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CONFRONTA I TESTI DEI CATECHISMI

CATECHISMO DEGLI ADULTI

Ottavo comandamento
[888]  L’ottavo comandamento “Non dire falsa testimonianza” chiama al servizio della verità. Proibisce, quindi, di tradirla nella relazione con gli altri, attraverso la menzogna, l’inganno, la calunnia, la maldicenza, la diffusione dell’errore, la violazione del segreto, l’uso distorto dei mezzi di comunicazione sociale. Le offese alla verità, con parole e azioni, denotano una mancanza di rettitudine morale e comportano una infedeltà all’alleanza con Dio, che è Verità.
CCC, 2464-2503CdA, 1144-1166
CONFRONTAVAI
CATECHISMO DEGLI ADULTI
1144 - 1166

[1144] Al di là dei rapporti economici, gli uomini s’incontrano attraverso la comunicazione dei loro mondi interiori. I cristiani, consapevoli di dover manifestare la verità nella carità, danno il loro contributo per creare una cultura ricca di valori, che faccia crescere l’uomo. Avvertono l’urgenza di una presenza incisiva negli ambiti principali della cultura. A tutti i livelli della convivenza cercano di sviluppare uno spirito di comunione e di pace.
Dinamismo della comunicazione
[1145]  Oltre lo scambio dei beni materiali e dei servizi utili, che 30-550.png costituisce l’ambito del lavoro e dell’economia, gli uomini attuano lo scambio linguistico-simbolico, con cui si comunicano beni spirituali, cioè conoscenze, valori, affetti, capacità operative, e si danno un patrimonio culturale comune. Le due dinamiche di scambio si compenetrano tra loro e attraversano tutte le formazioni sociali, dalla famiglia alla comunità internazionale. Inserite attivamente in questo processo, le persone sviluppano la loro identità, in base a quello che vedono, odono, dicono e condividono.
Oggi la comunicazione si infittisce, si estende e si fa sempre più rapida. Siamo immersi in un universo di parole e di immagini. Le nuove tecnologie consentono di accumulare, elaborare, diffondere e utilizzare con facilità un’enorme quantità di dati, riducendo in larga misura la fatica intellettuale e fisica. Eppure rimane la difficoltà di intendersi e di convivere; forse cresce la solitudine. Perché questa situazione paradossale? Come può essere risanata?
Uso strumentale della comunicazione
[1146]  Si tratta di una malattia che ha radici antiche, anche se oggi si manifesta in forme inedite e complesse. Secondo il racconto biblico della torre di Babele, gli uomini, mossi da desiderio di potere, perseguono l’unità politica, economica, culturale e religiosa: un’unità monolitica, contraria alla volontà di Dio e alla dignità dell’uomo, che esigono invece il rispetto dell’originalità e della diversità delle persone e dei popoli. Il progetto fallisce nella confusione e nella discordia. La comunicazione non riesce quando è finalizzata al dominio, anziché alla comunione
nota
Cf. Gen 11,1-9.
.
A una conclusione analoga ci porta l’esortazione della Lettera di Giacomo nel Nuovo Testamento. Secondo questo testo, l’ambizione egoistica si infiltra come un veleno perfino nella comunicazione religiosa e provoca disordine, contesa, amarezza. Si parla di Dio in modo aggressivo; si pretende di lodarlo, offendendo il prossimo. Assurda contraddizione, come volere «far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara» (Gc 3,11).
L’inautenticità sembra dunque derivare da un uso strumentale dell’informazione. Si comunica non per incontrare gli altri, ma per prevalere su di loro, per conquistarli. Ciò induce diffidenza e bisogno di difesa. Di qui le tensioni nei rapporti interpersonali e sociali, le ambiguità, le divisioni. Numerosi disordini, più o meno gravi, sfigurano la comunicazione umana: incapacità di ascoltare e di parlare, diffusione di errori e falsi valori, menzogna, inganno, calunnia, maldicenza, violazione del segreto.
La comunicazione risanata
[1147]  Il Cristo redentore viene a guarire l’uomo anche in questa sua dimensione fondamentale. La grazia di Pentecoste risana la confusione di Babele. Il fuoco dello Spirito scende in figura di lingue, simbolo della comunicazione umana: «Apparvero loro lingue come di fuoco» (At 2,3). I discepoli parlano e sono compresi in lingue diverse; comunicano «la verità nella carità» (Ef 4,15), nel rispetto delle persone e delle culture. Non è la volontà di potenza dell’uomo, ma il dono di Dio a edificare la genuina unità, che mantiene, anzi valorizza il pluralismo.
I cristiani sono consapevoli di appartenere l’uno all’altro, come membra dello stesso corpo; perciò sono portati dalla carità a evitare i peccati che avvelenano la vita sociale: ingiuria, maldicenza, menzogna. Non impongono neppure la verità, ma la propongono, rispettando pienamente la libertà di coscienza
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Dignitatis humanae, 2; 3.
: «La sapienza che viene dall’alto è anzitutto pura; poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti» (Gc 3,17). Nei rapporti con i non cristiani devono essere sempre pronti a rispondere a chiunque domandi ragione della loro speranza, ma «con dolcezza e rispetto» (1Pt 3,15).
Devono anzi essere disponibili ad accogliere i valori culturali degli altri, nella misura in cui sono autentici, a farsi “tutto a tutti per salvare ad ogni costo qualcuno” (1Cor 9,22).
Reciprocità della comunicazione
[1148]  Ogni persona è un mistero da rispettare. Deve essere accostata con 30-552.pnggradualità, umiltà e pazienza, in modo da ispirare fiducia. Il dialogo deve essere benevolo e attento a ciò che l’altro sta vivendo, in modo da incoraggiarlo a rispondere attivamente, per crescere insieme nella verità e nel bene. La comunicazione è dono e accoglienza; si può dire riuscita solo quando è reciproca. Anche in questo Gesù è modello esemplare. All’annuncio aperto del regno di Dio, che sta venendo mediante la sua persona e la sua prassi, egli aggiunge il dialogo, in cui fa appello alla razionalità delle persone, a quello che già credono, per aiutarli a crescere nella verità. Le stesse parabole, così caratteristiche del suo insegnamento, si presentano come un racconto e un’argomentazione nello stesso tempo, per far leva sull’esperienza degli interlocutori e sgombrare il campo dai pregiudizi.
Veracità
[1149]  La veracità cristiana è contemporaneamente fedeltà alla dignità dell’uomo e alla verità. Il significato originario dell’ottavo comandamento si limita a proibire la falsa testimonianza contro il prossimo in tribunale
nota
Cf. Es 20,16.
; ma altri testi biblici estendono il divieto a qualsiasi frode che possa recar danno; anzi arrivano a riprovare la menzogna in genere, in quanto corrode l’affidabilità delle relazioni umane: «Sia il vostro parlare sì, sì; no, no» (Mt 5,37); «Il vostro “sì” sia sì, e il vostro “no” no» (Gc 5,12).
La veracità è anche fedeltà a se stessi, alla propria identità. Ognuno è chiamato a cercare, accogliere e praticare la verità. La libertà è per la verità, resistendo alla eventuale pressione contraria degli istinti e dell’ambiente sociale. Quando si tratta di testimoniare valori decisivi, come la fede in Dio, la coerenza deve essere mantenuta fino al martirio.
CdA, 888
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Il cristianesimo religione della comunicazione
[1150] La comunicazione, intesa in termini generali, si riferisce a molti ambiti di esperienza personale e sociale. Nell’ottica cristiana si può estendere fino a diventare una chiave di lettura per tutta la realtà.
Gesù Cristo è il Verbo incarnato, l’autocomunicazione personale di Dio, umile e splendida allo stesso tempo. Tutta la sua esistenza è una parola di amore, che Dio rivolge agli uomini. Non solo il suo insegnamento orale, ma anche i gesti e gli avvenimenti, specialmente la morte e la risurrezione, sono parole rivolte a noi.
Dal principio alla fine la storia della salvezza è comunicazione: «Dio che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1-2). La Chiesa è parola vissuta e trasmessa, tradizione vivente. Il mondo creato esiste in virtù della parola di Dio
nota
Cf. Gv 1,3.
; è un discorso che Dio sta facendo, una rete di relazioni, dove ogni cosa rimanda a qualcos’altro. Dio stesso, uno in tre persone, è nella sua intimità comunicazione perfetta ed eterna.
L’uomo fatto a immagine di Dio nasce e si sviluppa dentro un’incessante comunicazione, che costituisce la società e la storia. Per lui vivere è comunicare: con la parola e con il silenzio, con i gesti e con i modi di vestire, perfino con l’indifferenza e con il rifiuto. Quando commette il peccato, comunica ancora, sebbene in modo disordinato e inautentico. Quando invece dialoga con Dio e con gli altri nella verità e nell’amore, attua una comunicazione che lo fa crescere come persona.
L’interpretazione globale della realtà come comunicazione è molto significativa nella nostra epoca, caratterizzata dallo sviluppo dei mezzi di comunicazione sociale e dalla rivoluzione informatica. Lo sarà ancor più in un futuro non lontano, intessuto di relazioni sempre più frequenti, rapide, estese.
[1151] La comunicazione è un processo con cui le persone e le comunità si scambiano i beni spirituali. È autentica se rispetta la verità e promuove la dignità dell’uomo.
Persona e cultura
[1152]  Nel dinamismo della comunicazione umana si forma e si trasmette la cultura. Le persone contribuiscono a crearla con le loro decisioni e ne sono condizionate nell’esercizio della loro libertà. La cultura è il loro ambiente storico, un bene importante come la salute fisica, la sicurezza affettiva, l’autosufficienza economica. Promuovere una cultura ricca di valori è promuovere l’uomo. Il cristiano è mosso dalla carità a servire la persona e la società attraverso la creazione e la trasmissione della cultura
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 44.
.
L’attività culturale
[1153]  L’uomo non ha istinti innati e sicuri come gli animali. Impara a vivere, assimilando ed elaborando l’eredità che riceve dalle generazioni passate e l’apporto dei suoi contemporanei
nota
Cf. Paolo VI, Populorum progressio, 17.
, inserendosi attivamente in un processo di comunicazione interpersonale e sociale
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 53.
.
Attività culturale è l’inesauribile impegno, individuale e collettivo, con cui gli uomini coltivano se stessi, cioè «cercano di migliorare le proprie condizioni di vita»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 34.
. Essi sviluppano le proprie conoscenze e capacità operative, mentre trasformano la natura, organizzano la convivenza sociale, interpretano la realtà ed esprimono le loro esperienze spirituali
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 35; 37.
.
La cultura oggettiva
[1154]  In un gruppo umano molti soggetti che parlano creano a poco a poco una lingua. Così, più globalmente, molti soggetti che comunicano e cooperano creano una cultura, cioè un insieme organico di significati e di forme, un loro «modo di fare uso delle cose, di lavorare, di esprimersi, di praticare la religione e di formare costumi, di fare le leggi e creare gli istituti giuridici, di sviluppare le scienze e le arti e di coltivare il bello»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 53.
, un loro stile di vita e una loro scala di valori.
La cultura è un sistema di elementi in relazione tra loro e in continua evoluzione storica: elementi interpretativi come la lingua, la letteratura, l’arte, lo spettacolo, la scienza, la filosofia, l’etica, la religione; elementi sociali come i costumi, le leggi, le istituzioni; elementi operativi come la tecnica, l’economia, i manufatti. Vi si incarnano il senso generale della vita e le esperienze fondamentali della famiglia, dell’amicizia, della convivenza, del lavoro, della bellezza, della sofferenza, della morte e della divinità. Ogni popolo vi trova la sua identità, la sua anima collettiva, il suo patrimonio prezioso accumulato di generazione in generazione
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 44.
.
Le culture sono molte e questa varietà è voluta da Dio, come un riflesso della sua multiforme sapienza. I tentativi di colonizzazione forzata sono contrari alla dignità delle persone e dei popoli. Le minoranze culturali hanno diritto a speciale rispetto e sostegno. Tuttavia le culture devono mantenersi aperte e integrarsi liberamente tra loro, attivando uno scambio e un dialogo incessante.
Fede e cultura
[1155] Una cultura consapevole dei suoi limiti e disponibile alla ricerca non solo è feconda, ma anche adatta a ricevere il vangelo. Viceversa una cultura chiusa nella propria autosufficienza rende più difficile l’adesione a Cristo, a prescindere dal fatto che sia di qualità rozza o raffinata.
L’evangelizzazione, da parte sua, se vuole essere efficace, deve inserirsi nella cultura e negli interessi vitali di ogni popolo, ovviamente senza tradire la verità del messaggio cristiano. «L’evangelizzazione perde molto della sua forza e della sua efficacia se non tiene in considerazione il popolo concreto al quale si rivolge, se non utilizza la sua lingua, i suoi segni e simboli, se non risponde ai problemi da esso posti, se non interessa la sua vita reale. Ma d’altra parte l’evangelizzazione rischia di perdere la propria anima e di svanire, se il suo contenuto resta svuotato o snaturato col pretesto di tradurlo»
nota
Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 63.
.
Penetrando in un determinato mondo culturale, il vangelo lo trasforma profondamente dall’interno, valorizza gli elementi positivi e contesta quelli negativi. Evangelizzare significa «portare la buona novella in tutti gli strati dell’umanità e... rendere nuova l’umanità stessa..., raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti d’interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità, che sono in contrasto con la parola di Dio e con il disegno della salvezza»
nota
Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 18-19.
. «Indipendenti di fronte alle culture, il vangelo e l’evangelizzazione non sono necessariamente incompatibili con esse, ma capaci di impregnarle tutte, senza asservirsi ad alcuna»
nota
Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 20.
.
[1156] Dio comunica con l’uomo in modo umano secondo una dinamica di incarnazione, il divino si esprime nell’umano e l’umano viene assunto nel divino. La parola di Dio non si confonde con la cultura; ma neppure si separa da essa.
30-555.pngSempre viene a noi, inserita in qualche forma culturale, e si trasmette da una cultura all’altra attraverso un processo di donazione e di accoglienza, di purificazione e di rinnovamento, esplicitando sempre più la sua inesauribile ricchezza di significato e di vita.
“Solo all’interno e tramite la cultura la fede cristiana diventa storica e creatrice di storia”
nota
Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 44.
, rielaborando il patrimonio precedente, sviluppando idee e opere nuove.
L’unica fede si incarna in culture diverse. E queste in varia misura possono dirsi cristiane. Al loro interno assumono forme peculiari anche le espressioni più direttamente ecclesiali: formulazioni dottrinali, scelte pastorali, riti liturgici e devozioni popolari.
Nel mondo occidentale contemporaneo l’eredità culturale della modernità convive con la nuova mentalità postmoderna, caratterizzata dal disorientamento riguardo alla verità e ai valori, dalla diffidenza per le teorie e i progetti totalizzanti, dal ripiegamento sulle esperienze frammentarie, individuali, provvisorie.
In tale contesto l’evangelizzazione esige molteplici attenzioni: liberarsi da rappresentazioni e comportamenti legati a epoche passate, accogliere, contestandone però le interpretazioni ambigue e unilaterali, i valori della modernità, che del resto hanno radici cristiane, come i diritti dell’uomo, la pari dignità della donna, la giusta autonomia delle realtà terrene; tenere desto il dialogo sul mistero dell’uomo e sulla necessità di ancorare la libertà alla verità; proporre la verità di Cristo, che coincide con la carità, mediante l’esperienza vissuta dell’amore reciproco e dell’amore preferenziale ai poveri, perché la sua bellezza desti meraviglia e dia significato ad ogni dimensione della vita; sviluppare una solida identità cristiana, aperta però a dialogare con tutti, a dare e a ricevere, a rinnovarsi incessantemente; favorire lo scambio tra le culture, aprendole ai valori universali, in modo che si possa formare una cultura planetaria, in cui le singole identità culturali siano rispettate e valorizzate. Assumendo tali atteggiamenti, i cristiani testimoniano che i beni dell’uomo hanno il loro ultimo fondamento in Cristo e che “tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui… e tutte sussistono in lui” (Col 1, 16-17).
[1157] La cultura è un bene fondamentale, necessario alla vita e alla crescita dell’uomo, un patrimonio comune dal quale ogni persona attinge e al quale porta il suo contributo.
Ogni cultura è chiamata ad aprirsi al dialogo interculturale e all’incontro con il vangelo.
Presenza coerente e competente
[1158] I cristiani, e particolarmente i fedeli laici, sono chiamati ad essere presenti, con competenza, coerenza e creatività, dove si elabora e si trasmette principalmente il patrimonio culturale, cioè nella ricerca scientifica e tecnica, nell’arte, nella scuola, nelle comunicazioni sociali. Dispiegando la multiforme fecondità della fede, potranno testimoniare in modo credibile che la salvezza è già operante nella storia.
nella scienza
[1159]  Alla scienza i credenti riconoscono dignità e consistenza proprie. Chi con umiltà e rigore metodologico si sforza di esplorare i segreti della realtà, anche se non se ne rende conto, «viene condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 36.
. Le conquiste dell’intelligenza umana «sono segno della grandezza di Dio e frutto del suo ineffabile disegno»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 34.
. Le osservazioni e scoperte obiettive non sono mai in contrasto con la dottrina della fede. I conflitti nascono quando i credenti confondono una certa cultura del passato con la fede o quando gli scienziati assolutizzano il metodo scientifico come unico approccio valido alla realtà ed elaborano visioni generali del mondo riduttive e distorte: non la scienza è incompatibile con la fede, ma l’idolatria della scienza.
Infine bisogna aggiungere che la ricerca scientifica e più ancora le sue applicazioni tecnologiche devono essere finalizzate a obiettivi degni dell’uomo e non trasformarsi in strumenti di manipolazione e di oppressione. Il potere conferito dalla scienza esige grande senso di responsabilità: non tutto ciò che è tecnicamente fattibile lo è anche eticamente.
nell’arte
[1160] Il linguaggio simbolico dell’arte è particolarmente idoneo a esprimere il mistero dell’uomo e il mistero di Dio. Sulla scia di una gloriosa tradizione, non può non attirare l’attenzione dei cristiani. L’autentica opera d’arte è lode di Dio e dono prezioso per la comunità, anche a prescindere dalle ulteriori valenze educative e religiose che spesso possiede. Il suo contenuto è il mondo interiore delle intuizioni e dei sentimenti, trasfigurato da un certo distacco contemplativo e oggettivato in una forma adatta a renderlo condivisibile, perché altri lo contemplino con gioia.
Occorre invece vigilare nei confronti di quanto, per fini spesso puramente commerciali, si vuol far passare come prodotto artistico senza che lo sia, costituendo al contrario minaccia ai valori morali, stimolo alla violenza, pornografia. Il cristiano non si limita a resistere a tali suggestioni, ma si adopera perché la società riconosca un minimo di valori comuni e li difenda con una disciplina ragionevole e ferma.
nella scuola
[1161]  Nella scuola i cristiani si mettono a servizio della crescita integrale 30-557.pngdell’uomo. Hanno cura che questa istituzione, deputata alla elaborazione e trasmissione critica della cultura, non dia soltanto nozioni e strumenti operativi, ma anche ragioni per vivere e valori di riferimento per la libertà. Promuovono un sincero dialogo educativo, in cui l’educatore, con attenzione piena di simpatia, valorizzi le energie interiori degli alunni, faccia emergere le domande, prospetti nuovi orizzonti, si lasci egli stesso educare. Con San Giovanni Bosco sono persuasi «che l’educazione è cosa del cuore e che Dio solo ne è il padrone»
nota
San Giovanni Bosco, Epistolario, 4, 209.
.
Sul piano istituzionale i cristiani si adoperano per favorire l’autonomia di ogni comunità scolastica e in particolare per promuovere il diritto delle famiglie a scegliere liberamente la scuola desiderata, senza discriminazioni e senza ulteriori oneri. L’educazione dei figli è diritto-dovere dei genitori. Le altre istituzioni e formazioni sociali hanno al riguardo soltanto funzione di sostegno, integrazione e controllo. Del resto una pluralità di scuole è un vantaggio per tutta la società: evita l’appiattimento culturale e consente di verificare la fecondità delle varie proposte formative.
negli strumenti della comunicazione sociale
[1162] Per quanto riguarda le comunicazioni sociali, i cristiani e le comunità ecclesiali devono innanzitutto essere consapevoli del loro potere, in bene e in male. Stampa, cinema, radio, televisione e altri mezzi audiovisivi ormai non sono più semplici strumenti, ma un ambiente nel quale siamo immersi. Tecnicamente sempre più perfetti, mettono a disposizione una prodigiosa quantità di informazioni, avvicinano persone e popoli quasi fossero un unico villaggio, attivano una continua e rapida trasformazione culturale. Danno ai comunicatori l’immenso potere di condizionare milioni e milioni di recettori e di formare quel fenomeno complesso che è l’opinione pubblica, capace, a prescindere dalla sua fondatezza, di influire pesantemente sulle opinioni individuali.
In tale contesto si insinua facilmente la tentazione di conquistare il consenso della gente e di manipolarlo secondo i propri obiettivi. Anziché far maturare convinzioni razionalmente motivate, si fa leva sugli istinti e sulle emozioni per imporre opinioni e comportamenti. Notizie, persone e modelli di vita si riducono a prodotti da vendere e strumenti di potere. Va in primo piano ciò che eccita e impressiona, non ciò che ha valore. L’informazione indulge all’effimero, al sensazionale, allo scandalistico. Pubblicità e propaganda invadono e ingombrano con le loro ambigue suggestioni gli spazi della vita.
La coerenza cristiana esige che i comunicatori esercitino la loro professione secondo una logica di servizio alla gente e al suo diritto alla verità. Hanno il dovere di non tacere e non deformare i fatti e di evidenziare il punto di vista in base al quale esprimono le loro valutazioni, necessariamente parziali. Non devono rinunciare, per amore del quieto vivere, a esercitare una funzione critica, secondo la loro coscienza. D’altra parte i recettori dovrebbero assumere un atteggiamento vigile di discernimento, pronti anche a far sentire la loro voce attraverso i canali opportuni.
Al potere politico spetta il compito di sostenere la libertà effettiva dei cittadini e dei gruppi sociali in campo culturale. Esso deve tutelare il pluralismo dell’informazione, perché l’opinione pubblica possa formarsi liberamente e documentarsi. Occorre evitare che ristrette oligarchie si spartiscano le agenzie di produzione e di distribuzione; semmai bisogna privilegiare i soggetti sociali senza scopo di lucro.
La comunità cristiana trova nei mezzi di comunicazione uno strumento prezioso per l’evangelizzazione, per la comunicazione intraecclesiale, per la giusta risonanza da dare alle esperienze umanamente positive. Il giornalismo cattolico è chiamato a mettere la sua competenza professionale soprattutto a servizio dei testimoni e dei fatti significativi della vita. La “buona notizia” passa attraverso la diffusione della conoscenza del bene e attraverso la formazione di coscienze libere e responsabili.
[1163] Il cristiano è consapevole di avere una speciale responsabilità negli ambiti deputati a elaborare e a trasmettere la cultura: scienza, arte, scuola, comunicazioni sociali.
La comunione nelle dimensioni della vita
[1164]  «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate...» (Gen 1,28): la benedizione originaria di Dio sul genere umano prospetta un cammino storico caratterizzato dai valori della famiglia e della socialità, del lavoro e della cultura. Il peccato sfigura queste dimensioni costitutive 30-559.png dell’uomo, introducendovi il desiderio sfrenato ed egoistico di emergere, possedere e godere; ne fa così un luogo di oppressione e di divisione. La grazia della redenzione riapre la via per attuare la vocazione terrena ed eterna. La riapre per tutti. Ma il cristiano, che aderisce consapevolmente al Salvatore nella comunità dei suoi discepoli e riceve il dono sacramentale dello Spirito Santo, è particolarmente abilitato a fare della vita familiare, sociale, economica e culturale un luogo di comunione e di pace. Pace nel suo significato biblico comporta integrità, pienezza, totalità di vita. Nasce dal rapporto ordinato con Dio, con il prossimo, con le cose e con noi stessi.
Della pace del regno di Dio è frutto e figura quella della società. Giovanni XXIII la presenta come «un ordine fondato sulla verità, attuato secondo giustizia, vivificato e integrato dall’amore, ricomposto nella libertà in equilibri sempre nuovi e più umani»
nota
Giovanni XXIII, Pacem in terris, 18.
. Come si vede, si tratta soprattutto di un fatto spirituale e culturale.
Operatori di pace
[1165] Il cristiano costruisce la pace a partire dal suo ambiente personale. Sceglie di non percorrere mai la via della violenza per affermare la verità e il bene: sa che non è lecito servirsi del male in vista di obiettivi positivi. Al più potrebbe essere costretto all’uso della forza per necessità di legittima difesa. Non fa ritorsioni per le offese subite; non solo perdona ogni singola volta, ma accetta gli altri così come sono, con il rischio di dover subire ulteriori danni dalla convivenza con loro.
Educa se stesso e gli altri al rispetto del pluralismo religioso, culturale, sociale e politico. Assume un sobrio tenore di vita, per poter condividere i beni della terra. Fa il possibile per attivare il dialogo e la solidarietà a tutti i livelli, dai rapporti interpersonali ai complessi problemi internazionali dello sviluppo e del disarmo.
«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). I cristiani con impegno perseverante edificano la pace, come immagine, anticipo e profezia di quella del regno di Dio. Testimoni operosi e credibili di Cristo «nostra pace» (Ef 2,14), gli consentono di manifestarsi come Salvatore presente nella storia fino a quando giungerà il compimento completo e definitivo.
CdA, 1040
CONFRONTAVAI
[1166] «La pace terrena, che nasce dall’amore del prossimo, è immagine ed effetto della pace di Cristo, che promana da Dio Padre»
nota
Concilio Vaticano II , Gaudium et spes , 78.
.