CATECHISMO DEGLI ADULTI
Dialogo filiale
[960] Gesù introduce nella storia la preghiera filiale: la vive in prima persona e la comunica ai credenti.
Prega molto durante la vita pubblica: loda e ringrazia il Padre, accoglie con prontezza la sua volontà.
Prega all’avvicinarsi dell’”ora” decisiva della morte e risurrezione. Elevando al Padre quella che giustamente viene detta “Preghiera sacerdotale”
Prega durante la passione: «Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà» (Eb 5,7).
Prega con una confidenza del tutto singolare, chiamando Dio: «Abbà» (Mc 14,36). Incarna nella sua esperienza umana l’atteggiamento del Figlio unigenito, eternamente rivolto al Padre.
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CATECHISMO DEGLI ADULTI
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Gesù si rivolge a Dio nella sua lingua, l’aramaico, chiamandolo abitualmente «Abbà» (Mc 14,36), che significa “papà”. “Abbà” è parola infantile, una delle primissime parole che il bambino impara a pronunciare: «Non appena egli sente il sapore della culla (cioè quando è divezzato), dice “abbà”, “immà” (papà, mamma)», si legge nella tradizione ebraica. Talmud babilonese, Berakhot, 40a. | CdA, 293-294 CONFRONTAVAI CdA 960 CONFRONTAVAI |