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CATECHISMO DEGLI ADULTI

CATECHISMO DEGLI ADULTI
INDICE TEMATICO
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Catechismo degli Adulti

Carità 93 , 830-832 , 345-347 , 348-349 , 850 , 765 , 775 , 838-842 , 897-901 , 951 , 1022
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Esperienza nuova
[93]  Agli occhi del credente la vita si illumina di nuovo significato e appare pienamente degna di essere vissuta. Cristo «rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 22.
. Ogni persona acquista valore assoluto, in quanto è chiamata alla comunione con Dio nell’eternità. Ogni dimensione della persona - spirito, corpo, famiglia, società, cultura, lavoro - si mostra nella sua autenticità, orientata allo sviluppo integrale.
La fede «opera per mezzo della carità» (Gal 5,6); non solo manifesta il senso delle cose, ma dà la forza di attuarlo. Il cristiano, mentre anela alla perfezione definitiva oltre la storia, sperimenta già nella vita presente un anticipo di essa, si sente risanato o almeno in via di guarigione, assapora la bellezza di vivere, anche nella fatica e nella sofferenza. Mentre pregusta nella speranza la salvezza eterna, ne pone i segni nella città terrena: libertà, giustizia, solidarietà, sobrio benessere nel rispetto della natura, pace. «Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, si fa anche lui più uomo»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 41.
; scopre di essere infinitamente amato e di poter egli stesso amare sempre più.
CdA, 953-954
CONFRONTAVAI
[830]  La fede ci fa partecipare alla luce della conoscenza divina
nota
Cf. San Tommaso d’Aquino,Somma Teologica, I-II, q. 110, a. 4.
; ci apre ad accogliere l’amore di Dio e il suo disegno di salvezza, rivelato nella Pasqua di Cristo. Consapevoli della nostra povertà, ma persuasi di essere amati, ci affidiamo senza riserve, pronti a ubbidire e a rischiare. Dando ferma adesione alla verità rivelata, riceviamo nuove prospettive sulla realtà, nuovi criteri di giudizio e motivi di azione.
La fede «opera per mezzo della carità» (Gal 5,6); altrimenti è come morta. Tuttavia rimane importante anche nei peccatori, perché li prepara alla giustificazione
nota
Cf. Concilio di Trento, Sess. VI, Decr. Sulla giustificazione, Can. 28 - DS 1578.
. Alcuni peccati, come l’incredulità, l’apostasia e l’eresia la contraddicono direttamente e giungono a distruggerla.
CdA, 86-93
CONFRONTAVAI
[831]  La speranza applica le prospettive della fede all’esistenza personale del credente: «In essa infatti noi abbiamo come un’àncora della nostra vita, sicura e salda» (Eb 6,19). È il desiderio fiducioso e arduo, fondato sull’Amore onnipotente e misericordioso e sulla sua fedeltà alle promesse, di giungere alla vita eterna nell’esperienza immediata di Dio e nella gloriosa risurrezione, ricevendo durante il cammino tutti gli aiuti necessari. Si tiene ugualmente lontana dalla presunzione come dall’abbattimento. Lotta coraggiosamente contro il male e coltiva ogni germe di bene. Sa che per la misericordia di Dio anche una vita sciupata, come quella del ladrone pentito, può essere rigenerata in un istante: san Giuseppe Cafasso, il prete che assisteva i condannati a morte, era persuaso che perfino un assassino poteva entrare subito in paradiso se accettava umilmente la sua pena.
CdA, 1170-1183
CONFRONTAVAI
[832]  La carità, riflesso in noi dello Spirito Santo, ci fa partecipare alla forza e alla bellezza dell’amore con cui Cristo ha amato il Padre e i fratelli nel suo sacrificio pasquale. Suppone e porta a compimento la fede e la speranza: amiamo perché siamo stati amati e abbiamo creduto all’amore, come i bambini nei confronti dei genitori. La carità è la nostra amicizia con Dio, per cui lo amiamo sopra ogni cosa a motivo della sua bontà infinita e siamo pronti a fare la sua volontà e ad amare gli altri come egli li ama
nota
Cf. San Tommaso d’Aquino,Somma Teologica, II-II, q. 23, a. 2.
. Essa segue una sua dinamica: nasce come compiacenza per la bellezza e la bontà di Dio intraviste nelle sue opere meravigliose e soprattutto nel suo Figlio Gesù; si sviluppa come dedizione alla causa del suo regno e come desiderio di incontrarlo faccia a faccia; si compirà nella visione beatifica come gaudio, in cui tutto il nostro essere troverà riposo
nota
Cf. San Tommaso d’Aquino,Somma Teologica, I-II, q. 26, a. 2; II-II, q. 28, a. 4.
.
CdA, 840-842
CONFRONTAVAI
CdA 868
CONFRONTAVAI
CdA 898-899
CONFRONTAVAI
CdA 951
CONFRONTAVAI
Perfetta comunione di carità
[345] Sarebbe ingenuità e presunzione cercare una chiarezza completa. Tuttavia un barlume di luce può venire attraverso la debole, ma preziosa analogia dell’amore umano, che comporta sempre distinzione e comunione di persone, in quanto è trasferire se stesso nell’altro, riporre in lui le ragioni del vivere, la propria vita più vera.
«Se vedi la carità, tu vedi la Trinità»
nota
Sant’Agostino, La Trinità, 8, 8, 12.
. La carità divina in quanto donazione infinita senza riserve è il Padre; in quanto accoglienza attiva è il Figlio; in quanto perfetta unità di colui che dona e di colui che accoglie è lo Spirito Santo. «Ecco sono tre: l’Amante, l’Amato e l’Amore»
nota
Sant’Agostino, La Trinità, 8, 10, 14.
.
[346] Nessuna delle tre persone supera le altre nella eternità, nella perfezione o nel potere. Tuttavia il Padre è il primo perché dona e non riceve; il Figlio è secondo perché riceve dal Padre; lo Spirito Santo è terzo perché procede dal Padre attraverso il Figlio. Vivono uno per l’altro, con l’altro e nell’altro in perfetta unità e reciprocità dinamica. Ciascuno è se stesso in quanto è tutto rivolto agli altri e si compenetra con essi, in uno slancio inesauribile di vita che esce eternamente dal Padre e al Padre eternamente si volge.
[347]  L’unità di Dio rimane fuori discussione: il Padre è l’unico 9-176.pngprincipio di tutta la vita divina; le tre persone insieme sono l’unico principio di tutta la realtà creata. «Un solo Dio e Padre, dal quale sono tutte le cose; e un solo Signore Gesù Cristo, per mezzo del quale sono tutte le cose; e un solo Spirito Santo, nel quale sono tutte le cose», proclama il II concilio di Costantinopoli nell’anno 553
nota
Concilio di Costantinopoli II, Condanne contro i “tre Capitoli”, 1 - DS 421.
. Essendo tre correlati tra loro, non si addizionano, se non nel nostro povero modo di parlare; ma ciascuno contiene gli altri ed è l’unico Dio e l’unico Creatore, «a somiglianza di tre soli, ciascuno contenuto nell’altro, in modo che ci sia una sola luce a motivo dell’intima compenetrazione»
nota
San Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 1, 8, 14.
. L’unità è Trinità, è comunione.
Partecipi della vita trinitaria
[348] Per noi uomini la Trinità è l’origine, il sostegno, la direzione e la meta del nostro cammino. Siamo creati a sua immagine e chiamati a partecipare alla sua vita di amore.
Siamo soggetti singoli e irripetibili; ma ci apparteniamo gli uni gli altri. Tendiamo ad affermare la nostra identità personale, la nostra libertà e originalità; non però nell’isolamento. Per essere noi stessi e sentirci vivi, abbiamo bisogno che altre persone ci accettino e riconoscano il nostro valore; abbiamo bisogno di comunicare con loro e di condividere le cose, gli atteggiamenti, perfino i segreti più intimi. Ciò si può realizzare solo nella reciprocità dell’amore, non certo in altri rapporti umani caratterizzati dalla violenza, dal dominio, dal possesso.
Secondo un detto di Gesù, non riferito dai Vangeli canonici, ma 9-177.pngattribuito a lui dall’antica tradizione cristiana, il regno di Dio viene «quando due diventano uno»
nota
Clemente d’Alessandria, Stromati, 3, 13.
. Come il Padre è donazione e il Figlio è accoglienza nell’unità dello Spirito Santo, così noi viviamo davvero e cresciamo nella misura in cui impariamo a donare noi stessi e ad accogliere gli altri, in uno scambio incessante per attuare la comunione nel rispetto delle persone e della loro libertà e originalità. «Il Signore Gesù, quando prega il Padre, perché “tutti siano uno... come anche noi siamo uno” (Gv 17,21-22), mettendoci davanti orizzonti impervi alla ragione umana, ci suggerisce una certa similitudine tra l’unione delle persone divine e l’unione dei figli di Dio nella verità e nella carità. Questa similitudine manifesta che l’uomo, il quale in terra è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa, non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 24.
.
CdA, 808
CONFRONTAVAI
[349] Un discorso analogo va fatto per tutte le realtà sociali, dalle piccole comunità ai popoli: anch’esse possono svilupparsi solo nella comunicazione reciproca, libera e rispettosa. L’impegno cristiano nella storia mira a realizzare la più grande libertà nella più grande solidarietà, evitando da una parte la solitudine dell’individualismo e dall’altra l’oppressione del collettivismo. Esso riserva un’attenzione privilegiata alla famiglia, riflesso della comunione trinitaria, esperienza primaria della reciprocità, in cui la persona vive e cresce.
La Chiesa, da parte sua, deve porsi come immagine viva e concreta della Trinità, edificandosi come un solo corpo con molte membra, nella comunicazione incessante dei fedeli e delle loro varie aggregazioni.
La Trinità è il mistero di Dio; ma è anche il segreto più profondo della vita dell’uomo.
Libertà nella carità
[850]  La vera libertà non è quella dell’affermazione egoistica di sé, ma quella di amare: «Voi, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri» (Gal 5,13). La vera libertà coincide con la nuova legge della carità. L’una e l’altra sono dono dello Spirito Santo: «Dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà» (2Cor 3,17) e c’è la nuova legge, «scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori» (2Cor 3,3). Lo Spirito ci rende liberi e padroni di noi stessi, perché possiamo fare di noi un dono nell’obbedienza al Padre e nel servizio dei fratelli. Così diventiamo partecipi della vita e della gioia stessa di Dio. «La nuova legge è la stessa grazia dello Spirito Santo»
nota
San Tommaso d’Aquino,Somma Teologica, I-II, q. 106, a. 1.
.
CCC, 1828CdA, 161
CONFRONTAVAI
Più santa attraverso le prove
[765]  Tuttavia, come una melodia può risuonare solo nell’orecchio e nel cuore di chi ascolta, così la grazia ha bisogno della nostra libera corrispondenza nella concretezza e nella storicità dell’esistenza; esige di essere accolta nella fede che agisce mediante la carità
nota
Cf. Gal 5,6.
. Maria ha avuto il suo personalissimo cammino di fede e di carità: «Ha percorso il suo pellegrinaggio di fede e ha serbato fedelmente la sua unione col Figlio fino ai piedi della croce»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 58.
. È cresciuta anche lei nella santità. Libera dal peccato originale e gratificata di doni eccezionali, ha progredito con passo spedito. Non ha conosciuto ritardi e deviazioni come noi; non ha commesso peccati personali. A ragione il popolo cristiano la venera come la “tutta santa”.
CCC, 964
Cammino di fede e di carità
[775] Il Cristo è l’unico maestro e l’unico redentore; da lui riceviamo la grazia di essere suoi discepoli e cooperatori, partecipi della sua vita e della sua missione, santi e santificatori.
Maria è la più perfetta seguace di Cristo
nota
Cf. Paolo VI, Marialis cultus, 35.
e la prima collaboratrice all’opera della salvezza. Il suo personale cammino di fede, come emerge dai racconti evangelici, è anche il dilatarsi della sua carità verso tutti gli uomini, con un inserimento sempre più consapevole nel mistero della redenzione
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 61.
.
Un germe da sviluppare
[838]  Nel battesimo è già dato oggettivamente ciò che costituisce la vita cristiana: lo Spirito Santo, la configurazione a Cristo morto e risorto, l’inabitazione della Trinità, la grazia santificante, le virtù teologali. Ma tutto è dato come una caparra, come un germe e una capacità da sviluppare con l’ascolto della Parola, la grazia dell’eucaristia e degli altri sacramenti, le mozioni dello Spirito Santo e la libera cooperazione personale.
[839]  «Tutti i cristiani, cioè i discepoli di Gesù Cristo, in qualunque stato e condizione si trovino, sono chiamati alla perfezione: perché tutti sono chiamati al vangelo, che è legge di perfezione»
nota
A. Rosmini, Massime di perfezione cristiana, 1.
. A tutti Gesù dice: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). L’apostolo Paolo gli fa eco: «Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione» (1Ts 4,3). Il concilio Vaticano II commenta: «I seguaci di Cristo... col battesimo della fede sono stati fatti veri figli di Dio, resi partecipi della natura divina, e perciò realmente santi. Con l’aiuto di Dio essi devono quindi mantenere e perfezionare, vivendola, la santità che hanno ricevuta»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 40.
.
La perfezione della carità
[840]  Possiamo domandarci in che cosa consista la perfezione cristiana, 21-413.pngche cosa occorra per essere santi. Sono indispensabili esperienze straordinarie di ascesi e di contemplazione, profonde conoscenze, potere di fare miracoli, oppure basta l’amore concretamente vissuto nella storia di ogni giorno?
Gesù, nel discorso della montagna, indica i contenuti della santità cristiana, presentando una serie di comportamenti paradigmatici ispirati alla carità
nota
Cf. Mt 5,20-48.
. L’apostolo Paolo pone la carità al di sopra di ogni altro valore: «Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli... e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza... ma non avessi la carità, non sono nulla» (1Cor 13,1-2). Dà importanza alla sofferenza accettata con amore non meno che alle visioni celesti, ai rapimenti mistici, ai miracoli compiuti. Esorta a sviluppare il dialogo con Dio nella concretezza e nella totalità della vita: «Tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre» (Col 3,17)
nota
Cf. 1Cor 10,31.
. Con lui concordano altri testi del Nuovo Testamento, secondo cui l’esperienza di Dio si incarna nell’incontro con i fratelli in ogni situazione: «Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore» (1Gv 4,7-8). «Ad immagine del Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta» (1Pt 1,15).
Il recente magistero della Chiesa addita insistentemente la comune vocazione alla santità da attuare nella perfezione della carità in ogni ambito di esperienza: «Tutti i fedeli cristiani, di qualsiasi stato o ordine, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità: santità che promuove un tenore di vita più umano anche nella società terrena»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 40.
. I cristiani sono «abilitati e impegnati a manifestare la santità del loro essere nella santità di tutto il loro operare»
nota
Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 16.
.
Dialogo costante con Dio
[841]  Dio «è tutto amore; con tutto se stesso ama e vuole essere amato; perciò vorrebbe che i suoi figli fossero interamente trasformati in lui per amore»
nota
Beata Angela da Foligno, Il libro, Istruzioni, 34, 7-8.
. La santità consiste nella carità e la carità, 21-414.pngnel dialogo con Dio, può assumere e valorizzare qualsiasi realtà. Per questo è una possibilità reale e un appello per tutti. Non occorrono esperienze straordinarie di conoscenza, di contemplazione, di ascesi e di fuga dal mondo. Basta la vita ordinaria: preghiera, relazioni familiari e sociali, lavoro, riposo, sofferenza, apostolato. Dio ci chiama in ogni cosa, continuamente. È presente come creatore che comunica l’essere e la vita, come salvatore e Padre che tutto fa cooperare per il bene dei suoi figli
nota
Cf. Rm 8,28.
. Tutto è voluto o almeno permesso da lui. Ogni persona, cosa o avvenimento è una sua parola, un dono e un compito. Da parte nostra dobbiamo rispondere a Dio in ogni situazione: cercare sempre la sua volontà rivolgendo spesso a lui anche un’attenzione consapevole; accettare, come una possibilità di bene che viene offerta, se stessi, la propria storia, gli altri, le realtà della natura, gli eventi piccoli o grandi, favorevoli o tristi; fare il bene «con cura, spesso e con prontezza», non come coloro che «mangiano senza gusto, dormono senza riposare, ridono senza gioia, si trascinano invece di camminare»
nota
San Francesco di Sales, Introduzione alla vita devota, 1, 1, 7.
.
La vita intera diventa dialogo con Dio, preghiera diffusa, atto di amore continuato. Ogni esperienza diventa cooperazione al suo regno; si unifica e si integra in un solo progetto. Le energie dell’intelligenza, della volontà, dell’affettività, della corporeità si orientano sempre di più a lui. Si realizza un’esperienza di Dio incarnata nella storia, una comunione sempre più perfetta.
CdA, 951
CONFRONTAVAI
CdA 987-989
CONFRONTAVAI
Santi e santificatori
[842]  L’uomo nuovo, che cresce nella santità, è anche santificatore. Amando gli altri in Dio e con il suo stesso amore, edifica la comunità cristiana, promuove una convivenza civile giusta e pacifica, con un tenore di vita più umano
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 40.
.
Purtroppo per molti la religione resta confinata sullo sfondo. La vita 21-415.pngquotidiana segue la logica del piacere e dell’interesse immediato. Si fa riferimento a Dio solo in alcuni momenti marginali, specialmente nelle difficoltà. Molti considerano la spiritualità un lusso, utile al più per chi ne sente il bisogno. Non mancano però tendenze contrastanti: fioriscono numerosi movimenti di spiritualità; è avvertita largamente un’esigenza di interiorità.
L’esperienza religiosa, se è autentica, fa sentire il suo benefico influsso in ogni ambito. L’interiorità si incarna; la presenza nel mondo si spiritualizza. La vocazione alla santità si esprime in molte vocazioni particolari; è una possibilità reale offerta a tutti, perché ogni realtà sia liberata e ricondotta a Dio.
Osservare i comandamenti
[897]  La carità porta innanzitutto ad osservare il decalogo. Quasi tutti i comandamenti sono formulati in maniera negativa: non avrai altro dio, non nominare il nome di Dio invano, non uccidere, non commettere atti impuri, non rubare, non dire falsa testimonianza... Indicano così il livello minimo sotto il quale non bisogna scendere assolutamente, il livello sotto il quale non può sussistere il rispetto per la santità di Dio e per la dignità della persona umana e quindi neppure la carità
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, 52.
.
L’osservanza dei comandamenti è «la condizione di base per l’amore...; l’inizio della libertà, non la libertà perfetta»
nota
Sant’Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni, 41, 10.
. Un cuore che ama «proprio perché ama è disposto a vivere le esperienze più alte»
nota
Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, 15.
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Trascendere i comandamenti
[898]  Nel discorso della montagna Gesù non solo conferma i comandamenti, ma li perfeziona
nota
Cf. Mt 5,17.
. Li interiorizza e li radicalizza, riconducendoli alle istanze esigenti dell’amore. La nuova giustizia evangelica, necessaria per accogliere il regno di Dio e per manifestarne la presenza nella storia, deve essere più alta di quella degli scribi e dei farisei. Viene tratteggiata nella sua fisionomia con alcuni riferimenti a casi tipici della vita quotidiana e con alcune similitudini. Coinvolge tutte le dimensioni della persona, i rapporti con il prossimo, con Dio e con le cose: prevenire la violenza, cercare la riconciliazione, dominare la sensualità, mantenere la fedeltà coniugale, comunicare con sincerità e trasparenza, non reagire con rancori e ritorsioni ai torti subiti, volere il bene anche dei nemici, coltivare la vera devozione religiosa ricca di interiorità, possedere i beni di questo mondo senza esserne posseduti, liberi dall’ansia per il domani, liberi per una vita filiale e fraterna.
CdA, 155
CONFRONTAVAI
[899]  La nuova giustizia non si limita a evitare il male, ma fa il bene verso tutti, compresi i nemici: non solo fugge l’omicidio, ma promuove la vita; non solo si astiene dal furto, ma condivide ciò che possiede. Il bene è senza confini e le modalità di attuazione sono molteplici. Se l’osservanza dei comandamenti è richiesta a tutti, la creatività dell’amore è diversa per ciascuno. Al giovane ricco Gesù non chiede solo di osservare i comandamenti, ma anche di rinunciare a tutte le ricchezze, in vista di una particolare forma di sequela. Ad altri invece, come Zaccheo, ispira la rinuncia a una parte soltanto delle ricchezze
nota
Cf. Lc 19,8.
. Alcuni li chiama alla fedeltà incondizionata nel matrimonio; altri li chiama alla consacrazione nella verginità
nota
Cf. Mt 19,912.
. Dentro il disegno universale di salvezza c’è per ognuno una vocazione originale propria. Tutti sono amati e devono amare, ma le attuazioni concrete della carità possono variare da persona a persona, da una situazione all’altra. Al di là dei comandamenti, che valgono per tutti, ci sono gli appelli personalizzati che Dio nel suo amore rivolge ai singoli nelle diverse situazioni concrete. Tutti però, seguendo Cristo, sono chiamati a crescere nella carità fino al dono totale di sé: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,12-13).
Oltre la ragionevolezza
[900] Camminare sulla via della carità, per quanto riguarda l’obbedienza ai comandamenti e soprattutto per quanto riguarda l’inesauribile creatività nel bene, dipende dal nostro impegno e prima ancora dalla grazia di Dio che lo sostiene.
«La completa osservanza dei comandamenti di Dio non è alla portata delle forze umane, pur essendo nei limiti dell’istinto dello spirito umano, in quanto conforme alla ragione... Ma oltre ai comandamenti divini ci sono delle ispirazioni celesti, per l’attuazione delle quali non soltanto è necessario che Dio ci innalzi al di sopra delle nostre forze, ma anche che ci elevi al sopra degli istinti e delle inclinazioni della nostra natura... Non rubare, non mentire, non commettere lussuria, pregare Dio, non giurare invano, amare e onorare il padre, non uccidere, è vivere secondo la ragione naturale dell’uomo; ma abbandonare tutti i nostri beni, amare la povertà..., considerare gli obbrobri, il disprezzo, le abiezioni, le persecuzioni, i martirî come felicità e beatitudini, mantenersi nei limiti di un’assoluta castità, e infine vivere nel mondo e in questa vita mortale contro tutte le opinioni e le massime del mondo... con abituale rassegnazione, rinuncia e abnegazione di noi stessi, non è vivere secondo la natura umana, ma al di sopra di essa; non è vivere in noi, ma fuori di noi e al di sopra di noi: e siccome nessuno può uscire in questo modo al di sopra di se stesso se non lo attira l’eterno Padre, ne consegue che tale modo di vivere deve essere un rapimento continuo e un’estasi perpetua d’azione e di operazione»
nota
San Francesco di Sales,Trattato dell’amore di Dio, 7, 6.
.
Nell’uscire da sé e nel donarsi secondo la dinamica esigente della carità l’uomo trova la vera realizzazione di sé.
[901] La carità adempie i comandamenti, che sono uguali per tutti; accoglie i consigli e gli inviti del Signore, che sono propri per ciascuno; trascende le inclinazioni naturali e il senso comune; è lieta di donarsi senza riserve.
Carità perfetta
[951] Si giunge così alla perfetta unione sponsale con Dio nella carità: unione non intimistica, ma aperta all’amore di tutte le creature, nella semplicità della vita quotidiana. Le modalità di attuazione sono estremamente varie.
In alcuni cristiani prevalgono i doni operativi dello Spirito Santo: la dedizione a Dio si esprime soprattutto mediante l’attività in campo ecclesiale, familiare, professionale, sociale, culturale, politico, con totale disinteresse, fino al sacrificio più arduo.
Alcune attenzioni
[1022]  La sofferenza costituisce una sfida a crescere nella fede e nell’amore; ne è la verifica più sicura: «L’amore vero e puro si dimostra fra mille pene... Chi vuol l’amore, cerchi il patire»
nota
Santa Veronica Giuliani, Diario, 26.12.1694.
. Una volta scoperta questa grande possibilità, si può essere perfino «afflitti, ma sempre lieti» (2Cor 6,10). Così il male è vinto dall’interno, sperimentandolo. Nell’apparente fallimento ci realizziamo più che mai. Occorre però assumere consapevolmente la propria situazione. Per questo in linea di principio è bene che un malato conosca la dura verità della sua malattia. Magari la prudenza consiglierà di manifestarla gradualmente e allusivamente, cercando di prevenire il più possibile il pericolo di scoraggiamento e di depressione.