CATECHISMO DEGLI ADULTI
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La ricchezza diventa padrona, quando uno ripone in essa la misura del proprio valore e la sicurezza della vita: «Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni» (Lc 12,15).
Si tratta di un pericolo molto concreto. Il giovane ricco non riesce a liberarsi dei suoi averi; volta le spalle a Gesù e se ne va triste
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CATECHISMO DEGLI ADULTI
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La “disumana ricchezza” nella Bibbia
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La condanna della ricchezza disumana attraversa tutto l’Antico Testamento. L’avidità rende ansiosi di accumulare, magari con la frode e la prepotenza; sfrutta i poveri o li umilia con lo spreco ostentato. I ricchi confidano nei loro mezzi; non si curano di Dio, lo dimenticano e lo rinnegano. «L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono» (Sal 49,21). «Chi confida nella propria ricchezza cadrà» (Pr 11,28).
Nel Nuovo Testamento, Gesù invita a confidare in Dio, Padre sempre premuroso e vicino, e a vivere nel presente liberi dall’ansia per il domani. L’uomo vale assai più dei beni materiali e del potere. È stoltezza far dipendere il proprio valore e la propria salvezza dalla ricchezza accumulata. La salvezza, come il Maestro sottolinea in casa delle due sorelle Marta e Maria, viene dall’abbandono fiducioso alla parola di Dio e non dall’attivismo pieno di affanni
Lavoro e ricchezza, pur essendo certamente dei beni, non danno senso alla vita. Sono essi piuttosto a ricevere senso dalla comunione con Dio e con i fratelli. Il cristiano si guarda dalla bramosia del possesso, da «quella avarizia insaziabile che è idolatria» (Col 3,5); lavora in pace, vive con sobrietà. Chi eccelle solo per l’entità di guadagni o dei consumi non costituisce per lui un modello; gli appare carente di umanità e schiavo delle cose, posseduto dalle ricchezze più che capace di possederle
Cf. San Basilio di Cesarea, Sui ricchi; Sant’Ambrogio, La storia di Nabot, 13, 54. San Basilio di Cesarea, Sull’avarizia, 6. | CdA, 146 CONFRONTAVAI |