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CATECHISMO DEGLI ADULTI

CATECHISMO DEGLI ADULTI
INDICE TEMATICO
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Catechismo degli Adulti

Autorità 208-211 , 148 , 519 , 1106

Autorità e dedizione
[208]  Lo scopo di Gesù è rivelare e attuare la presenza salvifica di Dio nella storia, il suo regno. Ciò avviene non soltanto attraverso le parole e le opere, ma anche e soprattutto attraverso il mistero della morte e risurrezione, che egli chiama la sua «ora» (Gv 2,412,2317,1). Tra la venuta del regno di Dio e la vicenda personale del Maestro c’è una misteriosa compenetrazione: nel dono che egli fa di se stesso si manifesta il regno di Dio. Qual è il motivo di questo collegamento così stretto? Qual è il segreto della persona di Gesù?
CdA, 262
CONFRONTAVAI
CdA 422
CONFRONTAVAI
CdA 424
CONFRONTAVAI
[209]  Esteriormente Gesù si presenta come un “rabbì”, un maestro della Legge, in quanto si circonda di discepoli e insegna. I discepoli però se li sceglie liberamente, come vuole; e nell’insegnare non commenta le Scritture come gli scribi, ma propone «una dottrina nuova» (Mc 1,27), con immediatezza e autorità
nota
Cf. Mc 1,22.
; non usa neppure la formula dei profeti “oracolo di JHWH”, ma la sostituisce con un audace: «Io vi dico» (Mt 5,20), per di più in contrapposizione a: «Fu detto», cioè fu detto da Dio (Mt 5,21); apre il discorso con un insolito: «Amen amen», che significa «In verità, in verità vi dico» (Gv 1,51), per asserire che la sua parola è sicura e solida come la roccia.
La stessa autorità egli esercita nel rimettere i peccati e nel celebrare il banchetto del Regno con i peccatori, verso i quali si mostra nello stesso tempo misericordioso ed esigente, oltre ogni “ragionevole” misura; e ancora la esercita nel compiere miracoli spontaneamente, a nome proprio.
Pretende di essere decisivo per la salvezza: «Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde» (Mt 12,30); «Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli» (Mt 10,32-33).
Esige di essere amato più dei genitori e dei figli e chiede che si lasci tutto per seguirlo. La sua persona, in definitiva, è più decisiva della sua dottrina e della sua azione.
[210]  Autorità e pretese indubbiamente inaudite. D’altra parte Gesù vive poveramente, al punto che «non ha dove posare il capo» (Mt 8,20). Non impiega mai la sua potenza miracolosa per un vantaggio personale o per imporre il proprio progetto, a costo di deludere quanti si aspettano un Messia più efficiente. Servizio e dono di sé animano il suo insegnamento e la sua attività; presto troveranno l’espressione suprema nella sua morte e risurrezione.
In Gesù autorità e servizio, misericordia e austerità si fondono in modo del tutto singolare. Sorgente di questa singolarità è l’esperienza di Dio come “Abbà”: «Tutto mi è stato dato dal Padre mio» (Mt 11,27). Ha ricevuto tutto dal Padre e perciò è totalmente sottomesso a lui e nello stesso tempo a lui uguale nella maestà divina e nella capacità di amare.
Il Regno come amore
[211]  Gesù è una cosa sola con il Padre e ne impersona il regno. Nel servizio e nel dono di sé, non meno che nell’autorità, lo rivela, lo glorifica: «Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi» (Gv 15,9). Il Padre è il primo ad amare, a donarsi, anzi è l’amore stesso
nota
Cf. 1Gv 4,16.
; e il modo più appropriato di manifestarlo è amare, servire, dare se stesso. Ecco perché Gesù ha interpretato il suo messianismo come servizio fino alla morte in croce e alla risurrezione. Ecco perché il regno di Dio viene «con potenza» (Mc 9,1) nella sua Pasqua.
Liberi dalla sete del potere
[148] Oltre che dalla ricchezza, la vicinanza di Dio libera anche dalla tentazione di dominare sugli altri.
Gesù è venuto non per essere servito, ma per servire
nota
Cf. Mc 10,45.
; e di fatto, a differenza dei maestri religiosi del suo tempo che di solito si lasciano accudire dagli allievi nelle necessità quotidiane, si comporta come un servitore: «Io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27). I discepoli dovranno seguire il suo esempio e servirsi l’un l’altro, comportandosi tra loro come fratelli di pari dignità e riconoscendo sopra di sé l’unico Padre
nota
Cf. Mt 23,8-9.
.
L’autorità, nella comunità cristiana, dovrà essere esercitata come un servizio, e non come un dominio oppressivo alla maniera dei re delle nazioni, che sfruttano la gente e si fanno chiamare benefattori: «Chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti» (Mc 10,44).
CCC, 2235-2236
In unione a Cristo rappresentanti della Chiesa
[519] Mentre rappresentano Cristo di fronte alla Chiesa, rappresentano in unione a Cristo la Chiesa davanti al Padre e intercedono per lei. La rappresentano anche davanti agli uomini, in quanto costituiscono il fondamento visibile della sua unità e fedeltà evangelica. Si tratta di una rappresentanza sacramentale in virtù dello Spirito e non di una rappresentanza in senso democratico. I ministri ordinati ricevono il potere da Cristo, non dalla comunità. Non sono delegati di essa, neppure quando vengono designati con la sua partecipazione.
Ciò non vuol dire che debbano agire in maniera autoritaria, senza consultare nessuno. Al contrario devono farsi interpreti e servitori della vita della Chiesa, in piena fedeltà al vangelo. Le decisioni devono maturare in un clima di preghiera, di fraternità, di ascolto reciproco e di conversione al Signore da parte di tutti, pastori compresi. Se è vero che i pastori non sono dalla Chiesa, sono però per la Chiesa e nella Chiesa. Rimangono cristiani come gli altri, ascoltano la parola che predicano e ricevono l’eucaristia che distribuiscono. Inoltre devono esercitare il loro ministero in una prassi di comunione, valorizzando gli altri carismi e ministeri: «I vescovi non devono solo insegnare, ma anche imparare»
nota
San Cipriano di Cartagine, Lettere, 74, 10, 1.
.
CCC, 1552-1553
L’autorità pubblica
[1106]  Se tutti devono cooperare all’attuazione del bene comune, alcuni però hanno la funzione di coordinare e dirigere ad esso le molteplici energie: sono i detentori della pubblica autorità
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 74
.
La legittimità di un governo si misura dalla capacità di rispettare e sostenere i diritti delle persone e dei soggetti sociali intermedi. Il potere deve essere esercitato per il popolo e con il popolo: l’autorità è «vicaria della moltitudine»
nota
San Tommaso d’Aquino,Somma Teologica, I-II, q. 90, a. 3.
. Ovviamente la possibilità di partecipazione è diversa secondo le condizioni culturali e le situazioni storiche.
D’altra parte è necessario un governo della società che non si limiti a mediare gli interessi particolari, ma sappia inquadrare il pluralismo entro regole precise e guidarlo verso obiettivi storici concreti.
Quanto all’esercizio dell’autorità, governano rettamente coloro che «non guardano in sé il potere del grado, ma l’uguaglianza di condizione e non godono nel fare da superiori, ma nel fare del bene agli altri»
nota
San Gregorio Magno, Commento al libro di Giobbe, 21, 15, 22.
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