CATECHISMO DEGLI ADULTI
Ottavo comandamento
[888]
L’ottavo comandamento “Non dire falsa testimonianza” chiama al servizio della verità. Proibisce, quindi, di tradirla nella relazione con gli altri, attraverso la menzogna, l’inganno, la calunnia, la maldicenza, la diffusione dell’errore, la violazione del segreto, l’uso distorto dei mezzi di comunicazione sociale. Le offese alla verità, con parole e azioni, denotano una mancanza di rettitudine morale e comportano una infedeltà all’alleanza con Dio, che è Verità.
| CCC, 2464-2503CdA, 1144-1166 CONFRONTAVAI |
CATECHISMO DEGLI ADULTI
1144 - 1166
Uso strumentale della comunicazione
[1146]
Si tratta di una malattia che ha radici antiche, anche se oggi si manifesta in forme inedite e complesse. Secondo il racconto biblico della torre di Babele, gli uomini, mossi da desiderio di potere, perseguono l’unità politica, economica, culturale e religiosa: un’unità monolitica, contraria alla volontà di Dio e alla dignità dell’uomo, che esigono invece il rispetto dell’originalità e della diversità delle persone e dei popoli. Il progetto fallisce nella confusione e nella discordia. La comunicazione non riesce quando è finalizzata al dominio, anziché alla comunione
A una conclusione analoga ci porta l’esortazione della Lettera di Giacomo nel Nuovo Testamento. Secondo questo testo, l’ambizione egoistica si infiltra come un veleno perfino nella comunicazione religiosa e provoca disordine, contesa, amarezza. Si parla di Dio in modo aggressivo; si pretende di lodarlo, offendendo il prossimo. Assurda contraddizione, come volere «far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara» (Gc 3,11).
L’inautenticità sembra dunque derivare da un uso strumentale dell’informazione. Si comunica non per incontrare gli altri, ma per prevalere su di loro, per conquistarli. Ciò induce diffidenza e bisogno di difesa. Di qui le tensioni nei rapporti interpersonali e sociali, le ambiguità, le divisioni. Numerosi disordini, più o meno gravi, sfigurano la comunicazione umana: incapacità di ascoltare e di parlare, diffusione di errori e falsi valori, menzogna, inganno, calunnia, maldicenza, violazione del segreto.
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La comunicazione risanata
[1147]
Il Cristo redentore viene a guarire l’uomo anche in questa sua dimensione fondamentale. La grazia di Pentecoste risana la confusione di Babele. Il fuoco dello Spirito scende in figura di lingue, simbolo della comunicazione umana: «Apparvero loro lingue come di fuoco» (At 2,3). I discepoli parlano e sono compresi in lingue diverse; comunicano «la verità nella carità» (Ef 4,15), nel rispetto delle persone e delle culture. Non è la volontà di potenza dell’uomo, ma il dono di Dio a edificare la genuina unità, che mantiene, anzi valorizza il pluralismo.
I cristiani sono consapevoli di appartenere l’uno all’altro, come membra dello stesso corpo; perciò sono portati dalla carità a evitare i peccati che avvelenano la vita sociale: ingiuria, maldicenza, menzogna
Cf. Concilio Vaticano II, Dignitatis humanae, 2; 3.
Devono anzi essere disponibili ad accogliere i valori culturali degli altri, nella misura in cui sono autentici, a farsi “tutto a tutti per salvare ad ogni costo qualcuno” (1Cor 9,22).
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Veracità
[1149]
La veracità cristiana è contemporaneamente fedeltà alla dignità dell’uomo e alla verità. Il significato originario dell’ottavo comandamento si limita a proibire la falsa testimonianza contro il prossimo in tribunale
La veracità è anche fedeltà a se stessi, alla propria identità. Ognuno è chiamato a cercare, accogliere e praticare la verità. La libertà è per la verità, resistendo alla eventuale pressione contraria degli istinti e dell’ambiente sociale. Quando si tratta di testimoniare valori decisivi, come la fede in Dio, la coerenza deve essere mantenuta fino al martirio
| CdA, 888 CONFRONTAVAI |
Il cristianesimo religione della comunicazione
[1150] La comunicazione, intesa in termini generali, si riferisce a molti ambiti di esperienza personale e sociale. Nell’ottica cristiana si può estendere fino a diventare una chiave di lettura per tutta la realtà.
Gesù Cristo è il Verbo incarnato, l’autocomunicazione personale di Dio, umile e splendida allo stesso tempo. Tutta la sua esistenza è una parola di amore, che Dio rivolge agli uomini. Non solo il suo insegnamento orale, ma anche i gesti e gli avvenimenti, specialmente la morte e la risurrezione, sono parole rivolte a noi.
Dal principio alla fine la storia della salvezza è comunicazione: «Dio che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1-2). La Chiesa è parola vissuta e trasmessa, tradizione vivente. Il mondo creato esiste in virtù della parola di Dio
L’uomo fatto a immagine di Dio nasce e si sviluppa dentro un’incessante comunicazione, che costituisce la società e la storia. Per lui vivere è comunicare: con la parola e con il silenzio, con i gesti e con i modi di vestire, perfino con l’indifferenza e con il rifiuto. Quando commette il peccato, comunica ancora, sebbene in modo disordinato e inautentico. Quando invece dialoga con Dio e con gli altri nella verità e nell’amore, attua una comunicazione che lo fa crescere come persona.
L’interpretazione globale della realtà come comunicazione è molto significativa nella nostra epoca, caratterizzata dallo sviluppo dei mezzi di comunicazione sociale e dalla rivoluzione informatica. Lo sarà ancor più in un futuro non lontano, intessuto di relazioni sempre più frequenti, rapide, estese.
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[1156] Dio comunica con l’uomo in modo umano secondo una dinamica di incarnazione, il divino si esprime nell’umano e l’umano viene assunto nel divino. La parola di Dio non si confonde con la cultura; ma neppure si separa da essa.
Sempre viene a noi, inserita in qualche forma culturale, e si trasmette da una cultura all’altra attraverso un processo di donazione e di accoglienza, di purificazione e di rinnovamento, esplicitando sempre più la sua inesauribile ricchezza di significato e di vita.
“Solo all’interno e tramite la cultura la fede cristiana diventa storica e creatrice di storia”
Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 44. L’unica fede si incarna in culture diverse. E queste in varia misura possono dirsi cristiane. Al loro interno assumono forme peculiari anche le espressioni più direttamente ecclesiali: formulazioni dottrinali, scelte pastorali, riti liturgici e devozioni popolari.
Nel mondo occidentale contemporaneo l’eredità culturale della modernità convive con la nuova mentalità postmoderna, caratterizzata dal disorientamento riguardo alla verità e ai valori, dalla diffidenza per le teorie e i progetti totalizzanti, dal ripiegamento sulle esperienze frammentarie, individuali, provvisorie.
In tale contesto l’evangelizzazione esige molteplici attenzioni: liberarsi da rappresentazioni e comportamenti legati a epoche passate, accogliere, contestandone però le interpretazioni ambigue e unilaterali, i valori della modernità, che del resto hanno radici cristiane, come i diritti dell’uomo, la pari dignità della donna, la giusta autonomia delle realtà terrene; tenere desto il dialogo sul mistero dell’uomo e sulla necessità di ancorare la libertà alla verità; proporre la verità di Cristo, che coincide con la carità, mediante l’esperienza vissuta dell’amore reciproco e dell’amore preferenziale ai poveri, perché la sua bellezza desti meraviglia e dia significato ad ogni dimensione della vita; sviluppare una solida identità cristiana, aperta però a dialogare con tutti, a dare e a ricevere, a rinnovarsi incessantemente; favorire lo scambio tra le culture, aprendole ai valori universali, in modo che si possa formare una cultura planetaria, in cui le singole identità culturali siano rispettate e valorizzate. Assumendo tali atteggiamenti, i cristiani testimoniano che i beni dell’uomo hanno il loro ultimo fondamento in Cristo e che “tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui… e tutte sussistono in lui” (Col 1, 16-17).
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La comunione nelle dimensioni della vita
[1164]
«Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate...» (Gen 1,28): la benedizione originaria di Dio sul genere umano prospetta un cammino storico caratterizzato dai valori della famiglia e della socialità, del lavoro e della cultura. Il peccato sfigura queste dimensioni costitutive dell’uomo, introducendovi il desiderio sfrenato ed egoistico di emergere, possedere e godere; ne fa così un luogo di oppressione e di divisione. La grazia della redenzione riapre la via per attuare la vocazione terrena ed eterna. La riapre per tutti. Ma il cristiano, che aderisce consapevolmente al Salvatore nella comunità dei suoi discepoli e riceve il dono sacramentale dello Spirito Santo, è particolarmente abilitato a fare della vita familiare, sociale, economica e culturale un luogo di comunione e di pace. Pace nel suo significato biblico comporta integrità, pienezza, totalità di vita. Nasce dal rapporto ordinato con Dio, con il prossimo, con le cose e con noi stessi.
Della pace del regno di Dio è frutto e figura quella della società. Giovanni XXIII la presenta come «un ordine fondato sulla verità, attuato secondo giustizia, vivificato e integrato dall’amore, ricomposto nella libertà in equilibri sempre nuovi e più umani»
Giovanni XXIII, Pacem in terris, 18. |
Operatori di pace
[1165] Il cristiano costruisce la pace a partire dal suo ambiente personale. Sceglie di non percorrere mai la via della violenza per affermare la verità e il bene: sa che non è lecito servirsi del male in vista di obiettivi positivi. Al più potrebbe essere costretto all’uso della forza per necessità di legittima difesa. Non fa ritorsioni per le offese subite; non solo perdona ogni singola volta, ma accetta gli altri così come sono, con il rischio di dover subire ulteriori danni dalla convivenza con loro.
Educa se stesso e gli altri al rispetto del pluralismo religioso, culturale, sociale e politico. Assume un sobrio tenore di vita, per poter condividere i beni della terra. Fa il possibile per attivare il dialogo e la solidarietà a tutti i livelli, dai rapporti interpersonali ai complessi problemi internazionali dello sviluppo e del disarmo.
«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). I cristiani con impegno perseverante edificano la pace, come immagine, anticipo e profezia di quella del regno di Dio. Testimoni operosi e credibili di Cristo «nostra pace» (Ef 2,14), gli consentono di manifestarsi come Salvatore presente nella storia fino a quando giungerà il compimento completo e definitivo.
| CdA, 1040 CONFRONTAVAI |