sui sacramenti in genere 9 - DS 1609. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 10. | |
[649]
Tutti i sacramenti, a chi non pone ostacolo con l’attaccamento volontario al peccato, conferiscono la “grazia santificante”, cioè una partecipazione alla vita divina, che eleva intimamente nell’essere e nell’agire e abilita al dialogo con le Persone divine nella carità. Così la vita intera della Chiesa può diventare culto «in Spirito e verità» (Gv 4,23), proclamazione delle opere meravigliose di Dio che l’ha chiamata «dalle tenebre alla sua ammirabile luce» (1Pt 2,9).
| CdA, 808 CONFRONTAVAI CdA 827-828 CONFRONTAVAI |
[650]
I singoli sacramenti rendono presente l’unico mistero pasquale in forme simboliche diverse: il battesimo, ad esempio, lo fa in forma
![]() | |
Organismo sacramentale
[651] Insieme i sacramenti costituiscono come un organismo, vivo e splendido, che ha la base nel battesimo e il vertice nell’eucaristia. Fondano l’etica cristiana come sviluppo delle potenzialità ricevute nel battesimo, specificate negli altri sacramenti, perfezionate nell’eucaristia. Introducono nella storia la logica pasquale della carità, che penetra nelle varie situazioni, dando testimonianza al Signore crocifisso e risorto, risvegliando l’attesa della risurrezione universale.
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[652] «La liturgia è ritenuta come l’esercizio della missione sacerdotale di Gesù Cristo. In essa con segni sensibili viene significata e, in modo proprio a ciascuno, realizzata la santificazione dell’uomo, e viene esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale»
![]()
Concilio Vaticano II
,
Sacrosanctum concilium
, 7.
I sette sacramenti sono azioni simboliche, con cui il Signore Gesù ci viene incontro e ci comunica la grazia dello Spirito Santo secondo varie modalità, corrispondenti a diverse situazioni dell’esistenza.
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Chi celebra
[653] La liturgia è innanzitutto azione di Cristo, eterno sacerdote; ma è anche celebrazione della Chiesa, intimamente associata a lui nel santificare gli uomini e nel lodare il Padre. In quanto azione di Cristo, la liturgia è una e perfetta; in quanto attività della Chiesa, immersa nella storia, varia secondo le tradizioni culturali, la formazione spirituale e la sensibilità pastorale delle concrete comunità cristiane e dei loro ministri.
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[654] Il soggetto che celebra il culto liturgico è sempre la Chiesa universale, unita a Cristo. Ma essa si esprime visibilmente attraverso assemblee e singole persone che la rappresentano legittimamente.
Si può trattare dell’assemblea eucaristica presieduta dal vescovo o dal parroco, della comunità monastica o del gruppo di fedeli riunito per la liturgia delle ore, del sacerdote che da solo celebra la Messa o la liturgia delle ore. Ovviamente è da preferire, ogni volta che i riti lo comportano, una celebrazione comunitaria, che esprime con più verità e pienezza la Chiesa
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 27. ![]() Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 14. | |
Come celebra
[655] Nella celebrazione il popolo di Dio, attraverso la mediazione dei segni, ricorda e attualizza il mistero pasquale, per lodare il Signore e accrescere la comunione con lui.
I riti devono essere capaci di attirare e coinvolgere la comunità. Devono parlare da soli, senza eccessive spiegazioni. Ripetitività e creatività sono ambedue importanti: bisogna contemperarle con saggezza. I gesti devono essere veri, concreti, espressivi, non estenuati e ridotti al minimo. Occorre una sapiente regia, per dare massimo risalto al rito essenziale, rendere nitidi anche i riti sussidiari, che illustrano i vari aspetti della grazia, coordinare e finalizzare a un significato fondamentale tutti gli elementi: di parola (monizioni, omelia), di musica (canti e suoni), di ambientazione (luci, fiori, immagini). Il sacerdote che presiede non deve accentrare tutti i compiti; deve anzi valorizzare l’apporto di vari ministri: lettori capaci di dare voce persuasiva alla parola, cantori ben integrati nell’azione rituale, accoliti e ministranti per il servizio dell’altare, incaricati per l’accoglienza, volontari per accompagnare anziani e disabili... Tutto deve procedere con ordine e tranquillità. È perciò indispensabile un’accurata preparazione con un’attenta individuazione e concertazione degli interventi.
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Dove celebra
[656]
Per radunarsi la comunità ha bisogno di una casa, concepita non
![]() Lo spazio deve essere configurato in modo da favorire lo svolgimento delle varie celebrazioni liturgiche e la preghiera personale. L’altare, mensa per l’eucaristia e simbolo di Cristo, occupa il centro visivo. L’ambone, tribuna riservata esclusivamente alla proclamazione della Parola e alla predicazione, si colloca opportunamente tra l’altare e l’assemblea. La sede della presidenza trova posizione nel presbiterio. Il fonte battesimale conviene sia posto vicino all’ingresso. La sede della riconciliazione deve essere decorosa e ben visibile, idonea per il dialogo riservato, la lettura della Parola e l’imposizione delle mani. Il tabernacolo, dove si conserva l’eucaristia dopo la Messa, deve essere degno e sicuro, possibilmente situato in una cappella adatta all’adorazione, aperta sull’ambiente maggiore dell’assemblea. Tutti questi elementi devono essere correlati tra loro; possono anche essere arricchiti di immagini, che esprimano la fede e siano strumenti di catechesi per il popolo cristiano. Lo spazio principale deve poi collegarsi ad altri spazi complementari: il sagrato, la sacrestia, le sale per attività pastorali...
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Quando celebra
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La domenica
[658]
La domenica è il giorno del Signore risorto, la Pasqua settimanale
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 106. ![]() San Girolamo, Omelia per la domenica di Pasqua. ![]() Cf. Codice di diritto canonico, 1247; 1248. ![]() Sant’Agostino, Confessioni, 13, 35, 50. | CCC, 2174-2188CdA, 883 CONFRONTAVAI CdA 1118 CONFRONTAVAI |
L’anno liturgico
[659]
Dalla domenica si è sviluppato l’anno liturgico, esplicitando i
![]() ![]() Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 111. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 104.
Ogni eucaristia contiene il «mistero della fede»
![]() Messale Romano, Preghiera eucaristica. | |
Liturgia delle ore
[660]
Come il ciclo annuale, così il corso del giorno e della notte è santificato dalla preghiera, che la Chiesa, unita a Cristo, eleva al Padre nello Spirito. È la “liturgia delle ore”, preghiera di lode e di intercessione per la salvezza del mondo, eco sulla terra del canto celeste
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 83-85. | |
Le benedizioni
[661]
Tutte le circostanze concrete della vita vengono santificate dalla liturgia. A imitazione dei sacramenti, la Chiesa ha istituito i sacramentali
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 60. A somiglianza della preghiera eucaristica, le benedizioni contengono innanzitutto la lode e il ringraziamento, perché Dio ci ha già benedetti con i doni della creazione e della salvezza. Seguono poi la supplica e l’intercessione, perché Dio ci benedica ancora e ci aiuti a valorizzare pienamente le cose, gli ambienti, le esperienze.
Così «la liturgia dei sacramenti e dei sacramentali offre ai fedeli ben disposti la possibilità di santificare quasi tutti gli avvenimenti della vita per mezzo della grazia divina che fluisce dal mistero pasquale»
![]() Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 61. ![]() | CCC, 1667-1673 |
Il cammino di fede e i sacramenti
[664]
L’iniziazione cristiana è l’inserimento dei credenti in Cristo morto e risorto come membri del suo popolo profetico, regale e sacerdotale, per morire al peccato e vivere da figli di Dio, facendo «la verità nella carità» (Ef 4,15). Si attua nell’educazione alla fede e nei sacramenti del battesimo, della cresima e dell’eucaristia.
| CCC, 1212 |
[665]
Nella Chiesa delle origini
![]() Nelle epoche successive, fino ad oggi, gli adulti che si fanno cristiani passano attraverso un itinerario di fede più o meno lungo, che si chiama catecumenato, e arrivano a ricevere in un’unica celebrazione il battesimo, la cresima e l’eucaristia. Le cose vanno diversamente per i bambini. In oriente ricevono i tre sacramenti insieme, poco dopo la nascita. In occidente li ricevono distanziati l’uno dall’altro, in varie età, per ragioni di ordine pastorale ed educativo; ma anche in questo caso rimane chiaro che si tratta di un solo evento complessivo di iniziazione al mistero di Cristo e della Chiesa. Sempre comunque i tre sacramenti esigono di essere integrati con un itinerario di formazione: si può battezzare un bambino solo se nel suo ambiente esiste una concreta possibilità di educazione cristiana. I doni di Dio sono gratuiti, ma devono essere accolti consapevolmente e vissuti responsabilmente.
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Oltre il senso del sacro
[666] Nel nostro paese quasi tutte le famiglie richiedono i sacramenti dell’iniziazione per i loro figli; ma molte li vivono come riti di passaggio, in cui prende corpo un vago senso del sacro, e non come riti specificamente cristiani. La grandezza di queste celebrazioni sta invece nel fatto che uniscono vitalmente gli uomini a Cristo e li assimilano a lui nell’essere e nell’agire, introducendoli nella comunione trinitaria e in quella ecclesiale.
Particolarmente necessario si rivela dunque un itinerario di fede, che preceda, accompagni e segua la celebrazione dei tre sacramenti. L’itinerario deve essere inteso come un esercizio prolungato e completo di vita cristiana, che comprenda non solo l’istruzione religiosa, ma anche esperienze di preghiera personale e comunitaria, gesti di testimonianza e opere di carità, cambiamento di mentalità e di abitudini: una vera scuola di formazione, al seguito di Gesù maestro.
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La Chiesa nostra madre
[667]
Attraverso la Parola e i sacramenti, in virtù dello Spirito Santo, la Chiesa ci genera e ci educa alla vita cristiana, come Maria ha generato Cristo: «Dal suo grembo nasciamo, dal suo latte siamo nutriti, dal suo Spirito siamo vivificati»
![]() San Cipriano di Cartagine, L’unità della Chiesa cattolica, 5. | CCC, 1249 |
Istituito da Cristo
[669]
Il battesimo è il sacramento della fede e della conversione a Cristo, la porta di ingresso nella comunità cristiana. Gli Atti degli apostoli ricordano più volte il battesimo dei nuovi convertiti: i tremila del giorno di Pentecoste, l’eunuco etiope, la famiglia di Cornelio e quella di Lidia e altri ancora. Nel compiere questo rito, la comunità sa di obbedire alla volontà del Signore: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28,19).
| |
Il ministro
[670]
Il battesimo è dono del Signore risorto, mediante la Chiesa. Lo si
![]() | |
Morti e risorti con Cristo
[671]
Il significato del battesimo va ben oltre il simbolismo naturale del lavare con acqua, che indica una purificazione; lo si può cogliere
![]()
Molti eventi nell’Antico Testamento prefigurano questo sacramento. Sulle acque della creazione aleggia lo Spirito di Dio, per suscitare la vita in tutte le sue forme
![]() ![]() ![]() ![]() | |
[672]
Uniti e configurati a Cristo, formiamo la Chiesa suo mistico corpo: un solo battesimo, un solo Dio Padre, un solo Signore Gesù Cristo, un solo corpo ecclesiale, animato da un solo Spirito Santo
![]() ![]() | CdA, 497 CONFRONTAVAI CdA 742-744 CONFRONTAVAI |
Nuova nascita
[673]
L’inserimento in Cristo e nella Chiesa, attuato dallo Spirito Santo,
![]() ![]() ![]() Cf. Concilio di Firenze, Bolla di unione degli Armeni “Exsultate Deo” - DS 1316. ![]() ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 47. | CdA, 399 CONFRONTAVAI CdA 808 CONFRONTAVAI CdA 827-828 CONFRONTAVAI |
La celebrazione
[674]
Battesimo, cresima ed eucaristia formano un’unità sacramentale
![]() ![]() Cf. Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti, Premesse, 4-40.
Nel caso dei bambini, il battesimo è anticipato di alcuni anni rispetto alla confermazione e all’eucaristia. La celebrazione vera e propria del sacramento coincide ovviamente con quella degli adulti nel rito essenziale; ma se ne discosta in una parte dei riti esplicativi, che hanno la funzione di esprimere la ricchezza di significato e di grazia del sacramento
![]() Cf. Rito del battesimo dei bambini, Premesse, 15-22. ![]() ![]() | |
Necessità del battesimo
[675]
Il battesimo è necessario alla salvezza: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio» (Gv 3,5). Chi dunque lo rifiuta colpevolmente non può salvarsi.
Per quanto riguarda coloro che non hanno avuto la grazia di conoscere il vangelo, si deve ricordare che sono stati creati anch’essi con un orientamento implicito a Gesù Cristo. Se vivono secondo i giusti dettami della propria coscienza, anche a loro è donata da Dio in Cristo la possibilità di raggiungere la salvezza in una forma di battesimo, che possiamo qualificare come battesimo di desiderio, sia pure inconsapevole.
A maggior ragione si deve pensare a un battesimo di desiderio per i catecumeni che si preparano ai sacramenti dell’iniziazione cristiana. Se poi uno di loro dovesse morire martire per Cristo, riceverebbe un battesimo di sangue, che lo assimila al Signore crocifisso e risorto e lo introduce nella gloria.
Riguardo ai bambini che muoiono prima di arrivare all’uso di ragione senza essere battezzati, la Chiesa, sicura com’è che Dio vuole la salvezza di tutti e che Cristo è morto per tutti
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Dono da sviluppare
[676] I bambini vengono battezzati nella fede della Chiesa, professata dai genitori e dai padrini, che si fanno carico della loro educazione cristiana e si impegnano ad accompagnarli e sostenerli fino alla maturità, diventando per loro segno dell’amore di Dio, che ama per primo e dona gratuitamente. Sono in molti oggi a domandarsi se in questo modo non si faccia violenza alla loro personalità e non si imponga loro un peso. C’è da rispondere, al contrario, che si offre loro una nuova meravigliosa possibilità, una più autentica libertà. Dopo il dono della vita, si fa un dono ancora più grande.
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[677]
Ogni comunicazione di amore inizia con un dono, ma il dono attende una risposta. Il battesimo, per non restare infruttuoso, esige una coerente risposta personale
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I battezzati sono idonei a ricevere i sacramenti successivi. Resi partecipi della triplice missione profetica, regale e sacerdotale di Cristo, sono deputati, ciascuno per la sua parte, ad attuare nel mondo il compito salvifico della Chiesa, nella varietà delle vocazioni e dei ministeri. La stessa vocazione di speciale consacrazione a Dio «ha le sue profonde radici nella consacrazione battesimale, e l’esprime con maggiore pienezza»
![]() Concilio Vaticano II, Perfectae caritatis, 5. Quando poi ad essere battezzati sono i giovani e gli adulti, cosa che avviene sempre più spesso anche in Italia, l’impegno non è solo quello di vivere il battesimo una volta che sia stato ricevuto; prima ancora bisogna accostarsi a riceverlo con piena consapevolezza e responsabilità. Perciò occorre prepararsi con il catecumenato, tempo di discernimento, di approfondimento della mentalità di fede, di purificazione e di illuminazione.
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[678] Il battesimo, lavacro di acqua conferito nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, rimette il peccato originale e tutti i peccati personali; fa rinascere come figli di Dio, uniti a Cristo e animati dallo Spirito; consacra con un sigillo spirituale indelebile; incorpora alla Chiesa e rende partecipi della sua missione.
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Storia del sacramento
[679]
Gesù di Nàzaret, ricevuto il Battesimo, risale dal fiume Giordano e viene ricolmato di Spirito Santo
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Fin dalle origini il gesto battesimale è seguito da altri riti, con i quali si trasmette ancora lo Spirito: Pietro e Giovanni pregano e impongono le mani ai samaritani, già battezzati da Filippo
![]() ![]() Nei primi secoli è diffusa ovunque la pratica di aggiungere dopo il battesimo i riti dell’imposizione delle mani e dell’unzione crismale sulla fronte, accompagnati dalla preghiera per avere un dono più abbondante di Spirito Santo. Questi riti significano anche il pieno inserimento nella Chiesa e nella sua missione, e perciò sono riservati al vescovo. Quando poi il cristianesimo si diffonde nelle campagne e si moltiplicano i luoghi del battesimo, il vescovo non può più essere presente dappertutto. Allora in occidente la confermazione viene staccata dal rito battesimale; in oriente invece rimane unita, ma il presbitero può amministrarla solo con il crisma benedetto dal vescovo. Oggi anche in occidente, a motivo della vastità delle diocesi, sempre più spesso vengono delegati alcuni presbìteri per aiutare il vescovo in questa celebrazione.
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Sviluppo del battesimo
[680]
Dalla storia del sacramento emerge anche il suo significato
![]() ![]() Cf. San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, III, q. 72, a. 1. ![]() Cf. San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, III, q. 72, a. 2. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 11. ![]() Rito della confermazione, Premesse, 2. ![]() Pseudo-Macario, Omelie, 17, 4. | |
I riti
[681]
La celebrazione sottolinea tutto questo con suggestiva semplicità. Il vescovo, ministro originario del sacramento
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 26. | |
L’unzione crismale
[682]
Il rito dell’unzione crismale va ricollegato alle figure della storia della salvezza. In Israele i re e i sacerdoti erano consacrati con olio, per avere il sostegno dello Spirito nel loro servizio; i profeti invece ricevevano in genere un’unzione solo interiore di Spirito Santo, per diventare gli uomini della parola di Dio, i suoi portavoce. Consacrato con l’unzione in modo unico è il misterioso personaggio preannunciato da Isaia, il Servo del Signore, il quale assomma in sé il compito regale di instaurare la giustizia e il diritto, il compito profetico di annunciare la parola di Dio alle genti, il compito sacerdotale di offrire la vita a vantaggio dei fratelli.
Questa misteriosa figura si realizza perfettamente in Gesù
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[683] La confermazione perfeziona il battesimo mediante l’effusione pentecostale dello Spirito: consolida l’appartenenza a Cristo e alla Chiesa; comunica in abbondanza i doni dello Spirito Santo, per accompagnare il cammino verso la maturità cristiana e per sostenere la testimonianza delle parole e delle opere.
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Cuore della Chiesa
[684]
«La celebrazione della Messa, in quanto azione di Cristo e del popolo di Dio gerarchicamente ordinato, costituisce il centro di tutta la vita cristiana per la Chiesa universale, per quella locale e per i singoli fedeli»
![]() Messale Romano, Principi e norme, 1. Se il battesimo è la porta di ingresso nella comunità cristiana, l’eucaristia ne è il centro e l’attuazione suprema. Ma la fede nell’eucaristia non è facile, come non è facile accogliere il mistero della croce di cui è la ripresentazione sacramentale. Per questo la Chiesa nei secoli l’ha circondata di tanti e mirabili segni di adorazione, di amore e di bellezza: monito sempre attuale per prevenire le tentazioni della superficialità, dell’abitudine e dell’incredulità.
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Origine e sviluppo storico
[685]
Il convito eucaristico è prefigurato nei banchetti di Gesù con i peccatori e gli amici durante la vita pubblica, è istituito nell’ultima cena con i Dodici, è confermato nella gioia degli incontri a mensa dopo la risurrezione. Dalla Chiesa delle origini è celebrato come cena del Signore risorto
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Presto il rito acquista una dinamica molto precisa, con una proclamazione della Parola e una liturgia eucaristica strettamente connesse tra loro. Gesù stesso nell’incontro con i discepoli di Emmaus prima spiega le Scritture, poi si mette a tavola e, pronunciando la benedizione, prende il pane, lo spezza e lo distribuisce
![]() ![]() ![]() San Giustino, Prima apologia, 67, 3-5. | CdA, 228-231 CONFRONTAVAI |
Il ministro e l’assemblea
[686]
Già questa antica descrizione, pur attestando la partecipazione attiva di tutta l’assemblea, mette in forte risalto il ruolo del capo della comunità. Fin dall’inizio chi guida la comunità presiede anche l’eucaristia. Solo i vescovi e i presbìteri, validamente ordinati, possono consacrare validamente, essendo abilitati ad agire in nome di Cristo
![]() Cf. Concilio Lateranense IV, Costituzione 1 “De fide catholica” - DS 802.; Concilio di Trento, Sess. XXIII, Dottr. Sul sacramento dell’ordine, Can. 1 - DS 1771. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 14; Messale Romano, Principi e norme, 62. Il presidente e l’assemblea sono segni in cui Cristo attua la sua presenza. Per acclamare il Signore che viene e si esprime in questi segni, si cura la convocazione dell’assemblea e si solennizzano nella Messa i riti di introduzione.
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Struttura della Messa
[687]
La celebrazione si articola in due parti: liturgia della Parola e liturgia eucaristica. Sono due modalità eminenti della presenza di Cristo, mensa della parola di Dio e mensa del corpo di Cristo da cui i fedeli ricevono alimento per la loro vita cristiana
![]() Cf. Messale Romano, Principi e norme, 8. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 56.
Come gli amici ravvivano la loro amicizia con la conversazione e
![]() ![]()
L’inserimento dell’uomo e del suo mondo nel dono di sé che il Cristo fa al Padre viene suggerito già dal primo rito della liturgia eucaristica: la presentazione del pane e del vino «frutto della terra e del lavoro dell’uomo»
![]() Messale Romano, Rito della Messa con il popolo, Liturgia eucaristica. | CdA, 612 CONFRONTAVAI CdA 628-629 CONFRONTAVAI |
Memoria e presenza
[688] La liturgia eucaristica ripresenta, nel contesto di una preghiera di lode e di ringraziamento e nella forma di un convito sacrificale, il sacrificio pasquale di Cristo, perché diventi il nostro sacrificio e ci coinvolga nel suo dinamismo di carità.
Secondo l’uso degli ebrei, che a tavola lodavano e ringraziavano Dio per i doni della vita, del nutrimento e dell’alleanza, anche Gesù nell’ultima cena pronuncia sul pane e sul vino una sua preghiera di benedizione e di ringraziamento per l’opera della salvezza che si va compiendo. Quindi dà il pane a mangiare e il vino a bere, come sacramento del suo corpo donato e del suo sangue versato per la riconciliazione universale: «Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”» (1Cor 11,23-25). Quando era stata conclusa l’alleanza del monte Sinai, il sangue delle vittime, sparso sull’altare e sul popolo, indicava plasticamente, secondo la mentalità dell’uomo antico, un rapporto di consanguineità e di parentela tra Dio e Israele. Gesù, con la sua morte e risurrezione, pone tra il Padre e l’umanità intera il suo corpo e il suo sangue, cioè la sua persona e la sua vita, per la nuova ed eterna alleanza.
Alla luce dell’esperienza di Pasqua e di Pentecoste, nello stupore e nella gioia per le opere mirabili della creazione, della redenzione e della santificazione, la Chiesa riprende la preghiera di lode e di ringraziamento di Gesù al Padre e la prolunga nei secoli: «È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre Santo...»
![]() Messale Romano, Prefazio comune II.
Nello stesso tempo, obbediente al comando: «Fate questo in memoria di me», la Chiesa ripete il gesto e le parole del Signore sul pane e sul vino, invocando lo Spirito consacratore: «Manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo, perché diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, che ci ha comandato di celebrare questi misteri... Egli prese il pane... Allo stesso modo prese il calice...»
![]() Messale Romano, Preghiera eucaristica III. | CdA, 636-638 CONFRONTAVAI |
[689]
Nella forma di un convito sacrificale la Chiesa rivive l’evento totale della Pasqua; fa memoria della morte e risurrezione del Signore
![]() ![]() ![]() Cf. Concilio di Trento, Sess. XIII, Decr. Sul sacramento dell’eucaristia, 4 - DS 1642. ![]() Cf.Ivi, 1 - DS 1636. | |
Il santo sacrificio
[690]
A motivo di questa memoria che si fa presenza, la Chiesa non
![]() ![]() Messale Romano, Preghiera eucaristica III. ![]() ![]() Didachè, 14, 1, 3. ![]() ![]() Cf. Concilio di Trento, Sess. XIII, Dottr. Sul sacrificio della messa, 1 - DS 1740. ![]() San Giovanni Crisostomo, Omelie sulla Lettera agli Ebrei, 17, 3.
Il sacrificio pasquale fu compiuto «una volta per sempre» (Eb 10,10); ma rimane sempre attuale presso il Padre come «redenzione eterna» (Eb 9,12). Cristo nello Spirito offre al Padre se stesso, la Chiesa e tutta la creazione. Esprime visibilmente questa offerta nel rito liturgico, che è innanzitutto un suo gesto simbolico. La Chiesa, animata dal medesimo Spirito, si associa a Cristo nello stesso rito e offre al Padre lui e se stessa con lui
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 11.
«Cristo nostra Pasqua si è immolato. Egli continua a offrirsi per noi e intercede come nostro avvocato: sacrificato sulla croce più non muore e con i segni della passione vive immortale»
![]() Messale Romano, Prefazio pasquale III. ![]() Messale Romano, Prefazio della SS. Eucaristia I. ![]() Paolo VI, Credo del Popolo di Dio, 24. | |
Comunione con Cristo e con i fratelli
[691]
La comunione eucaristica ha un carattere tutt’altro che intimistico e sentimentale. Far comunione con il Signore crocifisso e risorto significa donarsi con lui al Padre e ai fratelli: «A noi, che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo, perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito. Egli faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito»
![]() Messale Romano, Preghiera eucaristica III.
Il Signore Gesù viene a vivere in noi e ci assimila a sé: «La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me» (Gv 6,55-57). La vita che egli comunica è la sua carità verso il Padre e verso tutti gli uomini.
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[692]
Unendoci a sé, Gesù Cristo ci unisce anche tra noi: lo esprime bene
![]() ![]() ![]() Sant’Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni, 26, 13. ![]() Cf. Didachè, 9, 4. ![]() Cf. Concilio di Trento, Sess. XIII, Decr. Sul sacramento dell’eucaristia, Proemio - DS 1635.; Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 3. ![]() | |
[693]
In sintonia con la carità universale di Cristo, la Preghiera eucaristica si fa intercessione per il mondo e per la Chiesa universale e particolare, per i presenti e per gli assenti, per i vivi e per i defunti: «Per questo sacrificio di riconciliazione dona, Padre, pace e salvezza al mondo intero. Conferma nella fede e nell’amore la tua Chiesa pellegrina sulla terra: il tuo servo e nostro papa, il nostro vescovo, il collegio episcopale, tutto il clero e il popolo che tu hai redento. Ascolta la preghiera di questa famiglia, che hai convocato alla tua presenza. Ricongiungi a te, Padre misericordioso, tutti i tuoi figli ovunque dispersi. Accogli nel tuo regno i nostri fratelli defunti e tutti i giusti che, in pace con te, hanno lasciato questo mondo»
![]() Messale Romano, Preghiera eucaristica III. | |
[694]
Gli atteggiamenti espressi dalla Preghiera eucaristica animano anche i successivi riti di comunione: la preghiera del Padre nostro, il segno della pace, la frazione del pane, la comunione sacramentale. Verso quest’ultima tende tutta la celebrazione. Perciò la Chiesa raccomanda vivamente di ricevere la comunione eucaristica ogni volta che si partecipa alla santa Messa
![]() Cf. Messale Romano, Principi e norme, 56. ![]() Cf. Messale Romano, Principi e norme, 241-252. | |
[695]
D’altra parte si comprende come senza le dovute disposizioni la comunione sacramentale sarebbe inautentica. Già san Paolo esortava i cristiani: «Ciascuno, pertanto, esamini se stesso... perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1Cor 11,28-29). Chi è consapevole di aver commesso peccato mortale, prima di accostarsi alla comunione eucaristica, deve pentirsi e tornare in grazia di Dio. Più precisamente deve recarsi dal sacerdote e ricevere l’assoluzione; non può limitarsi a fare il proposito di confessarsi al più presto, a meno che in una particolare situazione non sopravvengano motivi gravi.
Desta preoccupazione la disinvoltura, con cui alcune persone, che non si confessano da lungo tempo, vanno a fare la comunione, soprattutto in occasione di feste solenni, di matrimoni e di funerali.
Sono doverosi anche alcuni segni esteriori di rispetto: osservare la legge del digiuno eucaristico, che obbliga a non prendere cibi e bevande, eccetto l’acqua, durante l’ora che precede la comunione; rispondere: «Amen» alle parole del ministro; presentare le mani pulite per ricevere il pane eucaristico; essere attenti ad eventuali frammenti, in modo da metterli in bocca e non lasciarli cadere.
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Pegno della gloria futura
[696]
Far comunione con colui che è passato da questo mondo al
![]() ![]() Messale Romano, Preghiera eucaristica III. ![]() Rito della comunione fuori della Messa e culto eucaristico, 28 (Antifona. | |
Sorgente della missione
[697]
Infondendo nel cuore la carità di Cristo e la speranza del regno di Dio, l’eucaristia diventa la sorgente della missione del cristiano e della comunità ecclesiale. Lo sciogliersi dell’assemblea è anche un invio: «Glorificate il Signore con la vostra vita. Andate in pace»
![]() Messale Romano, Rito della Messa con il popolo, Riti di conclusione. ![]() Sant’Alberto Magno, Commento al Vangelo di Giovanni, 6, 64. ![]() San Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo, 50, 3-4. | |
Adorazione eucaristica
[698] Terminata la santa Messa, il pane eucaristico viene conservato nel tabernacolo per il viatico dei moribondi, per la comunione dei malati e di altre persone che non sono potute intervenire. La presenza del Signore nel pane consacrato dura finché rimane l’aspetto di pane. Per questo la Chiesa promuove l’adorazione eucaristica anche fuori della Messa in varie forme: visita al SS. Sacramento, comunione spirituale, benedizione eucaristica, solenne processione nella solennità del Corpo e Sangue del Signore, quarant’ore di adorazione, congressi eucaristici. In questi incontri più o meno prolungati, il Signore ci parla ancora con la sua donazione silenziosa; ci chiama a morire a noi stessi per risorgere alla vita autentica della carità; ci aiuta a discernere secondo una prospettiva pasquale le situazioni e gli avvenimenti. Da parte nostra possiamo in qualche modo prolungare la preghiera eucaristica della Messa, in cui sono sintetizzati gli atteggiamenti fondamentali di ogni preghiera cristiana: memoria, lode, ringraziamento, offerta, supplica, intercessione.
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[699] «Nella notte in cui fu tradito, egli prese il pane, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo, offerto in sacrificio per voi.
Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo diede ai suoi discepoli, e disse: Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati.
Fate questo in memoria di me»
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Messale Romano, Preghiera eucaristica III.
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[700] Il cristiano non rimuove, ma assume consapevolmente e umilmente le situazioni negative di peccato e di malattia. Trova conforto nel Signore, ben sapendo che la sua potenza misericordiosa si rivela soprattutto nella nostra debolezza spirituale e fisica, come la premura di una madre si rivolge specialmente ai figli lontani o malati. Il Signore Gesù, medico delle anime e dei corpi, ci guarisce con il dono dello Spirito Santo nei sacramenti della riconciliazione e dell’unzione degli infermi.
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Fondamento biblico
[701]
Durante il suo ministero pubblico, Gesù ha invitato la gente a convertirsi e a credere che Dio è misericordioso e che nessun peccato è più grande della sua misericordia. Ha accolto i peccatori e ha partecipato a conviti festosi con loro, per riconciliarli con Dio. Compiendo miracoli, ha manifestato di possedere il potere divino di rimettere i peccati, come quando a Cafàrnao ha operato la guarigione fisica del paralitico dopo aver operato quella spirituale
![]() | CdA, 196-198 CONFRONTAVAI |
[702]
Dopo la sua morte e risurrezione, il Signore ha effettivamente trasmesso alla Chiesa il potere di rimettere i peccati nella potenza dello Spirito, come parte fondamentale della salvezza realizzata nel mistero pasquale: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi» (Gv 20,22-23). Per questo l’apostolo Paolo può dire che Dio «ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione» (2Cor 5,18).
Questa missione viene svolta innanzitutto con la predicazione del vangelo, che chiama alla fede e alla conversione, e poi con il battesimo, che cancella ogni genere di peccato. Ma, pur essendo riconciliati, i battezzati non sono immuni per sempre dal peccato; possono ancora cadervi, come accadde agli ebrei nel deserto: tutti attraversarono il mare e ricevettero l’alleanza, pochi restarono fedeli
![]()
Gli apostoli sono consapevoli di aver ricevuto da lui il potere di escludere i peccatori dall’assemblea ecclesiale, in vista della loro correzione, e di riammetterli una volta pentiti, come segno efficace della riconciliazione con Dio. Di questo potere si avvale l’apostolo Paolo: mette fuori dalla comunione un incestuoso a Corinto, perché si converta e «il suo spirito possa ottenere la salvezza» (1Cor 5,5); ordina di fare altrettanto «con chi si dice fratello, ed è impudico o avaro o idolàtra o maldicente o ubriacone o ladro; con questi tali non dovete neanche mangiare insieme» (1Cor 5,11); infine reintegra nella pienezza della vita ecclesiale un contestatore, che in precedenza era stato escluso
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Evoluzione storica e situazione attuale
[703] La Chiesa ha sempre avuto viva coscienza di dover dispensare la grazia del perdono a nome di Cristo in virtù del suo Spirito; ma ha esercitato questo compito in diverse forme, in rapporto alle esigenze dei tempi e alla comprensione via via maturata. Nei primi secoli la disciplina di questo sacramento era molto rigorosa: i penitenti, dopo aver confessato le colpe al vescovo della propria comunità, dovevano passare per un lungo e austero periodo di riparazione, al termine del quale ricevevano pubblicamente l’assoluzione dal vescovo alla presenza della comunità. Successivamente, soprattutto per impulso dei monaci, la prassi penitenziale si concentrò nella celebrazione privata del sacramento: ciascun penitente doveva eseguire le opere penitenziali prescritte per i suoi peccati e poi otteneva l’assoluzione da un presbitero. Infine si è arrivati all’assoluzione dei peccati anticipata rispetto alle opere di penitenza e a un forte alleggerimento di queste ultime.
Il rito attuale della penitenza prevede tre modalità di celebrazione: la confessione e assoluzione individuale, che pone in evidenza l’aspetto personale della conversione; la confessione e assoluzione individuale all’interno di una celebrazione comunitaria, che esprime meglio la dimensione ecclesiale; la confessione e assoluzione collettiva, riservata a situazioni particolari.
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[704] La pratica di questo sacramento conosce oggi una vasta crisi, in una situazione culturale in cui appaiono offuscati il senso di Dio e il senso del peccato. Non manca certo, anzi è molto decisa, la condanna di fatti come la guerra, la tortura, il terrorismo, la mafia, le discriminazioni razziali, la corruzione amministrativa, la speculazione edilizia, l’inquinamento, la fame nel mondo. In queste cose, però, per lo più non si vede un’offesa all’amore di Dio, ma un’offesa all’uomo; non una colpa personale, di cui in qualche misura ci rendiamo complici, ma solo un disordine sociale oggettivo, un meccanismo strutturale distorto. Senza dire di altri settori della morale, in cui l’insensibilità è ancor più marcata. Incertezze e oscuri sensi di colpa affiorano comunque, ma si pensa di poter risolvere tutto in chiave psicologica, oppure si cerca di evadere con la corsa al consumismo o, più tragicamente, ricercando i paradisi artificiali della droga.
È senz’altro più salutare attingere dalla rivelazione la fiducia nel Padre misericordioso e il senso di responsabilità davanti a lui, ascoltando il monito severo e appassionato di Gesù: «Se non vi convertirete... non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3). Solo all’interno di un serio cammino di conversione il sacramento della penitenza, cioè della conversione, ritrova il suo pieno significato. Esso coinvolge direttamente le persone, una per una, nella loro più segreta interiorità. La sua importanza è decisiva per la formazione di una coscienza cristiana. Si avverte perciò la necessità di una maggiore disponibilità da parte dei sacerdoti e di una pastorale più attenta, che riservi al sacramento un posto privilegiato.
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Elementi costitutivi
[705] Il sacramento che esprime e attua la conversione del cristiano viene designato con tre nomi, che derivano dai suoi elementi costitutivi: penitenza, confessione, riconciliazione.
Occorre anzitutto la penitenza o cambiamento del cuore. Il peccatore, mosso dallo Spirito Santo, riscopre il volto santo e misericordioso del Padre, esamina se stesso, prende coscienza dei propri peccati; ne prova dolore; li detesta; propone di non commetterli più; si impegna a cambiare radicalmente la propria vita, a riordinarla secondo il vangelo
![]() Cf. Concilio di Trento, Sess. XIV, Decr. Sul sacramento della penitenza, 4 - DS 1676. | |
[706] Fare l’esame di coscienza significa valutare la propria posizione davanti a Dio, alla luce della sua parola, e riconoscere i peccati commessi in pensieri, parole, opere e omissioni, gravi o leggeri, con piena responsabilità o per fragilità.
Il pentimento dei peccati si chiama anche “dolore perfetto” o “contrizione”, quando è ispirato dall’amore filiale verso Dio, degno di essere amato sopra ogni cosa; “dolore imperfetto” o “attrizione”, quando è ispirato dalla paura. Nell’un caso come nell’altro include il fermo proposito di rompere con il peccato e di evitare le occasioni, quindi è sufficiente per disporsi a ricevere il perdono nel sacramento; anzi il dolore perfetto, che include anche il proposito di confessarsi al più presto possibile, ottiene subito il perdono, prima del rito sacramentale.
| CdA, 927-929 CONFRONTAVAI |
[707]
Il pentimento interiore si esprime esteriormente nella confessione e
![]() ![]() Cf. Rito della penitenza, Premesse, 6.
L’impegno di penitenza, chiamato anche soddisfazione, è un rimedio del peccato, un segno di riparazione e di cambiamento della vita
![]() Cf. Rito della penitenza, Premesse, 6. | |
[708]
Al peccatore che manifesta il suo pentimento mediante la confessione dei peccati e l’accettazione di un impegno di penitenza, Dio concede il suo perdono attraverso l’assoluzione data dal sacerdote
![]() Cf. Rito della penitenza, Premesse, 6. ![]() ![]() ![]()
Il sacerdote, come il Signore Gesù, è fratello che comprende, medico che cura, maestro che insegna la strada, giudice che lega e scioglie. L’assoluzione che egli dà, è riconciliazione con Dio e con la Chiesa, come insegna il concilio Vaticano II: «Coloro che si accostano al sacramento della penitenza ottengono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese a lui arrecate e la riconciliazione con la Chiesa che hanno ferito col loro peccato»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 11. Il peccato è offesa all’amore di Dio e insieme danno arrecato, direttamente o indirettamente, alla Chiesa: è quindi ragionevole che la riconciliazione con Dio sia congiunta alla riconciliazione con la Chiesa; è ragionevole che si debba ricorrere al sacerdote che la rappresenta. Di più, la presenza del sacerdote indica che la giustificazione è dono che si riceve, non traguardo che si conquista. Non ci si battezza da soli e non ci si assolve da soli: un peccatore non può darsi la vita nuova dei figli di Dio, come un morto non può risuscitare se stesso.
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Necessità e utilità del sacramento
[709]
Il sacramento della penitenza è il vertice di un più ampio ministero di riconciliazione, con cui la Chiesa accompagna il cammino di conversione dei suoi membri: annuncio della parola di Dio, correzione fraterna, perdono delle offese, gesti penitenziali, opere di carità. Il sacramento è necessario per quanti sono caduti in peccato mortale dopo il battesimo: nella Chiesa per la riconciliazione «ci sono l’acqua e le lacrime, l’acqua del battesimo e le lacrime della penitenza»
![]() Sant’Ambrogio, Lettere, 41, 12.
Invece il sacramento non è necessario per la remissione dei peccati veniali: basta essere sinceramente pentiti, compiere opere di carità, partecipare all’eucaristia. È comunque utile confessare anche i peccati veniali, per ricevere la forza di una più sicura crescita spirituale. In pratica conviene confessarsi con frequenza e regolarità, scandendo con il sacramento i passi di un cammino permanente di conversione, senza dimenticare che anche l’eucaristia da parte sua rimette i peccati veniali e preserva da quelli mortali
![]() Cf. Concilio di Trento, Sess. XIII, Decr. Sul sacramento dell’eucaristia, 2 - DS 1638. | CdA, 932 CONFRONTAVAI CdA 942 CONFRONTAVAI |
Indulgenza
[710] I peccati non solo distruggono o feriscono la comunione con Dio, ma compromettono anche l’equilibrio interiore della persona e il suo ordinato rapporto con le creature. Per un risanamento totale, non occorrono solo il pentimento e la remissione delle colpe, ma anche una riparazione del disordine provocato, che di solito continua a sussistere. In questo impegno di purificazione il penitente non è isolato. Si trova inserito in un mistero di solidarietà, per cui la santità di Cristo e dei santi giova anche a lui. Dio gli comunica le grazie da altri meritate con l’immenso valore della loro esistenza, per rendere più rapida ed efficace la sua riparazione.
La Chiesa ha sempre esortato i fedeli a offrire preghiere,
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I pastori concedono tale beneficio a chi ha le dovute disposizioni interiori e compie alcuni atti prescritti. Questo loro intervento nel cammino penitenziale è la concessione dell’indulgenza. Si ha l’indulgenza “plenaria” quando la liberazione è totale; altrimenti si ha l’indulgenza “parziale”. Per ricevere l’indulgenza plenaria si richiedono: una disposizione di distacco affettivo da qualsiasi peccato, anche veniale; l’attuazione di un’opera indulgenziata; il soddisfacimento, anche in giorni diversi, di tre condizioni, che sono la confessione sacramentale, la comunione eucaristica e la preghiera secondo l’intenzione del papa
![]() Cf. Paolo VI, Indulgentiarum doctrina, Norme, 7. La pratica delle indulgenze non pregiudica il valore di altri mezzi di purificazione, come anzitutto la santa Messa e l’offerta della propria sofferenza. Costituisce anzi un incoraggiamento a compiere opere buone a vantaggio di tutti.
| CdA, 944 CONFRONTAVAI |
[711] Il cristiano, che ha peccato dopo il battesimo, viene riconciliato con Dio attraverso la riconciliazione con la Chiesa. Il pentimento, la confessione dei peccati, l’impegno di penitenza e di riparazione del penitente, si incontrano con il gesto del sacerdote, l’assoluzione data in nome di Cristo e della Chiesa.
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La cura dei malati
[712]
Profonda è l’unità di spirito e corpo: il disordine del peccato danneggia indirettamente il fisico; viceversa la malattia
![]() | |
[713]
In ogni epoca, «animata da quella carità con cui ci ha amato Dio,... la Chiesa attraverso i suoi figli si unisce agli uomini di qualsiasi condizione, ma soprattutto ai poveri e ai sofferenti, e si prodiga volentieri per loro»
![]() Concilio Vaticano II, Ad gentes, 12. | |
L’unzione e la sua efficacia salvifica
[714]
Secondo una prassi in atto fin dalle origini apostoliche e attestata dalla lettera di Giacomo, la cura dei malati da parte della Chiesa culmina in un rito speciale di natura sacramentale, l’unzione degli infermi: «Chi è malato, chiami a sé i presbìteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati» (Gc 5,14-15). Questo testo presenta l’unzione dei malati come un evento di guarigione totale, con effetti spirituali e corporali.
Il sacramento è rimasto sempre vivo nella tradizione liturgica, sia in oriente che in occidente, ma con molte variazioni disciplinari e rituali. Il ministro è il sacerdote
![]() Cf. Concilio di Firenze, Bolla di unione degli Armeni “Exsultate Deo” - DS 1325. ![]() Cf. Sacramento dell’unzione e cura pastorale degli infermi, Premesse, 8. ![]() Sacramento dell’unzione e cura pastorale degli infermi, Premesse, 78. | |
[715]
Si tratta di una preghiera umile e fiduciosa, che non ha niente a che fare con la magia: la Chiesa «affida gli ammalati al Signore sofferente e glorificato, perché egli conceda loro sollievo e salvezza; e li esorta ad associarsi spontaneamente alla passione e alla morte di Cristo, per cooperare al bene del popolo di Dio»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 11. | CdA, 1020-1023 CONFRONTAVAI |
Il viatico
[716]
Quando la situazione di malattia è particolarmente grave, tanto da far prevedere la morte, è prassi antichissima della Chiesa unire alla celebrazione dell’unzione il conferimento della comunione eucaristica in forma di “viatico”. Cibo per il viaggio, il pane eucaristico sostiene il cristiano nel passaggio da questo mondo al Padre e lo munisce della garanzia della risurrezione, secondo la parola del Signore: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,54). È perciò un atto di vero amore confortare i propri cari con questo sacramento, l’ultimo prima che essi vedano Dio al di là dei segni sacramentali e partecipino alla gioia ineffabile del convito eterno. D’altra parte il morente, ricevendo il viatico, testimonia in modo significativo la fede nella vita eterna, di cui il cristiano è erede dal giorno del suo battesimo.
| CdA, 1189 CONFRONTAVAI |
[717] Il sacramento dell’unzione dà al malato una grazia di consolazione e di purificazione; lo unisce al Signore Gesù nel suo mistero pasquale, in modo da conferire alla malattia una fecondità spirituale: «Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24). | |
[718] Abbiamo imparato a dire “padre” non solo a chi ci ha generato, ma anche al sacerdote. Due paternità, una biologica e spirituale, l’altra solo spirituale. Due sacramenti, il matrimonio che consacra la coppia e fonda la famiglia, l’ordinazione che inserisce nell’ordine o collegio dei pastori: l’uno e l’altro direttamente finalizzati a formare e dilatare il popolo di Dio, l’uno e l’altro segno dell’amore sponsale di Cristo per la Chiesa.
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Fondamento biblico
[719]
Il ministero apostolico dei pastori viene esercitato nei tre
![]() ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 28.
Il rito, semplice e solenne, è costituito dal gesto di imposizione delle mani e dalla preghiera di ordinazione. Ha le sue radici nella tradizione ebraica: Mosè impose le mani a Giosuè, per farlo capo del popolo al suo posto
![]()
Per questo dono, Cristo è presente nei suoi inviati e continua a incontrare gli uomini, a istruirli, santificarli e guidarli: «Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato» (Gv 13,20), dice il Signore. La missione dei discepoli prolunga quella che Cristo ha ricevuto dal Padre
![]() ![]() | CdA, 511-518 CONFRONTAVAI |
Il carattere sacramentale
[720]
La dottrina della Chiesa precisa che attraverso l’ordinazione, conferita dal vescovo, viene trasmesso lo Spirito Santo ed impresso il carattere; perciò chi è diventato sacerdote non può ritornare laico
![]() Cf. Concilio di Trento, Sess. XXIII, Dottr. Sul sacramento dell’ordine, Can. 4 - DS 1774. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 2. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 10. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 21. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 28.
Secondo le preghiere consacratorie del rito di ordinazione, il vescovo è prefigurato da Mosè e Aronne e in genere dai capi e sacerdoti del popolo di Israele, a cominciare da Abramo, e soprattutto dagli apostoli; i presbìteri dai settanta saggi intorno a Mosè, dai figli di Aronne e dai collaboratori degli apostoli; i diaconi dai leviti dell’Antico Testamento e dai sette incaricati dell’assistenza nella prima comunità cristiana.
| CdA, 521-524 CONFRONTAVAI |
La carità pastorale
[721]
A prescindere dalla loro santità personale, i ministri ordinati rimangono rappresentanti di Cristo e agiscono validamente in suo nome a favore dei credenti, in virtù del carattere, segno della fedeltà di Dio alla sua Chiesa. Tuttavia lo Spirito Santo, ricevuto nel sacramento, mira a coinvolgere tutta la loro personalità, perché Cristo pastore e sposo della Chiesa si manifesti in essi nel modo più vivo e completo. In vario grado vale per tutti i ministri ordinati quello che Giovanni Paolo II afferma del sacerdote: «È chiamato ad essere immagine viva di Gesù Cristo sposo della Chiesa», «a rivivere l’amore di Cristo sposo nei riguardi della Chiesa sposa», e perciò ad «amare la gente con cuore nuovo, grande e puro, con autentico distacco da sé, con dedizione piena, continua e fedele»
![]() Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 22.
Il Signore comunica ai suoi ministri la carità pastorale
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 14. | |
Il celibato
[722] Per essere immagine viva di Cristo sposo della Chiesa, è molto conveniente, seppure non indispensabile, che un pastore si consacri nel celibato. Di fatto la Chiesa lo esige per i vescovi, che hanno la pienezza dell’ordine e, in occidente, anche per i presbìteri. La rinuncia al matrimonio e alla famiglia consente di seguire Cristo più da vicino, apre a un amore disinteressato e universale, rende liberi per il servizio. Ovviamente la castità del celibato esige di essere vissuta in un contesto globale di radicalità evangelica, che comprende anche l’obbedienza e la povertà nel loro significato essenziale: rinuncia al successo individuale e al possesso egoistico per l’edificazione del regno di Dio.
| CdA, 520 CONFRONTAVAI CdA 1075-1078 CONFRONTAVAI |
Fraternità sacerdotale
[723]
In virtù del sacramento i presbìteri entrano in uno speciale rapporto
![]() ![]() Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 8. ![]() Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 17. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Christus Dominus, 11. ![]() Cf. Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 17. | CdA, 523 CONFRONTAVAI |
Fraternità e collaborazione
[724] Primo dono che i presbìteri devono fare alla Chiesa e al mondo non è l’attivismo, ma la testimonianza di una fraternità concretamente vissuta.
Occorre innanzitutto far crescere un clima di carità nei rapporti
![]() La fraternità sacerdotale va vissuta anche come corresponsabilità e collaborazione pastorale, non solo occasionale, ma sistematica. Essendo corresponsabili con il vescovo di tutta la diocesi, i presbìteri devono evitare l’isolamento e il protagonismo individuale. L’odierna complessità della vita sociale ed ecclesiale esige una collaborazione organica a livello interparrocchiale e diocesano. Senza di essa sarebbe difficile curare la formazione dei fedeli laici, seguire le loro aggregazioni, promuoverne l’inserimento nella pastorale, impostare seriamente l’apostolato degli ambienti, come la cultura, la comunicazione sociale, la sanità, il lavoro, l’emarginazione, l’immigrazione.
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Formazione permanente
[725]
La fraternità sacerdotale è anche aiuto validissimo alla formazione permanente del presbitero, esigenza e sviluppo del sacramento ricevuto. La vocazione al sacerdozio prosegue con una vocazione nel sacerdozio
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 70. ![]() San Carlo Borromeo, Secondodiscorso all’XI Sinodo (1584. | |
Pastorale vocazionale
[726]
La fraternità sacerdotale e la formazione permanente del clero hanno un benefico influsso sulla pastorale delle vocazioni al sacro ministero. La testimonianza significativa di chi è già presbitero ne è il presupposto. Essa peraltro deve svilupparsi in una varietà di esperienze. Prima di tutto è necessaria la preghiera assidua dei singoli e della comunità cristiana, perché le vocazioni sono dono di Dio. La preghiera diventa più efficace se accompagnata dall’offerta della sofferenza e della fatica quotidiana
![]() Cf. Giovanni Paolo II,Pastores dabo vobis, 38. ![]() Cf. Giovanni Paolo II,Pastores dabo vobis, 39. ![]() Cf. Giovanni Paolo II,Pastores dabo vobis, 38. ![]() Cf. Giovanni Paolo II,Pastores dabo vobis, 40. | |
Il problema dell’ordinazione delle donne
[727] Perché la Chiesa cattolica, come pure la Chiesa ortodossa, nega la possibilità dell’ordinazione delle donne al ministero pastorale?
La questione deve essere vista secondo criteri radicati nel mistero della salvezza e non in base a considerazioni di tipo sociologico o alla sensibilità culturale del nostro tempo. La Chiesa non può disporre dei sacramenti a suo piacimento. La comprensione del disegno di Dio, fondata sui documenti della rivelazione e della tradizione ecclesiale, non le consente di ammettere le donne all’episcopato e al presbiterato
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Ordinatio sacerdotalis, 4. È vero che il Signore Gesù ha riconosciuto la pari dignità della donna nel matrimonio e, contro le consuetudini e la mentalità del suo ambiente, ha valorizzato le donne, accettandone la presenza nel gruppo itinerante dei discepoli e costituendole testimoni della sua risurrezione. Ma è anche vero che non le ha inserite tra gli apostoli, inviati come suoi rappresentanti ufficiali.
Gli apostoli, a loro volta, hanno incoraggiato e onorato la presenza delle donne nell’opera di evangelizzazione, ma non le hanno mai scelte come responsabili della guida pastorale, neppure in ambienti culturali più aperti di quello palestinese al ruolo sociale della donna.
La storia della Chiesa ha visto numerose figure di donne in posizioni di grande rilievo, dotate di carismi straordinari e capaci di orientare in modo decisivo il cammino del popolo di Dio, ma non le ha mai viste nel ruolo di vescovo e di presbitero.
La pari dignità di uomini e donne nella Chiesa è fuori discussione, essendo stata proclamata con forza dall’apostolo Paolo: «Non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). È possibile e auspicabile, soprattutto oggi, che le donne siano chiamate a svolgere nella Chiesa compiti importanti e delicati, nei quali possano far fruttificare le loro grandi energie spirituali e umane. A loro si possono senz’altro affidare molte attività svolte finora dai sacerdoti.
Ma il sacerdote non è semplicemente un funzionario, che fa dei servizi. È prima di tutto una figura chiamata a rappresentare con tutta la sua persona e la sua esistenza Cristo, sposo della Chiesa. È comprensibile allora che i sacerdoti siano scelti solo tra gli uomini.
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[728] Come dal battesimo ha origine il sacerdozio comune di tutti i fedeli, così dal sacramento dell’ordine ha origine il sacerdozio ministeriale dei vescovi e dei presbìteri, che in nome di Cristo insegnano il vangelo, presiedono la liturgia, guidano la comunità. Dallo stesso sacramento i diaconi ricevono la consacrazione per il servizio, come collaboratori qualificati del vescovo e dei presbìteri.
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Dalla sacralità al sacramento
[729] Tra i valori universali dell’umanità c’è l’amore per cui l’uomo e la donna si cercano e si incontrano, per diventare una coppia e dare origine alla famiglia, cellula prima e vitale della società. Per questa sua rilevanza sociale, leggi e costumi presso tutti i popoli mirano a dargli ordine e stabilità, sottraendolo al capriccio individuale. I riti ne sottolineano spesso la sacralità.
| CdA, 1043-1084 CONFRONTAVAI |
[730]
Nell’Antico Testamento i profeti assumono il matrimonio come simbolo dell’alleanza di Dio con Israele. Dio è lo sposo sempre fedele; Israele è la sposa spesso infedele. La genuina esperienza di fede ha la poesia del fidanzamento e la dolcezza dell’amore coniugale. L’incredulità, che volta le spalle a Dio per passare agli idoli, ripete la follia dell’adulterio e la vergogna della prostituzione. Gelosia e furore divampano nel cuore dello Sposo divino; ma più grande è la sua misericordia e, malgrado il tradimento, cerca di riportare a sé la sposa: «Ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore... Ti farò mia sposa per sempre» (Os 2,1621). Per quanto riguarda il matrimonio, questo simbolismo viene a dirci che l’amore umano, premuroso e fedele, dei coniugi imita e in qualche modo manifesta l’amore stesso di Dio.
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[731]
Gesù prosegue su questa linea. Non a caso compie il primo
![]() ![]() ![]() ![]() | |
[732]
L’apostolo Paolo sviluppa il messaggio di Gesù alla luce del mistero pasquale: «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa»; e ora «la nutre e la cura», la purifica e la fa ringiovanire, perché sia «senza macchia né ruga» (Ef 5,25-262729). È uno sposo che ama fino al sacrificio di se stesso e al perdono delle offese.
I coniugi cristiani ricevono il suo Spirito, che li rende capaci di amare come lui ha amato. Sostenuti dalla sua donazione pasquale, possono e devono amarsi come Cristo ama la Chiesa. «L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!» (Ef 5,31-32). I cristiani si sposano «nel Signore» (1Cor 7,39), come sue membra, e il loro matrimonio è elevato a sacramento, segno efficace che contiene e manifesta la nuova alleanza, l’unione di Cristo e della Chiesa. L’amore umano è simbolo di quello di Cristo; l’amore di Cristo è modello e sostegno di quello umano.
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Variazioni giuridiche e rituali
[733]
I cristiani dei primi secoli, consapevoli della santità del matrimonio, bandiscono quelle forme di licenziosità che spesso ne accompagnano la celebrazione presso i pagani. Tuttavia continuano a celebrarlo di solito in casa, secondo le formalità civili e le usanze familiari. La comunità ecclesiale si limita ad esercitare una certa vigilanza: «È conveniente che gli sposi e le spose stringano l’unione con l’approvazione del vescovo, affinché il loro matrimonio sia secondo il Signore e non secondo la concupiscenza»
![]() Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera a Policarpo, 5, 2. Nella tarda antichità e nel medioevo, la Chiesa interviene specialmente per tutelare la libertà della donna e quella dei poveri, per dare alle nozze trasparenza e certezza. Gradualmente si introducono nuove formalità giuridiche e rituali. A partire dal IX secolo il sacerdote assiste ordinariamente alla dichiarazione del consenso e congiunge la mano destra dei due sposi, dicendo: «Io vi congiungo in matrimonio, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo», o altre formule analoghe. La celebrazione si trasferisce dalla casa al sagrato della chiesa o all’interno di essa. Gli sposi rimangono protagonisti, perché il loro consenso è costitutivo del sacramento. In seguito, il concilio di Trento decreta che il matrimonio si celebri davanti al parroco, o a un suo delegato, e davanti a due o tre testimoni; altrimenti sarà nullo.
Successivamente, in epoca moderna, il rito si svolge in chiesa, ma non riesce ad esprimere adeguatamente la ricchezza di significato e di grazia del sacramento. Anzi, spesso vi si insinua una certa mondanità. Molto opportunamente il concilio Vaticano II stabilisce che venga ordinariamente inserito nel corso della santa Messa e sia riveduto, «in modo che più chiaramente venga espressa la grazia del sacramento e vengano fatti capire bene i doveri dei coniugi»
![]() Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 77. | |
[734]
Oggi, nel nostro paese, gran parte delle coppie sceglie il
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Partecipi dell’amore sponsale di Cristo
[735] Qual è il significato specificamente cristiano del matrimonio? Porsi questa domanda significa interrogarsi sul dono di grazia proprio di questo sacramento.
Gli sposi sono ministri del sacramento e al tempo stesso coloro che lo ricevono. Con una scelta libera, ispirata dall’amore, l’uomo e la donna si legano l’uno all’altro, impegnando la propria persona e l’intera esistenza: «Io prendo te come mio sposo (mia sposa) e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita»
![]() Sacramento del matrimonio, 28. | CdA, 1055-1056 CONFRONTAVAI |
Carità coniugale
[736] Dal rito sacramentale deriva il vincolo coniugale permanente, che è dono e legge nello stesso tempo, alleanza stabile e fonte sempre nuova di grazia. Esige di essere vissuto consapevolmente come amore oblativo, fedele, indissolubile, totale cioè comprensivo di spirito e corpo, unico cioè esclusivamente riservato ai due, fecondo cioè aperto ai figli. Vivendo da veri consacrati secondo la loro vocazione, i coniugi cercheranno di superare la logica dell’individualismo egoista e si dedicheranno ciascuno al bene dell’altro. Penseranno prima a dare che a pretendere. Anzi non coltiveranno eccessive aspettative nei confronti dell’altro, ricordando che solo Dio può saziare pienamente il nostro desiderio di amore e che le nozze umane sono solo un segno e un anticipo delle nozze con Dio. La fedeltà può diventare crocifissione; può esigere grande generosità di servizio e di perdono; ma il cristiano sa di non essere mai solo a portare la croce. Il sacramento non dispensa dalla fatica, ma la rende sensata e possibile. Perché esso sia fruttuoso, occorre un cammino spirituale di coppia: preghiera, ascolto della parola di Dio, partecipazione all’eucaristia, gesti di attenzione reciproca, dialogo assiduo.
La coppia cristiana non rimane chiusa nel rapporto a due; si apre all’accoglienza e all’educazione dei figli; si consacra al loro bene. Insieme con i figli si apre al rapporto con le altre famiglie, con la comunità ecclesiale e con la società civile. Così la famiglia cristiana, fondata sul battesimo e sul sacramento del matrimonio, diventa «immagine ridente e dolce della Chiesa» e traduce in esperienza vissuta la sua vocazione ad essere come una «Chiesa domestica»
![]() San Giovanni Crisostomo, Omelie sulla Lettera agli Efesini, 20, 5-6. Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 11. | CdA, 1056 CONFRONTAVAI |
Situazioni difficili e irregolari
[737] La complessità, la mobilità, il pluralismo culturale e religioso della odierna società si ripercuotono in misura rilevante sul matrimonio.
Sono sempre più frequenti i matrimoni misti, tra cattolici e cristiani
![]() Tra i matrimoni invalidi, non sono rari quelli per mancanza di pieno consenso e per incapacità psichica, oltre che per altri impedimenti comunemente conosciuti: età immatura, consanguineità, affinità, impotenza fisica, comportamento delittuoso ecc. Quando emergono fondati indizi, bisogna procedere a una verifica con l’aiuto di consulenti qualificati. L’eventuale dichiarazione di nullità del tribunale ecclesiastico non è da confondere con il divorzio: altro è riconoscere che un matrimonio non è mai esistito e altro è distruggere un matrimonio valido.
Aumenta il numero dei coniugi separati. Hanno bisogno di un’attenzione premurosa da parte della comunità cristiana. Possono essere ammessi ai sacramenti, se non ricercano il divorzio e il matrimonio civile, se si pentono dei propri torti e sono disponibili a perdonare quelli altrui, e fanno quanto è in loro potere per ristabilire la convivenza.
I divorziati non risposati, se sono responsabili della divisione, devono pentirsi e cercare di riparare, per quanto è possibile, il male compiuto; se invece hanno subìto il divorzio e rimangono fedeli ai loro doveri familiari, sono in piena comunione con la Chiesa.
I divorziati risposati a volte finiscono nell’indifferenza religiosa; altre volte rimangono vicini alla Chiesa e desiderano essere ammessi ai sacramenti. Gli sposati solo civilmente rifiutano o rimandano il matrimonio religioso per vari motivi, come la perdita della fede, l’ignoranza del significato cristiano del matrimonio, il bisogno di fare un esperimento, le pressioni dell’ambiente. I conviventi si mettono insieme senza alcun riconoscimento pubblico, né religioso né civile; spesso rifiutano di prendere un impegno reciproco definitivo.
Queste ultime tre situazioni sono oggettivamente le più gravi. Coloro che si trovano in una di esse, finché non si convertono, non sono in piena comunione con la Chiesa: perciò non possono essere ammessi alla riconciliazione sacramentale e alla comunione eucaristica, né fungere da padrini o essere membri di consigli pastorali o responsabili di attività ecclesiali. Però appartengono ancora alla Chiesa: è importante che preghino, ascoltino la parola di Dio, partecipino alla Messa, compiano opere di carità, educhino cristianamente i figli. I sacerdoti e gli altri fedeli della comunità siano loro vicini; abbiano per loro amicizia e rispetto; preghino per loro e li esortino a confidare sempre nella misericordia del Signore. Da una parte bisogna affermare con chiarezza la verità del matrimonio cristiano; dall’altra evitare di giudicare le coscienze e saper comprendere le difficoltà concrete. Amore alla verità e amore alle persone devono andare insieme.
| CdA, 467 CONFRONTAVAI |
[738] «Voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa... Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!» (Ef 5,2532).
Il patto matrimoniale tra i cristiani è stato elevato a sacramento: significa, contiene e comunica l’amore di Cristo per la Chiesa, in modo che gli sposi siano capaci di amarsi con carità coniugale.
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[739] La Chiesa è segno efficace della salvezza, non solo perché l’annuncia e la celebra, ma anche perché la vive.
Mediante la Parola e i sacramenti, il Signore comunica ai credenti la vita di comunione con Dio, frutto della sua Pasqua. Il dono viene accolto nella fede e tradotto in atteggiamenti, opere e rapporti animati dalla carità. Gli uomini, non più chiusi nella solitudine e ripiegati su se stessi, diventano famiglia di Dio.
L’eterna comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo viene vissuta in una comunione di fratelli, penetra nella storia e si manifesta nel segno concreto e visibile della comunità cristiana e della sua testimonianza, nonostante tutti i limiti culturali e morali della condizione umana.
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[740] La Chiesa non è solo uno strumento per preparare il regno di Dio; è già il Regno stesso presente in mistero, il primo germoglio che va lentamente crescendo e aspira al compimento perfetto. È la città luminosa sul monte, in cui il Signore ha posto la sua dimora, per attirare a sé tutte le genti.
Chi però osserva solo dal di fuori le sue vicende storiche, i suoi ordinamenti e i suoi riti, rischia di lasciarsi sfuggire la realtà intima, che dà significato a tutto. Conoscono davvero la Chiesa solo quelli che partecipano alla sua vita di fede, speranza e carità. Il loro cuore è pervaso di commozione nella certezza di appartenere a un popolo che, animato dallo Spirito Santo e conformato sempre più a Cristo, è in cammino verso il Padre. Si sentono coinvolti in una intensa comunicazione di beni spirituali e materiali dentro la famiglia di Dio, famiglia immensa che abbraccia anche i santi del cielo e i defunti del purgatorio. Anelano alla perfezione definitiva, che contemplano pienamente realizzata nella Vergine Maria, la prima dei redenti, la più sublime attuazione della Chiesa, la presenza materna che l’accompagna nel suo cammino storico.
In questa sezione consideriamo la Chiesa come comunione di carità, che congiunge gli uomini a Dio e tra di loro (capitolo 19); al centro di essa vediamo la Madre del Signore nella singolarità della sua santità e della sua missione (capitolo 20).
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Singolare appartenenza
[742] La Chiesa è riunita intorno a Cristo. Si tratta di un legame soltanto morale o di una realtà più profonda?
Il popolo di Dio porta con sé nella storia un mistero di comunione. Una voce potente ferma Paolo sulla via di Damasco: «”Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”. Rispose: “Chi sei, o Signore?”. E la voce: “Io sono Gesù, che tu perseguiti!”» (At 9,4-5). Le persecuzioni contro i cristiani feriscono personalmente Cristo stesso, perché la Chiesa è misteriosamente unita a lui, è suo corpo.
Il Signore morto e risorto attrae a sé tutti coloro che non si chiudono nel rifiuto: «Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32). Così potente è la sua carità, che i credenti vengono assunti in lui e lui viene a vivere in essi: «Rimanete in me e io in voi... Io sono la vite, voi i tralci» (Gv 15,4-5).
Il suo corpo individuale, cioè la sua concreta umanità personale,
![]()
Questa visione di fede è rimasta nella Tradizione fino ai nostri giorni. Secondo la dottrina del concilio Vaticano II, «la santa Chiesa, che è comunità di fede, speranza e carità, è stata voluta da Cristo unico mediatore come un organismo visibile sulla terra; egli lo sostenta incessantemente e se ne serve per espandere su tutti la verità e la grazia. Ma la società gerarchicamente organizzata da una parte e il corpo mistico dall’altra, l’aggregazione visibile e la comunità spirituale, la Chiesa della terra e la Chiesa ormai in possesso dei beni celesti, non si devono considerare come due realtà; esse costituiscono al contrario un’unica realtà complessa, fatta di un duplice elemento, umano e divino»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 8. | |
Lo Spirito dell’unità
[743]
Il vincolo, con cui il Signore incorpora a sé i credenti, è lo Spirito Santo. Ecco a riguardo tre formule assai incisive. La prima è di san Paolo: siamo stati immersi in «un solo Spirito» per essere inseriti in «un solo corpo» (1Cor 12,13). La seconda è di sant’Ireneo: «Come dalla farina non si può fare, senz’acqua, un solo pane, così noi, che siamo molti, non potevamo diventare uno in Cristo Gesù, senza l’acqua che viene dal cielo»
![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 17, 2. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 7.
Il corpo ecclesiale di Cristo è dunque animato dallo Spirito Santo: «unico e identico nel capo e nelle membra, egli dà a tutto il corpo vita, unità e moto»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 7. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 4. | CdA, 338 CONFRONTAVAI |
Uniti e distinti
[744]
Uniti intimamente a Cristo mediante lo Spirito, i fedeli non rischiano di perdere la loro personalità, libertà e originalità, perché lo Spirito, mentre unisce, crea anche la varietà dei doni, delle vocazioni, dei servizi. Cristo e la Chiesa si appartengono reciprocamente ma rimangono distinti, come lo sposo e la sposa diventano “una sola carne” ma sono uno di fronte all’altro. L’immagine nuziale integra opportunamente quella del corpo.
Nel Nuovo Testamento vi sono anche altre immagini per evocare il mistero della Chiesa nel suo rapporto con Cristo e con le altre persone divine: ovile
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Già l’amicizia umana è capace di creare una certa unità. Gli amici si incontrano, stanno volentieri insieme, si confidano i segreti più intimi; anzi si trasferiscono in qualche modo uno nell’altro, si identificano affettivamente, fino a diventare “un’anima in due corpi”. In questa prospettiva, ma a ben diversa profondità, possiamo collocare le parole di Gesù ai suoi discepoli: «Vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15); «Io sono nel Padre e voi in me e io in voi» (Gv 14,20). Lo Spirito, che unisce il Figlio al Padre, in modo simile unisce i discepoli al Figlio per ricondurli al Padre.
| CCC, 753-757CdA, 499-502 CONFRONTAVAI |
[745] «La Chiesa intera appare come un popolo radunato dall’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo»
![]()
Concilio Vaticano II
,
Lumen gentium
, 4. Cf.
San Cipriano di Cartagine
,
La preghiera del Signore
, 23.
| |
Comunione di beni spirituali e materiali
[746]
La comunione di carità con Cristo e con il Padre nello Spirito si prolunga in una comunione fraterna di uomini e si manifesta nella storia. «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21). È impossibile essere amici di Dio se non si è amici tra credenti. Anzi è impossibile aderire a Cristo senza avvicinarsi a tutti gli uomini, specie ai sofferenti
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[747]
La Chiesa, nella sua più intima verità, è comunione con Dio, vissuta dentro una comunione tra persone umane; comunione di fede amante e operosa, che riceve la carità di Dio e la prolunga nella carità fraterna in modo visibile e tangibile, mettendo in circolazione beni spirituali, culturali e materiali. Tutto ciò che siamo o facciamo entra in questa comunione: il lavoro delle madri e dei padri di famiglia, la predicazione dei pastori, la preghiera dei monaci, lo studio dei teologi, la creazione degli artisti, la ricerca degli scienziati, l’attenzione degli educatori, la premura dei medici, il servizio dei volontari, la saggezza dei politici... Tutti possono donare e ricevere; tutti sono preziosi, anche gli emarginati, i malati, gli anziani; anzi «molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi» (Mc 10,31). Lutero, sebbene contestasse le indulgenze, non mise mai in discussione il mistero della comunione dei santi, anzi ne traeva grande conforto: «Il mio peso, altri lo portano, la loro forza è la mia. La fede della Chiesa viene in soccorso alla mia angoscia, la castità altrui mi sorregge nelle tentazioni della mia lascivia, gli altrui digiuni tornano a mio vantaggio, un altro si prende cura di me nella preghiera... Chi dunque potrà disperare nei peccati? Chi non gioirà nelle pene, dal momento che egli non porta più i suoi peccati né le sue pene, o se li porta non li porta da solo, aiutato com’è da così numerosi santi figli di Dio e soprattutto dallo stesso Cristo. Tanto grande è la comunione dei santi e la Chiesa di Cristo!»
![]() M. Lutero, Libretto consolatorio per gli affaticati e gli oppressi, 6. | |
Esperienza della comunione dei santi
[748] La comunione rimane nascosta nella profondità di Dio e si incarna nelle vicende della storia; è dono che viene dallo Spirito e compito che è realizzato dai credenti nei limiti e nella precarietà della condizione umana. Si chiama opportunamente “comunione dei santi”, perché vi partecipano in pienezza le persone sante, che vivono nella grazia di Dio. Ma rimangono in essa anche i peccatori, in quanto sono amati da Dio e dai fratelli. La carità porta il peso dei peccati e mantiene aperta la possibilità di conversione.
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[749] La Chiesa non si regge sull’equilibrio delle forze e sul compromesso tra interessi contrastanti, ma sul reciproco dono di sé, a somiglianza delle Persone divine. Una comunità diventa figura storica della Trinità e risplende di bellezza nella misura in cui la carità tra i cristiani viene sperimentata concretamente.
La spiritualità di comunione è particolarmente attuale oggi, nell’anonimato della società di massa. Anonimato vuol dire povertà di rapporti umani, superficialità di incontri occasionali o strumentali, solitudine in mezzo a una folla in continuo movimento. Quando i cristiani diventano «un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32), rivelano il volto di Dio e attirano gli uomini a lui.
Il dono dell’unità viene dato a tutti; ad alcuni poi è affidato come carisma particolarmente intenso e fecondo. Il luogo ordinario di questa esperienza è la parrocchia.
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Germi di comunione fuori della Chiesa
[750]
Semi di comunione germogliano anche fuori della Chiesa. Tutti gli uomini sono creati a immagine di Dio e portano con sé la segreta nostalgia della vita divina. Quando si amano con amore sincero e definitivo, si accostano, anche senza saperlo, al mistero della comunione trinitaria. «Chi teme[Dio]e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto» (At 10,35).
La Chiesa si rallegra, quando vede fiorire i beni della concordia; è attenta a scrutare ulteriori possibilità di crescita; offre volentieri la sua cooperazione. Confida nello Spirito, che agisce ovunque, liberamente, come «il vento», che «soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va» (Gv 3,8).
| CCC, 843 |
La festa iniziata
[752]
La comunione germoglia nel tempo e tende alla pienezza definitiva, tra le resistenze dell’umana debolezza. Sarà perfetta solo
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Il Signore ha già concluso irrevocabilmente il patto di nozze con la Chiesa, ma ancora non l’ha introdotta nella sua casa: l’ha posta in una situazione analoga a quella delle spose ebree nel tempo più o meno lungo che intercorreva tra il contratto e la festa nuziale. Intanto la circonda di premure, perché diventi più bella e possa comparire davanti a lui al momento giusto «tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Ef 5,27).
La Chiesa, da parte sua, anela alla gioia ineffabile della perfetta comunione. Celebra nella festa il senso ritrovato della vita e della storia. E, mentre loda e ringrazia l’Amore creatore e salvatore, sente di ricevere nuove energie per il suo difficile cammino. «Alleluia. Ha preso possesso del suo regno il Signore, il nostro Dio, l’Onnipotente. Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché son giunte le nozze dell’Agnello; la sua sposa è pronta, le hanno dato una veste di lino puro splendente» (Ap 19,6-8). Questo canto di lode risuona nell’immensa assemblea celeste; ma ad esso si associa anche l’assemblea dei credenti sulla terra.
| CCC, 1042-1045 |
Chiesa in cammino, nella purificazione e nella gloria
[753] Nella preghiera eucaristica si fa menzione del papa e del vescovo, dei presenti e degli assenti, dei santi e dei defunti. In molte chiese, popolate di immagini sacre, arcane presenze sembrano aggiungersi all’assemblea dei fedeli. La comunione di carità in Cristo supera ogni barriera, anche quella della morte.
«Alcuni tra i suoi discepoli sono ancora in cammino sulla terra, altri hanno lasciato questa vita e sono sottoposti a purificazione, altri infine godono la gloria del cielo contemplando chiaramente Dio stesso uno e trino così come egli è; tutti però, in gradi e modi diversi, comunichiamo nella stessa carità verso Dio e verso il prossimo e cantiamo al nostro Dio lo stesso inno di gloria. Infatti coloro che sono di Cristo e ne possiedono lo Spirito, formano insieme una sola Chiesa e in lui sono congiunti gli uni agli altri. L’unione quindi di quelli che sono ancora in cammino con i fratelli che sono morti nella pace di Cristo non viene interrotta, ma, come crede da sempre la Chiesa, viene invece consolidata dalla comunicazione nei beni spirituali»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 49. La Chiesa, nella triplice condizione di cammino storico, di purificazione ultraterrena e di gloria celeste, è una sola grande famiglia, con un’intensa comunicazione di beni.
Noi pellegrini sulla terra veneriamo i santi del cielo, invochiamo la loro intercessione, imitiamo il loro esempio. Aiutiamo i defunti bisognosi di purificazione con la preghiera di suffragio e con il nostro impegno di conversione e di carità.
Da parte loro i giusti, morti in pace con Cristo, sono diventati più vicini a Dio e quindi anche a noi; operano nella storia con maggiore efficacia di quando erano sulla terra, a somiglianza del Signore Gesù che ha dispiegato la sua potenza salvifica soprattutto dopo la sua morte e risurrezione. La loro carità è più perfetta di prima e li spinge a partecipare intensamente alla fatica dei vivi e a intercedere per loro presso Dio.
| CdA, 973 CONFRONTAVAI |
Un’immensa assemblea
[754]
L’odierna cultura dell’effimero sembra non aver memoria per i padri che ci hanno preceduto, né premura per le generazioni che verranno. La fede della Chiesa ci mette invece in comunione con tutti e con tutto. Noi pellegrini nel tempo ci ritroviamo insieme con gli angeli, i santi e i defunti in un’immensa assemblea, in una festa cosmica. «Voi vi siete accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, al Mediatore della nuova alleanza» (Eb 12,22-24).
Soprattutto, la Chiesa si sente in comunione con la Vergine Maria, la sua prima e più perfetta realizzazione, che, assunta alla gloria celeste in anima e corpo, la precede alle nozze eterne e nello stesso tempo l’accompagna con materna premura durante il suo cammino storico. «In te si rallegra, o piena di grazia, ogni creatura»
![]() Liturgia bizantina, Inno “In te si rallegra”. | CCC, 972CCC 1044 |
[755] «Noi crediamo alla comunione di tutti i fedeli in Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la loro purificazione e dei beati del cielo; tutti insieme formano una sola Chiesa»
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Paolo VI
,
Credo del popolo di Dio
, 30.
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Persona storica
[757] Maria non è un mito, ma una donna vera, con una storia personale, anche se dal Nuovo Testamento possiamo ricavare solo alcuni tratti della sua personalità e non propriamente una biografia.
Abita a Nàzaret, città della Galilea di nessun rilievo
![]() | CCC, 484 |
Attuazione esemplare della Chiesa
[758]
Tutto ciò, apparentemente, non è molto. Osserviamo però che
![]() ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 63. ![]()
Maria è al centro della Chiesa come in una perenne Pentecoste: «Non si può parlare di Chiesa, se non vi è presente Maria, la Madre del Signore, con i fratelli di lui»
![]() San Cromazio di Aquileia, Discorsi, 30, 1. È dentro la Chiesa, ma incomparabilmente più vicina a Cristo degli altri credenti. Ripercorrendo il cammino della sua esistenza, alla luce di questa posizione caratteristica, si comprendono meglio le sue singolari prerogative, che in definitiva si fondano sul mistero della divina maternità.
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della tua Chiesa: concedi al popolo cristiano di tenere sempre fisso in lei il suo sguardo, per camminare sulle orme del Signore»
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Messe della Beata Vergine Maria, 27: Maria Vergine immagine e madre della Chiesa (III), Colletta.
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Elezione gratuita
[760]
L’angelo dell’annunciazione, rivolge a Maria un invito alla gioia: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,28). Una parafrasi vicina al senso originale di questo saluto potrebbe essere: «Esulta, tu che sei ricolmata dall’amore gratuito di Dio; il Signore è con te, come salvatore sempre fedele all’alleanza».
A fondamento di tutto c’è l’amore gratuito del Padre, la sua grazia, che dona la salvezza «con ogni benedizione spirituale» (Ef 1,3) in Cristo, prima preparandola nell’eternità, poi attuandola nel tempo, infine portandola all’ultimo compimento. Tutti siamo pensati, amati, creati, redenti e glorificati come figli adottivi in comunione con il Figlio unigenito. Il primo atto della grazia del Padre, rivolta a noi in considerazione di Cristo, è l’elezione, la liberissima scelta del suo amore: «In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi» (Ef 1,4-5).
Maria è «piena di grazia», amata e benedetta da Dio insieme a tutti i membri della famiglia umana, ma in modo assolutamente singolare, in quanto è predestinata ad essere la Madre del suo Figlio. «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!» (Lc 1,42), è il saluto di Elisabetta. Dall’eternità nel disegno del Padre è associata all’evento dell’incarnazione redentrice come Madre di Dio fatto uomo.
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Umile gratitudine
[761]
Alla meravigliosa liberalità della grazia deve rispondere la lode e la gratitudine delle creature. «Ringrazio continuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù» (1Cor 1,4), dichiara l’apostolo Paolo ai cristiani di Corinto. Anche Maria accoglie la salvezza come dono; è la prima nella schiera dei poveri, la prima a vivere consapevolmente la totale dipendenza da Dio: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva» (Lc 1,46-48). È piena di grazia, ma vuota di sé. Si sente un nulla, sul quale l’Onnipotente ha voluto posare lo sguardo: Dio solo è Dio, «Santo è il suo nome» (Lc 1,49).
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[762] «Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d'eterno consiglio»
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Dante Alighieri
,
Paradiso,
XXXIII, 1-3.
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La sposa “tutta bella”
[763] Dio attua il suo disegno nella storia, realizzando l’opera della salvezza. Maria, eletta per essere Madre di Dio, è redenta insieme a tutti gli uomini, ma in modo singolare: è preservata dal peccato.
Il popolo d’Israele, invischiato con tutta l’umanità nell’amara esperienza del male, da secoli portava con sé una divina promessa: «Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore» (Os 2,21-22); «Gioisci, esulta, figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te» (Zc 2,14); «Gioisci, figlia di Sion, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!... Re d’Israele è il Signore in mezzo a te... Non temere!» (Sof 3,14-16).
La promessa si compie in Maria, come fanno intendere le allusioni ai testi profetici nelle parole dell’angelo Gabriele: Gioisci, «il Signore è con te... Non temere...» (Lc 1,2830). In lei si realizza la vocazione d’Israele a diventare la sposa fedele, «tutta bella», non offuscata da «nessuna macchia» (Ct 4,7); in lei appare il primo germoglio della Chiesa, «tutta gloriosa, senza macchia... santa e immacolata» (Ef 5,27), che risplenderà nelle nozze eterne.
L’amore di Dio è creatore. Proprio perché ricolmata di grazia e amata in modo singolare, Maria è realmente tutta santa e tutta bella. Come l’apostolo Paolo, anzi a maggior ragione di lui, può dire: «Per grazia di Dio sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana» (1Cor 15,10).
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Preservata dal peccato originale
[764]
Nella tradizione della Chiesa, il comune senso della fede ha sempre riconosciuto in Maria una incomparabile innocenza e santità. A poco a poco è arrivato ad acquisire anche la certezza della sua esenzione dal peccato originale. Finalmente nel 1854 il papa Pio IX ha definito solennemente: «La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio Onnipotente e in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale»
![]() Pio IX, Infallibilis Deus - DS 2803. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 56.
Maria è figlia di Adamo e nostra sorella, congiunta «con tutti gli uomini bisognosi di essere salvati»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 53. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 53. | CdA, 389-399 CONFRONTAVAI |
Più santa attraverso le prove
[765]
Tuttavia, come una melodia può risuonare solo nell’orecchio e nel cuore di chi ascolta, così la grazia ha bisogno della nostra libera corrispondenza nella concretezza e nella storicità dell’esistenza; esige di essere accolta nella fede che agisce mediante la carità
![]() ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 58. | CCC, 964 |
[766] «Tu hai preservato la Vergine Maria da ogni macchia di peccato originale, perché, piena di grazia, diventasse degna Madre del tuo Figlio. In lei hai segnato l’inizio della Chiesa, sposa di Cristo senza macchia e senza ruga, splendente di bellezza»
![]()
Messale Romano
, Prefazio della solennità dell’Immacolata.
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Fede e verginità
[767]
«Per questa grazia siete salvi mediante la fede» (Ef 2,8). La grazia suscita la fede; l’iniziativa dello Sposo provoca la risposta della Sposa. La fede è dedizione sponsale della Chiesa a Cristo. Quando viene mantenuta integra e senza incrinature, costituisce la verginità del cuore
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 64. ![]() Sant’Agostino, Discorsi, 213, 7.
La fede e la dedizione verginale del popolo di Dio si realizzano in modo unico in Maria, la «sempre Vergine»
![]() Concilio di Costantinopoli II, Condanne contro i “tre Capitoli”, 2 - DS 422. | CdA, 1075-1077 CONFRONTAVAI |
[768]
Vergine nel cuore e nel corpo, prima, durante e dopo la nascita di
![]() ![]() Sinodo del Laterano, Canoni, 3 - DS 503. ![]()
La verginità prima del parto significa innanzitutto che Gesù è Figlio di Dio e dono gratuito del Padre celeste per la nostra salvezza; ma esprime anche la fede, che lo accoglie con stupore e umile gratitudine, rinunciando a confidare nell’uomo e nel suo orgoglioso potere. La verginità nel parto indica che il dolore, toccato in sorte ad Eva come conseguenza del peccato
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Giuseppe sposo di Maria
[769]
Maria e Giuseppe hanno onorato la verginità e il matrimonio: la loro convivenza è stata comunione e amicizia profonda, aiuto reciproco a vivere totalmente per Dio. «Unita a Giuseppe, uomo giusto, da un vincolo di amore sponsale e verginale[Maria]ti celebra con i cantici, ti adora nel silenzio, ti loda con il lavoro delle mani, ti glorifica con tutta la vita»
![]() Messe della Beata Vergine Maria, 8: Santa Maria di Nàzaret, Prefazio.
I “fratelli” di Gesù, più volte ricordati nel Nuovo Testamento, sono tali in senso largo: cugini, parenti. Due di essi, Giacomo e Joses, sono espressamente indicati come figli di un’altra donna, anch’essa di nome Maria.
Giuseppe è uomo «giusto» (Mt 1,19) e pieno di fede; accetta di diventare padre legale del Messia, per renderlo erede delle promesse fatte a David. Anche se non genitore, è veramente padre per la carità e l’autorità con cui lo custodisce e lo educa, quale strumento e rappresentante del Padre celeste. «Se tutta la santa Chiesa è debitrice alla vergine Madre, perché fu stimata degna di ricevere Cristo per mezzo di lei, così in verità dopo di lei deve a Giuseppe una speciale riconoscenza e riverenza»
![]() San Bernardino da Siena, Discorsi, 7, 27. | CCC, 437CCC 488CCC 532-534 |
[770] Dio onnipotente ed eterno, «per opera dello Spirito Santo,[Maria]ha concepito il tuo unico Figlio e, sempre intatta nella sua gloria verginale, ha irradiato sul mondo la luce eterna, Gesù Cristo nostro Signore»
![]()
Messale Romano
, Prefazio della Beata Vergine Maria I.
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Maternità della Chiesa
[771]
La divina maternità è il fondamento della posizione eminente e singolare di Maria nel mistero della salvezza. Sembrerebbe una proprietà talmente esclusiva da non ammettere alcuna analogia. Invece anche nella sua maternità Maria è figura, cioè modello e attuazione perfetta, della Chiesa, vergine e madre
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 63-64.
Questa dottrina si appoggia a una tradizione, che prende avvio dalle parole di Gesù stesso: «Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,21). L’interpretazione che ne danno gli antichi Padri è molto realistica: la Chiesa genera Cristo nei cristiani e i cristiani come membra di Cristo; anzi «ogni anima che crede, concepisce e genera il Verbo di Dio»
![]() Sant’Ambrogio, Commento al Vangelo di Luca, 2, 2.
Ai nostri giorni il concilio Vaticano II insegna che la Chiesa è vergine e madre in modo simile, anche se nello stesso tempo diverso, a quello di Maria: essa infatti, in virtù dello Spirito Santo, mediante la predicazione, i sacramenti e la testimonianza di carità, genera e fa crescere i credenti come figli di Dio e, poiché questi partecipano alla vita dell’Unigenito, genera e fa crescere anche la presenza di Cristo in loro
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 64-65. | |
Maria madre per la sua fede
[772]
D’altra parte la maternità di Maria non è soltanto una generazione biologica, ma una relazione di grazia, vissuta nella fede e nella carità. Più che per aver portato il Figlio in grembo e averlo allattato al seno, Maria è beata per aver creduto alla parola del Signore. «Ha concepito Cristo prima nel cuore che nel grembo», dice sant’Agostino
![]() Sant’Agostino, Discorsi, 215, 4. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 63.
Dio non si è servito di Maria «in modo puramente passivo»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 56. | |
Maternità divina
[773]
Fin dalle origini la dignità della divina maternità ha attirato l’attenzione e lo stupore della Chiesa. L’evangelista Luca onora Maria come la Madre del Signore, tenda della divina presenza, arca della nuova alleanza. I cristiani cominciano presto a invocarla come Madre di Dio. Lo attesta già una bella preghiera del III secolo: «Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta»
![]() Liturgia delle ore, Compieta, Antifone della Beata Vergine Maria. ![]() Cf. Concilio di Efeso, Seconda lettera di Cirillo a Nestorio - DS 251.
Per ogni donna la maternità comporta un legame personale permanente con il figlio. La maternità di Maria integra questa dimensione umana ordinaria in una comunione con Dio senza pari. Il Padre celeste le comunica lo Spirito di infinita tenerezza, con cui egli si compiace del Figlio generandolo nell’eternità; la fa partecipare alla propria fecondità perché il Figlio nasca anche nella storia, come uomo e come primogenito di molti fratelli. Madre di Dio è «il nome proprio dell’unione con Dio, concessa a Maria Vergine», «che realizza nel modo più eminente la predestinazione soprannaturale... elargita a ogni uomo»
![]() Giovanni Paolo II, Mulieris dignitatem, 4. | CdA, 309-310 CONFRONTAVAI CdA 312 CONFRONTAVAI |
[774] «Vergine Madre di Dio, colui che il mondo non può contenere facendosi uomo si chiuse nel tuo grembo»
![]()
Messe della Beata Vergine Maria
, 4: Santa Maria madre di Dio, Antifona d’ingresso.
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Cammino di fede e di carità
[775] Il Cristo è l’unico maestro e l’unico redentore; da lui riceviamo la grazia di essere suoi discepoli e cooperatori, partecipi della sua vita e della sua missione, santi e santificatori.
Maria è la più perfetta seguace di Cristo
![]() Cf. Paolo VI, Marialis cultus, 35. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 61. | |
Annuncio
| CCC, 490 |
Visitazione
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Nascita di Gesù
[778]
Gesù nasce a Betlemme in condizioni di indigenza e di emarginazione, e Maria lo presenta ai pastori come Messia per i poveri, povero egli stesso
![]() ![]() ![]() | CCC, 525-530 |
I tre giorni dello smarrimento
[779]
A dodici anni Gesù partecipa al pellegrinaggio a Gerusalemme per
![]() ![]() ![]() | CCC, 534 |
Le nozze di Cana
[780]
Comincia la vita pubblica di Gesù. A Cana di Galilea, Maria presenta al Figlio l’umana indigenza: «Non hanno più vino»; poi invita i servi a compiere la sua volontà: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,35). Così coopera all’«inizio» dei segni e contribuisce a suscitare la fede dei primi seguaci: «Gesù... manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui» (Gv 2,11). Viene indicata come la «donna», figura del popolo di Dio nell’ora in cui si celebra la nuova alleanza nuziale con il Signore, che riceverà il sigillo definitivo nella Pasqua di morte e risurrezione.
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Le ardue esigenze del Regno
[781]
Gesù procede nel suo ministero e rivela gradualmente le esigenze del regno di Dio. Maria è chiamata a superare la sua umanissima premura materna per il Figlio. Quando si reca da lui insieme ai parenti, che vogliono moderarne lo zelo e invitarlo a una maggiore precauzione, deve ascoltare la risposta decisa: «Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre» (Mc 3,35). Fedele discepola, comprende sempre meglio cosa significa essere la serva del Signore dietro al Messia-Servo, incamminato verso la croce.
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Presso la croce di Gesù
[782]
Sul Calvario Maria è accanto alla croce
![]() ![]() ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 58. ![]() | CCC, 964 |
Madre dei redenti
[783]
«Il nodo della disobbedienza di Eva ha avuto la sua soluzione con l’obbedienza di Maria; ciò che la vergine Eva legò con la sua incredulità, la vergine Maria sciolse con la sua fede»
![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 22, 4.
La maternità divina verso Cristo si dilata nella maternità universale. In virtù dello Spirito Santo, Maria diventa «per noi madre nell’ordine della grazia»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 61. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 63. | CCC, 494 |
[784] Fedele discepola del Verbo fatto uomo, Maria cercò costantemente il volere di Dio e lo compì con amore
![]()
Cf.
Messe della Beata Vergine Maria
, 10: Santa Maria discepola del Signore, Prefazio.
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Nel mistero di Pentecoste
[785]
La maternità universale di Maria interviene in modo discreto e silenzioso già all’esordio della Chiesa. Al centro del nucleo iniziale, esiguo ma proteso ad abbracciare tutte le genti, Maria invoca e accoglie il dono dello Spirito di Pentecoste. L’evangelista Luca racconta l’evento con alcuni richiami all’annunciazione e alla visitazione, quasi suggerendo una certa continuità tra la Vergine Maria e la Chiesa: come allora Maria, così ora la Chiesa riceve la potenza dello Spirito, che scende dall’alto sopra di lei, poi va ad annunziare le grandi opere di Dio.
La Vergine Madre Maria si prolunga nella vergine madre Chiesa: «Con la sua nuova maternità nello Spirito, abbraccia tutti e ciascuno nella Chiesa, abbraccia anche tutti e ciascuno mediante la Chiesa»
![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater, 47. | CdA, 416-419 CONFRONTAVAI |
Mediazione materna
[786]
«La maternità di Maria nell’ordine della grazia perdura ininterrotta, a partire dal consenso prestato fedelmente
![]() ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 62. ![]() Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 15. La mediazione materna di Maria si colloca dentro la mediazione di tutta la Chiesa, al centro di essa. Se nel mistero della comunione dei santi tutti i fedeli intercedono gli uni per gli altri e si aiutano gli uni gli altri, non sorprende che Maria faccia la stessa cosa, con una efficacia del tutto singolare. Se Dio compie meraviglie per amore dei suoi amici e con la loro cooperazione, non sorprende che operi coinvolgendo soprattutto la Madre di suo Figlio.
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[787]
La mediazione di Maria non reca pregiudizio a Cristo, unico mediatore tra Dio e gli uomini, perché dipende da lui come ogni altra cooperazione umana: «La funzione materna di Maria verso gli uomini non oscura né in alcun modo sminuisce l’unica mediazione di Cristo, ma ne mostra piuttosto l’efficacia... E nemmeno impedisce il contatto immediato dei credenti con Cristo, ma anzi lo favorisce»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 60. | |
[788] Signore, Padre santo, «nel mistero della tua benevolenza hai voluto che Maria, madre e socia del Redentore, continuasse nella Chiesa la sua missione materna: di intercessione e di perdono, di protezione e di grazia, di riconciliazione e di pace»
![]()
Messe della Beata Vergine Maria
, 30: Maria Vergine madre e mediatrice di grazia, Prefazio.
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Primizia della Chiesa gloriosa
[789]
Maria accompagna la Chiesa nel suo cammino e la precede alla meta. Assunta in cielo in anima e corpo, vive nella completa e
![]()
La verità dell’assunzione di Maria è emersa lentamente lungo i secoli, con crescente chiarezza, nel comune senso della fede del popolo cristiano, in oriente e in occidente. Infine è stata solennemente definita da Pio XII nel 1950: «L’immacolata Madre di Dio e sempre vergine Maria, finito il corso della sua vita terrena, è stata assunta, in corpo e anima, alla gloria celeste»
![]() Pio XII, Munificentissimus Deus - DS 3903. È la Pasqua di Maria, frutto della Pasqua di Gesù. È il compimento di un’unione senza pari con il Signore della vita, il coronamento dei doni di grazia e di santità a partire dall’immacolata concezione, il premio alla sua obbedienza di fede e al suo servizio di carità.
| CdA, 276 CONFRONTAVAI |
Segno di sicura speranza
[790]
Per noi, che avanziamo a fatica in mezzo alle prove del tempo presente, la gloriosa Vergine risplende come stella del mattino che annuncia il giorno, come stella del mare che indica il porto ai naviganti: «Brilla quaggiù come segno di sicura speranza e di consolazione per il popolo di Dio che è in cammino, fino a quando arriverà il giorno del Signore»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 68. | |
[791] «Maria è assunta in cielo: esultano le schiere degli angeli. Alleluia»
![]()
Lezionario per le celebrazioni dei santi
, Assunzione della Beata Vergine Maria, Canto al Vangelo (Messa del giorno.
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Motivazioni e diffusione
[792]
Maria ha una posizione del tutto singolare nel mistero di Cristo e della Chiesa: è Madre del Figlio di Dio, cooperatrice del Salvatore, tutta santa, modello e madre della Chiesa, vicina con la sua intercessione e con la sua azione alle necessità di tutti gli uomini. Perciò giustamente viene venerata con un culto superiore a quello degli angeli e dei santi
![]() Cf. Paolo VI, Marialis cultus, 56. ![]() Santa Caterina da Siena, OrazioneXI. | CdA, 970-971 CONFRONTAVAI |
[793]
«Tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,48). Duemila anni di storia lo dimostrano: liturgia e devozione popolare, canti e immagini mirabili, rosario e “angelus Domini”, pellegrinaggi e santuari, comunità ecclesiali, congregazioni religiose e correnti di spiritualità, peccatori e santi alimentano su tutta la terra la lode perenne di Maria.
L’entusiasmo delle folle si accende facilmente in occasione di presunte apparizioni. La loro autenticità non può essere negata pregiudizialmente, perché Maria accompagna il nostro cammino storico con premura materna e può comunicare con noi, adattandosi alla nostra condizione terrena. Occorre però un prudente discernimento sotto la guida della competente autorità ecclesiale, perché illusioni e inganni sono frequenti e dannosi. In ogni caso non ci si deve attendere un messaggio nuovo rispetto al vangelo, ma solo un richiamo ad esso, in vista di una più seria conversione.
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La vera devozione
[794]
Il concilio Vaticano II insegna che la vera devozione non ha niente
![]() ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 67.
Secondo sant’Agostino, «onorare e non imitare altro non è che bugiarda adulazione»
![]() Sant’Agostino, Discorsi, 325, 1. ![]()
Nella venerazione della santa Vergine deve avere il primo posto il culto liturgico e le altre forme di devozione devono ispirarsi ad esso, in modo che Maria appaia sempre unita a Cristo nei suoi misteri e coinvolta nel movimento di adorazione, che egli nello Spirito Santo fa salire al Padre
![]() Cf. Paolo VI, Marialis cultus, 23; 25-27. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater, 41. | |
[795] «La pietà della Chiesa verso la santa Vergine è elemento intrinseco del culto cristiano»
![]()
Paolo VI
,
Marialis cultus
, 56.
Il culto mariano, «pur essendo del tutto singolare, è però essenzialmente diverso da quel culto di adorazione che viene tributato al Verbo incarnato insieme al Padre e allo Spirito Santo»
![]()
Concilio Vaticano II
, Lumen gentium, 66.
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[205]
Come si vede, la comunità dei discepoli è intimamente legata alla venuta del regno di Dio fin dall’inizio
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 1; 9. ![]() | CCC, 669CdA, 416-419 CONFRONTAVAI |
Nasce il popolo messianico
[416]
Durante la vita pubblica, Gesù di Nàzaret ha avviato con i discepoli un’esperienza di comunione e di missione
![]() ![]() ![]()
Sono pochi: gli apostoli, i parenti, alcune donne, altri seguaci; in tutto, dice l’evangelista Luca, circa centoventi persone. Eppure sono persuasi che da loro sta ripartendo il raduno dell’Israele degli ultimi tempi
![]() ![]() | CdA, 200-205 CONFRONTAVAI |
[417]
Viene il giorno di Pentecoste: festa della mietitura, in cui si
![]() ![]() ![]() Severiano di Gabala, Commento agli Atti degli apostoli, 2, 1.
La nuova legge dello Spirito è vita in Cristo, energia di amore, luce di sapienza, varietà di doni, prima ancora di essere comandamento. Consacra i discepoli di Gesù come assemblea della nuova alleanza, germoglio del popolo di Dio radunato negli ultimi tempi, secondo le promesse e le attese.
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[418]
Il popolo messianico nasce aperto a tutte le genti. Il gruppo originario narra «le grandi opere di Dio» (At 2,11), cominciando a «parlare in altre lingue» (At 2,4). Pietro fa risonare il primo annuncio del vangelo davanti a una folla di persone «di ogni nazione che è sotto il cielo» (At 2,5). Molti di loro accettano il messaggio e si fanno battezzare. È davvero la festa del raccolto! «Lo Spirito riconduceva all’unità le tribù separate e offriva al Padre le primizie di tutte le genti»
![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 17, 2. | |
Una perenne Pentecoste
[419]
A Pentecoste si completa la fondazione della Chiesa e si avvia la sua espansione. L’evento di quel giorno è un mistero perenne. La comunità cristiana vive e si rigenera incessantemente in una comunicazione di fede e di carità, attivata dallo Spirito Santo
![]() ![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 24, 1. | |
L’esperienza originaria
[429]
Lo Spirito Santo riunisce i credenti nella Chiesa. L’amore del Padre, rivelato dal Figlio morto e risorto, viene comunicato ai discepoli,
![]() Nel giorno stesso di Pentecoste si forma la prima comunità, quella di Gerusalemme, madre e modello di tutte le altre che seguiranno. Secondo il racconto di Luca, la sua crescita è prodigiosa. Ancor più mirabile appare il quadro della vita comunitaria, sebbene non manchi il comportamento indegno di qualche membro.
I credenti sono «assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (At 2,42). Ascoltano e meditano la parola di Dio. Lodano e ringraziano continuamente il Signore; invocano il suo aiuto nelle difficoltà. Celebrano il mistero della morte e risurrezione di Cristo con l’eucaristia, ripetendo il gesto da lui compiuto nell’ultima cena. Stanno volentieri insieme; si fanno carico dei servizi necessari; condividono i beni materiali, con libertà e generosità, continuando l’esperienza già fatta da alcuni di loro insieme a Gesù. Portano ovunque la loro coraggiosa testimonianza, suscitando la simpatia del popolo e l’ostilità della classe dirigente, specialmente di quella di orientamento sadduceo. Gli apostoli, e particolarmente Pietro, svolgono, con autorità e semplicità, un compito prezioso di guida e di animazione
![]() | CCC, 1342CCC 2623-2624CCC 770-771 |
Identità visibile della Chiesa
[430] Si tratta di un’esperienza storica irripetibile, in cui però è delineata la figura essenziale di ogni vera comunità cristiana: comunità concreta di credenti in Cristo, uomini in carne ed ossa, santi e peccatori, riuniti sotto la guida dei pastori, nella condivisione di beni spirituali e materiali, dove il mistero pasquale del Signore è proclamato con la predicazione, attualizzato nell’eucaristia e negli altri sacramenti, vissuto nella carità.
Per essere riconoscibile come segno davanti al mondo, la Chiesa deve possedere una precisa identità visibile; deve configurarsi come comunità di fede, di culto e soprattutto di rapporti fraterni: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). Perciò l’ordinamento e la prassi comunitaria seguiranno criteri diversi rispetto agli altri gruppi umani: adesione libera
![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]()
Nella misura in cui assumerà questi lineamenti, la comunità cristiana contribuirà efficacemente a costruire la pace sulla terra e sarà immagine credibile della comunione trinitaria delle persone divine: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21).
| CCC, 812 |
[431] Figura esemplare della Chiesa è la prima comunità di Gerusalemme, in cui i cristiani «erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (At 2,42).
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Presenza continua
[80]
Secondo il Nuovo Testamento, il Signore risorto continua ad essere presente nella comunità dei credenti con la potenza dello Spirito Santo, fino alla fine del mondo. Tale presenza è nascosta, ma si manifesta indirettamente attraverso molti doni dello Spirito, in particolare la perseveranza nella fede e nella retta dottrina, la santità della vita e la forza dei miracoli, perché la Chiesa sia segno pubblico ed efficace della salvezza.
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[251]
Dopo l’evento pasquale, attraverso il ministero della Chiesa, in virtù dello Spirito di Cristo, la salvezza raggiunge i singoli uomini. Così la vita nuova «viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione... Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro» (2Cor 5,1820).
I credenti, accogliendo la redenzione, diventano anche cooperatori della salvezza degli altri. Seguendo Cristo, sostenuti dalla sua grazia, abbracciano la croce, muoiono al proprio egoismo, ricevono la forza nuova dell’amore e la introducono nel tessuto sociale della famiglia umana.
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[641]
«Non vi è altro mistero di Dio, se non Cristo»
![]() Sant’Agostino, Lettere, 187, 11, 34. | |
Consacrati come Gesù
[421]
Nella teofania al fiume Giordano, Dio con l’effusione dello Spirito Santo ha consacrato e presentato pubblicamente Gesù di Nàzaret come Messia, per manifestare attraverso di lui la potenza misericordiosa del suo regno. Nella Pentecoste, Gesù, risorto dalla morte e costituito Messia e Signore nella pienezza del suo potere, consacra e presenta pubblicamente con il dono dello Spirito la comunità dei credenti come popolo messianico, per manifestare attraverso di essa l’efficacia della sua redenzione. Lo Spirito Santo ha condiviso la vicenda terrena di Gesù come «un compagno inseparabile,... una presenza continua»
![]() San Basilio di Cesarea, Sullo Spirito Santo, 16. | CCC, 668-672 |
Regno di Dio e signoria di Gesù
[422] Gesù, mentre predicava il vangelo del Regno, perdonava i peccatori e guariva i malati: indicava così che il regno di Dio era già presente come germe di una salvezza completa, spirituale e corporea.
I discepoli, da parte loro, proclamano che Dio ha risuscitato Gesù, il Crocifisso, e lo «ha costituito Signore e Cristo» (At 2,36). Il cuore del loro messaggio e della fede cristiana è questo: Gesù è morto, è risorto, «è il Signore» (Rm 10,9). Ormai il regno del Padre si identifica con la signoria del Risorto: perciò Filippo in Samarìa reca «la buona novella del regno di Dio e del nome di Gesù Cristo» (At 8,12) e Paolo a Roma incontra la gente «annunziando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo» (At 28,31).
Come quella del Maestro anche la predicazione dei discepoli si mostra efficace, operando conversioni e guarigioni in gran numero. I miracoli, uniti all’annuncio del vangelo, manifestano lo Spirito Santo, dato alla Chiesa come primizia della salvezza totale; nello stesso tempo indicano che Gesù è veramente risorto e continua ancora a operare attraverso i suoi inviati.
| CdA, 208 CONFRONTAVAI CdA 211 CONFRONTAVAI CdA 262 CONFRONTAVAI |
[423]
Il primo miracolo che viene narrato dagli Atti degli apostoli è la guarigione dello storpio che chiedeva l’elemosina alla porta Bella del tempio di Gerusalemme: «Vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, domandò loro l’elemosina. Allora Pietro fissò lo sguardo su di lui insieme a Giovanni e disse: “Guarda verso di noi”. Ed egli si volse verso di loro, aspettandosi di ricevere qualche cosa. Ma Pietro gli disse: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!”. E, presolo per la mano destra, lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e balzato in piedi camminava; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio» (At 3,3-8).
Il miracolo attira la folla. Pietro allora prende la parola e spiega: «Uomini d’Israele, perché vi meravigliate di questo e continuate a fissarci come se per nostro potere e nostra pietà avessimo fatto camminare quest’uomo?... Il nome di Gesù ha dato vigore a quest’uomo che voi vedete e conoscete» (At 3,1216). Successivamente Pietro e Giovanni vengono arrestati e portati davanti al sinedrio, il tribunale supremo. E lì Pietro ribadisce con forza: «Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi sano e salvo... In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,1012).
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[424] Le conversioni e i miracoli, che accompagnano la predicazione degli apostoli e dei loro collaboratori, attestano tangibilmente che il regno di Dio coincide con la presenza del Signore risorto e che questa coincide con il dono dello Spirito Santo. Come Dio, Re e Padre, si rendeva visibile attraverso Gesù, così il Signore Gesù si rende visibile attraverso la comunità dei credenti, animata dal suo Spirito.
| CdA, 191 CONFRONTAVAI |
Il tempo della Chiesa
L’evangelista Luca distingue il tempo della preparazione, in cui sono in vigore «la Legge e i Profeti fino a Giovanni» (Lc 16,16), il tempo dell’attuazione «in cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi» (At 1,21), il tempo della Chiesa, dall’ascensione di Gesù alla sua ultima venuta gloriosa, in cui la salvezza viene diffusa e testimoniata «fino agli estremi confini della terra» (At 1,8).
Paolo conosce un tempo tra la risurrezione di Cristo e il compimento totale, durante il quale le potenze ostili vengono sottomesse
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Secondo Matteo, Gesù stesso prevede un futuro, in cui «molti verranno dall’oriente e dall’occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe» (Mt 8,11); sarà anche stagione in cui la zizzania crescerà insieme al grano in attesa della mietitura
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Analogamente, secondo Giovanni, il Maestro preannuncia che lo Spirito e i discepoli gli renderanno testimonianza
![]() | CdA, 202 CONFRONTAVAI |
La Chiesa segno e strumento
[426]
Nel Nuovo Testamento il regno di Dio, presente nella storia durante il tempo intermedio tra la Pasqua e la parusia, viene chiamato anche regno di Cristo
![]() ![]() | CCC, 774-776 |
[427] Sebbene il Regno faccia germogliare grandi valori ovunque, solo nella Chiesa si rende apertamente visibile. Non è la fede della Chiesa che deve essere subordinata a criteri mondani, ma al contrario è il mondo che deve essere valutato in base all’insegnamento e all’esperienza di fede della Chiesa. Solo nella comunità dei credenti è possibile seguire Cristo in modo adeguato. Custodendo la testimonianza degli apostoli, essa offre la possibilità di conoscerlo fedelmente; celebrando i sacramenti, procura la possibilità di incontrarlo personalmente. A differenza di ogni altra aggregazione umana, non solo conserva la memoria del suo fondatore, ma nello Spirito mantiene un contatto vivente con lui e da lui continua a ricevere luce.
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[558] La Chiesa intera è per sua natura missionaria. È mandata a evangelizzare, cioè ad annunciare, celebrare e testimoniare l’amore di Dio, che per mezzo di Gesù Cristo vuole salvare tutti gli uomini. Quando la missione si rivolge a coloro che ancora ignorano il vangelo, si chiama attività missionaria in senso specifico e si attua nel rispetto della libertà di coscienza in un clima di dialogo.
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Paolo missionario [559]
Ottenuta dall’assemblea di Gerusalemme la dichiarazione della libertà cristiana riguardo alle osservanze giudaiche, l’apostolo Paolo si rimette in viaggio, con alcuni compagni, per il servizio del ![]()
Arrestato a Gerusalemme con l’accusa di profanare il tempio, sovvertire la religione e perturbare l’ordine pubblico, è sottoposto a un processo interminabile. Chiamato a dare spiegazioni davanti al procuratore Festo e al re Agrippa II, afferma con sicurezza che il vero protagonista della missione cristiana è Cristo stesso: egli è il primo uomo risorto dalla morte e ora sta annunciando la salvezza a Israele e ai pagani per mezzo dei suoi servitori ![]() ![]() | |
Il mandato missionario [560]
Cristo risorto è la forza che anima la missione universale: gli apostoli, entrati con lui in intima comunione, condividono il suo amore per tutti gli uomini e diventano suoi collaboratori nell’opera della salvezza. Il Signore affida loro il grande compito di fare discepole tutte le genti e di introdurle nella vita di Dio: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,18-20). Promette che li accompagnerà sempre con la sua presenza: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Confermando la loro predicazione con opere prodigiose ![]() ![]() | |
Chiesa missionaria [561] Quella di Paolo e degli altri apostoli è indubbiamente una vocazione speciale. Ma il compito di evangelizzare non è riservato ad alcuni: in vario modo, coinvolge tutti i cristiani.
Gli apostoli stessi insegnano che la missione è affidata al popolo di ![]() ![]() ![]() Origene, Contro Celso, 3, 55, 5. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 90. | |
Cammino della missione [562] Con il passare del tempo, si perde la piena consapevolezza della vocazione missionaria di tutto il popolo cristiano; ma la missione prosegue comunque, per impulso dello Spirito Santo, e mantiene costantemente un’apertura universale. Alla fine del IV secolo, i paesi intorno al Mediterraneo sono in gran parte cristiani. Durante il medioevo l’evangelizzazione si estende ai popoli germanici e slavi, soprattutto ad opera dei monaci, finché intorno al 1200 tutta l’Europa è ormai battezzata. Nei secoli XIII e XIV la missione, per merito dei nuovi ordini mendicanti, si dirige verso l’Africa del nord e verso l’oriente, fino alla lontana Cina. Ma i successi tangibili sono modesti e poco duraturi. Nuovi sconfinati orizzonti si aprono con le grandi scoperte geografiche del secolo XV. Lungo le coste dell’Africa e dell’Asia meridionale fino all’estremo oriente, attraverso le vaste regioni del nuovo continente americano ad occidente, si avventurano per tre secoli i missionari francescani, domenicani e gesuiti, spesso a prezzo di eroici sacrifici. Ma i risultati di così generosa impresa non sono sempre favorevoli: si va dalla cristianizzazione di un intero continente, l’America, e di un intero paese, le Filippine, alla formazione di nuclei circoscritti di cristiani in Africa e in India, al sostanziale fallimento in Cina e in Giappone. Nello stesso arco di tempo, nei paesi di antica tradizione cristiana si sviluppa un’attività missionaria, intesa come predicazione straordinaria e periodica al popolo, a sostegno e integrazione della pastorale ordinaria. Le missioni estere, pur essendo la forma esemplare della missione, non la esauriscono. Passata la rivoluzione francese, grazie anche al sorgere di nuove congregazioni specificamente missionarie, l’evangelizzazione dei popoli riprende e prosegue con slancio per tutto il secolo XIX, particolarmente in Africa, Indocina e Oceania. Finalmente, nel nostro secolo, la valorizzazione delle culture e del clero del luogo consente ovunque la formazione di Chiese locali complete. | |
Coscienza missionaria [563] Riemerge oggi nella Chiesa la coscienza della comune vocazione missionaria e il magistero del papa e dei vescovi la esprime con forza.
Il popolo di Dio «è inviato a tutti gli uomini, come luce del mondo e sale della terra» ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 9. ![]() Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 14. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 2.
«Il Signore chiama sempre a uscire da se stessi, a condividere con gli altri i beni che abbiamo, cominciando da quello più prezioso che è la fede» ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 49. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 2. | |
[564] La fede in Cristo è «dono di Dio, da vivere in comunità e da irradiare all’esterno sia con la testimonianza di vita che con la parola... prima sul proprio territorio e poi altrove come partecipazione alla missione universale» ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 49. Ogni credente è chiamato ad essere missionario. Tutta la Chiesa è per sua natura missionaria. | |
Comunione missionaria
[565] La dimensione missionaria appartiene all’identità stessa della Chiesa e del cristiano. Ma qual è il senso della missione?
Israele aveva il compito di rivelare nella storia la santità e la
![]() ![]()
La Chiesa «riceve la missione di annunciare il regno di Dio e di Cristo e di instaurarlo fra tutte le genti; di questo regno essa costituisce sulla terra il germe e l’inizio»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 5. | |
[566]
Il regno di Dio è carità. La carità è l’energia e il contenuto centrale dell’evangelizzazione. Tutto si concentra nel vangelo della carità:
![]() ![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 32.
La Chiesa dunque «è inviata da Cristo a rivelare e comunicare la carità di Dio a tutti gli uomini e a tutte le genti»
![]() Concilio Vaticano II, Ad gentes, 10. | |
La via mistica della missione
[567]
La carità è anche la via privilegiata dell’evangelizzazione. A volte è una via che rimane nascosta. In forza della carità, la liturgia, la preghiera, la contemplazione, l’umiltà e la sofferenza hanno un potere di intercessione presso Dio e quindi una misteriosa efficacia missionaria. Per questo santa Teresa di Gesù Bambino, nella clausura del suo monastero, ha meritato di diventare la patrona delle missioni. Soprattutto è fecondo il sacrificio della vita: «Diventiamo più numerosi tutte le volte che siamo mietuti; è un seme il sangue dei cristiani»
![]() Tertulliano, Apologetico, 50, 13. | |
La via della testimonianza
[568]
La via della carità ha anche un’efficacia verificabile, quella della testimonianza: «Si è missionari prima di tutto per ciò che si è, come Chiesa che vive profondamente l’unità dell’amore, prima di esserlo per ciò che si dice o si fa»
![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 23. | |
[569]
Interpella le coscienze con particolare efficacia l’amore preferenziale per i poveri, che, mentre contraddice l’egoismo radicato nell’uomo e le discriminazioni presenti nella società, si fa espressione di una benevolenza diversa, quella di Dio, gratuita e rivolta a tutti. Per questo l’azione caritativa ha sempre avuto grande rilievo nella vita e nella missione della Chiesa. Già la comunità di Gerusalemme aveva un’assistenza organizzata per i bisognosi
![]() ![]() Cf. San Cornelio papa, Lettera a Fabio di Antiochia (in Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica, 6, 43, 11. | |
[570]
A partire dall’attenzione preferenziale ai poveri, la carità evangelica è criterio ed energia per la «trasformazione del mondo»
![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 38. ![]() Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 42. ![]() Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 43. | |
La via dell’annuncio
[571]
La presenza operosa non basta. La testimonianza cristiana include la professione pubblica della fede
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium,11. ![]() ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 6. L’annuncio deve essere coraggioso e franco, ma anche umile: la verità, che abbiamo ricevuto in dono, non è un vanto per noi; è una responsabilità. L’amore per gli interlocutori esige che si rispetti la loro libertà e si tenga conto della loro situazione esistenziale, sociale e culturale, del loro linguaggio, delle loro aspirazioni, dei loro valori etici e religiosi.
Intercessione, testimonianza e annuncio sono le vie della missione, per le quali devono incamminarsi i singoli cristiani, le famiglie e le comunità. Un radicale cambiamento di mentalità e una profonda revisione pastorale occorrono oggi per dare slancio alla missione universale.
| |
[572] La missione della Chiesa è evangelizzare, cioè annunciare, celebrare e testimoniare l’amore di Dio, che si rivela e si dona in Cristo per la salvezza di tutti gli uomini. Le vie della missione sono la preghiera, avvalorata dal sacrificio, la testimonianza dell’amore reciproco e del servizio ai poveri e alla società, l’annuncio esplicito del vangelo.
| |
Attuazione esemplare della missione
[573]
L’evangelizzazione è fondamentalmente sempre la stessa, ma assume accentuazioni diverse secondo le situazioni. Si chiama attività pastorale quando si svolge nell’ambito di comunità cristiane vive e solide; nuova evangelizzazione quando riguarda ambienti di tradizione cristiana scristianizzati; attività missionaria in senso specifico quando è destinata a popolazioni che ancora ignorano Cristo
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 33. | |
Il motivo fondamentale
[574] La sua urgenza deriva dalla sua finalità: rendere visibilmente presente in un ambiente umano il mistero della Chiesa, germe e strumento di salvezza, portando il vangelo e fondando Chiese particolari.
«Dire che tutta la Chiesa è missionaria non esclude che esista una specifica missione per i non cristiani»; analogamente «dire che tutti i cattolici debbono essere missionari non esclude, anzi richiede che ci siano missionari per i non cristiani e a vita per vocazione specifica»
![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 32. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 65. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 77. Ma perché si deve fare attività missionaria verso i non cristiani? Non possono salvarsi anche seguendo un’altra religione? Non bisogna rispettare la loro coscienza e la loro identità storica? Sono domande che molti oggi pongono.
| CCC, 851 |
La salvezza dei non cristiani
[575]
Dio «vuole che tutti gli uomini siano salvati» per mezzo di un solo «mediatore..., l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti» (1Tm 2,4-6). A lui con il dono dello Spirito Santo associa la Chiesa «come strumento di redenzione per tutti»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 9. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 18. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 10.
Tutti gli uomini dunque con modalità diverse entrano in rapporto con la Chiesa: i cattolici sono «pienamente incorporati», mentre i catecumeni sono congiunti dal «desiderio esplicito»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 14. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 15. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 16. ![]() ![]() San Cipriano di Cartagine, Lettere, 73, 21, 2. Cf. Origene, Omelie su Giosuè, 3, 5. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 14; Id., Ad gentes, 7. | CdA, 24 CONFRONTAVAI CdA 42 CONFRONTAVAI CdA 401 CONFRONTAVAI CdA 582 CONFRONTAVAI CdA 585 CONFRONTAVAI |
Il cristianesimo compimento delle religioni
[576]
Verso Cristo e la sua Chiesa convergono le religioni del
![]() ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 16. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 17; cf. Id., Ad gentes, 9. ![]() Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2. ![]() Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 24. | CCC, 842-845 |
Proposta, non imposizione
[577]
La Chiesa, da parte sua, abbraccia come Cristo tutti gli uomini, compresi i suoi persecutori, perché «giungano a glorificare Dio nel giorno del giudizio» (1Pt 2,12). Intercede per tutti, offrendo preghiere e sofferenze. Si rivolge ai non cristiani con l’attività missionaria, affermando con coraggio e con chiarezza che Cristo è la rivelazione definitiva di Dio e l’unico Salvatore dell’uomo. Sa di aver ricevuto in dono questa verità, senza alcun merito proprio; ma si sente responsabile di essa e ne custodisce scrupolosamente l’integrità per il bene di tutti
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 56. | |
[578] È triste ricordare come più volte, in altre epoche, il vangelo sia stato imposto con la forza delle leggi e delle armi. È doloroso che importanti tesori di civiltà siano andati distrutti, presso numerosi popoli, a motivo della colonizzazione culturale, malgrado l’impegno lungimirante di personalità eccezionali, come san Gregorio Magno, Alessandro Valignano, Matteo Ricci e Roberto de’ Nobili. Ciò è avvenuto contro il vangelo stesso e va attribuito sia ai peccati personali sia, ancor più, ai condizionamenti culturali. Sarebbe comunque ingiustificato dedurre dagli abusi del passato l’opportunità di sospendere l’attività missionaria: si è abusato e si abusa continuamente della scienza e della tecnica, eppure nessuno pensa che si debba per questo rinunciare alla ricerca e al progresso.
| |
Annuncio e dialogo
[579]
L’annuncio di Cristo deve essere fatto in un clima di dialogo e di collaborazione: «La Chiesa non vede un contrasto tra l’annuncio del Cristo e il dialogo interreligioso»
![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 55. | CCC, 856 |
[580] L’attività missionaria, in senso specifico, è rivolta a coloro che ancora ignorano Cristo; mira a diffondere il vangelo e a fondare la comunità cristiana, segno efficace di salvezza. È l’attuazione esemplare e più urgente della missione della Chiesa. Essa ha bisogno di speciali vocazioni di totale consacrazione e deve essere sostenuta dalla cooperazione di tutti i fedeli e di tutte le comunità ecclesiali.
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Urgenza
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Finalità
[582]
I cristiani devono dialogare con i seguaci di altre religioni per conoscerli correttamente ed essere correttamente conosciuti da loro, per superare pregiudizi e malintesi, per stabilire relazioni reciproche di stima, rispetto, accoglienza e amicizia, in modo che ognuna delle parti possa approfondire la propria esperienza di fede e avvicinarsi di più a Dio. Dialogare non deve significare cedere al relativismo o al sincretismo. Non è vero che una religione vale l’altra: «Il dialogo deve essere condotto ed attuato con la convinzione che la Chiesa è la via ordinaria di salvezza e che solo essa possiede la pienezza dei mezzi di salvezza»
![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 55. ![]() Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Ad gentes, 11. ![]() Concilio Vaticano II, Ad gentes, 9. | |
Modalità
[583] Il dialogo assume forme molteplici. Vi è il dialogo della vita quotidiana, in ambiente familiare, professionale e sociale; il dialogo della collaborazione a obiettivi e opere di promozione umana; il dialogo dei patrimoni religiosi e delle tradizioni teologiche ad opera di esperti; il dialogo delle esperienze spirituali vive, come la preghiera, la contemplazione, la ricerca appassionata di Dio.
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Disponibilità
[584] Il dialogo non si sviluppa spontaneamente. È minacciato dalla istintiva diffidenza per il diverso, dai complessi di inferiorità o di superiorità, dal peso dei contrasti secolari. Va costruito pazientemente, con convinzione. Bisogna rispettare e accogliere l’altro come persona; condividerne gioia e sofferenza; conoscere e presentare la religione dell’altro con obiettività, in modo che egli vi si riconosca; non aver paura di lasciarsi mettere in discussione; essere incondizionatamente aperti al mistero di Dio, sempre più grande dei nostri pensieri. Vivendo il dialogo con questi atteggiamenti, i non cristiani potranno incontrare Cristo e trovare in lui il compimento della loro esperienza e della loro storia. I cristiani potranno anch’essi ricevere grandi benefici, perché il vangelo rivela più profondamente il suo significato nel confronto con le altre religioni.
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[585] La Chiesa cattolica crede in questo genere di relazioni, perché crede nella dignità di ogni uomo e nella presenza salvifica di Dio in tutta la storia. È significativo al riguardo che sia stato istituito il pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e che siano stati invitati ad Assisi i rappresentanti di molte tradizioni religiose per il grande incontro di preghiera del 27 ottobre 1986.
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Principali interlocutori
[586]
Meritano particolare attenzione le religioni universali extrabibliche, induismo, buddhismo e islam, per i loro valori spirituali e per la sempre più consistente presenza nel mondo cristiano, anche in Italia, a causa di migrazioni, viaggi e qualche conversione. È importante individuarne almeno i caratteri generali, sulla scia del concilio Vaticano II
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2-3. | |
Induismo
[587] L’induismo è la tradizione religiosa dell’India, antica di quattromila anni e in continua evoluzione. Più precisamente si tratta di un complesso di religioni e di filosofie, di mitologie e di regole, diverse e a volte perfino contraddittorie. Vi si trovano comunque alcuni elementi, condivisi generalmente o quasi.
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[588] C’è una rivelazione divina originaria, contenuta nei libri sacri. Esistono molte divinità preposte ad ogni aspetto della vita e del mondo. Al di sopra di esse vi è una Realtà ultima, concepita come mistero trascendente e impersonale, inconoscibile e ineffabile, oppure come Dio unico, personale, benevolo. La divinità suprema si manifesta con le sue discese, o teofanie, in figure concrete, che possono essere dèi, uomini straordinari, immagini sacre.
Il mondo fenomenico si sviluppa in un divenire ciclico ed eterno. La sua realtà è inconsistente, anzi è apparenza, illusione, sofferenza. L’uomo è costituito da un’anima, che esiste da sempre e trasmigra da un corpo all’altro. Il ciclo delle rinascite segue la legge della fruttificazione degli atti. Consapevoli o inconsapevoli che siano, essi producono i loro frutti, buoni o cattivi. Di conseguenza si è destinati a rinascere come esseri superiori o inferiori, come ricchi o poveri, come sani o malati, come membri di una casta o di un’altra, o come fuori casta. Comunque, in qualsiasi condizione, tutto è effimero, tutto è dolore. La sofferenza è una necessità cosmica.
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[589]
C’è però una possibilità di salvezza. L’anima può liberarsi dal ciclo delle rinascite, uscire dal mondo dell’apparenza, raggiungere l’unità con la Realtà ultima divina, trovando così la beatitudine definitiva. Questa aspirazione sostiene i seguaci dell’induismo nel loro cammino: «Cercano la liberazione dalle angosce della nostra condizione sia attraverso forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza»
![]() Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2. Le vie principali per giungere alla liberazione sono tre. La prima è la via dell’azione disinteressata: comporta che si osservino fedelmente, con distacco da motivi egoistici, facendone un’offerta a Dio, i riti religiosi e i doveri morali generali, come la non violenza, la veracità, la castità, il rispetto della proprietà altrui, la generosità, la pazienza, nonché i doveri particolari del proprio stato, conformando così tutta la propria esistenza all’ordine divino e universale. La seconda è la via della conoscenza: passando attraverso l’impegno morale e ascetico, la concentrazione interiore e l’esperienza mistica superiore, conduce il saggio a trovare il vero Sé e in esso anche la Realtà ultima, ad acquisire la consapevolezza dell’unità del soggetto profondo con la divinità. La terza è la via della devozione: è adatta per ogni genere di persone e consiste nella confidenza e nell’amore, rivolti a Dio, benevolo e misericordioso, che salva per grazia chiunque si abbandona totalmente a lui e lo ama appassionatamente.
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[590] Da un punto di vista cristiano, riconosciamo in questa tradizione religiosa importanti valori, ma anche limiti e pericoli. La concezione di Dio come Mistero trascendente e ineffabile o come Essere personale è senz’altro elevata; ma non esclude che si finisca per cadere da una parte nel monismo panteista e dall’altra, soprattutto a livello popolare, nel politeismo idolatrico. Ammirevole è il primato conferito alla vita spirituale, specialmente se lo confrontiamo con il materialismo e il secolarismo occidentale; purtroppo però comporta un deprezzamento del mondo, della storia e della società, ridotti ad apparenza illusoria e considerati insignificanti, anzi di ostacolo, in rapporto alla salvezza. Di conseguenza favorisce una diffusa rassegnazione alle disuguaglianze sociali, assegnate dal destino. Nobile è l’etica e appassionata la ricerca della salvezza definitiva; tuttavia vi si riscontra un carattere marcatamente individualista, che esclude ogni solidarietà e mediazione salvifica, ogni idea di redenzione e di comunione dei santi; non a caso anche il culto è un fatto essenzialmente privato. Generoso è lo spirito di tolleranza verso le altre religioni; ma si confonde con il relativismo e il sincretismo: le religioni, secondo la mentalità induista, sono tutte vere e tutte imperfette; Cristo stesso può essere accettato come una discesa della divinità, rifiutando però la pretesa che egli sia unico e assoluto.
Malgrado le ombre non siano di poco conto, il discernimento cristiano si rallegra di intravedere raggi intensi di quella luce «che illumina ogni uomo» (Gv 1,9). Soprattutto sulla via della devozione arrivano a maturazione esperienze gioiose di amore personale verso Dio, simili a quelle dei santi cristiani, come testimonia questa splendida preghiera del poeta Tukaram (secolo XVII): «Tu tieni la mia mano e mi guidi con fermezza, sempre e dovunque presente al mio fianco. Mentre io vado e mi appoggio a Te, tu porti il mio carico pesante... Io riconosco in ogni uomo un amico, in ogni incontro un congiunto. Come un bimbo felice, vado giocando nel tuo caro mondo, o Dio».
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Buddhismo
[591] Il buddhismo è nato nell’ambito dell’induismo; ma si è posto fuori di esso, per averne rifiutato i libri sacri e la dottrina del Soggetto permanente, del Sé che si identifica con la Realtà ultima. Ha un fondatore storico, il principe indiano Siddharta Gautama (563-483 a.C. circa), che, dopo varie vicende, ha raggiunto attraverso la meditazione il “risveglio” alla verità essenziale dell’esistenza, trovando la soluzione al problema del dolore e diventando un Buddha, cioè un “risvegliato”.
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[592] La dottrina più antica e più vicina al pensiero del fondatore afferma anzitutto che l’esistenza umana e ogni altra realtà, tutto è dolore, precarietà, insoddisfazione, vuoto. L’origine del dolore è la “sete” di vivere e di godere, il desiderio avido e appassionato, che condanna l’uomo al ciclo delle rinascite. Per liberarsi dal dolore e uscire dal vano divenire, occorre sopprimere il desiderio e annullare il proprio io illusorio. Si esce così dal mondo dei fenomeni e, come una goccia si perde nel mare, si entra nell’aldilà ineffabile, nel Vuoto che è pienezza, nell’Assenza che è pace definitiva, nel nirvana.
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[593]
La via che conduce all’estinzione del desiderio e quindi alla cessazione del dolore è costituita da otto sentieri, che riguardano la saggezza, la condotta etica, l’esercizio psicofisico della meditazione. La saggezza, cioè “la comprensione giusta, il pensiero giusto”, consiste in una presa di coscienza esperienziale intorno alla verità del dolore, del desiderio e della loro soppressione. La condotta etica, cioè “la parola giusta, l’azione giusta, i mezzi di esistenza giusti”, esige la rinuncia a tutto ciò che non favorisce la liberazione e che può recare pregiudizio agli altri, come la menzogna, la maldicenza, l’ingiuria, l’omicidio, l’amore illecito, il furto, la cupidigia; viceversa comporta la pratica delle virtù, come la sopportazione delle sofferenze, la non violenza, la benevolenza amichevole, la compassione, il sereno equilibrio e il controllo di sé. La meditazione, cioè “lo sforzo giusto, l’attenzione giusta, la concentrazione giusta”, è una disciplina che impegna il corpo e la mente; fissa l’attenzione intensa e prolungata su ogni fenomeno che emerge nella coscienza, qui e ora, dimenticando però il proprio io, finché non raggiunga la visione intuitiva della precarietà e del vuoto di ogni cosa e non spenga ogni desiderio. Si legge nel Canone buddhista: «Felice la solitudine di colui che si rallegra avendo appreso la Buona legge ed avendo acquistato la visione! Felice la libertà dalla sofferenza nel mondo e il ritegno dal danneggiare le creature! Felice la libertà dalle passioni di questo mondo ed il superamento dei desideri! Che ci si sciolga dalla vanità dell’”ego”, questa è la suprema felicità»
![]() Udâna, 2, 1. | |
[594] L’ideale buddhista è incarnato dai monaci. Essi fuggono il mondo, per mettersi in una condizione più idonea al cammino di liberazione; assumono la povertà e la castità, per spegnere il desiderio rispettivamente di possedere e di esistere; praticano assiduamente la meditazione, per dissolvere il proprio io illusorio e giungere all’illuminazione suprema.
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[595] Non sembra propriamente corretto classificare il buddhismo antico come una filosofia, in quanto si presenta come una via di liberazione definitiva. Però si tratta di una liberazione che è conquista dell’uomo e non grazia di Dio. «Fate voi stessi la vostra salvezza», avrebbe raccomandato il Buddha morente ai suoi discepoli. In concreto la possibilità di raggiungere il nirvana sembra riservata solo ai monaci; la moltitudine dei laici sembra destinata a una ulteriore reincarnazione, più o meno elevata secondo il grado di purificazione raggiunto.
Non sorprende che successivamente il buddhismo, per quanto riguarda la maggioranza dei suoi aderenti, si sia evoluto in senso più chiaramente religioso. La liberazione, secondo questa versione, può essere ottenuta da tutti, anche dai laici, con la fiducia nella benevolenza del Buddha supremo, che è Dio stesso, e dei bodhisattva, saggi illuminati che, mossi da compassione, aiutano gli uomini a raggiungere la salvezza.
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[596] Posto di fronte al buddhismo, il cristiano, pur provando ammirazione per una spiritualità così nobile e raffinata, è preso anche da gravi perplessità. È certo doveroso annullare ogni desiderio egoistico; ma è possibile annullare il desiderio di vivere come tale? Non è più bello attuarlo nella comunione? La mèta definitiva non va pensata come pienezza della persona anziché come dissoluzione di essa? È vero che l’uomo e il mondo sono sottomessi alla caducità e alla sofferenza; ma è ragionevole ridurli a un flusso di impressioni e di fenomeni senza valore? Non sono piuttosto da considerare creazione di Dio, incamminati verso un compimento ultimo? Se un certo distacco dal mondo è necessario per sviluppare valori importanti, come la preghiera, la contemplazione, l’armonia con la natura, non occorre forse anche un serio impegno nel mondo per realizzare il progresso civile? Infine, un’etica nobile ed esigente come quella buddhista dispone senz’altro alla salvezza; ma basta a conquistarla? Non è più confortante pensare che questa sia donata per grazia e sia offerta a tutti, anche a chi non cammina per la retta via? Secondo la fede cristiana, non è l’uomo che raggiunge con le sue sole forze la perfezione ultima, fuggendo magari dal mondo e da se stesso; ma è Dio che viene a noi, assume l’uomo e il mondo e li porta a compimento.
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Islam
[597] L’islam è la più recente delle religioni universali. Ne è fondatore Maometto (570-632 d.C.), nella cui attività si distinguono due periodi: il primo, a La Mecca, è incentrato sulla predicazione del monoteismo e dell’imminente giudizio di Dio contro i politeisti e i ricchi che opprimono i poveri; il secondo, a Medina, è dedicato all’organizzazione giuridica della nuova comunità islamica e alla guerra santa. Maometto si presenta come “il Sigillo dei profeti”, che porta a compimento la rivelazione, già affidata ad Abramo, a Mosè, a Davide, a Gesù. Il libro sacro, il Corano, è la parola di Dio, da lui dettata letteralmente. Autorità profetica hanno anche i detti e gli atti di Maometto, che costituiscono la tradizione.
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[598] L’islam è una religione semplice nella dottrina, nei riti e nei valori etici; minuziosa nelle regole giuridiche.
Esiste un solo Dio, personale, incomprensibile, onnipotente, clemente e misericordioso, che ha creato gli angeli, gli uomini e tutte le cose. Da lui vengono il bene e la sventura. Egli risusciterà i morti e nel giudizio finale premierà i buoni con il paradiso e condannerà i malvagi all’inferno. Così lo invoca più volte al giorno ogni fedele, con la prima “sura” del libro sacro: «Nel Nome di Dio, Misericordioso e Compassionevole. Lode a Dio, Signore dei mondi, il Misericordioso e il Compassionevole, Padrone del giorno del giudizio. Te noi serviamo, te invochiamo in aiuto. Guidaci sulla retta via, la via di coloro sui quali hai effuso la tua grazia, non di quelli coi quali sei adirato, né di quelli che vagano nell’errore»
![]() Corano, 1. | |
[599] Il giusto atteggiamento dell’uomo davanti a Dio è la sottomissione, che implica obbedienza e abbandono fiducioso. La parola araba “islam” significa appunto “sottomissione”. Questa si esprime concretamente nella professione di fede e nelle pratiche religiose. La fede viene sintetizzata nella formula: “Non c’è Dio se non Allah e Maometto è il suo Profeta”. Le pratiche religiose sono la preghiera, l’elemosina, il digiuno, il pellegrinaggio. La preghiera rituale è regolata da norme precise: si deve compiere cinque volte al giorno al momento fissato, in stato di purità legale, eseguendo con esattezza i gesti prescritti; in forma comunitaria si deve celebrare il venerdì alla moschea, con la partecipazione almeno degli uomini. L’elemosina è una tassa obbligatoria a vantaggio dei poveri, alla quale è possibile aggiungere anche prestazioni volontarie. Il digiuno consiste nel rinunciare al cibo, al tabacco, ai profumi, ai rapporti sessuali dalla luce dell’alba al buio della sera tutti i giorni durante il mese di ramadan. Il pellegrinaggio a La Mecca va compiuto, almeno una volta nella vita, da ogni musulmano adulto e sano. Dovere dei credenti è infine la “guerra santa”, o meglio lo sforzo per affermare i diritti di Dio in tutti gli ambiti della vita: comporta innanzitutto il combattimento spirituale per conformare se stessi alla volontà divina, quindi lo sforzo missionario per estendere l’islam, arrivando, se necessario, anche alla conquista armata.
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[601]
A parte l’ebraismo, nessun’altra religione ha tanti elementi comuni con il cristianesimo come l’islam
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 3. | |
[603] Comune alle due religioni è la giusta preoccupazione che la fede non sia separata dalla vita e che ogni attività sia sottomessa alla volontà di Dio. Ma ciò non giustifica una legislazione minuziosa, che pretenda regolare le cose una volta per sempre: ne rimarrebbero facilmente soffocate le esigenze concrete dell’amore e del servizio all’uomo; ci si esporrebbe all’incompatibilità con nuove situazioni impreviste. Tantomeno comporta la confusione tra lo spirituale e il temporale, con la conseguente giustificazione dello stato teocratico islamico, così diverso dal moderno stato democratico.
Riconosciamo che i musulmani tradizionalmente hanno praticato una certa tolleranza nei confronti di cristiani ed ebrei, conferendo loro uno speciale statuto di ospiti protetti. Ma oggi la dignità della persona umana e il riconoscimento dei suoi diritti esigono la piena cittadinanza per le minoranze, la libertà di coscienza per tutti, la parità sociale dell’uomo e della donna, offuscata tra l’altro dalla poligamia.
Condividiamo la valutazione positiva della vita terrena, della prosperità economica, della giustizia sociale, del progresso culturale. Ma non possiamo vedere nel successo temporale il segno sicuro della benedizione di Dio. Rimarrebbe senza significato l’esperienza umana fondamentale della sofferenza.
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[604] Sono innegabili nella tradizione islamica gli alti valori morali e religiosi che alimentano la vita spirituale di milioni e milioni di uomini. Non manca però in campo etico qualche concessione di troppo alla debolezza umana. Soprattutto il rapporto con Dio è inteso come sottomissione e non come amore. Fanno eccezione i mistici; ma essi si trovano ai margini dell’ortodossia ufficiale.
Malgrado le profonde divergenze, cristianesimo e islam si incontrano nella fede in un solo Dio, onnipotente e misericordioso. Il grido: «Dio è grande!», che ha così profonda risonanza nei musulmani, affascina anche i cristiani. Animati da questa fede, gli uni e gli altri possono camminare insieme verso un’attuazione più piena della libertà, della fraternità, della convivenza pacifica.
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[605] In tutte e tre le religioni universali extrabibliche, induismo, buddhismo e islam, si sviluppano esperienze che superano le dottrine ufficiali e vanno in direzione dell’unione amorosa con Dio, sia presso i mistici che presso la gente devota. Ci rallegriamo di riconoscere in ciò un’importante affinità con il cristianesimo, un segno della presenza di Cristo stesso e della sua grazia.
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[606] Il dialogo interreligioso tende a sviluppare una corretta conoscenza reciproca e a stabilire relazioni amichevoli, in modo da favorire il progresso spirituale di ciascuno. Alimenta nei non cristiani un atteggiamento di apertura alla verità di Cristo; conduce i cristiani ad una più profonda comprensione del vangelo. È urgente soprattutto il dialogo dei cristiani con i seguaci delle altre religioni universali: induismo, buddhismo e islam.
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Paolo missionario [559]
Ottenuta dall’assemblea di Gerusalemme la dichiarazione della libertà cristiana riguardo alle osservanze giudaiche, l’apostolo Paolo si rimette in viaggio, con alcuni compagni, per il servizio del ![]()
Arrestato a Gerusalemme con l’accusa di profanare il tempio, sovvertire la religione e perturbare l’ordine pubblico, è sottoposto a un processo interminabile. Chiamato a dare spiegazioni davanti al procuratore Festo e al re Agrippa II, afferma con sicurezza che il vero protagonista della missione cristiana è Cristo stesso: egli è il primo uomo risorto dalla morte e ora sta annunciando la salvezza a Israele e ai pagani per mezzo dei suoi servitori ![]() ![]() | |
Il mandato missionario [560]
Cristo risorto è la forza che anima la missione universale: gli apostoli, entrati con lui in intima comunione, condividono il suo amore per tutti gli uomini e diventano suoi collaboratori nell’opera della salvezza. Il Signore affida loro il grande compito di fare discepole tutte le genti e di introdurle nella vita di Dio: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,18-20). Promette che li accompagnerà sempre con la sua presenza: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Confermando la loro predicazione con opere prodigiose ![]() ![]() | |
Chiesa missionaria [561] Quella di Paolo e degli altri apostoli è indubbiamente una vocazione speciale. Ma il compito di evangelizzare non è riservato ad alcuni: in vario modo, coinvolge tutti i cristiani.
Gli apostoli stessi insegnano che la missione è affidata al popolo di ![]() ![]() ![]() Origene, Contro Celso, 3, 55, 5. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 90. | |
Cammino della missione [562] Con il passare del tempo, si perde la piena consapevolezza della vocazione missionaria di tutto il popolo cristiano; ma la missione prosegue comunque, per impulso dello Spirito Santo, e mantiene costantemente un’apertura universale. Alla fine del IV secolo, i paesi intorno al Mediterraneo sono in gran parte cristiani. Durante il medioevo l’evangelizzazione si estende ai popoli germanici e slavi, soprattutto ad opera dei monaci, finché intorno al 1200 tutta l’Europa è ormai battezzata. Nei secoli XIII e XIV la missione, per merito dei nuovi ordini mendicanti, si dirige verso l’Africa del nord e verso l’oriente, fino alla lontana Cina. Ma i successi tangibili sono modesti e poco duraturi. Nuovi sconfinati orizzonti si aprono con le grandi scoperte geografiche del secolo XV. Lungo le coste dell’Africa e dell’Asia meridionale fino all’estremo oriente, attraverso le vaste regioni del nuovo continente americano ad occidente, si avventurano per tre secoli i missionari francescani, domenicani e gesuiti, spesso a prezzo di eroici sacrifici. Ma i risultati di così generosa impresa non sono sempre favorevoli: si va dalla cristianizzazione di un intero continente, l’America, e di un intero paese, le Filippine, alla formazione di nuclei circoscritti di cristiani in Africa e in India, al sostanziale fallimento in Cina e in Giappone. Nello stesso arco di tempo, nei paesi di antica tradizione cristiana si sviluppa un’attività missionaria, intesa come predicazione straordinaria e periodica al popolo, a sostegno e integrazione della pastorale ordinaria. Le missioni estere, pur essendo la forma esemplare della missione, non la esauriscono. Passata la rivoluzione francese, grazie anche al sorgere di nuove congregazioni specificamente missionarie, l’evangelizzazione dei popoli riprende e prosegue con slancio per tutto il secolo XIX, particolarmente in Africa, Indocina e Oceania. Finalmente, nel nostro secolo, la valorizzazione delle culture e del clero del luogo consente ovunque la formazione di Chiese locali complete. | |
Coscienza missionaria [563] Riemerge oggi nella Chiesa la coscienza della comune vocazione missionaria e il magistero del papa e dei vescovi la esprime con forza.
Il popolo di Dio «è inviato a tutti gli uomini, come luce del mondo e sale della terra» ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 9. ![]() Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 14. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 2.
«Il Signore chiama sempre a uscire da se stessi, a condividere con gli altri i beni che abbiamo, cominciando da quello più prezioso che è la fede» ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 49. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 2. | |
[564] La fede in Cristo è «dono di Dio, da vivere in comunità e da irradiare all’esterno sia con la testimonianza di vita che con la parola... prima sul proprio territorio e poi altrove come partecipazione alla missione universale» ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 49. Ogni credente è chiamato ad essere missionario. Tutta la Chiesa è per sua natura missionaria. | |
Comunione missionaria
[565] La dimensione missionaria appartiene all’identità stessa della Chiesa e del cristiano. Ma qual è il senso della missione?
Israele aveva il compito di rivelare nella storia la santità e la
![]() ![]()
La Chiesa «riceve la missione di annunciare il regno di Dio e di Cristo e di instaurarlo fra tutte le genti; di questo regno essa costituisce sulla terra il germe e l’inizio»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 5. | |
[566]
Il regno di Dio è carità. La carità è l’energia e il contenuto centrale dell’evangelizzazione. Tutto si concentra nel vangelo della carità:
![]() ![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 32.
La Chiesa dunque «è inviata da Cristo a rivelare e comunicare la carità di Dio a tutti gli uomini e a tutte le genti»
![]() Concilio Vaticano II, Ad gentes, 10. | |
La via mistica della missione
[567]
La carità è anche la via privilegiata dell’evangelizzazione. A volte è una via che rimane nascosta. In forza della carità, la liturgia, la preghiera, la contemplazione, l’umiltà e la sofferenza hanno un potere di intercessione presso Dio e quindi una misteriosa efficacia missionaria. Per questo santa Teresa di Gesù Bambino, nella clausura del suo monastero, ha meritato di diventare la patrona delle missioni. Soprattutto è fecondo il sacrificio della vita: «Diventiamo più numerosi tutte le volte che siamo mietuti; è un seme il sangue dei cristiani»
![]() Tertulliano, Apologetico, 50, 13. | |
La via della testimonianza
[568]
La via della carità ha anche un’efficacia verificabile, quella della testimonianza: «Si è missionari prima di tutto per ciò che si è, come Chiesa che vive profondamente l’unità dell’amore, prima di esserlo per ciò che si dice o si fa»
![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 23. | |
[569]
Interpella le coscienze con particolare efficacia l’amore preferenziale per i poveri, che, mentre contraddice l’egoismo radicato nell’uomo e le discriminazioni presenti nella società, si fa espressione di una benevolenza diversa, quella di Dio, gratuita e rivolta a tutti. Per questo l’azione caritativa ha sempre avuto grande rilievo nella vita e nella missione della Chiesa. Già la comunità di Gerusalemme aveva un’assistenza organizzata per i bisognosi
![]() ![]() Cf. San Cornelio papa, Lettera a Fabio di Antiochia (in Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica, 6, 43, 11. | |
[570]
A partire dall’attenzione preferenziale ai poveri, la carità evangelica è criterio ed energia per la «trasformazione del mondo»
![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 38. ![]() Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 42. ![]() Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 43. | |
La via dell’annuncio
[571]
La presenza operosa non basta. La testimonianza cristiana include la professione pubblica della fede
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium,11. ![]() ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 6. L’annuncio deve essere coraggioso e franco, ma anche umile: la verità, che abbiamo ricevuto in dono, non è un vanto per noi; è una responsabilità. L’amore per gli interlocutori esige che si rispetti la loro libertà e si tenga conto della loro situazione esistenziale, sociale e culturale, del loro linguaggio, delle loro aspirazioni, dei loro valori etici e religiosi.
Intercessione, testimonianza e annuncio sono le vie della missione, per le quali devono incamminarsi i singoli cristiani, le famiglie e le comunità. Un radicale cambiamento di mentalità e una profonda revisione pastorale occorrono oggi per dare slancio alla missione universale.
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[572] La missione della Chiesa è evangelizzare, cioè annunciare, celebrare e testimoniare l’amore di Dio, che si rivela e si dona in Cristo per la salvezza di tutti gli uomini. Le vie della missione sono la preghiera, avvalorata dal sacrificio, la testimonianza dell’amore reciproco e del servizio ai poveri e alla società, l’annuncio esplicito del vangelo.
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Attuazione esemplare della missione
[573]
L’evangelizzazione è fondamentalmente sempre la stessa, ma assume accentuazioni diverse secondo le situazioni. Si chiama attività pastorale quando si svolge nell’ambito di comunità cristiane vive e solide; nuova evangelizzazione quando riguarda ambienti di tradizione cristiana scristianizzati; attività missionaria in senso specifico quando è destinata a popolazioni che ancora ignorano Cristo
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 33. | |
Il motivo fondamentale
[574] La sua urgenza deriva dalla sua finalità: rendere visibilmente presente in un ambiente umano il mistero della Chiesa, germe e strumento di salvezza, portando il vangelo e fondando Chiese particolari.
«Dire che tutta la Chiesa è missionaria non esclude che esista una specifica missione per i non cristiani»; analogamente «dire che tutti i cattolici debbono essere missionari non esclude, anzi richiede che ci siano missionari per i non cristiani e a vita per vocazione specifica»
![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 32. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 65. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 77. Ma perché si deve fare attività missionaria verso i non cristiani? Non possono salvarsi anche seguendo un’altra religione? Non bisogna rispettare la loro coscienza e la loro identità storica? Sono domande che molti oggi pongono.
| CCC, 851 |
La salvezza dei non cristiani
[575]
Dio «vuole che tutti gli uomini siano salvati» per mezzo di un solo «mediatore..., l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti» (1Tm 2,4-6). A lui con il dono dello Spirito Santo associa la Chiesa «come strumento di redenzione per tutti»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 9. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 18. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 10.
Tutti gli uomini dunque con modalità diverse entrano in rapporto con la Chiesa: i cattolici sono «pienamente incorporati», mentre i catecumeni sono congiunti dal «desiderio esplicito»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 14. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 15. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 16. ![]() ![]() San Cipriano di Cartagine, Lettere, 73, 21, 2. Cf. Origene, Omelie su Giosuè, 3, 5. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 14; Id., Ad gentes, 7. | CdA, 24 CONFRONTAVAI CdA 42 CONFRONTAVAI CdA 401 CONFRONTAVAI CdA 582 CONFRONTAVAI CdA 585 CONFRONTAVAI |
Il cristianesimo compimento delle religioni
[576]
Verso Cristo e la sua Chiesa convergono le religioni del
![]() ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 16. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 17; cf. Id., Ad gentes, 9. ![]() Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2. ![]() Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 24. | CCC, 842-845 |
Proposta, non imposizione
[577]
La Chiesa, da parte sua, abbraccia come Cristo tutti gli uomini, compresi i suoi persecutori, perché «giungano a glorificare Dio nel giorno del giudizio» (1Pt 2,12). Intercede per tutti, offrendo preghiere e sofferenze. Si rivolge ai non cristiani con l’attività missionaria, affermando con coraggio e con chiarezza che Cristo è la rivelazione definitiva di Dio e l’unico Salvatore dell’uomo. Sa di aver ricevuto in dono questa verità, senza alcun merito proprio; ma si sente responsabile di essa e ne custodisce scrupolosamente l’integrità per il bene di tutti
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 56. | |
[578] È triste ricordare come più volte, in altre epoche, il vangelo sia stato imposto con la forza delle leggi e delle armi. È doloroso che importanti tesori di civiltà siano andati distrutti, presso numerosi popoli, a motivo della colonizzazione culturale, malgrado l’impegno lungimirante di personalità eccezionali, come san Gregorio Magno, Alessandro Valignano, Matteo Ricci e Roberto de’ Nobili. Ciò è avvenuto contro il vangelo stesso e va attribuito sia ai peccati personali sia, ancor più, ai condizionamenti culturali. Sarebbe comunque ingiustificato dedurre dagli abusi del passato l’opportunità di sospendere l’attività missionaria: si è abusato e si abusa continuamente della scienza e della tecnica, eppure nessuno pensa che si debba per questo rinunciare alla ricerca e al progresso.
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Annuncio e dialogo
[579]
L’annuncio di Cristo deve essere fatto in un clima di dialogo e di collaborazione: «La Chiesa non vede un contrasto tra l’annuncio del Cristo e il dialogo interreligioso»
![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 55. | CCC, 856 |
[580] L’attività missionaria, in senso specifico, è rivolta a coloro che ancora ignorano Cristo; mira a diffondere il vangelo e a fondare la comunità cristiana, segno efficace di salvezza. È l’attuazione esemplare e più urgente della missione della Chiesa. Essa ha bisogno di speciali vocazioni di totale consacrazione e deve essere sostenuta dalla cooperazione di tutti i fedeli e di tutte le comunità ecclesiali.
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L’esperienza originaria
[429]
Lo Spirito Santo riunisce i credenti nella Chiesa. L’amore del Padre, rivelato dal Figlio morto e risorto, viene comunicato ai discepoli,
![]() Nel giorno stesso di Pentecoste si forma la prima comunità, quella di Gerusalemme, madre e modello di tutte le altre che seguiranno. Secondo il racconto di Luca, la sua crescita è prodigiosa. Ancor più mirabile appare il quadro della vita comunitaria, sebbene non manchi il comportamento indegno di qualche membro.
I credenti sono «assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (At 2,42). Ascoltano e meditano la parola di Dio. Lodano e ringraziano continuamente il Signore; invocano il suo aiuto nelle difficoltà. Celebrano il mistero della morte e risurrezione di Cristo con l’eucaristia, ripetendo il gesto da lui compiuto nell’ultima cena. Stanno volentieri insieme; si fanno carico dei servizi necessari; condividono i beni materiali, con libertà e generosità, continuando l’esperienza già fatta da alcuni di loro insieme a Gesù. Portano ovunque la loro coraggiosa testimonianza, suscitando la simpatia del popolo e l’ostilità della classe dirigente, specialmente di quella di orientamento sadduceo. Gli apostoli, e particolarmente Pietro, svolgono, con autorità e semplicità, un compito prezioso di guida e di animazione
![]() | CCC, 1342CCC 2623-2624CCC 770-771 |
Identità visibile della Chiesa
[430] Si tratta di un’esperienza storica irripetibile, in cui però è delineata la figura essenziale di ogni vera comunità cristiana: comunità concreta di credenti in Cristo, uomini in carne ed ossa, santi e peccatori, riuniti sotto la guida dei pastori, nella condivisione di beni spirituali e materiali, dove il mistero pasquale del Signore è proclamato con la predicazione, attualizzato nell’eucaristia e negli altri sacramenti, vissuto nella carità.
Per essere riconoscibile come segno davanti al mondo, la Chiesa deve possedere una precisa identità visibile; deve configurarsi come comunità di fede, di culto e soprattutto di rapporti fraterni: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). Perciò l’ordinamento e la prassi comunitaria seguiranno criteri diversi rispetto agli altri gruppi umani: adesione libera
![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]()
Nella misura in cui assumerà questi lineamenti, la comunità cristiana contribuirà efficacemente a costruire la pace sulla terra e sarà immagine credibile della comunione trinitaria delle persone divine: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21).
| CCC, 812 |
Una e cattolica
[454]
La Chiesa è una e universale. Tutti i cristiani, per quanto diversi tra loro, diventano «uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28) in virtù dello Spirito Santo. Questa moltitudine unificata è immagine visibile della Santa Trinità
![]() ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 1; 13.
L’universalità, o cattolicità, della Chiesa assume figura storica nella comunione visibile delle comunità cristiane esistenti e nella tensione missionaria a crearne di nuove, accogliendo in Cristo «tutta l’umanità e i suoi beni»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 13.
Le comunità sono nate come Chiese sorelle, con una fitta rete di rapporti reciproci. Hanno riconosciuto la presidenza della Chiesa di Roma, custode della comunione e garante della verità
![]() Cf. Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai Romani, Prologo. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 8. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 85. | CCC, 830-831CdA, 406 CONFRONTAVAI |
Santità e peccato nella Chiesa
[436]
La Chiesa è il popolo santo, consacrato da Dio. Il suo capo, Cristo, la unisce a sé e la vivifica con il dono dello Spirito; la rigenera incessantemente con la sua parola e i sacramenti; le comunica la forza della carità, partecipazione alla vita stessa di Dio, che abilita a praticare la nuova giustizia, prospettata nel discorso della montagna.
Tutti i cristiani sono chiamati alla santità, che consiste nella perfezione della carità. Non si tratta semplicemente di un’esortazione o di un dovere, ma di «un’insopprimibile esigenza del mistero della Chiesa»
![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 16. | |
[437]
Tuttavia la Chiesa include anche i peccatori; «è santa e insieme
![]() ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 8. ![]() ![]() ![]() ![]() Cf. San Giustino, Dialogo con Trifone, 110, 1-2. La risposta è che la Chiesa, pur essendo la forma autentica e definitiva del popolo di Dio, è ancora in cammino nella storia. Sebbene per l’assistenza dello Spirito Santo sia preservata da una defezione totale, è ancora soggetta nei suoi membri alla tentazione di voltare le spalle a Dio, come lo fu Israele in cammino nel deserto. La Chiesa non è il Regno compiuto; è solo il segno, lo strumento e il germe di esso.
| |
Una e cattolica
[454]
La Chiesa è una e universale. Tutti i cristiani, per quanto diversi tra loro, diventano «uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28) in virtù dello Spirito Santo. Questa moltitudine unificata è immagine visibile della Santa Trinità
![]() ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 1; 13.
L’universalità, o cattolicità, della Chiesa assume figura storica nella comunione visibile delle comunità cristiane esistenti e nella tensione missionaria a crearne di nuove, accogliendo in Cristo «tutta l’umanità e i suoi beni»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 13.
Le comunità sono nate come Chiese sorelle, con una fitta rete di rapporti reciproci. Hanno riconosciuto la presidenza della Chiesa di Roma, custode della comunione e garante della verità
![]() Cf. Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai Romani, Prologo. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 8. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 85. | CCC, 830-831CdA, 406 CONFRONTAVAI |
Universale e particolare
[455]
La Chiesa ha anche una dimensione particolare, ugualmente necessaria. Nel Nuovo Testamento la parola Chiesa serve per indicare sia la comunità dei credenti diffusa su tutta la terra, sia la comunità locale che risiede in una città, sia l’assemblea riunita materialmente in un luogo
![]()
È ovvio che Chiesa universale e Chiesa particolare sono rispettivamente il tutto e la parte sul piano sociologico esteriore. Non lo sono però interiormente, a livello profondo e misterioso. Qui c’è un’unica assemblea universale, perennemente riunita in quel tempio «non fatto da mani d’uomo» (Mc 14,58) che è il corpo glorioso di Cristo risorto. Tutti i cristiani, ovunque si trovino, sono uniti a Cristo e tra loro, in virtù dello Spirito Santo, «uno e identico»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 7.
In ogni Chiesa particolare «è veramente presente e opera la Chiesa di Cristo, una santa cattolica e apostolica»
![]() Concilio Vaticano II, Christus Dominus, 11; cf.. Id., Lumen gentium, 26. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 23. ![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 25. | CCC, 832-835 |
Apostolicità della Chiesa
[482]
Per i primi cristiani il regno di Dio coincide con la presenza del Signore Gesù che comunica il suo Spirito; non è un’intuizione o un progetto da elaborare, ma una persona da accogliere.
La Chiesa vive di Cristo mediante lo Spirito. È chiamata a conformarsi a lui e, per conformarsi a lui, ha bisogno di ricordare tutto quello che egli ha detto e ha fatto
![]() ![]() ![]() ![]() La Chiesa è apostolica in quanto, attraverso la Scrittura e la Tradizione vivente, riceve dagli apostoli la dottrina e l’esperienza della fede, i sacramenti della grazia e il ministero dei pastori, in modo da essere fedele a Cristo e partecipare alla sua vita.
| CdA, 608 CONFRONTAVAI |
[483]
Gesù non è un’idea o un simbolo; è una persona, con una storia concreta
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 18. | |
[496] Uno solo è il popolo di Dio, ma al suo interno si distinguono ministri ordinati, laici, persone di vita consacrata. Comuni sono la dignità, la vocazione alla santità e la missione evangelizzatrice; ma si attuano secondo modalità diverse e complementari. La varietà di carismi, ministeri, stati di vita e vocazioni consente uno scambio incessante di doni e una feconda comunicazione di carità.
| |
Pari dignità
[497]
Nell’Antico Testamento lo Spirito Santo veniva effuso su alcuni
![]() ![]()
Tutti i fedeli ricevono lo Spirito; tutti sono incorporati a Cristo mediante il battesimo; tutti sono figli di Dio, fratelli tra di loro, eredi della vita eterna. Tutti sono chiamati alla santità, che consiste nella perfezione della carità; tutti cooperano a edificare la Chiesa
![]() ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 90. | CCC, 871-873 |
[498]
Le discriminazioni, presenti nella società, non hanno alcun senso nella vita ecclesiale: «Tutti voi siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,26-28). Lo schiavo diventa «un fratello carissimo» (1Fm 16); la donna una sorella e una cooperatrice all’evangelizzazione. Tutti i cristiani hanno pari dignità; anzi sono uniti a Cristo e tra di loro, come una sola persona.
| |
Diversità e complementarità
[499]
Sparisce allora ogni differenza? L’uguaglianza fondamentale e la comunione comportano forse l’uniformità? Certamente no: dallo stesso Spirito derivano unità e varietà. Gli Atti degli apostoli mostrano che, se tutti i credenti hanno una funzione profetica, alcuni però hanno un dono particolare di profezia
![]() ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 4. | CCC, 814CdA, 747 CONFRONTAVAI |
[500]
L’unica Chiesa, non solo esiste in molte Chiese e si esprime in
![]()
La comunità ecclesiale è come un organismo vivo e operante: «In un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione... Abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi» (Rm 12,46). «Dio ha composto il corpo» in modo che «le varie membra avessero cura le une delle altre» (1Cor 12,24-25). Tutti sono abbastanza poveri per dover ricevere; tutti abbastanza ricchi per poter dare. «Non può l’occhio dire alla mano: “Non ho bisogno di te”; né la testa ai piedi: “Non ho bisogno di voi”. Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più necessarie» (1Cor 12,21-22). I credenti sono responsabili gli uni degli altri; tra loro vige la legge della reciprocità: devono stimarsi a vicenda, accogliersi, edificarsi, servirsi, sostenersi, correggersi, confortarsi. Nel mutevole intrecciarsi di tante storie personali si attua una incessante comunicazione di carità.
| |
[501]
«Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio
![]() ![]() Sant’Agostino, Discorsi, 276, 4. | |
Carismi
[502]
I carismi sono grazie speciali dello Spirito Santo, con le quali ogni fedele viene reso adatto e pronto ad assumere qualche compito e a svolgere qualche attività, in modo da giovare, direttamente o indirettamente, alla santità della Chiesa, alla sua vitalità apostolica, al bene delle persone e della società
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 12; Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 24. | CCC, 951CCC 2003 |
[503]
I carismi, sebbene l’uso che spesso si fa di questa parola possa far pensare a qualcosa di eccezionale, vengono concessi a tutti i fedeli. «Sono dati alla persona singola, ma possono anche essere condivisi da altri»; possono prolungarsi nel tempo e passare da una generazione all’altra «come una preziosa e viva eredità», dando luogo a «una particolare affinità spirituale»
![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 24.
Essi sono innumerevoli come le esigenze alle quali rispondono. Alcuni sono del tutto ordinari, come il matrimonio, la verginità, l’assistenza ai malati e ai poveri, altri straordinari come i miracoli; alcuni occasionali e spontanei, come il parlare lingue sconosciute, altri stabili come il compito di maestro, altri perfino istituzionali come gli uffici di presbitero e di evangelizzatore, conferiti con l’imposizione delle mani. Il Nuovo Testamento ignora ogni dualismo tra carisma e istituzione: lo Spirito è libero di agire come vuole, fuori e dentro l’istituzione.
| |
[504]
Tutti i carismi sono preziosi; «devono essere accolti con gratitudine e consolazione»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 12. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 12..
carismi non vanno confusi con le aspirazioni e le imprese puramente umane. Sono autentici, se si trovano in armonia con la dottrina della fede, professata dalla Chiesa, con l’effettiva utilità della comunità e con le direttive date dai pastori per il necessario coordinamento.
| |
Ministeri
[505] Alla varietà dei carismi corrisponde una varietà di servizi, momentanei o duraturi, privati o pubblici. I servizi ecclesiali stabili e pubblicamente riconosciuti vengono chiamati ministeri. Ci sono innanzitutto i ministeri ordinati dei vescovi, dei presbìteri e dei diaconi. Ci sono poi i ministeri dei laici, fondati sul battesimo e sulla cresima e conferiti attraverso il riconoscimento, ufficiale o di fatto, della comunità e del vescovo.
| CCC, 874-879CCC 901-903CCC 906CCC 1143 |
[506]
Tra i ministeri laicali ricordiamo per primi quelli istituiti con rito liturgico: i lettori e gli accoliti. Non meno importanti però sono quello dei ministri straordinari della comunione eucaristica e quelli dei responsabili di attività ecclesiali, a cominciare dai catechisti: testimoni, insegnanti ed educatori per la crescita dei fratelli nella fede
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 73. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 74.
L’attuazione dei ministeri laicali, fondati sui sacramenti del battesimo e della confermazione, non deve recar pregiudizio al sacerdozio ministeriale, fondato sul sacramento dell’ordine; non deve dar luogo ad alcun livellamento o struttura parallela
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 23. | |
Stati di vita e vocazioni
[507]
Insieme alla varietà dei servizi, la comunione ecclesiale comporta varietà delle forme di vita, cioè dei modi stabili di configurarsi a Cristo, di rapportarsi agli altri e alle cose. Vi sono innanzitutto tre modalità generali: lo stato laicale, caratterizzato dall’impegno secolare; lo stato ministeriale ordinato, caratterizzato dalla rappresentanza di Cristo pastore; lo stato di speciale consacrazione, caratterizzato dalla testimonianza alla vita del mondo che verrà
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 55. ![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 55. | CCC, 871-873 |
[508]
All’interno di questi tre stati di vita, si precisano diversi cammini spirituali e apostolici concreti: sono le molteplici vocazioni particolari
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 56. Dono di Dio e scelta dell’uomo, la vocazione passa attraverso una preghiera perseverante, un prudente discernimento e una graduale maturazione, con la cooperazione di sagge guide spirituali. Alcune vocazioni comportano una chiamata della Chiesa. Per il discernimento occorre considerare la storia personale, le circostanze esterne, le attitudini, le corrette motivazioni, l’attrattiva interiore. La maturazione consiste nel purificare e consolidare le motivazioni, nell’assumere uno stile di vita adeguato, nell’incanalare l’affettività verso gli obiettivi vocazionali, nel rimanere fedeli alla decisione presa.
| CdA, 800 CONFRONTAVAI |
[509]
Le vocazioni, infine, si personalizzano in modo originale in ogni singolo fedele. Ognuno è chiamato per nome; ognuno ha la sua storia e porta un proprio contributo al regno di Dio
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 56. ![]() San Cirillo di Gerusalemme, Catechesi prebattesimali, 16, 12. | |
Istituzione divina
[511] Del ministero apostolico partecipano quei credenti che vengono scelti perché siano rappresentanti di Cristo pastore e in suo nome sostengano la vita di fede e di carità di tutti i fedeli attraverso la predicazione della Parola, la celebrazione dei sacramenti, la guida della comunità, nella continuità della tradizione apostolica. La funzione ecclesiale, che viene loro affidata, è tale da polarizzare tutta la loro esistenza e determinare il loro modo di essere cristiani, il loro genere di vita.
| CCC, 551CCC 858-860CCC 877 |
[512]
Già durante il ministero pubblico di Gesù, i Dodici sono stati associati alla sua missione e inviati ad annunciare il regno di Dio e a porre in atto i segni della sua venuta, condividendo lo stesso stile di vita del Maestro
![]() ![]() | CdA, 201-204 CONFRONTAVAI |
[513]
Nella Chiesa delle origini gli apostoli occupano il primo posto tra
![]()
Formano un collegio, presieduto da Pietro, e guidano insieme il cammino iniziale della prima comunità di Gerusalemme. Cresce però in fretta il numero dei credenti ed essi sentono il bisogno di associarsi dei collaboratori. Creano prima sette responsabili per una parte della comunità, quella di lingua e cultura greca, che presto verrà perseguitata e cacciata dalla città
![]() | |
[514]
Le comunità che man mano si aggiungono a quella di Gerusalemme hanno anch’esse dei responsabili: ad Antiòchia cinque «profeti e dottori» (At 13,1); nelle città dell’Asia Minore un collegio di presbìteri stabiliti dallo Spirito Santo attraverso gli apostoli; a Filippi «i vescovi e i diaconi» (Fil 1,1); a Tessalonica i «preposti nel Signore» (1Ts 5,12); altrove «pastori e maestri» (Ef 4,11). I titoli non sono ancora precisi e ufficiali e variano da un ambiente all’altro. Nell’insieme però appare abbastanza chiaro che le comunità sono guidate da un collegio di responsabili, sotto l’autorità dell’apostolo fondatore.
| |
[515]
Con l’andar del tempo gli apostoli avvertono la necessità di una successione: «Istituirono i vescovi e i diaconi e diedero ordine che, quando costoro fossero morti, altri uomini provati succedessero nel loro ministero»
![]() San Clemente di Roma, Lettera ai Corinzi, 44, 2.
Poco più tardi Ignazio di Antiòchia attesta che ogni comunità, «fino ai confini della terra», è governata da un solo vescovo; anzi afferma che senza il vescovo, il collegio dei presbìteri e i diaconi, non ci può essere una vera Chiesa
![]() Cf. Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai cristiani di Tralle, 3, 1; Id., Lettera agli Efesini, 3, 2. Da allora la struttura gerarchica della Chiesa è rimasta immutata e i vescovi presiedono le comunità come successori degli apostoli, con l’aiuto dei presbìteri e dei diaconi.
Questa linea di sviluppo offre sicuro fondamento alla dottrina cattolica, che è così sintetizzata dal concilio Vaticano II: «Per istituzione divina i vescovi sono succeduti agli apostoli quali pastori della Chiesa»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 20. | |
Successori degli apostoli
[516]
Il senso di questa successione va precisato. Gli apostoli, con la loro testimonianza diretta e originaria su Cristo, pongono il fondamento della Chiesa una volta per sempre. I pastori, che collaborano con loro e poi prendono il loro posto, curano che la costruzione dell’edificio prosegua sul medesimo fondamento
![]()
I pastori succedono dunque agli apostoli, in quanto custodiscono e trasmettono fedelmente la loro testimonianza, «il buon deposito» (2Tm 1,14), con la grazia dello Spirito Santo, per consentire a tutti i credenti di rivivere l’esperienza originaria e di essere veramente Chiesa di Cristo.
| CCC, 861-862 |
Il carisma dell’autorità
[517]
In concreto alimentano la fede e la carità di tutti i credenti con il servizio della Parola e la celebrazione dei sacramenti; verificano e coordinano i vari carismi, in una disciplina ordinata, che sia segno visibile della comunione in Cristo. Fanno questo con l’autorità ricevuta «per edificare» (2Cor 13,10), cioè per radunare il popolo di Dio. Anzi, hanno avuto un carisma particolare dallo Spirito Santo, attraverso il rito sacramentale dell’ordinazione, come dice la seconda Lettera a Timòteo: «Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani» (2Tm 1,6)
![]() | CCC, 894-895 |
Segno e presenza di Cristo pastore
[518] La missione da svolgere contribuisce a individuare l’identità dei ministri ordinati. Questa però è connotata essenzialmente dal loro rapporto con Cristo.
In virtù del sacramento essi diventano rappresentanti di Cristo, pastore e servo, nella triplice funzione profetica, regale e sacerdotale. Come il Padre ha mandato il Figlio e si è manifestato attraverso di lui, così Gesù manda i suoi discepoli e si rende presente attraverso di loro. Colui che invia, viene lui stesso insieme con coloro che sono inviati. Essi non sono semplici delegati, ma segno visibile ed efficace della sua presenza. Non sono intermediari, ma consentono di incontrare in modo umano l’unico mediatore. Non solo lo rappresentano, ma lo ripresentano. Quello che Gesù diceva riferendosi al Padre, essi lo possono ripetere in riferimento a Gesù: «Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo» (Gv 8,29).
| CCC, 886CCC 888-896CCC 1548-1549CdA, 719-720 CONFRONTAVAI |
In unione a Cristo rappresentanti della Chiesa
[519] Mentre rappresentano Cristo di fronte alla Chiesa, rappresentano in unione a Cristo la Chiesa davanti al Padre e intercedono per lei. La rappresentano anche davanti agli uomini, in quanto costituiscono il fondamento visibile della sua unità e fedeltà evangelica. Si tratta di una rappresentanza sacramentale in virtù dello Spirito e non di una rappresentanza in senso democratico. I ministri ordinati ricevono il potere da Cristo, non dalla comunità. Non sono delegati di essa, neppure quando vengono designati con la sua partecipazione.
Ciò non vuol dire che debbano agire in maniera autoritaria, senza consultare nessuno. Al contrario devono farsi interpreti e servitori della vita della Chiesa, in piena fedeltà al vangelo. Le decisioni devono maturare in un clima di preghiera, di fraternità, di ascolto reciproco e di conversione al Signore da parte di tutti, pastori compresi. Se è vero che i pastori non sono dalla Chiesa, sono però per la Chiesa e nella Chiesa. Rimangono cristiani come gli altri, ascoltano la parola che predicano e ricevono l’eucaristia che distribuiscono. Inoltre devono esercitare il loro ministero in una prassi di comunione, valorizzando gli altri carismi e ministeri: «I vescovi non devono solo insegnare, ma anche imparare»
![]() San Cipriano di Cartagine, Lettere, 74, 10, 1. | CCC, 1552-1553 |
Spiritualità caratteristica
[520]
L’ordinazione sacramentale, mentre costituisce i pastori
![]()
I ministri ordinati sono chiamati a vivere la radicalità evangelica con motivazioni diverse rispetto alle persone di vita consacrata, non propriamente per essere segno dell’uomo nuovo escatologico, ma per rappresentare al vivo Cristo pastore che dà se stesso per il suo gregge
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 25. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 41. | CCC, 896CCC 1550CdA, 721 CONFRONTAVAI |
Tre gradi del ministero
[521]
Fin dai primi tempi si distinguono nella Chiesa diverse figure di pastori. Il ministero pastorale è di istituzione divina e «viene esercitato in ordini diversi da coloro che già in antico vengono chiamati vescovi, presbìteri, diaconi»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 28; cf. Concilio di Trento, Sess. XXIII, Dottr. Sul sacramento dell’ordine, Can. 6 - DS 1776. | CCC, 1554-1571 |
Il vescovo
[522]
Il vescovo possiede la «pienezza del sacerdozio»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 41. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 27. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 23. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Ad gentes, 20; 38. | |
Il presbitero
[523]
«I presbìteri, pur non possedendo il vertice del sacerdozio, ma dipendendo dai vescovi nell’esercizio della loro potestà, sono tuttavia congiunti a loro nella dignità sacerdotale. In virtù del sacramento dell’ordine e ad immagine di Cristo sommo ed eterno sacerdote, sono consacrati per predicare il vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino, quali veri sacerdoti della nuova alleanza»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 28. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 6. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 28. ![]() Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 5. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 41. | CdA, 723 CONFRONTAVAI |
Il diacono
[524]
I diaconi sono ordinati «non per il sacerdozio», cioè per offrire a nome di Cristo il sacrificio eucaristico, «ma per servire»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 29. ![]() Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai cristiani di Magnesia, 6, 1. | |
[525] Eredi degli apostoli, segno e presenza di Cristo pastore, in suo nome e con la sua autorità, i vescovi, coadiuvati dai presbiteri e dai diaconi, predicano la parola di Dio, celebrano i sacramenti, guidano la comunità cristiana.
Sono chiamati a svolgere questa missione animati dalla carità pastorale, in un clima di preghiera e secondo uno stile di radicalità evangelica.
| |
Un ministero collegiale
[526] Il ministero apostolico ha un carattere personale, in quanto ognuno dei ministri è chiamato da Cristo e, costituito suo rappresentante, agisce con responsabilità propria. Ma ha anche un carattere collegiale, in quanto i vescovi formano il collegio episcopale intorno al papa e, in modo analogo, i presbìteri formano il presbiterio diocesano sotto l’autorità del vescovo.
| |
[527]
Ogni vescovo in quanto tale è membro del collegio episcopale. «L’episcopato è uno e indiviso»
![]() San Cipriano di Cartagine, L’unità della Chiesa cattolica, 5. ![]() San Cipriano di Cartagine, Lettere, 66, 8, 3. ![]() Sant’Agostino, Discorsi, 46, 29-30.
Il collegio è formato dai vescovi insieme al papa e ha «piena e suprema potestà su tutta la Chiesa... In quanto composto da molti, sta ad esprimere la varietà e l’universalità del popolo di Dio; in quanto raccolto sotto un solo capo, sta ad esprimere l’unità del gregge di Cristo»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 22. | |
Le manifestazioni della collegialità
[528]
La natura collegiale dell’episcopato si manifesta concretamente nei vincoli visibili di fede, di carità, di disciplina e di corresponsabilità pastorale, in alcune istituzioni come i patriarcati o le conferenze episcopali, in alcuni avvenimenti come la concelebrazione dell’ordinazione, i sinodi e soprattutto i concili ecumenici
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 22; 23.
Nei concili ecumenici il collegio dei vescovi «esercita in modo solenne la potestà sulla Chiesa universale»
![]() Codice di Diritto Canonico, 387, 1. | |
La responsabilità locale e universale del vescovo
[529]
Il singolo vescovo «viene costituito membro del corpo episcopale in forza della consacrazione sacramentale e mediante la comunione gerarchica con il capo e i membri del collegio»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 22. | CCC, 1560 |
Il carisma di Pietro
[531]
Il collegio dei vescovi succede a quello degli apostoli; il vescovo di Roma succede a Pietro. Da lui eredita il compito di confermare i fratelli nella fede, il carisma della “roccia”, che dà coesione e stabilità a tutta la Chiesa: «Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22,31-32).
Durante la vita pubblica, Gesù ha dato a Simone il nuovo nome di Pietro
![]() ![]() ![]() | CCC, 551-553CdA, 204 CONFRONTAVAI |
Il vescovo di Roma successore di Pietro
[532]
Pietro, nella prima comunità di Gerusalemme, è sempre in prima fila come protagonista, nel prendere la parola a nome di tutti gli apostoli, nel compiere le guarigioni miracolose, nel punire gli indegni, nel confermare le conversioni, nell’ammettere i pagani, nell’affermare la libertà cristiana di fronte alla legge mosaica.
Pietro e Paolo, «le più grandi e le più giuste colonne», portano a compimento la loro testimonianza a Roma, dove versano il sangue per Cristo «insieme a una grande moltitudine di eletti»
![]() San Clemente di Roma, Lettera ai Corinzi, 5, 1-2; 6, 1. ![]() Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai Romani, Prologo. ![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 3, 2. ![]() San Massimo il Confessore, Opuscoli teologici e polemici, Lettera scritta da Roma. | CCC, 194CCC 834 |
Visibile principio di unità
[533]
Il vescovo di Roma, erede della testimonianza di Pietro, «è il perpetuo e visibile principio e il fondamento dell’unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 23. | |
[534] Il papa eredita il compito che Gesù ha assegnato a Pietro: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,18-19).
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Indole secolare
[535]
La Chiesa è il segno efficace del regno di Dio che viene nella storia e comincia a salvare il mondo. Fa parte della sua missione ordinare secondo il vangelo le realtà temporali: famiglia, lavoro, cultura, società
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 5; Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 16.
Questo compito viene attuato soprattutto mediante l’impegno dei fedeli laici. Se una certa dimensione secolare è comune a tutti i cristiani, «è proprio e specifico dei laici il carattere secolare»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 31; cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 15. | |
[536]
Gesù a Nàzaret ha condotto per lunghi anni un’esistenza di tipo secolare: famiglia, relazioni sociali, lavoro. Successivamente, durante la sua vita pubblica, possiamo vedere rappresentati i fedeli laici da quei discepoli che credono in lui, ma rimangono a casa propria, immersi nelle consuete occupazioni, senza seguirlo fisicamente nel suo ministero itinerante. A uno di essi viene rivolto questo invito: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato» (Mc 5,19). Secondo l’insegnamento del Maestro, verginità e matrimonio, rinuncia alle ricchezze e uso corretto di esse sono due forme esigenti della nuova santità, resa possibile dal regno di Dio. Sia chi esce dalle ordinarie condizioni di vita sia chi vi rimane dentro può e deve vivere le beatitudini.
| CdA, 200 CONFRONTAVAI |
Santità laicale
[537]
Chi è immerso nelle realtà della famiglia, della professione e della vita sociale, deve santificarsi valorizzando queste realtà. La presenza nel mondo può diventare dedizione a Dio e missione: «È proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 31. ![]() Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 15. La santità dei laici si sviluppa attraverso la preghiera, l’ascolto della parola di Dio e la partecipazione ai sacramenti, come quella dei pastori e dei religiosi; ma si nutre anche di quotidiane occupazioni e preoccupazioni: famiglia, scuola, ufficio, fabbrica, negozio, palestra, traffico, quartiere, sindacato, politica... Pur essendo sostanziata di fede, speranza e carità come ogni altra santità, possiede una fisionomia propria con virtù umane specifiche, come la competenza nella professione, la fedeltà e la tenerezza in famiglia, la lealtà e la giustizia nelle relazioni sociali, l’obbedienza verso i pastori della Chiesa e la corresponsabilità nella vita ecclesiale.
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Impegno ecclesiale
[538]
In virtù del battesimo e della cresima, i fedeli «sono tenuti a professare davanti agli uomini la fede ricevuta,... a diffondere e a difendere la fede con la parola e con l’azione, come veri testimoni di Cristo»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 11. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 35.
Purtroppo anche tra i cattolici praticanti è piuttosto diffuso il pregiudizio che la fede sia un affare privato, anzi individuale, qualcosa che ognuno si tiene per sé. Bisogna maturare una coscienza missionaria, rendersi conto che l’apostolato, anche quello dei laici, «non consiste soltanto nella testimonianza della vita; il vero apostolo cerca le occasioni per annunziare Cristo con la parola sia ai non credenti per condurli alla fede, sia ai fedeli per istruirli, confermarli e indurli a una vita più fervente»
![]() Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 6.
Il primo apostolato è quello spontaneo delle singole persone: è capillare, costante, particolarmente incisivo; è possibile in famiglia, tra i vicini e gli amici, tra i colleghi di lavoro, tra i compagni di svago o di viaggio; è il migliore presupposto anche per l’apostolato associato
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 28. Insieme all’apostolato personale, ha particolare valore ed efficacia quello della famiglia cristiana. Fondata sul sacramento del matrimonio, la famiglia è chiamata ad essere immagine viva della Chiesa e soggetto privilegiato di evangelizzazione. In modo proprio e originale può manifestare la presenza e la carità di Cristo, sia con la vita ordinaria di ogni giorno, sia mediante opportune iniziative in ambito ecclesiale e sociale.
| |
[539]
Per molti laici la partecipazione alla missione della Chiesa si esprime anche in forme aggregative: associazioni, movimenti, comunità, gruppi. La libertà associativa è un diritto che deriva dal battesimo e si deve attuare nel rispetto dei “criteri di ecclesialità”
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 18; Codice di diritto canonico, 215; Giovanni Paolo II, Christifideles laici 29; 30. ![]() Paolo VI, Discorso ai partecipanti all’Assemblea nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, 25 aprile 1977.
Ma tutti i laici, in qualche modo, devono attivamente partecipare alla vita delle loro comunità ecclesiali. Alcuni sono anche chiamati ad assumere ministeri e a far parte di organismi pastorali
![]() Cf. Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 73. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 37. | |
Impegno nella società
[540]
È senz’altro auspicabile una presenza numerosa e qualificata dei laici nelle attività ecclesiali. Tuttavia «il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell’economia; così pure della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; ed anche di altre realtà particolarmente aperte all’evangelizzazione, quali l’amore, la famiglia, l’educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza. Più ci saranno laici penetrati di spirito evangelico, responsabili di queste realtà ed esplicitamente impegnati in esse, competenti nel promuoverle e consapevoli di dover sviluppare tutta la loro capacità cristiana spesso tenuta nascosta e soffocata, tanto più queste realtà, senza nulla perdere né sacrificare del loro coefficiente umano, ma manifestando una dimensione trascendente spesso sconosciuta, si troveranno al servizio dell’edificazione del regno di Dio, e quindi della salvezza in Gesù Cristo»
![]() Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 70. | |
Dono divino
[542]
La vita consacrata è «dono divino che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 43. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 44.
Tra quanti credono in lui, alcuni sono chiamati a lasciare per la causa del regno di Dio abitazione, professione e famiglia, abbracciando l’ideale della perfetta castità, che non tutti possono capire, «ma solo coloro ai quali è stato concesso» (Mt 19,11). Rinunciando ai beni materiali e al matrimonio, seguono più da vicino il Maestro e si dedicano più liberamente al servizio apostolico. Assumendo uno stile di vita diverso dall’ordinario, professano più apertamente la fede in lui e diventano un segno più evidente della nuova vicinanza di Dio e dell’inizio di un mondo nuovo che si compirà nella risurrezione futura, quando «non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo» (Mt 22,30).
| CdA, 200 CONFRONTAVAI |
Le prime esperienze
[543]
La comunità itinerante dei primi discepoli ha un seguito nella
![]() ![]() A Gerusalemme guarderanno, come a un modello perfetto, tutte le comunità cristiane successive; ma saranno specialmente le comunità di vita consacrata che si sentiranno chiamate a rivivere quel modello con la stessa radicalità.
| CdA, 429 CONFRONTAVAI |
[544]
Fin dal tempo degli apostoli l’intimità con il Cristo risorto trova un’espressione privilegiata nella verginità e nel celibato
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Certo, anche il matrimonio è una via alla santità cristiana. Ma la verginità e il celibato manifestano con più chiarezza la dedizione al Signore e la fede nella realtà nuova che sta iniziando. Costituiscono per tutti un appello deciso a non lasciarsi imprigionare dai beni terreni, che passano
![]() | |
Mirabile varietà
[545]
Nei primi secoli, mescolati tra i comuni cristiani, vivono numerosi asceti e vergini: «Molti uomini e donne, che ora hanno sessanta o settanta anni di età, istruiti fin dalla loro infanzia nell’insegnamento di Cristo, hanno osservato la verginità»
![]() San Giustino, Prima apologia, 15, 6. ![]() Clemente d’Alessandria, Stromati, 2, 1, 4.3.
Dal III secolo ad oggi, la storia della Chiesa vede sorgere in ogni
![]() Sant’Antonio e gli eremiti nel deserto. Le comunità monastiche di San Pacomio e di San Basilio. I monaci occidentali della Gallia, di Lerino e d’Irlanda. Le comunità di Sant’Agostino, incentrate nella carità fraterna. Le abbazie ordinate secondo la regola di San Benedetto, sintesi armoniosa di preghiera e lavoro, di solitudine e di vita comune. Gli analoghi monasteri femminili.
Il rinnovamento monastico medievale con l’ordine di Cluny e con i Cistercensi di San Bernardo. Le correnti che uniscono vita comune e vita eremitica, come i Camaldolesi di San Romualdo e i Certosini di San Bruno. La fioritura dei canonici regolari, tra i quali i Premostratensi di San Norberto. Gli ordini cavallereschi e ospedalieri.
I Frati Minori di San Francesco, con il carisma della povertà evangelica, condiviso anche dalle monache di Santa Chiara. I Frati Predicatori di San Domenico, che uniscono contemplazione e vita apostolica, sostenuti dalla preghiera delle monache Domenicane. Altri ordini mendicanti come i Carmelitani, gli Agostiniani, i Mercedari, i Servi di Maria, i Fatebenefratelli.
I chierici regolari, consacrati a Dio nell’apostolato, tra i quali ricordiamo i Gesuiti di Sant’Ignazio di Loyola, caratterizzati dal carisma dell’obbedienza in vista della missione, i Teatini, i Barnabiti, i Somaschi, i Camilliani. La Compagnia di Sant’Orsola, fondata da Sant’Angela Merici, che anticipa i futuri istituti secolari. Le riforme degli ordini tradizionali, tra cui quella dei Carmelitani e delle Carmelitane ad opera di Santa Teresa d’Avila e di San Giovanni della Croce. Le prime società di vita apostolica, come la Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri, le Figlie della Carità e la Congregazione della Missione di San Vincenzo de’ Paoli.
Le congregazioni religiose di laici e di chierici, quali i Fratelli delle
![]() Infine le esperienze recenti, tra cui gli istituti secolari, formati da consacrati inseriti nella vita ordinaria, e i nuclei di persone consacrate che animano i nuovi movimenti ecclesiali, sorti intorno al concilio Vaticano II.
Al di là dei limiti e delle miserie sempre presenti in ogni realtà umana, la meravigliosa varietà di tanti carismi e istituzioni rivela la multiforme sapienza di Dio; veste di bellezza la Chiesa, come una sposa adorna per il suo Sposo; la abilita ad ogni opera buona secondo le esigenze dei tempi
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Perfectae caritatis, 1. | CdA, 1075-1078 CONFRONTAVAI |
Una sequela più espressiva
[546] La vita consacrata è un carisma dello Spirito, finalizzato sia alla santificazione personale che all’edificazione della Chiesa. Comporta un nuovo modo di essere e di agire.
Se tutti i fedeli sono chiamati a seguire Gesù, i consacrati sono chiamati a seguirlo più da vicino, configurati a lui anche nel genere esteriore di vita
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 46; Id., Perfectae caritatis, 25. In concreto la vita consacrata è caratterizzata dalla professione dei tre consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza in una forma di vita stabile e riconosciuta dalla Chiesa. La castità è totale dono di sé al Signore, un dono vissuto nella perfetta continenza sessuale e nell’amicizia disinteressata verso tutti. La povertà è libertà di fronte alle cose, rinuncia al possesso, sobrietà nell’uso, disponibilità a condividere. L’obbedienza è accoglienza della volontà di Dio, mediante la sottomissione alla regola, ai superiori e alla comunità, rinunciando a programmare in modo individuale la propria esistenza. Insieme i tre consigli riportano le grandi tendenze del cuore umano nella logica della carità; rendono umili e vuoti di sé, aperti a Dio e ai fratelli, pronti a camminare verso la perfezione. L’impegno a viverli viene assunto con i voti o con altri vincoli sacri. Associato ad altri elementi, come la centralità della preghiera, della parola di Dio e dell’eucaristia, gli esercizi ascetici ed eventualmente la comunità religiosa e le attività di apostolato, questo impegno viene a costituire una forma stabile di vita, che l’autorità della Chiesa riconosce canonicamente.
| CCC, 1973-1974 |
[547]
Si tratta di una forma di vita non più santa o più facile, ma che manifesta più incisivamente i valori comuni della vita cristiana: l’unione a Cristo, il primato di Dio, la chiamata alla perfezione della carità. Soprattutto testimonia il mondo futuro e l’umanità nuova; anticipa profeticamente la perfetta comunione e la festa eterna di coloro che «seguono l’Agnello dovunque va» (Ap 14,4).
| |
[548]
La professione dei consigli evangelici costituisce «una certa consacrazione speciale, che ha le sue profonde radici nella consacrazione battesimale e che la esprime con maggior pienezza»
![]() Concilio Vaticano II, Perfectae caritatis, 5. Come la Vergine Maria, i consacrati accolgono e manifestano al mondo in modo peculiare la presenza salvifica di Gesù. L’intimità con lui, sposo e amico, riempie il loro cuore e plasma il loro stile di vita.
L’uomo si consacra, ma prima ancora è Dio che consacra. Ricevendo e benedicendo la professione religiosa, la Chiesa manifesta l’iniziativa del Padre, che unisce e conforma a Gesù mediante lo Spirito.
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Il carisma dell’istituto
[549]
Gli elementi costitutivi della vita consacrata vengono organizzati da ogni istituto in modo proprio, secondo uno specifico carisma. Ogni
![]() Tale esperienza comporta di solito la profonda comprensione esistenziale di qualche parola evangelica, che diventa chiave di lettura di tutto il messaggio cristiano, prospettiva privilegiata per una nuova sintesi del mistero di salvezza. Assumono così una fisionomia caratteristica in primo luogo le componenti della vita consacrata: la pratica dei consigli, l’ascesi, la preghiera, la comunione fraterna, l’apostolato, la presenza nel mondo.
L’esperienza del fondatore attrae seguaci e si propaga come una corrente di grazia da una generazione all’altra. Per integrarsi nella Chiesa e per essere trasmessa più fedelmente, prende corpo in un ordinamento stabile e pubblico. Nasce così l’istituto, con una regola approvata dalla Chiesa e con un’eredità viva da custodire e da attualizzare nel mutare delle situazioni storiche.
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Monaci
[551]
La vita monastica professa i consigli evangelici con voti pubblici;
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Imita Cristo che prega sul monte
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 46. ![]() ![]() | |
Religiosi di vita apostolica
[552]
La vita apostolica cerca, contempla e serve Dio nel servizio degli uomini. Organizza tutto in funzione dell’apostolato. È segno di Gesù che insegna, guarisce e passa facendo del bene. È attuazione esemplare della Chiesa, mandata a proclamare il vangelo e a testimoniare l’amore di Dio per tutti. I consacrati sono agli avamposti della missione, con coraggio e genialità, nelle condizioni più disagiate e pericolose
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Ad gentes, 40. | |
Istituti secolari
[553]
Radicata da una parte nella dimensione laicale della vita cristiana e dall’altra nella prospettiva propria della speciale consacrazione è la
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Ordine delle vergini e società di vita apostolica
[554] L’ordine delle vergini comprende donne consacrate nel mondo con il “santo proposito” della verginità, un impegno pubblicamente accolto dalla Chiesa.
Infine, le società di vita apostolica sono assimilate agli istituti di vita consacrata. Praticano i consigli evangelici senza vincoli sacri obbligatori. Coltivano la vita comune e si dedicano all’apostolato.
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Dono per la Chiesa
[555] Malgrado nella sua storia non manchino ombre e deviazioni, anche gravi, la vita consacrata è un dono prezioso, di cui la Chiesa ha bisogno per essere pienamente se stessa, per rivelare in modo trasparente la presenza salvifica di Dio. È sempre esistita e, sebbene i singoli istituti possano esaurirsi, non finirà mai.
Esperienza esemplare delle beatitudini
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 31. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 44. La Chiesa, consapevole della centralità di questo dono di Dio nella propria vita, promuove la pastorale vocazionale per favorire l’accoglienza della chiamata divina alla vita consacrata nelle sue varie forme.
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A servizio dell’umanità
[556]
Secondo un celebre detto, monaco «è colui che, separato da tutti, è unito a tutti»
![]() Evagrio Pontico, La preghiera, 124. ![]()
La vocazione dei fedeli consacrati è complementare a quella dei pastori e dei fedeli laici. Insieme questi tre stati di vita, arricchiti ciascuno di una grande varietà di vocazioni particolari, di carismi e di ministeri, contribuiscono alla vita e alla missione della Chiesa
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 4. | |
[557] I fedeli di vita consacrata, mossi dallo Spirito, tendono alla perfezione della carità mediante la professione dei consigli evangelici. Così esprimono con maggiore pienezza la consacrazione battesimale; seguono Cristo più da vicino; si donano totalmente a Dio; edificano la Chiesa e cooperano alla salvezza del mondo in modo esemplare; diventano segno luminoso dell’umanità futura.
| |
Pari dignità
[497]
Nell’Antico Testamento lo Spirito Santo veniva effuso su alcuni
![]() ![]()
Tutti i fedeli ricevono lo Spirito; tutti sono incorporati a Cristo mediante il battesimo; tutti sono figli di Dio, fratelli tra di loro, eredi della vita eterna. Tutti sono chiamati alla santità, che consiste nella perfezione della carità; tutti cooperano a edificare la Chiesa
![]() ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 90. | CCC, 871-873 |
[498]
Le discriminazioni, presenti nella società, non hanno alcun senso nella vita ecclesiale: «Tutti voi siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,26-28). Lo schiavo diventa «un fratello carissimo» (1Fm 16); la donna una sorella e una cooperatrice all’evangelizzazione. Tutti i cristiani hanno pari dignità; anzi sono uniti a Cristo e tra di loro, come una sola persona.
| |
Diversità e complementarità
[499]
Sparisce allora ogni differenza? L’uguaglianza fondamentale e la comunione comportano forse l’uniformità? Certamente no: dallo stesso Spirito derivano unità e varietà. Gli Atti degli apostoli mostrano che, se tutti i credenti hanno una funzione profetica, alcuni però hanno un dono particolare di profezia
![]() ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 4. | CCC, 814CdA, 747 CONFRONTAVAI |
[500]
L’unica Chiesa, non solo esiste in molte Chiese e si esprime in
![]()
La comunità ecclesiale è come un organismo vivo e operante: «In un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione... Abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi» (Rm 12,46). «Dio ha composto il corpo» in modo che «le varie membra avessero cura le une delle altre» (1Cor 12,24-25). Tutti sono abbastanza poveri per dover ricevere; tutti abbastanza ricchi per poter dare. «Non può l’occhio dire alla mano: “Non ho bisogno di te”; né la testa ai piedi: “Non ho bisogno di voi”. Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più necessarie» (1Cor 12,21-22). I credenti sono responsabili gli uni degli altri; tra loro vige la legge della reciprocità: devono stimarsi a vicenda, accogliersi, edificarsi, servirsi, sostenersi, correggersi, confortarsi. Nel mutevole intrecciarsi di tante storie personali si attua una incessante comunicazione di carità.
| |
[501]
«Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio
![]() ![]() Sant’Agostino, Discorsi, 276, 4. | |
[747]
La Chiesa, nella sua più intima verità, è comunione con Dio, vissuta dentro una comunione tra persone umane; comunione di fede amante e operosa, che riceve la carità di Dio e la prolunga nella carità fraterna in modo visibile e tangibile, mettendo in circolazione beni spirituali, culturali e materiali. Tutto ciò che siamo o facciamo entra in questa comunione: il lavoro delle madri e dei padri di famiglia, la predicazione dei pastori, la preghiera dei monaci, lo studio dei teologi, la creazione degli artisti, la ricerca degli scienziati, l’attenzione degli educatori, la premura dei medici, il servizio dei volontari, la saggezza dei politici... Tutti possono donare e ricevere; tutti sono preziosi, anche gli emarginati, i malati, gli anziani; anzi «molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi» (Mc 10,31). Lutero, sebbene contestasse le indulgenze, non mise mai in discussione il mistero della comunione dei santi, anzi ne traeva grande conforto: «Il mio peso, altri lo portano, la loro forza è la mia. La fede della Chiesa viene in soccorso alla mia angoscia, la castità altrui mi sorregge nelle tentazioni della mia lascivia, gli altrui digiuni tornano a mio vantaggio, un altro si prende cura di me nella preghiera... Chi dunque potrà disperare nei peccati? Chi non gioirà nelle pene, dal momento che egli non porta più i suoi peccati né le sue pene, o se li porta non li porta da solo, aiutato com’è da così numerosi santi figli di Dio e soprattutto dallo stesso Cristo. Tanto grande è la comunione dei santi e la Chiesa di Cristo!»
![]() M. Lutero, Libretto consolatorio per gli affaticati e gli oppressi, 6. | |
Carismi
[502]
I carismi sono grazie speciali dello Spirito Santo, con le quali ogni fedele viene reso adatto e pronto ad assumere qualche compito e a svolgere qualche attività, in modo da giovare, direttamente o indirettamente, alla santità della Chiesa, alla sua vitalità apostolica, al bene delle persone e della società
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 12; Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 24. | CCC, 951CCC 2003 |
[503]
I carismi, sebbene l’uso che spesso si fa di questa parola possa far pensare a qualcosa di eccezionale, vengono concessi a tutti i fedeli. «Sono dati alla persona singola, ma possono anche essere condivisi da altri»; possono prolungarsi nel tempo e passare da una generazione all’altra «come una preziosa e viva eredità», dando luogo a «una particolare affinità spirituale»
![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 24.
Essi sono innumerevoli come le esigenze alle quali rispondono. Alcuni sono del tutto ordinari, come il matrimonio, la verginità, l’assistenza ai malati e ai poveri, altri straordinari come i miracoli; alcuni occasionali e spontanei, come il parlare lingue sconosciute, altri stabili come il compito di maestro, altri perfino istituzionali come gli uffici di presbitero e di evangelizzatore, conferiti con l’imposizione delle mani. Il Nuovo Testamento ignora ogni dualismo tra carisma e istituzione: lo Spirito è libero di agire come vuole, fuori e dentro l’istituzione.
| |
[504]
Tutti i carismi sono preziosi; «devono essere accolti con gratitudine e consolazione»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 12. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 12..
carismi non vanno confusi con le aspirazioni e le imprese puramente umane. Sono autentici, se si trovano in armonia con la dottrina della fede, professata dalla Chiesa, con l’effettiva utilità della comunità e con le direttive date dai pastori per il necessario coordinamento.
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Ministeri
[505] Alla varietà dei carismi corrisponde una varietà di servizi, momentanei o duraturi, privati o pubblici. I servizi ecclesiali stabili e pubblicamente riconosciuti vengono chiamati ministeri. Ci sono innanzitutto i ministeri ordinati dei vescovi, dei presbìteri e dei diaconi. Ci sono poi i ministeri dei laici, fondati sul battesimo e sulla cresima e conferiti attraverso il riconoscimento, ufficiale o di fatto, della comunità e del vescovo.
| CCC, 874-879CCC 901-903CCC 906CCC 1143 |
[506]
Tra i ministeri laicali ricordiamo per primi quelli istituiti con rito liturgico: i lettori e gli accoliti. Non meno importanti però sono quello dei ministri straordinari della comunione eucaristica e quelli dei responsabili di attività ecclesiali, a cominciare dai catechisti: testimoni, insegnanti ed educatori per la crescita dei fratelli nella fede
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 73. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 74.
L’attuazione dei ministeri laicali, fondati sui sacramenti del battesimo e della confermazione, non deve recar pregiudizio al sacerdozio ministeriale, fondato sul sacramento dell’ordine; non deve dar luogo ad alcun livellamento o struttura parallela
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 23. | |
Stati di vita e vocazioni
[507]
Insieme alla varietà dei servizi, la comunione ecclesiale comporta varietà delle forme di vita, cioè dei modi stabili di configurarsi a Cristo, di rapportarsi agli altri e alle cose. Vi sono innanzitutto tre modalità generali: lo stato laicale, caratterizzato dall’impegno secolare; lo stato ministeriale ordinato, caratterizzato dalla rappresentanza di Cristo pastore; lo stato di speciale consacrazione, caratterizzato dalla testimonianza alla vita del mondo che verrà
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 55. ![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 55. | CCC, 871-873 |
[508]
All’interno di questi tre stati di vita, si precisano diversi cammini spirituali e apostolici concreti: sono le molteplici vocazioni particolari
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 56. Dono di Dio e scelta dell’uomo, la vocazione passa attraverso una preghiera perseverante, un prudente discernimento e una graduale maturazione, con la cooperazione di sagge guide spirituali. Alcune vocazioni comportano una chiamata della Chiesa. Per il discernimento occorre considerare la storia personale, le circostanze esterne, le attitudini, le corrette motivazioni, l’attrattiva interiore. La maturazione consiste nel purificare e consolidare le motivazioni, nell’assumere uno stile di vita adeguato, nell’incanalare l’affettività verso gli obiettivi vocazionali, nel rimanere fedeli alla decisione presa.
| CdA, 800 CONFRONTAVAI |
[509]
Le vocazioni, infine, si personalizzano in modo originale in ogni singolo fedele. Ognuno è chiamato per nome; ognuno ha la sua storia e porta un proprio contributo al regno di Dio
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 56. ![]() San Cirillo di Gerusalemme, Catechesi prebattesimali, 16, 12. | |
Istituzione divina
[511] Del ministero apostolico partecipano quei credenti che vengono scelti perché siano rappresentanti di Cristo pastore e in suo nome sostengano la vita di fede e di carità di tutti i fedeli attraverso la predicazione della Parola, la celebrazione dei sacramenti, la guida della comunità, nella continuità della tradizione apostolica. La funzione ecclesiale, che viene loro affidata, è tale da polarizzare tutta la loro esistenza e determinare il loro modo di essere cristiani, il loro genere di vita.
| CCC, 551CCC 858-860CCC 877 |
[512]
Già durante il ministero pubblico di Gesù, i Dodici sono stati associati alla sua missione e inviati ad annunciare il regno di Dio e a porre in atto i segni della sua venuta, condividendo lo stesso stile di vita del Maestro
![]() ![]() | CdA, 201-204 CONFRONTAVAI |
[513]
Nella Chiesa delle origini gli apostoli occupano il primo posto tra
![]()
Formano un collegio, presieduto da Pietro, e guidano insieme il cammino iniziale della prima comunità di Gerusalemme. Cresce però in fretta il numero dei credenti ed essi sentono il bisogno di associarsi dei collaboratori. Creano prima sette responsabili per una parte della comunità, quella di lingua e cultura greca, che presto verrà perseguitata e cacciata dalla città
![]() | |
[514]
Le comunità che man mano si aggiungono a quella di Gerusalemme hanno anch’esse dei responsabili: ad Antiòchia cinque «profeti e dottori» (At 13,1); nelle città dell’Asia Minore un collegio di presbìteri stabiliti dallo Spirito Santo attraverso gli apostoli; a Filippi «i vescovi e i diaconi» (Fil 1,1); a Tessalonica i «preposti nel Signore» (1Ts 5,12); altrove «pastori e maestri» (Ef 4,11). I titoli non sono ancora precisi e ufficiali e variano da un ambiente all’altro. Nell’insieme però appare abbastanza chiaro che le comunità sono guidate da un collegio di responsabili, sotto l’autorità dell’apostolo fondatore.
| |
[515]
Con l’andar del tempo gli apostoli avvertono la necessità di una successione: «Istituirono i vescovi e i diaconi e diedero ordine che, quando costoro fossero morti, altri uomini provati succedessero nel loro ministero»
![]() San Clemente di Roma, Lettera ai Corinzi, 44, 2.
Poco più tardi Ignazio di Antiòchia attesta che ogni comunità, «fino ai confini della terra», è governata da un solo vescovo; anzi afferma che senza il vescovo, il collegio dei presbìteri e i diaconi, non ci può essere una vera Chiesa
![]() Cf. Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai cristiani di Tralle, 3, 1; Id., Lettera agli Efesini, 3, 2. Da allora la struttura gerarchica della Chiesa è rimasta immutata e i vescovi presiedono le comunità come successori degli apostoli, con l’aiuto dei presbìteri e dei diaconi.
Questa linea di sviluppo offre sicuro fondamento alla dottrina cattolica, che è così sintetizzata dal concilio Vaticano II: «Per istituzione divina i vescovi sono succeduti agli apostoli quali pastori della Chiesa»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 20. | |
Successori degli apostoli
[516]
Il senso di questa successione va precisato. Gli apostoli, con la loro testimonianza diretta e originaria su Cristo, pongono il fondamento della Chiesa una volta per sempre. I pastori, che collaborano con loro e poi prendono il loro posto, curano che la costruzione dell’edificio prosegua sul medesimo fondamento
![]()
I pastori succedono dunque agli apostoli, in quanto custodiscono e trasmettono fedelmente la loro testimonianza, «il buon deposito» (2Tm 1,14), con la grazia dello Spirito Santo, per consentire a tutti i credenti di rivivere l’esperienza originaria e di essere veramente Chiesa di Cristo.
| CCC, 861-862 |
Il carisma dell’autorità
[517]
In concreto alimentano la fede e la carità di tutti i credenti con il servizio della Parola e la celebrazione dei sacramenti; verificano e coordinano i vari carismi, in una disciplina ordinata, che sia segno visibile della comunione in Cristo. Fanno questo con l’autorità ricevuta «per edificare» (2Cor 13,10), cioè per radunare il popolo di Dio. Anzi, hanno avuto un carisma particolare dallo Spirito Santo, attraverso il rito sacramentale dell’ordinazione, come dice la seconda Lettera a Timòteo: «Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani» (2Tm 1,6)
![]() | CCC, 894-895 |
Segno e presenza di Cristo pastore
[518] La missione da svolgere contribuisce a individuare l’identità dei ministri ordinati. Questa però è connotata essenzialmente dal loro rapporto con Cristo.
In virtù del sacramento essi diventano rappresentanti di Cristo, pastore e servo, nella triplice funzione profetica, regale e sacerdotale. Come il Padre ha mandato il Figlio e si è manifestato attraverso di lui, così Gesù manda i suoi discepoli e si rende presente attraverso di loro. Colui che invia, viene lui stesso insieme con coloro che sono inviati. Essi non sono semplici delegati, ma segno visibile ed efficace della sua presenza. Non sono intermediari, ma consentono di incontrare in modo umano l’unico mediatore. Non solo lo rappresentano, ma lo ripresentano. Quello che Gesù diceva riferendosi al Padre, essi lo possono ripetere in riferimento a Gesù: «Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo» (Gv 8,29).
| CCC, 886CCC 888-896CCC 1548-1549CdA, 719-720 CONFRONTAVAI |
In unione a Cristo rappresentanti della Chiesa
[519] Mentre rappresentano Cristo di fronte alla Chiesa, rappresentano in unione a Cristo la Chiesa davanti al Padre e intercedono per lei. La rappresentano anche davanti agli uomini, in quanto costituiscono il fondamento visibile della sua unità e fedeltà evangelica. Si tratta di una rappresentanza sacramentale in virtù dello Spirito e non di una rappresentanza in senso democratico. I ministri ordinati ricevono il potere da Cristo, non dalla comunità. Non sono delegati di essa, neppure quando vengono designati con la sua partecipazione.
Ciò non vuol dire che debbano agire in maniera autoritaria, senza consultare nessuno. Al contrario devono farsi interpreti e servitori della vita della Chiesa, in piena fedeltà al vangelo. Le decisioni devono maturare in un clima di preghiera, di fraternità, di ascolto reciproco e di conversione al Signore da parte di tutti, pastori compresi. Se è vero che i pastori non sono dalla Chiesa, sono però per la Chiesa e nella Chiesa. Rimangono cristiani come gli altri, ascoltano la parola che predicano e ricevono l’eucaristia che distribuiscono. Inoltre devono esercitare il loro ministero in una prassi di comunione, valorizzando gli altri carismi e ministeri: «I vescovi non devono solo insegnare, ma anche imparare»
![]() San Cipriano di Cartagine, Lettere, 74, 10, 1. | CCC, 1552-1553 |
Spiritualità caratteristica
[520]
L’ordinazione sacramentale, mentre costituisce i pastori
![]()
I ministri ordinati sono chiamati a vivere la radicalità evangelica con motivazioni diverse rispetto alle persone di vita consacrata, non propriamente per essere segno dell’uomo nuovo escatologico, ma per rappresentare al vivo Cristo pastore che dà se stesso per il suo gregge
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 25. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 41. | CCC, 896CCC 1550CdA, 721 CONFRONTAVAI |
Tre gradi del ministero
[521]
Fin dai primi tempi si distinguono nella Chiesa diverse figure di pastori. Il ministero pastorale è di istituzione divina e «viene esercitato in ordini diversi da coloro che già in antico vengono chiamati vescovi, presbìteri, diaconi»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 28; cf. Concilio di Trento, Sess. XXIII, Dottr. Sul sacramento dell’ordine, Can. 6 - DS 1776. | CCC, 1554-1571 |
Il vescovo
[522]
Il vescovo possiede la «pienezza del sacerdozio»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 41. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 27. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 23. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Ad gentes, 20; 38. | |
Il presbitero
[523]
«I presbìteri, pur non possedendo il vertice del sacerdozio, ma dipendendo dai vescovi nell’esercizio della loro potestà, sono tuttavia congiunti a loro nella dignità sacerdotale. In virtù del sacramento dell’ordine e ad immagine di Cristo sommo ed eterno sacerdote, sono consacrati per predicare il vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino, quali veri sacerdoti della nuova alleanza»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 28. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 6. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 28. ![]() Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 5. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 41. | CdA, 723 CONFRONTAVAI |
Il diacono
[524]
I diaconi sono ordinati «non per il sacerdozio», cioè per offrire a nome di Cristo il sacrificio eucaristico, «ma per servire»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 29. ![]() Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai cristiani di Magnesia, 6, 1. | |
[525] Eredi degli apostoli, segno e presenza di Cristo pastore, in suo nome e con la sua autorità, i vescovi, coadiuvati dai presbiteri e dai diaconi, predicano la parola di Dio, celebrano i sacramenti, guidano la comunità cristiana.
Sono chiamati a svolgere questa missione animati dalla carità pastorale, in un clima di preghiera e secondo uno stile di radicalità evangelica.
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Un ministero collegiale
[526] Il ministero apostolico ha un carattere personale, in quanto ognuno dei ministri è chiamato da Cristo e, costituito suo rappresentante, agisce con responsabilità propria. Ma ha anche un carattere collegiale, in quanto i vescovi formano il collegio episcopale intorno al papa e, in modo analogo, i presbìteri formano il presbiterio diocesano sotto l’autorità del vescovo.
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[527]
Ogni vescovo in quanto tale è membro del collegio episcopale. «L’episcopato è uno e indiviso»
![]() San Cipriano di Cartagine, L’unità della Chiesa cattolica, 5. ![]() San Cipriano di Cartagine, Lettere, 66, 8, 3. ![]() Sant’Agostino, Discorsi, 46, 29-30.
Il collegio è formato dai vescovi insieme al papa e ha «piena e suprema potestà su tutta la Chiesa... In quanto composto da molti, sta ad esprimere la varietà e l’universalità del popolo di Dio; in quanto raccolto sotto un solo capo, sta ad esprimere l’unità del gregge di Cristo»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 22. | |
Le manifestazioni della collegialità
[528]
La natura collegiale dell’episcopato si manifesta concretamente nei vincoli visibili di fede, di carità, di disciplina e di corresponsabilità pastorale, in alcune istituzioni come i patriarcati o le conferenze episcopali, in alcuni avvenimenti come la concelebrazione dell’ordinazione, i sinodi e soprattutto i concili ecumenici
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 22; 23.
Nei concili ecumenici il collegio dei vescovi «esercita in modo solenne la potestà sulla Chiesa universale»
![]() Codice di Diritto Canonico, 387, 1. | |
La responsabilità locale e universale del vescovo
[529]
Il singolo vescovo «viene costituito membro del corpo episcopale in forza della consacrazione sacramentale e mediante la comunione gerarchica con il capo e i membri del collegio»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 22. | CCC, 1560 |
Un ministero collegiale
[526] Il ministero apostolico ha un carattere personale, in quanto ognuno dei ministri è chiamato da Cristo e, costituito suo rappresentante, agisce con responsabilità propria. Ma ha anche un carattere collegiale, in quanto i vescovi formano il collegio episcopale intorno al papa e, in modo analogo, i presbìteri formano il presbiterio diocesano sotto l’autorità del vescovo.
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[527]
Ogni vescovo in quanto tale è membro del collegio episcopale. «L’episcopato è uno e indiviso»
![]() San Cipriano di Cartagine, L’unità della Chiesa cattolica, 5. ![]() San Cipriano di Cartagine, Lettere, 66, 8, 3. ![]() Sant’Agostino, Discorsi, 46, 29-30.
Il collegio è formato dai vescovi insieme al papa e ha «piena e suprema potestà su tutta la Chiesa... In quanto composto da molti, sta ad esprimere la varietà e l’universalità del popolo di Dio; in quanto raccolto sotto un solo capo, sta ad esprimere l’unità del gregge di Cristo»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 22. | |
Le manifestazioni della collegialità
[528]
La natura collegiale dell’episcopato si manifesta concretamente nei vincoli visibili di fede, di carità, di disciplina e di corresponsabilità pastorale, in alcune istituzioni come i patriarcati o le conferenze episcopali, in alcuni avvenimenti come la concelebrazione dell’ordinazione, i sinodi e soprattutto i concili ecumenici
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 22; 23.
Nei concili ecumenici il collegio dei vescovi «esercita in modo solenne la potestà sulla Chiesa universale»
![]() Codice di Diritto Canonico, 387, 1. | |
La responsabilità locale e universale del vescovo
[529]
Il singolo vescovo «viene costituito membro del corpo episcopale in forza della consacrazione sacramentale e mediante la comunione gerarchica con il capo e i membri del collegio»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 22. | CCC, 1560 |
Il carisma di Pietro
[531]
Il collegio dei vescovi succede a quello degli apostoli; il vescovo di Roma succede a Pietro. Da lui eredita il compito di confermare i fratelli nella fede, il carisma della “roccia”, che dà coesione e stabilità a tutta la Chiesa: «Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22,31-32).
Durante la vita pubblica, Gesù ha dato a Simone il nuovo nome di Pietro
![]() ![]() ![]() | CCC, 551-553CdA, 204 CONFRONTAVAI |
Il vescovo di Roma successore di Pietro
[532]
Pietro, nella prima comunità di Gerusalemme, è sempre in prima fila come protagonista, nel prendere la parola a nome di tutti gli apostoli, nel compiere le guarigioni miracolose, nel punire gli indegni, nel confermare le conversioni, nell’ammettere i pagani, nell’affermare la libertà cristiana di fronte alla legge mosaica.
Pietro e Paolo, «le più grandi e le più giuste colonne», portano a compimento la loro testimonianza a Roma, dove versano il sangue per Cristo «insieme a una grande moltitudine di eletti»
![]() San Clemente di Roma, Lettera ai Corinzi, 5, 1-2; 6, 1. ![]() Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai Romani, Prologo. ![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 3, 2. ![]() San Massimo il Confessore, Opuscoli teologici e polemici, Lettera scritta da Roma. | CCC, 194CCC 834 |
Visibile principio di unità
[533]
Il vescovo di Roma, erede della testimonianza di Pietro, «è il perpetuo e visibile principio e il fondamento dell’unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 23. | |
[534] Il papa eredita il compito che Gesù ha assegnato a Pietro: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,18-19).
| |
Indole secolare
[535]
La Chiesa è il segno efficace del regno di Dio che viene nella storia e comincia a salvare il mondo. Fa parte della sua missione ordinare secondo il vangelo le realtà temporali: famiglia, lavoro, cultura, società
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 5; Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 16.
Questo compito viene attuato soprattutto mediante l’impegno dei fedeli laici. Se una certa dimensione secolare è comune a tutti i cristiani, «è proprio e specifico dei laici il carattere secolare»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 31; cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 15. | |
[536]
Gesù a Nàzaret ha condotto per lunghi anni un’esistenza di tipo secolare: famiglia, relazioni sociali, lavoro. Successivamente, durante la sua vita pubblica, possiamo vedere rappresentati i fedeli laici da quei discepoli che credono in lui, ma rimangono a casa propria, immersi nelle consuete occupazioni, senza seguirlo fisicamente nel suo ministero itinerante. A uno di essi viene rivolto questo invito: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato» (Mc 5,19). Secondo l’insegnamento del Maestro, verginità e matrimonio, rinuncia alle ricchezze e uso corretto di esse sono due forme esigenti della nuova santità, resa possibile dal regno di Dio. Sia chi esce dalle ordinarie condizioni di vita sia chi vi rimane dentro può e deve vivere le beatitudini.
| CdA, 200 CONFRONTAVAI |
Santità laicale
[537]
Chi è immerso nelle realtà della famiglia, della professione e della vita sociale, deve santificarsi valorizzando queste realtà. La presenza nel mondo può diventare dedizione a Dio e missione: «È proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 31. ![]() Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 15. La santità dei laici si sviluppa attraverso la preghiera, l’ascolto della parola di Dio e la partecipazione ai sacramenti, come quella dei pastori e dei religiosi; ma si nutre anche di quotidiane occupazioni e preoccupazioni: famiglia, scuola, ufficio, fabbrica, negozio, palestra, traffico, quartiere, sindacato, politica... Pur essendo sostanziata di fede, speranza e carità come ogni altra santità, possiede una fisionomia propria con virtù umane specifiche, come la competenza nella professione, la fedeltà e la tenerezza in famiglia, la lealtà e la giustizia nelle relazioni sociali, l’obbedienza verso i pastori della Chiesa e la corresponsabilità nella vita ecclesiale.
| |
Impegno ecclesiale
[538]
In virtù del battesimo e della cresima, i fedeli «sono tenuti a professare davanti agli uomini la fede ricevuta,... a diffondere e a difendere la fede con la parola e con l’azione, come veri testimoni di Cristo»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 11. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 35.
Purtroppo anche tra i cattolici praticanti è piuttosto diffuso il pregiudizio che la fede sia un affare privato, anzi individuale, qualcosa che ognuno si tiene per sé. Bisogna maturare una coscienza missionaria, rendersi conto che l’apostolato, anche quello dei laici, «non consiste soltanto nella testimonianza della vita; il vero apostolo cerca le occasioni per annunziare Cristo con la parola sia ai non credenti per condurli alla fede, sia ai fedeli per istruirli, confermarli e indurli a una vita più fervente»
![]() Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 6.
Il primo apostolato è quello spontaneo delle singole persone: è capillare, costante, particolarmente incisivo; è possibile in famiglia, tra i vicini e gli amici, tra i colleghi di lavoro, tra i compagni di svago o di viaggio; è il migliore presupposto anche per l’apostolato associato
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 28. Insieme all’apostolato personale, ha particolare valore ed efficacia quello della famiglia cristiana. Fondata sul sacramento del matrimonio, la famiglia è chiamata ad essere immagine viva della Chiesa e soggetto privilegiato di evangelizzazione. In modo proprio e originale può manifestare la presenza e la carità di Cristo, sia con la vita ordinaria di ogni giorno, sia mediante opportune iniziative in ambito ecclesiale e sociale.
| |
[539]
Per molti laici la partecipazione alla missione della Chiesa si esprime anche in forme aggregative: associazioni, movimenti, comunità, gruppi. La libertà associativa è un diritto che deriva dal battesimo e si deve attuare nel rispetto dei “criteri di ecclesialità”
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 18; Codice di diritto canonico, 215; Giovanni Paolo II, Christifideles laici 29; 30. ![]() Paolo VI, Discorso ai partecipanti all’Assemblea nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, 25 aprile 1977.
Ma tutti i laici, in qualche modo, devono attivamente partecipare alla vita delle loro comunità ecclesiali. Alcuni sono anche chiamati ad assumere ministeri e a far parte di organismi pastorali
![]() Cf. Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 73. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 37. | |
Impegno nella società
[540]
È senz’altro auspicabile una presenza numerosa e qualificata dei laici nelle attività ecclesiali. Tuttavia «il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell’economia; così pure della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; ed anche di altre realtà particolarmente aperte all’evangelizzazione, quali l’amore, la famiglia, l’educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza. Più ci saranno laici penetrati di spirito evangelico, responsabili di queste realtà ed esplicitamente impegnati in esse, competenti nel promuoverle e consapevoli di dover sviluppare tutta la loro capacità cristiana spesso tenuta nascosta e soffocata, tanto più queste realtà, senza nulla perdere né sacrificare del loro coefficiente umano, ma manifestando una dimensione trascendente spesso sconosciuta, si troveranno al servizio dell’edificazione del regno di Dio, e quindi della salvezza in Gesù Cristo»
![]() Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 70. | |
Dono divino
[542]
La vita consacrata è «dono divino che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 43. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 44.
Tra quanti credono in lui, alcuni sono chiamati a lasciare per la causa del regno di Dio abitazione, professione e famiglia, abbracciando l’ideale della perfetta castità, che non tutti possono capire, «ma solo coloro ai quali è stato concesso» (Mt 19,11). Rinunciando ai beni materiali e al matrimonio, seguono più da vicino il Maestro e si dedicano più liberamente al servizio apostolico. Assumendo uno stile di vita diverso dall’ordinario, professano più apertamente la fede in lui e diventano un segno più evidente della nuova vicinanza di Dio e dell’inizio di un mondo nuovo che si compirà nella risurrezione futura, quando «non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo» (Mt 22,30).
| CdA, 200 CONFRONTAVAI |
Le prime esperienze
[543]
La comunità itinerante dei primi discepoli ha un seguito nella
![]() ![]() A Gerusalemme guarderanno, come a un modello perfetto, tutte le comunità cristiane successive; ma saranno specialmente le comunità di vita consacrata che si sentiranno chiamate a rivivere quel modello con la stessa radicalità.
| CdA, 429 CONFRONTAVAI |
[544]
Fin dal tempo degli apostoli l’intimità con il Cristo risorto trova un’espressione privilegiata nella verginità e nel celibato
![]()
Certo, anche il matrimonio è una via alla santità cristiana. Ma la verginità e il celibato manifestano con più chiarezza la dedizione al Signore e la fede nella realtà nuova che sta iniziando. Costituiscono per tutti un appello deciso a non lasciarsi imprigionare dai beni terreni, che passano
![]() | |
Mirabile varietà
[545]
Nei primi secoli, mescolati tra i comuni cristiani, vivono numerosi asceti e vergini: «Molti uomini e donne, che ora hanno sessanta o settanta anni di età, istruiti fin dalla loro infanzia nell’insegnamento di Cristo, hanno osservato la verginità»
![]() San Giustino, Prima apologia, 15, 6. ![]() Clemente d’Alessandria, Stromati, 2, 1, 4.3.
Dal III secolo ad oggi, la storia della Chiesa vede sorgere in ogni
![]() Sant’Antonio e gli eremiti nel deserto. Le comunità monastiche di San Pacomio e di San Basilio. I monaci occidentali della Gallia, di Lerino e d’Irlanda. Le comunità di Sant’Agostino, incentrate nella carità fraterna. Le abbazie ordinate secondo la regola di San Benedetto, sintesi armoniosa di preghiera e lavoro, di solitudine e di vita comune. Gli analoghi monasteri femminili.
Il rinnovamento monastico medievale con l’ordine di Cluny e con i Cistercensi di San Bernardo. Le correnti che uniscono vita comune e vita eremitica, come i Camaldolesi di San Romualdo e i Certosini di San Bruno. La fioritura dei canonici regolari, tra i quali i Premostratensi di San Norberto. Gli ordini cavallereschi e ospedalieri.
I Frati Minori di San Francesco, con il carisma della povertà evangelica, condiviso anche dalle monache di Santa Chiara. I Frati Predicatori di San Domenico, che uniscono contemplazione e vita apostolica, sostenuti dalla preghiera delle monache Domenicane. Altri ordini mendicanti come i Carmelitani, gli Agostiniani, i Mercedari, i Servi di Maria, i Fatebenefratelli.
I chierici regolari, consacrati a Dio nell’apostolato, tra i quali ricordiamo i Gesuiti di Sant’Ignazio di Loyola, caratterizzati dal carisma dell’obbedienza in vista della missione, i Teatini, i Barnabiti, i Somaschi, i Camilliani. La Compagnia di Sant’Orsola, fondata da Sant’Angela Merici, che anticipa i futuri istituti secolari. Le riforme degli ordini tradizionali, tra cui quella dei Carmelitani e delle Carmelitane ad opera di Santa Teresa d’Avila e di San Giovanni della Croce. Le prime società di vita apostolica, come la Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri, le Figlie della Carità e la Congregazione della Missione di San Vincenzo de’ Paoli.
Le congregazioni religiose di laici e di chierici, quali i Fratelli delle
![]() Infine le esperienze recenti, tra cui gli istituti secolari, formati da consacrati inseriti nella vita ordinaria, e i nuclei di persone consacrate che animano i nuovi movimenti ecclesiali, sorti intorno al concilio Vaticano II.
Al di là dei limiti e delle miserie sempre presenti in ogni realtà umana, la meravigliosa varietà di tanti carismi e istituzioni rivela la multiforme sapienza di Dio; veste di bellezza la Chiesa, come una sposa adorna per il suo Sposo; la abilita ad ogni opera buona secondo le esigenze dei tempi
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Perfectae caritatis, 1. | CdA, 1075-1078 CONFRONTAVAI |
Una sequela più espressiva
[546] La vita consacrata è un carisma dello Spirito, finalizzato sia alla santificazione personale che all’edificazione della Chiesa. Comporta un nuovo modo di essere e di agire.
Se tutti i fedeli sono chiamati a seguire Gesù, i consacrati sono chiamati a seguirlo più da vicino, configurati a lui anche nel genere esteriore di vita
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 46; Id., Perfectae caritatis, 25. In concreto la vita consacrata è caratterizzata dalla professione dei tre consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza in una forma di vita stabile e riconosciuta dalla Chiesa. La castità è totale dono di sé al Signore, un dono vissuto nella perfetta continenza sessuale e nell’amicizia disinteressata verso tutti. La povertà è libertà di fronte alle cose, rinuncia al possesso, sobrietà nell’uso, disponibilità a condividere. L’obbedienza è accoglienza della volontà di Dio, mediante la sottomissione alla regola, ai superiori e alla comunità, rinunciando a programmare in modo individuale la propria esistenza. Insieme i tre consigli riportano le grandi tendenze del cuore umano nella logica della carità; rendono umili e vuoti di sé, aperti a Dio e ai fratelli, pronti a camminare verso la perfezione. L’impegno a viverli viene assunto con i voti o con altri vincoli sacri. Associato ad altri elementi, come la centralità della preghiera, della parola di Dio e dell’eucaristia, gli esercizi ascetici ed eventualmente la comunità religiosa e le attività di apostolato, questo impegno viene a costituire una forma stabile di vita, che l’autorità della Chiesa riconosce canonicamente.
| CCC, 1973-1974 |
[547]
Si tratta di una forma di vita non più santa o più facile, ma che manifesta più incisivamente i valori comuni della vita cristiana: l’unione a Cristo, il primato di Dio, la chiamata alla perfezione della carità. Soprattutto testimonia il mondo futuro e l’umanità nuova; anticipa profeticamente la perfetta comunione e la festa eterna di coloro che «seguono l’Agnello dovunque va» (Ap 14,4).
| |
[548]
La professione dei consigli evangelici costituisce «una certa consacrazione speciale, che ha le sue profonde radici nella consacrazione battesimale e che la esprime con maggior pienezza»
![]() Concilio Vaticano II, Perfectae caritatis, 5. Come la Vergine Maria, i consacrati accolgono e manifestano al mondo in modo peculiare la presenza salvifica di Gesù. L’intimità con lui, sposo e amico, riempie il loro cuore e plasma il loro stile di vita.
L’uomo si consacra, ma prima ancora è Dio che consacra. Ricevendo e benedicendo la professione religiosa, la Chiesa manifesta l’iniziativa del Padre, che unisce e conforma a Gesù mediante lo Spirito.
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Il carisma dell’istituto
[549]
Gli elementi costitutivi della vita consacrata vengono organizzati da ogni istituto in modo proprio, secondo uno specifico carisma. Ogni
![]() Tale esperienza comporta di solito la profonda comprensione esistenziale di qualche parola evangelica, che diventa chiave di lettura di tutto il messaggio cristiano, prospettiva privilegiata per una nuova sintesi del mistero di salvezza. Assumono così una fisionomia caratteristica in primo luogo le componenti della vita consacrata: la pratica dei consigli, l’ascesi, la preghiera, la comunione fraterna, l’apostolato, la presenza nel mondo.
L’esperienza del fondatore attrae seguaci e si propaga come una corrente di grazia da una generazione all’altra. Per integrarsi nella Chiesa e per essere trasmessa più fedelmente, prende corpo in un ordinamento stabile e pubblico. Nasce così l’istituto, con una regola approvata dalla Chiesa e con un’eredità viva da custodire e da attualizzare nel mutare delle situazioni storiche.
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Monaci
[551]
La vita monastica professa i consigli evangelici con voti pubblici;
![]()
Imita Cristo che prega sul monte
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 46. ![]() ![]() | |
Religiosi di vita apostolica
[552]
La vita apostolica cerca, contempla e serve Dio nel servizio degli uomini. Organizza tutto in funzione dell’apostolato. È segno di Gesù che insegna, guarisce e passa facendo del bene. È attuazione esemplare della Chiesa, mandata a proclamare il vangelo e a testimoniare l’amore di Dio per tutti. I consacrati sono agli avamposti della missione, con coraggio e genialità, nelle condizioni più disagiate e pericolose
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Ad gentes, 40. | |
Istituti secolari
[553]
Radicata da una parte nella dimensione laicale della vita cristiana e dall’altra nella prospettiva propria della speciale consacrazione è la
![]() | |
Ordine delle vergini e società di vita apostolica
[554] L’ordine delle vergini comprende donne consacrate nel mondo con il “santo proposito” della verginità, un impegno pubblicamente accolto dalla Chiesa.
Infine, le società di vita apostolica sono assimilate agli istituti di vita consacrata. Praticano i consigli evangelici senza vincoli sacri obbligatori. Coltivano la vita comune e si dedicano all’apostolato.
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Dono per la Chiesa
[555] Malgrado nella sua storia non manchino ombre e deviazioni, anche gravi, la vita consacrata è un dono prezioso, di cui la Chiesa ha bisogno per essere pienamente se stessa, per rivelare in modo trasparente la presenza salvifica di Dio. È sempre esistita e, sebbene i singoli istituti possano esaurirsi, non finirà mai.
Esperienza esemplare delle beatitudini
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 31. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 44. La Chiesa, consapevole della centralità di questo dono di Dio nella propria vita, promuove la pastorale vocazionale per favorire l’accoglienza della chiamata divina alla vita consacrata nelle sue varie forme.
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A servizio dell’umanità
[556]
Secondo un celebre detto, monaco «è colui che, separato da tutti, è unito a tutti»
![]() Evagrio Pontico, La preghiera, 124. ![]()
La vocazione dei fedeli consacrati è complementare a quella dei pastori e dei fedeli laici. Insieme questi tre stati di vita, arricchiti ciascuno di una grande varietà di vocazioni particolari, di carismi e di ministeri, contribuiscono alla vita e alla missione della Chiesa
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 4. | |
[557] I fedeli di vita consacrata, mossi dallo Spirito, tendono alla perfezione della carità mediante la professione dei consigli evangelici. Così esprimono con maggiore pienezza la consacrazione battesimale; seguono Cristo più da vicino; si donano totalmente a Dio; edificano la Chiesa e cooperano alla salvezza del mondo in modo esemplare; diventano segno luminoso dell’umanità futura.
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[739] La Chiesa è segno efficace della salvezza, non solo perché l’annuncia e la celebra, ma anche perché la vive.
Mediante la Parola e i sacramenti, il Signore comunica ai credenti la vita di comunione con Dio, frutto della sua Pasqua. Il dono viene accolto nella fede e tradotto in atteggiamenti, opere e rapporti animati dalla carità. Gli uomini, non più chiusi nella solitudine e ripiegati su se stessi, diventano famiglia di Dio.
L’eterna comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo viene vissuta in una comunione di fratelli, penetra nella storia e si manifesta nel segno concreto e visibile della comunità cristiana e della sua testimonianza, nonostante tutti i limiti culturali e morali della condizione umana.
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[740] La Chiesa non è solo uno strumento per preparare il regno di Dio; è già il Regno stesso presente in mistero, il primo germoglio che va lentamente crescendo e aspira al compimento perfetto. È la città luminosa sul monte, in cui il Signore ha posto la sua dimora, per attirare a sé tutte le genti.
Chi però osserva solo dal di fuori le sue vicende storiche, i suoi ordinamenti e i suoi riti, rischia di lasciarsi sfuggire la realtà intima, che dà significato a tutto. Conoscono davvero la Chiesa solo quelli che partecipano alla sua vita di fede, speranza e carità. Il loro cuore è pervaso di commozione nella certezza di appartenere a un popolo che, animato dallo Spirito Santo e conformato sempre più a Cristo, è in cammino verso il Padre. Si sentono coinvolti in una intensa comunicazione di beni spirituali e materiali dentro la famiglia di Dio, famiglia immensa che abbraccia anche i santi del cielo e i defunti del purgatorio. Anelano alla perfezione definitiva, che contemplano pienamente realizzata nella Vergine Maria, la prima dei redenti, la più sublime attuazione della Chiesa, la presenza materna che l’accompagna nel suo cammino storico.
In questa sezione consideriamo la Chiesa come comunione di carità, che congiunge gli uomini a Dio e tra di loro (capitolo 19); al centro di essa vediamo la Madre del Signore nella singolarità della sua santità e della sua missione (capitolo 20).
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Singolare appartenenza
[742] La Chiesa è riunita intorno a Cristo. Si tratta di un legame soltanto morale o di una realtà più profonda?
Il popolo di Dio porta con sé nella storia un mistero di comunione. Una voce potente ferma Paolo sulla via di Damasco: «”Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”. Rispose: “Chi sei, o Signore?”. E la voce: “Io sono Gesù, che tu perseguiti!”» (At 9,4-5). Le persecuzioni contro i cristiani feriscono personalmente Cristo stesso, perché la Chiesa è misteriosamente unita a lui, è suo corpo.
Il Signore morto e risorto attrae a sé tutti coloro che non si chiudono nel rifiuto: «Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32). Così potente è la sua carità, che i credenti vengono assunti in lui e lui viene a vivere in essi: «Rimanete in me e io in voi... Io sono la vite, voi i tralci» (Gv 15,4-5).
Il suo corpo individuale, cioè la sua concreta umanità personale,
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Questa visione di fede è rimasta nella Tradizione fino ai nostri giorni. Secondo la dottrina del concilio Vaticano II, «la santa Chiesa, che è comunità di fede, speranza e carità, è stata voluta da Cristo unico mediatore come un organismo visibile sulla terra; egli lo sostenta incessantemente e se ne serve per espandere su tutti la verità e la grazia. Ma la società gerarchicamente organizzata da una parte e il corpo mistico dall’altra, l’aggregazione visibile e la comunità spirituale, la Chiesa della terra e la Chiesa ormai in possesso dei beni celesti, non si devono considerare come due realtà; esse costituiscono al contrario un’unica realtà complessa, fatta di un duplice elemento, umano e divino»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 8. | |
Lo Spirito dell’unità
[743]
Il vincolo, con cui il Signore incorpora a sé i credenti, è lo Spirito Santo. Ecco a riguardo tre formule assai incisive. La prima è di san Paolo: siamo stati immersi in «un solo Spirito» per essere inseriti in «un solo corpo» (1Cor 12,13). La seconda è di sant’Ireneo: «Come dalla farina non si può fare, senz’acqua, un solo pane, così noi, che siamo molti, non potevamo diventare uno in Cristo Gesù, senza l’acqua che viene dal cielo»
![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 17, 2. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 7.
Il corpo ecclesiale di Cristo è dunque animato dallo Spirito Santo: «unico e identico nel capo e nelle membra, egli dà a tutto il corpo vita, unità e moto»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 7. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 4. | CdA, 338 CONFRONTAVAI |
Uniti e distinti
[744]
Uniti intimamente a Cristo mediante lo Spirito, i fedeli non rischiano di perdere la loro personalità, libertà e originalità, perché lo Spirito, mentre unisce, crea anche la varietà dei doni, delle vocazioni, dei servizi. Cristo e la Chiesa si appartengono reciprocamente ma rimangono distinti, come lo sposo e la sposa diventano “una sola carne” ma sono uno di fronte all’altro. L’immagine nuziale integra opportunamente quella del corpo.
Nel Nuovo Testamento vi sono anche altre immagini per evocare il mistero della Chiesa nel suo rapporto con Cristo e con le altre persone divine: ovile
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Già l’amicizia umana è capace di creare una certa unità. Gli amici si incontrano, stanno volentieri insieme, si confidano i segreti più intimi; anzi si trasferiscono in qualche modo uno nell’altro, si identificano affettivamente, fino a diventare “un’anima in due corpi”. In questa prospettiva, ma a ben diversa profondità, possiamo collocare le parole di Gesù ai suoi discepoli: «Vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15); «Io sono nel Padre e voi in me e io in voi» (Gv 14,20). Lo Spirito, che unisce il Figlio al Padre, in modo simile unisce i discepoli al Figlio per ricondurli al Padre.
| CCC, 753-757CdA, 499-502 CONFRONTAVAI |
[745] «La Chiesa intera appare come un popolo radunato dall’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo»
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Concilio Vaticano II
,
Lumen gentium
, 4. Cf.
San Cipriano di Cartagine
,
La preghiera del Signore
, 23.
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Comunione di beni spirituali e materiali
[746]
La comunione di carità con Cristo e con il Padre nello Spirito si prolunga in una comunione fraterna di uomini e si manifesta nella storia. «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21). È impossibile essere amici di Dio se non si è amici tra credenti. Anzi è impossibile aderire a Cristo senza avvicinarsi a tutti gli uomini, specie ai sofferenti
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[747]
La Chiesa, nella sua più intima verità, è comunione con Dio, vissuta dentro una comunione tra persone umane; comunione di fede amante e operosa, che riceve la carità di Dio e la prolunga nella carità fraterna in modo visibile e tangibile, mettendo in circolazione beni spirituali, culturali e materiali. Tutto ciò che siamo o facciamo entra in questa comunione: il lavoro delle madri e dei padri di famiglia, la predicazione dei pastori, la preghiera dei monaci, lo studio dei teologi, la creazione degli artisti, la ricerca degli scienziati, l’attenzione degli educatori, la premura dei medici, il servizio dei volontari, la saggezza dei politici... Tutti possono donare e ricevere; tutti sono preziosi, anche gli emarginati, i malati, gli anziani; anzi «molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi» (Mc 10,31). Lutero, sebbene contestasse le indulgenze, non mise mai in discussione il mistero della comunione dei santi, anzi ne traeva grande conforto: «Il mio peso, altri lo portano, la loro forza è la mia. La fede della Chiesa viene in soccorso alla mia angoscia, la castità altrui mi sorregge nelle tentazioni della mia lascivia, gli altrui digiuni tornano a mio vantaggio, un altro si prende cura di me nella preghiera... Chi dunque potrà disperare nei peccati? Chi non gioirà nelle pene, dal momento che egli non porta più i suoi peccati né le sue pene, o se li porta non li porta da solo, aiutato com’è da così numerosi santi figli di Dio e soprattutto dallo stesso Cristo. Tanto grande è la comunione dei santi e la Chiesa di Cristo!»
![]() M. Lutero, Libretto consolatorio per gli affaticati e gli oppressi, 6. | |
Esperienza della comunione dei santi
[748] La comunione rimane nascosta nella profondità di Dio e si incarna nelle vicende della storia; è dono che viene dallo Spirito e compito che è realizzato dai credenti nei limiti e nella precarietà della condizione umana. Si chiama opportunamente “comunione dei santi”, perché vi partecipano in pienezza le persone sante, che vivono nella grazia di Dio. Ma rimangono in essa anche i peccatori, in quanto sono amati da Dio e dai fratelli. La carità porta il peso dei peccati e mantiene aperta la possibilità di conversione.
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[749] La Chiesa non si regge sull’equilibrio delle forze e sul compromesso tra interessi contrastanti, ma sul reciproco dono di sé, a somiglianza delle Persone divine. Una comunità diventa figura storica della Trinità e risplende di bellezza nella misura in cui la carità tra i cristiani viene sperimentata concretamente.
La spiritualità di comunione è particolarmente attuale oggi, nell’anonimato della società di massa. Anonimato vuol dire povertà di rapporti umani, superficialità di incontri occasionali o strumentali, solitudine in mezzo a una folla in continuo movimento. Quando i cristiani diventano «un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32), rivelano il volto di Dio e attirano gli uomini a lui.
Il dono dell’unità viene dato a tutti; ad alcuni poi è affidato come carisma particolarmente intenso e fecondo. Il luogo ordinario di questa esperienza è la parrocchia.
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Germi di comunione fuori della Chiesa
[750]
Semi di comunione germogliano anche fuori della Chiesa. Tutti gli uomini sono creati a immagine di Dio e portano con sé la segreta nostalgia della vita divina. Quando si amano con amore sincero e definitivo, si accostano, anche senza saperlo, al mistero della comunione trinitaria. «Chi teme[Dio]e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto» (At 10,35).
La Chiesa si rallegra, quando vede fiorire i beni della concordia; è attenta a scrutare ulteriori possibilità di crescita; offre volentieri la sua cooperazione. Confida nello Spirito, che agisce ovunque, liberamente, come «il vento», che «soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va» (Gv 3,8).
| CCC, 843 |
La festa iniziata
[752]
La comunione germoglia nel tempo e tende alla pienezza definitiva, tra le resistenze dell’umana debolezza. Sarà perfetta solo
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Il Signore ha già concluso irrevocabilmente il patto di nozze con la Chiesa, ma ancora non l’ha introdotta nella sua casa: l’ha posta in una situazione analoga a quella delle spose ebree nel tempo più o meno lungo che intercorreva tra il contratto e la festa nuziale. Intanto la circonda di premure, perché diventi più bella e possa comparire davanti a lui al momento giusto «tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Ef 5,27).
La Chiesa, da parte sua, anela alla gioia ineffabile della perfetta comunione. Celebra nella festa il senso ritrovato della vita e della storia. E, mentre loda e ringrazia l’Amore creatore e salvatore, sente di ricevere nuove energie per il suo difficile cammino. «Alleluia. Ha preso possesso del suo regno il Signore, il nostro Dio, l’Onnipotente. Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché son giunte le nozze dell’Agnello; la sua sposa è pronta, le hanno dato una veste di lino puro splendente» (Ap 19,6-8). Questo canto di lode risuona nell’immensa assemblea celeste; ma ad esso si associa anche l’assemblea dei credenti sulla terra.
| CCC, 1042-1045 |
Chiesa in cammino, nella purificazione e nella gloria
[753] Nella preghiera eucaristica si fa menzione del papa e del vescovo, dei presenti e degli assenti, dei santi e dei defunti. In molte chiese, popolate di immagini sacre, arcane presenze sembrano aggiungersi all’assemblea dei fedeli. La comunione di carità in Cristo supera ogni barriera, anche quella della morte.
«Alcuni tra i suoi discepoli sono ancora in cammino sulla terra, altri hanno lasciato questa vita e sono sottoposti a purificazione, altri infine godono la gloria del cielo contemplando chiaramente Dio stesso uno e trino così come egli è; tutti però, in gradi e modi diversi, comunichiamo nella stessa carità verso Dio e verso il prossimo e cantiamo al nostro Dio lo stesso inno di gloria. Infatti coloro che sono di Cristo e ne possiedono lo Spirito, formano insieme una sola Chiesa e in lui sono congiunti gli uni agli altri. L’unione quindi di quelli che sono ancora in cammino con i fratelli che sono morti nella pace di Cristo non viene interrotta, ma, come crede da sempre la Chiesa, viene invece consolidata dalla comunicazione nei beni spirituali»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 49. La Chiesa, nella triplice condizione di cammino storico, di purificazione ultraterrena e di gloria celeste, è una sola grande famiglia, con un’intensa comunicazione di beni.
Noi pellegrini sulla terra veneriamo i santi del cielo, invochiamo la loro intercessione, imitiamo il loro esempio. Aiutiamo i defunti bisognosi di purificazione con la preghiera di suffragio e con il nostro impegno di conversione e di carità.
Da parte loro i giusti, morti in pace con Cristo, sono diventati più vicini a Dio e quindi anche a noi; operano nella storia con maggiore efficacia di quando erano sulla terra, a somiglianza del Signore Gesù che ha dispiegato la sua potenza salvifica soprattutto dopo la sua morte e risurrezione. La loro carità è più perfetta di prima e li spinge a partecipare intensamente alla fatica dei vivi e a intercedere per loro presso Dio.
| CdA, 973 CONFRONTAVAI |
Un’immensa assemblea
[754]
L’odierna cultura dell’effimero sembra non aver memoria per i padri che ci hanno preceduto, né premura per le generazioni che verranno. La fede della Chiesa ci mette invece in comunione con tutti e con tutto. Noi pellegrini nel tempo ci ritroviamo insieme con gli angeli, i santi e i defunti in un’immensa assemblea, in una festa cosmica. «Voi vi siete accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, al Mediatore della nuova alleanza» (Eb 12,22-24).
Soprattutto, la Chiesa si sente in comunione con la Vergine Maria, la sua prima e più perfetta realizzazione, che, assunta alla gloria celeste in anima e corpo, la precede alle nozze eterne e nello stesso tempo l’accompagna con materna premura durante il suo cammino storico. «In te si rallegra, o piena di grazia, ogni creatura»
![]() Liturgia bizantina, Inno “In te si rallegra”. | CCC, 972CCC 1044 |
[755] «Noi crediamo alla comunione di tutti i fedeli in Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la loro purificazione e dei beati del cielo; tutti insieme formano una sola Chiesa»
![]()
Paolo VI
,
Credo del popolo di Dio
, 30.
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L’esperienza originaria
[429]
Lo Spirito Santo riunisce i credenti nella Chiesa. L’amore del Padre, rivelato dal Figlio morto e risorto, viene comunicato ai discepoli,
![]() Nel giorno stesso di Pentecoste si forma la prima comunità, quella di Gerusalemme, madre e modello di tutte le altre che seguiranno. Secondo il racconto di Luca, la sua crescita è prodigiosa. Ancor più mirabile appare il quadro della vita comunitaria, sebbene non manchi il comportamento indegno di qualche membro.
I credenti sono «assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (At 2,42). Ascoltano e meditano la parola di Dio. Lodano e ringraziano continuamente il Signore; invocano il suo aiuto nelle difficoltà. Celebrano il mistero della morte e risurrezione di Cristo con l’eucaristia, ripetendo il gesto da lui compiuto nell’ultima cena. Stanno volentieri insieme; si fanno carico dei servizi necessari; condividono i beni materiali, con libertà e generosità, continuando l’esperienza già fatta da alcuni di loro insieme a Gesù. Portano ovunque la loro coraggiosa testimonianza, suscitando la simpatia del popolo e l’ostilità della classe dirigente, specialmente di quella di orientamento sadduceo. Gli apostoli, e particolarmente Pietro, svolgono, con autorità e semplicità, un compito prezioso di guida e di animazione
![]() | CCC, 1342CCC 2623-2624CCC 770-771 |
Identità visibile della Chiesa
[430] Si tratta di un’esperienza storica irripetibile, in cui però è delineata la figura essenziale di ogni vera comunità cristiana: comunità concreta di credenti in Cristo, uomini in carne ed ossa, santi e peccatori, riuniti sotto la guida dei pastori, nella condivisione di beni spirituali e materiali, dove il mistero pasquale del Signore è proclamato con la predicazione, attualizzato nell’eucaristia e negli altri sacramenti, vissuto nella carità.
Per essere riconoscibile come segno davanti al mondo, la Chiesa deve possedere una precisa identità visibile; deve configurarsi come comunità di fede, di culto e soprattutto di rapporti fraterni: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). Perciò l’ordinamento e la prassi comunitaria seguiranno criteri diversi rispetto agli altri gruppi umani: adesione libera
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Nella misura in cui assumerà questi lineamenti, la comunità cristiana contribuirà efficacemente a costruire la pace sulla terra e sarà immagine credibile della comunione trinitaria delle persone divine: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21).
| CCC, 812 |
[431] Figura esemplare della Chiesa è la prima comunità di Gerusalemme, in cui i cristiani «erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (At 2,42).
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Rilettura della storia
[432]
Negli Atti degli Apostoli i discorsi, attribuiti a Pietro, a Paolo e ad altri personaggi, occupano un terzo del libro: si può intuire quanto sia importante la loro funzione. In essi risuona la voce profetica della Chiesa nascente, che animata dallo Spirito Santo interpreta la storia nella prospettiva della Pasqua di Cristo. Le vicende di Israele, gli avvenimenti della vita di Gesù, i primi passi della comunità cristiana vengono collegati in una visione coerente, di grande respiro, e proiettati verso il futuro; si delinea così il ruolo della Chiesa nella storia della salvezza, la sua posizione rispetto a Israele.
| CCC, 59-64CCC 839-840 |
Israele
[433]
Dio ha voluto avere un popolo santo in mezzo ai popoli della terra
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La Chiesa definitivo popolo di Dio
[434]
I primi seguaci di Gesù sono convinti di essere il definitivo Israele, che lo Spirito di Dio ha riunito e santificato, dando compimento alle antiche profezie e a una lunga preparazione
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[435]
Sebbene nuova sia l’alleanza, di cui Cristo è mediatore
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Israele è “la radice santa”, dalla quale si sviluppa il cristianesimo; è “l’olivo buono”, sul quale vengono innestati i pagani, perché portino frutto. Gesù rimane il Messia di Israele
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Se già nell’antica alleanza Israele ha ricevuto il nome di assemblea di Dio, a maggior ragione merita questo nome il definitivo popolo di Dio. “Chiesa” significa precisamente “assemblea”: assemblea radunata dal Padre intorno a Cristo con il dono dello Spirito, Chiesa «di Dio in Gesù Cristo» (1Ts 2,14).
La Chiesa è dunque la forma definitiva del popolo di Dio nella storia, capace di attirare tutte le genti. «La legge e la parola sono usciti da Gerusalemme... e noi ci siamo rifugiati presso il Dio di Israele. Sebbene fossimo esperti nella guerra, nell’assassinio, in ogni specie di mali, abbiamo trasformato le spade in aratri, le lance in falci; e ora costruiamo il timor di Dio, la giustizia, la solidarietà, la fede e la speranza»
![]() San Giustino, Dialogo con Trifone, 18, 2-3. | |
Santità e peccato nella Chiesa
[436]
La Chiesa è il popolo santo, consacrato da Dio. Il suo capo, Cristo, la unisce a sé e la vivifica con il dono dello Spirito; la rigenera incessantemente con la sua parola e i sacramenti; le comunica la forza della carità, partecipazione alla vita stessa di Dio, che abilita a praticare la nuova giustizia, prospettata nel discorso della montagna.
Tutti i cristiani sono chiamati alla santità, che consiste nella perfezione della carità. Non si tratta semplicemente di un’esortazione o di un dovere, ma di «un’insopprimibile esigenza del mistero della Chiesa»
![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 16. | |
[437]
Tuttavia la Chiesa include anche i peccatori; «è santa e insieme
![]() ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 8. ![]() ![]() ![]() ![]() Cf. San Giustino, Dialogo con Trifone, 110, 1-2. La risposta è che la Chiesa, pur essendo la forma autentica e definitiva del popolo di Dio, è ancora in cammino nella storia. Sebbene per l’assistenza dello Spirito Santo sia preservata da una defezione totale, è ancora soggetta nei suoi membri alla tentazione di voltare le spalle a Dio, come lo fu Israele in cammino nel deserto. La Chiesa non è il Regno compiuto; è solo il segno, lo strumento e il germe di esso.
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Esperienza della comunione dei santi
[748] La comunione rimane nascosta nella profondità di Dio e si incarna nelle vicende della storia; è dono che viene dallo Spirito e compito che è realizzato dai credenti nei limiti e nella precarietà della condizione umana. Si chiama opportunamente “comunione dei santi”, perché vi partecipano in pienezza le persone sante, che vivono nella grazia di Dio. Ma rimangono in essa anche i peccatori, in quanto sono amati da Dio e dai fratelli. La carità porta il peso dei peccati e mantiene aperta la possibilità di conversione.
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[749] La Chiesa non si regge sull’equilibrio delle forze e sul compromesso tra interessi contrastanti, ma sul reciproco dono di sé, a somiglianza delle Persone divine. Una comunità diventa figura storica della Trinità e risplende di bellezza nella misura in cui la carità tra i cristiani viene sperimentata concretamente.
La spiritualità di comunione è particolarmente attuale oggi, nell’anonimato della società di massa. Anonimato vuol dire povertà di rapporti umani, superficialità di incontri occasionali o strumentali, solitudine in mezzo a una folla in continuo movimento. Quando i cristiani diventano «un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32), rivelano il volto di Dio e attirano gli uomini a lui.
Il dono dell’unità viene dato a tutti; ad alcuni poi è affidato come carisma particolarmente intenso e fecondo. Il luogo ordinario di questa esperienza è la parrocchia.
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Germi di comunione fuori della Chiesa
[750]
Semi di comunione germogliano anche fuori della Chiesa. Tutti gli uomini sono creati a immagine di Dio e portano con sé la segreta nostalgia della vita divina. Quando si amano con amore sincero e definitivo, si accostano, anche senza saperlo, al mistero della comunione trinitaria. «Chi teme[Dio]e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto» (At 10,35).
La Chiesa si rallegra, quando vede fiorire i beni della concordia; è attenta a scrutare ulteriori possibilità di crescita; offre volentieri la sua cooperazione. Confida nello Spirito, che agisce ovunque, liberamente, come «il vento», che «soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va» (Gv 3,8).
| CCC, 843 |
Singolare appartenenza
[742] La Chiesa è riunita intorno a Cristo. Si tratta di un legame soltanto morale o di una realtà più profonda?
Il popolo di Dio porta con sé nella storia un mistero di comunione. Una voce potente ferma Paolo sulla via di Damasco: «”Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”. Rispose: “Chi sei, o Signore?”. E la voce: “Io sono Gesù, che tu perseguiti!”» (At 9,4-5). Le persecuzioni contro i cristiani feriscono personalmente Cristo stesso, perché la Chiesa è misteriosamente unita a lui, è suo corpo.
Il Signore morto e risorto attrae a sé tutti coloro che non si chiudono nel rifiuto: «Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32). Così potente è la sua carità, che i credenti vengono assunti in lui e lui viene a vivere in essi: «Rimanete in me e io in voi... Io sono la vite, voi i tralci» (Gv 15,4-5).
Il suo corpo individuale, cioè la sua concreta umanità personale,
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Questa visione di fede è rimasta nella Tradizione fino ai nostri giorni. Secondo la dottrina del concilio Vaticano II, «la santa Chiesa, che è comunità di fede, speranza e carità, è stata voluta da Cristo unico mediatore come un organismo visibile sulla terra; egli lo sostenta incessantemente e se ne serve per espandere su tutti la verità e la grazia. Ma la società gerarchicamente organizzata da una parte e il corpo mistico dall’altra, l’aggregazione visibile e la comunità spirituale, la Chiesa della terra e la Chiesa ormai in possesso dei beni celesti, non si devono considerare come due realtà; esse costituiscono al contrario un’unica realtà complessa, fatta di un duplice elemento, umano e divino»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 8. | |
Lo Spirito dell’unità
[743]
Il vincolo, con cui il Signore incorpora a sé i credenti, è lo Spirito Santo. Ecco a riguardo tre formule assai incisive. La prima è di san Paolo: siamo stati immersi in «un solo Spirito» per essere inseriti in «un solo corpo» (1Cor 12,13). La seconda è di sant’Ireneo: «Come dalla farina non si può fare, senz’acqua, un solo pane, così noi, che siamo molti, non potevamo diventare uno in Cristo Gesù, senza l’acqua che viene dal cielo»
![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 17, 2. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 7.
Il corpo ecclesiale di Cristo è dunque animato dallo Spirito Santo: «unico e identico nel capo e nelle membra, egli dà a tutto il corpo vita, unità e moto»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 7. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 4. | CdA, 338 CONFRONTAVAI |
La festa iniziata
[752]
La comunione germoglia nel tempo e tende alla pienezza definitiva, tra le resistenze dell’umana debolezza. Sarà perfetta solo
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Il Signore ha già concluso irrevocabilmente il patto di nozze con la Chiesa, ma ancora non l’ha introdotta nella sua casa: l’ha posta in una situazione analoga a quella delle spose ebree nel tempo più o meno lungo che intercorreva tra il contratto e la festa nuziale. Intanto la circonda di premure, perché diventi più bella e possa comparire davanti a lui al momento giusto «tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Ef 5,27).
La Chiesa, da parte sua, anela alla gioia ineffabile della perfetta comunione. Celebra nella festa il senso ritrovato della vita e della storia. E, mentre loda e ringrazia l’Amore creatore e salvatore, sente di ricevere nuove energie per il suo difficile cammino. «Alleluia. Ha preso possesso del suo regno il Signore, il nostro Dio, l’Onnipotente. Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché son giunte le nozze dell’Agnello; la sua sposa è pronta, le hanno dato una veste di lino puro splendente» (Ap 19,6-8). Questo canto di lode risuona nell’immensa assemblea celeste; ma ad esso si associa anche l’assemblea dei credenti sulla terra.
| CCC, 1042-1045 |
Chiesa in cammino, nella purificazione e nella gloria
[753] Nella preghiera eucaristica si fa menzione del papa e del vescovo, dei presenti e degli assenti, dei santi e dei defunti. In molte chiese, popolate di immagini sacre, arcane presenze sembrano aggiungersi all’assemblea dei fedeli. La comunione di carità in Cristo supera ogni barriera, anche quella della morte.
«Alcuni tra i suoi discepoli sono ancora in cammino sulla terra, altri hanno lasciato questa vita e sono sottoposti a purificazione, altri infine godono la gloria del cielo contemplando chiaramente Dio stesso uno e trino così come egli è; tutti però, in gradi e modi diversi, comunichiamo nella stessa carità verso Dio e verso il prossimo e cantiamo al nostro Dio lo stesso inno di gloria. Infatti coloro che sono di Cristo e ne possiedono lo Spirito, formano insieme una sola Chiesa e in lui sono congiunti gli uni agli altri. L’unione quindi di quelli che sono ancora in cammino con i fratelli che sono morti nella pace di Cristo non viene interrotta, ma, come crede da sempre la Chiesa, viene invece consolidata dalla comunicazione nei beni spirituali»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 49. La Chiesa, nella triplice condizione di cammino storico, di purificazione ultraterrena e di gloria celeste, è una sola grande famiglia, con un’intensa comunicazione di beni.
Noi pellegrini sulla terra veneriamo i santi del cielo, invochiamo la loro intercessione, imitiamo il loro esempio. Aiutiamo i defunti bisognosi di purificazione con la preghiera di suffragio e con il nostro impegno di conversione e di carità.
Da parte loro i giusti, morti in pace con Cristo, sono diventati più vicini a Dio e quindi anche a noi; operano nella storia con maggiore efficacia di quando erano sulla terra, a somiglianza del Signore Gesù che ha dispiegato la sua potenza salvifica soprattutto dopo la sua morte e risurrezione. La loro carità è più perfetta di prima e li spinge a partecipare intensamente alla fatica dei vivi e a intercedere per loro presso Dio.
| CdA, 973 CONFRONTAVAI |
Un’immensa assemblea
[754]
L’odierna cultura dell’effimero sembra non aver memoria per i padri che ci hanno preceduto, né premura per le generazioni che verranno. La fede della Chiesa ci mette invece in comunione con tutti e con tutto. Noi pellegrini nel tempo ci ritroviamo insieme con gli angeli, i santi e i defunti in un’immensa assemblea, in una festa cosmica. «Voi vi siete accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, al Mediatore della nuova alleanza» (Eb 12,22-24).
Soprattutto, la Chiesa si sente in comunione con la Vergine Maria, la sua prima e più perfetta realizzazione, che, assunta alla gloria celeste in anima e corpo, la precede alle nozze eterne e nello stesso tempo l’accompagna con materna premura durante il suo cammino storico. «In te si rallegra, o piena di grazia, ogni creatura»
![]() Liturgia bizantina, Inno “In te si rallegra”. | CCC, 972CCC 1044 |
[755] «Noi crediamo alla comunione di tutti i fedeli in Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la loro purificazione e dei beati del cielo; tutti insieme formano una sola Chiesa»
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Paolo VI
,
Credo del popolo di Dio
, 30.
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[607] Mistero è il disegno salvifico di Dio che si rivela e si attua nella storia. Mistero pasquale è l’evento della passione, morte, risurrezione e glorificazione di Gesù Cristo, centro del disegno salvifico di Dio e della storia. Questo evento venne preparato e prefigurato nell’Antico Testamento; ora, compiuto una volta per sempre, rimane in eterno e viene ripresentato attraverso segni visibili nel tempo della Chiesa. La Chiesa lo annuncia con la parola e lo celebra con la liturgia, perché i credenti siano conformati a Cristo ed egli si incarni ancora nella loro esistenza. Così la memoria narrata e quella rituale diventano memoria vissuta.
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[608] Nella Chiesa, attraverso mediazioni umane, il Signore crocifisso e risorto viene a incontrare gli uomini, in maniera conforme alla loro condizione storica. Parla e chiama alla fede con la predicazione. Esercita il suo sacerdozio nel sacrificio eucaristico, nei sacramenti e in tutte le celebrazioni liturgiche, comunicando il suo Spirito.
Per quanto sta in lui, egli offre efficacemente la verità salvifica e la grazia santificante, per essere accolto e seguito in modo autentico dai fedeli. Per questo la predicazione della Chiesa, a livello di massima autorità e di impegno definitivo, è infallibile, e la liturgia nei sette sacramenti è di per se stessa comunicazione di grazia.
In questa sezione tratteremo della presenza del Signore Gesù nella proclamazione della Parola (capitolo 14); quindi nella liturgia globalmente considerata (capitolo 15) e nei singoli sacramenti, prima in quelli dell’iniziazione cristiana, battesimo, cresima ed eucaristia (capitolo 16), poi in quelli della guarigione spirituale, penitenza e unzione dei malati (capitolo 17), infine in quelli finalizzati allo sviluppo della vita comunitaria, ordine e matrimonio (capitolo 18).
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609] Non si vive di solo pane. I credenti vivono della parola di Dio, consegnata una volta per sempre nella Sacra Scrittura e attualizzata incessantemente dallo Spirito di verità mediante la Tradizione viva della Chiesa. Dall’ascolto assiduo, attento e devoto di essa prendono forza e orientamento l’annuncio, la preghiera e l’impegno cristiano.
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Parola viva ed efficace
[610] Oggi la parola è inflazionata nel chiasso della pubblicità e della propaganda, nel vuoto di tanti discorsi e scritti; perciò la sua reputazione è in ribasso. Si sente dire: «Contano i fatti e non le parole». Ma è veramente così? La parola non è solo informazione: è comunicazione e azione. Provoca gioia e dolore, amicizia e ostilità, reazioni e iniziative. La sua forza costruisce e distrugge, unisce e divide; fa andare avanti la storia non meno dei fatti economici e tecnici.
A maggior ragione è attiva e feconda la parola di Dio che crea, libera, santifica, giudica e sconvolge. «La mia parola non è forse come il fuoco e come un martello che spacca la roccia?» (Ger 23,29). «Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare,... così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata» (Is 55,10-11). «La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio» (Eb 4,12).
| CCC, 65 |
[611]
La parola di Dio è Dio stesso che si rivela e si dona nella storia degli uomini, fino a comunicarsi personalmente in Gesù di Nàzaret. Gesù è la Parola eterna e creatrice di Dio fatta carne
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Secondo gli Atti degli apostoli, la Parola, colma di Spirito Santo, porta avanti il cammino della Chiesa: cresce, si rafforza e si diffonde. I protagonisti umani sono i suoi servitori
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Questa Parola non è solo una notizia riguardante la salvezza, ma è parte integrante dell’avvenimento stesso della salvezza; non solo ha per contenuto Cristo morto e risorto, ma prima ancora è Cristo stesso, che parla attraverso i suoi inviati: «Mossi da Dio, sotto il suo sguardo, noi parliamo in Cristo» (2Cor 2,17). I discepoli continuano a predicare e a insegnare in suo nome e con la sua presenza
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Rivelazione attualizzata
[612]
Il cristianesimo non è la religione di un libro, per quanto sacro possa essere, ma la religione «della Parola incarnata e vivente»
![]() San Bernardo di Chiaravalle, Lodi alla Beata Vergine Maria che riceve l’annunzio, 4, 11.
Nella Chiesa «Dio parla al suo popolo e Cristo annunzia ancora il vangelo»
![]() Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 33. ![]() Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 7. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 7. ![]() ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 4. | CCC, 79CCC 108CCC 1084CdA, 58 CONFRONTAVAI |
[613]
Attraverso la Parola e i sacramenti, debitamente accolti, il Signore conforma a sé i credenti e viene a vivere in loro, prolungando in qualche modo la sua incarnazione. Con la Parola fa risplendere davanti al loro sguardo la propria immagine e li attrae a sé. Con i sacramenti ristruttura la loro esistenza secondo la medesima immagine e li unisce a sé. La sua verità e la sua grazia sono ugualmente necessarie per edificare la vita cristiana.
| CdA, 607-608 CONFRONTAVAI |
La Sacra Scrittura norma della fede
[615]
Molti, anche praticanti, si considerano cattolici, ma a modo
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Infallibilità della Chiesa
[616]
La fede della Chiesa riconosce nella Scrittura la propria norma e ad essa si sente vincolata; tuttavia, come a suo tempo ne ha fissato il canone, l’elenco dei libri sacri, così in ogni epoca si sente autorizzata a interpretarla, perché sa di essere animata dal medesimo Spirito Santo, che ne è l’autore
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 12. | |
[617] La verità è un dono che la Chiesa riceve dal Signore; non è motivo di vanto, ma di umile gratitudine e grave responsabilità. Gesù Cristo non si è limitato a parlare una volta per sempre nel lontano passato, ma riprende la stessa parola e l’attualizza incessantemente con la luce del suo Spirito, attraverso mediazioni umane. Non abbandona il suo messaggio alle fragili risorse della ricerca umana, ma garantisce e offre lui stesso, infallibilmente, la verità salvifica, come attraverso i sacramenti offre la grazia santificante, indipendentemente dalla dignità morale del ministro. Senza questa garanzia i credenti rischierebbero di smarrire l’oggettività e l’integrità della rivelazione; finirebbero per ridurre Dio alla misura della loro esperienza e per credere più a se stessi che a lui. È possibile essere cristiani solo ricevendo in dono la verità e la grazia che sono tra loro complementari.
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Il comune senso della fede
[618]
«Dove è la Chiesa, lì è anche lo Spirito di Dio, e dove è lo Spirito di Dio è la Chiesa ed ogni grazia. E lo Spirito è la verità»
![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 24, 1. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 12. | |
Il compito dei teologi
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Il Magistero
[620]
Il collegio dei vescovi, presieduto dal papa, ha l’ufficio di garantire
![]() ![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 4, 26, 2. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 25. Il papa per volontà di Cristo deve confermare i fratelli ed essere “roccia” di sostegno per la Chiesa; perciò è infallibile anche da solo, quando come maestro universale della fede definisce la dottrina da credere.
| CCC, 888-892CdA, 60 CONFRONTAVAI |
[621]
Accanto all’insegnamento definitivo e infallibile, vi è un
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Sacra Scrittura, Tradizione, magistero dei vescovi e del papa sono congiunti insieme «sotto l’azione del medesimo Spirito Santo»
![]() Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 10. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 10. | |
Le formule dogmatiche
[622]
Nel procedere della storia, davanti a situazioni e a problemi sempre nuovi, la Chiesa deve ripensare e riformulare continuamente la sua dottrina, proprio per rimanere fedele al messaggio originario, sperimentarne la fecondità, comprenderne altri aspetti. A quest’opera incessante di ricerca e di interpretazione contribuiscono il magistero dei pastori, lo studio dei teologi e la fede di tutti. In alcuni momenti si avverte la necessità, o almeno l’opportunità di nuove formule di fede, per riassumere il nucleo centrale del messaggio di salvezza o per precisarne qualche aspetto. Si fissano così i dogmi della Chiesa, non come aggiunte indebite alla parola di Dio, ma come interpretazioni ufficiali e infallibili di essa, punti sicuri di riferimento per poter proseguire il cammino verso una comprensione sempre più ricca del mistero vivo e inesauribile, senza deviazioni, tentennamenti e ricadute all’indietro. I dogmi sono offerta efficace di verità, come i sacramenti sono offerta efficace di grazia. È vero che l’atto di fede «non si ferma all’enunciato, ma raggiunge la realtà»
![]() San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, II-II, q. 1, a. 2 ad 2. | CdA, 306 CONFRONTAVAI |
[623]
Le formule, vere e garantite dall’infallibilità, sono indispensabili, perché vi sia «una sola fede» (Ef 4,5) e un’autentica comunità di credenti e di testimoni. L’unità del pensiero e il comune linguaggio sono a servizio della comunicazione e condivisione della fede.
Per il carisma della verità, che le viene dal Signore risorto e dal suo Spirito, «ricevuto il messaggio della fede, la Chiesa, benché sparsa in tutto il mondo, lo conserva fedelmente come se abitasse una sola casa; vi crede concordemente come se avesse una sola anima e un solo cuore; e con armonia perfetta lo predica, lo insegna e lo trasmette come se avesse una sola bocca»
![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 1, 10, 1-2. | |
[624] In quanto segno efficace della salvezza, la Chiesa riceve dal Signore Gesù la luce dello Spirito Santo, che la conduce «alla verità tutta intera» (Gv 16,13), perché tutti i fedeli, guidati dal magistero dei pastori, possano giungere «all’unità della fede e della conoscenza», senza essere «portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini», e possano aderire sempre più a Cristo, «vivendo secondo la verità nella carità» (Ef 4,13-15).
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Discepoli e testimoni della Parola
[625] La fede è una vittoria difficile, sempre rimessa in questione. La speranza spesso è contraddetta dall’esperienza. La carità può perdere facilmente il suo fervore. Dove attingere energia per la vita cristiana? Su quale fondamento edificare la comunità?
Il cristiano e la Chiesa nascono e crescono in virtù della parola di Dio e dei sacramenti. La Chiesa proclama e ascolta la Parola: vive di essa. La proclamazione assume forme diverse. Un primo annuncio del vangelo, incentrato sulla persona di Gesù Cristo e sul mistero pasquale, viene portato, in vista della conversione, a coloro che ancora non l’hanno conosciuto o sono rimasti indifferenti o increduli. Una catechesi più completa e sistematica viene proposta a quanti si mettono in cammino verso una fede più matura. Una liturgia della Parola costituisce la prima parte della santa Messa, centro di tutta l’esperienza cristiana. Anzi ogni celebrazione di sacramenti, di benedizioni, di liturgia delle ore riceve la sua impronta dalla parola di Dio, contenuta nella Sacra Scrittura: «Da essa vengono tratte le letture da spiegare nell’omelia e i salmi da cantare; del suo afflato e del suo spirito sono permeate le preci, le orazioni e gli inni liturgici e da essa prendono significato le azioni e i segni»
![]() Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 24. | CCC, 1349 |
[626]
Attraverso testi redatti in tempi lontani, Dio ci rivolge adesso la sua parola. Ci ricorda le meraviglie compiute nell’Antico e nel Nuovo Testamento, perché vuole ancora agire nella stessa direzione. Ci ripropone la memoria di Cristo, per ricreare in noi i suoi atteggiamenti e prolungare, in certo modo, la sua incarnazione in virtù dello Spirito
![]()
La Parola scuote il nostro torpore, risponde alle nostre domande, allarga i nostri orizzonti, ci offre i criteri per interpretare e valutare i fatti e le situazioni. D’altra parte viene compresa sempre in modo nuovo. È come uno specchio, in cui ciascuno può scorgere la propria immagine e la propria storia
![]() ![]() San Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele, 1, 7, 8. Cf. Origene, I principî, 4, 2, 4; Smaragdo, Diadema dei monaci, 3. | |
[627]
Il credente, docile all’ascolto, viene assimilato a Cristo nel pensare e nell’agire. Può dire con l’apostolo Paolo: «Per me il vivere è Cristo» (Fil 1,21). Diventa egli stesso un’eco della Parola, una «lettera di Cristo... scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente», che può essere «conosciuta e letta da tutti gli uomini» (2Cor 3,2-3). «Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» (Lc 11,28).
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La proclamazione liturgica
[628]
Particolare efficacia ha la Parola proclamata nel contesto della celebrazione dei sacramenti. La salvezza, preparata mediante le figure dell’Antico Testamento e attuata una volta per sempre in Gesù Cristo nel Nuovo Testamento, viene ripresentata nei riti sacramentali, per essere poi accolta e vissuta nell’esistenza quotidiana: «Quelle cose che crediamo siano avvenute storicamente, devono ora attualizzarsi in noi misticamente»
![]() San Gregorio Magno, Commento al Libro di Giobbe, 35, 15, 35. | CCC, 103 |
[629]
Soprattutto nella santa Messa la mensa della parola prepara quella del corpo di Cristo. «Nutrita spiritualmente all’una e all’altra mensa, la Chiesa da una parte si arricchisce nella dottrina e dall’altra si rafforza nella santità»
![]() Messale Romano, Ordinamento delle letture della Messa, 10. ![]() Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 10. ![]() Sant’Antonio di Padova, Discorsi per la Pentecoste, 1, 5. | |
Lectio divina
[630] Altro ambito privilegiato per l’ascolto orante della Parola è quello costituito dalla pratica della “lectio divina”.
Già nella Sacra Scrittura è insistente l’invito a recitare e meditare assiduamente la parola di Dio, per poterla vivere: «Non si allontani dalla tua bocca il libro di questa legge, ma mèditalo giorno e notte, perché tu cerchi di agire secondo quanto vi è scritto» (Gs 1,8); «La bocca del giusto proclama la sapienza, e la sua lingua esprime la giustizia; la legge del suo Dio è nel suo cuore, i suoi passi non vacilleranno» (Sal 37,30-31).
Presso i Padri della Chiesa la lettura orante della Bibbia è raccomandata come via privilegiata per stabilire un contatto vivo con Dio: «Impara a conoscere il cuore di Dio nelle parole di Dio»
![]() San Gregorio Magno, Registro delle lettere, 5, 46. ![]() Arnolfo di Bohéries, Lo specchio dei monaci, 1. ![]() Guigo II il Certosino, Sul modo di fare orazione, 1, 1; 2, 2. | CCC, 1177CCC 2708 |
[631] Oggi la pratica della “lectio divina” si va diffondendo tra i fedeli, con qualche integrazione rispetto al modello classico. Si possono indicare cinque momenti, che corrispondono al dinamismo stesso della fede.
La lettura offre il cibo della Parola. Va fatta con attenzione, pacatezza, senza sorvolare ciò che sembra secondario, interpretando correttamente il senso oggettivo storico. Occorre leggere e rileggere, rilevando ciò che appare più significativo, lasciandosi mettere in questione.
La meditazione rumina la parola, la custodisce nel cuore come Maria. Ciò che è stato letto viene confrontato con passi biblici paralleli, con i misteri della fede, con la vita personale, con gli avvenimenti e le situazioni della storia di oggi. Si risvegliano sentimenti di pace, di gioia, di generosità e di coraggio. Si cerca di discernere la concreta volontà del Signore e si prende un impegno preciso.
L’orazione esprime i sentimenti e i desideri santi che nascono nel
![]() La contemplazione rivolge a Dio l’attenzione amorosa e adorante, in profondo silenzio, senza parole. Per qualche istante può ottenere un’intuizione vivida della sua presenza.
La comunicazione condivide con altri fratelli la risonanza interiore che la Parola, letta, meditata, pregata e contemplata, ha avuto nel proprio cuore. Può avvenire all’interno di una sobria celebrazione comunitaria, in cui si proclama ancora la stessa Parola, acclamandola eventualmente con il canto.
Questo ultimo momento della preghiera vera e propria si prolunga nella missione, testimoniando con le azioni della vita quotidiana la Parola che ha preso carne nel credente. Accogliendo in sé l’amore di Dio per tutti, ci si dona generosamente agli altri.
Il metodo, così articolato e completo, mette in particolare evidenza come la parola di Dio comunichi la vita di Dio. I metodi nella preghiera possono essere molti, come del resto nella catechesi e nello studio. Ma l’incontro assiduo con la Parola è necessario a tutti per ricevere, mantenere e sviluppare la vita cristiana.
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«Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona» (2Tm 3,16-17).
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[633] Essere cristiani non è aderire a un’idea, ma a una persona. Mediante le celebrazioni liturgiche della Chiesa, il Signore Gesù, crocifisso e risorto, ci viene incontro personalmente in modo conforme alla nostra condizione storica. Ci comunica il dono pasquale del suo Spirito e della vita nuova, che santifica la nostra esistenza nelle molteplici situazioni, a lode di Dio Padre.
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Liturgia pasquale
[634]
Di ritorno dalla Grecia e dalla Macedonia, Paolo si ferma a Tròade, nell’Asia Minore. La domenica, giorno della risurrezione del Signore, la comunità cristiana della città si riunisce, per ascoltare la parola di Dio e celebrare l’eucaristia. C’è aria di festa; molte lampade sono accese per la veglia notturna. L’apostolo parla a lungo e l’assemblea lo segue con attenzione. A un certo momento un ragazzo di nome Eutìco, seduto sulla finestra, si addormenta e precipita dal terzo piano. Lo raccolgono morto. Paolo scende, lo abbraccia e nel nome del Signore lo riporta alla vita tra lo stupore e la gioia di tutti. Poi prosegue la celebrazione con l’offerta e la distribuzione del pane eucaristico, pegno di vita eterna
![]() Davvero nella liturgia della Chiesa è presente il Signore risorto e ci rende partecipi della sua vittoria pasquale sulla morte! È significativo che durante i primi tre secoli i cristiani abbiano avuto una sola festa, la Pasqua: settimanale ogni domenica, annuale all’inizio della primavera. La liturgia cristiana è essenzialmente celebrazione del mistero pasquale; solo in riferimento ad esso prende in considerazione altri eventi salvifici.
Ma che cosa significa celebrare? Perché si compiono gesti simbolici e rituali? Come si colloca la liturgia cristiana nella storia della salvezza?
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Linguaggio simbolico
[635]
L’uomo, essere spirituale e corporeo, percepisce ed esprime le realtà
![]() Il linguaggio simbolico è un modo di essere e di comunicare. Coinvolge tutta la persona: intelligenza, volontà, affettività e corporeità. Non solo rappresenta le realtà spirituali invisibili, ma le contiene e le comunica effettivamente.
L’esperienza religiosa si serve del linguaggio simbolico come mediazione dell’incontro con la divinità. Il mondo è come un grande simbolo della grandezza di Dio e della sua vicinanza. La luce, il fuoco, l’aria, l’acqua, l’avvicendarsi delle stagioni, i frutti della terra, ogni realtà visibile rimanda al di là di se stessa, verso il Mistero. I gesti della vita sociale si caricano spontaneamente di senso religioso. Partecipare a un convito non è solo prendere cibo, ma è un modo di interpretare la realtà, un modo di essere con le cose, con gli altri e in definitiva con Dio. La relazione con Dio viene vissuta con più intensità nei passaggi critici della vita - nascita, crescita, matrimonio, morte - o negli avvenimenti storici in cui si riconoscono importanti valori e motivi di speranza.
Tutte le religioni fanno largo uso di gesti simbolici, organizzandoli in sistemi più o meno complessi, cioè in riti. I simboli presentano analogie e convergenze sorprendenti; ma i significati sono per lo più molto diversi da una religione all’altra.
| CCC, 1145-1149 |
Memoriale
[636]
Nell’Antico Testamento i simboli, i riti e le feste, pur mantenendo un riferimento alle vicende della natura e ai momenti della vita sociale, diventano segni dell’alleanza, memoria e attualizzazione delle opere mirabili compiute da Dio nella storia a favore del suo popolo. In particolare la Pasqua ebraica, immolazione di un agnello da consumare in una cena rituale, ricorda l’esodo dall’Egitto e vi fa in qualche modo partecipare i presenti al rito, perché Dio viene ancora a fare per i figli quello che un tempo aveva fatto per i padri. «Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete come un rito perenne» (Es 12,14). Il memoriale comunica la grazia dell’evento ricordato.
| CCC, 1093-1094CCC 1150CCC 1363 |
Celebrazione del mistero pasquale
[637]
Gesù Cristo porta a compimento gli eventi e i riti dell’antica alleanza. Nella sua persona Dio stesso si rivela, si comunica e ci salva. La sua predicazione, la sua azione, l’offerta della sua vita sono eventi concreti e irripetibili; una storia, non un rito liturgico. Tuttavia, nel modo più sublime, realizzano il fine di tutti i riti, che è quello di introdurre nella comunione con Dio. Gli antichi sacrifici, basati sull’offerta della vittima in sostituzione della vita dell’offerente, sono superati dal dono totale di lui stesso
![]() ![]() | CCC, 1151-1152CCC 1364CdA, 688-690 CONFRONTAVAI |
[638]
Il cristianesimo non comporta l’abolizione delle celebrazioni rituali,
![]()
Secondo il Nuovo Testamento, Gesù stesso istituisce il rito eucaristico, come memoriale dell’unico e perfetto sacrificio della croce: «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,191Cor 11,24). Non si tratta né di una semplice evocazione mentale, né di una ripetizione, né di un’aggiunta, ma di una ripresentazione efficace mediante un’azione simbolica, quella della cena.
L’atto di donazione, con cui Gesù è morto, rimane nel Signore risorto come perenne intercessione presso il Padre
![]() ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 7; 61; Id., Lumen gentium, 7. | |
Prospettiva storico-salvifica
[639] Nei primi secoli i Padri della Chiesa, nelle loro catechesi “mistagogiche” di spiegazione dei riti sacramentali, prendono avvio dalla descrizione del rito, risalgono alle figure dell’Antico Testamento, mettono in evidenza il compimento una volta per sempre della salvezza in Cristo morto e risorto, tornano a illustrare il sacramento come attualizzazione simbolica del mistero pasquale, concludono esortando ad accogliere il dono di Dio e a viverlo nell’esistenza quotidiana come anticipo della vita eterna. Ci offrono così, in modo suggestivo, una visione sintetica della storia e, all’interno di essa, individuano lucidamente la funzione essenziale della liturgia cristiana, come azione efficace del Signore Gesù nella sua donazione pasquale mediante parole e gesti simbolici, come memoria, presenza e attesa della salvezza.
| |
[640]
Anche il significato dei singoli sacramenti emerge solo nell’ambito della storia della salvezza. I gesti non sono particolarmente
![]() ![]() | |
[641]
«Non vi è altro mistero di Dio, se non Cristo»
![]() Sant’Agostino, Lettere, 187, 11, 34. | |
[642] «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,191Cor 11,24): nella liturgia della Chiesa viene attualizzato mediante azioni simboliche il mistero pasquale, fulcro di tutta la storia della salvezza, perché i credenti siano inseriti in esso e vengano santificati.
| |
Azioni di Cristo e della Chiesa
[643]
Nelle altre religioni i riti sono azioni simboliche dei credenti per esprimere la loro ricerca di Dio. Evidentemente anche nel cristianesimo i sacramenti sono azioni di culto della comunità ecclesiale. Ma la Chiesa fa i sacramenti in quanto aderisce a Cristo e accoglie la sua iniziativa. È innanzitutto il Signore Gesù che nella liturgia unisce a sé i fedeli per ricondurli al Padre: «Cristo associa sempre a sé la Chiesa, sua sposa amatissima, la quale prega il suo Signore e per mezzo di lui rende culto all’eterno Padre»
![]() Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 7. | CCC, 1136 |
Cristo autore dei sacramenti
[644]
«Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio» (1Cor 4,1). La Chiesa non dispone dei sacramenti a suo piacimento; li riceve e li custodisce fedelmente. Il loro autore è il Signore Gesù, che li ha istituiti una volta per sempre e ogni volta agisce in essi per comunicare lo Spirito e la vita nuova. La celebrazione è un incontro con lui: «Non per via di specchi, né per mezzo di enigmi, ma faccia a faccia ti sei mostrato a me, o Cristo, e io nei tuoi sacramenti trovo te»
![]() Sant’Ambrogio, Apologia del profeta David, 1, 2. | CCC, 1137-1139CCC 1210 |
Efficacia oggettiva
[645]
È Cristo che celebra: è lui che battezza, riconcilia, consacra e benedice. Il ministro - vescovo, presbitero, diacono o laico, a seconda dei casi - agisce sempre in suo nome, come segno della sua presenza, e deve avere l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa unita a Cristo. Quale che sia la sua fede e santità personale, l’efficacia del sacramento non dipende da lui: «Se Pietro battezza, è Cristo che battezza; se Giuda battezza, è Cristo che battezza»
![]() Sant’Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni, 6, 7. ![]() Concilio di Trento, Sess. VII, Decr. Sui sacramenti, Can. sui sacramenti in genere 6 - DS 1606. | |
Cooperazione personale
[646]
Tuttavia i sacramenti rimangono senza frutti, se chi li riceve non ha
![]() È da evitare comunque anche l’errore opposto, di chi trascura i sacramenti e tende a considerare essenziale solo l’impegno morale e sociale. Il cristianesimo è incontro con Gesù Cristo, adesione alla sua persona, partecipazione alla sua vita. La piena onestà morale non è una conquista solitaria; è resa possibile da lui ed è accetta al Padre solo in quanto è unita alla sua dedizione filiale, al suo sacrificio.
La salvezza non viene né dalla sola fede, né dal solo impegno, né automaticamente dal solo rito oggettivo; ma viene dal gesto sacramentale di Cristo, accolto con fede e vissuto nella carità
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 11. | |
Per la consacrazione e santificazione dell’uomo a lode di Dio
[647]
La liturgia è memoriale (anàmnesi), in quanto attualizza nell’azione simbolica il mistero pasquale; è invocazione (epìclesi), in quanto comunica il dono pasquale dello Spirito con molteplici doni particolari; è lode e glorificazione (dossologia) di Dio, in quanto riconosce in lui il primo riferimento dell’intera esistenza e di tutta la storia: «Dio al primo posto; la preghiera, prima nostra obbligazione; la liturgia, prima fonte della vita divina a noi comunicata, prima scuola della nostra vita spirituale, primo dono che noi possiamo fare al popolo cristiano... e primo invito al mondo, perché sciolga in preghiera beata e verace la muta sua lingua e senta l’ineffabile potenza rigeneratrice del cantare con noi le lodi divine e le speranze umane, per Cristo Signore e nello Spirito Santo»
![]() Paolo VI, Discorso di chiusura del secondo periodo del Concilio Vaticano II, 4 dicembre 1963. | CCC, 1103-1109 |
[648]
Mediante l’azione liturgica lo Spirito incorpora a Cristo e rende partecipi della sua vita filiale. Tre sacramenti, il battesimo, la cresima e l’ordine, imprimono il carattere, un sigillo spirituale permanente, a motivo del quale non possono essere ripetuti
![]() Cf. Concilio di Trento, Sess. VII, Decr. Sui sacramenti, Can. sui sacramenti in genere 9 - DS 1609. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 10. | |
[649]
Tutti i sacramenti, a chi non pone ostacolo con l’attaccamento volontario al peccato, conferiscono la “grazia santificante”, cioè una partecipazione alla vita divina, che eleva intimamente nell’essere e nell’agire e abilita al dialogo con le Persone divine nella carità. Così la vita intera della Chiesa può diventare culto «in Spirito e verità» (Gv 4,23), proclamazione delle opere meravigliose di Dio che l’ha chiamata «dalle tenebre alla sua ammirabile luce» (1Pt 2,9).
| CdA, 808 CONFRONTAVAI CdA 827-828 CONFRONTAVAI |
[650]
I singoli sacramenti rendono presente l’unico mistero pasquale in forme simboliche diverse: il battesimo, ad esempio, lo fa in forma
![]() | |
Organismo sacramentale
[651] Insieme i sacramenti costituiscono come un organismo, vivo e splendido, che ha la base nel battesimo e il vertice nell’eucaristia. Fondano l’etica cristiana come sviluppo delle potenzialità ricevute nel battesimo, specificate negli altri sacramenti, perfezionate nell’eucaristia. Introducono nella storia la logica pasquale della carità, che penetra nelle varie situazioni, dando testimonianza al Signore crocifisso e risorto, risvegliando l’attesa della risurrezione universale.
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[652] «La liturgia è ritenuta come l’esercizio della missione sacerdotale di Gesù Cristo. In essa con segni sensibili viene significata e, in modo proprio a ciascuno, realizzata la santificazione dell’uomo, e viene esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale»
![]()
Concilio Vaticano II
,
Sacrosanctum concilium
, 7.
I sette sacramenti sono azioni simboliche, con cui il Signore Gesù ci viene incontro e ci comunica la grazia dello Spirito Santo secondo varie modalità, corrispondenti a diverse situazioni dell’esistenza.
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Chi celebra
[653] La liturgia è innanzitutto azione di Cristo, eterno sacerdote; ma è anche celebrazione della Chiesa, intimamente associata a lui nel santificare gli uomini e nel lodare il Padre. In quanto azione di Cristo, la liturgia è una e perfetta; in quanto attività della Chiesa, immersa nella storia, varia secondo le tradizioni culturali, la formazione spirituale e la sensibilità pastorale delle concrete comunità cristiane e dei loro ministri.
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[654] Il soggetto che celebra il culto liturgico è sempre la Chiesa universale, unita a Cristo. Ma essa si esprime visibilmente attraverso assemblee e singole persone che la rappresentano legittimamente.
Si può trattare dell’assemblea eucaristica presieduta dal vescovo o dal parroco, della comunità monastica o del gruppo di fedeli riunito per la liturgia delle ore, del sacerdote che da solo celebra la Messa o la liturgia delle ore. Ovviamente è da preferire, ogni volta che i riti lo comportano, una celebrazione comunitaria, che esprime con più verità e pienezza la Chiesa
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 27. ![]() Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 14. | |
Come celebra
[655] Nella celebrazione il popolo di Dio, attraverso la mediazione dei segni, ricorda e attualizza il mistero pasquale, per lodare il Signore e accrescere la comunione con lui.
I riti devono essere capaci di attirare e coinvolgere la comunità. Devono parlare da soli, senza eccessive spiegazioni. Ripetitività e creatività sono ambedue importanti: bisogna contemperarle con saggezza. I gesti devono essere veri, concreti, espressivi, non estenuati e ridotti al minimo. Occorre una sapiente regia, per dare massimo risalto al rito essenziale, rendere nitidi anche i riti sussidiari, che illustrano i vari aspetti della grazia, coordinare e finalizzare a un significato fondamentale tutti gli elementi: di parola (monizioni, omelia), di musica (canti e suoni), di ambientazione (luci, fiori, immagini). Il sacerdote che presiede non deve accentrare tutti i compiti; deve anzi valorizzare l’apporto di vari ministri: lettori capaci di dare voce persuasiva alla parola, cantori ben integrati nell’azione rituale, accoliti e ministranti per il servizio dell’altare, incaricati per l’accoglienza, volontari per accompagnare anziani e disabili... Tutto deve procedere con ordine e tranquillità. È perciò indispensabile un’accurata preparazione con un’attenta individuazione e concertazione degli interventi.
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Dove celebra
[656]
Per radunarsi la comunità ha bisogno di una casa, concepita non
![]() Lo spazio deve essere configurato in modo da favorire lo svolgimento delle varie celebrazioni liturgiche e la preghiera personale. L’altare, mensa per l’eucaristia e simbolo di Cristo, occupa il centro visivo. L’ambone, tribuna riservata esclusivamente alla proclamazione della Parola e alla predicazione, si colloca opportunamente tra l’altare e l’assemblea. La sede della presidenza trova posizione nel presbiterio. Il fonte battesimale conviene sia posto vicino all’ingresso. La sede della riconciliazione deve essere decorosa e ben visibile, idonea per il dialogo riservato, la lettura della Parola e l’imposizione delle mani. Il tabernacolo, dove si conserva l’eucaristia dopo la Messa, deve essere degno e sicuro, possibilmente situato in una cappella adatta all’adorazione, aperta sull’ambiente maggiore dell’assemblea. Tutti questi elementi devono essere correlati tra loro; possono anche essere arricchiti di immagini, che esprimano la fede e siano strumenti di catechesi per il popolo cristiano. Lo spazio principale deve poi collegarsi ad altri spazi complementari: il sagrato, la sacrestia, le sale per attività pastorali...
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Quando celebra
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La domenica
[658]
La domenica è il giorno del Signore risorto, la Pasqua settimanale
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 106. ![]() San Girolamo, Omelia per la domenica di Pasqua. ![]() Cf. Codice di diritto canonico, 1247; 1248. ![]() Sant’Agostino, Confessioni, 13, 35, 50. | CCC, 2174-2188CdA, 883 CONFRONTAVAI CdA 1118 CONFRONTAVAI |
L’anno liturgico
[659]
Dalla domenica si è sviluppato l’anno liturgico, esplicitando i
![]() ![]() Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 111. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 104.
Ogni eucaristia contiene il «mistero della fede»
![]() Messale Romano, Preghiera eucaristica. | |
Liturgia delle ore
[660]
Come il ciclo annuale, così il corso del giorno e della notte è santificato dalla preghiera, che la Chiesa, unita a Cristo, eleva al Padre nello Spirito. È la “liturgia delle ore”, preghiera di lode e di intercessione per la salvezza del mondo, eco sulla terra del canto celeste
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 83-85. | |
Le benedizioni
[661]
Tutte le circostanze concrete della vita vengono santificate dalla liturgia. A imitazione dei sacramenti, la Chiesa ha istituito i sacramentali
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 60. A somiglianza della preghiera eucaristica, le benedizioni contengono innanzitutto la lode e il ringraziamento, perché Dio ci ha già benedetti con i doni della creazione e della salvezza. Seguono poi la supplica e l’intercessione, perché Dio ci benedica ancora e ci aiuti a valorizzare pienamente le cose, gli ambienti, le esperienze.
Così «la liturgia dei sacramenti e dei sacramentali offre ai fedeli ben disposti la possibilità di santificare quasi tutti gli avvenimenti della vita per mezzo della grazia divina che fluisce dal mistero pasquale»
![]() Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 61. ![]() | CCC, 1667-1673 |
Universale e particolare
[455]
La Chiesa ha anche una dimensione particolare, ugualmente necessaria. Nel Nuovo Testamento la parola Chiesa serve per indicare sia la comunità dei credenti diffusa su tutta la terra, sia la comunità locale che risiede in una città, sia l’assemblea riunita materialmente in un luogo
![]()
È ovvio che Chiesa universale e Chiesa particolare sono rispettivamente il tutto e la parte sul piano sociologico esteriore. Non lo sono però interiormente, a livello profondo e misterioso. Qui c’è un’unica assemblea universale, perennemente riunita in quel tempio «non fatto da mani d’uomo» (Mc 14,58) che è il corpo glorioso di Cristo risorto. Tutti i cristiani, ovunque si trovino, sono uniti a Cristo e tra loro, in virtù dello Spirito Santo, «uno e identico»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 7.
In ogni Chiesa particolare «è veramente presente e opera la Chiesa di Cristo, una santa cattolica e apostolica»
![]() Concilio Vaticano II, Christus Dominus, 11; cf.. Id., Lumen gentium, 26. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 23. ![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 25. | CCC, 832-835 |
La diocesi
[456]
Chiesa particolare in senso pieno è la diocesi, descritta dal concilio Vaticano II come «una porzione del popolo di Dio affidata alle cure pastorali di un vescovo coadiuvato dal presbiterio, in modo che... costituisca una Chiesa particolare, nella quale è veramente presente e opera la Chiesa di Cristo, una santa cattolica e apostolica»
![]() Concilio Vaticano II, Christus Dominus, 11.
Il mistero della Chiesa si manifesta e si fa presente in varie figure concrete: la parrocchia, l’assemblea liturgica, la comunità religiosa, la famiglia cristiana, «dove sono due o tre riuniti» (Mt 18,20) nel nome di Gesù. Ma propriamente solo la diocesi viene chiamata Chiesa particolare, perché solo essa è presenza e immagine adeguata della Chiesa universale, in quanto ne possiede tutti gli elementi costitutivi visibili: la parola della divina rivelazione, l’eucaristia, gli altri sacramenti e il vescovo, che è segno e presenza in senso pieno di Cristo pastore, successore degli apostoli e membro del collegio episcopale. Inoltre con la varietà dei carismi essa esprime pienamente la vita e la missione del popolo di Dio, inviato ad accogliere, purificare e santificare la popolazione di un territorio con tutte le dimensioni della sua umanità.
| CCC, 833 |
[457]
La diocesi non si riduce a una cornice giuridica e amministrativa, ma è vera comunità di credenti e deve esprimere la comunione anche a livello pastorale operativo. È necessario che «si favoriscano le varie forme di apostolato, e... se ne assicuri il coordinamento e l’intima unità sotto la guida del vescovo: di modo che tutte le iniziative e attività - di carattere catechistico, missionario, caritativo, sociale, familiare, scolastico e ogni altro lavoro mirante a fini pastorali - siano ricondotte a un’azione concorde, dalla quale sia resa ancor più palese l’unità della diocesi»
![]() Concilio Vaticano II, Christus Dominus, 17. La diocesi è dunque il fondamentale soggetto pastorale e missionario. Ad essa devono fare riferimento tutti i fedeli e le loro molteplici aggregazioni, quali le parrocchie, le comunità religiose, le associazioni, i movimenti, le piccole comunità, i gruppi. Concretamente il vescovo, con la cooperazione del presbiterio e con l’opportuna consultazione di altre componenti ecclesiali, stabilisce alcuni obiettivi, linee e impegni comuni, evitando però l’uniformità che tutto appiattisce, lasciando spazio alla creatività e originalità dei vari soggetti. Da parte loro, le aggregazioni di fedeli devono guardarsi dalla tentazione dell’autosufficienza e, pur attuando esperienze proprie di formazione e di apostolato, devono rimanere aperte al dialogo rispettoso e cordiale, lasciando spazio per momenti di incontro e di collaborazione con altre realtà ecclesiali. La carità esige sia che si valorizzino i carismi particolari sia che si costruisca una unità pastorale concreta a livello diocesano.
| |
La parrocchia
[458]
All’interno della diocesi ha grande importanza la parrocchia, comunità stabile di credenti idonea a celebrare l’eucaristia, guidata da ministri ordinati in qualità di collaboratori del vescovo. È l’espressione «più immediata e visibile»
![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 26. ![]() Concilio Vaticano II, Sacrosanctum concilium, 42. ![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 27. ![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 27. ![]() Paolo VI, Discorso al clero romano, 24 giugno 1963. ![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 26.
La parrocchia, in vista di una maggiore efficacia operativa, «può essere collegata con altre del medesimo territorio anche in forma istituzionale»
![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 26. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 51. La Chiesa è popolo e famiglia: vuole raccogliere in armonia tutte le voci, senza sminuire la loro originalità.
| CCC, 2179 |
Una lunga separazione
[439]
Secondo gli Atti degli apostoli, Gesù risorto, attraverso i suoi discepoli, fa un ultimo tentativo di radunare intorno a sé l’intero Israele, per attirare poi anche i pagani.
![]()
Il tentativo all’inizio sembra riuscire con la crescita prodigiosa della comunità cristiana di Gerusalemme. Ma il successo non dura a lungo. Si diffonde un clima di ostilità. Le conversioni degli ebrei diminuiscono; si moltiplicano invece quelle dei pagani. Ad Antiòchia di Pisidia, Paolo e Barnaba così si rivolgono ai propri connazionali: «Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai pagani» (At 13,46).
| |
[440]
Davanti alla predicazione di Gesù e degli apostoli, Israele si divide: quelli che credono, entrano nella nuova alleanza e costituiscono il nucleo iniziale della Chiesa; gli altri formano l’«Israele secondo la carne» (1Cor 10,18). Progressivamente la frattura si allarga. Dapprima i seguaci di Gesù, chiamati «nazorei» (At 24,5), vengono considerati una nuova setta dentro il giudaismo. Poi appaiono all’opinione pubblica come una setta mista di ebrei e greci, e ad Antiòchia, per la prima volta, sono chiamati «cristiani» (At 11,26). Ben presto, già al tempo di Nerone, vengono senz’altro identificati come una nuova religione, diversa dall’ebraismo e presa subito di mira con una sanguinosa persecuzione. Verso la fine del I secolo e l’inizio del II si accentua nei loro confronti l’aggressività degli ambienti giudaici, con accuse presso le autorità romane e violenze
![]() Cf. San Giustino, Prima apologia, 31, 5; 36, 3. D’altra parte nei secoli successivi, soprattutto durante il medioevo, si sviluppa nel mondo cristiano una mentalità ostile agli ebrei, considerati ingiustamente deicidi e maledetti da Dio, disprezzati e temuti per la loro diversità sociale, fatti oggetto di molti pregiudizi. Infine, alimentato da apporti culturali estranei al cristianesimo, spunta il moderno antisemitismo razzista.
| |
[441]
Il concilio Vaticano II ha riprovato severamente pregiudizi, ingiustizie e violenze del passato, cercando di avviare un nuovo rapporto tra cristiani ed ebrei: «Questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto dagli studi biblici e teologici e da un fraterno dialogo. E se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo, tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione non può essere imputato né indistintamente a tutti gli ebrei allora viventi né agli ebrei del nostro tempo. E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, come se ciò scaturisse dalla Sacra Scrittura... La Chiesa, che condanna tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli ebrei e spinta non da motivi politici ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli ebrei in ogni tempo e da chiunque»
![]() Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 4. Tutti i peccatori, di tutti i tempi e di tutti i popoli, sono causa della morte di Gesù. La responsabilità storica della sua morte coinvolge solo una parte delle autorità ebraiche e degli abitanti di Gerusalemme di quel tempo; soprattutto vi hanno un ruolo decisivo anche le autorità romane. Immotivata è l’accusa di deicidio, proprio perché la condanna di Gesù partiva dal mancato riconoscimento della sua divinità.
Nessun testo della Scrittura giustifica poi l’affermazione che Dio abbia maledetto il popolo ebraico; al contrario, i doni e l’elezione di Israele sono irrevocabili: «Dio non ha ripudiato il suo popolo, che egli ha scelto fin da principio» (Rm 11,2).
La Chiesa condanna tutte le forme di persecuzione degli ebrei nella storia, fino allo sterminio programmato di cui sono stati vittime nel XX secolo. Il rifiuto di ogni discriminazione e il riconoscimento delle responsabilità, anche dei cristiani, sono il presupposto per impedire il diffondersi dell’antisemitismo e per aprirsi ad una reciproca comprensione.
| CCC, 595-598 |
Parentela spirituale
[442]
La necessità di un dialogo, amichevole e costruttivo, trova
![]() ![]() Giovanni Paolo II, Discorso alla comunità ebraica nella sinagoga di Roma, 13 marzo 1986. | |
[443]
Gli ebrei in gran parte non hanno accettato il vangelo; ma il ruolo di Israele permane nella storia della salvezza. Secondo l’immagine usata da Paolo, sono rami tagliati dall’olivo; ma rimangono della sua stessa natura, partecipano ancora della sua santità: «Sono amati, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili» (Rm 11,28-29).
L’antica alleanza «non è mai stata revocata»
![]() Giovanni Paolo II, Discorso ai rappresentanti della comunità ebraica a Magonza, 17 novembre 1980. ![]() Giovanni Paolo II, Discorso ai rappresentanti della comunità ebraica dell’Alsazia a Strasburgo, 9 ottobre 1988. | |
Segno della fedeltà di Dio
[444]
Gli ebrei rimangono depositari e testimoni delle promesse di Dio
![]() ![]() | CCC, 674 |
[445] C’è chi nelle persecuzioni subite dagli ebrei vuole vedere un castigo divino e una conseguenza dell’infedeltà all’alleanza. Una tale interpretazione potrebbe valere per la storia di ogni popolo. Non va dimenticato piuttosto che più volte gli ebrei vengono perseguitati per la loro fedeltà religiosa alla Legge e danno prova di coraggio fino al martirio. Bisogna piuttosto vedere in questa storia di sofferenza il segno della precarietà umana, che trova sostegno presso Dio. Già in epoca biblica questo piccolo popolo rischia ripetutamente di essere distrutto dai potenti vicini e ripetutamente, contro ogni ragionevole previsione, riesce a salvarsi: così con gli egiziani, con i filistei, con gli assiri, con i babilonesi, con Antioco Epìfane. Le aggressioni proseguono nei secoli della nostra èra. Non è possibile dimenticare le ribellioni duramente represse dai romani, i sanguinosi tumulti popolari antigiudaici nel medioevo, la cacciata dalla Spagna nel secolo XV, l’insurrezione cosacca nel secolo XVII, infine lo sterminio nazista di milioni di ebrei. Una tragica catena di violenze, una tradizione di martirio. È davvero sorprendente che sopravviva e conservi la propria identità una minoranza, privata della sua terra, dispersa in mezzo a molte nazioni, emarginata e perseguitata. La Bibbia, per quanto riguarda le crisi più antiche, attribuisce esplicitamente l’imprevedibile salvezza alla fedeltà di Dio: è da pensare la stessa cosa per quelle successive. Con la sua storia di passione, il popolo eletto partecipa al mistero del Cristo redentore e incarna emblematicamente la figura profetica del Servo che espia i peccati del mondo.
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Dialogo fraterno
[446] Il dialogo tra cristiani ed ebrei deve mirare innanzitutto a una migliore conoscenza reciproca, premessa indispensabile per la fiducia e la collaborazione. Noi cristiani dobbiamo considerare non solo l’antico Israele, ma anche gli sviluppi dell’ebraismo post-biblico: il giudaismo rabbinico e la sua feconda tradizione etica e giuridica; la Qabbalah, mistica dell’unità, in cui confluiscono speculazione cosmologica, allegoria biblica e attesa messianica; il chassidismo, religiosità semplice, intensa e gioiosa; infine le correnti moderne, come l’ebraismo ortodosso e quello riformato.
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[447]
La diversità va presa sul serio e rispettata. Ma ci dobbiamo anche rendere conto che il comune patrimonio spirituale è grande: un solo Dio, creatore, signore della storia, trascendente e presente
![]() ![]() ![]() | |
[448] Motivo fondamentale di divisione rimane la diversa posizione riguardo al Messia. Per noi cristiani egli è già venuto in Gesù di N‡zaret; per gli ebrei non si è ancora manifestato. Tuttavia, gli uni e gli altri attendiamo una sua venuta futura al termine della storia. L’interpretazione cristiana dell’economia salvifica distingue la promessa, il compimento parziale e il compimento ultimo: sul primo e sul terzo di questi momenti è possibile trovare convergenze tra cristiani ed ebrei. Ampia soprattutto può essere la collaborazione nella prassi, per la promozione della giustizia e della pace. Per gli uni e per gli altri, pur con diversa consapevolezza, si tratta in definitiva di preparare l’umanità ad accogliere il Messia e il regno di Dio.
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L’unità ferita
[460]
L’unica Chiesa vive in molte Chiese, caratterizzate da varie esperienze spirituali, culturali e disciplinari. Ma ci sono anche diversità che non sono compatibili con l’unità. La piena unità della Chiesa non ammette divergenze riguardo alle verità della fede e ribellioni contrarie alla comunione gerarchica.
È doloroso rilevare come, a motivo dei peccati, dei dissensi teologici e dei condizionamenti psicologici, culturali e sociali, numerose divisioni segnino il cammino storico del cristianesimo. Ci limitiamo ad elencare quelle di maggior rilievo: i giudaizzanti estremisti degli inizi, lo gnosticismo, l’arianesimo, i manichei, i pelagiani, i nestoriani, i monofisiti, l’iconoclastia, la separazione della Chiesa d’oriente, gli albigesi, lo scisma d’occidente, la riforma protestante, gli anglicani, il giansenismo, i veterocattolici, i seguaci di Lefebvre. Molte di queste divisioni hanno esaurito da tempo il loro influsso; altre perdurano nelle comunità che ne sono derivate, tra le quali sono particolarmente importanti le Chiese ortodosse, quella anglicana e quelle protestanti. In Italia vivono piccole comunità ortodosse e protestanti. La più consistente numericamente è la Chiesa valdese, le cui origini risalgono al XII secolo.
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[461] Le responsabilità delle scissioni non sono facilmente individuabili. Di solito non appartengono a una parte soltanto. Spettano in maniera diversa alla prima generazione che dà l’avvio e alle successive che ne raccolgono l’eredità. Le cause appaiono complesse e non sono di ordine esclusivamente religioso. A volte esplodono aspre polemiche e perfino guerre. In ogni caso si tratta di esperienze tristissime, che feriscono ogni coscienza autenticamente cristiana.
Le divisioni tra i seguaci di Cristo contraddicono la loro partecipazione alla comunione trinitaria; pregiudicano la credibilità del vangelo, facendolo apparire un’utopia irrealizzabile; ostacolano l’azione missionaria tra i non cristiani, seminando confusione e scandalo; provocano l’indifferenza religiosa e l’emarginazione della fede dalla vita culturale e sociale. Oggi la loro gravità risalta ancor più, in un mondo in cui cresce l’interdipendenza e si fa urgente il bisogno di riconciliazione e di solidarietà.
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Verso la riconciliazione
[462] Provvidenzialmente alla stagione delle controversie è subentrata quella dell’ecumenismo, un grande dono dello Spirito Santo per il nostro tempo, un movimento in sicura crescita, specie dopo la fondazione del Consiglio ecumenico delle Chiese nel 1948 e la celebrazione del concilio Vaticano II dal 1962 al 1965. Si tratta di una mentalità e di una prassi che comportano il rammarico per le divisioni in atto, l’attenzione a ciò che ancora unisce, l’impegno a restaurare la piena unità visibile, a pregare con perseveranza per ottenerla dal Signore, a collaborare nei comuni valori della fede e della promozione dell’uomo. Vi sono coinvolti pastori, teologi e fedeli, con i gesti ufficiali e solenni, con gli studi teologici, con i comportamenti quotidiani in famiglia, al lavoro, a scuola, in ogni ambiente.
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[463]
I cristiani divisi non sono del tutto separati; piuttosto hanno tra loro una comunione imperfetta
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Unitatis redintegratio, 3.
Tuttavia non bisogna sottovalutare la divisione. Dio vuole la piena unità, visibile nella concretezza della storia, come segno efficace e profezia della riunificazione di tutto il genere umano. Cristo ha pregato per questa unità
![]()
Dobbiamo aprirci ad accogliere tutta la ricchezza della rivelazione trasmessa dagli apostoli. Non basta limitarsi a un minimo comune denominatore. Non ha senso il compromesso diplomatico: l’unità autentica si raggiunge solo nella verità. Occorre invece evidenziare le prospettive valide che si trovano in ciascuna tradizione. Ognuno ha qualche contributo da portare alla crescita comune verso la pienezza di Cristo: i cattolici il senso della storia e della comunità; gli ortodossi l’accentuazione della risurrezione, dell’escatologia e del ruolo dello Spirito Santo; i protestanti il primato della parola di Dio. Ognuno ha limiti, da cui liberarsi. Anche la Chiesa cattolica. Essa, certo, nella fede non ha mai errato e non può errare; possiede la piena unità visibile e tutti i mezzi di salvezza
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Unitatis redintegratio, 3-4. | |
Impegno ecumenico
[464]
La settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si celebra ogni anno dal 18 al 25 gennaio, ci ricorda che il primo contributo da dare all’ecumenismo è, insieme all’impegno per la propria santificazione, la preghiera assidua perché il Signore realizzi l’unità che egli vuole, nei tempi e con i mezzi che vuole: «Conversione del cuore e santità della vita insieme alle preghiere private e pubbliche per l’unità dei cristiani si devono ritenere come l’anima di tutto il movimento ecumenico e si possono giustamente chiamare ecumenismo spirituale»
![]() Concilio Vaticano II, Unitatis redintegratio, 8. | |
[465] Chi apre un dialogo autentico si lascia guidare dalla carità per le persone e dal desiderio di totale fedeltà al vangelo. Non mette in dubbio pregiudizialmente la sincera adesione a Cristo da parte dei fratelli di altre confessioni. Cerca di conoscerne in maniera non superficiale la storia, la dottrina, la psicologia religiosa, la vita spirituale e liturgica. Prende sul serio le divergenze, ben sapendo che soffrire per la disunione è più fruttuoso di una unità ambigua. Ha cura di far emergere le istanze valide, che di solito si nascondono anche nelle posizioni discordanti, ed è pronto ad accoglierle e valorizzarle.
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[466]
La conoscenza reciproca genera la fiducia e rende possibile la
![]() È bene procedere a un reciproco riconoscimento del battesimo, redigendo una dichiarazione comune. Quanto alla cresima, è da considerare valida quella conferita nelle Chiese ortodosse. L’eucaristia è il vertice della comunione ecclesiale e non può rappresentare una tappa intermedia del cammino ecumenico, ma solo un punto di arrivo. Perciò ai sacerdoti non è lecito concelebrare insieme a ministri di altre confessioni. Anche i fedeli, in circostanze ordinarie, devono rivolgersi ognuno alla propria comunità. Un sacerdote cattolico può dare ai fedeli non cattolici i sacramenti dell’eucaristia, della penitenza e dell’unzione degli infermi, a condizione che lo chiedano liberamente, professino la stessa fede riguardo al sacramento richiesto, abbiano le disposizioni convenienti, si trovino nell’impossibilità di avvicinare un loro ministro. Alle stesse condizioni un fedele cattolico può ricevere questi sacramenti da un sacerdote ortodosso.
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[467] Esigono una particolare attenzione dal punto di vista ecumenico i matrimoni “misti”, tra cristiani di diverse confessioni. Queste unioni sono oggi più diffuse che nel passato e vanno incontro a difficoltà e pericoli in quanto i coniugi non possono condividere pienamente la fede, la vita liturgica, l’educazione dei figli. Se però si riesce ad evitare l’indifferenza religiosa, offrono l’opportunità di crescere nel rispetto e nella comprensione delle diverse tradizioni e di approfondire l’esperienza di Dio. I cattolici devono impegnarsi a frequentare la propria Chiesa, a seguirne gli insegnamenti, a fare il possibile per battezzare ed educare in essa i figli. La celebrazione del matrimonio deve avvenire nella forma del rito cattolico, a meno che per serie ragioni non venga concessa la dispensa per celebrarlo con rito diverso.
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[468] A parte la disciplina dei sacramenti, l’accordo può riguardare formulari liturgici, libri di preghiere, ambienti e oggetti di culto. In particolare le traduzioni interconfessionali della Bibbia e la sua diffusione favoriscono l’ecumenismo e sono testimonianza di unità.
Valorizzare con gesti concreti gli elementi di unità esistenti, soffrire per le divergenze che ancora rimangono, confidare nella grazia del Signore: per queste vie matura l’unità, che è esperienza vissuta e dono di Dio.
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Urgenza
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Finalità
[582]
I cristiani devono dialogare con i seguaci di altre religioni per conoscerli correttamente ed essere correttamente conosciuti da loro, per superare pregiudizi e malintesi, per stabilire relazioni reciproche di stima, rispetto, accoglienza e amicizia, in modo che ognuna delle parti possa approfondire la propria esperienza di fede e avvicinarsi di più a Dio. Dialogare non deve significare cedere al relativismo o al sincretismo. Non è vero che una religione vale l’altra: «Il dialogo deve essere condotto ed attuato con la convinzione che la Chiesa è la via ordinaria di salvezza e che solo essa possiede la pienezza dei mezzi di salvezza»
![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 55. ![]() Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Ad gentes, 11. ![]() Concilio Vaticano II, Ad gentes, 9. | |
Modalità
[583] Il dialogo assume forme molteplici. Vi è il dialogo della vita quotidiana, in ambiente familiare, professionale e sociale; il dialogo della collaborazione a obiettivi e opere di promozione umana; il dialogo dei patrimoni religiosi e delle tradizioni teologiche ad opera di esperti; il dialogo delle esperienze spirituali vive, come la preghiera, la contemplazione, la ricerca appassionata di Dio.
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Disponibilità
[584] Il dialogo non si sviluppa spontaneamente. È minacciato dalla istintiva diffidenza per il diverso, dai complessi di inferiorità o di superiorità, dal peso dei contrasti secolari. Va costruito pazientemente, con convinzione. Bisogna rispettare e accogliere l’altro come persona; condividerne gioia e sofferenza; conoscere e presentare la religione dell’altro con obiettività, in modo che egli vi si riconosca; non aver paura di lasciarsi mettere in discussione; essere incondizionatamente aperti al mistero di Dio, sempre più grande dei nostri pensieri. Vivendo il dialogo con questi atteggiamenti, i non cristiani potranno incontrare Cristo e trovare in lui il compimento della loro esperienza e della loro storia. I cristiani potranno anch’essi ricevere grandi benefici, perché il vangelo rivela più profondamente il suo significato nel confronto con le altre religioni.
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[585] La Chiesa cattolica crede in questo genere di relazioni, perché crede nella dignità di ogni uomo e nella presenza salvifica di Dio in tutta la storia. È significativo al riguardo che sia stato istituito il pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e che siano stati invitati ad Assisi i rappresentanti di molte tradizioni religiose per il grande incontro di preghiera del 27 ottobre 1986.
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Principali interlocutori
[586]
Meritano particolare attenzione le religioni universali extrabibliche, induismo, buddhismo e islam, per i loro valori spirituali e per la sempre più consistente presenza nel mondo cristiano, anche in Italia, a causa di migrazioni, viaggi e qualche conversione. È importante individuarne almeno i caratteri generali, sulla scia del concilio Vaticano II
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2-3. | |
Induismo
[587] L’induismo è la tradizione religiosa dell’India, antica di quattromila anni e in continua evoluzione. Più precisamente si tratta di un complesso di religioni e di filosofie, di mitologie e di regole, diverse e a volte perfino contraddittorie. Vi si trovano comunque alcuni elementi, condivisi generalmente o quasi.
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[588] C’è una rivelazione divina originaria, contenuta nei libri sacri. Esistono molte divinità preposte ad ogni aspetto della vita e del mondo. Al di sopra di esse vi è una Realtà ultima, concepita come mistero trascendente e impersonale, inconoscibile e ineffabile, oppure come Dio unico, personale, benevolo. La divinità suprema si manifesta con le sue discese, o teofanie, in figure concrete, che possono essere dèi, uomini straordinari, immagini sacre.
Il mondo fenomenico si sviluppa in un divenire ciclico ed eterno. La sua realtà è inconsistente, anzi è apparenza, illusione, sofferenza. L’uomo è costituito da un’anima, che esiste da sempre e trasmigra da un corpo all’altro. Il ciclo delle rinascite segue la legge della fruttificazione degli atti. Consapevoli o inconsapevoli che siano, essi producono i loro frutti, buoni o cattivi. Di conseguenza si è destinati a rinascere come esseri superiori o inferiori, come ricchi o poveri, come sani o malati, come membri di una casta o di un’altra, o come fuori casta. Comunque, in qualsiasi condizione, tutto è effimero, tutto è dolore. La sofferenza è una necessità cosmica.
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[589]
C’è però una possibilità di salvezza. L’anima può liberarsi dal ciclo delle rinascite, uscire dal mondo dell’apparenza, raggiungere l’unità con la Realtà ultima divina, trovando così la beatitudine definitiva. Questa aspirazione sostiene i seguaci dell’induismo nel loro cammino: «Cercano la liberazione dalle angosce della nostra condizione sia attraverso forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza»
![]() Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2. Le vie principali per giungere alla liberazione sono tre. La prima è la via dell’azione disinteressata: comporta che si osservino fedelmente, con distacco da motivi egoistici, facendone un’offerta a Dio, i riti religiosi e i doveri morali generali, come la non violenza, la veracità, la castità, il rispetto della proprietà altrui, la generosità, la pazienza, nonché i doveri particolari del proprio stato, conformando così tutta la propria esistenza all’ordine divino e universale. La seconda è la via della conoscenza: passando attraverso l’impegno morale e ascetico, la concentrazione interiore e l’esperienza mistica superiore, conduce il saggio a trovare il vero Sé e in esso anche la Realtà ultima, ad acquisire la consapevolezza dell’unità del soggetto profondo con la divinità. La terza è la via della devozione: è adatta per ogni genere di persone e consiste nella confidenza e nell’amore, rivolti a Dio, benevolo e misericordioso, che salva per grazia chiunque si abbandona totalmente a lui e lo ama appassionatamente.
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[590] Da un punto di vista cristiano, riconosciamo in questa tradizione religiosa importanti valori, ma anche limiti e pericoli. La concezione di Dio come Mistero trascendente e ineffabile o come Essere personale è senz’altro elevata; ma non esclude che si finisca per cadere da una parte nel monismo panteista e dall’altra, soprattutto a livello popolare, nel politeismo idolatrico. Ammirevole è il primato conferito alla vita spirituale, specialmente se lo confrontiamo con il materialismo e il secolarismo occidentale; purtroppo però comporta un deprezzamento del mondo, della storia e della società, ridotti ad apparenza illusoria e considerati insignificanti, anzi di ostacolo, in rapporto alla salvezza. Di conseguenza favorisce una diffusa rassegnazione alle disuguaglianze sociali, assegnate dal destino. Nobile è l’etica e appassionata la ricerca della salvezza definitiva; tuttavia vi si riscontra un carattere marcatamente individualista, che esclude ogni solidarietà e mediazione salvifica, ogni idea di redenzione e di comunione dei santi; non a caso anche il culto è un fatto essenzialmente privato. Generoso è lo spirito di tolleranza verso le altre religioni; ma si confonde con il relativismo e il sincretismo: le religioni, secondo la mentalità induista, sono tutte vere e tutte imperfette; Cristo stesso può essere accettato come una discesa della divinità, rifiutando però la pretesa che egli sia unico e assoluto.
Malgrado le ombre non siano di poco conto, il discernimento cristiano si rallegra di intravedere raggi intensi di quella luce «che illumina ogni uomo» (Gv 1,9). Soprattutto sulla via della devozione arrivano a maturazione esperienze gioiose di amore personale verso Dio, simili a quelle dei santi cristiani, come testimonia questa splendida preghiera del poeta Tukaram (secolo XVII): «Tu tieni la mia mano e mi guidi con fermezza, sempre e dovunque presente al mio fianco. Mentre io vado e mi appoggio a Te, tu porti il mio carico pesante... Io riconosco in ogni uomo un amico, in ogni incontro un congiunto. Come un bimbo felice, vado giocando nel tuo caro mondo, o Dio».
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Buddhismo
[591] Il buddhismo è nato nell’ambito dell’induismo; ma si è posto fuori di esso, per averne rifiutato i libri sacri e la dottrina del Soggetto permanente, del Sé che si identifica con la Realtà ultima. Ha un fondatore storico, il principe indiano Siddharta Gautama (563-483 a.C. circa), che, dopo varie vicende, ha raggiunto attraverso la meditazione il “risveglio” alla verità essenziale dell’esistenza, trovando la soluzione al problema del dolore e diventando un Buddha, cioè un “risvegliato”.
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[592] La dottrina più antica e più vicina al pensiero del fondatore afferma anzitutto che l’esistenza umana e ogni altra realtà, tutto è dolore, precarietà, insoddisfazione, vuoto. L’origine del dolore è la “sete” di vivere e di godere, il desiderio avido e appassionato, che condanna l’uomo al ciclo delle rinascite. Per liberarsi dal dolore e uscire dal vano divenire, occorre sopprimere il desiderio e annullare il proprio io illusorio. Si esce così dal mondo dei fenomeni e, come una goccia si perde nel mare, si entra nell’aldilà ineffabile, nel Vuoto che è pienezza, nell’Assenza che è pace definitiva, nel nirvana.
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[593]
La via che conduce all’estinzione del desiderio e quindi alla cessazione del dolore è costituita da otto sentieri, che riguardano la saggezza, la condotta etica, l’esercizio psicofisico della meditazione. La saggezza, cioè “la comprensione giusta, il pensiero giusto”, consiste in una presa di coscienza esperienziale intorno alla verità del dolore, del desiderio e della loro soppressione. La condotta etica, cioè “la parola giusta, l’azione giusta, i mezzi di esistenza giusti”, esige la rinuncia a tutto ciò che non favorisce la liberazione e che può recare pregiudizio agli altri, come la menzogna, la maldicenza, l’ingiuria, l’omicidio, l’amore illecito, il furto, la cupidigia; viceversa comporta la pratica delle virtù, come la sopportazione delle sofferenze, la non violenza, la benevolenza amichevole, la compassione, il sereno equilibrio e il controllo di sé. La meditazione, cioè “lo sforzo giusto, l’attenzione giusta, la concentrazione giusta”, è una disciplina che impegna il corpo e la mente; fissa l’attenzione intensa e prolungata su ogni fenomeno che emerge nella coscienza, qui e ora, dimenticando però il proprio io, finché non raggiunga la visione intuitiva della precarietà e del vuoto di ogni cosa e non spenga ogni desiderio. Si legge nel Canone buddhista: «Felice la solitudine di colui che si rallegra avendo appreso la Buona legge ed avendo acquistato la visione! Felice la libertà dalla sofferenza nel mondo e il ritegno dal danneggiare le creature! Felice la libertà dalle passioni di questo mondo ed il superamento dei desideri! Che ci si sciolga dalla vanità dell’”ego”, questa è la suprema felicità»
![]() Udâna, 2, 1. | |
[594] L’ideale buddhista è incarnato dai monaci. Essi fuggono il mondo, per mettersi in una condizione più idonea al cammino di liberazione; assumono la povertà e la castità, per spegnere il desiderio rispettivamente di possedere e di esistere; praticano assiduamente la meditazione, per dissolvere il proprio io illusorio e giungere all’illuminazione suprema.
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[595] Non sembra propriamente corretto classificare il buddhismo antico come una filosofia, in quanto si presenta come una via di liberazione definitiva. Però si tratta di una liberazione che è conquista dell’uomo e non grazia di Dio. «Fate voi stessi la vostra salvezza», avrebbe raccomandato il Buddha morente ai suoi discepoli. In concreto la possibilità di raggiungere il nirvana sembra riservata solo ai monaci; la moltitudine dei laici sembra destinata a una ulteriore reincarnazione, più o meno elevata secondo il grado di purificazione raggiunto.
Non sorprende che successivamente il buddhismo, per quanto riguarda la maggioranza dei suoi aderenti, si sia evoluto in senso più chiaramente religioso. La liberazione, secondo questa versione, può essere ottenuta da tutti, anche dai laici, con la fiducia nella benevolenza del Buddha supremo, che è Dio stesso, e dei bodhisattva, saggi illuminati che, mossi da compassione, aiutano gli uomini a raggiungere la salvezza.
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[596] Posto di fronte al buddhismo, il cristiano, pur provando ammirazione per una spiritualità così nobile e raffinata, è preso anche da gravi perplessità. È certo doveroso annullare ogni desiderio egoistico; ma è possibile annullare il desiderio di vivere come tale? Non è più bello attuarlo nella comunione? La mèta definitiva non va pensata come pienezza della persona anziché come dissoluzione di essa? È vero che l’uomo e il mondo sono sottomessi alla caducità e alla sofferenza; ma è ragionevole ridurli a un flusso di impressioni e di fenomeni senza valore? Non sono piuttosto da considerare creazione di Dio, incamminati verso un compimento ultimo? Se un certo distacco dal mondo è necessario per sviluppare valori importanti, come la preghiera, la contemplazione, l’armonia con la natura, non occorre forse anche un serio impegno nel mondo per realizzare il progresso civile? Infine, un’etica nobile ed esigente come quella buddhista dispone senz’altro alla salvezza; ma basta a conquistarla? Non è più confortante pensare che questa sia donata per grazia e sia offerta a tutti, anche a chi non cammina per la retta via? Secondo la fede cristiana, non è l’uomo che raggiunge con le sue sole forze la perfezione ultima, fuggendo magari dal mondo e da se stesso; ma è Dio che viene a noi, assume l’uomo e il mondo e li porta a compimento.
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Islam
[597] L’islam è la più recente delle religioni universali. Ne è fondatore Maometto (570-632 d.C.), nella cui attività si distinguono due periodi: il primo, a La Mecca, è incentrato sulla predicazione del monoteismo e dell’imminente giudizio di Dio contro i politeisti e i ricchi che opprimono i poveri; il secondo, a Medina, è dedicato all’organizzazione giuridica della nuova comunità islamica e alla guerra santa. Maometto si presenta come “il Sigillo dei profeti”, che porta a compimento la rivelazione, già affidata ad Abramo, a Mosè, a Davide, a Gesù. Il libro sacro, il Corano, è la parola di Dio, da lui dettata letteralmente. Autorità profetica hanno anche i detti e gli atti di Maometto, che costituiscono la tradizione.
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[598] L’islam è una religione semplice nella dottrina, nei riti e nei valori etici; minuziosa nelle regole giuridiche.
Esiste un solo Dio, personale, incomprensibile, onnipotente, clemente e misericordioso, che ha creato gli angeli, gli uomini e tutte le cose. Da lui vengono il bene e la sventura. Egli risusciterà i morti e nel giudizio finale premierà i buoni con il paradiso e condannerà i malvagi all’inferno. Così lo invoca più volte al giorno ogni fedele, con la prima “sura” del libro sacro: «Nel Nome di Dio, Misericordioso e Compassionevole. Lode a Dio, Signore dei mondi, il Misericordioso e il Compassionevole, Padrone del giorno del giudizio. Te noi serviamo, te invochiamo in aiuto. Guidaci sulla retta via, la via di coloro sui quali hai effuso la tua grazia, non di quelli coi quali sei adirato, né di quelli che vagano nell’errore»
![]() Corano, 1. | |
[599] Il giusto atteggiamento dell’uomo davanti a Dio è la sottomissione, che implica obbedienza e abbandono fiducioso. La parola araba “islam” significa appunto “sottomissione”. Questa si esprime concretamente nella professione di fede e nelle pratiche religiose. La fede viene sintetizzata nella formula: “Non c’è Dio se non Allah e Maometto è il suo Profeta”. Le pratiche religiose sono la preghiera, l’elemosina, il digiuno, il pellegrinaggio. La preghiera rituale è regolata da norme precise: si deve compiere cinque volte al giorno al momento fissato, in stato di purità legale, eseguendo con esattezza i gesti prescritti; in forma comunitaria si deve celebrare il venerdì alla moschea, con la partecipazione almeno degli uomini. L’elemosina è una tassa obbligatoria a vantaggio dei poveri, alla quale è possibile aggiungere anche prestazioni volontarie. Il digiuno consiste nel rinunciare al cibo, al tabacco, ai profumi, ai rapporti sessuali dalla luce dell’alba al buio della sera tutti i giorni durante il mese di ramadan. Il pellegrinaggio a La Mecca va compiuto, almeno una volta nella vita, da ogni musulmano adulto e sano. Dovere dei credenti è infine la “guerra santa”, o meglio lo sforzo per affermare i diritti di Dio in tutti gli ambiti della vita: comporta innanzitutto il combattimento spirituale per conformare se stessi alla volontà divina, quindi lo sforzo missionario per estendere l’islam, arrivando, se necessario, anche alla conquista armata.
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[601]
A parte l’ebraismo, nessun’altra religione ha tanti elementi comuni con il cristianesimo come l’islam
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 3. | |
[603] Comune alle due religioni è la giusta preoccupazione che la fede non sia separata dalla vita e che ogni attività sia sottomessa alla volontà di Dio. Ma ciò non giustifica una legislazione minuziosa, che pretenda regolare le cose una volta per sempre: ne rimarrebbero facilmente soffocate le esigenze concrete dell’amore e del servizio all’uomo; ci si esporrebbe all’incompatibilità con nuove situazioni impreviste. Tantomeno comporta la confusione tra lo spirituale e il temporale, con la conseguente giustificazione dello stato teocratico islamico, così diverso dal moderno stato democratico.
Riconosciamo che i musulmani tradizionalmente hanno praticato una certa tolleranza nei confronti di cristiani ed ebrei, conferendo loro uno speciale statuto di ospiti protetti. Ma oggi la dignità della persona umana e il riconoscimento dei suoi diritti esigono la piena cittadinanza per le minoranze, la libertà di coscienza per tutti, la parità sociale dell’uomo e della donna, offuscata tra l’altro dalla poligamia.
Condividiamo la valutazione positiva della vita terrena, della prosperità economica, della giustizia sociale, del progresso culturale. Ma non possiamo vedere nel successo temporale il segno sicuro della benedizione di Dio. Rimarrebbe senza significato l’esperienza umana fondamentale della sofferenza.
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[604] Sono innegabili nella tradizione islamica gli alti valori morali e religiosi che alimentano la vita spirituale di milioni e milioni di uomini. Non manca però in campo etico qualche concessione di troppo alla debolezza umana. Soprattutto il rapporto con Dio è inteso come sottomissione e non come amore. Fanno eccezione i mistici; ma essi si trovano ai margini dell’ortodossia ufficiale.
Malgrado le profonde divergenze, cristianesimo e islam si incontrano nella fede in un solo Dio, onnipotente e misericordioso. Il grido: «Dio è grande!», che ha così profonda risonanza nei musulmani, affascina anche i cristiani. Animati da questa fede, gli uni e gli altri possono camminare insieme verso un’attuazione più piena della libertà, della fraternità, della convivenza pacifica.
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[605] In tutte e tre le religioni universali extrabibliche, induismo, buddhismo e islam, si sviluppano esperienze che superano le dottrine ufficiali e vanno in direzione dell’unione amorosa con Dio, sia presso i mistici che presso la gente devota. Ci rallegriamo di riconoscere in ciò un’importante affinità con il cristianesimo, un segno della presenza di Cristo stesso e della sua grazia.
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[606] Il dialogo interreligioso tende a sviluppare una corretta conoscenza reciproca e a stabilire relazioni amichevoli, in modo da favorire il progresso spirituale di ciascuno. Alimenta nei non cristiani un atteggiamento di apertura alla verità di Cristo; conduce i cristiani ad una più profonda comprensione del vangelo. È urgente soprattutto il dialogo dei cristiani con i seguaci delle altre religioni universali: induismo, buddhismo e islam.
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Aperta ai popoli e alle culture
[450]
Alla sua prima uscita, nel giorno di Pentecoste, la Chiesa proclama «le grandi opere di Dio» (At 2,11) in molte lingue e riunisce nell’unica fede persone di varia provenienza
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[451]
Lo Spirito scardina le chiusure del particolarismo e apre orizzonti sempre più vasti. Approfitta della persecuzione, scatenata a
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[452]
Una grave controversia si apre però nella Chiesa: per essere salvi, basta credere nel Signore e ricevere il battesimo nel suo nome oppure è necessario accettare anche la circoncisione e le osservanze giudaiche? È una questione decisiva per il futuro del cristianesimo. Per discuterla, si riunisce a Gerusalemme l’assemblea degli apostoli e degli anziani e, con l’illuminazione dello Spirito Santo, arriva alla giusta soluzione: non occorre né circoncisione né legge mosaica; tutti, ebrei e greci, senza alcuna differenza, vengono salvati soltanto per grazia, purché si convertano. Tuttavia, per favorire la convivenza tra le due componenti della Chiesa, l’assemblea chiede che si osservino, per il momento, alcune norme di “purità legale”
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[453]
Crollano le barriere; la via è aperta per la missione in Grecia e «fino agli estremi confini della terra» (At 1,8). L’unica fede potrà radicarsi in culture diverse, «poiché in Cristo Gesù non è la circoncisione che conta o la non circoncisione, ma la fede che opera per mezzo della carità» (Gal 5,6). La Chiesa loderà il Signore con le lingue di tutti i popoli e potrà accogliere i doni di una multiforme creatività, spirituale, culturale e sociale: «Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te... Verranno a te i beni dei popoli» (Is 60,4-5). Il genio e la natura di ciascun popolo potranno esprimersi nelle formulazioni diverse dell’unica fede, nei riti liturgici, nelle scelte pastorali, negli ordinamenti disciplinari, nelle forme di spiritualità, nelle creazioni artistiche, dando luogo a uno scambio incessante, per un arricchimento reciproco
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Ad gentes, 22. | |
Chiesa in cammino nel tempo
[484]
L’inesauribile fecondità del vangelo consente alla Chiesa di
![]() ![]() ![]() Lettera a Diogneto, 5, 1-2.5.10. | CCC, 671-677CCC 737CdA, 452-453 CONFRONTAVAI CdA 1181-1182 CONFRONTAVAI |
[485]
Come Israele, liberato dall’Egitto e costituito popolo di Dio
![]() ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 8. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 9.
Come nave nella tempesta, la Chiesa subisce la violenza delle onde, ma non affonda. La minacciano in ogni epoca persecuzioni, eresie, scismi, corruzione morale, compromessi mondani; possono ferirla e deturparla, ma non snaturarla o distruggerla, perché, come le è stato promesso, «le porte degli inferi non prevarranno contro di essa» (Mt 16,18).
Per il sostegno e la grazia del Signore, anche le contraddizioni e le sofferenze, seminate sul suo cammino, possono diventare benefiche. Nel libro dell’Apocalisse lo Spirito Santo fa pervenire al responsabile della Chiesa di Smirne questa parola di conforto: «Conosco la tua tribolazione, la tua povertà - tuttavia sei ricco» (Ap 2,9).
Viceversa, i successi possono essere pericolosi e in ogni caso sono sempre provvisori. La sicurezza può risultare illusoria; la ricchezza può diventare una prigione. Ancora nell’Apocalisse, lo Spirito rivolge questo rimprovero al responsabile della Chiesa di Laodicèa: «Tu dici: “Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla”, ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo» (Ap 3,17).
Lo Spirito Santo conduce avanti attraverso i secoli il cammino della Chiesa e le impedisce di indugiare sulle mete raggiunte. Mentre la induce a guardare indietro nel passato, verso Gesù di Nàzaret, in cui la rivelazione e la salvezza si sono compiute una volta per sempre, la fa guardare anche avanti verso il Signore risorto, che è il futuro del mondo e la novità ultima. La bimillenaria storia della Chiesa può essere considerata un grande esodo, misteriosamente guidato dallo Spirito di Dio, verso traguardi sempre nuovi, nella sostanziale continuità con le origini, malgrado le innumerevoli infedeltà personali dei credenti e le deformazioni della comunità.
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L’Ora delle persecuzioni
[486] In base alla posizione della Chiesa rispetto alla società civile, possiamo distinguere tre epoche fondamentali nella sua storia.
La prima epoca è quella delle persecuzioni. La Chiesa penetra nella civiltà greco-romana, sfidando una dura opposizione. Ha su di sé l’antipatia delle masse popolari, superstiziose e moralmente corrotte, la diffidenza e il disprezzo degli intellettuali, l’ostilità dello stato totalitario. Si preoccupa soprattutto di consolidare la sua vita interna. Le comunità, riunite ciascuna attorno al proprio vescovo, sono piccole, fervorose e collegate fra loro da una rete di intense relazioni. I credenti prendono sul serio la comune vocazione alla santità, pronti a qualsiasi sacrificio, dato che «il martirio colpiva fin dalla nascita»
![]() Origene, Omelia sulla Genesi, 4, 3. | |
[487]
La fede si propaga in modo capillare da persona a persona per la testimonianza spontanea di ogni credente presso parenti e amici, ospiti e clienti, compagni di lavoro e di viaggio. Un grande apologeta può dire con fierezza: «Siamo di ieri, ma abbiamo già riempito il mondo e tutti i vostri territori, le città, le isole, le fortezze, i municipi, le borgate, gli stessi accampamenti, le tribù, le decurie, la reggia, il senato, il foro»
![]() Tertulliano, Apologetico, 37, 4. | |
[488] Numerosi sono i màrtiri, eroici e umanissimi, come possiamo rilevare da lettere, atti e passioni. Ma forse più numerosi sono coloro che non resistono al momento della prova.
Si tratta dunque di una stagione senz’altro splendida per creatività ed eroismo, ma non certo perfetta e da idealizzare.
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La civiltà cristiana
[489] La successiva epoca è quella della cosiddetta “civiltà cristiana”. Abbraccia un ampio arco di secoli e vede esperienze storiche per molti aspetti assai diverse tra loro: la Chiesa imperiale romano-bizantina, la cristianità medievale, la Chiesa della riforma, della controriforma, dell’assolutismo statale fino al secolo XVIII.
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[490]
Il cristianesimo da movimento minoritario diventa religione di
![]() Con Costantino e gli imperatori cristiani il cristianesimo passa dalla condizione di religione proibita a quella di religione ufficiale e questo gli consente di influire più efficacemente nella società come fattore decisivo di progresso. Basta menzionare la mitigazione e poi l’abolizione della schiavitù, la tutela dell’infanzia, la limitazione dei conflitti e la moderazione della violenza, la partecipazione e la solidarietà attraverso le corporazioni, i comuni e l’universalismo medievale, la promozione della cultura per mezzo di scuole, università e sostegno delle arti, la multiforme attività assistenziale mediante ospedali, ospizi, monti di pietà, elemosine e soccorsi vari.
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[491] Se le luci sono molte e meravigliose, le ombre non mancano e non sono di poco conto. La presenza della Chiesa nella società degenera in confusione tra la sfera religiosa e quella civile, compromettendo la purezza della religione e l’autonomia delle realtà secolari.
Per quanto riguarda i fedeli, si dà eccessiva importanza ai fatti esteriori e collettivi; si presta invece poca attenzione all’autenticità della conversione e alla partecipazione personale all’eucaristia, vertice dell’esperienza cristiana.
Per quanto riguarda il clero, la libertà si gonfia in privilegio con l’istituzione di un tribunale speciale per gli ecclesiastici, l’esenzione dalle tasse e soprattutto l’acquisto della ricchezza e del potere mondano, da cui scaturiscono corruzione e simonia. Si ha l’interferenza diretta degli ecclesiastici nella politica, nell’amministrazione, nel campo della scienza, dell’arte e del lavoro. Viceversa si fa sentire pesantemente l’ingerenza dello stato e dei potenti nella vita interna della Chiesa.
Non viene adeguatamente riconosciuto il diritto alla libertà di coscienza: di qui l’intolleranza verso gli ebrei, l’inquisizione contro gli eretici, la conversione forzata di interi popoli, le guerre di religione.
Non c’è dunque da sorprendersi se questa stagione, pur ricca di frutti e di splendidi risultati, è attraversata da un senso di disagio e dall’aspirazione costante verso una Chiesa più povera e spirituale.
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L’epoca moderna
[492] Il mondo moderno emerge gradualmente come reazione alla precedente confusione tra religione e società civile, con un lungo processo che prende avvio nel basso medioevo, si irrobustisce con l’umanesimo rinascimentale e la riforma protestante, diventa dominante con l’illuminismo e la rivoluzione francese. La civiltà tende a diventare non solo legittimamente autonoma, ma anche estranea e indifferente rispetto alla religione, anzi a volte addirittura ostile.
Viene duramente contestata la presenza della Chiesa nella società. Non solo si sopprimono i privilegi e il potere temporale, ma si arriva alla discriminazione e, in certi casi, anche alla persecuzione violenta. Si cerca di relegare la fede nel privato; si apre un fossato tra la pratica religiosa e la vita quotidiana.
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[493]
Tutto questo avviene in nome di valori autentici, quali la ragione, la scienza, la libertà, la solidarietà, la democrazia, la tolleranza,
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[494] La civiltà cristiana del medioevo appare tutt’altro che priva di difetti da un punto di vista cristiano: non sapeva coniugare in modo soddisfacente l’unità della società con la libertà di coscienza, il pluralismo culturale, i diritti umani fondamentali. D’altra parte la civiltà moderna tende anch’essa all’uniformità; ma l’omologazione avviene sulla base di valori generici e di basso profilo, a spese delle proposte più esigenti e creative. Solo una città dell’uomo, rispettosa dei diritti di ogni persona e capace di conciliare unità e pluralismo, è anche città di Dio.
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Distinzione non separazione
[1086] La cultura moderna ha il merito di aver affermato la consistenza propria della vita civile rispetto a quella religiosa. Spesso però è arrivata a considerare la fede un affare privato, irrilevante in ambito sociale e politico.
Il cristiano accetta la distinzione delle realtà terrene da quelle eterne e spirituali, ma non la separazione. Sa che ogni dimensione della realtà ha leggi proprie ed esige un metodo ed una competenza specifici, ma ritiene che tutto debba essere finalizzato a obiettivi coerenti con la dignità e la vocazione dell’uomo, rivelate pienamente solo dalla parola di Dio. Egli da una parte individua nel peccato la radice profonda dei mali della società, dall’altra si rende conto che la conversione a Dio implica anche serietà di impegno per una società autenticamente umana.
| CCC, 2820 |
Incidenza sociale del peccato
[1087]
Secondo la Bibbia, il peccato porta disordine, oppressione e violenza nella famiglia, nella città
![]() ![]() ![]() ![]() Cf. Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 36. | CCC, 408CCC 1869CCC 1887 |
Regno di Dio e riforma della società
[1088] Dio vuole innanzitutto cambiare il cuore dell’uomo, ma, a partire dal cuore, vuole rinnovare anche la società.
È il liberatore degli oppressi: protegge i poveri, gli stranieri, gli orfani, le vedove; vuole giustizia e solidarietà
![]() | CCC, 1886-1889CCC 2820CdA, 129 CONFRONTAVAI |
[1089]
Di fatto Gesù di Nàzaret, mentre rivela la paternità di Dio, promuove una giustizia più perfetta, che implica fedeltà, sincerità, amore preferenziale per i poveri, riconciliazione con i nemici
![]() ![]() Il regno di Dio, pur non essendo di questo mondo, opera in questo mondo. La salvezza messianica si compie nell’eternità, ma comincia nella storia e si manifesta restituendo autenticità e bellezza a ogni dimensione della vita, quella sociale compresa. La Chiesa fin dalle origini è consapevole di aver ricevuto un messaggio che ha rilevanza anche per la società.
| CdA, 130 CONFRONTAVAI CdA 133 CONFRONTAVAI CdA 155 CONFRONTAVAI CdA 856-864 CONFRONTAVAI |
La dottrina sociale della Chiesa
[1090]
«Per la Chiesa insegnare e diffondere la dottrina sociale appartiene alla sua missione evangelizzatrice e fa parte essenziale del messaggio cristiano, perché tale dottrina ne propone le dirette conseguenze nella vita della società ed inquadra il lavoro quotidiano e le lotte per la giustizia nella testimonianza a Cristo salvatore»
![]() Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 5. ![]() Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 53. ![]() Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 3. | CCC, 2419-2425 |
[1091] In epoca moderna, guidata dalla sollecitudine per l’evangelizzazione, l’attenzione della Chiesa si è allargata progressivamente a orizzonti sempre più vasti, a fenomeni sempre più complessi. Importanti documenti si sono succeduti con ritmo via via più serrato, in sincronia con i rapidi cambiamenti della società: “Rerum novarum” di Leone XIII (1891); “Quadragesimo anno” di Pio XI (1931); Messaggio radiofonico di Pio XII (1941); “Mater et magistra” (1961) e “Pacem in terris” (1963) di Giovanni XXIII; “Gaudium et spes” (1965) del concilio Vaticano II; “Populorum progressio” (1967) e “Octogesima adveniens” (1971) di Paolo VI; “Laborem exercens” (1981), “Sollicitudo rei socialis” (1987) e “Centesimus annus” (1991) di Giovanni Paolo II.
Le conferenze episcopali e i singoli vescovi hanno contribuito notevolmente all’elaborazione della dottrina sociale della Chiesa. Un apporto rilevante è venuto dagli stessi fedeli laici, particolarmente competenti in campo economico, sociale e politico.
| |
[1092]
Il nucleo centrale della dottrina sociale della Chiesa è costituito da alcune verità di antropologia e di etica cristiana, che corrispondono all’immagine rivelata dell’uomo e alla «sua vocazione terrena e insieme trascendente»
![]() Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 41. ![]() Cf. Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 3; 41. ![]() Cf. Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 43. | |
L’impegno sociale e politico dei fedeli laici
[1093]
Educare le coscienze è il compito fondamentale della Chiesa. Di questo compito l’insegnamento della dottrina sociale è parte integrante. Spetta poi ai cristiani, singoli o associati, particolarmente ai fedeli laici, inserirsi intimamente nel tessuto della società civile e «inscrivere la legge divina nella vita della città terrena»
![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 43. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 43. È doloroso per la Chiesa dover constatare la divaricazione fra la prassi religiosa e l’azione sociale e politica dei credenti. È preoccupante per un paese dover attraversare una crisi di legalità, diffusa nella classe dirigente e nei comportamenti dei cittadini: concussione, corruzione amministrativa, voto di scambio, evasione fiscale, danneggiamento di strutture pubbliche, assenteismo dal lavoro... Solo da un’assidua opera educativa ci si può attendere una solida coerenza dei credenti e un sano costume di tutti i cittadini.
Servendo l’uomo e la società con la forza della carità e alla luce del vangelo e della dottrina sociale della Chiesa, i cristiani manifestano che Cristo salvatore è presente nella storia e dona un anticipo della salvezza.
| CCC, 898-899CCC 909CCC 912 |
[1094] Il regno di Dio si compie nell’eternità, ma opera già nella storia. La missione evangelizzatrice della Chiesa comprende anche l’insegnamento della sua dottrina sociale.
L’impegno evangelicamente coerente dei fedeli laici nella vita sociale e civile è parte integrante della testimonianza a Cristo salvatore.
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Individualismo e collettivismo
[1095]
Quando si allontana dalla fede in Dio, la cultura elabora un’immagine riduttiva dell’uomo, che oscilla tra individualismo e
![]() ![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 25. ![]() Cf. Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 13; 17; 24-25. ![]() Paolo VI, Populorum progressio, 42. | |
La dignità della persona e i suoi diritti fondamentali
[1096]
Da parte sua, la dottrina della Chiesa «risana ed eleva la dignità della persona umana» e «consolida la compagine della società umana»
![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 40. ![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 37. ![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 37. ![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 25. ![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 39. | CCC, 1929-1933 |
[1097]
Rispettare la dignità della persona significa in pratica
![]() ![]() Cf. Giovanni XXIII, Pacem in terris, 5-15. | |
Dimensione sociale costitutiva
[1098]
La persona è soggetto singolare ed irripetibile, ma è fatta per comunicare, «chiamata dall’intimo di sé alla comunione con gli altri e alla donazione agli altri»
![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 40. ![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 12.
Da questa dimensione sociale, «nativa e strutturale»
![]() Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 40. | CCC, 1936 |
Pluralismo e solidarietà
[1099]
Purtroppo non mancano tensioni e lacerazioni. Una certa conflittualità sociale è inevitabile, perché esistono interessi oggettivamente concorrenti. Essa svolge un ruolo addirittura positivo, quando si configura come «lotta per la giustizia sociale»
![]() Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 14. ![]() Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 18.
Una convivenza degna dell’uomo non può fondarsi sui rapporti di forza, ma sulla verità, la giustizia, l’amore e la libertà
![]() Cf. Giovanni XXIII, Pacem in terris, 18. ![]() Cf. Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 38. ![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 38. | CCC, 1934-1942 |
Principio di sussidiarietà
[1100]
L’autentica solidarietà rifugge sia dall’individualismo che dal collettivismo; valorizza la famiglia e le comunità particolari, in cui le persone sono coinvolte più da vicino. Si articola a vari livelli secondo il principio di sussidiarietà. «Come è illecito togliere ai singoli ciò che essi possono compiere con le forze e l’iniziativa propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto affidare a una maggiore e più alta società quello che può essere fatto dalle minori e inferiori comunità»
![]() Pio XI, Quadragesimo anno, 72 | |
[1101] La persona è il fondamento e il fine della società; la società è il sostegno e il perfezionamento della persona.
È necessario promuovere la dignità e i diritti della persona e costruire una società solidale e pluralistica, dove la famiglia e le comunità particolari siano valorizzate dalle comunità più ampie secondo il principio di sussidiarietà.
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Servizio per il bene comune
[1102] Molti diffidano della politica, preferiscono starsene fuori. Altri vi entrano per affermare interessi personali o di parte. Altri, infine, ne fanno una specie di messianismo, in grado di liberare l’uomo da tutti i suoi mali.
La Chiesa ha un’alta stima per la genuina azione politica; la dice «degna di lode e di considerazione»
![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 75. ![]() Paolo VI, Octogesima adveniens, 46. | |
[1103]
Nella cultura dell’antico oriente, il re veniva adorato come un dio, una manifestazione della divinità suprema. Secondo la Bibbia, invece, i governanti sono soltanto servitori di Dio per il bene del popolo, sottoposti anch’essi alla legge morale e al giudizio esigente del Signore. Così essa si esprime: «Ascoltate, o re, e cercate di
![]()
Lo stato assume un volto demoniaco quando, dimentico del suo ruolo sussidiario di servizio, diventa totalitario e prende il posto di Dio: «Vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo... Il drago le diede la sua forza, il suo trono e la sua potestà grande» (Ap 13,1-2). In situazioni del genere ai cristiani si impone il dovere della resistenza.
| CdA, 149 CONFRONTAVAI |
[1104] Secondo la dottrina della Chiesa, l’autentica azione politica è servizio per il bene comune, con trasparenza e competenza.
Il bene comune di una popolazione consiste «nell’insieme di quelle condizioni di vita sociale, con le quali gli uomini, la famiglia e le associazioni possono ottenere il conseguimento più pieno e più spedito della loro perfezione»
![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 74. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 78. | |
La partecipazione dei cittadini
[1105]
I cittadini sono nello stesso tempo destinatari e protagonisti della politica
![]() Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 42. | |
L’autorità pubblica
[1106]
Se tutti devono cooperare all’attuazione del bene comune, alcuni però hanno la funzione di coordinare e dirigere ad esso le molteplici energie: sono i detentori della pubblica autorità
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 74
La legittimità di un governo si misura dalla capacità di rispettare e sostenere i diritti delle persone e dei soggetti sociali intermedi. Il potere deve essere esercitato per il popolo e con il popolo: l’autorità è «vicaria della moltitudine»
![]() San Tommaso d’Aquino,Somma Teologica, I-II, q. 90, a. 3. D’altra parte è necessario un governo della società che non si limiti a mediare gli interessi particolari, ma sappia inquadrare il pluralismo entro regole precise e guidarlo verso obiettivi storici concreti.
Quanto all’esercizio dell’autorità, governano rettamente coloro che «non guardano in sé il potere del grado, ma l’uguaglianza di condizione e non godono nel fare da superiori, ma nel fare del bene agli altri»
![]() San Gregorio Magno, Commento al libro di Giobbe, 21, 15, 22. | |
Coerenza e unità dei cristiani in politica
[1107]
Ai fedeli laici, occupati nella gestione della cosa pubblica, la Chiesa ricorda il dovere della coerenza con la visione cristiana della vita. A volte la necessità di tutelare efficacemente qualche valore fondamentale comporta anche la loro unità organizzata. Ma l’unità politica di programma e di partito, a differenza della coerenza, non è per i cattolici un’esigenza assoluta e costante. Sulla base di prospettive culturali ed esperienze operative diverse, possono legittimamente arrivare a scelte diverse, pur condividendo la stessa fede, il riferimento alla dottrina della Chiesa e la sincera dedizione al bene comune. In ogni caso dai cristiani ci si aspetta che siano esemplari per rigore morale, attenzione alla gente, spirito di servizio, professionalità. È legittimo avere diverse visioni del bene comune, ma non è mai lecito subordinarlo all’interesse proprio o di partito
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 75. | CCC, 2442 |
[1108] «La comunità politica e l’autorità pubblica hanno il loro fondamento nella natura umana e perciò appartengono all’ordine stabilito da Dio»
![]()
Concilio Vaticano II
,
Gaudium et spes
, 74.
Tutti i cittadini devono prendere parte in qualche modo all’attività politica, intesa come servizio al bene comune. La pubblica autorità ha il compito di guidare e coordinare, nel rispetto dei diritti delle persone e delle comunità intermedie.
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La comunità dei popoli
[1109] La Chiesa con la sua stessa esistenza testimonia l’universalità del divino disegno di salvezza ed è fattore di unità per tutto il genere umano. Essa guarda dunque con grande attenzione al progressivo intensificarsi delle relazioni tra i popoli, cercando di orientarlo nella giusta direzione.
Oggi i confini degli stati sono attraversati da un flusso continuo di uomini, informazioni, capitali, merci, armi. L’interdipendenza cresce in ampiezza e spessore. Se si vogliono evitare meccanismi perversi, che avrebbero «conseguenze funeste per i più deboli»
![]() Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 17. ![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 26.
La comunità dei popoli, come quella delle persone, va costruita non sui rapporti di forza, ma sui valori di verità, giustizia, amore, libertà
![]() Cf. Giovanni XXIII, Pacem in terris, 47-67. | CCC, 1911 |
La cooperazione per lo sviluppo
[1110]
I paesi del sottosviluppo interpellano quelli del benessere, come il povero Lazzaro alla porta del ricco
![]() ![]()
Il primo e decisivo contributo è il sostegno a programmi di educazione e di sviluppo culturale, perché «lo sviluppo di un popolo non deriva primariamente né dal denaro, né dagli aiuti materiali, né dalle strutture tecniche, bensì dalla formazione delle coscienze, dalla maturazione delle mentalità e dei costumi. È l’uomo il protagonista dello sviluppo, non il denaro o la tecnica»
![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 58. Accanto all’opera formativa occorrono altre forme di aiuto: sostegno ai regimi rispettosi dei diritti umani; forniture di tecnologie semplici, di servizi primari, di incentivi all’agricoltura; riforma del commercio internazionale e del sistema monetario e finanziario mondiale.
È già un fatto positivo che cresca la consapevolezza della interdipendenza degli uomini e delle nazioni. Ma bisogna assumere impegni precisi secondo le proprie possibilità, modificando, per quanto è necessario, anche il proprio stile di vita. Cooperare allo sviluppo dei popoli «è un imperativo per tutti e per ciascuno degli uomini e delle donne, per le società e le nazioni»
![]() Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 32. | CCC, 1908 |
Persona storica
[757] Maria non è un mito, ma una donna vera, con una storia personale, anche se dal Nuovo Testamento possiamo ricavare solo alcuni tratti della sua personalità e non propriamente una biografia.
Abita a Nàzaret, città della Galilea di nessun rilievo
![]() | CCC, 484 |
Attuazione esemplare della Chiesa
[758]
Tutto ciò, apparentemente, non è molto. Osserviamo però che
![]() ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 63. ![]()
Maria è al centro della Chiesa come in una perenne Pentecoste: «Non si può parlare di Chiesa, se non vi è presente Maria, la Madre del Signore, con i fratelli di lui»
![]() San Cromazio di Aquileia, Discorsi, 30, 1. È dentro la Chiesa, ma incomparabilmente più vicina a Cristo degli altri credenti. Ripercorrendo il cammino della sua esistenza, alla luce di questa posizione caratteristica, si comprendono meglio le sue singolari prerogative, che in definitiva si fondano sul mistero della divina maternità.
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della tua Chiesa: concedi al popolo cristiano di tenere sempre fisso in lei il suo sguardo, per camminare sulle orme del Signore»
![]()
Messe della Beata Vergine Maria, 27: Maria Vergine immagine e madre della Chiesa (III), Colletta.
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Elezione gratuita
[760]
L’angelo dell’annunciazione, rivolge a Maria un invito alla gioia: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,28). Una parafrasi vicina al senso originale di questo saluto potrebbe essere: «Esulta, tu che sei ricolmata dall’amore gratuito di Dio; il Signore è con te, come salvatore sempre fedele all’alleanza».
A fondamento di tutto c’è l’amore gratuito del Padre, la sua grazia, che dona la salvezza «con ogni benedizione spirituale» (Ef 1,3) in Cristo, prima preparandola nell’eternità, poi attuandola nel tempo, infine portandola all’ultimo compimento. Tutti siamo pensati, amati, creati, redenti e glorificati come figli adottivi in comunione con il Figlio unigenito. Il primo atto della grazia del Padre, rivolta a noi in considerazione di Cristo, è l’elezione, la liberissima scelta del suo amore: «In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi» (Ef 1,4-5).
Maria è «piena di grazia», amata e benedetta da Dio insieme a tutti i membri della famiglia umana, ma in modo assolutamente singolare, in quanto è predestinata ad essere la Madre del suo Figlio. «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!» (Lc 1,42), è il saluto di Elisabetta. Dall’eternità nel disegno del Padre è associata all’evento dell’incarnazione redentrice come Madre di Dio fatto uomo.
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Umile gratitudine
[761]
Alla meravigliosa liberalità della grazia deve rispondere la lode e la gratitudine delle creature. «Ringrazio continuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù» (1Cor 1,4), dichiara l’apostolo Paolo ai cristiani di Corinto. Anche Maria accoglie la salvezza come dono; è la prima nella schiera dei poveri, la prima a vivere consapevolmente la totale dipendenza da Dio: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva» (Lc 1,46-48). È piena di grazia, ma vuota di sé. Si sente un nulla, sul quale l’Onnipotente ha voluto posare lo sguardo: Dio solo è Dio, «Santo è il suo nome» (Lc 1,49).
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[762] «Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d'eterno consiglio»
![]()
Dante Alighieri
,
Paradiso,
XXXIII, 1-3.
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La sposa “tutta bella”
[763] Dio attua il suo disegno nella storia, realizzando l’opera della salvezza. Maria, eletta per essere Madre di Dio, è redenta insieme a tutti gli uomini, ma in modo singolare: è preservata dal peccato.
Il popolo d’Israele, invischiato con tutta l’umanità nell’amara esperienza del male, da secoli portava con sé una divina promessa: «Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore» (Os 2,21-22); «Gioisci, esulta, figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te» (Zc 2,14); «Gioisci, figlia di Sion, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!... Re d’Israele è il Signore in mezzo a te... Non temere!» (Sof 3,14-16).
La promessa si compie in Maria, come fanno intendere le allusioni ai testi profetici nelle parole dell’angelo Gabriele: Gioisci, «il Signore è con te... Non temere...» (Lc 1,2830). In lei si realizza la vocazione d’Israele a diventare la sposa fedele, «tutta bella», non offuscata da «nessuna macchia» (Ct 4,7); in lei appare il primo germoglio della Chiesa, «tutta gloriosa, senza macchia... santa e immacolata» (Ef 5,27), che risplenderà nelle nozze eterne.
L’amore di Dio è creatore. Proprio perché ricolmata di grazia e amata in modo singolare, Maria è realmente tutta santa e tutta bella. Come l’apostolo Paolo, anzi a maggior ragione di lui, può dire: «Per grazia di Dio sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana» (1Cor 15,10).
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Preservata dal peccato originale
[764]
Nella tradizione della Chiesa, il comune senso della fede ha sempre riconosciuto in Maria una incomparabile innocenza e santità. A poco a poco è arrivato ad acquisire anche la certezza della sua esenzione dal peccato originale. Finalmente nel 1854 il papa Pio IX ha definito solennemente: «La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio Onnipotente e in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale»
![]() Pio IX, Infallibilis Deus - DS 2803. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 56.
Maria è figlia di Adamo e nostra sorella, congiunta «con tutti gli uomini bisognosi di essere salvati»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 53. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 53. | CdA, 389-399 CONFRONTAVAI |
Più santa attraverso le prove
[765]
Tuttavia, come una melodia può risuonare solo nell’orecchio e nel cuore di chi ascolta, così la grazia ha bisogno della nostra libera corrispondenza nella concretezza e nella storicità dell’esistenza; esige di essere accolta nella fede che agisce mediante la carità
![]() ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 58. | CCC, 964 |
[766] «Tu hai preservato la Vergine Maria da ogni macchia di peccato originale, perché, piena di grazia, diventasse degna Madre del tuo Figlio. In lei hai segnato l’inizio della Chiesa, sposa di Cristo senza macchia e senza ruga, splendente di bellezza»
![]()
Messale Romano
, Prefazio della solennità dell’Immacolata.
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Fede e verginità
[767]
«Per questa grazia siete salvi mediante la fede» (Ef 2,8). La grazia suscita la fede; l’iniziativa dello Sposo provoca la risposta della Sposa. La fede è dedizione sponsale della Chiesa a Cristo. Quando viene mantenuta integra e senza incrinature, costituisce la verginità del cuore
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 64. ![]() Sant’Agostino, Discorsi, 213, 7.
La fede e la dedizione verginale del popolo di Dio si realizzano in modo unico in Maria, la «sempre Vergine»
![]() Concilio di Costantinopoli II, Condanne contro i “tre Capitoli”, 2 - DS 422. | CdA, 1075-1077 CONFRONTAVAI |
[768]
Vergine nel cuore e nel corpo, prima, durante e dopo la nascita di
![]() ![]() Sinodo del Laterano, Canoni, 3 - DS 503. ![]()
La verginità prima del parto significa innanzitutto che Gesù è Figlio di Dio e dono gratuito del Padre celeste per la nostra salvezza; ma esprime anche la fede, che lo accoglie con stupore e umile gratitudine, rinunciando a confidare nell’uomo e nel suo orgoglioso potere. La verginità nel parto indica che il dolore, toccato in sorte ad Eva come conseguenza del peccato
![]() | |
Giuseppe sposo di Maria
[769]
Maria e Giuseppe hanno onorato la verginità e il matrimonio: la loro convivenza è stata comunione e amicizia profonda, aiuto reciproco a vivere totalmente per Dio. «Unita a Giuseppe, uomo giusto, da un vincolo di amore sponsale e verginale[Maria]ti celebra con i cantici, ti adora nel silenzio, ti loda con il lavoro delle mani, ti glorifica con tutta la vita»
![]() Messe della Beata Vergine Maria, 8: Santa Maria di Nàzaret, Prefazio.
I “fratelli” di Gesù, più volte ricordati nel Nuovo Testamento, sono tali in senso largo: cugini, parenti. Due di essi, Giacomo e Joses, sono espressamente indicati come figli di un’altra donna, anch’essa di nome Maria.
Giuseppe è uomo «giusto» (Mt 1,19) e pieno di fede; accetta di diventare padre legale del Messia, per renderlo erede delle promesse fatte a David. Anche se non genitore, è veramente padre per la carità e l’autorità con cui lo custodisce e lo educa, quale strumento e rappresentante del Padre celeste. «Se tutta la santa Chiesa è debitrice alla vergine Madre, perché fu stimata degna di ricevere Cristo per mezzo di lei, così in verità dopo di lei deve a Giuseppe una speciale riconoscenza e riverenza»
![]() San Bernardino da Siena, Discorsi, 7, 27. | CCC, 437CCC 488CCC 532-534 |
[770] Dio onnipotente ed eterno, «per opera dello Spirito Santo,[Maria]ha concepito il tuo unico Figlio e, sempre intatta nella sua gloria verginale, ha irradiato sul mondo la luce eterna, Gesù Cristo nostro Signore»
![]()
Messale Romano
, Prefazio della Beata Vergine Maria I.
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Maternità della Chiesa
[771]
La divina maternità è il fondamento della posizione eminente e singolare di Maria nel mistero della salvezza. Sembrerebbe una proprietà talmente esclusiva da non ammettere alcuna analogia. Invece anche nella sua maternità Maria è figura, cioè modello e attuazione perfetta, della Chiesa, vergine e madre
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 63-64.
Questa dottrina si appoggia a una tradizione, che prende avvio dalle parole di Gesù stesso: «Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,21). L’interpretazione che ne danno gli antichi Padri è molto realistica: la Chiesa genera Cristo nei cristiani e i cristiani come membra di Cristo; anzi «ogni anima che crede, concepisce e genera il Verbo di Dio»
![]() Sant’Ambrogio, Commento al Vangelo di Luca, 2, 2.
Ai nostri giorni il concilio Vaticano II insegna che la Chiesa è vergine e madre in modo simile, anche se nello stesso tempo diverso, a quello di Maria: essa infatti, in virtù dello Spirito Santo, mediante la predicazione, i sacramenti e la testimonianza di carità, genera e fa crescere i credenti come figli di Dio e, poiché questi partecipano alla vita dell’Unigenito, genera e fa crescere anche la presenza di Cristo in loro
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 64-65. | |
Maria madre per la sua fede
[772]
D’altra parte la maternità di Maria non è soltanto una generazione biologica, ma una relazione di grazia, vissuta nella fede e nella carità. Più che per aver portato il Figlio in grembo e averlo allattato al seno, Maria è beata per aver creduto alla parola del Signore. «Ha concepito Cristo prima nel cuore che nel grembo», dice sant’Agostino
![]() Sant’Agostino, Discorsi, 215, 4. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 63.
Dio non si è servito di Maria «in modo puramente passivo»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 56. | |
Maternità divina
[773]
Fin dalle origini la dignità della divina maternità ha attirato l’attenzione e lo stupore della Chiesa. L’evangelista Luca onora Maria come la Madre del Signore, tenda della divina presenza, arca della nuova alleanza. I cristiani cominciano presto a invocarla come Madre di Dio. Lo attesta già una bella preghiera del III secolo: «Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta»
![]() Liturgia delle ore, Compieta, Antifone della Beata Vergine Maria. ![]() Cf. Concilio di Efeso, Seconda lettera di Cirillo a Nestorio - DS 251.
Per ogni donna la maternità comporta un legame personale permanente con il figlio. La maternità di Maria integra questa dimensione umana ordinaria in una comunione con Dio senza pari. Il Padre celeste le comunica lo Spirito di infinita tenerezza, con cui egli si compiace del Figlio generandolo nell’eternità; la fa partecipare alla propria fecondità perché il Figlio nasca anche nella storia, come uomo e come primogenito di molti fratelli. Madre di Dio è «il nome proprio dell’unione con Dio, concessa a Maria Vergine», «che realizza nel modo più eminente la predestinazione soprannaturale... elargita a ogni uomo»
![]() Giovanni Paolo II, Mulieris dignitatem, 4. | CdA, 309-310 CONFRONTAVAI CdA 312 CONFRONTAVAI |
[774] «Vergine Madre di Dio, colui che il mondo non può contenere facendosi uomo si chiuse nel tuo grembo»
![]()
Messe della Beata Vergine Maria
, 4: Santa Maria madre di Dio, Antifona d’ingresso.
| |
Cammino di fede e di carità
[775] Il Cristo è l’unico maestro e l’unico redentore; da lui riceviamo la grazia di essere suoi discepoli e cooperatori, partecipi della sua vita e della sua missione, santi e santificatori.
Maria è la più perfetta seguace di Cristo
![]() Cf. Paolo VI, Marialis cultus, 35. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 61. | |
Annuncio
| CCC, 490 |
Visitazione
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Nascita di Gesù
[778]
Gesù nasce a Betlemme in condizioni di indigenza e di emarginazione, e Maria lo presenta ai pastori come Messia per i poveri, povero egli stesso
![]() ![]() ![]() | CCC, 525-530 |
I tre giorni dello smarrimento
[779]
A dodici anni Gesù partecipa al pellegrinaggio a Gerusalemme per
![]() ![]() ![]() | CCC, 534 |
Le nozze di Cana
[780]
Comincia la vita pubblica di Gesù. A Cana di Galilea, Maria presenta al Figlio l’umana indigenza: «Non hanno più vino»; poi invita i servi a compiere la sua volontà: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,35). Così coopera all’«inizio» dei segni e contribuisce a suscitare la fede dei primi seguaci: «Gesù... manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui» (Gv 2,11). Viene indicata come la «donna», figura del popolo di Dio nell’ora in cui si celebra la nuova alleanza nuziale con il Signore, che riceverà il sigillo definitivo nella Pasqua di morte e risurrezione.
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Le ardue esigenze del Regno
[781]
Gesù procede nel suo ministero e rivela gradualmente le esigenze del regno di Dio. Maria è chiamata a superare la sua umanissima premura materna per il Figlio. Quando si reca da lui insieme ai parenti, che vogliono moderarne lo zelo e invitarlo a una maggiore precauzione, deve ascoltare la risposta decisa: «Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre» (Mc 3,35). Fedele discepola, comprende sempre meglio cosa significa essere la serva del Signore dietro al Messia-Servo, incamminato verso la croce.
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Presso la croce di Gesù
[782]
Sul Calvario Maria è accanto alla croce
![]() ![]() ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 58. ![]() | CCC, 964 |
Madre dei redenti
[783]
«Il nodo della disobbedienza di Eva ha avuto la sua soluzione con l’obbedienza di Maria; ciò che la vergine Eva legò con la sua incredulità, la vergine Maria sciolse con la sua fede»
![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 22, 4.
La maternità divina verso Cristo si dilata nella maternità universale. In virtù dello Spirito Santo, Maria diventa «per noi madre nell’ordine della grazia»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 61. ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 63. | CCC, 494 |
[784] Fedele discepola del Verbo fatto uomo, Maria cercò costantemente il volere di Dio e lo compì con amore
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Cf.
Messe della Beata Vergine Maria
, 10: Santa Maria discepola del Signore, Prefazio.
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Nel mistero di Pentecoste
[785]
La maternità universale di Maria interviene in modo discreto e silenzioso già all’esordio della Chiesa. Al centro del nucleo iniziale, esiguo ma proteso ad abbracciare tutte le genti, Maria invoca e accoglie il dono dello Spirito di Pentecoste. L’evangelista Luca racconta l’evento con alcuni richiami all’annunciazione e alla visitazione, quasi suggerendo una certa continuità tra la Vergine Maria e la Chiesa: come allora Maria, così ora la Chiesa riceve la potenza dello Spirito, che scende dall’alto sopra di lei, poi va ad annunziare le grandi opere di Dio.
La Vergine Madre Maria si prolunga nella vergine madre Chiesa: «Con la sua nuova maternità nello Spirito, abbraccia tutti e ciascuno nella Chiesa, abbraccia anche tutti e ciascuno mediante la Chiesa»
![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater, 47. | CdA, 416-419 CONFRONTAVAI |
Mediazione materna
[786]
«La maternità di Maria nell’ordine della grazia perdura ininterrotta, a partire dal consenso prestato fedelmente
![]() ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 62. ![]() Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 15. La mediazione materna di Maria si colloca dentro la mediazione di tutta la Chiesa, al centro di essa. Se nel mistero della comunione dei santi tutti i fedeli intercedono gli uni per gli altri e si aiutano gli uni gli altri, non sorprende che Maria faccia la stessa cosa, con una efficacia del tutto singolare. Se Dio compie meraviglie per amore dei suoi amici e con la loro cooperazione, non sorprende che operi coinvolgendo soprattutto la Madre di suo Figlio.
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[787]
La mediazione di Maria non reca pregiudizio a Cristo, unico mediatore tra Dio e gli uomini, perché dipende da lui come ogni altra cooperazione umana: «La funzione materna di Maria verso gli uomini non oscura né in alcun modo sminuisce l’unica mediazione di Cristo, ma ne mostra piuttosto l’efficacia... E nemmeno impedisce il contatto immediato dei credenti con Cristo, ma anzi lo favorisce»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 60. | |
[788] Signore, Padre santo, «nel mistero della tua benevolenza hai voluto che Maria, madre e socia del Redentore, continuasse nella Chiesa la sua missione materna: di intercessione e di perdono, di protezione e di grazia, di riconciliazione e di pace»
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Messe della Beata Vergine Maria
, 30: Maria Vergine madre e mediatrice di grazia, Prefazio.
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Primizia della Chiesa gloriosa
[789]
Maria accompagna la Chiesa nel suo cammino e la precede alla meta. Assunta in cielo in anima e corpo, vive nella completa e
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La verità dell’assunzione di Maria è emersa lentamente lungo i secoli, con crescente chiarezza, nel comune senso della fede del popolo cristiano, in oriente e in occidente. Infine è stata solennemente definita da Pio XII nel 1950: «L’immacolata Madre di Dio e sempre vergine Maria, finito il corso della sua vita terrena, è stata assunta, in corpo e anima, alla gloria celeste»
![]() Pio XII, Munificentissimus Deus - DS 3903. È la Pasqua di Maria, frutto della Pasqua di Gesù. È il compimento di un’unione senza pari con il Signore della vita, il coronamento dei doni di grazia e di santità a partire dall’immacolata concezione, il premio alla sua obbedienza di fede e al suo servizio di carità.
| CdA, 276 CONFRONTAVAI |
Segno di sicura speranza
[790]
Per noi, che avanziamo a fatica in mezzo alle prove del tempo presente, la gloriosa Vergine risplende come stella del mattino che annuncia il giorno, come stella del mare che indica il porto ai naviganti: «Brilla quaggiù come segno di sicura speranza e di consolazione per il popolo di Dio che è in cammino, fino a quando arriverà il giorno del Signore»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 68. | |
[791] «Maria è assunta in cielo: esultano le schiere degli angeli. Alleluia»
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Lezionario per le celebrazioni dei santi
, Assunzione della Beata Vergine Maria, Canto al Vangelo (Messa del giorno.
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Motivazioni e diffusione
[792]
Maria ha una posizione del tutto singolare nel mistero di Cristo e della Chiesa: è Madre del Figlio di Dio, cooperatrice del Salvatore, tutta santa, modello e madre della Chiesa, vicina con la sua intercessione e con la sua azione alle necessità di tutti gli uomini. Perciò giustamente viene venerata con un culto superiore a quello degli angeli e dei santi
![]() Cf. Paolo VI, Marialis cultus, 56. ![]() Santa Caterina da Siena, OrazioneXI. | CdA, 970-971 CONFRONTAVAI |
[793]
«Tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,48). Duemila anni di storia lo dimostrano: liturgia e devozione popolare, canti e immagini mirabili, rosario e “angelus Domini”, pellegrinaggi e santuari, comunità ecclesiali, congregazioni religiose e correnti di spiritualità, peccatori e santi alimentano su tutta la terra la lode perenne di Maria.
L’entusiasmo delle folle si accende facilmente in occasione di presunte apparizioni. La loro autenticità non può essere negata pregiudizialmente, perché Maria accompagna il nostro cammino storico con premura materna e può comunicare con noi, adattandosi alla nostra condizione terrena. Occorre però un prudente discernimento sotto la guida della competente autorità ecclesiale, perché illusioni e inganni sono frequenti e dannosi. In ogni caso non ci si deve attendere un messaggio nuovo rispetto al vangelo, ma solo un richiamo ad esso, in vista di una più seria conversione.
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La vera devozione
[794]
Il concilio Vaticano II insegna che la vera devozione non ha niente
![]() ![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 67.
Secondo sant’Agostino, «onorare e non imitare altro non è che bugiarda adulazione»
![]() Sant’Agostino, Discorsi, 325, 1. ![]()
Nella venerazione della santa Vergine deve avere il primo posto il culto liturgico e le altre forme di devozione devono ispirarsi ad esso, in modo che Maria appaia sempre unita a Cristo nei suoi misteri e coinvolta nel movimento di adorazione, che egli nello Spirito Santo fa salire al Padre
![]() Cf. Paolo VI, Marialis cultus, 23; 25-27. ![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater, 41. | |
[795] «La pietà della Chiesa verso la santa Vergine è elemento intrinseco del culto cristiano»
![]()
Paolo VI
,
Marialis cultus
, 56.
Il culto mariano, «pur essendo del tutto singolare, è però essenzialmente diverso da quel culto di adorazione che viene tributato al Verbo incarnato insieme al Padre e allo Spirito Santo»
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Concilio Vaticano II
, Lumen gentium, 66.
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Un’immensa assemblea
[754]
L’odierna cultura dell’effimero sembra non aver memoria per i padri che ci hanno preceduto, né premura per le generazioni che verranno. La fede della Chiesa ci mette invece in comunione con tutti e con tutto. Noi pellegrini nel tempo ci ritroviamo insieme con gli angeli, i santi e i defunti in un’immensa assemblea, in una festa cosmica. «Voi vi siete accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, al Mediatore della nuova alleanza» (Eb 12,22-24).
Soprattutto, la Chiesa si sente in comunione con la Vergine Maria, la sua prima e più perfetta realizzazione, che, assunta alla gloria celeste in anima e corpo, la precede alle nozze eterne e nello stesso tempo l’accompagna con materna premura durante il suo cammino storico. «In te si rallegra, o piena di grazia, ogni creatura»
![]() Liturgia bizantina, Inno “In te si rallegra”. | CCC, 972CCC 1044 |
Maternità della Chiesa
[771]
La divina maternità è il fondamento della posizione eminente e singolare di Maria nel mistero della salvezza. Sembrerebbe una proprietà talmente esclusiva da non ammettere alcuna analogia. Invece anche nella sua maternità Maria è figura, cioè modello e attuazione perfetta, della Chiesa, vergine e madre
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 63-64.
Questa dottrina si appoggia a una tradizione, che prende avvio dalle parole di Gesù stesso: «Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,21). L’interpretazione che ne danno gli antichi Padri è molto realistica: la Chiesa genera Cristo nei cristiani e i cristiani come membra di Cristo; anzi «ogni anima che crede, concepisce e genera il Verbo di Dio»
![]() Sant’Ambrogio, Commento al Vangelo di Luca, 2, 2.
Ai nostri giorni il concilio Vaticano II insegna che la Chiesa è vergine e madre in modo simile, anche se nello stesso tempo diverso, a quello di Maria: essa infatti, in virtù dello Spirito Santo, mediante la predicazione, i sacramenti e la testimonianza di carità, genera e fa crescere i credenti come figli di Dio e, poiché questi partecipano alla vita dell’Unigenito, genera e fa crescere anche la presenza di Cristo in loro
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 64-65. | |
Nel mistero di Pentecoste
[785]
La maternità universale di Maria interviene in modo discreto e silenzioso già all’esordio della Chiesa. Al centro del nucleo iniziale, esiguo ma proteso ad abbracciare tutte le genti, Maria invoca e accoglie il dono dello Spirito di Pentecoste. L’evangelista Luca racconta l’evento con alcuni richiami all’annunciazione e alla visitazione, quasi suggerendo una certa continuità tra la Vergine Maria e la Chiesa: come allora Maria, così ora la Chiesa riceve la potenza dello Spirito, che scende dall’alto sopra di lei, poi va ad annunziare le grandi opere di Dio.
La Vergine Madre Maria si prolunga nella vergine madre Chiesa: «Con la sua nuova maternità nello Spirito, abbraccia tutti e ciascuno nella Chiesa, abbraccia anche tutti e ciascuno mediante la Chiesa»
![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater, 47. | CdA, 416-419 CONFRONTAVAI |
Nel mistero di Pentecoste
[785]
La maternità universale di Maria interviene in modo discreto e silenzioso già all’esordio della Chiesa. Al centro del nucleo iniziale, esiguo ma proteso ad abbracciare tutte le genti, Maria invoca e accoglie il dono dello Spirito di Pentecoste. L’evangelista Luca racconta l’evento con alcuni richiami all’annunciazione e alla visitazione, quasi suggerendo una certa continuità tra la Vergine Maria e la Chiesa: come allora Maria, così ora la Chiesa riceve la potenza dello Spirito, che scende dall’alto sopra di lei, poi va ad annunziare le grandi opere di Dio.
La Vergine Madre Maria si prolunga nella vergine madre Chiesa: «Con la sua nuova maternità nello Spirito, abbraccia tutti e ciascuno nella Chiesa, abbraccia anche tutti e ciascuno mediante la Chiesa»
![]() Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater, 47. | CdA, 416-419 CONFRONTAVAI |
Mediazione materna
[786]
«La maternità di Maria nell’ordine della grazia perdura ininterrotta, a partire dal consenso prestato fedelmente
![]() ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 62. ![]() Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 15. La mediazione materna di Maria si colloca dentro la mediazione di tutta la Chiesa, al centro di essa. Se nel mistero della comunione dei santi tutti i fedeli intercedono gli uni per gli altri e si aiutano gli uni gli altri, non sorprende che Maria faccia la stessa cosa, con una efficacia del tutto singolare. Se Dio compie meraviglie per amore dei suoi amici e con la loro cooperazione, non sorprende che operi coinvolgendo soprattutto la Madre di suo Figlio.
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[787]
La mediazione di Maria non reca pregiudizio a Cristo, unico mediatore tra Dio e gli uomini, perché dipende da lui come ogni altra cooperazione umana: «La funzione materna di Maria verso gli uomini non oscura né in alcun modo sminuisce l’unica mediazione di Cristo, ma ne mostra piuttosto l’efficacia... E nemmeno impedisce il contatto immediato dei credenti con Cristo, ma anzi lo favorisce»
![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 60. | |
[788] Signore, Padre santo, «nel mistero della tua benevolenza hai voluto che Maria, madre e socia del Redentore, continuasse nella Chiesa la sua missione materna: di intercessione e di perdono, di protezione e di grazia, di riconciliazione e di pace»
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Messe della Beata Vergine Maria
, 30: Maria Vergine madre e mediatrice di grazia, Prefazio.
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Primizia della Chiesa gloriosa
[789]
Maria accompagna la Chiesa nel suo cammino e la precede alla meta. Assunta in cielo in anima e corpo, vive nella completa e
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La verità dell’assunzione di Maria è emersa lentamente lungo i secoli, con crescente chiarezza, nel comune senso della fede del popolo cristiano, in oriente e in occidente. Infine è stata solennemente definita da Pio XII nel 1950: «L’immacolata Madre di Dio e sempre vergine Maria, finito il corso della sua vita terrena, è stata assunta, in corpo e anima, alla gloria celeste»
![]() Pio XII, Munificentissimus Deus - DS 3903. È la Pasqua di Maria, frutto della Pasqua di Gesù. È il compimento di un’unione senza pari con il Signore della vita, il coronamento dei doni di grazia e di santità a partire dall’immacolata concezione, il premio alla sua obbedienza di fede e al suo servizio di carità.
| CdA, 276 CONFRONTAVAI |
Perenne attualità
[58]
Gli apostoli lasciano in eredità alle successive generazioni cristiane la loro testimonianza, viva e scritta, come un sacro deposito da custodire fedelmente e rivivere in situazioni sempre nuove
![]() ![]() ![]() La rivelazione non può essere accresciuta. Viene però comunicata, esplicitata, attualizzata. La luce della divina rivelazione si propaga attraverso la dottrina, il culto e la prassi della Chiesa, servendosi di vari canali concreti: insegnamento del papa e dei vescovi, predicazione e catechesi, liturgia e arte, comportamento esemplare dei cristiani, soprattutto dei santi.
Nella fede della Chiesa, proclamata, celebrata e vissuta, si esprime in opere e parole la rivelazione di Dio in Cristo, senza aggiunte e senza sottrazioni, ma sempre viva ed operante. Da una generazione all’altra viene trasmessa e ricevuta l’esperienza degli apostoli, che per primi incontrarono il Signore. Solo rivivendo questa esperienza originaria si diventa cristiani
![]() | CdA, 612-613 CONFRONTAVAI |
[81] Se consideriamo le infinite contraddizioni del pensiero umano, è sorprendente che in quasi duemila anni la Chiesa, pur sbagliando e correggendosi in molte cose, sia rimasta sempre fedele alla verità rivelata nella sua professione di fede, malgrado abbia subito, nelle diverse epoche, pressioni culturali, sociali e politiche di ogni genere.
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Ruolo del Magistero nella Tradizione
[60]
Sia nella Sacra Scrittura sia nella Chiesa risuonano molte voci. Non è sempre facile discernere il genuino messaggio rivelato. A servizio di esso, il Signore ha posto il magistero del papa e dei vescovi. Con l’autorità di Cristo e la grazia speciale dello Spirito, in atteggiamento di umile ascolto e di incondizionata fedeltà, essi hanno il compito di «interpretare autenticamente la parola di Dio scritta o trasmessa»
![]() Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 10. | CdA, 561 CONFRONTAVAI CdA 563 CONFRONTAVAI CdA 618-621 CONFRONTAVAI |
[70] La ricerca letteraria e storica è solo il primo passo. La Bibbia è soprattutto parola di Dio. In quanto tale, va letta con criteri di fede, cioè tenendo presente l’unità globale del progetto divino che si attua nella storia, il punto di vista definitivo rivelato in Cristo, l’interpretazione della Chiesa garantita dallo Spirito Santo secondo le promesse di Gesù.
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La Sacra Scrittura norma della fede
[615]
Molti, anche praticanti, si considerano cattolici, ma a modo
![]() | |
Infallibilità della Chiesa
[616]
La fede della Chiesa riconosce nella Scrittura la propria norma e ad essa si sente vincolata; tuttavia, come a suo tempo ne ha fissato il canone, l’elenco dei libri sacri, così in ogni epoca si sente autorizzata a interpretarla, perché sa di essere animata dal medesimo Spirito Santo, che ne è l’autore
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 12. | |
[617] La verità è un dono che la Chiesa riceve dal Signore; non è motivo di vanto, ma di umile gratitudine e grave responsabilità. Gesù Cristo non si è limitato a parlare una volta per sempre nel lontano passato, ma riprende la stessa parola e l’attualizza incessantemente con la luce del suo Spirito, attraverso mediazioni umane. Non abbandona il suo messaggio alle fragili risorse della ricerca umana, ma garantisce e offre lui stesso, infallibilmente, la verità salvifica, come attraverso i sacramenti offre la grazia santificante, indipendentemente dalla dignità morale del ministro. Senza questa garanzia i credenti rischierebbero di smarrire l’oggettività e l’integrità della rivelazione; finirebbero per ridurre Dio alla misura della loro esperienza e per credere più a se stessi che a lui. È possibile essere cristiani solo ricevendo in dono la verità e la grazia che sono tra loro complementari.
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Il comune senso della fede
[618]
«Dove è la Chiesa, lì è anche lo Spirito di Dio, e dove è lo Spirito di Dio è la Chiesa ed ogni grazia. E lo Spirito è la verità»
![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 24, 1. ![]() Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 12. | |
Le formule dogmatiche
[622]
Nel procedere della storia, davanti a situazioni e a problemi sempre nuovi, la Chiesa deve ripensare e riformulare continuamente la sua dottrina, proprio per rimanere fedele al messaggio originario, sperimentarne la fecondità, comprenderne altri aspetti. A quest’opera incessante di ricerca e di interpretazione contribuiscono il magistero dei pastori, lo studio dei teologi e la fede di tutti. In alcuni momenti si avverte la necessità, o almeno l’opportunità di nuove formule di fede, per riassumere il nucleo centrale del messaggio di salvezza o per precisarne qualche aspetto. Si fissano così i dogmi della Chiesa, non come aggiunte indebite alla parola di Dio, ma come interpretazioni ufficiali e infallibili di essa, punti sicuri di riferimento per poter proseguire il cammino verso una comprensione sempre più ricca del mistero vivo e inesauribile, senza deviazioni, tentennamenti e ricadute all’indietro. I dogmi sono offerta efficace di verità, come i sacramenti sono offerta efficace di grazia. È vero che l’atto di fede «non si ferma all’enunciato, ma raggiunge la realtà»
![]() San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, II-II, q. 1, a. 2 ad 2. | CdA, 306 CONFRONTAVAI |
[623]
Le formule, vere e garantite dall’infallibilità, sono indispensabili, perché vi sia «una sola fede» (Ef 4,5) e un’autentica comunità di credenti e di testimoni. L’unità del pensiero e il comune linguaggio sono a servizio della comunicazione e condivisione della fede.
Per il carisma della verità, che le viene dal Signore risorto e dal suo Spirito, «ricevuto il messaggio della fede, la Chiesa, benché sparsa in tutto il mondo, lo conserva fedelmente come se abitasse una sola casa; vi crede concordemente come se avesse una sola anima e un solo cuore; e con armonia perfetta lo predica, lo insegna e lo trasmette come se avesse una sola bocca»
![]() Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 1, 10, 1-2. | |
Apporto della famiglia alla Chiesa
[1071]
Per la grazia del battesimo, della cresima, dell’eucaristia e del sacramento del matrimonio, vissuta in una concreta esperienza di fede e di carità, la famiglia cristiana si pone come segno e riflesso dell’Amore trinitario e come attuazione originale e immagine della Chiesa, tanto da meritare il nome di “chiesa domestica”
![]() Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 11. | |
[1072] La famiglia cristiana evangelizza con la sua stessa esistenza; è essa stessa un vangelo vivente, una buona notizia che suscita speranza. I genitori trasmettono la fede ai figli nella semplicità e concretezza della vita quotidiana e i figli edificano i genitori. Insieme tutti i familiari testimoniano la salvezza di Cristo nei rapporti con le altre persone, a cominciare dai parenti e dai vicini. Possono inoltre partecipare a specifiche iniziative pastorali. La coppia come tale può assumere compiti nella comunità ecclesiale, in particolare di catechesi dei ragazzi e degli adulti; può partecipare ad associazioni con finalità di apostolato.
La famiglia cristiana offre a Dio il culto spirituale con la preghiera comune e l’offerta del proprio stare insieme, nella fatica e nel riposo, nella sofferenza e nella gioia. Nella casa si collocano segni religiosi, come il crocifisso e altre immagini sacre, la Bibbia e i ricordi dei sacramenti ricevuti, creando possibilmente un angolo della preghiera. Si trova il momento più adatto per pregare insieme nei giorni feriali. Si partecipa alla celebrazione eucaristica e si compie qualche gesto significativo per celebrare la festa. I genitori accompagnano i figli nel cammino dell’iniziazione cristiana, risvegliando in se stessi la grazia dei sacramenti. Inoltre possono partecipare a gruppi e movimenti di spiritualità coniugale.
La famiglia cristiana testimonia la carità con modalità proprie, quali il servizio reciproco nelle cose di ogni giorno, la cura premurosa dei membri più deboli, come gli anziani, i malati e i disabili, la pratica cordiale e generosa dell’ospitalità, l’affidamento o l’adozione di bambini senza famiglia, l’attenzione alle famiglie in difficoltà. Può inoltre partecipare ad associazioni di famiglie a scopo sociale e culturale.
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Sostegno della Chiesa alla famiglia
[1073] Da parte sua la Chiesa sostiene la famiglia offrendole un ambiente vitale e anche un aiuto specifico. La pastorale familiare, dimensione importante della pastorale ordinaria, annuncia, celebra e serve il vangelo del matrimonio e della famiglia. Ricerca teologica, predicazione e catechesi approfondiscono e diffondono la visione cristiana della famiglia; aiutano gli sposi a riscoprire il dono meraviglioso che hanno ricevuto, perché insieme possano avanzare in un cammino di santità. La comunità ecclesiale si riunisce a pregare per e con la famiglia nella celebrazione del matrimonio, negli anniversari, nella festa della famiglia, in altre particolari circostanze. La programmazione pastorale crea strutture di sostegno e di promozione, come ad esempio i consultori familiari d’ispirazione cristiana; attua iniziative per tutte le tappe del cammino familiare; fa sorgere piccole comunità di famiglie; rivolge un’attenzione particolare alle coppie giovani, alle coppie di migranti, alle coppie con figli disabili o disadattati.
Sebbene nella prassi vi siano molte carenze, questo profilo ideale della pastorale familiare sta a indicare quanto la Chiesa sia convinta della centralità della famiglia per la sua stessa vita e missione.
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La parusia
[1175]
La Chiesa delle origini crede che il Signore Gesù, morto e risorto, ha aperto una storia di salvezza universale, cosmica
![]()
La parusia è la meta della storia. Porterà la perfezione totale dell’uomo e del mondo. Dio infatti ha voluto «ricapitolare in Cristo tutte le cose» (Ef 1,10), «per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose» (Col 1,20). La nostra risurrezione è prolungamento della sua
![]() ![]() Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 45. | CCC, 673-674CCC 100CdA, 276-277 CONFRONTAVAI CdA 1211 CONFRONTAVAI |
[1176]
Per mezzo di Cristo l’umanità viene ricondotta «al Padre in un solo Spirito» (Ef 2,18). Il Padre è origine prima e termine ultimo: crea, santifica, glorifica e attrae a sé attraverso il Figlio, che eternamente è rivolto a lui nello Spirito. Il suo disegno si attua in tutto il corso della storia: creazione, diffusione dei popoli, elezione di Israele, inaugurazione del regno in Cristo, espansione di esso mediante la Chiesa in mezzo alle nazioni della terra, fino a quando la parusia del Signore Gesù coronerà queste opere meravigliose in una grande pasqua cosmica. Allora la famiglia umana, dopo tanto faticoso peregrinare, entrerà nel riposo di Dio
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