CATECHISMO DEGLI ADULTI
Settimo comandamento
[887]
Il settimo comandamento “Non rubare” educa al corretto uso delle cose materiali nella relazione con gli altri, alla luce del primato di Dio e della carità fraterna. Proibisce di offendere il prossimo usurpando o danneggiando i suoi beni. Prescrive l’osservanza della giustizia, esigendo che si rispettino sia l’universale destinazione dei beni sia il diritto alla proprietà privata. Promuove la solidarietà tra le persone e tra i popoli, con una speciale attenzione ai poveri, nel rispetto dell’integrità del creato.
| CCC, 2401-2449CdA, 1112-1143 CONFRONTAVAI |
CATECHISMO DEGLI ADULTI
1112 - 1143
Dimensione costitutiva dell’uomo
[1113] In alcuni paesi, tra cui il nostro, l’eccezionale sviluppo scientifico, tecnico, economico degli ultimi due secoli ha prodotto una situazione di prosperità. Si accumulano capitali, tecnologia, esperienza imprenditoriale e amministrativa, redditi, consumi. È la civiltà del lavoro e del benessere, ricca di valori e di ambiguità, le cui radici traggono alimento dalla stessa tradizione cristiana.
| CCC, 307CCC 373CCC 2415 |
[1114]
Il lavoro, finalizzato a prendere possesso dell’ambiente, è per la Bibbia una dimensione costitutiva dell’uomo, come la sessualità e la socialità: «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra”» (Gen 1,27-28).
Avendo creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, Dio non lo chiama solo a lavorare, ma anche a riposare. Egli infatti, nel realizzare l’opera della creazione, lavora e riposa
Soggiogare la terra e dominare gli animali dell’acqua, dell’aria e del suolo vuol dire prendere possesso dell’ambiente e governarlo. Lo stesso concetto esprimono le immagini di custodire e coltivare il giardino e di imporre il nome a tutti gli animali. Si tratta di rispettare l’ordine posto in essere dal Creatore e di svilupparlo a proprio vantaggio, scoprendo progressivamente e usando con responsabilità le risorse della natura, per soddisfare i bisogni propri, della famiglia e della società. È l’impresa grandiosa della scienza e del lavoro per umanizzare il mondo, farne la degna dimora dell’uomo, una casa di libertà e di pace.
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Valore sfigurato e restaurato
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Il credente accoglie le creature come dono dalle mani di Dio, come beni adatti a soddisfare i bisogni dell’uomo, ad accrescere le sue possibilità di vita. Secondo la Bibbia, le ricchezze sono una benedizione del Signore, anche se di minore importanza rispetto ad altri benefici, quali la sapienza, la giustizia, la pace dell’anima. Disprezzarle sarebbe meschinità di spirito, forse invidia e risentimento.
Lavoro e possesso vengono sfigurati dal peccato, ma la valutazione di fondo resta positiva. Fatica, amarezza e rischio di sterilità fanno sentire il loro peso: «Maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te... Con il sudore del tuo volto mangerai il pane» (Gen 3,17-19). Ma questa maledizione non annulla la benedizione originaria. Il lavoro diventa un bene arduo, ma resta pur sempre un bene, via insostituibile per affermare la dignità dell’uomo e il suo primato sul mondo visibile. Anzi la difficoltà costituisce una sfida e un’occasione per crescere in umanità. Di qui l’alta considerazione che la Bibbia e la tradizione cristiana riservano alla virtù della laboriosità.
Ma la laboriosità, per essere autentica, deve accompagnarsi con l’impegno per la giustizia, per un ordine economico-sociale in cui il lavoratore resti soggetto libero, signore e non schiavo. Il peccato crea un disordine strutturale, che tende a ridurre l’uomo a puro strumento di produzione, a forza lavoro. Gli ebrei in Egitto vengono assoggettati a un lavoro duro, monotono e sfruttato, un lavoro senza senso e senza riposo. Dio però libera gli oppressi, restituisce un senso al lavoro e concede il riposo
| CCC, 400 |
[1117]
Il Signore Gesù, con la sua umile fatica di operaio, il suo ministero pubblico e la sua croce e risurrezione, risana e perfeziona definitivamente la dignità e il primato della persona umana anche nell’ambito del lavoro. La Chiesa ne è consapevole fin dalle origini: «Non c’è più schiavo né libero..., poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28); «Lo schiavo che è stato chiamato nel Signore, è un liberto affrancato del Signore» (1Cor 7,22). Il lavoro assume un più alto significato: «Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che come ricompensa riceverete dal Signore l’eredità» (Col 3,23-24).
Chi lavora con amore, nel rispetto della dignità di ogni persona, non solo contribuisce al progresso terreno, ma anche alla crescita del regno di Dio. Prolunga l’opera del Creatore e coopera all’attuazione del disegno della Provvidenza nella storia, associandosi al Cristo redentore
Cf.Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 34. |
Il tempo libero
[1118] Oggi il tempo lasciato libero dal lavoro produttivo è cresciuto notevolmente dal punto di vista quantitativo ed è destinato a crescere ancora. È un fenomeno di per sé positivo. Il tempo libero risponde a un bisogno profondo della persona ed è una realtà che ha in se stessa il proprio scopo e valore, in quanto espressione di creatività, convivialità e spiritualità. Sua destinazione dovrebbero essere la preghiera personale e comunitaria, la formazione culturale, la contemplazione della natura e dell’arte, la ricreazione e il gioco, la famiglia, l’amicizia, la solidarietà sociale.
Purtroppo la logica della produzione e del profitto invade anche il tempo libero e soffoca la creatività personale. Ne derivano insoddisfazione e tensione, tanto che si avverte la necessità di “liberare” il tempo libero. Occorre una saggia educazione al turismo, al divertimento, allo sport, all’uso dei mezzi della comunicazione sociale.
| CdA, 658 CONFRONTAVAI CdA 883 CONFRONTAVAI |
[1119] «Sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro... Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo» (Es 20,9-11).
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La “disumana ricchezza” nella Bibbia
[1121]
La condanna della ricchezza disumana attraversa tutto l’Antico Testamento. L’avidità rende ansiosi di accumulare, magari con la frode e la prepotenza; sfrutta i poveri o li umilia con lo spreco ostentato. I ricchi confidano nei loro mezzi; non si curano di Dio, lo dimenticano e lo rinnegano. «L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono» (Sal 49,21). «Chi confida nella propria ricchezza cadrà» (Pr 11,28).
Nel Nuovo Testamento, Gesù invita a confidare in Dio, Padre sempre premuroso e vicino, e a vivere nel presente liberi dall’ansia per il domani. L’uomo vale assai più dei beni materiali e del potere. È stoltezza far dipendere il proprio valore e la propria salvezza dalla ricchezza accumulata. La salvezza, come il Maestro sottolinea in casa delle due sorelle Marta e Maria, viene dall’abbandono fiducioso alla parola di Dio e non dall’attivismo pieno di affanni
Lavoro e ricchezza, pur essendo certamente dei beni, non danno senso alla vita. Sono essi piuttosto a ricevere senso dalla comunione con Dio e con i fratelli. Il cristiano si guarda dalla bramosia del possesso, da «quella avarizia insaziabile che è idolatria» (Col 3,5); lavora in pace, vive con sobrietà. Chi eccelle solo per l’entità di guadagni o dei consumi non costituisce per lui un modello; gli appare carente di umanità e schiavo delle cose, posseduto dalle ricchezze più che capace di possederle
Cf. San Basilio di Cesarea, Sui ricchi; Sant’Ambrogio, La storia di Nabot, 13, 54. San Basilio di Cesarea, Sull’avarizia, 6. | CdA, 146 CONFRONTAVAI |
[1122]
Il cristiano, al contrario, è convinto che «diviene più ricco l’uomo misericordioso, quando comincia ad avere di meno per donare ai poveri»
San Massimo di Torino,Discorsi, 71, 44. | CdA, 147 CONFRONTAVAI |
Economia di comunione
[1124] I beni di questo mondo possono rendere il cuore insensibile a Dio e al prossimo, ma possono anche diventare strumento di comunione.
L’Antico Testamento riconosce il diritto alla proprietà privata e comanda di non rubare, non desiderare i beni del prossimo e non spostare i confini in maniera fraudolenta
Gesù urge con forza questa esigenza: «Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma» (Lc 12,33). Chi si converte, come il pubblicano Zaccheo, dona almeno una parte consistente dei suoi beni
L’apostolo Paolo esorta i cristiani a lavorare alacremente, per non essere di peso agli altri
La circolazione dei beni materiali contribuisce all’edificazione della comunità: «È con i nostri patrimoni che diventiamo fratelli»
Tertulliano, Apologetico, 39, 10. |
La condivisione nella Chiesa delle origini
[1128] La condivisione dei beni materiali è importante anche per la vita e la missione della Chiesa.
Già durante la vita pubblica di Gesù, la comunità dei discepoli al suo seguito tiene una cassa comune, per il necessario sostentamento e per la beneficenza verso i poveri
Cf. San Giustino,Prima apologia, 67, 6. |
Retribuzione e condizioni di lavoro
[1135]
La retribuzione deve «garantire i mezzi sufficienti per permettere al singolo e alla sua famiglia una vita dignitosa su un piano materiale, sociale, culturale e spirituale, corrispondentemente al tipo di attività e grado di rendimento economico di ciascuno, nonché alle condizioni dell’impresa e al bene comune»
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 67. I contributi e le prestazioni sociali, come assegni familiari, assistenza sanitaria, pensione di invalidità e vecchiaia, assicurazioni varie, sono vie facilmente praticabili per ridurre gli squilibri e ridistribuire il reddito.
Oltre il giusto trattamento economico, bisogna assicurare ai lavoratori una dignitosa qualità della vita: orari e ritmi di lavoro ragionevoli, garanzie per la salute e l’incolumità, riposo e ferie.
| CCC, 1867 |
Uso rispettoso della natura
[1141]
Il compito di prendere possesso e governare, affidatoci dal Creatore, non giustifica la prassi aggressiva e spoliatrice. Dio non ci ha consegnato una materia informe, ma un mondo già buono e bello: ben sette volte lo ripete il ritornello nel primo racconto della creazione
Analogo è il messaggio del secondo racconto della creazione. Dio affida all’uomo il giardino perché lo custodisca e lo coltivi e imponga il nome a ogni cosa, cioè le dia un ordine ulteriore
Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 43.
L’uomo è chiamato a perfezionare la natura. Purtroppo con il peccato vi introduce il disordine, la «schiavitù della corruzione» (Rm 8,21). «Si giura, si mentisce, si uccide, si ruba... Per questo è in lutto il paese e chiunque vi abita langue insieme con gli animali della terra e con gli uccelli del cielo; perfino i pesci del mare periranno» (Os 4,2-3). Invece di edificare una degna dimora, si rischia di rendere la terra inabitabile.
In virtù della redenzione l’uomo ritrova l’armonia con la natura. «Infine in noi sarà infuso uno spirito dall’alto; allora il deserto diventerà un giardino... e la giustizia regnerà nel giardino. Effetto della giustizia sarà la pace... Il mio popolo abiterà in una dimora di pace» (Is 32,15-18). Il cristiano è chiamato a testimoniare, con il suo impegno ecologico, la speranza che il mondo creato, in un modo che a noi sfugge, entrerà «nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21).
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[1143] Il lavoro umano, essendo una cooperazione all’azione creatrice e ordinatrice di Dio, non deve distruggere ma sviluppare l’ordine posto dalla divina Sapienza nel mondo creato. La natura può e deve essere utilizzata a scopi umani, ma deve anche essere contemplata e rispettata: allora essa diventa davvero «una dimora di pace» (Is 32,18).
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